diff --git "a/OrlandoFurioso.txt" "b/OrlandoFurioso.txt" new file mode 100644--- /dev/null +++ "b/OrlandoFurioso.txt" @@ -0,0 +1,38701 @@ +text +Le donne, i cavallier, l'arme, gli amori, +le cortesie, l'audaci imprese io canto, +che furo al tempo che passaro i Mori +d'Africa il mare, e in Francia nocquer tanto, +seguendo l'ire e i giovenil furori +d'Agramante lor re, che si diè vanto +di vendicar la morte di Troiano +sopra re Carlo imperator romano. +Dirò d'Orlando in un medesmo tratto +cosa non detta in prosa mai, né in rima: +che per amor venne in furore e matto, +d'uom che sì saggio era stimato prima; +se da colei che tal quasi m'ha fatto, +che 'l poco ingegno ad or ad or mi lima, +me ne sarà però tanto concesso, +che mi basti a finir quanto ho promesso. +Piacciavi, generosa Erculea prole, +ornamento e splendor del secol nostro, +Ippolito, aggradir questo che vuole +e darvi sol può l'umil servo vostro. +Quel ch'io vi debbo, posso di parole +pagare in parte e d'opera d'inchiostro; +né che poco io vi dia da imputar sono, +che quanto io posso dar, tutto vi dono. +Voi sentirete fra i più degni eroi, +che nominar con laude m'apparecchio, +ricordar quel Ruggier, che fu di voi +e de' vostri avi illustri il ceppo vecchio. +L'alto valore e' chiari gesti suoi +vi farò udir, se voi mi date orecchio, +e vostri alti pensier cedino un poco, +sì che tra lor miei versi abbiano loco. +Orlando, che gran tempo innamorato +fu de la bella Angelica, e per lei +in India, in Media, in Tartaria lasciato +avea infiniti ed immortal trofei, +in Ponente con essa era tornato, +dove sotto i gran monti Pirenei +con la gente di Francia e de Lamagna +re Carlo era attendato alla campagna, +per far al re Marsilio e al re Agramante +battersi ancor del folle ardir la guancia, +d'aver condotto, l'un, d'Africa quante +genti erano atte a portar spada e lancia; +l'altro, d'aver spinta la Spagna inante +a destruzion del bel regno di Francia. +E così Orlando arrivò quivi a punto: +ma tosto si pentì d'esservi giunto: +che vi fu tolta la sua donna poi: +ecco il giudicio uman come spesso erra! +Quella che dagli esperi ai liti eoi +avea difesa con sì lunga guerra, +or tolta gli è fra tanti amici suoi, +senza spada adoprar, ne la sua terra. +Il savio imperator, ch'estinguer volse +un grave incendio, fu che gli la tolse. +Nata pochi dì inanzi era una gara +tra il conte Orlando e il suo cugin Rinaldo, +che entrambi avean per la bellezza rara +d'amoroso disio l'animo caldo. +Carlo, che non avea tal lite cara, +che gli rendea l'aiuto lor men saldo, +questa donzella, che la causa n'era, +tolse, e diè in mano al duca di Bavera; +in premio promettendola a quel d'essi, +ch'in quel conflitto, in quella gran giornata, +degl'infideli più copia uccidessi, +e di sua man prestasse opra più grata. +Contrari ai voti poi furo i successi; +ch'in fuga andò la gente battezzata, +e con molti altri fu 'l duca prigione, +e restò abbandonato il padiglione. +Dove, poi che rimase la donzella +ch'esser dovea del vincitor mercede, +inanzi al caso era salita in sella, +e quando bisognò le spalle diede, +presaga che quel giorno esser rubella +dovea Fortuna alla cristiana fede: +entrò in un bosco, e ne la stretta via +rincontrò un cavallier ch'a piè venìa. +Indosso la corazza, l'elmo in testa, +la spada al fianco, e in braccio avea lo scudo; +e più leggier correa per la foresta, +ch'al pallio rosso il villan mezzo ignudo. +Timida pastorella mai sì presta +non volse piede inanzi a serpe crudo, +come Angelica tosto il freno torse, +che del guerrier, ch'a piè venìa, s'accorse. +Era costui quel paladin gagliardo, +figliuol d'Amon, signor di Montalbano, +a cui pur dianzi il suo destrier Baiardo +per strano caso uscito era di mano. +Come alla donna egli drizzò lo sguardo, +riconobbe, quantunque di lontano, +l'angelico sembiante e quel bel volto +ch'all'amorose reti il tenea involto. +La donna il palafreno a dietro volta, +e per la selva a tutta briglia il caccia; +né per la rara più che per la folta, +la più sicura e miglior via procaccia: +ma pallida, tremando, e di sé tolta, +lascia cura al destrier che la via faccia. +Di sù di giù, ne l'alta selva fiera +tanto girò, che venne a una riviera. +Su la riviera Ferraù trovosse +di sudor pieno e tutto polveroso. +Da la battaglia dianzi lo rimosse +un gran disio di bere e di riposo; +e poi, mal grado suo, quivi fermosse, +perché, de l'acqua ingordo e frettoloso, +l'elmo nel fiume si lasciò cadere, +né l'avea potuto anco riavere. +Quanto potea più forte, ne veniva +gridando la donzella ispaventata. +A quella voce salta in su la riva +il Saracino, e nel viso la guata; +e la conosce subito ch'arriva, +ben che di timor pallida e turbata, +e sien più dì che non n'udì novella, +che senza dubbio ell'è Angelica bella. +E perché era cortese, e n'avea forse +non men de' dui cugini il petto caldo, +l'aiuto che potea tutto le porse, +pur come avesse l'elmo, ardito e baldo: +trasse la spada, e minacciando corse +dove poco di lui temea Rinaldo. +Più volte s'eran già non pur veduti, +m'al paragon de l'arme conosciuti. +Cominciar quivi una crudel battaglia, +come a piè si trovar, coi brandi ignudi: +non che le piastre e la minuta maglia, +ma ai colpi lor non reggerian gl'incudi. +Or, mentre l'un con l'altro si travaglia, +bisogna al palafren che 'l passo studi; +che quanto può menar de le calcagna, +colei lo caccia al bosco e alla campagna. +Poi che s'affaticar gran pezzo invano +i dui guerrier per por l'un l'altro sotto, +quando non meno era con l'arme in mano +questo di quel, né quel di questo dotto; +fu primiero il signor di Montalbano, +ch'al cavallier di Spagna fece motto, +sì come quel ch'ha nel cuor tanto fuoco, +che tutto n'arde e non ritrova loco. +Disse al pagan: — Me sol creduto avrai, +e pur avrai te meco ancora offeso: +se questo avvien perché i fulgenti rai +del nuovo sol t'abbino il petto acceso, +di farmi qui tardar che guadagno hai? +che quando ancor tu m'abbi morto o preso, +non però tua la bella donna fia; +che, mentre noi tardiam, se ne va via. +Quanto fia meglio, amandola tu ancora, +che tu le venga a traversar la strada, +a ritenerla e farle far dimora, +prima che più lontana se ne vada! +Come l'avremo in potestate, allora +di chi esser de' si provi con la spada: +non so altrimenti, dopo un lungo affanno, +che possa riuscirci altro che danno. — +Al pagan la proposta non dispiacque: +così fu differita la tenzone; +e tal tregua tra lor subito nacque, +sì l'odio e l'ira va in oblivione, +che 'l pagano al partir da le fresche acque +non lasciò a piedi il buon figliuol d'Amone: +con preghi invita, ed al fin toglie in groppa, +e per l'orme d'Angelica galoppa. +Oh gran bontà de' cavallieri antiqui! +Eran rivali, eran di fé diversi, +e si sentian degli aspri colpi iniqui +per tutta la persona anco dolersi; +e pur per selve oscure e calli obliqui +insieme van senza sospetto aversi. +Da quattro sproni il destrier punto arriva +ove una strada in due si dipartiva. +E come quei che non sapean se l'una +o l'altra via facesse la donzella +(però che senza differenza alcuna +apparia in amendue l'orma novella), +si messero ad arbitrio di fortuna, +Rinaldo a questa, il Saracino a quella. +Pel bosco Ferraù molto s'avvolse, +e ritrovossi al fine onde si tolse. +Pur si ritrova ancor su la rivera, +là dove l'elmo gli cascò ne l'onde. +Poi che la donna ritrovar non spera, +per aver l'elmo che 'l fiume gli asconde, +in quella parte onde caduto gli era +discende ne l'estreme umide sponde: +ma quello era sì fitto ne la sabbia, +che molto avrà da far prima che l'abbia. +Con un gran ramo d'albero rimondo, +di ch'avea fatto una pertica lunga, +tenta il fiume e ricerca sino al fondo, +né loco lascia ove non batta e punga. +Mentre con la maggior stizza del mondo +tanto l'indugio suo quivi prolunga, +vede di mezzo il fiume un cavalliero +insino al petto uscir, d'aspetto fiero. +Era, fuor che la testa, tutto armato, +ed avea un elmo ne la destra mano: +avea il medesimo elmo che cercato +da Ferraù fu lungamente invano. +A Ferraù parlò come adirato, +e disse: — Ah mancator di fé, marano! +perché di lasciar l'elmo anche t'aggrevi, +che render già gran tempo mi dovevi? +Ricordati, pagan, quando uccidesti +d'Angelica il fratel (che son quell'io), +dietro all'altr'arme tu mi promettesti +gittar fra pochi dì l'elmo nel rio. +Or se Fortuna (quel che non volesti +far tu) pone ad effetto il voler mio, +non ti turbare; e se turbar ti déi, +turbati che di fé mancato sei. +Ma se desir pur hai d'un elmo fino, +trovane un altro, ed abbil con più onore; +un tal ne porta Orlando paladino, +un tal Rinaldo, e forse anco migliore: +l'un fu d'Almonte, e l'altro di Mambrino: +acquista un di quei dui col tuo valore; +e questo, ch'hai già di lasciarmi detto, +farai bene a lasciarmi con effetto. — +All'apparir che fece all'improvviso +de l'acqua l'ombra, ogni pelo arricciossi, +e scolorossi al Saracino il viso; +la voce, ch'era per uscir, fermossi. +Udendo poi da l'Argalia, ch'ucciso +quivi avea già (che l'Argalia nomossi) +la rotta fede così improverarse, +di scorno e d'ira dentro e di fuor arse. +Né tempo avendo a pensar altra scusa, +e conoscendo ben che 'l ver gli disse, +restò senza risposta a bocca chiusa; +ma la vergogna il cor sì gli trafisse, +che giurò per la vita di Lanfusa +non voler mai ch'altro elmo lo coprisse, +se non quel buono che già in Aspramonte +trasse dal capo Orlando al fiero Almonte. +E servò meglio questo giuramento, +che non avea quell'altro fatto prima. +Quindi si parte tanto malcontento, +che molti giorni poi si rode e lima. +Sol di cercare è il paladino intento +di qua di là, dove trovarlo stima. +Altra ventura al buon Rinaldo accade, +che da costui tenea diverse strade. +Non molto va Rinaldo, che si vede +saltare inanzi il suo destrier feroce: +— Ferma, Baiardo mio, deh, ferma il piede! +che l'esser senza te troppo mi nuoce. — +Per questo il destrier sordo, a lui non riede +anzi più se ne va sempre veloce. +Segue Rinaldo, e d'ira si distrugge: +ma seguitiamo Angelica che fugge. +Fugge tra selve spaventose e scure, +per lochi inabitati, ermi e selvaggi. +Il mover de le frondi e di verzure, +che di cerri sentia, d'olmi e di faggi, +fatto le avea con subite paure +trovar di qua di là strani viaggi; +ch'ad ogni ombra veduta o in monte o in valle, +temea Rinaldo aver sempre alle spalle. +Qual pargoletta o damma o capriuola, +che tra le fronde del natio boschetto +alla madre veduta abbia la gola +stringer dal pardo, o aprirle 'l fianco o 'l petto, +di selva in selva dal crudel s'invola, +e di paura trema e di sospetto: +ad ogni sterpo che passando tocca, +esser si crede all'empia fera in bocca. +Quel dì e la notte a mezzo l'altro giorno +s'andò aggirando, e non sapeva dove. +Trovossi al fin in un boschetto adorno, +che lievemente la fresca aura muove. +Duo chiari rivi, mormorando intorno, +sempre l'erbe vi fan tenere e nuove; +e rendea ad ascoltar dolce concento, +rotto tra picciol sassi, il correr lento. +Quivi parendo a lei d'esser sicura +e lontana a Rinaldo mille miglia, +da la via stanca e da l'estiva arsura, +di riposare alquanto si consiglia: +tra' fiori smonta, e lascia alla pastura +andare il palafren senza la briglia; +e quel va errando intorno alle chiare onde, +che di fresca erba avean piene le sponde. +Ecco non lungi un bel cespuglio vede +di prun fioriti e di vermiglie rose, +che de le liquide onde al specchio siede, +chiuso dal sol fra l'alte querce ombrose; +così voto nel mezzo, che concede +fresca stanza fra l'ombre più nascose: +e la foglia coi rami in modo è mista, +che 'l sol non v'entra, non che minor vista. +Dentro letto vi fan tenere erbette, +ch'invitano a posar chi s'appresenta. +La bella donna in mezzo a quel si mette, +ivi si corca ed ivi s'addormenta. +Ma non per lungo spazio così stette, +che un calpestio le par che venir senta: +cheta si leva e appresso alla riviera +vede ch'armato un cavallier giunt'era. +Se gli è amico o nemico non comprende: +tema e speranza il dubbio cor le scuote; +e di quella aventura il fine attende, +né pur d'un sol sospir l'aria percuote. +Il cavalliero in riva al fiume scende +sopra l'un braccio a riposar le gote; +e in un suo gran pensier tanto penètra, +che par cangiato in insensibil pietra. +Pensoso più d'un'ora a capo basso +stette, Signore, il cavallier dolente; +poi cominciò con suono afflitto e lasso +a lamentarsi sì soavemente, +ch'avrebbe di pietà spezzato un sasso, +una tigre crudel fatta clemente. +Sospirante piangea, tal ch'un ruscello +parean le guance, e 'l petto un Mongibello. +— Pensier (dicea) che 'l cor m'agghiacci ed ardi, +e causi il duol che sempre il rode e lima, +che debbo far, poi ch'io son giunto tardi, +e ch'altri a corre il frutto è andato prima? +a pena avuto io n'ho parole e sguardi, +ed altri n'ha tutta la spoglia opima. +Se non ne tocca a me frutto né fiore, +perché affligger per lei mi vuo' più il core? +La verginella è simile alla rosa, +ch'in bel giardin su la nativa spina +mentre sola e sicura si riposa, +né gregge né pastor se le avvicina; +l'aura soave e l'alba rugiadosa, +l'acqua, la terra al suo favor s'inchina: +gioveni vaghi e donne inamorate +amano averne e seni e tempie ornate. +Ma non sì tosto dal materno stelo +rimossa viene e dal suo ceppo verde, +che quanto avea dagli uomini e dal cielo +favor, grazia e bellezza, tutto perde. +La vergine che 'l fior, di che più zelo +che de' begli occhi e de la vita aver de', +lascia altrui corre, il pregio ch'avea inanti +perde nel cor di tutti gli altri amanti. +Sia vile agli altri, e da quel solo amata +a cui di sé fece sì larga copia. +Ah, Fortuna crudel, Fortuna ingrata! +trionfan gli altri, e ne moro io d'inopia. +Dunque esser può che non mi sia più grata? +dunque io posso lasciar mia vita propia? +Ah più tosto oggi manchino i dì miei, +ch'io viva più, s'amar non debbo lei! — +Se mi domanda alcun chi costui sia, +che versa sopra il rio lacrime tante, +io dirò ch'egli è il re di Circassia, +quel d'amor travagliato Sacripante; +io dirò ancor, che di sua pena ria +sia prima e sola causa essere amante, +è pur un degli amanti di costei: +e ben riconosciuto fu da lei. +Appresso ove il sol cade, per suo amore +venuto era dal capo d'Oriente; +che seppe in India con suo gran dolore, +come ella Orlando sequitò in Ponente: +poi seppe in Francia che l'imperatore +sequestrata l'avea da l'altra gente, +per darla all'un de' duo che contra il Moro +più quel giorno aiutasse i Gigli d'oro. +Stato era in campo, e inteso avea di quella +rotta crudel che dianzi ebbe re Carlo: +cercò vestigio d'Angelica bella, +né potuto avea ancora ritrovarlo. +Questa è dunque la trista e ria novella +che d'amorosa doglia fa penarlo, +affligger, lamentare, e dir parole +che di pietà potrian fermare il sole. +Mentre costui così s'affligge e duole, +e fa degli occhi suoi tepida fonte, +e dice queste e molte altre parole, +che non mi par bisogno esser racconte; +l'aventurosa sua fortuna vuole +ch'alle orecchie d'Angelica sian conte: +e così quel ne viene a un'ora, a un punto, +ch'in mille anni o mai più non è raggiunto. +Con molta attenzion la bella donna +al pianto, alle parole, al modo attende +di colui ch'in amarla non assonna; +né questo è il primo dì ch'ella l'intende: +ma dura e fredda più d'una colonna, +ad averne pietà non però scende, +come colei c'ha tutto il mondo a sdegno, +e non le par ch'alcun sia di lei degno. +Pur tra quei boschi il ritrovarsi sola +le fa pensar di tor costui per guida; +che chi ne l'acqua sta fin alla gola +ben è ostinato se mercé non grida. +Se questa occasione or se l'invola, +non troverà mai più scorta sì fida; +ch'a lunga prova conosciuto inante +s'avea quel re fedel sopra ogni amante. +Ma non però disegna de l'affanno +che lo distrugge alleggierir chi l'ama, +e ristorar d'ogni passato danno +con quel piacer ch'ogni amator più brama: +ma alcuna finzione, alcuno inganno +di tenerlo in speranza ordisce e trama; +tanto ch'a quel bisogno se ne serva, +poi torni all'uso suo dura e proterva. +E fuor di quel cespuglio oscuro e cieco +fa di sé bella ed improvvisa mostra, +come di selva o fuor d'ombroso speco +Diana in scena o Citerea si mostra; +e dice all'apparir: — Pace sia teco; +teco difenda Dio la fama nostra, +e non comporti, contra ogni ragione, +ch'abbi di me sì falsa opinione. — +Non mai con tanto gaudio o stupor tanto +levò gli occhi al figliuolo alcuna madre, +ch'avea per morto sospirato e pianto, +poi che senza esso udì tornar le squadre; +con quanto gaudio il Saracin, con quanto +stupor l'alta presenza e le leggiadre +maniere, e il vero angelico sembiante, +improviso apparir si vide inante. +Pieno di dolce e d'amoroso affetto, +alla sua donna, alla sua diva corse, +che con le braccia al collo il tenne stretto, +quel ch'al Catai non avria fatto forse. +Al patrio regno, al suo natio ricetto, +seco avendo costui, l'animo torse: +subito in lei s'avviva la speranza +di tosto riveder sua ricca stanza. +Ella gli rende conto pienamente +dal giorno che mandato fu da lei +a domandar soccorso in Oriente +al re de' Sericani e Nabatei; +e come Orlando la guardò sovente +da morte, da disnor, da casi rei: +e che 'l fior virginal così avea salvo, +come se lo portò del materno alvo. +Forse era ver, ma non però credibile +a chi del senso suo fosse signore; +ma parve facilmente a lui possibile, +ch'era perduto in via più grave errore. +Quel che l'uom vede, Amor gli fa invisibile, +e l'invisibil fa vedere Amore. +Questo creduto fu; che 'l miser suole +dar facile credenza a quel che vuole. +— Se mal si seppe il cavallier d'Anglante +pigliar per sua sciocchezza il tempo buono, +il danno se ne avrà; che da qui inante +nol chiamerà Fortuna a sì gran dono +(tra sé tacito parla Sacripante): +ma io per imitarlo già non sono, +che lasci tanto ben che m'è concesso, +e ch'a doler poi m'abbia di me stesso. +Corrò la fresca e matutina rosa, +che, tardando, stagion perder potria. +So ben ch'a donna non si può far cosa +che più soave e più piacevol sia, +ancor che se ne mostri disdegnosa, +e talor mesta e flebil se ne stia: +non starò per repulsa o finto sdegno, +ch'io non adombri e incarni il mio disegno. — +Così dice egli; e mentre s'apparecchia +al dolce assalto, un gran rumor che suona +dal vicin bosco gl'intruona l'orecchia, +sì che mal grado l'impresa abbandona: +e si pon l'elmo (ch'avea usanza vecchia +di portar sempre armata la persona), +viene al destriero e gli ripon la briglia, +rimonta in sella e la sua lancia piglia. +Ecco pel bosco un cavallier venire, +il cui sembiante è d'uom gagliardo e fiero: +candido come nieve è il suo vestire, +un bianco pennoncello ha per cimiero. +Re Sacripante, che non può patire +che quel con l'importuno suo sentiero +gli abbia interrotto il gran piacer ch'avea, +con vista il guarda disdegnosa e rea. +Come è più appresso, lo sfida a battaglia; +che crede ben fargli votar l'arcione. +Quel che di lui non stimo già che vaglia +un grano meno, e ne fa paragone, +l'orgogliose minacce a mezzo taglia, +sprona a un tempo, e la lancia in resta pone. +Sacripante ritorna con tempesta, +e corronsi a ferir testa per testa. +Non si vanno i leoni o i tori in salto +a dar di petto, ad accozzar sì crudi, +sì come i duo guerrieri al fiero assalto, +che parimente si passar li scudi. +Fe' lo scontro tremar dal basso all'alto +l'erbose valli insino ai poggi ignudi; +e ben giovò che fur buoni e perfetti +gli osberghi sì, che lor salvaro i petti. +Già non fero i cavalli un correr torto, +anzi cozzaro a guisa di montoni: +quel del guerrier pagan morì di corto, +ch'era vivendo in numero de' buoni: +quell'altro cadde ancor, ma fu risorto +tosto ch'al fianco si sentì gli sproni. +Quel del re saracin restò disteso +adosso al suo signor con tutto il peso. +L'incognito campion che restò ritto, +e vide l'altro col cavallo in terra, +stimando avere assai di quel conflitto, +non si curò di rinovar la guerra; +ma dove per la selva è il camin dritto, +correndo a tutta briglia si disserra; +e prima che di briga esca il pagano, +un miglio o poco meno è già lontano. +Qual istordito e stupido aratore, +poi ch'è passato il fulmine, si leva +di là dove l'altissimo fragore +appresso ai morti buoi steso l'aveva; +che mira senza fronde e senza onore +il pin che di lontan veder soleva: +tal si levò il pagano a piè rimaso, +Angelica presente al duro caso. +Sospira e geme, non perché l'annoi +che piede o braccio s'abbi rotto o mosso, +ma per vergogna sola, onde a' dì suoi +né pria né dopo il viso ebbe sì rosso: +e più, ch'oltre il cader, sua donna poi +fu che gli tolse il gran peso d'adosso. +Muto restava, mi cred'io, se quella +non gli rendea la voce e la favella. +— Deh! (diss'ella) signor, non vi rincresca! +che del cader non è la colpa vostra, +ma del cavallo, a cui riposo ed esca +meglio si convenia che nuova giostra. +Né perciò quel guerrier sua gloria accresca +che d'esser stato il perditor dimostra: +così, per quel ch'io me ne sappia, stimo, +quando a lasciare il campo è stato primo. — +Mentre costei conforta il Saracino, +ecco col corno e con la tasca al fianco, +galoppando venir sopra un ronzino +un messagger che parea afflitto e stanco; +che come a Sacripante fu vicino, +gli domandò se con un scudo bianco +e con un bianco pennoncello in testa +vide un guerrier passar per la foresta. +Rispose Sacripante: — Come vedi, +m'ha qui abbattuto, e se ne parte or ora; +e perch'io sappia chi m'ha messo a piedi, +fa che per nome io lo conosca ancora. — +Ed egli a lui: — Di quel che tu mi chiedi +io ti satisfarò senza dimora: +tu dei saper che ti levò di sella +l'alto valor d'una gentil donzella. +Ella è gagliarda ed è più bella molto; +né il suo famoso nome anco t'ascondo: +fu Bradamante quella che t'ha tolto +quanto onor mai tu guadagnasti al mondo. — +Poi ch'ebbe così detto, a freno sciolto +il Saracin lasciò poco giocondo, +che non sa che si dica o che si faccia, +tutto avvampato di vergogna in faccia. +Poi che gran pezzo al caso intervenuto +ebbe pensato invano, e finalmente +si trovò da una femina abbattuto, +che pensandovi più, più dolor sente; +montò l'altro destrier, tacito e muto: +e senza far parola, chetamente +tolse Angelica in groppa, e differilla +a più lieto uso, a stanza più tranquilla. +Non furo iti due miglia, che sonare +odon la selva che li cinge intorno, +con tal rumore e strepito, che pare +che triemi la foresta d'ogn'intorno; +e poco dopo un gran destrier n'appare, +d'oro guernito e riccamente adorno, +che salta macchie e rivi, ed a fracasso +arbori mena e ciò che vieta il passo. +— Se l'intricati rami e l'aer fosco, +(disse la donna) agli occhi non contende, +Baiardo è quel destrier ch'in mezzo il bosco +con tal rumor la chiusa via si fende. +Questo è certo Baiardo, io 'l riconosco: +deh, come ben nostro bisogno intende! +ch'un sol ronzin per dui saria mal atto, +e ne viene egli a satisfarci ratto. — +Smonta il Circasso ed al destrier s'accosta, +e si pensava dar di mano al freno. +Colle groppe il destrier gli fa risposta, +che fu presto al girar come un baleno; +ma non arriva dove i calci apposta: +misero il cavallier se giungea a pieno! +che nei calci tal possa avea il cavallo, +ch'avria spezzato un monte di metallo. +Indi va mansueto alla donzella, +con umile sembiante e gesto umano, +come intorno al padrone il can saltella, +che sia duo giorni o tre stato lontano. +Baiardo ancora avea memoria d'ella, +ch'in Albracca il servia già di sua mano +nel tempo che da lei tanto era amato +Rinaldo, allor crudele, allor ingrato. +Con la sinistra man prende la briglia, +con l'altra tocca e palpa il collo e 'l petto: +quel destrier, ch'avea ingegno a maraviglia, +a lei, come un agnel, si fa suggetto. +Intanto Sacripante il tempo piglia: +monta Baiardo e l'urta e lo tien stretto. +Del ronzin disgravato la donzella +lascia la groppa, e si ripone in sella. +Poi rivolgendo a caso gli occhi, mira +venir sonando d'arme un gran pedone. +Tutta s'avvampa di dispetto e d'ira, +che conosce il figliuol del duca Amone. +Più che sua vita l'ama egli e desira; +l'odia e fugge ella più che gru falcone. +Già fu ch'esso odiò lei più che la morte; +ella amò lui: or han cangiato sorte. +E questo hanno causato due fontane +che di diverso effetto hanno liquore, +ambe in Ardenna, e non sono lontane: +d'amoroso disio l'una empie il core; +chi bee de l'altra, senza amor rimane, +e volge tutto in ghiaccio il primo ardore. +Rinaldo gustò d'una, e amor lo strugge; +Angelica de l'altra, e l'odia e fugge. +Quel liquor di secreto venen misto, +che muta in odio l'amorosa cura, +fa che la donna che Rinaldo ha visto, +nei sereni occhi subito s'oscura; +e con voce tremante e viso tristo +supplica Sacripante e lo scongiura +che quel guerrier più appresso non attenda, +ma ch'insieme con lei la fuga prenda. +— Son dunque (disse il Saracino), sono +dunque in sì poco credito con vui, +che mi stimiate inutile e non buono +da potervi difender da costui? +Le battaglie d'Albracca già vi sono +di mente uscite, e la notte ch'io fui +per la salute vostra, solo e nudo, +contra Agricane e tutto il campo, scudo? — +Non risponde ella, e non sa che si faccia, +perché Rinaldo ormai l'è troppo appresso, +che da lontan al Saracin minaccia, +come vide il cavallo e conobbe esso, +e riconobbe l'angelica faccia +che l'amoroso incendio in cor gli ha messo. +Quel che seguì tra questi duo superbi +vo' che per l'altro canto si riserbi. +Ingiustissimo Amor, perché sì raro +corrispondenti fai nostri desiri? +onde, perfido, avvien che t'è sì caro +il discorde voler ch'in duo cor miri? +Gir non mi lasci al facil guado e chiaro, +e nel più cieco e maggior fondo tiri: +da chi disia il mio amor tu mi richiami, +e chi m'ha in odio vuoi ch'adori ed ami. +Fai ch'a Rinaldo Angelica par bella, +quando esso a lei brutto e spiacevol pare: +quando le parea bello e l'amava ella, +egli odiò lei quanto si può più odiare. +Ora s'affligge indarno e si flagella; +così renduto ben gli è pare a pare: +ella l'ha in odio, e l'odio è di tal sorte, +che più tosto che lui vorria la morte. +Rinaldo al Saracin con molto orgoglio +gridò: — Scendi, ladron, del mio cavallo! +Che mi sia tolto il mio, patir non soglio, +ma ben fo, a chi lo vuol, caro costallo: +e levar questa donna anco ti voglio; +che sarebbe a lasciartela gran fallo. +Sì perfetto destrier, donna sì degna +a un ladron non mi par che si convegna. — +— Tu te ne menti che ladrone io sia +(rispose il Saracin non meno altiero): +chi dicesse a te ladro, lo diria +(quanto io n'odo per fama) più con vero. +La pruova or si vedrà, chi di noi sia +più degno de la donna e del destriero; +ben che, quanto a lei, teco io mi convegna +che non è cosa al mondo altra sì degna. — +Come soglion talor duo can mordenti, +o per invidia o per altro odio mossi, +avicinarsi digrignando i denti, +con occhi bieci e più che bracia rossi; +indi a' morsi venir, di rabbia ardenti, +con aspri ringhi e ribuffati dossi: +così alle spade e dai gridi e da l'onte +venne il Circasso e quel di Chiaramonte. +A piedi è l'un, l'altro a cavallo: or quale +credete ch'abbia il Saracin vantaggio? +Né ve n'ha però alcun; che così vale +forse ancor men ch'uno inesperto paggio; +che 'l destrier per istinto naturale +non volea fare al suo signore oltraggio: +né con man né con spron potea il Circasso +farlo a voluntà sua muover mai passo. +Quando crede cacciarlo, egli s'arresta; +E se tener lo vuole, o corre o trotta: +poi sotto il petto si caccia la testa, +giuoca di schiene, e mena calci in frotta. +Vedendo il Saracin ch'a domar questa +bestia superba era mal tempo allotta, +ferma le man sul primo arcione e s'alza, +e dal sinistro fianco in piede sbalza. +Sciolto che fu il pagan con leggier salto +da l'ostinata furia di Baiardo, +si vide cominciar ben degno assalto +d'un par di cavallier tanto gagliardo. +Suona l'un brando e l'altro, or basso or alto: +il martel di Vulcano era più tardo +ne la spelunca affumicata, dove +battea all'incude i folgori di Giove. +Fanno or con lunghi, ora con finti e scarsi +colpi veder che mastri son del giuoco: +or li vedi ire altieri, or rannicchiarsi, +ora coprirsi, ora mostrarsi un poco, +ora crescer inanzi, ora ritrarsi, +ribatter colpi e spesso lor dar loco, +girarsi intorno; e donde l'uno cede, +l'altro aver posto immantinente il piede. +Ecco Rinaldo con la spada adosso +a Sacripante tutto s'abbandona; +e quel porge lo scudo, ch'era d'osso, +con la piastra d'acciar temprata e buona. +Taglial Fusberta, ancor che molto grosso: +ne geme la foresta e ne risuona. +L'osso e l'acciar ne va che par di ghiaccio, +e lascia al Saracin stordito il braccio. +Quando vide la timida donzella +dal fiero colpo uscir tanta ruina, +per gran timor cangiò la faccia bella, +qual il reo ch'al supplicio s'avvicina; +né le par che vi sia da tardar, s'ella +non vuol di quel Rinaldo esser rapina, +di quel Rinaldo ch'ella tanto odiava, +quanto esso lei miseramente amava. +Volta il cavallo, e ne la selva folta +lo caccia per un aspro e stretto calle: +e spesso il viso smorto a dietro volta; +che le par che Rinaldo abbia alle spalle. +Fuggendo non avea fatto via molta, +che scontrò un eremita in una valle, +ch'avea lunga la barba a mezzo il petto, +devoto e venerabile d'aspetto. +Dagli anni e dal digiuno attenuato, +sopra un lento asinel se ne veniva; +e parea, più ch'alcun fosse mai stato, +di coscienza scrupolosa e schiva. +Come egli vide il viso delicato +de la donzella che sopra gli arriva, +debil quantunque e mal gagliarda fosse, +tutta per carità se gli commosse. +La donna al fraticel chiede la via +che la conduca ad un porto di mare, +perché levar di Francia si vorria, +per non udir Rinaldo nominare. +Il frate, che sapea negromanzia, +non cessa la donzella confortare +che presto la trarrà d'ogni periglio; +ed ad una sua tasca diè di piglio. +Trassene un libro, e mostrò grande effetto; +che legger non finì la prima faccia, +ch'uscir fa un spirto in forma di valletto, +e gli commanda quanto vuol ch'el faccia. +Quel se ne va, da la scrittura astretto, +dove i dui cavallieri a faccia a faccia +eran nel bosco, e non stavano al rezzo; +fra' quali entrò con grande audacia in mezzo. +— Per cortesia (disse), un di voi mi mostre, +quando anco uccida l'altro, che gli vaglia: +che merto avrete alle fatiche vostre, +finita che tra voi sia la battaglia, +se 'l conte Orlando, senza liti o giostre, +e senza pur aver rotta una maglia, +verso Parigi mena la donzella +che v'ha condotti a questa pugna fella? +Vicino un miglio ho ritrovato Orlando +che ne va con Angelica a Parigi, +di voi ridendo insieme, e motteggiando +che senza frutto alcun siate in litigi. +Il meglio forse vi sarebbe, or quando +non son più lungi, a seguir lor vestigi; +che s'in Parigi Orlando la può avere, +non ve la lascia mai più rivedere. — +Veduto avreste i cavallier turbarsi +a quel annunzio, e mesti e sbigottiti, +senza occhi e senza mente nominarsi, +che gli avesse il rival così scherniti; +ma il buon Rinaldo al suo cavallo trarsi +con sospir che parean del fuoco usciti, +e giurar per isdegno e per furore, +se giungea Orlando, di cavargli il core. +E dove aspetta il suo Baiardo, passa, +e sopra vi si lancia, e via galoppa, +né al cavallier, ch'a piè nel bosco lassa, +pur dice a Dio, non che lo 'nviti in groppa. +L'animoso cavallo urta e fracassa, +punto dal suo signor, ciò ch'egli 'ntoppa: +non ponno fosse o fiumi o sassi o spine +far che dal corso il corridor decline. +Signor, non voglio che vi paia strano +se Rinaldo or sì tosto il destrier piglia, +che già più giorni ha seguitato invano, +né gli ha possuto mai toccar la briglia. +Fece il destrier, ch'avea intelletto umano, +non per vizio seguirsi tante miglia, +ma per guidar dove la donna giva, +il suo signor, da chi bramar l'udiva. +Quando ella si fuggì dal padiglione, +la vide ed appostolla il buon destriero, +che si trovava aver voto l'arcione, +però che n'era sceso il cavalliero +per combatter di par con un barone, +che men di lui non era in arme fiero; +poi ne seguitò l'orme di lontano, +bramoso porla al suo signore in mano. +Bramoso di ritrarlo ove fosse ella, +per la gran selva inanzi se gli messe; +né lo volea lasciar montare in sella, +perché ad altro camin non lo volgesse. +Per lui trovò Rinaldo la donzella +una e due volte, e mai non gli successe; +che fu da Ferraù prima impedito, +poi dal Circasso, come avete udito. +Ora al demonio che mostrò a Rinaldo +de la donzella li falsi vestigi, +credette Baiardo anco, e stette saldo +e mansueto ai soliti servigi. +Rinaldo il caccia, d'ira e d'amor caldo, +a tutta briglia, e sempre invêr Parigi; +e vola tanto col disio, che lento, +non ch'un destrier, ma gli parrebbe il vento. +La notte a pena di seguir rimane, +per affrontarsi col signor d'Anglante: +tanto ha creduto alle parole vane +del messagger del cauto negromante. +Non cessa cavalcar sera e dimane, +che si vede apparir la terra avante, +dove re Carlo, rotto e mal condutto, +con le reliquie sue s'era ridutto: +e perché dal re d'Africa battaglia +ed assedio s'aspetta, usa gran cura +a raccor buona gente e vettovaglia, +far cavamenti e riparar le mura. +Ciò ch'a difesa spera che gli vaglia, +senza gran diferir, tutto procura: +pensa mandare in Inghilterra, e trarne +gente onde possa un novo campo farne: +che vuole uscir di nuovo alla campagna, +e ritentar la sorte de la guerra. +Spaccia Rinaldo subito in Bretagna, +Bretagna che fu poi detta Inghilterra. +Ben de l'andata il paladin si lagna: +non ch'abbia così in odio quella terra; +ma perché Carlo il manda allora allora, +né pur lo lascia un giorno far dimora. +Rinaldo mai di ciò non fece meno +volentier cosa; poi che fu distolto +di gir cercando il bel viso sereno +che gli avea il cor di mezzo il petto tolto: +ma, per ubidir Carlo, nondimeno +a quella via si fu subito volto, +ed a Calesse in poche ore trovossi; +e giunto, il dì medesimo imbarcossi. +Contra la voluntà d'ogni nocchiero, +pel gran desir che di tornare avea, +entrò nel mar ch'era turbato e fiero, +e gran procella minacciar parea. +Il Vento si sdegnò, che da l'altiero +sprezzar si vide; e con tempesta rea +sollevò il mar intorno, e con tal rabbia, +che gli mandò a bagnar sino alla gabbia. +Calano tosto i marinari accorti +le maggior vele, e pensano dar volta, +e ritornar ne li medesmi porti +donde in mal punto avean la nave sciolta. +— Non convien (dice il Vento) ch'io comporti +tanta licenza che v'avete tolta; — +e soffia e grida e naufragio minaccia, +s'altrove van, che dove egli li caccia. +Or a poppa, or all'orza hann'il crudele, +che mai non cessa, e vien più ognor crescendo: +essi di qua di là con umil vele +vansi aggirando, e l'alto mar scorrendo. +Ma perché varie fila a varie tele +uopo mi son, che tutte ordire intendo, +lascio Rinaldo e l'agitata prua, +e torno a dir di Bradamante sua. +Io parlo di quella inclita donzella, +per cui re Sacripante in terra giacque, +che di questo signor degna sorella, +del duca Amone e di Beatrice nacque. +La gran possanza e il molto ardir di quella +non meno a Carlo e a tutta Francia piacque +(che più d'un paragon ne vide saldo), +che 'l lodato valor del buon Rinaldo. +La donna amata fu da un cavalliero +che d'Africa passò col re Agramante, +che partorì del seme di Ruggiero +la disperata figlia di Agolante: +e costei, che né d'orso né di fiero +leone uscì, non sdegnò tal amante; +ben che concesso, fuor che vedersi una +volta e parlarsi, non ha lor Fortuna. +Quindi cercando Bradamante gìa +l'amante suo, ch'avea nome dal padre, +così sicura senza compagnia, +come avesse in sua guardia mille squadre: +e fatto ch'ebbe al re di Circassia +battere il volto dell'antiqua madre, +traversò un bosco, e dopo il bosco un monte, +tanto che giunse ad una bella fonte. +La fonte discorrea per mezzo un prato, +d'arbori antiqui e di bell'ombre adorno, +Ch'i viandanti col mormorio grato +a ber invita e a far seco soggiorno: +un culto monticel dal manco lato +le difende il calor del mezzo giorno. +Quivi, come i begli occhi prima torse, +d'un cavallier la giovane s'accorse; +d'un cavallier, ch'all'ombra d'un boschetto, +nel margin verde e bianco e rosso e giallo +sedea pensoso, tacito e soletto +sopra quel chiaro e liquido cristallo. +Lo scudo non lontan pende e l'elmetto +dal faggio, ove legato era il cavallo; +ed avea gli occhi molli e 'l viso basso, +e si mostrava addolorato e lasso. +Questo disir, ch'a tutti sta nel core, +de' fatti altrui sempre cercar novella, +fece a quel cavallier del suo dolore +la cagion domandar da la donzella. +Egli l'aperse e tutta mostrò fuore, +dal cortese parlar mosso di quella, +e dal sembiante altier, ch'al primo sguardo +gli sembrò di guerrier molto gagliardo. +E cominciò: — Signor, io conducea +pedoni e cavallieri, e venìa in campo +là dove Carlo Marsilio attendea, +perch'al scender del monte avesse inciampo; +e una giovane bella meco avea, +del cui fervido amor nel petto avampo: +e ritrovai presso a Rodonna armato +un che frenava un gran destriero alato. +Tosto che 'l ladro, o sia mortale, o sia +una de l'infernali anime orrende, +vede la bella e cara donna mia; +come falcon che per ferir discende, +cala e poggia in un atimo, e tra via +getta le mani, e lei smarrita prende. +Ancor non m'era accorto de l'assalto, +che de la donna io senti' il grido in alto. +Così il rapace nibio furar suole +il misero pulcin presso alla chioccia, +che di sua inavvertenza poi si duole, +e invan gli grida, e invan dietro gli croccia. +Io non posso seguir un uom che vole, +chiuso tra' monti, a piè d'un'erta roccia: +stanco ho il destrier, che muta a pena i passi +ne l'aspre vie de' faticosi sassi. +Ma, come quel che men curato avrei +vedermi trar di mezzo il petto il core, +lasciai lor via seguir quegli altri miei, +senza mia guida e senza alcun rettore: +per li scoscesi poggi e manco rei +presi la via che mi mostrava Amore, +e dove mi parea che quel rapace +portassi il mio conforto e la mia pace. +Sei giorni me n'andai matina e sera +per balze e per pendici orride e strane, +dove non via, dove sentier non era, +dove né segno di vestigie umane; +poi giunsi in una valle inculta e fiera, +di ripe cinta e spaventose tane, +che nel mezzo s'un sasso avea un castello +forte e ben posto, a maraviglia bello. +Da lungi par che come fiamma lustri, +né sia di terra cotta, né di marmi. +Come più m'avicino ai muri illustri, +l'opra più bella e più mirabil parmi. +E seppi poi, come i demoni industri, +da suffumigi tratti e sacri carmi, +tutto d'acciaio avean cinto il bel loco, +temprato all'onda ed allo stigio foco. +Di sì forbito acciar luce ogni torre, +che non vi può né ruggine né macchia. +Tutto il paese giorno e notte scorre, +e poi là dentro il rio ladron s'immacchia. +Cosa non ha ripar che voglia torre: +sol dietro invan se li bestemia e gracchia. +Quivi la donna, anzi il mio cor mi tiene, +che di mai ricovrar lascio ogni spene. +Ah lasso! che poss'io più che mirare +la rocca lungi, ove il mio ben m'è chiuso? +come la volpe, che 'l figlio gridare +nel nido oda de l'aquila di giuso, +s'aggira intorno, e non sa che si fare, +poi che l'ali non ha da gir là suso. +Erto è quel sasso sì, tale è il castello, +che non vi può salir chi non è augello. +Mentre io tardava quivi, ecco venire +duo cavallier ch'avean per guida un nano, +che la speranza aggiunsero al desire; +ma ben fu la speranza e il desir vano. +Ambi erano guerrier di sommo ardire: +era Gradasso l'un, re sericano; +era l'altro Ruggier, giovene forte, +pregiato assai ne l'africana corte. +— Vengon (mi disse il nano) per far pruova +di lor virtù col sir di quel castello, +che per via strana, inusitata e nuova +cavalca armato il quadrupede augello. — +— Deh, signor (diss'io lor), pietà vi muova +del duro caso mio spietato e fello! +Quando, come ho speranza, voi vinciate, +vi prego la mia donna mi rendiate. — +E come mi fu tolta lor narrai, +con lacrime affermando il dolor mio. +Quei, lor mercé, mi proferiro assai, +e giù calaro il poggio alpestre e rio. +Di lontan la battaglia io riguardai, +pregando per la lor vittoria Dio. +Era sotto il castel tanto di piano, +quanto in due volte si può trar con mano. +Poi che fur giunti a piè de l'alta rocca, +l'uno e l'altro volea combatter prima; +pur a Gradasso, o fosse sorte, tocca, +o pur che non ne fe' Ruggier più stima. +Quel Serican si pone il corno a bocca: +rimbomba il sasso e la fortezza in cima. +Ecco apparire il cavalliero armato +fuor de la porta, e sul cavallo alato. +Cominciò a poco a poco indi a levarse, +come suol far la peregrina grue, +che corre prima, e poi vediamo alzarse +alla terra vicina un braccio o due; +e quando tutte sono all'aria sparse, +velocissime mostra l'ale sue. +Sì ad alto il negromante batte l'ale, +ch'a tanta altezza a pena aquila sale. +Quando gli parve poi, volse il destriero, +che chiuse i vanni e venne a terra a piombo, +come casca dal ciel falcon maniero +che levar veggia l'anitra o il colombo. +Con la lancia arrestata il cavalliero +l'aria fendendo vien d'orribil rombo. +Gradasso a pena del calar s'avede, +che se lo sente addosso e che lo fiede. +Sopra Gradasso il mago l'asta roppe; +ferì Gradasso il vento e l'aria vana: +per questo il volator non interroppe +il batter l'ale, e quindi s'allontana. +Il grave scontro fa chinar le groppe +sul verde prato alla gagliarda alfana. +Gradasso avea una alfana, la più bella +e la miglior che mai portasse sella. +Sin alle stelle il volator trascorse; +indi girossi e tornò in fretta al basso, +e percosse Ruggier che non s'accorse, +Ruggier che tutto intento era a Gradasso. +Ruggier del grave colpo si distorse, +e 'l suo destrier più rinculò d'un passo; +e quando si voltò per lui ferire, +da sé lontano il vide al ciel salire. +Or su Gradasso, or su Ruggier percote +ne la fronte, nel petto e ne la schiena, +e le botte di quei lascia ognor vote, +perché è sì presto, che si vede a pena. +Girando va con spaziose rote, +e quando all'uno accenna, all'altro mena: +all'uno e all'altro sì gli occhi abbarbaglia, +che non ponno veder donde gli assaglia. +Fra duo guerrieri in terra ed uno in cielo +la battaglia durò sino a quella ora, +che spiegando pel mondo oscuro velo, +tutte le belle cose discolora. +Fu quel ch'io dico, e non v'aggiungo un pelo: +io 'l vidi, i' 'l so: né m'assicuro ancora +di dirlo altrui; che questa maraviglia +al falso più ch'al ver si rassimiglia. +D'un bel drappo di seta avea coperto +lo scudo in braccio il cavallier celeste. +Come avesse, non so, tanto sofferto +di tenerlo nascosto in quella veste; +ch'immantinente che lo mostra aperto, +forza è, ch'il mira, abbarbagliato reste, +e cada come corpo morto cade, +e venga al negromante in potestade. +Splende lo scudo a guisa di piropo, +e luce altra non è tanto lucente. +Cadere in terra allo splendor fu d'uopo +con gli occhi abbacinati, e senza mente. +Perdei da lungi anch'io li sensi, e dopo +gran spazio mi riebbi finalmente; +né più i guerrier né più vidi quel nano, +ma vòto il campo, e scuro il monte e il piano. +Pensai per questo che l'incantatore +avesse amendui colti a un tratto insieme, +e tolto per virtù de lo splendore +la libertade a loro, e a me la speme. +Così a quel loco, che chiudea il mio core, +dissi, partendo, le parole estreme. +Or giudicate s'altra pena ria, +che causi Amor, può pareggiar la mia. — +Ritornò il cavallier nel primo duolo, +fatta che n'ebbe la cagion palese. +Questo era il conte Pinabel, figliuolo +d'Anselmo d'Altaripa, maganzese; +che tra sua gente scelerata, solo +leale esser non volse né cortese, +ma ne li vizi abominandi e brutti +non pur gli altri adeguò, ma passò tutti. +La bella donna con diverso aspetto +stette ascoltando il Maganzese cheta; +che come prima di Ruggier fu detto, +nel viso si mostrò più che mai lieta: +ma quando sentì poi ch'era in distretto, +turbossi tutta d'amorosa pieta; +né per una o due volte contentosse +che ritornato a replicar le fosse. +E poi ch'al fin le parve esserne chiara, +gli disse: — Cavallier, datti riposo, +che ben può la mia giunta esserti cara, +parerti questo giorno aventuroso. +Andiam pur tosto a quella stanza avara, +che sì ricco tesor ci tiene ascoso; +né spesa sarà invan questa fatica, +se fortuna non m'è troppo nemica. — +Rispose il cavallier: — Tu vòi ch'io passi +di nuovo i monti, e mostriti la via? +A me molto non è perdere i passi, +perduta avendo ogni altra cosa mia; +ma tu per balze e ruinosi sassi +cerchi entrar in pregione; e così sia. +Non hai di che dolerti di me, poi +ch'io tel predico, e tu pur gir vi vòi. — +Così dice egli, e torna al suo destriero, +e di quella animosa si fa guida, +che si mette a periglio per Ruggiero, +che la pigli quel mago o che la ancida. +In questo, ecco alle spalle il messaggero, +ch': — Aspetta, aspetta! — a tutta voce grida, +il messagger da chi il Circasso intese +che costei fu ch'all'erba lo distese. +A Bradamante il messagger novella +di Mompolier e di Narbona porta, +ch'alzato gli stendardi di Castella +avean, con tutto il lito d'Acquamorta; +e che Marsilia, non v'essendo quella +che la dovea guardar, mal si conforta, +e consiglio e soccorso le domanda +per questo messo, e se le raccomanda. +Questa cittade, e intorno a molte miglia +ciò che fra Varo e Rodano al mar siede, +avea l'imperator dato alla figlia +del duca Amon, in ch'avea speme e fede; +però che 'l suo valor con maraviglia +riguardar suol, quando armeggiar la vede. +Or, com'io dico, a domandar aiuto +quel messo da Marsilia era venuto. +Tra sì e no la giovane suspesa, +di voler ritornar dubita un poco: +quinci l'onore e il debito le pesa, +quindi l'incalza l'amoroso foco. +Fermasi al fin di seguitar l'impresa, +e trar Ruggier de l'incantato loco; +e quando sua virtù non possa tanto, +almen restargli prigioniera a canto. +E fece iscusa tal, che quel messaggio +parve contento rimanere e cheto. +Indi girò la briglia al suo viaggio, +con Pinabel che non ne parve lieto; +che seppe esser costei di quel lignaggio +che tanto ha in odio in publico e in secreto: +e già s'avisa le future angosce, +se lui per maganzese ella conosce. +Tra casa di Maganza e di Chiarmonte +era odio antico e inimicizia intensa; +e più volte s'avean rotta la fronte, +e sparso di lor sangue copia immensa: +e però nel suo cor l'iniquo conte +tradir l'incauta giovane si pensa; +o, come prima commodo gli accada, +lasciarla sola, e trovar altra strada. +E tanto gli occupò la fantasia +il nativo odio, il dubbio e la paura, +ch'inavedutamente uscì di via: +e ritrovossi in una selva oscura, +che nel mezzo avea un monte che finia +la nuda cima in una pietra dura; +e la figlia del duca di Dordona +gli è sempre dietro, e mai non l'abandona. +Come si vide il Maganzese al bosco, +pensò tôrsi la donna da le spalle. +Disse: — Prima che 'l ciel torni più fosco, +verso un albergo è meglio farsi il calle. +Oltra quel monte, s'io lo riconosco, +siede un ricco castel giù ne la valle. +Tu qui m'aspetta; che dal nudo scoglio +certificar con gli occhi me ne voglio. — +Così dicendo, alla cima superna +del solitario monte il destrier caccia, +mirando pur s'alcuna via discerna, +come lei possa tor da la sua traccia. +Ecco nel sasso truova una caverna, +che si profonda più di trenta braccia. +Tagliato a picchi ed a scarpelli il sasso +scende giù al dritto, ed ha una porta al basso. +Nel fondo avea una porta ampla e capace, +ch'in maggior stanza largo adito dava; +e fuor n'uscìa splendor, come di face +ch'ardesse in mezzo alla montana cava. +Mentre quivi il fellon suspeso tace, +la donna, che da lungi il seguitava +(perché perderne l'orme si temea), +alla spelonca gli sopragiungea. +Poi che si vide il traditore uscire, +quel ch'avea prima disegnato, invano, +o da sé torla, o di farla morire, +nuovo argumento imaginossi e strano. +Le si fe' incontra, e su la fe' salire +là dove il monte era forato e vano; +e le disse ch'avea visto nel fondo +una donzella di viso giocondo. +Ch'a' bei sembianti ed alla ricca vesta +esser parea di non ignobil grado; +ma quanto più potea turbata e mesta, +mostrava esservi chiusa suo mal grado: +e per saper la condizion di questa, +ch'avea già cominciato a entrar nel guado; +e ch'era uscito de l'interna grotta +un che dentro a furor l'avea ridotta. +Bradamante, che come era animosa, +così mal cauta, a Pinabel diè fede; +e d'aiutar la donna, disiosa, +si pensa come por colà giù il piede. +Ecco d'un olmo alla cima frondosa +volgendo gli occhi, un lungo ramo vede; +e con la spada quel subito tronca, +e lo declina giù ne la spelonca. +Dove è tagliato, in man lo raccomanda +a Pinabello, e poscia a quel s'apprende: +prima giù i piedi ne la tana manda, +e su le braccia tutta si suspende. +Sorride Pinabello, e le domanda +come ella salti; e le man apre e stende, +dicendole: — Qui fosser teco insieme +tutti li tuoi, ch'io ne spegnessi il seme! — +Non come volse Pinabello avvenne +de l'innocente giovane la sorte; +perché, giù diroccando a ferir venne +prima nel fondo il ramo saldo e forte. +Ben si spezzò, ma tanto la sostenne, +che 'l suo favor la liberò da morte. +Giacque stordita la donzella alquanto, +come io vi seguirò ne l'altro canto. +Chi mi darà la voce e le parole +convenienti a sì nobil suggetto? +chi l'ale al verso presterà, che vole +tanto ch'arrivi all'alto mio concetto? +Molto maggior di quel furor che suole, +ben or convien che mi riscaldi il petto; +che questa parte al mio signor si debbe, +che canta gli avi onde l'origin ebbe: +di cui fra tutti li signori illustri, +dal ciel sortiti a governar la terra, +non vedi, o Febo, che 'l gran mondo lustri, +più gloriosa stirpe o in pace o in guerra; +né che sua nobiltade abbia più lustri +servata, e servarà (s'in me non erra +quel profetico lume che m'ispiri) +fin che d'intorno al polo il ciel s'aggiri. +E volendone a pien dicer gli onori, +bisogna non la mia, ma quella cetra +con che tu dopo i gigantei furori +rendesti grazia al regnator dell'etra. +S'istrumenti avrò mai da te migliori, +atti a sculpire in così degna pietra, +in queste belle imagini disegno +porre ogni mia fatica, ogni mio ingegno. +Levando intanto queste prime rudi +scaglie n'andrò con lo scarpello inetto: +forse ch'ancor con più solerti studi +poi ridurrò questo lavor perfetto. +Ma ritorniano a quello, a cui né scudi +potran né usberghi assicurare il petto: +parlo di Pinabello di Maganza, +che d'uccider la donna ebbe speranza. +Il traditor pensò che la donzella +fosse ne l'alto precipizio morta; +e con pallida faccia lasciò quella +trista e per lui contaminata porta, +e tornò presto a rimontar in sella: +e come quel ch'avea l'anima torta, +per giunger colpa a colpa e fallo a fallo, +di Bradamante ne menò il cavallo. +Lasciàn costui, che mentre all'altrui vita +ordisce inganno, il suo morir procura; +e torniamo alla donna che, tradita, +quasi ebbe a un tempo e morte e sepoltura. +Poi ch'ella si levò tutta stordita, +ch'avea percosso in su la pietra dura, +dentro la porta andò, ch'adito dava +ne la seconda assai più larga cava. +La stanza, quadra e spaziosa, pare +una devota e venerabil chiesa, +che su colonne alabastrine e rare +con bella architettura era suspesa. +Surgea nel mezzo un ben locato altare, +ch'avea dinanzi una lampada accesa; +e quella di splendente e chiaro foco +rendea gran lume all'uno e all'altro loco. +Di devota umiltà la donna tocca, +come si vide in loco sacro e pio, +incominciò col core e con la bocca, +inginocchiata, a mandar prieghi a Dio. +Un picciol uscio intanto stride e crocca, +ch'era all'incontro, onde una donna uscìo +discinta e scalza, e sciolte avea le chiome, +che la donzella salutò per nome. +E disse: — O generosa Bradamante, +non giunta qui senza voler divino, +di te più giorni m'ha predetto inante +il profetico spirto di Merlino, +che visitar le sue reliquie sante +dovevi per insolito camino: +e qui son stata acciò ch'io ti riveli +quel c'han di te già statuito i cieli. +Questa è l'antiqua e memorabil grotta +ch'edificò Merlino, il savio mago +che forse ricordare odi talotta, +dove ingannollo la Donna del Lago. +Il sepolcro è qui giù, dove corrotta +giace la carne sua; dove egli, vago +di sodisfare a lei, che glil suase, +vivo corcossi, e morto ci rimase. +Col corpo morto il vivo spirto alberga, +sin ch'oda il suon de l'angelica tromba +che dal ciel lo bandisca o che ve l'erga, +secondo che sarà corvo o colomba. +Vive la voce; e come chiara emerga, +udir potrai dalla marmorea tomba, +che le passate e le future cose +a chi gli domandò, sempre rispose. +Più giorni son ch'in questo cimiterio +venni di remotissimo paese, +perché circa il mio studio alto misterio +mi facesse Merlin meglio palese: +e perché ebbi vederti desiderio, +poi ci son stata oltre il disegno un mese; +che Merlin, che 'l ver sempre mi predisse, +termine al venir tuo questo dì fisse. — +Stassi d'Amon la sbigottita figlia +tacita e fissa al ragionar di questa; +ed ha sì pieno il cor di maraviglia, +che non sa s'ella dorme o s'ella è desta: +e con rimesse e vergognose ciglia +(come quella che tutta era modesta) +rispose: — Di che merito son io, +ch'antiveggian profeti il venir mio? — +E lieta de l'insolita avventura, +dietro alla Maga subito fu mossa, +che la condusse a quella sepoltura +che chiudea di Merlin l'anima e l'ossa. +Era quell'arca d'una pietra dura, +lucida e tersa, e come fiamma rossa; +tal ch'alla stanza, ben che di sol priva, +dava splendore il lume che n'usciva. +O che natura sia d'alcuni marmi +che muovin l'ombre a guisa di facelle, +o forza pur di suffumigi e carmi +e segni impressi all'osservate stelle +(come più questo verisimil parmi), +discopria lo splendor più cose belle +e di scoltura e di color, ch'intorno +il venerabil luogo aveano adorno. +A pena ha Bradamante da la soglia +levato il piè ne la secreta cella, +che 'l vivo spirto da la morta spoglia +con chiarissima voce le favella: +— Favorisca Fortuna ogni tua voglia, +o casta e nobilissima donzella, +del cui ventre uscirà il seme fecondo +che onorar deve Italia e tutto il mondo. +L'antiquo sangue che venne da Troia, +per li duo miglior rivi in te commisto, +produrrà l'ornamento, il fior, la gioia +d'ogni lignaggio ch'abbia il sol mai visto +tra l'Indo e 'l Tago e 'l Nilo e la Danoia, +tra quanto è 'n mezzo Antartico e Calisto. +Ne la progenie tua con sommi onori +saran marchesi, duci e imperatori. +I capitani e i cavallier robusti +quindi usciran, che col ferro e col senno +ricuperar tutti gli onor vetusti +de l'arme invitte alla sua Italia denno. +Quindi terran lo scettro i signor giusti, +che, come il savio Augusto e Numa fenno, +sotto il benigno e buon governo loro +ritorneran la prima età de l'oro. +Acciò dunque il voler del ciel si metta +in effetto per te, che di Ruggiero +t'ha per moglier fin da principio eletta, +segue animosamente il tuo sentiero; +che cosa non sarà che s'intrometta +da poterti turbar questo pensiero, +sì che non mandi al primo assalto in terra +quel rio ladron ch'ogni tuo ben ti serra. — +Tacque Merlino avendo così detto, +ed agio all'opre de la Maga diede, +ch'a Bradamante dimostrar l'aspetto +si preparava di ciascun suo erede. +Avea di spirti un gran numero eletto, +non so se da l'Inferno o da qual sede, +e tutti quelli in un luogo raccolti +sotto abiti diversi e vari volti. +Poi la donzella a sé richiama in chiesa, +là dove prima avea tirato un cerchio +che la potea capir tutta distesa, +ed avea un palmo ancora di superchio. +E perché da li spirti non sia offesa, +le fa d'un gran pentacolo coperchio; +e le dice che taccia e stia a mirarla: +poi scioglie il libro, e coi demoni parla. +Eccovi fuor de la prima spelonca, +che gente intorno al sacro cerchio ingrossa; +ma, come vuole entrar, la via l'è tronca, +come lo cinga intorno muro e fossa. +In quella stanza, ove la bella conca +in sé chiudea del gran profeta l'ossa, +entravan l'ombre, poi ch'avean tre volte +fatto d'intorno lor debite volte. +— Se i nomi e i gesti di ciascun vo' dirti +(dicea l'incantatrice a Bradamante), +di questi ch'or per gl'incantati spirti, +prima che nati sien, ci sono avante, +non so veder quando abbia da espedirti; +che non basta una notte a cose tante: +sì ch'io te ne verrò scegliendo alcuno, +secondo il tempo, e che sarà oportuno. +Vedi quel primo che ti rassimiglia +ne' bei sembianti e nel giocondo aspetto: +capo in Italia fia di tua famiglia, +del seme di Ruggiero in te concetto. +Veder del sangue di Pontier vermiglia +per mano di costui la terra aspetto, +e vendicato il tradimento e il torto +contra quei che gli avranno il padre morto. +Per opra di costui sarà deserto +il re de' Longobardi Desiderio: +d'Este e di Calaon per questo merto +il bel dominio avrà dal sommo Imperio. +Quel che gli è dietro, è il tuo nipote Uberto, +onor de l'arme e del paese esperio: +per costui contra Barbari difesa +più d'una volta fia la santa Chiesa. +Vedi qui Alberto, invitto capitano +ch'ornerà di trofei tanti delubri: +Ugo il figlio è con lui, che di Milano +farà l'acquisto, e spiegherà i colubri. +Azzo è quell'altro, a cui resterà in mano +dopo il fratello, il regno degli Insubri. +Ecco Albertazzo, il cui savio consiglio +torrà d'Italia Beringario e il figlio; +e sarà degno a cui Cesare Otone +Alda sua figlia, in matrimonio aggiunga. +Vedi un altro Ugo: oh bella successione, +che dal patrio valor non si dislunga! +Costui sarà, che per giusta cagione +ai superbi Roman l'orgoglio emunga, +che 'l terzo Otone e il pontefice tolga +de le man loro, e 'l grave assedio sciolga. +Vedi Folco, che par ch'al suo germano, +ciò che in Italia avea, tutto abbi dato, +e vada a possedere indi lontano +in mezzo agli Alamanni un gran ducato; +e dia alla casa di Sansogna mano, +che caduta sarà tutta da un lato; +e per la linea de la madre, erede, +con la progenie sua la terrà in piede. +Questo ch'or a nui viene è il secondo Azzo, +di cortesia più che di guerre amico, +tra dui figli, Bertoldo ed Albertazzo. +Vinto da l'un sarà il secondo Enrico, +e del sangue tedesco orribil guazzo +Parma vedrà per tutto il campo aprico: +de l'altro la contessa gloriosa, +saggia e casta Matilde, sarà sposa. +Virtù il farà di tal connubio degno; +ch'a quella età non poca laude estimo +quasi di mezza Italia in dote il regno, +e la nipote aver d'Enrico primo. +Ecco di quel Bertoldo il caro pegno, +Rinaldo tuo, ch'avrà l'onor opimo +d'aver la Chiesa de le man riscossa +de l'empio Federico Barbarossa. +Ecco un altro Azzo, ed è quel che Verona +avrà in poter col suo bel tenitorio; +e sarà detto marchese d'Ancona +dal quarto Otone e dal secondo Onorio. +Lungo sarà s'io mostro ogni persona +del sangue tuo, ch'avrà del consistorio +il confalone, e s'io narro ogni impresa +vinta da lor per la romana Chiesa. +Obizzo vedi e Folco, altri Azzi, altri Ughi, +ambi gli Enrichi, il figlio al padre a canto; +duo Guelfi, di quai l'uno Umbria soggiughi, +e vesta di Spoleti il ducal manto. +Ecco che 'l sangue e le gran piaghe asciughi +d'Italia afflitta, e volga in riso il pianto: +di costui parlo (e mostrolle Azzo quinto) +onde Ezellin fia rotto, preso, estinto. +Ezellino, immanissimo tiranno, +che fia creduto figlio del demonio, +farà, troncando i sudditi, tal danno, +e distruggendo il bel paese ausonio, +che pietosi apo lui stati saranno +Mario, Silla, Neron, Caio ed Antonio. +E Federico imperator secondo +fia per questo Azzo rotto e messo al fondo. +Terrà costui con più felice scettro +la bella terra che siede sul fiume, +dove chiamò con lacrimoso plettro +Febo il figliuol ch'avea mal retto il lume, +quando fu pianto il fabuloso elettro, +e Cigno si vestì di bianche piume; +e questa di mille oblighi mercede +gli donerà l'Apostolica sede. +Dove lascio il fratel Aldrobandino? +che per dar al pontefice soccorso +contra Oton quarto e il campo ghibellino +che sarà presso al Campidoglio corso, +ed avrà preso ogni luogo vicino, +e posto agli Umbri e alli Piceni il morso; +né potendo prestargli aiuto senza +molto tesor, ne chiederà a Fiorenza; +e non avendo gioie o miglior pegni, +per sicurtà daralle il frate in mano. +Spiegherà i suoi vittoriosi segni, +e romperà l'esercito germano; +in seggio riporrà la Chiesa, e degni +darà supplici ai conti di Celano; +ed al servizio del sommo Pastore +finirà gli anni suoi nel più bel fiore. +Ed Azzo, il suo fratel, lascierà erede +del dominio d'Ancona e di Pisauro, +d'ogni città che da Troento siede +tra il mare e l'Apennin fin all'Isauro, +e di grandezza d'animo e di fede, +e di virtù, miglior che gemme ed auro: +che dona e tolle ogn'altro ben Fortuna; +sol in virtù non ha possanza alcuna. +Vedi Rinaldo, in cui non minor raggio +splenderà di valor, pur che non sia +a tanta esaltazion del bel lignaggio +Morte o Fortuna invidiosa e ria. +Udirne il duol fin qui da Napoli aggio, +dove del padre allor statico fia. +Or Obizzo ne vien, che giovinetto +dopo l'avo sarà principe eletto. +Al bel dominio accrescerà costui +Reggio giocondo, e Modona feroce. +Tal sarà il suo valor, che signor lui +domanderanno i populi a una voce. +Vedi Azzo sesto, un de' figliuoli sui, +confalonier de la cristiana croce: +avrà il ducato d'Andria con la figlia +del secondo re Carlo di Siciglia. +Vedi in un bello ed amichevol groppo +de li principi illustri l'eccellenza: +Obizzo, Aldrobandin, Nicolò zoppo, +Alberto, d'amor pieno e di clemenza. +Io tacerò, per non tenerti troppo, +come al bel regno aggiungeran Favenza, +e con maggior fermezza Adria, che valse +da sé nomar l'indomite acque salse; +come la terra, il cui produr di rose +le diè piacevol nome in greche voci, +e la città ch'in mezzo alle piscose +paludi, del Po teme ambe le foci, +dove abitan le genti disiose +che 'l mar si turbi e sieno i venti atroci. +Taccio d'Argenta, di Lugo e di mille +altre castella e populose ville. +Ve' Nicolò, che tenero fanciullo +il popul crea signor de la sua terra, +e di Tideo fa il pensier vano e nullo, +che contra lui le civil arme afferra. +Sarà di questo il pueril trastullo +sudar nel ferro e travagliarsi in guerra; +e da lo studio del tempo primiero +il fior riuscirà d'ogni guerriero. +Farà de' suoi ribelli uscire a voto +ogni disegno, e lor tornare in danno; +ed ogni stratagema avrà sì noto, +che sarà duro il poter fargli inganno. +Tardi di questo s'avedrà il terzo Oto, +e di Reggio e di Parma aspro tiranno, +che da costui spogliato a un tempo fia +e del dominio e de la vita ria. +Avrà il bel regno poi sempre augumento +senza torcer mai piè dal camin dritto; +né ad alcuno farà mai nocumento, +da cui prima non sia d'ingiuria afflitto: +ed è per questo il gran Motor contento +che non gli sia alcun termine prescritto: +ma duri prosperando in meglio sempre, +fin che si volga il ciel ne le sue tempre. +Vedi Leonello, e vedi il primo duce, +fama de la sua età, l'inclito Borso, +che siede in pace, e più trionfo adduce +di quanti in altrui terre abbino corso. +Chiuderà Marte ove non veggia luce, +e stringerà al Furor le mani al dorso. +Di questo signor splendido ogni intento +sarà che 'l popul suo viva contento. +Ercole or vien, ch'al suo vicin rinfaccia, +col piè mezzo arso e con quei debol passi, +come a Budrio col petto e con la faccia +il campo volto in fuga gli fermassi; +non perché in premio poi guerra gli faccia, +né, per cacciarlo, fin nel Barco passi. +Questo è il signor, di cui non so esplicarme +se fia maggior la gloria o in pace o in arme. +Terran Pugliesi, Calabri e Lucani +de' gesti di costui lunga memoria, +là dove avrà dal Re de' Catalani +di pugna singular la prima gloria; +e nome tra gl'invitti capitani +s'acquisterà con più d'una vittoria: +avrà per sua virtù la signoria, +più di trenta anni a lui debita pria. +E quanto più aver obligo si possa +a principe, sua terra avrà a costui; +non perché fia de le paludi mossa +tra campi fertilissimi da lui; +non perché la farà con muro e fossa +meglio capace a' cittadini sui, +e l'ornarà di templi e di palagi, +di piazze, di teatri e di mille agi; +non perché dagli artigli de l'audace +aligero Leon terrà difesa; +non perché, quando la gallica face +per tutto avrà la bella Italia accesa, +si starà sola col suo stato in pace, +e dal timore e dai tributi illesa: +non sì per questi ed altri benefici +saran sue genti ad Ercol debitrici: +quanto che darà lor l'inclita prole, +il giusto Alfonso e Ippolito benigno, +che saran quai l'antiqua fama suole +narrar de' figli del Tindareo cigno, +ch'alternamente si privan del sole +per trar l'un l'altro de l'aer maligno. +Sarà ciascuno d'essi e pronto e forte +l'altro salvar con sua perpetua morte. +Il grande amor di questa bella coppia +renderà il popul suo via più sicuro, +che se, per opra di Vulcan, di doppia +cinta di ferro avesse intorno il muro. +Alfonso è quel che col saper accoppia +sì la bontà, ch'al secolo futuro +la gente crederà che sia dal cielo +tornata Astrea dove può il caldo e il gielo. +A grande uopo gli fia l'esser prudente, +e di valore assimigliarsi al padre; +che si ritroverà, con poca gente, +da un lato aver le veneziane squadre, +colei dall'altro, che più giustamente +non so se devrà dir matrigna o madre; +ma se per madre, a lui poco più pia, +che Medea ai figli o Progne stata sia. +E quante volte uscirà giorno o notte +col suo popul fedel fuor de la terra, +tante sconfitte e memorabil rotte +darà a' nimici o per acqua o per terra. +Le genti di Romagna mal condotte, +contra i vicini e lor già amici, in guerra, +se n'avedranno, insanguinando il suolo +che serra il Po, Santerno e Zanniolo. +Nei medesmi confini anco saprallo +del gran Pastore il mercenario Ispano, +che gli avrà dopo con poco intervallo +la Bastìa tolta, e morto il castellano, +quando l'avrà già preso; e per tal fallo +non fia, dal minor fante al capitano, +che del racquisto e del presidio ucciso +a Roma riportar possa l'aviso. +Costui sarà, col senno e con la lancia, +ch'avrà l'onor, nei campi di Romagna, +d'aver dato all'esercito di Francia +la gran vittoria contra Iulio e Spagna. +Nuoteranno i destrier fin alla pancia +nel sangue uman per tutta la campagna; +ch'a sepelire il popul verrà manco +tedesco, ispano, greco, italo, e franco. +Quel ch'in pontificale abito imprime +del purpureo capel la sacra chioma, +è il liberal, magnanimo, sublime, +gran cardinal de la Chiesa di Roma +Ippolito, ch'a prose, a versi, a rime +darà materia eterna in ogni idioma; +la cui fiorita età vuole il ciel iusto +ch'abbia un Maron, come un altro ebbe Augusto. +Adornerà la sua progenie bella, +come orna il sol la machina del mondo +molto più de la luna e d'ogni stella; +ch'ogn'altro lume a lui sempre è secondo. +Costui con pochi a piedi e meno in sella +veggio uscir mesto, e poi tornar iocondo; +che quindici galee mena captive, +oltra mill'altri legni alle sue rive. +Vedi poi l'uno e l'altro Sigismondo. +Vedi d'Alfonso i cinque figli cari, +alla cui fama ostar, che di sé il mondo +non empia, i monti non potran né i mari: +gener del re di Francia, Ercol secondo +è l'un; quest'altro (acciò tutti gl'impari) +Ippolito è, che non con minor raggio +che 'l zio, risplenderà nel suo lignaggio; +Francesco, il terzo; Alfonsi gli altri dui +ambi son detti. Or, come io dissi prima, +s'ho da mostrarti ogni tuo ramo, il cui +valor la stirpe sua tanto sublima, +bisognerà che si rischiari e abbui +più volte prima il ciel, ch'io te li esprima: +e sarà tempo ormai, quando ti piaccia, +ch'io dia licenza all'ombre e ch'io mi taccia. — +Così con voluntà de la donzella +la dotta incantatrice il libro chiuse. +Tutti gli spirti allora ne la cella +spariro in fretta, ove eran l'ossa chiuse. +Qui Bradamante, poi che la favella +le fu concessa usar, la bocca schiuse, +e domandò: — Chi son li dua sì tristi, +che tra Ippolito e Alfonso abbiamo visti? +Veniano sospirando, e gli occhi bassi +parean tener d'ogni baldanza privi; +e gir lontan da loro io vedea i passi +dei frati sì, che ne pareano schivi. — +Parve ch'a tal domanda si cangiassi +la maga in viso, e fe' degli occhi rivi, +e gridò: — Ah sfortunati, a quanta pena +lungo istigar d'uomini rei vi mena! +O bona prole, o degna d'Ercol buono, +non vinca il lor fallir vostra bontade: +di vostro sangue i miseri pur sono; +qui ceda la iustizia alla pietade. — +Indi soggiunse con più basso suono: +— Di ciò dirti più inanzi non accade. +Statti col dolce in bocca; e non ti doglia +ch'amareggiare al fin non te la voglia. +Tosto che spunti in ciel la prima luce, +piglierai meco la più dritta via +ch'al lucente castel d'acciai' conduce, +dove Ruggier vive in altrui balìa. +Io tanto ti sarò compagna e duce, +che tu sia fuor de l'aspra selva ria: +t'insegnerò, poi che saren sul mare, +sì ben la via, che non potresti errare. — +Quivi l'audace giovane rimase +tutta la notte, e gran pezzo ne spese +a parlar con Merlin, che le suase +rendersi tosto al suo Ruggier cortese. +Lasciò di poi le sotterranee case, +che di nuovo splendor l'aria s'accese, +per un camin gran spazio oscuro e cieco, +avendo la spirtal femmina seco. +E riusciro in un burrone ascoso +tra monti inaccessibili alle genti; +e tutto 'l dì senza pigliar riposo +saliron balze e traversar torrenti. +E perché men l'andar fosse noioso, +di piacevoli e bei ragionamenti, +di quel che fu più conferir soave, +l'aspro camin facean parer men grave: +di quali era però la maggior parte, +ch'a Bradamante vien la dotta maga +mostrando con che astuzia e con qual arte +proceder de', se di Ruggiero è vaga. +— Se tu fossi (dicea) Pallade o Marte, +e conducessi gente alla tua paga +più che non ha il re Carlo e il re Agramante, +non dureresti contra il negromante; +che oltre che d'acciar murata sia +la rocca inespugnabile, e tant'alta; +oltre che 'l suo destrier si faccia via +per mezzo l'aria, ove galoppa e salta; +ha lo scudo mortal, che come pria +si scopre, il suo splendor sì gli occhi assalta, +la vista tolle, e tanto occupa i sensi, +che come morto rimaner conviensi. +E se forse ti pensi che ti vaglia +combattendo tener serrati gli occhi, +come potrai saper ne la battaglia +quando ti schivi, o l'avversario tocchi? +Ma per fuggire il lume ch'abbarbaglia, +e gli altri incanti di colui far sciocchi, +ti mostrerò un rimedio, una via presta; +né altra in tutto 'l mondo è se non questa. +Il re Agramante d'Africa uno annello, +che fu rubato in India a una regina, +ha dato a un suo baron detto Brunello, +che poche miglia inanzi ne camina; +di tal virtù, che chi nel dito ha quello, +contra il mal degl'incanti ha medicina. +Sa de furti e d'inganni Brunel, quanto +colui, che tien Ruggier, sappia d'incanto. +Questo Brunel sì pratico e sì astuto, +come io ti dico, è dal suo re mandato +acciò che col suo ingegno e con l'aiuto +di questo annello, in tal cose provato, +di quella rocca dove è ritenuto, +traggia Ruggier, che così s'è vantato, +ed ha così promesso al suo signore, +a cui Ruggiero è più d'ogn'altro a core. +Ma perché il tuo Ruggiero a te sol abbia, +e non al re Agramante, ad obligarsi +che tratto sia de l'incantata gabbia, +t'insegnerò il rimedio che de' usarsi. +Tu te n'andrai tre dì lungo la sabbia +del mar, ch'è oramai presso a dimostrarsi; +il terzo giorno in un albergo teco +arriverà costui c'ha l'annel seco. +La sua statura, acciò tu lo conosca, +non è sei palmi, ed ha il capo ricciuto; +le chiome ha nere, ed ha la pelle fosca; +pallido il viso, oltre il dover barbuto; +gli occhi gonfiati e guardatura losca; +schiacciato il naso, e ne le ciglia irsuto: +l'abito, acciò ch'io lo dipinga intero, +è stretto e corto, e sembra di corriero. +Con esso lui t'accaderà soggetto +di ragionar di quell'incanti strani: +mostra d'aver, come tu avra' in effetto, +disio che 'l mago sia teco alle mani; +ma non mostrar che ti sia stato detto +di quel suo annel che fa gl'incanti vani. +Egli t'offerirà mostrar la via +fin alla rocca e farti compagnia. +Tu gli va dietro: e come t'avicini +a quella rocca sì ch'ella si scopra, +dàgli la morte; né pietà t'inchini +che tu non metta il mio consiglio in opra. +Né far ch'egli il pensier tuo s'indovini, +e ch'abbia tempo che l'annel lo copra; +perché ti spariria dagli occhi, tosto +ch'in bocca il sacro annel s'avesse posto. — +Così parlando, giunsero sul mare, +dove presso a Bordea mette Garonna. +Quivi, non senza alquanto lagrimare, +si dipartì l'una da l'altra donna. +La figliuola d'Amon, che per slegare +di prigione il suo amante non assonna, +caminò tanto, che venne una sera +ad uno albergo, ove Brunel prim'era. +Conosce ella Brunel come lo vede, +di cui la forma avea sculpita in mente: +onde ne viene, ove ne va, gli chiede; +quel le risponde, e d'ogni cosa mente. +La donna, già prevista, non gli cede +in dir menzogne, e simula ugualmente +e patria e stirpe e setta e nome e sesso; +e gli volta alle man pur gli occhi spesso. +Gli va gli occhi alle man spesso voltando, +in dubbio sempre esser da lui rubata; +né lo lascia venir troppo accostando, +di sua condizion bene informata. +Stavano insieme in questa guisa, quando +l'orecchia da un rumor lor fu intruonata. +Poi vi dirò, Signor, che ne fu causa, +ch'avrò fatto al cantar debita pausa. +Quantunque il simular sia le più volte +ripreso, e dia di mala mente indici, +si trova pur in molte cose e molte +aver fatti evidenti benefici, +e danni e biasmi e morti aver già tolte; +che non conversiam sempre con gli amici +in questa assai più oscura che serena +vita mortal, tutta d'invidia piena. +Se, dopo lunga prova, a gran fatica +trovar si può chi ti sia amico vero, +ed a chi senza alcun sospetto dica +e discoperto mostri il tuo pensiero; +che de' far di Ruggier la bella amica +con quel Brunel non puro e non sincero, +ma tutto simulato e tutto finto, +come la maga le l'avea dipinto? +Simula anch'ella; e così far conviene +con esso lui di finzioni padre; +e, come io dissi, spesso ella gli tiene +gli occhi alle man, ch'eran rapaci e ladre. +Ecco all'orecchie un gran rumor lor viene. +Disse la donna: — O gloriosa Madre, +o Re del ciel, che cosa sarà questa? — +E dove era il rumor si trovò presta. +E vede l'oste e tutta la famiglia, +e chi a finestre e chi fuor ne la via, +tener levati al ciel gli occhi e le ciglia, +come l'ecclisse o la cometa sia. +Vede la donna un'alta maraviglia, +che di leggier creduta non saria: +vede passar un gran destriero alato, +che porta in aria un cavalliero armato. +Grandi eran l'ale e di color diverso, +e vi sedea nel mezzo un cavalliero, +di ferro armato luminoso e terso; +e vêr ponente avea dritto il sentiero. +Calossi, e fu tra le montagne immerso: +e, come dicea l'oste (e dicea il vero), +quel era un negromante, e facea spesso +quel varco, or più da lungi, or più da presso. +Volando, talor s'alza ne le stelle, +e poi quasi talor la terra rade; +e ne porta con lui tutte le belle +donne che trova per quelle contrade: +talmente che le misere donzelle +ch'abbino o aver si credano beltade +(come affatto costui tutte le invole) +non escon fuor sì che le veggia il sole. +— Egli sul Pireneo tiene un castello +(narrava l'oste) fatto per incanto, +tutto d'acciaio, e sì lucente e bello, +ch'altro al mondo non è mirabil tanto. +Già molti cavallier sono iti a quello, +e nessun del ritorno si dà vanto: +sì ch'io penso, signore, e temo forte, +o che sian presi, o sian condotti a morte. — +La donna il tutto ascolta, e le ne giova, +credendo far, come farà per certo, +con l'annello mirabile tal prova, +che ne fia il mago e il suo castel deserto; +e dice a l'oste: — Or un de' tuoi mi trova, +che più di me sia del viaggio esperto; +ch'io non posso durar: tanto ho il cor vago +di far battaglia contro a questo mago. — +— Non ti mancherà guida (le rispose +Brunello allora), e ne verrò teco io: +meco ho la strada in scritto, ed altre cose +che ti faran piacere il venir mio. — +Volse dir de l'annel; ma non l'espose, +né chiarì più, per non pagarne il fio. +— Grato mi fia (disse ella) il venir tuo; — +volendo dir ch'indi l'annel fia suo. +Quel ch'era utile a dir disse; e quel tacque, +che nuocer le potea col Saracino. +Avea l'oste un destrier ch'a costei piacque, +ch'era buon da battaglia e da camino: +comperollo e partissi come nacque +del bel giorno seguente il matutino. +Prese la via per una stretta valle, +con Brunello ora inanzi, ora alle spalle. +Di monte in monte e d'uno in altro bosco +giunsero ove l'altezza di Pirene +può dimostrar, se non è l'aer fosco, +e Francia e Spagna e due diverse arene, +come Apennin scopre il mar schiavo e il tosco +del giogo onde a Camaldoli si viene. +Quindi per aspro e faticoso calle +si discendea ne la profonda valle. +Vi sorge in mezzo un sasso che la cima +d'un bel muro d'acciar tutta si fascia; +e quella tanto inverso il ciel sublima, +che quanto ha intorno, inferior si lascia. +Non faccia, chi non vola, andarvi stima; +che spesa indarno vi saria ogni ambascia. +Brunel disse: — Ecco dove prigionieri +il mago tien le donne e i cavallieri. — +Da quattro canti era tagliato, e tale +che parea dritto a fil de la sinopia. +Da nessun lato né sentier né scale +v'eran, che di salir facesser copia: +e ben appar che d'animal ch'abbia ale +sia quella stanza nido e tana propia. +Quivi la donna esser conosce l'ora +di tor l'annello, e far che Brunel mora. +Ma le par atto vile a insaguinarsi +d'un uom senza arme e di sì ignobil sorte; +che ben potrà posseditrice farsi +del ricco annello, e lui non porre a morte. +Brunel non avea mente a riguardarsi; +sì ch'ella il prese, e lo legò ben forte +ad uno abete ch'alta avea la cima: +ma di dito l'annel gli trasse prima. +Né per lacrime, gemiti o lamenti +che facesse Brunel, lo volse sciorre. +Smontò de la montagna a passi lenti, +tanto che fu nel pian sotto la torre. +E perché alla battaglia s'appresenti +il negromante, al corno suo ricorre: +e dopo il suon, con minacciose grida +lo chiama al campo, ed alla pugna 'l sfida. +Non stette molto a uscir fuor de la porta +l'incantator, ch'udì 'l suono e la voce. +L'alato corridor per l'aria il porta +contra costei, che sembra uomo feroce. +La donna da principio si conforta; +che vede che colui poco le nuoce: +non porta lancia né spada né mazza, +ch'a forar l'abbia o romper la corazza. +Da la sinistra sol lo scudo avea, +tutto coperto di seta vermiglia; +ne la man destra un libro, onde facea +nascer, leggendo, l'alta maraviglia: +che la lancia talor correr parea, +e fatto avea a più d'un batter le ciglia; +talor parea ferir con mazza o stocco, +e lontano era, e non avea alcun tocco. +Non è finto il destrier, ma naturale, +ch'una giumenta generò d'un Grifo: +simile al padre avea la piuma e l'ale, +li piedi anteriori, il capo e il grifo; +in tutte l'altre membra parea quale +era la madre, e chiamasi ippogrifo; +che nei monti Rifei vengon, ma rari, +molto di là dagli aghiacciati mari. +Quivi per forza lo tirò d'incanto; +e poi che l'ebbe, ad altro non attese, +e con studio e fatica operò tanto, +ch'a sella e briglia il cavalcò in un mese: +così ch'in terra e in aria e in ogni canto +lo facea volteggiar senza contese. +Non finzion d'incanto, come il resto, +ma vero e natural si vedea questo. +Del mago ogn'altra cosa era figmento, +che comparir facea pel rosso il giallo; +ma con la donna non fu di momento, +che per l'annel non può vedere in fallo. +Più colpi tuttavia diserra al vento, +e quinci e quindi spinge il suo cavallo; +e si dibatte e si travaglia tutta, +come era, inanzi che venisse, istrutta. +E poi che esercitata si fu alquanto +sopra il destrier, smontar volse anco a piede, +per poter meglio al fin venir di quanto +la cauta maga istruzion le diede. +Il mago vien per far l'estremo incanto; +che del fatto ripar né sa né crede: +scuopre lo scudo, e certo si prosume +farla cader con l'incantato lume. +Potea così scoprirlo al primo tratto, +senza tenere i cavallieri a bada; +ma gli piacea veder qualche bel tratto +di correr l'asta o di girar la spada: +come si vede ch'all'astuto gatto +scherzar col topo alcuna volta aggrada; +e poi che quel piacer gli viene a noia, +dargli di morso, e al fin voler che muoia. +Dico che 'l mago al gatto, e gli altri al topo +s'assimigliar ne le battaglie dianzi; +ma non s'assimigliar già così, dopo +che con l'annel si fe' la donna inanzi. +Attenta e fissa stava a quel ch'era uopo, +acciò che nulla seco il mago avanzi; +e come vide che lo scudo aperse, +chiuse gli occhi, e lasciò quivi caderse. +Non che il fulgor del lucido metallo, +come soleva agli altri, a lei nocesse; +ma così fece acciò che dal cavallo +contra sé il vano incantator scendesse: +né parte andò del suo disegno in fallo; +che tosto ch'ella il capo in terra messe, +accelerando il volator le penne, +con larghe ruote in terra a por si venne. +Lascia all'arcion lo scudo, che già posto +avea ne la coperta, e a piè discende +verso la donna che, come reposto +lupo alla macchia il capriolo, attende. +Senza più indugio ella si leva tosto +che l'ha vicino, e ben stretto lo prende. +Avea lasciato quel misero in terra +il libro che facea tutta la guerra: +e con una catena ne correa, +che solea portar cinta a simil uso; +perché non men legar colei credea, +che per adietro altri legare era uso. +La donna in terra posto già l'avea: +se quel non si difese, io ben l'escuso; +che troppo era la cosa differente +tra un debol vecchio e lei tanto possente. +Disegnando levargli ella la testa, +alza la man vittoriosa in fretta; +ma poi che 'l viso mira, il colpo arresta, +quasi sdegnando sì bassa vendetta: +un venerabil vecchio in faccia mesta +vede esser quel ch'ella ha giunto alla stretta, +che mostra al viso crespo e al pelo bianco, +età di settanta anni o poco manco. +— Tommi la vita, giovene, per Dio, — +dicea il vecchio pien d'ira e di dispetto; +ma quella a torla avea sì il cor restio, +come quel di lasciarla avria diletto. +La donna di sapere ebbe disio +chi fosse il negromante, ed a che effetto +edificasse in quel luogo selvaggio +la rocca, e faccia a tutto il mondo oltraggio. +— Né per maligna intenzione, ahi lasso! +(disse piangendo il vecchio incantatore) +feci la bella rocca in cima al sasso, +né per avidità son rubatore; +ma per ritrar sol dall'estremo passo +un cavallier gentil, mi mosse amore, +che, come il ciel mi mostra, in tempo breve +morir cristiano a tradimento deve. +Non vede il sol tra questo e il polo austrino +un giovene sì bello e sì prestante: +Ruggiero ha nome, il qual da piccolino +da me nutrito fu, ch'io sono Atlante. +Disio d'onore e suo fiero destino +l'han tratto in Francia dietro al re Agramante; +ed io, che l'amai sempre più che figlio, +lo cerco trar di Francia e di periglio. +La bella rocca solo edificai +per tenervi Ruggier sicuramente, +che preso fu da me, come sperai +che fossi oggi tu preso similmente; +e donne e cavallier, che tu vedrai, +poi ci ho ridotti, ed altra nobil gente, +acciò che quando a voglia sua non esca, +avendo compagnia, men gli rincresca. +Pur ch'uscir di là su non si domande, +d'ogn'altro gaudio lor cura mi tocca; +che quanto averne da tutte le bande +si può del mondo, è tutto in quella rocca: +suoni, canti, vestir, giuochi, vivande, +quanto può cor pensar, può chieder bocca. +Ben seminato avea, ben cogliea il frutto; +ma tu sei giunto a disturbarmi il tutto. +Deh, se non hai del viso il cor men bello, +non impedir il mio consiglio onesto! +Piglia lo scudo (ch'io tel dono) e quello +destrier che va per l'aria così presto; +e non t'impacciar oltra nel castello, +o tranne uno o duo amici, e lascia il resto; +o tranne tutti gli altri, e più non chero, +se non che tu mi lasci il mio Ruggiero. +E se disposto sei volermel torre, +deh, prima almen che tu 'l rimeni in Francia, +piacciati questa afflitta anima sciorre +de la sua scorza ormai putrida e rancia! — +Rispose la donzella: — Lui vo' porre +in libertà: tu, se sai, gracchia e ciancia; +né mi offerir di dar lo scudo in dono, +o quel destrier, che miei, non più tuoi sono: +né s'anco stesse a te di torre e darli, +mi parrebbe che 'l cambio convenisse. +Tu di' che Ruggier tieni per vietarli +il male influsso di sue stelle fisse. +O che non puoi saperlo, o non schivarli, +sappiendol, ciò che 'l ciel di lui prescrisse: +ma se 'l mal tuo, c'hai sì vicin, non vedi, +peggio l'altrui c'ha da venir prevedi. +Non pregar ch'io t'uccida, ch'i tuoi preghi +sariano indarno; e se pur vuoi la morte, +ancor che tutto il mondo dar la nieghi, +da sé la può aver sempre animo forte. +Ma pria che l'alma da la carne sleghi, +a tutti i tuoi prigioni apri le porte. — +Così dice la donna, e tuttavia +il mago preso incontra al sasso invia. +Legato de la sua propria catena +andava Atlante, e la donzella appresso, +che così ancor se ne fidava a pena, +ben che in vista parea tutto rimesso. +Non molti passi dietro se la mena, +ch'a piè del monte han ritrovato il fesso, +e li scaglioni onde si monta in giro, +fin ch'alla porta del castel saliro. +Di su la soglia Atlante un sasso tolle, +di caratteri e strani segni isculto. +Sotto, vasi vi son, che chiamano olle, +che fuman sempre, e dentro han foco occulto. +L'incantator le spezza; e a un tratto il colle +riman deserto, inospite ed inculto; +né muro appar né torre in alcun lato, +come se mai castel non vi sia stato. +Sbrigossi de la donna il mago alora, +come fa spesso il tordo da la ragna; +e con lui sparve il suo castello a un'ora, +e lasciò in libertà quella compagna. +Le donne e i cavallier si trovar fuora +de le superbe stanze alla campagna: +e furon di lor molte a chi ne dolse; +che tal franchezza un gran piacer lor tolse. +Quivi è Gradasso, quivi è Sacripante, +quivi è Prasildo, il nobil cavalliero +che con Rinaldo venne di Levante, +e seco Iroldo, il par d'amici vero. +Al fin trovò la bella Bradamante +quivi il desiderato suo Ruggiero, +che, poi che n'ebbe certa conoscenza, +le fe' buona e gratissima accoglienza; +come a colei che più che gli occhi sui, +più che 'l suo cor, più che la propria vita +Ruggiero amò dal dì ch'essa per lui +si trasse l'elmo, onde ne fu ferita. +Lungo sarebbe a dir come, e da cui, +e quanto ne la selva aspra e romita +si cercar poi la notte e il giorno chiaro; +né, se non qui, mai più si ritrovaro. +Or che quivi la vede, e sa ben ch'ella +è stata sola la sua redentrice, +di tanto gaudio ha pieno il cor, che appella +sé fortunato ed unico felice. +Scesero il monte, e dismontaro in quella +valle, ove fu la donna vincitrice, +e dove l'ippogrifo trovaro anco, +ch'avea lo scudo, ma coperto, al fianco. +La donna va per prenderlo nel freno: +e quel l'aspetta fin che se gli accosta; +poi spiega l'ale per l'aer sereno, +e si ripon non lungi a mezza costa. +Ella lo segue: e quel né più né meno +si leva in aria, e non troppo si scosta; +come fa la cornacchia in secca arena, +che dietro il cane or qua or là si mena. +Ruggier, Gradasso, Sacripante, e tutti +quei cavallier che scesi erano insieme, +chi di sù, chi di giù, si son ridutti +dove che torni il volatore han speme. +Quel, poi che gli altri invano ebbe condutti +più volte e sopra le cime supreme +e negli umidi fondi tra quei sassi, +presso a Ruggiero al fin ritenne i passi. +E questa opera fu del vecchio Atlante, +di cui non cessa la pietosa voglia +di trar Rugier del gran periglio instante: +di ciò sol pensa e di ciò solo ha doglia. +Però gli manda or l'ippogrifo avante, +perché d'Europa con questa arte il toglia. +Ruggier lo piglia, e seco pensa trarlo; +ma quel s'arretra, e non vuol seguitarlo. +Or di Frontin quel animoso smonta +(Frontino era nomato il suo destriero), +e sopra quel che va per l'aria monta, +e con li spron gli adizza il core altiero. +Quel corre alquanto, ed indi i piedi ponta, +e sale inverso il ciel, via più leggiero +che 'l girifalco, a cui lieva il capello +il mastro a tempo, e fa veder l'augello. +La bella donna, che sì in alto vede +e con tanto periglio il suo Ruggiero, +resta attonita in modo, che non riede +per lungo spazio al sentimento vero. +Ciò che già inteso avea di Ganimede +ch'al ciel fu assunto dal paterno impero, +dubita assai che non accada a quello, +non men gentil di Ganimede e bello. +Con gli occhi fissi al ciel lo segue quanto +basta il veder; ma poi che si dilegua +sì, che la vista non può correr tanto, +lascia che sempre l'animo lo segua. +Tuttavia con sospir, gemito e pianto +non ha, né vuol aver pace né triegua. +Poi che Ruggier di vista se le tolse, +al buon destrier Frontin gli occhi rivolse: +e si deliberò di non lasciarlo, +che fosse in preda a chi venisse prima; +ma di condurlo seco e di poi darlo +al suo signor, ch'anco veder pur stima. +Poggia l'augel, né può Ruggier frenarlo: +di sotto rimaner vede ogni cima +ed abbassarsi in guisa, che non scorge +dove è piano il terren né dove sorge. +Poi che sì ad alto vien, ch'un picciol punto +lo può stimar chi da la terra il mira, +prende la via verso ove cade a punto +il sol, quando col Granchio si raggira, +e per l'aria ne va come legno unto +a cui nel mar propizio vento spira. +Lasciamlo andar, che farà buon camino, +e torniamo a Rinaldo paladino. +Rinaldo l'altro e l'altro giorno scorse, +spinto dal vento, un gran spazio di mare, +quando a ponente e quando contra l'Orse, +che notte e dì non cessa mai soffiare. +Sopra la Scozia ultimamente sorse, +dove la selva Calidonia appare, +che spesso fra gli antiqui ombrosi cerri +s'ode sonar di bellicosi ferri. +Vanno per quella i cavallieri erranti, +incliti in arme, di tutta Bretagna, +e de' prossimi luoghi e de' distanti, +di Francia, di Norvegia e de Lamagna. +Chi non ha gran valor, non vada inanti; +che dove cerca onor, morte guadagna. +Gran cose in essa già fece Tristano, +Lancillotto, Galasso, Artù e Galvano, +ed altri cavallieri e de la nuova +e de la vecchia Tavola famosi: +restano ancor di più d'una lor pruova +li monumenti e li trofei pomposi. +L'arme Rinaldo e il suo Baiardo truova, +e tosto si fa por nei liti ombrosi, +ed al nochier comanda che si spicche +e lo vada aspettar a Beroicche. +Senza scudiero e senza compagnia +va il cavallier per quella selva immensa, +facendo or una ed or un'altra via, +dove più aver strane aventure pensa. +Capitò il primo giorno a una badia, +che buona parte del suo aver dispensa +in onorar nel suo cenobio adorno +le donne i cavallier che vanno attorno. +Bella accoglienza i monachi e l'abbate +fero a Rinaldo, il qual domandò loro +(non prima già che con vivande grate +avesse avuto il ventre amplo ristoro) +come dai cavallier sien ritrovate +spesso aventure per quel tenitoro, +dove si possa in qualche fatto eggregio +l'uom dimostrar, se merta biasmo o pregio. +Risposongli ch'errando in quelli boschi, +trovar potria strane aventure e molte: +ma come i luoghi, i fatti ancor son foschi; +che non se n'ha notizia le più volte. +— Cerca (diceano) andar dove conoschi +che l'opre tue non restino sepolte, +acciò dietro al periglio e alla fatica +segua la fama, e il debito ne dica. +E se del tuo valor cerchi far prova, +t'è preparata la più degna impresa +che ne l'antiqua etade o ne la nova +giamai da cavallier sia stata presa. +La figlia del re nostro or si ritrova +bisognosa d'aiuto e di difesa +contra un baron che Lurcanio si chiama, +che tor le cerca e la vita e la fama. +Questo Lurcanio al padre l'ha accusata +(forse per odio più che per ragione) +averla a mezza notte ritrovata +trarr'un suo amante a sé sopra un verrone. +Per le leggi del regno condannata +al foco fia, se non truova campione +che fra un mese, oggimai presso a finire, +l'iniquo accusator faccia mentire. +L'aspra legge di Scozia, empia e severa, +vuol ch'ogni donna, e di ciascuna sorte, +ch'ad uomo si giunga, e non gli sia mogliera, +s'accusata ne viene, abbia la morte. +Né riparar si può ch'ella non pera, +quando per lei non venga un guerrier forte +che tolga la difesa, e che sostegna +che sia innocente e di morire indegna. +Il re, dolente per Ginevra bella +(che così nominata è la sua figlia), +ha publicato per città e castella, +che s'alcun la difesa di lei piglia, +e che l'estingua la calunnia fella +(pur che sia nato di nobil famiglia), +l'avrà per moglie, ed uno stato, quale +fia convenevol dote a donna tale. +Ma se fra un mese alcun per lei non viene, +o venendo non vince, sarà uccisa. +Simile impresa meglio ti conviene, +ch'andar pei boschi errando a questa guisa: +oltre ch'onor e fama te n'aviene +ch'in eterno da te non fia divisa, +guadagni il fior di quante belle donne +da l'Indo sono all'Atlantee colonne; +e una ricchezza appresso, ed uno stato +che sempre far ti può viver contento; +e la grazia del re, se suscitato +per te gli fia il suo onor, che è quasi spento. +Poi per cavalleria tu se' ubligato +a vendicar di tanto tradimento +costei, che per commune opinione, +di vera pudicizia è un paragone. — +Pensò Rinaldo alquanto, e poi rispose: +— Una donzella dunque dè' morire +perché lasciò sfogar ne l'amorose +sue braccia al suo amator tanto desire? +Sia maladetto chi tal legge pose, +e maladetto chi la può patire! +Debitamente muore una crudele, +non chi dà vita al suo amator fedele. +Sia vero o falso che Ginevra tolto +s'abbia il suo amante, io non riguardo a questo: +d'averlo fatto la loderei molto, +quando non fosse stato manifesto. +Ho in sua difesa ogni pensier rivolto: +datemi pur un che mi guidi presto, +e dove sia l'accusator mi mene; +ch'io spero in Dio Ginevra trar di pene. +Non vo' già dir ch'ella non l'abbia fatto; +che nol sappiendo, il falso dir potrei: +dirò ben che non de' per simil atto +punizion cadere alcuna in lei; +e dirò che fu ingiusto o che fu matto +chi fece prima gli statuti rei; +e come iniqui rivocar si denno, +e nuova legge far con miglior senno. +S'un medesimo ardor, s'un disir pare +inchina e sforza l'uno e l'altro sesso +a quel suave fin d'amor, che pare +all'ignorante vulgo un grave eccesso; +perché si de' punir donna o biasmare, +che con uno o più d'uno abbia commesso +quel che l'uom fa con quante n'ha appetito, +e lodato ne va, non che impunito? +Son fatti in questa legge disuguale +veramente alle donne espressi torti; +e spero in Dio mostrar che gli è gran male +che tanto lungamente si comporti. — +Rinaldo ebbe il consenso universale, +che fur gli antiqui ingiusti e male accorti, +che consentiro a così iniqua legge, +e mal fa il re, che può, né la corregge. +Poi che la luce candida e vermiglia +de l'altro giorno aperse l'emispero, +Rinaldo l'arme e il suo Baiardo piglia, +e di quella badia tolle un scudiero, +che con lui viene a molte leghe e miglia, +sempre nel bosco orribilmente fiero, +verso la terra ove la lite nuova +de la donzella de' venir in pruova. +Avean, cercando abbreviar camino, +lasciato pel sentier la maggior via; +quando un gran pianto udir sonar vicino, +che la foresta d'ogn'intorno empìa. +Baiardo spinse l'un, l'altro il ronzino +verso una valle, onde quel grido uscìa: +e fra dui mascalzoni una donzella +vider, che di lontan parea assai bella; +ma lacrimosa e addolorata quanto +donna o donzella o mai persona fosse. +Le sono dui col ferro nudo a canto, +per farle far l'erbe di sangue rosse. +Ella con preghi differendo alquanto +giva il morir, sin che pietà si mosse. +Venne Rinaldo; e come se n'accorse, +con alti gridi e gran minacce accorse. +Voltaro i malandrin tosto le spalle, +che 'l soccorso lontan vider venire, +e se appiattar ne la profonda valle. +Il paladin non li curò seguire: +venne a la donna, e qual gran colpa dàlle +tanta punizion, cerca d'udire; +e per tempo avanzar, fa allo scudiero +levarla in groppa, e torna al suo sentiero. +E cavalcando poi meglio la guata +molto esser bella e di maniere accorte, +ancor che fosse tutta spaventata +per la paura ch'ebbe de la morte. +Poi ch'ella fu di nuovo domandata +chi l'avea tratta a sì infelice sorte, +incominciò con umil voce a dire +quel ch'io vo' all'altro canto differire. +Tutti gli altri animai che sono in terra, +o che vivon quieti e stanno in pace, +o se vengono a rissa e si fan guerra, +alla femina il maschio non la face: +l'orsa con l'orso al bosco sicura erra, +la leonessa appresso il leon giace; +col lupo vive la lupa sicura, +né la iuvenca ha del torel paura. +Ch'abominevol peste, che Megera +è venuta a turbar gli umani petti? +che si sente il marito e la mogliera +sempre garrir d'ingiuriosi detti, +stracciar la faccia e far livida e nera, +bagnar di pianto i geniali letti; +e non di pianto sol, ma alcuna volta +di sangue gli ha bagnati l'ira stolta. +Parmi non sol gran mal, ma che l'uom faccia +contra natura e sia di Dio ribello, +che s'induce a percuotere la faccia +di bella donna, o romperle un capello: +ma chi le dà veneno, o chi le caccia +l'alma del corpo con laccio o coltello, +ch'uomo sia quel non crederò in eterno, +ma in vista umana uno spirto de l'inferno. +Cotali esser doveano i duo ladroni +che Rinaldo cacciò da la donzella, +da lor condotta in quei scuri valloni +perché non se n'udisse più novella. +Io lasciai ch'ella render le cagioni +s'apparechiava di sua sorte fella +al paladin, che le fu buono amico: +or, seguendo l'istoria, così dico. +La donna incominciò: — Tu intenderai +la maggior crudeltade e la più espressa, +ch'in Tebe e in Argo o ch'in Micene mai, +o in loco più crudel fosse commessa. +E se rotando il sole i chiari rai, +qui men ch'all'altre region s'appressa, +credo ch'a noi malvolentieri arrivi, +perché veder sì crudel gente schivi. +Ch'agli nemici gli uomini sien crudi, +in ogni età se n'è veduto esempio; +ma dar la morte a chi procuri e studi +il tuo ben sempre, è troppo ingiusto ed empio. +E acciò che meglio il vero io ti denudi, +perché costor volessero far scempio +degli anni verdi miei contra ragione, +ti dirò da principio ogni cagione. +Voglio che sappi, signor mio, ch'essendo +tenera ancora, alli servigi venni +de la figlia del re, con cui crescendo, +buon luogo in corte ed onorato tenni. +Crudele Amore, al mio stato invidendo, +fe' che seguace, ahi lassa! gli divenni: +fe' d'ogni cavallier, d'ogni donzello +parermi il duca d'Albania più bello. +Perché egli mostrò amarmi più che molto, +io ad amar lui con tutto il cor mi mossi. +Ben s'ode il ragionar, si vede il volto, +ma dentro il petto mal giudicar possi. +Credendo, amando, non cessai che tolto +l'ebbi nel letto, e non guardai ch'io fossi +di tutte le real camere in quella +che più secreta avea Ginevra bella; +dove tenea le sue cose più care, +e dove le più volte ella dormia. +Si può di quella in s'un verrone entrare, +che fuor del muro al discoperto uscìa. +Io facea il mio amator quivi montare; +e la scala di corde onde salia +io stessa dal verron giù gli mandai +qual volta meco aver lo desiai: +che tante volte ve lo fei venire, +quante Ginevra me ne diede l'agio, +che solea mutar letto, or per fuggire +il tempo ardente, or il brumal malvagio. +Non fu veduto d'alcun mai salire; +però che quella parte del palagio +risponde verso alcune case rotte, +dove nessun mai passa o giorno o notte. +Continuò per molti giorni e mesi +tra noi secreto l'amoroso gioco: +sempre crebbe l'amore; e sì m'accesi, +che tutta dentro io mi sentia di foco: +e cieca ne fui sì, ch'io non compresi +ch'egli fingeva molto, e amava poco; +ancor che li suo' inganni discoperti +esser doveanmi a mille segni certi. +Dopo alcun dì si mostrò nuovo amante +de la bella Ginevra. Io non so appunto +s'allora cominciasse, o pur inante +de l'amor mio, n'avesse il cor già punto. +Vedi s'in me venuto era arrogante, +s'imperio nel mio cor s'aveva assunto; +che mi scoperse, e non ebbe rossore +chiedermi aiuto in questo nuovo amore. +Ben mi dicea ch'uguale al mio non era, +né vero amor quel ch'egli avea a costei; +ma simulando esserne acceso, spera +celebrarne i legitimi imenei. +Dal re ottenerla fia cosa leggiera, +qualor vi sia la volontà di lei; +che di sangue e di stato in tutto il regno +non era, dopo il re, di lu' il più degno. +Mi persuade, se per opra mia +potesse al suo signor genero farsi +(che veder posso che se n'alzeria +a quanto presso al re possa uomo alzarsi), +che me n'avria buon merto, e non saria +mai tanto beneficio per scordarsi; +e ch'alla moglie e ch'ad ogni altro inante +mi porrebbe egli in sempre essermi amante. +Io, ch'era tutta a satisfargli intenta, +né seppi o volsi contradirgli mai, +e sol quei giorni io mi vidi contenta, +ch'averlo compiaciuto mi trovai; +piglio l'occasion che s'appresenta +di parlar d'esso e di lodarlo assai; +ed ogni industria adopro, ogni fatica, +per far del mio amator Ginevra amica. +Feci col core e con l'effetto tutto +quel che far si poteva, e sallo Idio; +né con Ginevra mai potei far frutto, +ch'io le ponessi in grazia il duca mio: +e questo, che ad amar ella avea indutto +tutto il pensiero e tutto il suo disio +un gentil cavallier, bello e cortese, +venuto in Scozia di lontan paese; +che con un suo fratel ben giovinetto +venne d'Italia a stare in questa corte; +si fe' ne l'arme poi tanto perfetto, +che la Bretagna non avea il più forte. +Il re l'amava, e ne mostrò l'effetto; +che gli donò di non picciola sorte +castella e ville e iurisdizioni, +e lo fe' grande al par dei gran baroni. +Grato era al re, più grato era alla figlia +quel cavallier chiamato Ariodante, +per esser valoroso a maraviglia; +ma più, ch'ella sapea che l'era amante. +Né Vesuvio, né il monte di Siciglia, +né Troia avampò mai di fiamme tante, +quanto ella conoscea che per suo amore +Ariodante ardea per tutto il core. +L'amar che dunque ella facea colui +con cor sincero e con perfetta fede, +fe' che pel duca male udita fui; +né mai risposta da sperar mi diede: +anzi quanto io pregava più per lui +e gli studiava d'impetrar mercede, +ella, biasmandol sempre e dispregiando, +se gli venìa più sempre inimicando. +Io confortai l'amator mio sovente, +che volesse lasciar la vana impresa; +né si sperasse mai volger la mente +di costei, troppo ad altro amore intesa: +e gli feci conoscer chiaramente, +come era sì d'Ariodante accesa, +che quanta acqua è nel mar, piccola dramma +non spegneria de la sua immensa fiamma. +Questo da me più volte Polinesso +(che così nome ha il duca) avendo udito, +e ben compreso e visto per se stesso +che molto male era il suo amor gradito; +non pur di tanto amor si fu rimesso, +ma di vedersi un altro preferito, +come superbo, così mal sofferse, +che tutto in ira e in odio si converse. +E tra Ginevra e l'amator suo pensa +tanta discordia e tanta lite porre, +e farvi inimicizia così intensa, +che mai più non si possino comporre; +e por Ginevra in ignominia immensa, +donde non s'abbia o viva o morta a torre: +né de l'iniquo suo disegno meco +volse o con altri ragionar, che seco. +Fatto il pensier: — Dalinda mia, — mi dice +(che così son nomata) — saper dèi, +che come suol tornar da la radice +arbor che tronchi e quattro volte e sei; +così la pertinacia mia infelice, +ben che sia tronca dai successi rei, +di germogliar non resta; che venire +pur vorria a fin di questo suo desire. +E non lo bramo tanto per diletto, +quanto perché vorrei vincer la pruova; +e non possendo farlo con effetto, +s'io lo fo imaginando, anco mi giuova. +Voglio, qual volta tu mi dài ricetto, +quando allora Ginevra si ritruova +nuda nel letto, che pigli ogni vesta +ch'ella posta abbia, e tutta te ne vesta. +Come ella s'orna e come il crin dispone +studia imitarla, e cerca il più che sai +di parer dessa, e poi sopra il verrone +a mandar giù la scala ne verrai. +Io verrò a te con imaginazione +che quella sii, di cui tu i panni avrai: +e così spero, me stesso ingannando, +venir in breve il mio desir sciemando. — +Così disse egli. Io che divisa e sevra +e lungi era da me, non posi mente +che questo in che pregando egli persevra, +era una fraude pur troppo evidente; +e dal verron, coi panni di Ginevra, +mandai la scala onde salì sovente; +e non m'accorsi prima de l'inganno, +che n'era già tutto accaduto il danno. +Fatto in quel tempo con Ariodante +il duca avea queste parole o tali +(che grandi amici erano stati inante +che per Ginevra si fesson rivali): +— Mi maraviglio (incominciò il mio amante) +ch'avendoti io fra tutti li mie' uguali +sempre avuto in rispetto e sempre amato, +ch'io sia da te sì mal rimunerato. +Io son ben certo che comprendi e sai +di Ginevra e di me l'antiquo amore; +e per sposa legittima oggimai +per impetrarla son dal mio signore. +Perché mi turbi tu? perché pur vai +senza frutto in costei ponendo il core? +Io ben a te rispetto avrei, per Dio, +s'io nel tuo grado fossi, e tu nel mio. — +— Ed io (rispose Ariodante a lui) +di te mi maraviglio maggiormente; +che di lei prima inamorato fui, +che tu l'avessi vista solamente: +e so che sai quanto è l'amor tra nui, +ch'esser non può di quel che sia, più ardente; +e sol d'essermi moglie intende e brama: +e so che certo sai ch'ella non t'ama. +Perché non hai tu dunque a me il rispetto +per l'amicizia nostra, che domande +ch'a te aver debba, e ch'io t'avre' in effetto, +se tu fossi con lei di me più grande? +Né men di te per moglie averla aspetto, +se ben tu sei più ricco in queste bande: +io non son meno al re, che tu sia, grato, +ma più di te da la sua figlia amato. — +— Oh (disse il duca a lui), grande è cotesto +errore a che t'ha il folle amor condutto! +Tu credi esser più amato; io credo questo +medesmo: ma si può veder al frutto. +Tu fammi ciò ch'hai seco, manifesto, +ed io il secreto mio t'aprirò tutto; +e quel di noi che manco aver si veggia, +ceda a chi vince, e d'altro si provveggia. +E sarò pronto, se tu vuoi ch'io giuri +di non dir cosa mai che mi riveli: +così voglio ch'ancor tu m'assicuri +che quel ch'io ti dirò, sempre mi celi. — +Venner dunque d'accordo alli scongiuri, +e poser le man sugli Evangeli: +e poi che di tacer fede si diero, +Ariodante incominciò primiero. +E disse per lo giusto e per lo dritto +come tra sé e Ginevra era la cosa; +ch'ella gli avea giurato e a bocca e in scritto, +che mai non saria ad altri, ch'a lui, sposa; +e se dal re le venìa contraditto, +gli promettea di sempre esser ritrosa +da tutti gli altri maritaggi poi, +e viver sola in tutti i giorni suoi: +e ch'esso era in speranza pel valore +ch'avea mostrato in arme a più d'un segno, +ed era per mostrare a laude, a onore, +a beneficio del re e del suo regno, +di crescer tanto in grazia al suo signore, +che sarebbe da lui stimato degno +che la figliuola sua per moglie avesse, +poi che piacer a lei così intendesse. +Poi disse: — A questo termine son io, +né credo già ch'alcun mi venga appresso: +né cerco più di questo, né desio +de l'amor d'essa aver segno più espresso; +né più vorrei, se non quanto da Dio +per connubio legitimo è concesso: +e saria invano il domandar più inanzi; +che di bontà so come ogn'altra avanzi. — +Poi ch'ebbe il vero Ariodante esposto +de la mercé ch'aspetta a sua fatica, +Polinesso, che già s'avea proposto +di far Ginevra al suo amator nemica, +cominciò: — Sei da me molto discosto, +e vo' che di tua bocca anco tu 'l dica; +e del mio ben veduta la radice, +che confessi me solo esser felice. +Finge ella teco, né t'ama né prezza; +che ti pasce di speme e di parole: +oltra questo, il tuo amor sempre a sciochezza, +quando meco ragiona, imputar suole. +Io ben d'esserle caro altra certezza +veduta n'ho, che di promesse e fole; +e tel dirò sotto la fé in secreto, +ben che farei più il debito a star cheto. +Non passa mese, che tre, quattro e sei +e talor diece notti io non mi truovi +nudo abbracciato in quel piacer con lei, +ch'all'amoroso ardor par che sì giovi: +sì che tu puoi veder s'a' piacer miei +son d'aguagliar le ciance che tu pruovi. +Cedimi dunque e d'altro ti provedi, +poi che sì inferior di me ti vedi. — +— Non ti vo' creder questo (gli rispose +Ariodante), e certo so che menti; +e composto fra te t'hai queste cose, +acciò che da l'impresa io mi spaventi: +ma perché a lei son troppo ingiuriose, +questo c'hai detto sostener convienti; +che non bugiardo sol, ma voglio ancora +che tu sei traditor mostrarti or ora. — +Soggiunse il duca: — Non sarebbe onesto +che noi volessen la battaglia torre +di quel che t'offerisco manifesto, +quando ti piaccia, inanzi agli occhi porre. — +Resta smarrito Ariodante a questo, +e per l'ossa un tremor freddo gli scorre; +e se creduto ben gli avesse a pieno, +venìa sua vita allora allora meno. +Con cor trafitto e con pallida faccia, +e con voce tremante e bocca amara +rispose: — Quando sia che tu mi faccia +veder quest'aventura tua sì rara, +prometto di costei lasciar la traccia, +a te sì liberale, a me sì avara: +ma ch'io tel voglia creder non far stima, +s'io non lo veggio con questi occhi prima. — +— Quando ne sarà il tempo, avisarotti, — +soggiunse Polinesso, e dipartisse. +Non credo che passar più di due notti, +ch'ordine fu che 'l duca a me venisse. +Per scoccar dunque i lacci che condotti +avea sì cheti, andò al rivale, e disse +che s'ascondesse la notte seguente +tra quelle case ove non sta mai gente: +e dimostrogli un luogo a dirimpetto +di quel verrone ove solea salire. +Ariodante avea preso sospetto +che lo cercasse far quivi venire, +come in un luogo dove avesse eletto +di por gli aguati, e farvelo morire, +sotto questa finzion, che vuol mostrargli +quel di Ginevra, ch'impossibil pargli. +Di volervi venir prese partito, +ma in guisa che di lui non sia men forte; +perché accadendo che fosse assalito, +si truovi sì, che non tema di morte. +Un suo fratello avea saggio ed ardito, +il più famoso in arme de la corte, +detto Lurcanio; e avea più cor con esso, +che se dieci altri avesse avuto appresso. +Seco chiamollo, e volse che prendesse +l'arme; e la notte lo menò con lui: +non che 'l secreto suo già gli dicesse; +né l'avria detto ad esso, né ad altrui. +Da sé lontano un trar di pietra il messe: +— Se mi senti chiamar, vien (disse) a nui; +ma se non senti, prima ch'io ti chiami, +non ti partir di qui, frate, se m'ami. — +— Va pur, non dubitar, — disse il fratello: +e così venne Ariodante cheto, +e si celò nel solitario ostello +ch'era d'incontro al mio verron secreto. +Vien d'altra parte il fraudolente e fello, +che d'infamar Ginevra era sì lieto; +e fa il segno, tra noi solito inante, +a me che de l'inganno era ignorante. +Ed io con veste candida, e fregiata +per mezzo a liste d'oro e d'ogn'intorno, +e con rete pur d'or, tutta adombrata +di bei fiocchi vermigli al capo intorno +(foggia che sol fu da Ginevra usata, +non d'alcun'altra), udito il segno, torno +sopra il verron, ch'in modo era locato, +che mi scopria dinanzi e d'ogni lato. +Lurcanio in questo mezzo dubitando +che 'l fratello a pericolo non vada, +o come è pur commun disio, cercando +di spiar sempre ciò che ad altri accada; +l'era pian pian venuto seguitando, +tenendo l'ombre e la più oscura strada: +e a men di dieci passi a lui discosto, +nel medesimo ostel s'era riposto. +Non sappiendo io di questo cosa alcuna, +venni al verron ne l'abito c'ho detto, +sì come già venuta era più d'una +e più di due fiate a buono effetto. +Le veste si vedean chiare alla luna; +né dissimile essendo anch'io d'aspetto +né di persona da Ginevra molto, +fece parere un per un altro il volto: +e tanto più, ch'era gran spazio in mezzo +fra dove io venni a quelle inculte case +ai dui fratelli, che stavano al rezzo, +il duca agevolmente persuase +quel ch'era falso. Or pensa in che ribrezzo +Ariodante, in che dolor rimase. +Vien Polinesso, e alla scala s'appoggia +che giù manda'gli, e monta in su la loggia. +A prima giunta io gli getto le braccia +al collo, ch'io non penso esser veduta; +lo bacio in bocca e per tutta la faccia, +come far soglio ad ogni sua venuta. +Egli più de l'usato si procaccia +d'accarezzarmi, e la sua fraude aiuta. +Quell'altro al rio spettacolo condutto, +misero sta lontano, e vede il tutto. +Cade in tanto dolor, che si dispone +allora allora di voler morire: +e il pome de la spada in terra pone, +che su la punta si volea ferire. +Lurcanio che con grande ammirazione +avea veduto il duca a me salire, +ma non già conosciuto chi si fosse, +scorgendo l'atto del fratel, si mosse; +e gli vietò che con la propria mano +non si passasse in quel furore il petto. +S'era più tardo o poco più lontano, +non giugnea a tempo, e non faceva effetto. +— Ah misero fratel, fratello insano +(gridò), perc'hai perduto l'intelletto, +ch'una femina a morte trar ti debbia? +ch'ir possan tutte come al vento nebbia! +Cerca far morir lei, che morir merta, +e serva a più tuo onor tu la tua morte. +Fu d'amar lei, quando non t'era aperta +la fraude sua: or è da odiar ben forte, +poi che con gli occhi tuoi tu vedi certa, +quanto sia meretrice, e di che sorte. +Serbi quest'arme che volti in te stesso, +a far dinanzi al re tal fallo espresso. — +Quando si vede Ariodante giunto +sopra il fratel, la dura impresa lascia; +ma la sua intenzion da quel ch'assunto +avea già di morir, poco s'accascia. +Quindi si leva, e porta non che punto, +ma trapassato il cor d'estrema ambascia; +pur finge col fratel, che quel furore +non abbia più, che dianzi avea nel core. +Il seguente matin, senza far motto +al suo fratello o ad altri, in via si messe +da la mortal disperazion condotto; +né di lui per più dì fu chi sapesse. +Fuor che 'l duca e il fratello, ogn'altro indotto +era chi mosso al dipartir l'avesse. +Ne la casa del re di lui diversi +ragionamenti e in tutta Scozia fersi. +In capo d'otto o di più giorni in corte +venne inanzi a Ginevra un viandante, +e novelle arrecò di mala sorte: +che s'era in mar summerso Ariodante +di volontaria sua libera morte, +non per colpa di borea o di levante. +D'un sasso che sul mar sporgea molt'alto +avea col capo in giù preso un gran salto. +Colui dicea: — Pria che venisse a questo, +a me che a caso riscontrò per via, +disse: — Vien meco, acciò che manifesto +per te a Ginevra il mio successo sia; +e dille poi, che la cagion del resto +che tu vedrai di me, ch'or ora fia, +è stato sol perc'ho troppo veduto: +felice, se senza occhi io fussi suto! — +Eramo a caso sopra Capobasso, +che verso Irlanda alquanto sporge in mare. +Così dicendo, di cima d'un sasso +lo vidi a capo in giù sott'acqua andare. +Io lo lasciai nel mare, ed a gran passo +ti son venuto la nuova a portare. — +Ginevra, sbigottita e in viso smorta, +rimase a quello annunzio mezza morta. +Oh Dio, che disse e fece, poi che sola +si ritrovò nel suo fidato letto! +percosse il seno, e si stracciò la stola, +e fece all'aureo crin danno e dispetto; +ripetendo sovente la parola +ch'Ariodante avea in estremo detto: +che la cagion del suo caso empio e tristo +tutta venìa per aver troppo visto. +Il rumor scorse di costui per tutto, +che per dolor s'avea dato la morte. +Di questo il re non tenne il viso asciutto, +né cavallier né donna de la corte. +Di tutti il suo fratel mostrò più lutto; +e si sommerse nel dolor sì forte, +ch'ad esempio di lui, contra se stesso +voltò quasi la man per irgli appresso. +E molte volte ripetendo seco, +che fu Ginevra che 'l fratel gli estinse, +e che non fu se non quell'atto bieco +che di lei vide, ch'a morir lo spinse; +di voler vendicarsene sì cieco +venne, e sì l'ira e sì il dolor lo vinse, +che di perder la grazia vilipese, +ed aver l'odio del re e del paese. +E inanzi al re, quando era più di gente +la sala piena, se ne venne, e disse: +— Sappi, signor, che di levar la mente +al mio fratel, sì ch'a morir ne gisse, +stata è la figlia tua sola nocente; +ch'a lui tanto dolor l'alma trafisse +d'aver veduta lei poco pudica, +che più che vita ebbe la morte amica. +Erane amante, e perché le sue voglie +disoneste non fur, nol vo' coprire: +per virtù meritarla aver per moglie +da te sperava e per fedel servire; +ma mentre il lasso ad odorar le foglie +stava lontano, altrui vide salire, +salir su l'arbor riserbato, e tutto +essergli tolto il disiato frutto. — +E seguitò, come egli avea veduto +venir Ginevra sul verrone, e come +mandò la scala, onde era a lei venuto +un drudo suo, di chi egli non sa il nome, +che s'avea, per non esser conosciuto, +cambiati i panni e nascose le chiome. +Soggiunse che con l'arme egli volea +provar tutto esser ver ciò che dicea. +Tu puoi pensar se 'l padre addolorato +riman, quando accusar sente la figlia; +sì perché ode di lei quel che pensato +mai non avrebbe, e n'ha gran maraviglia; +sì perché sa che fia necessitato +(se la difesa alcun guerrier non piglia, +il qual Lurcanio possa far mentire) +di condannarla e di farla morire. +Io non credo, signor, che ti sia nuova +la legge nostra che condanna a morte +ogni donna e donzella, che si pruova +di sé far copia altrui ch'al suo consorte. +Morta ne vien, s'in un mese non truova +in sua difesa un cavallier sì forte, +che contra il falso accusator sostegna +che sia innocente e di morire indegna. +Ha fatto il re bandir, per liberarla +(che pur gli par ch'a torto sia accusata), +che vuol per moglie e con gran dote darla +a chi torrà l'infamia che l'è data. +Chi per lei comparisca non si parla +guerriero ancora, anzi l'un l'altro guata; +che quel Lurcanio in arme è così fiero, +che par che di lui tema ogni guerriero. +Atteso ha l'empia sorte, che Zerbino, +fratel di lei, nel regno non si truove; +che va già molti mesi peregrino, +mostrando di sé in arme inclite pruove: +che quando si trovasse più vicino +quel cavallier gagliardo, o in luogo dove +potesse avere a tempo la novella, +non mancheria d'aiuto alla sorella. +Il re, ch'intanto cerca di sapere +per altra pruova, che per arme, ancora, +se sono queste accuse o false o vere, +se dritto o torto è che sua figlia mora; +ha fatto prender certe cameriere +che lo dovrian saper, se vero fôra: +ond'io previdi, che se presa era io, +troppo periglio era del duca e mio. +E la notte medesima mi trassi +fuor de la corte, e al duca mi condussi; +e gli feci veder quanto importassi +al capo d'amendua, se presa io fussi. +Lodommi, e disse ch'io non dubitassi: +a' suoi conforti poi venir m'indussi +ad una sua fortezza ch'è qui presso, +in compagnia di dui che mi diede esso. +Hai sentito, signor, con quanti effetti +de l'amor mio fei Polinesso certo; +e s'era debitor per tai rispetti +d'avermi cara o no, tu 'l vedi aperto. +Or senti il guidardon che io ricevetti, +vedi la gran mercé del mio gran merto; +vedi se deve, per amare assai, +donna sperar d'essere amata mai: +che questo ingrato, perfido e crudele, +de la mia fede ha preso dubbio al fine: +venuto è in sospizion ch'io non rivele +a lungo andar le fraudi sue volpine. +Ha finto, acciò che m'allontane e cele +fin che l'ira e il furor del re decline, +voler mandarmi ad un suo luogo forte; +e mi volea mandar dritto alla morte: +che di secreto ha commesso alla guida, +che come m'abbia in queste selve tratta, +per degno premio di mia fé m'uccida. +Così l'intenzion gli venìa fatta, +se tu non eri appresso alle mia grida. +Ve' come Amor ben chi lui segue, tratta! — +Così narrò Dalinda al paladino +seguendo tuttavolta il lor camino. +A cui fu sopra ogn'aventura, grata +questa, d'aver trovata la donzella +che gli avea tutta l'istoria narrata +de l'innocenza di Ginevra bella. +E se sperato avea, quando accusata +ancor fosse a ragion, d'aiutar quella, +via con maggior baldanza or viene in prova, +poi che evidente la calunnia truova. +E verso la città di Santo Andrea, +dove era il re con tutta la famiglia, +e la battaglia singular dovea +esser de la querela de la figlia, +andò Rinaldo quanto andar potea, +fin che vicino giunse a poche miglia; +alla città vicino giunse, dove +trovò un scudier ch'avea più fresche nuove: +ch'un cavallier istrano era venuto, +ch'a difender Ginevra s'avea tolto, +con non usate insegne, e sconosciuto, +però che sempre ascoso andava molto; +e che dopo che v'era, ancor veduto +non gli avea alcuno al discoperto il volto; +e che 'l proprio scudier che gli servia, +dicea giurando: — Io non so dir chi sia. — +Non cavalcaro molto, ch'alle mura +si trovar de la terra e in su la porta. +Dalinda andar più inanzi avea paura; +pur va, poi che Rinaldo la conforta. +La porta è chiusa, ed a chi n'avea cura +Rinaldo domandò: — Questo ch'importa? — +E fugli detto: perché 'l popol tutto +a veder la battaglia era ridutto, +che tra Lurcanio e un cavallier istrano +si fa ne l'altro capo de la terra, +ove era un prato spazioso e piano; +e che già cominciata hanno la guerra. +Aperto fu al signor di Montealbano, +e tosto il portinar dietro gli serra. +Per la vota città Rinaldo passa; +ma la donzella al primo albergo lassa: +e dice che sicura ivi si stia +fin che ritorni a lei, che sarà tosto; +e verso il campo poi ratto s'invia, +dove li dui guerrier dato e risposto +molto s'aveano, e davan tuttavia. +Stava Lurcanio di mal cor disposto +contra Ginevra; e l'altro in sua difesa +ben sostenea la favorita impresa. +Sei cavallier con lor ne lo steccato +erano a piedi, armati di corazza, +col duca d'Albania, ch'era montato +s'un possente corsier di buona razza. +Come a gran contestabile, a lui dato +la guardia fu del campo e de la piazza: +e di veder Ginevra in gran periglio +avea il cor lieto, ed orgoglioso il ciglio. +Rinaldo se ne va tra gente e gente; +fassi far largo il buon destrier Baiardo: +chi la tempesta del suo venir sente, +a dargli via non par zoppo né tardo. +Rinaldo vi compar sopra eminente, +e ben rassembra il fior d'ogni gagliardo; +poi si ferma all'incontro ove il re siede: +ognun s'accosta per udir che chiede. +Rinaldo disse al re: — Magno signore, +non lasciar la battaglia più seguire; +perché di questi dua qualunche more, +sappi ch'a torto tu 'l lasci morire. +L'un crede aver ragione, ed è in errore, +e dice il falso, e non sa di mentire; +ma quel medesmo error che 'l suo germano +a morir trasse, a lui pon l'arme in mano. +L'altro non sa se s'abbia dritto o torto; +ma sol per gentilezza e per bontade +in pericol si è posto d'esser morto, +per non lasciar morir tanta beltade. +Io la salute all'innocenza porto; +porto il contrario a chi usa falsitade. +Ma, per Dio, questa pugna prima parti, +poi mi dà audienza a quel ch'io vo' narrarti. — +Fu da l'autorità d'un uom sì degno, +come Rinaldo gli parea al sembiante, +sì mosso il re, che disse e fece segno +che non andasse più la pugna inante; +al quale insieme ed ai baron del regno +e ai cavallieri e all'altre turbe tante +Rinaldo fe' l'inganno tutto espresso, +ch'avea ordito a Ginevra Polinesso. +Indi s'offerse di voler provare +coll'arme, ch'era ver quel ch'avea detto. +Chiamasi Polinesso; ed ei compare, +ma tutto conturbato ne l'aspetto: +pur con audacia cominciò a negare. +Disse Rinaldo: — Or noi vedrem l'effetto. — +L'uno e l'altro era armato, il campo fatto, +sì che senza indugiar vengono al fatto. +Oh quanto ha il re, quanto ha il suo popul caro +che Ginevra a provar s'abbi innocente! +tutti han speranza che Dio mostri chiaro +ch'impudica era detta ingiustamente. +Crudel superbo e riputato avaro +fu Polinesso, iniquo e fraudolente; +sì che ad alcun miracolo non fia +che l'inganno da lui tramato sia. +Sta Polinesso con la faccia mesta, +col cor tremante e con pallida guancia; +e al terzo suon mette la lancia in resta. +Così Rinaldo inverso lui si lancia, +che disioso di finir la festa, +mira a passargli il petto con la lancia: +né discorde al disir seguì l'effetto; +ché mezza l'asta gli cacciò nel petto. +Fisso nel tronco lo trasporta in terra, +lontan dal suo destrier più di sei braccia. +Rinaldo smonta subito, e gli afferra +l'elmo, pria che si levi, e gli lo slaccia: +ma quel, che non può far più troppa guerra, +gli domanda mercé con umil faccia, +e gli confessa, udendo il re e la corte, +la fraude sua che l'ha condutto a morte. +Non finì il tutto, e in mezzo la parola +e la voce e la vita l'abandona. +Il re, che liberata la figliuola +vede da morte e da fama non buona, +più s'allegra, gioisce e raconsola, +che, s'avendo perduta la corona, +ripor se la vedesse allora allora; +sì che Rinaldo unicamente onora. +E poi ch'al trar dell'elmo conosciuto +l'ebbe, perch'altre volte l'avea visto, +levò le mani a Dio, che d'un aiuto +come era quel, gli avea sì ben provisto. +Quell'altro cavallier che, sconosciuto, +soccorso avea Ginevra al caso tristo, +ed armato per lei s'era condutto, +stato da parte era a vedere il tutto. +Dal re pregato fu di dire il nome, +o di lasciarsi almen veder scoperto, +acciò da lui fosse premiato, come +di sua buona intenzion chiedeva il merto. +Quel, dopo lunghi preghi, da le chiome +si levò l'elmo, e fe' palese e certo +quel che ne l'altro canto ho da seguire, +se grata vi sarà l'istoria udire. Miser chi mal oprando si confida +ch'ognor star debbia il maleficio occulto; +che quando ogn'altro taccia, intorno grida +l'aria e la terra istessa in ch'è sepulto: +e Dio fa spesso che 'l peccato guida +il peccator, poi ch'alcun dì gli ha indulto, +che sé medesmo, senza altrui richiesta, +innavedutamente manifesta. +Avea creduto il miser Polinesso +totalmente il delitto suo coprire, +Dalinda consapevole d'appresso +levandosi, che sola il potea dire: +e aggiungendo il secondo al primo eccesso, +affrettò il mal che potea differire, +e potea differire e schivar forse; +ma se stesso spronando, a morir corse: +e perdé amici a un tempo e vita e stato, +e onor, che fu molto più grave danno. +Dissi di sopra, che fu assai pregato +il cavallier, ch'ancor chi sia non sanno. +Al fin si trasse l'elmo, e 'l viso amato +scoperse, che più volte veduto hanno: +e dimostrò come era Ariodante, +per tutta Scozia lacrimato inante; +Ariodante, che Ginevra pianto +avea per morto, e 'l fratel pianto avea, +il re, la corte, il popul tutto quanto: +di tal bontà, di tal valor splendea. +Adunque il peregrin mentir di quanto +dianzi di lui narrò, quivi apparea; +e fu pur ver che dal sasso marino +gittarsi in mar lo vide a capo chino. +Ma (come aviene a un disperato spesso, +che da lontan brama e disia la morte, +e l'odia poi che se la vede appresso, +tanto gli pare il passo acerbo e forte) +Ariodante, poi ch'in mar fu messo, +si pentì di morire: e come forte +e come destro e più d'ogn'altro ardito, +si messe a nuoto e ritornossi al lito; +e dispregiando e nominando folle +il desir ch'ebbe di lasciar la vita, +si messe a caminar bagnato e molle, +e capitò all'ostel d'un eremita. +Quivi secretamente indugiar volle +tanto, che la novella avesse udita, +se del caso Ginevra s'allegrasse, +o pur mesta e pietosa ne restasse. +Intese prima, che per gran dolore +ella era stata a rischio di morire +(la fama andò di questo in modo fuore, +che ne fu in tutta l'isola che dire): +contrario effetto a quel che per errore +credea aver visto con suo gran martire. +Intese poi, come Lurcanio avea +fatta Ginevra appresso il padre rea. +Contra il fratel d'ira minor non arse, +che per Ginevra già d'amor ardesse; +che troppo empio e crudele atto gli parse, +ancora che per lui fatto l'avesse. +Sentendo poi, che per lei non comparse +cavallier che difender la volesse +(che Lurcanio sì forte era e gagliardo, +ch'ognun d'andargli contra avea riguardo; +e chi n'avea notizia, il riputava +tanto discreto, e sì saggio ed accorto, +che se non fosse ver quel che narrava, +non si porrebbe a rischio d'esser morto; +per questo la più parte dubitava +di non pigliar questa difesa a torto); +Ariodante, dopo gran discorsi, +pensò all'accusa del fratello opporsi. +— Ah lasso! io non potrei (seco dicea) +sentir per mia cagion perir costei: +troppo mia morte fôra acerba e rea, +se inanzi a me morir vedessi lei. +Ella è pur la mia donna e la mia dea, +questa è la luce pur degli occhi miei: +convien ch'a dritto e a torto, per suo scampo +pigli l'impresa, e resti morto in campo. +So ch'io m'appiglio al torto; e al torto sia: +e ne morrò; né questo mi sconforta, +se non ch'io so che per la morte mia +sì bella donna ha da restar poi morta. +Un sol conforto nel morir mi fia, +che, se 'l suo Polinesso amor le porta, +chiaramente veder avrà potuto, +che non s'è mosso ancor per darle aiuto; +e me, che tanto espressamente ha offeso, +vedrà, per lei salvare, a morir giunto. +Di mio fratello insieme, il quale acceso +tanto fuoco ha, vendicherommi a un punto; +ch'io lo farò doler, poi che compreso +il fine avrà del suo crudele assunto: +creduto vendicar avrà il germano, +e gli avrà dato morte di sua mano. — +Concluso ch'ebbe questo nel pensiero, +nuove arme ritrovò, nuovo cavallo; +e sopraveste nere, e scudo nero +portò, fregiato a color verdegiallo. +Per aventura si trovò un scudiero +ignoto in quel paese, e menato hallo; +e sconosciuto (come ho già narrato) +s'appresentò contra il fratello armato. +Narrato v'ho come il fatto successe, +come fu conosciuto Ariodante. +Non minor gaudio n'ebbe il re, ch'avesse +de la figliuola liberata inante. +Seco pensò che mai non si potesse +trovar un più fedele e vero amante; +che dopo tanta ingiuria, la difesa +di lei, contra il fratel proprio, avea presa. +E per sua inclinazion (ch'assai l'amava) +e per li preghi di tutta la corte, +e di Rinaldo, che più d'altri instava, +de la bella figliuola il fa consorte. +La duchea d'Albania ch'al re tornava +dopo che Polinesso ebbe la morte, +in miglior tempo discader non puote, +poi che la dona alla sua figlia in dote. +Rinaldo per Dalinda impetrò grazia, +che se n'andò di tanto errore esente; +la qual per voto, e perché molto sazia +era del mondo, a Dio volse la mente: +monaca s'andò a render fin in Dazia, +e si levò di Scozia immantinente. +Ma tempo è ormai di ritrovar Ruggiero, +che scorre il ciel su l'animal leggiero. +Ben che Ruggier sia d'animo costante, +né cangiato abbia il solito colore, +io non gli voglio creder che tremante +non abbia dentro più che foglia il core. +Lasciato avea di gran spazio distante +tutta l'Europa, ed era uscito fuore +per molto spazio il segno che prescritto +avea già a' naviganti Ercole invitto. +Quello ippogrifo, grande e strano augello, +lo porta via con tal prestezza d'ale, +che lasceria di lungo tratto quello +celer ministro del fulmineo strale. +Non va per l'aria altro animal sì snello, +che di velocità gli fosse uguale: +credo ch'a pena il tuono e la saetta +venga in terra dal ciel con maggior fretta. +Poi che l'augel trascorso ebbe gran spazio +per linea dritta e senza mai piegarsi, +con larghe ruote, omai de l'aria sazio, +cominciò sopra una isola a calarsi; +pari a quella ove, dopo lungo strazio +far del suo amante e lungo a lui celarsi, +la vergine Aretusa passò invano +di sotto il mar per camin cieco e strano. +Non vide né 'l più bel né 'l più giocondo +da tutta l'aria ove le penne stese; +né se tutto cercato avesse il mondo, +vedria di questo il più gentil paese, +ove, dopo un girarsi di gran tondo, +con Ruggier seco il grande augel discese: +culte pianure e delicati colli, +chiare acque, ombrose ripe e prati molli. +Vaghi boschetti di soavi allori, +di palme e d'amenissime mortelle, +cedri ed aranci ch'avean frutti e fiori +contesti in varie forme e tutte belle, +facean riparo ai fervidi calori +de' giorni estivi con lor spesse ombrelle; +e tra quei rami con sicuri voli +cantando se ne gìano i rosignuoli. +Tra le purpuree rose e i bianchi gigli, +che tiepida aura freschi ognora serba, +sicuri si vedean lepri e conigli, +e cervi con la fronte alta e superba, +senza temer ch'alcun gli uccida o pigli, +pascano o stiansi rominando l'erba; +saltano i daini e i capri isnelli e destri, +che sono in copia in quei luoghi campestri. +Come sì presso è l'ippogrifo a terra, +ch'esser ne può men periglioso il salto, +Ruggier con fretta de l'arcion si sferra, +e si ritruova in su l'erboso smalto; +tuttavia in man le redine si serra, +che non vuol che 'l destrier più vada in alto: +poi lo lega nel margine marino +a un verde mirto in mezzo un lauro e un pino. +E quivi appresso, ove surgea una fonte +cinta di cedri e di feconde palme, +pose lo scudo, e l'elmo da la fronte +si trasse, e disarmossi ambe le palme; +ed ora alla marina ed ora al monte +volgea la faccia all'aure fresche ed alme, +che l'alte cime con mormorii lieti +fan tremolar dei faggi e degli abeti. +Bagna talor ne la chiara onda e fresca +l'asciutte labra, e con le man diguazza, +acciò che de le vene il calor esca +che gli ha acceso il portar de la corazza. +Né maraviglia è già ch'ella gl'incresca; +che non è stato un far vedersi in piazza: +ma senza mai posar, d'arme guernito, +tremila miglia ognor correndo era ito. +Quivi stando, il destrier ch'avea lasciato +tra le più dense frasche alla fresca ombra, +per fuggir si rivolta, spaventato +di non so che, che dentro al bosco adombra: +e fa crollar sì il mirto ove è legato, +che de le frondi intorno il piè gli ingombra: +crollar fa il mirto, e fa cader la foglia; +né succede però che se ne scioglia. +Come ceppo talor, che le medolle +rare e vote abbia, e posto al fuoco sia, +poi che per gran calor quell'aria molle +resta consunta ch'in mezzo l'empìa, +dentro risuona e con strepito bolle +tanto che quel furor truovi la via; +così murmura e stride e si corruccia +quel mirto offeso, e al fine apre la buccia. +Onde con mesta e flebil voce uscìo +espedita e chiarissima favella, +e disse: — Se tu sei cortese e pio, +come dimostri alla presenza bella, +lieva questo animal da l'arbor mio: +basti che 'l mio mal proprio mi flagella, +senza altra pena, senza altro dolore +ch'a tormentarmi ancor venga di fuore. — +Al primo suon di quella voce torse +Ruggiero il viso, e subito levosse; +e poi ch'uscir da l'arbore s'accorse, +stupefatto restò più che mai fosse. +A levarne il destrier subito corse; +e con le guance di vergogna rosse: +— Qual che tu sii, perdonami (dicea), +o spirto umano, o boschereccia dea. +Il non aver saputo che s'asconda +sotto ruvida scorza umano spirto, +m'ha lasciato turbar la bella fronda +e far ingiuria al tuo vivace mirto: +ma non restar però, che non risponda +chi tu ti sia, ch'in corpo orrido ed irto, +con voce e razionale anima vivi; +se da grandine il ciel sempre ti schivi. +E s'ora o mai potrò questo dispetto +con alcun beneficio compensarte, +per quella bella donna ti prometto, +quella che di me tien la miglior parte, +ch'io farò con parole e con effetto, +ch'avrai giusta cagion di me lodarte. — +Come Ruggiero al suo parlar fin diede, +tremò quel mirto da la cima al piede. +Poi si vide sudar su per la scorza, +come legno dal bosco allora tratto, +che del fuoco venir sente la forza, +poscia ch'invano ogni ripar gli ha fatto; +e cominciò: — Tua cortesia mi sforza +a discoprirti in un medesmo tratto +ch'io fossi prima, e chi converso m'aggia +in questo mirto in su l'amena spiaggia. +Il nome mio fu Astolfo; e paladino +era di Francia, assai temuto in guerra: +d'Orlando e di Rinaldo era cugino, +la cui fama alcun termine non serra; +e si spettava a me tutto il domìno, +dopo il mio padre Oton, de l'Inghilterra. +Leggiadro e bel fui sì, che di me accesi +più d'una donna: e al fin me solo offesi. +Ritornando io da quelle isole estreme +che da Levante il mar Indico lava, +dopo Rinaldo ed alcun'altri insieme +meco fur chiusi in parte oscura e cava, +ed onde liberati le supreme +forze n'avean del cavallier di Brava; +vêr ponente io venìa lungo la sabbia +che del settentrion sente la rabbia. +E come la via nostra e il duro e fello +destin ci trasse, uscimmo una matina +sopra la bella spiaggia, ove un castello +siede sul mar, de la possente Alcina. +Trovammo lei ch'uscita era di quello, +e stava sola in ripa alla marina; +e senza rete e senza amo traea +tutti li pesci al lito, che volea. +Veloci vi correvano i delfini, +vi venìa a bocca aperta il grosso tonno; +i capidogli coi vecchi marini +vengon turbati dal loro pigro sonno; +muli, salpe, salmoni e coracini +nuotano a schiere in più fretta che ponno; +pistrici, fisiteri, orche e balene +escon del mar con mostruose schiene. +Veggiamo una balena, la maggiore +che mai per tutto il mar veduta fosse: +undeci passi e più dimostra fuore +de l'onde salse le spallacce grosse. +Caschiamo tutti insieme in uno errore, +perch'era ferma e che mai non si scosse: +ch'ella sia una isoletta ci credemo, +così distante a l'un da l'altro estremo. +Alcina i pesci uscir facea de l'acque +con semplici parole e puri incanti. +Con la fata Morgana Alcina nacque, +io non so dir s'a un parto o dopo o inanti. +Guardommi Alcina; e subito le piacque +l'aspetto mio, come mostrò ai sembianti: +e pensò con astuzia e con ingegno +tormi ai compagni; e riuscì il disegno. +Ci venne incontra con allegra faccia +con modi graziosi e riverenti, +e disse: — Cavallier, quando vi piaccia +far oggi meco i vostri alloggiamenti, +io vi farò veder, ne la mia caccia, +di tutti i pesci sorti differenti: +chi scaglioso, chi molle e chi col pelo; +e saran più che non ha stelle il cielo. +E volendo vedere una sirena +che col suo dolce canto acheta il mare, +passian di qui fin su quell'altra arena, +dove a quest'ora suol sempre tornare. — +E ci mostrò quella maggior balena, +che, come io dissi, una isoletta pare. +Io, che sempre fui troppo (e me n'incresce) +volonteroso, andai sopra quel pesce. +Rinaldo m'accennava, e similmente +Dudon, ch'io non v'andassi: e poco valse. +La fata Alcina con faccia ridente, +lasciando gli altri dua, dietro mi salse. +La balena, all'ufficio diligente, +nuotando se n'andò per l'onde salse. +Di mia sciocchezza tosto fui pentito; +ma troppo mi trovai lungi dal lito. +Rinaldo si cacciò ne l'acqua a nuoto +per aiutarmi, e quasi si sommerse, +perché levossi un furioso Noto +che d'ombra il cielo e 'l pelago coperse. +Quel che di lui seguì poi, non m'è noto. +Alcina a confortarmi si converse; +e quel dì tutto e la notte che venne, +sopra quel mostro in mezzo il mar mi tenne. +Fin che venimmo a questa isola bella, +di cui gran parte Alcina ne possiede, +e l'ha usurpata ad una sua sorella +che 'l padre già lasciò del tutto erede, +perché sola legitima avea quella; +e (come alcun notizia me ne diede, +che pienamente istrutto era di questo) +sono quest'altre due nate d'incesto. +E come sono inique e scelerate +e piene d'ogni vizio infame e brutto +così quella, vivendo in castitate, +posto ha ne le virtuti il suo cor tutto. +Contra lei queste due son congiurate; +e già più d'uno esercito hanno istrutto +per cacciarla de l'isola, e in più volte +più di cento castella l'hanno tolte: +né ci terrebbe ormai spanna di terra +colei, che Logistilla è nominata, +se non che quinci un golfo il passo serra, +e quindi una montagna inabitata, +sì come tien la Scozia e l'Inghilterra +il monte e la riviera separata; +né però Alcina né Morgana resta +che non le voglia tor ciò che le resta. +Perché di vizi è questa coppia rea, +odia colei, perché è pudica e santa. +Ma, per tornare a quel ch'io ti dicea, +e seguir poi com'io divenni pianta, +Alcina in gran delizie mi tenea, +e del mio amore ardeva tutta quanta; +né minor fiamma nel mio core accese +il veder lei sì bella e sì cortese. +Io mi godea le delicate membra; +pareami aver qui tutto il ben raccolto +che fra i mortali in più parti si smembra, +a chi più ed a chi meno e a nessun molto; +né di Francia né d'altro mi rimembra: +stavami sempre a contemplar quel volto: +ogni pensiero, ogni mio bel disegno +in lei finia, né passava oltre il segno. +Io da lei altretanto era o più amato: +Alcina più non si curava d'altri; +ella ogn'altro suo amante avea lasciato, +ch'inanzi a me ben ce ne fur degli altri. +Me consiglier, me avea dì e notte a lato, +e me fe' quel che commandava agli altri: +a me credeva, a me si riportava; +né notte o dì con altri mai parlava. +Deh! perché vo le mie piaghe toccando, +senza speranza poi di medicina? +perché l'avuto ben vo rimembrando, +quando io patisco estrema disciplina? +Quando credea d'esser felice, e quando +credea ch'amar più mi dovesse Alcina, +il cor che m'avea dato si ritolse, +e ad altro nuovo amor tutta si volse. +Conobbi tardi il suo mobil ingegno, +usato amare e disamare a un punto. +Non era stato oltre a duo mesi in regno, +ch'un novo amante al loco mio fu assunto. +Da sé cacciommi la fata con sdegno, +e da la grazia sua m'ebbe disgiunto: +e seppi poi, che tratti a simil porto +avea mill'altri amanti, e tutti a torto. +E perché essi non vadano pel mondo +di lei narrando la vita lasciva, +chi qua chi là, per lo terren fecondo +li muta, altri in abete, altri in oliva, +altri in palma, altri in cedro, altri secondo +che vedi me su questa verde riva; +altri in liquido fonte, alcuni in fiera, +come più agrada a quella fata altiera. +Or tu che sei per non usata via, +signor, venuto all'isola fatale, +acciò ch'alcuno amante per te sia +converso in pietra o in onda, o fatto tale; +avrai d'Alcina scettro e signoria, +e sarai lieto sopra ogni mortale: +ma certo sii di giunger tosto al passo +d'entrar o in fiera o in fonte o in legno o in sasso. +Io te n'ho dato volentieri aviso; +non ch'io mi creda che debbia giovarte: +pur meglio fia che non vadi improviso, +e de' costumi suoi tu sappia parte; +che forse, come è differente il viso, +è differente ancor l'ingegno e l'arte. +Tu saprai forse riparare al danno, +quel che saputo mill'altri non hanno. — +Ruggier, che conosciuto avea per fama +ch'Astolfo alla sua donna cugin era, +si dolse assai che in steril pianta e grama +mutato avesse la sembianza vera; +e per amor di quella che tanto ama +(pur che saputo avesse in che maniera) +gli avria fatto servizio: ma aiutarlo +in altro non potea, ch'in confortarlo. +Lo fe' al meglio che seppe; e domandolli +poi se via c'era, ch'al regno guidassi +di Logistilla, o per piano o per colli, +sì che per quel d'Alcina non andassi. +Che ben ve n'era un'altra, ritornolli +l'arbore a dir, ma piena d'aspri sassi, +s'andando un poco inanzi alla man destra +salisse il poggio invêr la cima alpestra. +Ma che non pensi già che seguir possa +il suo camin per quella strada troppo: +incontro avrà di gente ardita, grossa +e fiera compagnia, con duro intoppo. +Alcina ve li tien per muro e fossa +a chi volesse uscir fuor del suo groppo. +Ruggier quel mirto ringraziò del tutto, +poi da lui si partì dotto ed istrutto. +Venne al cavallo, e lo disciolse e prese +per le redine, e dietro se lo trasse; +né, come fece prima, più l'ascese, +perché mal grado suo non lo portasse. +Seco pensava come nel paese +di Logistilla a salvamento andasse. +Era disposto e fermo usar ogni opra, +che non gli avesse imperio Alcina sopra. +Pensò di rimontar sul suo cavallo, +e per l'aria spronarlo a nuovo corso: +ma dubitò di far poi maggior fallo; +che troppo mal quel gli ubidiva al morso. +— Io passerò per forza, s'io non fallo, — +dicea tra sé, ma vano era il discorso. +Non fu duo miglia lungi alla marina, +che la bella città vide d'Alcina. +Lontan si vide una muraglia lunga +che gira intorno, e gran paese serra; +e par che la sua altezza al ciel s'aggiunga, +e d'oro sia da l'alta cima a terra. +Alcun dal mio parer qui si dilunga, +e dice ch'ell'è alchimia: e forse ch'erra; +ed anco forse meglio di me intende: +a me par oro, poi che sì risplende. +Come fu presso alle sì ricche mura, +che 'l mondo altre non ha de la lor sorte, +lasciò la strada che per la pianura +ampla e diritta andava alle gran porte; +ed a man destra, a quella più sicura, +ch'al monte già, piegossi il guerrier forte: +ma tosto ritrovò l'iniqua frotta, +dal cui furor gli fu turbata e rotta. +Non fu veduta mai più strana torma, +più monstruosi volti e peggio fatti: +alcun' dal collo in giù d'uomini han forma, +col viso altri di simie, altri di gatti; +stampano alcun con piè caprigni l'orma; +alcuni son centauri agili ed atti; +son gioveni impudenti e vecchi stolti, +chi nudi e chi di strane pelli involti. +Chi senza freno in s'un destrier galoppa, +chi lento va con l'asino o col bue, +altri salisce ad un centauro in groppa, +struzzoli molti han sotto, aquile e grue; +ponsi altri a bocca il corno, altri la coppa; +chi femina è, chi maschio, e chi amendue; +chi porta uncino e chi scala di corda, +chi pal di ferro e chi una lima sorda. +Di questi il capitano si vedea +aver gonfiato il ventre, e 'l viso grasso; +il qual su una testuggine sedea, +che con gran tardità mutava il passo. +Avea di qua e di là chi lo reggea, +perché egli era ebro, e tenea il ciglio basso: +altri la fronte gli asciugava e il mento, +altri i panni scuotea per fargli vento. +Un ch'avea umana forma i piedi e 'l ventre, +e collo avea di cane, orecchie e testa, +contra Ruggiero abaia, acciò ch'egli entre +ne la bella città ch'a dietro resta. +Rispose il cavallier: — Nol farò, mentre +avrà forza la man di regger questa! — +e gli mostra la spada, di cui volta +avea l'aguzza punta alla sua volta. +Quel mostro lui ferir vuol d'una lancia, +ma Ruggier presto se gli aventa addosso: +una stoccata gli trasse alla pancia, +e la fe' un palmo riuscir pel dosso. +Lo scudo imbraccia, e qua e là si lancia, +ma l'inimico stuolo è troppo grosso: +l'un quinci il punge, e l'altro quindi afferra: +egli s'arrosta, e fa lor aspra guerra. +L'un sin a' denti, e l'altro sin al petto +partendo va di quella iniqua razza; +ch'alla sua spada non s'oppone elmetto, +né scudo, né panziera, né corazza: +ma da tutte le parti è così astretto, +che bisogno saria, per trovar piazza +e tener da sé largo il popul reo, +d'aver più braccia e man che Briareo. +Se di scoprire avesse avuto aviso +lo scudo che già fu del negromante +(io dico quel ch'abbarbagliava il viso, +quel ch'all'arcione avea lasciato Atlante), +subito avria quel brutto stuol conquiso +e fattosel cader cieco davante; +e forse ben, che disprezzò quel modo, +perché virtude usar volse, e non frodo. +Sia quel che può, più tosto vuol morire, +che rendersi prigione a sì vil gente. +Eccoti intanto da la porta uscire +del muro, ch'io dicea d'oro lucente, +due giovani ch'ai gesti ed al vestire +non eran da stimar nate umilmente, +né da pastor nutrite con disagi, +ma fra delizie di real palagi. +L'una e l'altra sedea s'un liocorno, +candido più che candido armelino; +l'una e l'altra era bella, e di sì adorno +abito, e modo tanto pellegrino, +che a l'uom, guardando e contemplando intorno, +bisognerebbe aver occhio divino +per far di lor giudizio: e tal saria +Beltà, s'avesse corpo, e Leggiadria. +L'una e l'altra n'andò dove nel prato +Ruggiero è oppresso da lo stuol villano. +Tutta la turba si levò da lato; +e quelle al cavallier porser la mano, +che tinto in viso di color rosato, +le donne ringraziò de l'atto umano: +e fu contento, compiacendo loro, +di ritornarsi a quella porta d'oro. +L'adornamento che s'aggira sopra +la bella porta e sporge un poco avante, +parte non ha che tutta non si cuopra +de le più rare gemme di Levante. +Da quattro parti si riposa sopra +grosse colonne d'integro diamante. +O ver o falso ch'all'occhio risponda, +non è cosa più bella o più gioconda. +Su per la soglia e fuor per le colonne +corron scherzando lascive donzelle, +che, se i rispetti debiti alle donne +servasser più, sarian forse più belle. +Tutte vestite eran di verdi gonne, +e coronate di frondi novelle. +Queste, con molte offerte e con buon viso, +Ruggier fecero entrar nel paradiso: +che si può ben così nomar quel loco, +ove mi credo che nascesse Amore. +Non vi si sta se non in danza e in giuoco, +e tutte in festa vi si spendon l'ore: +pensier canuto né molto né poco +si può quivi albergare in alcun core: +non entra quivi disagio né inopia, +ma vi sta ognor col corno pien la Copia. +Qui, dove con serena e lieta fronte +par ch'ognor rida il grazioso aprile, +gioveni e donne son: qual presso a fonte +canta con dolce e dilettoso stile; +qual d'un arbore all'ombra e qual d'un monte +o giuoca o danza o fa cosa non vile; +e qual, lungi dagli altri, a un suo fedele +discuopre l'amorose sue querele. +Per le cime dei pini e degli allori, +degli alti faggi e degl'irsuti abeti, +volan scherzando i pargoletti Amori: +di lor vittorie altri godendo lieti, +altri pigliando a saettare i cori, +la mira quindi, altri tendendo reti; +chi tempra dardi ad un ruscel più basso, +e chi gli aguzza ad un volubil sasso. +Quivi a Ruggier un gran corsier fu dato, +forte, gagliardo, e tutto di pel sauro, +ch'avea il bel guernimento ricamato +di preziose gemme e di fin auro; +e fu lasciato in guardia quello alato, +quel che solea ubidire al vecchio Mauro, +a un giovene che dietro lo menassi +al buon Ruggier, con men frettosi passi. +Quelle due belle giovani amorose +ch'avean Ruggier da l'empio stuol difeso, +da l'empio stuol che dianzi se gli oppose +su quel camin ch'avea a man destra preso, +gli dissero: — Signor, le virtuose +opere vostre che già abbiamo inteso, +ne fan sì ardite, che l'aiuto vostro +vi chiederemo a beneficio nostro. +Noi troverem tra via tosto una lama, +che fa due parti di questa pianura. +Una crudel, che Erifilla si chiama, +difende il ponte, e sforza e inganna e fura +chiunque andar ne l'altra ripa brama; +ed ella è gigantessa di statura, +li denti ha lunghi e velenoso il morso, +acute l'ugne, e graffia come un orso. +Oltre che sempre ci turbi il camino, +che libero saria se non fosse ella, +spesso, correndo per tutto il giardino, +va disturbando or questa cosa or quella. +Sappiate che del populo assassino +che vi assalì fuor de la porta bella, +molti suoi figli son, tutti seguaci, +empi, come ella, inospiti e rapaci. — +Ruggier rispose: — Non ch'una battaglia, +ma per voi sarò pronto a farne cento: +di mia persona, in tutto quel che vaglia, +fatene voi secondo il vostro intento; +che la cagion ch'io vesto piastra e maglia, +non è per guadagnar terre né argento, +ma sol per farne beneficio altrui, +tanto più a belle donne come vui. — +Le donne molte grazie riferiro +degne d'un cavallier, come quell'era: +e così ragionando ne veniro +dove videro il ponte e la riviera; +e di smeraldo ornata e di zaffiro +su l'arme d'or, vider la donna altiera. +Ma dir ne l'altro canto differisco, +come Ruggier con lei si pose a risco. Chi va lontan da la sua patria, vede +cose, da quel che già credea, lontane; +che narrandole poi, non se gli crede, +e stimato bugiardo ne rimane: +che 'l sciocco vulgo non gli vuol dar fede, +se non le vede e tocca chiare e piane. +Per questo io so che l'inesperienza +farà al mio canto dar poca credenza. +Poca o molta ch'io ci abbia, non bisogna +ch'io ponga mente al vulgo sciocco e ignaro. +A voi so ben che non parrà menzogna, +che 'l lume del discorso avete chiaro; +ed a voi soli ogni mio intento agogna +che 'l frutto sia di mie fatiche caro. +Io vi lasciai che 'l ponte e la riviera +vider, che 'n guardia avea Erifilla altiera. +Quell'era armata del più fin metallo, +ch'avean di più color gemme distinto: +rubin vermiglio, crisolito giallo, +verde smeraldo, con flavo iacinto. +Era montata, ma non a cavallo; +invece avea di quello un lupo spinto: +spinto avea un lupo ove si passa il fiume, +con ricca sella fuor d'ogni costume. +Non credo ch'un sì grande Apulia n'abbia: +egli era grosso ed alto più d'un bue. +Con fren spumar non gli facea le labbia, +né so come lo regga a voglie sue. +La sopravesta di color di sabbia +su l'arme avea la maledetta lue: +era, fuor che 'l color, di quella sorte +ch'i vescovi e i prelati usano in corte. +Ed avea ne lo scudo e sul cimiero +una gonfiata e velenosa botta. +Le donne la mostraro al cavalliero, +di qua dal ponte per giostrar ridotta, +e fargli scorno e rompergli il sentiero, +come ad alcuni usata era talotta. +Ella a Ruggier, che torni a dietro, grida: +quel piglia un'asta, e la minaccia e sfida. +Non men la gigantessa ardita e presta +sprona il gran lupo e ne l'arcion si serra, +e pon la lancia a mezzo il corso in resta, +e fa tremar nel suo venir la terra. +Ma pur sul prato al fiero incontro resta; +che sotto l'elmo il buon Ruggier l'afferra, +e de l'arcion con tal furor la caccia, +che la riporta indietro oltra sei braccia. +E già, tratta la spada ch'avea cinta, +venìa a levarne la testa superba: +e ben lo potea far, che come estinta +Erifilla giacea tra' fiori e l'erba. +Ma le donne gridar: — Basti sia vinta, +senza pigliarne altra vendetta acerba. +Ripon, cortese cavallier, la spada; +passiamo il ponte e seguitian la strada. — +Alquanto malagevole ed aspretta +per mezzo un bosco presero la via, +che oltra che sassosa fosse e stretta, +quasi su dritta alla collina gìa. +Ma poi che furo ascesi in su la vetta, +usciro in spaziosa prateria, +dove il più bel palazzo e 'l più giocondo +vider, che mai fosse veduto al mondo. +La bella Alcina venne un pezzo inante, +verso Ruggier fuor de le prime porte, +e lo raccolse in signoril sembiante, +in mezzo bella ed onorata corte. +Da tutti gli altri tanto onore e tante +riverenze fur fatte al guerrier forte, +che non potrian far più, se tra loro +fosse Dio sceso dal superno coro. +Non tanto il bel palazzo era eccellente, +perché vincesse ogn'altro di ricchezza, +quanto ch'avea la più piacevol gente +che fosse al mondo e di più gentilezza. +Poco era l'un da l'altro differente +e di fiorita etade e di bellezza: +sola di tutti Alcina era più bella, +sì come è bello il sol più d'ogni stella. +Di persona era tanto ben formata, +quanto me' finger san pittori industri; +con bionda chioma lunga ed annodata: +oro non è che più risplenda e lustri. +Spargeasi per la guancia delicata +misto color di rose e di ligustri; +di terso avorio era la fronte lieta, +che lo spazio finia con giusta meta. +Sotto duo negri e sottilissimi archi +son duo negri occhi, anzi duo chiari soli, +pietosi a riguardare, a mover parchi; +intorno cui par ch'Amor scherzi e voli, +e ch'indi tutta la faretra scarchi +e che visibilmente i cori involi: +quindi il naso per mezzo il viso scende, +che non truova l'invidia ove l'emende. +Sotto quel sta, quasi fra due vallette, +la bocca sparsa di natio cinabro; +quivi due filze son di perle elette, +che chiude ed apre un bello e dolce labro: +quindi escon le cortesi parolette +da render molle ogni cor rozzo e scabro; +quivi si forma quel suave riso, +ch'apre a sua posta in terra il paradiso. +Bianca nieve è il bel collo, e 'l petto latte; +il collo è tondo, il petto colmo e largo: +due pome acerbe, e pur d'avorio fatte, +vengono e van come onda al primo margo, +quando piacevole aura il mar combatte. +Non potria l'altre parti veder Argo: +ben si può giudicar che corrisponde +a quel ch'appar di fuor quel che s'asconde. +Mostran le braccia sua misura giusta; +e la candida man spesso si vede +lunghetta alquanto e di larghezza angusta, +dove né nodo appar, né vena eccede. +Si vede al fin de la persona augusta +il breve, asciutto e ritondetto piede. +Gli angelici sembianti nati in cielo +non si ponno celar sotto alcun velo. +Avea in ogni sua parte un laccio teso, +o parli o rida o canti o passo muova: +né maraviglia è se Ruggier n'è preso, +poi che tanto benigna se la truova. +Quel che di lei già avea dal mirto inteso, +com'è perfida e ria, poco gli giova; +ch'inganno o tradimento non gli è aviso +che possa star con sì soave riso. +Anzi pur creder vuol che da costei +fosse converso Astolfo in su l'arena +per li suoi portamenti ingrati e rei, +e sia degno di questa e di più pena: +e tutto quel ch'udito avea di lei, +stima esser falso; e che vendetta mena, +e mena astio ed invidia quel dolente +a lei biasmare, e che del tutto mente. +La bella donna che cotanto amava, +novellamente gli è dal cor partita; +che per incanto Alcina gli lo lava +d'ogni antica amorosa sua ferita; +e di sé sola e del suo amor lo grava, +e in quello essa riman sola sculpita: +sì che scusar il buon Ruggier si deve, +se si mostrò quivi incostante e lieve. +A quella mensa citare, arpe e lire, +e diversi altri dilettevol suoni +faceano intorno l'aria tintinire +d'armonia dolce e di concenti buoni. +Non vi mancava chie, cantando, dire +d'amor sapesse gaudi e passioni, +o con invenzioni e poesie +rappresentasse grate fantasie. +Qual mensa trionfante e suntuosa +di qualsivoglia successor di Nino, +o qual mai tanto celebre e famosa +di Cleopatra al vincitor latino, +potria a questa esser par, che l'amorosa +fata avea posta inanzi al paladino? +Tal non cred'io che s'apparecchi dove +ministra Ganimede al sommo Giove. +Tolte che fur le mense e le vivande, +facean, sedendo in cerchio, un giuoco lieto: +che ne l'orecchio l'un l'altro domande, +come più piace lor, qualche secreto; +il che agli amanti fu commodo grande +di scoprir l'amor lor senza divieto: +e furon lor conclusioni estreme +di ritrovarsi quella notte insieme. +Finir quel giuoco tosto, e molto inanzi +che non solea là dentro esser costume: +con torchi allora i paggi entrati inanzi, +le tenebre cacciar con molto lume. +Tra bella compagnia dietro e dinanzi +andò Ruggiero a ritrovar le piume +in una adorna e fresca cameretta, +per la miglior di tutte l'altre eletta. +E poi che di confetti e di buon vini +di nuovo fatti fur debiti inviti, +e partir gli altri riverenti e chini, +ed alle stanze lor tutti sono iti; +Ruggiero entrò ne' profumati lini +che pareano di man d'Aracne usciti, +tenendo tuttavia l'orecchie attente, +s'ancora venir la bella donna sente. +Ad ogni piccol moto ch'egli udiva, +sperando che fosse ella, il capo alzava: +sentir credeasi, e spesso non sentiva; +poi del suo errore accorto sospirava. +Talvolta uscia del letto e l'uscio apriva, +guatava fuori, e nulla vi trovava: +e maledì ben mille volte l'ora +che facea al trapassar tanta dimora. +Tra sé dicea sovente: — Or si parte ella; — +e cominciava a noverare i passi +ch'esser potean da la sua stanza a quella +donde aspettando sta che Alcina passi; +e questi ed altri, prima che la bella +donna vi sia, vani disegni fassi. +Teme di qualche impedimento spesso, +che tra il frutto e la man non gli sia messo. +Alcina, poi ch'a' preziosi odori +dopo gran spazio pose alcuna meta, +venuto il tempo che più non dimori, +ormai ch'in casa era ogni cosa cheta, +de la camera sua sola uscì fuori; +e tacita n'andò per via secreta +dove a Ruggiero avean timore e speme +gran pezzo intorno al cor pugnato insieme. +Come si vide il successor d'Astolfo +sopra apparir quelle ridenti stelle, +come abbia ne le vene acceso zolfo, +non par che capir possa ne la pelle. +Or sino agli occhi ben nuota nel golfo +de le delizie e de le cose belle: +salta del letto, e in braccio la raccoglie, +né può tanto aspettar ch'ella si spoglie; +ben che né gonna né faldiglia avesse; +che venne avolta in un leggier zendado +che sopra una camicia ella si messe, +bianca e suttil nel più eccellente grado. +Come Ruggiero abbracciò lei, gli cesse +il manto: e restò il vel suttile e rado, +che non copria dinanzi né di dietro, +più che le rose o i gigli un chiaro vetro. +Non così strettamente edera preme +pianta ove intorno abbarbicata s'abbia, +come si stringon li dui amanti insieme, +cogliendo de lo spirto in su le labbia +suave fior, qual non produce seme +indo o sabeo ne l'odorata sabbia. +Del gran piacer ch'avean, lor dicer tocca; +che spesso avean più d'una lingua in bocca. +Queste cose là dentro eran secrete, +o se pur non secrete, almen taciute; +che raro fu tener le labra chete +biasmo ad alcun, ma ben spesso virtute. +Tutte proferte ed accoglienze liete +fanno a Ruggier quelle persone astute: +ognun lo reverisce e se gli inchina; +che così vuol l'innamorata Alcina. +Non è diletto alcun che di fuor reste; +che tutti son ne l'amorosa stanza. +E due e tre volte il dì mutano veste, +fatte or ad una ora ad un'altra usanza. +Spesso in conviti, e sempre stanno in feste, +in giostre, in lotte, in scene, in bagno, in danza: +or presso ai fonti, all'ombre de' poggetti, +leggon d'antiqui gli amorosi detti; +or per l'ombrose valli e lieti colli +vanno cacciando le paurose lepri; +or con sagaci cani i fagian folli +con strepito uscir fan di stoppie e vepri; +or a' tordi lacciuoli, or veschi molli +tendon tra gli odoriferi ginepri; +or con ami inescati ed or con reti +turban a' pesci i grati lor secreti. +Stava Ruggiero in tanta gioia e festa, +mentre Carlo in travaglio ed Agramante, +di cui l'istoria io non vorrei per questa +porre in oblio, né lasciar Bradamante, +che con travaglio e con pena molesta +pianse più giorni il disiato amante, +ch'avea per strade disusate e nuove +veduto portar via, né sapea dove. +Di costei prima che degli altri dico, +che molti giorni andò cercando invano +pei boschi ombrosi e per lo campo aprico, +per ville, per città, per monte e piano; +né mai potè saper del caro amico, +che di tanto intervallo era lontano. +Ne l'oste saracin spesso venìa, +né mai del suo Ruggier ritrovò spia. +Ogni dì ne domanda a più di cento, +né alcun le ne sa mai render ragioni. +D'alloggiamento va in alloggiamento, +cercandone e trabacche e padiglioni: +e lo può far; che senza impedimento +passa tra cavallieri e tra pedoni, +mercè all'annel che fuor d'ogni uman uso +la fa sparir quando l'è in bocca chiuso. +Né può né creder vuol che morto sia; +perché di sì grande uom l'alta ruina +da l'onde idaspe udita si saria +fin dove il sole a riposar declina. +Non sa né dir né imaginar che via +far possa o in cielo o in terra; e pur meschina +lo va cercando, e per compagni mena +sospiri e pianti ed ogni acerba pena. +Pensò al fin di tornare alla spelonca +dove eran l'ossa di Merlin profeta, +e gridar tanto intorno a quella conca, +che 'l freddo marmo si movesse a pieta; +che se vivea Ruggiero, o gli avea tronca +l'alta necessità la vita lieta, +si sapria quindi: e poi s'appiglierebbe +a quel miglior consiglio che n'avrebbe. +Con questa intenzion prese il camino +verso le selve prossime a Pontiero, +dove la vocal tomba di Merlino +era nascosa in loco alpestro e fiero. +Ma quella maga che sempre vicino +tenuto a Bradamante avea il pensiero, +quella, dico io, che ne la bella grotta +l'avea de la sua stirpe istrutta e dotta; +quella benigna e saggia incantatrice, +la quale ha sempre cura di costei, +sappiendo ch'esser de' progenitrice +d'uomini invitti, anzi di semidei; +ciascun dì vuol sapere che fa, che dice, +e getta ciascun dì sorte per lei. +Di Ruggier liberato e poi perduto, +e dove in India andò, tutto ha saputo. +Ben veduto l'avea su quel cavallo +che regger non potea, ch'era sfrenato, +scostarsi di lunghissimo intervallo +per sentier periglioso e non usato; +e ben sapea che stava in giuoco e in ballo +e in cibo e in ozio molle e delicato, +né più memoria avea del suo signore, +né de la donna sua, né del suo onore. +E così il fior de li begli anni suoi +in lunga inerzia aver potria consunto +sì gentil cavallier, per dover poi +perdere il corpo e l'anima in un punto; +e quel odor che sol riman di noi, +poscia che 'l resto fragile è defunto, +che tra' l'uom del sepulcro e in vita il serba, +gli saria stato o tronco o svelto in erba. +Ma quella gentil maga, che più cura +n'avea ch'egli medesmo di se stesso, +pensò di trarlo per via alpestre e dura +alla vera virtù, mal grado d'esso: +come eccellente medico, che cura +con ferro e fuoco e con veneno spesso, +che se ben molto da principio offende, +poi giova al fine, e grazia se gli rende. +Ella non gli era facile, e talmente +fattane cieca di superchio amore, +che, come facea Atlante, solamente +a darli vita avesse posto il core. +Quel più tosto volea che lungamente +vivesse e senza fama e senza onore, +che, con tutta la laude che sia al mondo, +mancasse un anno al suo viver giocondo. +L'avea mandato all'isola d'Alcina, +perché obliasse l'arme in quella corte; +e come mago di somma dottrina, +ch'usar sapea gl'incanti d'ogni sorte, +avea il cor stretto di quella regina +ne l'amor d'esso d'un laccio sì forte, +che non se ne era mai per poter sciorre, +s'invecchiasse Ruggier più di Nestorre. +Or tornando a colei, ch'era presaga +di quanto de' avvenir, dico che tenne +la dritta via dove l'errante e vaga +figlia d'Amon seco a incontrar si venne. +Bradamante vedendo la sua maga, +muta la pena che prima sostenne, +tutta in speranza; e quella l'apre il vero: +ch'ad Alcina è condotto il suo Ruggiero. +La giovane riman presso che morta, +quando ode che 'l suo amante è così lunge; +e più, che nel suo amor periglio porta, +se gran rimedio e subito non giunge: +ma la benigna maga la conforta, +e presta pon l'impiastro ove il duol punge, +e le promette e giura, in pochi giorni +far che Ruggiero a riveder lei torni. +— Da che, donna (dicea), l'annello hai teco, +che val contra ogni magica fattura, +io non ho dubbio alcun, che s'io l'arreco +là dove Alcina ogni tuo ben ti fura, +ch'io non le rompa il suo disegno, e meco +non ti rimeni la tua dolce cura. +Me n'andrò questa sera alla prim'ora, +e sarò in India al nascer de l'aurora. — +E seguitando, del modo narrolle +che disegnato avea d'adoperarlo, +per trar del regno effeminato e molle +il caro amante, e in Francia rimenarlo. +Bradamante l'annel del dito tolle; +né solamente avria voluto darlo, +ma dato il core e dato avria la vita, +pur che n'avesse il suo Ruggiero aita. +Le dà l'annello e se le raccomanda; +e più le raccomanda il suo Ruggiero, +a cui per lei mille saluti manda: +poi prese vêr Provenza altro sentiero. +Andò l'incantatrice a un'altra banda; +e per porre in effetto il suo pensiero, +un palafren fece apparir la sera, +ch'avea un piè rosso, e ogn'altra parte nera. +Credo fosse un Alchino o un Farfarello, +che da l'Inferno in quella forma trasse; +e scinta e scalza montò sopra a quello, +a chiome sciolte e orribilmente passe: +ma ben di dito si levò l'annello, +perché gl'incanti suoi non le vietasse. +Poi con tal fretta andò, che la matina +si ritrovò ne l'isola d'Alcina. +Quivi mirabilmente transmutosse: +s'accrebbe più d'un palmo di statura, +e fe' le membra a proporzion più grosse; +e restò a punto di quella misura +che si pensò che 'l negromante fosse, +quel che nutrì Ruggier con sì gran cura. +Vestì di lunga barba le mascelle, +e fe' crespa la fronte e l'altra pelle. +Di faccia, di parole e di sembiante +sì lo seppe imitar, che totalmente +potea parer l'incantator Atlante. +Poi si nascose, e tanto pose mente, +che da Ruggiero allontanar l'amante +Alcina vide un giorno finalmente: +e fu gran sorte; che di stare o d'ire +senza esso un'ora potea mal patire. +Soletto lo trovò, come lo volle, +che si godea il matin fresco e sereno +lungo un bel rio che discorrea d'un colle +verso un laghetto limpido ed ameno. +Il suo vestir delizioso e molle +tutto era d'ozio e di lascivia pieno, +che de sua man gli avea di seta e d'oro +tessuto Alcina con sottil lavoro. +Di ricche gemme un splendido monile +gli discendea dal collo in mezzo il petto; +e ne l'uno e ne l'altro già virile +braccio girava un lucido cerchietto. +Gli avea forato un fil d'oro sottile +ambe l'orecchie, in forma d'annelletto; +e due gran perle pendevano quindi, +qua' mai non ebbon gli Arabi né gl'Indi. +Umide avea l'innanellate chiome +de' più suavi odor che sieno in prezzo: +tutto ne' gesti era amoroso, come +fosse in Valenza a servir donne avezzo: +non era in lui di sano altro che 'l nome; +corrotto tutto il resto, e più che mézzo. +Così Ruggier fu ritrovato, tanto +da l'esser suo mutato per incanto. +Ne la forma d'Atlante se gli affaccia +colei, che la sembianza ne tenea, +con quella grave e venerabil faccia +che Ruggier sempre riverir solea, +con quello occhio pien d'ira e di minaccia, +che sì temuto già fanciullo avea; +dicendo: — È questo dunque il frutto ch'io +lungamente atteso ho del sudor mio? +Di medolle già d'orsi e di leoni +ti porsi io dunque li primi alimenti; +t'ho per caverne ed orridi burroni +fanciullo avezzo a strangolar serpenti, +pantere e tigri disarmar d'ungioni +ed a vivi cingial trar spesso i denti, +acciò che, dopo tanta disciplina, +tu sii l'Adone o l'Atide d'Alcina? +È questo, quel che l'osservate stelle, +le sacre fibre e gli accoppiati punti, +responsi, auguri, sogni e tutte quelle +sorti, ove ho troppo i miei studi consunti, +di te promesso sin da le mammelle +m'avean, come quest'anni fusser giunti: +ch'in arme l'opre tue così preclare +esser dovean, che sarian senza pare? +Questo è ben veramente alto principio +onde si può sperar che tu sia presto +a farti un Alessandro, un Iulio, un Scipio! +Chi potea, ohimè! di te mai creder questo, +che ti facessi d'Alcina mancipio? +E perché ognun lo veggia manifesto, +al collo ed alle braccia hai la catena +con che ella a voglia sua preso ti mena. +Se non ti muovon le tue proprie laudi, +e l'opre eccelse a chi t'ha il cielo eletto, +la tua succession perché defraudi +del ben che mille volte io t'ho predetto? +deh, perché il ventre eternamente claudi, +dove il ciel vuol che sia per te concetto +la gloriosa e soprumana prole +ch'esser de' al mondo più chiara che 'l sole? +Deh non vietar che le più nobil alme, +che sian formate ne l'eterne idee, +di tempo in tempo abbian corporee salme +dal ceppo che radice in te aver dee! +Deh non vietar mille trionfi e palme, +con che, dopo aspri danni e piaghe ree, +tuoi figli, tuoi nipoti e successori +Italia torneran nei primi onori! +Non ch'a piegarti a questo tante e tante +anime belle aver dovesson pondo, +che chiare, illustri, inclite, invitte e sante +son per fiorir da l'arbor tuo fecondo; +ma ti dovria una coppia esser bastante: +Ippolito e il fratel; che pochi il mondo +ha tali avuti ancor fin al dì d'oggi, +per tutti i gradi onde a virtù si poggi. +Io solea più di questi dui narrarti, +ch'io non facea di tutti gli altri insieme; +sì perché essi terran le maggior parti, +che gli altri tuoi, ne le virtù supreme; +sì perché al dir di lor mi vedea darti +più attenzion, che d'altri del tuo seme: +vedea goderti che sì chiari eroi +esser dovessen dei nipoti tuoi. +Che ha costei che t'hai fatto regina, +che non abbian mill'altre meretrici? +costei che di tant'altri è concubina, +ch'al fin sai ben s'ella suol far felici. +Ma perché tu conosca chi sia Alcina, +levatone le fraudi e gli artifici, +tien questo annello in dito, e torna ad ella, +ch'aveder ti potrai come sia bella. — +Ruggier si stava vergognoso e muto +mirando in terra, e mal sapea che dire; +a cui la maga nel dito minuto +pose l'annello, e lo fe' risentire. +Come Ruggiero in sé fu rivenuto, +di tanto scorno si vide assalire, +ch'esser vorria sotterra mille braccia, +ch'alcun veder non lo potesse in faccia. +Ne la sua prima forma in uno istante, +così parlando, la maga rivenne; +né bisognava più quella d'Atlante, +seguitone l'effetto per che venne. +Per dirvi quel ch'io non vi dissi inante, +costei Melissa nominata venne, +ch'or diè a Ruggier di sé notizia vera, +e dissegli a che effetto venuta era; +mandata da colei, che d'amor piena +sempre il disia, né più può starne senza, +per liberarlo da quella catena +di che lo cinse magica violenza: +e preso avea d'Atlante di Carena +la forma, per trovar meglio credenza. +Ma poi ch'a sanità l'ha ormai ridutto, +gli vuole aprire e far che veggia il tutto. +— Quella donna gentil che t'ama tanto, +quella che del tuo amor degna sarebbe, +a cui, se non ti scorda, tu sai quanto +tua libertà, da lei servata, debbe; +questo annel che ripara ad ogni incanto, +ti manda: e così il cor mandato avrebbe, +s'avesse avuto il cor così virtute, +come l'annello, atta alla tua salute. — +E seguitò narrandogli l'amore +che Bradamante gli ha portato e porta; +di questa insieme comendò il valore, +in quanto il vero e l'affezion comporta; +ed usò modo e termine migliore +che si convenga a messaggera accorta: +ed in quel odio Alcina a Ruggier pose, +in che soglionsi aver l'orribil cose. +In odio gli la pose, ancor che tanto +l'amasse dianzi: e non vi paia strano, +quando il suo amor per forza era d'incanto, +ch'essendovi l'annel, rimase vano. +Fece l'annel palese ancor, che quanto +di beltà Alcina avea, tutto era estrano: +estrano avea, e non suo, dal piè alla treccia; +il bel ne sparve, e le restò la feccia. +Come fanciullo che maturo frutto +ripone, e poi si scorda ove è riposto, +e dopo molti giorni è ricondutto +là dove truova a caso il suo deposto, +si maraviglia di vederlo tutto +putrido e guasto, e non come fu posto; +e dove amarlo e caro aver solia, +l'odia, sprezza, n'ha schivo, e getta via: +così Ruggier, poi che Melissa fece +ch'a riveder se ne tornò la fata +con quell'annello inanzi a cui non lece, +quando s'ha in dito, usare opra incantata, +ritruova, contra ogni sua stima, invece +de la bella, che dianzi avea lasciata, +donna sì laida, che la terra tutta +né la più vecchia avea né la più brutta. +Pallido, crespo e macilente avea +Alcina il viso, il crin raro e canuto, +sua statura a sei palmi non giungea: +ogni dente di bocca era caduto; +che più d'Ecuba e più de la Cumea, +ed avea più d'ogn'altra mai vivuto. +Ma sì l'arti usa al nostro tempo ignote, +che bella e giovanetta parer puote. +Giovane e bella ella si fa con arte, +sì che molti ingannò come Ruggiero; +ma l'annel venne a interpretar le carte +che già molti anni avean celato il vero. +Miracol non è dunque, se si parte +de l'animo a Ruggier ogni pensiero +ch'avea d'amare Alcina, or che la truova +in guisa, che sua fraude non le giova. +Ma come l'avisò Melissa, stette +senza mutare il solito sembiante, +fin che l'arme sue, più dì neglette, +si fu vestito dal capo alle piante; +e per non farle ad Alcina suspette, +finse provar s'in esse era aiutante, +finse provar se gli era fatto grosso, +dopo alcun dì che non l'ha avute indosso. +E Balisarda poi si messe al fianco +(che così nome la sua spada avea); +e lo scudo mirabile tolse anco, +che non pur gli occhi abbarbagliar solea, +ma l'anima facea sì venir manco, +che dal corpo esalata esser parea. +Lo tolse, e col zendado in che trovollo, +che tutto lo copria, sel messe al collo. +Venne alla stalla, e fece briglia e sella +porre a un destrier più che la pece nero: +così Melissa l'avea istrutto; ch'ella +sapea quanto nel corso era leggiero. +Chi lo conosce, Rabican l'appella; +ed è quel proprio che col cavalliero +del quale i venti or presso al mar fan gioco, +portò già la balena in questo loco. +Potea aver l'ippogrifo similmente, +che presso a Rabicano era legato; +ma gli avea detto la maga: — Abbi mente, +ch'egli è (come tu sai) troppo sfrenato. — +E gli diede intenzion che 'l dì seguente +gli lo trarrebbe fuor di quello stato, +là dove ad agio poi sarebbe istrutto +come frenarlo e farlo gir per tutto. +Né sospetto darà, se non lo tolle, +de la tacita fuga ch'apparecchia. +Fece Ruggier come Melissa volle, +ch'invisibile ognor gli era all'orecchia. +Così fingendo, del lascivo e molle +palazzo uscì de la puttana vecchia; +e si venne accostando ad una porta, +donde è la via ch'a Logistilla il porta. +Assaltò li guardiani all'improviso, +e si cacciò tra lor col ferro in mano, +e qual lasciò ferito, e quale ucciso; +e corse fuor del ponte a mano a mano: +e prima che n'avesse Alcina aviso, +di molto spazio fu Ruggier lontano. +Dirò ne l'altro canto che via tenne; +poi come a Logistilla se ne venne. Oh quante sono incantatrici, oh quanti +incantator tra noi, che non si sanno! +che con lor arti uomini e donne amanti +di sé, cangiando i visi lor, fatto hanno. +Non con spirti costretti tali incanti, +né con osservazion di stelle fanno; +ma con simulazion, menzogne e frodi +legano i cor d'indissolubil nodi. +Chi l'annello d'Angelica, o più tosto +chi avesse quel de la ragion, potria +veder a tutti il viso, che nascosto +da finzione e d'arte non saria. +Tal ci par bello e buono, che, deposto +il liscio, brutto e rio forse parria. +Fu gran ventura quella di Ruggiero, +ch'ebbe l'annel che gli scoperse il vero. +Ruggier (come io dicea) dissimulando, +su Rabican venne alla porta armato: +trovò le guardie sprovedute, e quando +giunse tra lor, non tenne il brando a lato. +Chi morto e chi a mal termine lasciando, +esce del ponte, e il rastrello ha spezzato: +prende al bosco la via; ma poco corre, +ch'ad un de' servi de la fata occorre. +Il servo in pugno avea un augel grifagno +che volar con piacer facea ogni giorno, +ora a campagna, ora a un vicino stagno, +dove era sempre da far preda intorno: +avea da lato il can fido compagno: +cavalcava un ronzin non troppo adorno. +Ben pensò che Ruggier dovea fuggire, +quando lo vide in tal fretta venire. +Se gli fe' incontra, e con sembiante altiero +gli domandò perché in tal fretta gisse. +Risponder non gli volse il buon Ruggiero: +perciò colui, più certo che fuggisse, +di volerlo arrestar fece pensiero; +e distendendo il braccio manco, disse: +— Che dirai tu, se subito ti fermo? +se contra questo augel non avrai schermo? — +Spinge l'augello: e quel batte sì l'ale, +che non l'avanza Rabican di corso. +Del palafreno il cacciator giù sale, +e tutto a un tempo gli ha levato il morso. +Quel par da l'arco uno aventato strale, +di calci formidabile e di morso; +e 'l servo dietro sì veloce viene, +che par ch'il vento, anzi che il fuoco il mene. +Non vuol parere il can d'esser più tardo; +ma segue Rabican con quella fretta +con che le lepri suol seguire il pardo. +Vergogna a Ruggier par, se non aspetta. +Voltasi a quel che vien sì a piè gagliardo; +né gli vede arme, fuor ch'una bacchetta, +quella con che ubidire al cane insegna: +Ruggier di trar la spada si disdegna. +Quel se gli appressa, e forte lo percuote: +lo morde a un tempo il can nel piede manco. +Lo sfrenato destrier la groppa scuote +tre volte e più, né falla il destro fianco. +Gira l'augello e gli fa mille ruote, +e con l'ugna sovente il ferisce anco: +sì il destrier collo strido impaurisce, +ch'alla mano e allo spron poco ubidisce. +Ruggiero, al fin costretto, il ferro caccia: +e perché tal molestia se ne vada, +or gli animali, or quel villan minaccia +col taglio e con la punta de la spada. +Quella importuna turba più l'impaccia: +presa ha chi qua chi là tutta la strada. +Vede Ruggiero il disonore e il danno +che gli avverrà, se più tardar lo fanno. +Sa ch'ogni poco più ch'ivi rimane, +Alcina avrà col populo alle spalle: +di trombe, di tamburi e di campane +già s'ode alto rumore in ogni valle. +Contra un servo senza arme e contra un cane +gli par ch'a usar la spada troppo falle: +meglio e più breve è dunque che gli scopra +lo scudo che d'Atlante era stato opra. +Levò il drappo vermiglio in che coperto +già molti giorni lo scudo si tenne. +Fece l'effetto mille volte esperto +il lume, ove a ferir negli occhi venne: +resta dai sensi il cacciator deserto, +cade il cane e il ronzin, cadon le penne, +ch'in aria sostener l'augel non ponno. +Lieto Ruggier li lascia in preda al sonno. +Alcina, ch'avea intanto avuto aviso +di Ruggier, che sforzato avea la porta, +e de la guardia buon numero ucciso, +fu, vinta dal dolor, per restar morta. +Squarciossi i panni e si percosse il viso, +e sciocca nominossi e malaccorta; +e fece dar all'arme immantinente, +e intorno a sé raccor tutta sua gente. +E poi ne fa due parti, e manda l'una +per quella strada ove Ruggier camina; +al porto l'altra subito raguna, +imbarca, ed uscir fa ne la marina: +sotto le vele aperte il mar s'imbruna. +Con questi va la disperata Alcina, +che 'l desiderio di Ruggier sì rode, +che lascia sua città senza custode. +Non lascia alcuno a guardia del palagio: +il che a Melissa che stava alla posta +per liberar di quel regno malvagio +la gente ch'in miseria v'era posta, +diede commodità, diede grande agio +di gir cercando ogni cosa a sua posta, +imagini abbruciar, suggelli torre, +e nodi e rombi e turbini disciorre. +Indi pei campi accelerando i passi, +gli antiqui amanti, ch'erano in gran torma +conversi in fonti, in fere, in legni, in sassi, +fe' ritornar ne la lor prima forma. +E quei, poi ch'allargati furo i passi, +tutti del buon Ruggier seguiron l'orma: +a Logistilla si salvaro; ed indi +tornaro a Sciti, a Persi, a Greci, ad Indi. +Li rimandò Melissa in lor paesi, +con obligo di mai non esser sciolto. +Fu inanzi agli altri il duca degl'Inglesi +ad esser ritornato in uman volto; +che 'l parentado in questo e li cortesi +prieghi del buon Ruggier gli giovar molto: +oltre i prieghi, Ruggier le diè l'annello, +acciò meglio potesse aiutar quello. +A' prieghi dunque di Ruggier, rifatto +fu 'l paladin ne la sua prima faccia. +Nulla pare a Melissa d'aver fatto, +quando ricovrar l'arme non gli faccia, +e quella lancia d'or, ch'al primo tratto +quanti ne tocca de la sella caccia: +de l'Argalia, poi fu d'Astolfo lancia, +e molto onor fe' all'uno e a l'altro in Francia. +Trovò Melissa questa lancia d'oro, +ch'Alcina avea reposta nel palagio, +e tutte l'arme che del duca foro, +e gli fur tolte ne l'ostel malvagio. +Montò il destrier del negromante moro, +e fe' montar Astolfo in groppa ad agio; +e quindi a Logistilla si condusse +d'un'ora prima che Ruggier vi fusse. +Tra duri sassi e folte spine gìa +Ruggiero intanto invêr la fata saggia, +di balzo in balzo, e d'una in altra via +aspra, solinga, inospita e selvaggia; +tanto ch'a gran fatica riuscia +su la fervida nona in una spiaggia +tra 'l mare e 'l monte, al mezzodì scoperta, +arsiccia, nuda, sterile e deserta. +Percuote il sole ardente il vicin colle; +e del calor che si riflette a dietro, +in modo l'aria e l'arena ne bolle, +che saria troppo a far liquido il vetro. +Stassi cheto ogni augello all'ombra molle: +sol la cicala col noioso metro +fra i densi rami del fronzuto stelo +le valli e i monti assorda, e il mare e il cielo. +Quivi il caldo, la sete, e la fatica +ch'era di gir per quella via arenosa, +facean, lungo la spiaggia erma ed aprica, +a Ruggier compagnia grave e noiosa. +Ma perché non convien che sempre io dica, +né ch'io vi occupi sempre in una cosa, +io lascerò Ruggiero in questo caldo, +e girò in Scozia a ritrovar Rinaldo. +Era Rinaldo molto ben veduto +dal re, da la figliuola e dal paese. +Poi la cagion che quivi era venuto, +più ad agio il paladin fece palese: +ch'in nome del suo re chiedeva aiuto +e dal regno di Scozia e da l'Inglese; +ed ai preghi soggiunse anco di Carlo, +giustissime cagion di dover farlo. +Dal re, senza indugiar, gli fu risposto, +che di quanto sua forza s'estendea, +per utile ed onor sempre disposto +di Carlo e de l'Imperio esser volea; +e che fra pochi dì gli avrebbe posto +più cavallieri in punto che potea; +e se non ch'esso era oggimai pur vecchio, +capitano verria del suo apparecchio. +Né tal rispetto ancor gli parria degno +di farlo rimaner, se non avesse +il figlio, che di forza, e più d'ingegno, +dignissimo era a chi'l governo desse, +ben che non si trovasse allor nel regno; +ma che sperava che venir dovesse +mentre ch'insieme aduneria lo stuolo; +e ch'adunato il troveria il figliuolo. +Così mandò per tutta la sua terra +suoi tesorieri a far cavalli e gente; +navi apparecchia e munizion da guerra, +vettovaglia e danar maturamente. +Venne intanto Rinaldo in Inghilterra, +e 'l re nel suo partir cortesemente +insino a Beroicche accompagnollo; +e visto pianger fu quando lasciollo. +Spirando il vento prospero alla poppa, +monta Rinaldo, ed a Dio dice a tutti: +la fune indi al viaggio il nocchier sgroppa; +tanto che giunge ove nei salsi flutti +il bel Tamigi amareggiando intoppa. +Col gran flusso del mar quindi condutti +i naviganti per camin sicuro +a vela e remi insino a Londra furo. +Rinaldo avea da Carlo e dal re Otone, +che con Carlo in Parigi era assediato, +al principe di Vallia commissione +per contrasegni e lettere portato, +che ciò che potea far la regione +di fanti e di cavalli in ogni lato, +tutto debba a Calesio traghittarlo, +sì che aiutar si possa Francia e Carlo. +Il principe ch'io dico, ch'era, in vece +d'Oton, rimaso nel seggio reale, +a Rinaldo d'Amon tanto onor fece, +che non l'avrebbe al suo re fatto uguale: +indi alle sue domande satisfece; +perché a tutta la gente marziale +e di Bretagna e de l'isole intorno +di ritrovarsi al mar prefisse il giorno. +Signor, far mi convien come fa il buono +sonator sopra il suo istrumento arguto, +che spesso muta corda, e varia suono, +ricercando ora il grave, ora l'acuto. +Mentre a dir di Rinaldo attento sono, +d'Angelica gentil m'è sovenuto, +di che lasciai ch'era da lui fuggita, +e ch'avea riscontrato uno eremita. +Alquanto la sua istoria io vo' seguire. +Dissi che domandava con gran cura, +come potesse alla marina gire; +che di Rinaldo avea tanta paura, +che, non passando il mar, credea morire, +né in tutta Europa si tenea sicura: +ma l'eremita a bada la tenea, +perché di star con lei piacere avea. +Quella rara bellezza il cor gli accese, +e gli scaldò le frigide medolle: +ma poi che vide che poco gli attese, +e ch'oltra soggiornar seco non volle, +di cento punte l'asinello offese; +né di sua tardità però lo tolle: +e poco va di passo e men di trotto, +né stender gli si vuol la bestia sotto. +E perché molto dilungata s'era, +e poco più, n'avria perduta l'orma, +ricorse il frate alla spelonca nera, +e di demoni uscir fece una torma: +e ne sceglie uno di tutta la schiera, +e del bisogno suo prima l'informa; +poi lo fa entrare adosso al corridore, +che via gli porta con la donna il core. +E qual sagace can, nel monte usato +a volpi o lepri dar spesso la caccia, +che se la fera andar vede da un lato, +ne va da un altro, e par sprezzi la traccia; +al varco poi lo sentono arrivato, +che l'ha già in bocca, e l'apre il fianco e straccia: +tal l'eremita per diversa strada +aggiugnerà la donna ovunque vada. +Che sia il disegno suo, ben io comprendo: +e dirollo anco a voi, ma in altro loco. +Angelica di ciò nulla temendo, +cavalcava a giornate, or molto or poco. +Nel cavallo il demon si gìa coprendo, +come si cuopre alcuna volta il fuoco, +che con sì grave incendio poscia avampa, +che non si estingue, e a pena se ne scampa. +Poi che la donna preso ebbe il sentiero +dietro il gran mar che li Guasconi lava, +tenendo appresso all'onde il suo destriero, +dove l'umor la via più ferma dava; +quel le fu tratto dal demonio fiero +ne l'acqua sì, che dentro vi nuotava. +Non sa che far la timida donzella, +se non tenersi ferma in su la sella. +Per tirar briglia, non gli può dar volta: +più e più sempre quel si caccia in alto. +Ella tenea la vesta in su raccolta +per non bagnarla, e traea i piedi in alto. +Per le spalle la chioma iva disciolta, +e l'aura le facea lascivo assalto. +Stavano cheti tutti i maggior venti, +forse a tanta beltà, col mare, attenti. +Ella volgea i begli occhi a terra invano, +che bagnavan di pianto il viso e 'l seno, +e vedea il lito andar sempre lontano +e decrescer più sempre e venir meno. +Il destrier, che nuotava a destra mano, +dopo un gran giro la portò al terreno +tra scuri sassi e spaventose grotte, +già cominciando ad oscurar la notte. +Quando si vide sola in quel deserto, +che a riguardarlo sol, mettea paura, +ne l'ora che nel mar Febo coperto +l'aria e la terra avea lasciata oscura, +fermossi in atto ch'avria fatto incerto +chiunque avesse vista sua figura, +s'ella era donna sensitiva e vera, +o sasso colorito in tal maniera. +Stupida e fissa ne la incerta sabbia, +coi capelli disciolti e rabuffati, +con le man giunte e con l'immote labbia, +i languidi occhi al ciel tenea levati, +come accusando il gran Motor che l'abbia +tutti inclinati nel suo danno i fati. +Immota e come attonita stè alquanto; +poi sciolse al duol la lingua, e gli occhi al pianto. +Dicea: — Fortuna, che più a far ti resta +acciò di me ti sazi e ti disfami? +che dar ti posso omai più, se non questa +misera vita? ma tu non la brami; +ch'ora a trarla del mar sei stata presta, +quando potea finir suoi giorni grami: +perché ti parve di voler più ancora +vedermi tormentar prima ch'io muora. +Ma che mi possi nuocere non veggio, +più di quel che sin qui nociuto m'hai. +Per te cacciata son del real seggio, +dove più ritornar non spero mai: +ho perduto l'onor, ch'è stato peggio; +che, se ben con effetto io non peccai, +io do però materia ch'ognun dica, +ch'essendo vagabonda, io sia impudica. +Ch'aver può donna al mondo più di buono, +a cui la castità levata sia? +Mi nuoce, ahimè! ch'io son giovane, e sono +tenuta bella, o sia vero o bugia. +Già non ringrazio il ciel di questo dono; +che di qui nasce ogni ruina mia: +morto per questo fu Argalia mio frate, +che poco gli giovar l'arme incantate: +per questo il re di Tartaria Agricane +disfece il genitor mio Galafrone, +ch'in India, del Cataio era gran Cane; +onde io son giunta a tal condizione, +che muto albergo da sera a dimane. +Se l'aver, se l'onor, se le persone +m'hai tolto, e fatto il mal che far mi puoi, +a che più doglia anco serbar mi vuoi? +Se l'affogarmi in mar morte non era +a tuo senno crudel, pur ch'io ti sazi, +non recuso che mandi alcuna fera +che mi divori, e non mi tenga in strazi. +D'ogni martir che sia, pur ch'io ne pera, +esser non può ch'assai non ti ringrazi. — +Così dicea la donna con gran pianto, +quando le apparve l'eremita accanto. +Avea mirato da l'estrema cima +d'un rilevato sasso l'eremita +Angelica, che giunta alla parte ima +è dello scoglio, afflitta e sbigottita. +Era sei giorni egli venuto prima; +ch'un demonio il portò per via non trita: +e venne a lei fingendo divozione +quanta avesse mai Paulo o Ilarione. +Come la donna il cominciò a vedere, +prese, non conoscendolo, conforto; +e cessò a poco a poco il suo temere, +ben che ella avesse ancora il viso smorto. +Come fu presso, disse: — Miserere, +padre, di me, ch'i' son giunta a mal porto. — +E con voce interrotta dal singulto +gli disse quel ch'a lui non era occulto. +Comincia l'eremita a confortarla +con alquante ragion belle e divote; +e pon l'audaci man, mentre che parla, +or per lo seno, or per l'umide gote: +poi più sicuro va per abbracciarla; +ed ella sdegnosetta lo percuote +con una man nel petto, e lo rispinge, +e d'onesto rossor tutta si tinge. +Egli, ch'allato avea una tasca, aprilla, +e trassene una ampolla di liquore; +e negli occhi possenti, onde sfavilla +la più cocente face ch'abbia Amore, +spruzzò di quel leggiermente una stilla, +che di farla dormire ebbe valore. +Già resupina ne l'arena giace +a tutte voglie del vecchio rapace. +Egli l'abbraccia ed a piacer la tocca +ed ella dorme e non può fare ischermo. +Or le bacia il bel petto, ora la bocca; +non è chi 'l veggia in quel loco aspro ed ermo. +Ma ne l'incontro il suo destrier trabocca; +ch'al disio non risponde il corpo infermo: +era mal atto, perché avea troppi anni; +e potrà peggio, quanto più l'affanni. +Tutte le vie, tutti li modi tenta, +ma quel pigro rozzon non però salta. +Indarno il fren gli scuote, e lo tormenta; +e non può far che tenga la testa alta. +Al fin presso alla donna s'addormenta; +e nuova altra sciagura anco l'assalta: +non comincia Fortuna mai per poco, +quando un mortal si piglia a scherno e a gioco. +Bisogna, prima ch'io vi narri il caso, +ch'un poco dal sentier dritto mi torca. +Nel mar di tramontana invêr l'occaso, +oltre l'Irlanda una isola si corca, +Ebuda nominata; ove è rimaso +il popul raro, poi che la brutta orca +e l'altro marin gregge la distrusse, +ch'in sua vendetta Proteo vi condusse. +Narran l'antique istorie, o vere o false, +che tenne già quel luogo un re possente, +ch'ebbe una figlia, in cui bellezza valse +e grazia sì, che poté facilmente, +poi che mostrossi in su l'arene salse, +Proteo lasciare in mezzo l'acque ardente; +e quello, un dì che sola ritrovolla, +compresse, e di sé gravida lasciolla. +La cosa fu gravissima e molesta +al padre, più d'ogn'altro empio e severo: +né per iscusa o per pietà, la testa +le perdonò: sì può lo sdegno fiero. +Né per vederla gravida, si resta +di subito esequire il crudo impero: +e 'l nipotin che non avea peccato, +prima fece morir che fosse nato. +Proteo marin, che pasce il fiero armento +di Nettunno che l'onda tutta regge, +sente de la sua donna aspro tormento, +e per grand'ira, rompe ordine e legge; +sì che a mandare in terra non è lento +l'orche e le foche, e tutto il marin gregge, +che distruggon non sol pecore e buoi, +ma ville e borghi e li cultori suoi: +e spesso vanno alle città murate, +e d'ogn'intorno lor mettono assedio. +Notte e dì stanno le persone armate, +con gran timore e dispiacevol tedio: +tutte hanno le campagne abbandonate; +e per trovarvi al fin qualche rimedio, +andarsi a consigliar di queste cose +all'oracol, che lor così rispose: +che trovar bisognava una donzella +che fosse all'altra di bellezza pare, +ed a Proteo sdegnato offerir quella, +in cambio de la morta, in lito al mare. +S'a sua satisfazion gli parrà bella, +se la terrà, né li verrà a sturbare: +se per questo non sta, se gli appresenti +una ed un'altra, fin che si contenti. +E così cominciò la dura sorte +tra quelle che più grate eran di faccia, +ch'a Proteo ciascun giorno una si porte, +fin che trovino donna che gli piaccia. +La prima e tutte l'altre ebbero morte; +che tutte giù pel ventre se le caccia +un'orca, che restò presso alla foce, +poi che 'l resto partì del gregge atroce. +O vera o falsa che fosse la cosa +di Proteo (ch'io non so che me ne dica), +servosse in quella terra, con tal chiosa, +contra le donne un'empia lege antica: +che di lor carne l'orca mostruosa +che viene ogni dì al lito, si notrica. +Ben ch'esser donna sia in tutte le bande +danno e sciagura, quivi era pur grande. +Oh misere donzelle che trasporte +fortuna ingiuriosa al lito infausto! +dove le genti stan sul mare accorte +per far de le straniere empio olocausto; +che, come più di fuor ne sono morte, +il numer de le loro è meno esausto: +ma perché il vento ognor preda non mena, +ricercando ne van per ogni arena. +Van discorrendo tutta la marina +con fuste e grippi ed altri legni loro, +e da lontana parte e da vicina +portan sollevamento al lor martoro. +Molte donne han per forza e per rapina, +alcune per lusinghe, altre per oro; +e sempre da diverse regioni +n'hanno piene le torri e le prigioni. +Passando una lor fusta a terra a terra +inanzi a quella solitaria riva +dove fra sterpi in su l'erbosa terra +la sfortunata Angelica dormiva, +smontaro alquanti galeotti in terra +per riportarne e legna ed acqua viva; +e di quante mai fur belle e leggiadre +trovaro il fiore in braccio al santo padre. +Oh troppo cara, oh troppo eccelsa preda +per sì barbare genti e sì villane! +Oh Fortuna crudel, chi fia ch'il creda, +che tanta forza hai ne le cose umane, +che per cibo d'un mostro tu conceda +la gran beltà, ch'in India il re Agricane +fece venir da le caucasee porte +con mezza Scizia a guadagnar la morte? +La gran beltà, che fu da Sacripante +posta inanzi al suo onore e al suo bel regno; +la gran beltà, ch'al gran signor d'Anglante +macchiò la chiara fama e l'alto ingegno; +la gran beltà che fe' tutto Levante +sottosopra voltarsi e stare al segno, +ora non ha (così è rimasa sola) +chi le dia aiuto pur d'una parola. +La bella donna, di gran sonno oppressa, +incatenata fu prima che desta. +Portaro il frate incantator con essa +nel legno pien di turba afflitta e mesta. +La vela, in cima all'arbore rimessa, +rendé la nave all'isola funesta, +dove chiuser la donna in rocca forte, +fin a quel dì ch'a lei toccò la sorte. +Ma poté sì, per esser tanto bella, +la fiera gente muovere a pietade, +che molti dì le differiron quella +morte, e serbarla a gran necessitade; +e fin ch'ebber di fuore altra donzella, +perdonaro all'angelica beltade. +Al mostro fu condotta finalmente, +piangendo dietro a lei tutta la gente. +Chi narrerà l'angosce, i pianti, i gridi, +l'alta querela che nel ciel penetra? +maraviglia ho che non s'apriro i lidi, +quando fu posta in su la fredda pietra, +dove in catena, priva di sussidi, +morte aspettava abominosa e tetra. +Io nol dirò; che sì il dolor mi muove, +che mi sforza voltar le rime altrove, +e trovar versi non tanto lugubri, +fin che 'l mio spirto stanco si riabbia; +che non potrian li squalidi colubri, +né l'orba tigre accesa in maggior rabbia, +né ciò che da l'Atlante ai liti rubri +venenoso erra per la calda sabbia, +né veder né pensar senza cordoglio, +Angelica legata al nudo scoglio. +Oh se l'avesse il suo Orlando saputo, +ch'era per ritrovarla ito a Parigi; +o li dui ch'ingannò quel vecchio astuto +col messo che venìa dai luoghi stigi! +fra mille morti, per donarle aiuto, +cercato avrian gli angelici vestigi: +ma che fariano, avendone anco spia, +poi che distanti son di tanta via? +Parigi intanto avea l'assedio intorno +dal famoso figliuol del re Troiano; +e venne a tanta estremitade un giorno, +che n'andò quasi al suo nimico in mano: +e se non che li voti il ciel placorno, +che dilagò di pioggia oscura il piano, +cadea quel dì per l'africana lancia +il santo Impero e 'l gran nome di Francia. +Il sommo Creator gli occhi rivolse +al giusto lamentar del vecchio Carlo; +e con subita pioggia il fuoco tolse: +né forse uman saper potea smorzarlo. +Savio chiunque a Dio sempre si volse; +ch'altri non poté mai meglio aiutarlo. +Ben dal devoto re fu conosciuto, +che si salvò per lo divino aiuto. +La notte Orlando alle noiose piume +del veloce pensier fa parte assai. +Or quinci or quindi il volta, or lo rassume +tutto in un loco, e non l'afferma mai: +qual d'acqua chiara il tremolante lume, +dal sol percossa o da' notturni rai, +per gli ampli tetti va con lungo salto +a destra ed a sinistra, e basso ed alto. +La donna sua, che gli ritorna a mente, +anzi che mai non era indi partita, +gli raccende nel core e fa più ardente +la fiamma che nel dì parea sopita. +Costei venuta seco era in Ponente +fin dal Cataio; e qui l'avea smarrita, +né ritrovato poi vestigio d'ella +che Carlo rotto fu presso a Bordella. +Di questo Orlando avea gran doglia, e seco +indarno a sua sciocchezza ripensava. +— Cor mio (dicea), come vilmente teco +mi son portato! ohimè, quanto mi grava +che potendoti aver notte e dì meco, +quando la tua bontà non mel negava, +t'abbia lasciato in man di Namo porre, +per non sapermi a tanta ingiuria opporre! +Non aveva ragione io di scusarme? +e Carlo non m'avria forse disdetto: +se pur disdetto, e chi potea sforzarme? +chi ti mi volea torre al mio dispetto? +non poteva io venir più tosto all'arme? +lasciar più tosto trarmi il cor del petto? +Ma né Carlo né tutta la sua gente +di tormiti per forza era possente. +Almen l'avesse posta in guardia buona +dentro a Parigi o in qualche rocca forte. +Che l'abbia data a Namo mi consona, +sol perché a perder l'abbia a questa sorte. +Chi la dovea guardar meglio persona +di me? ch'io dovea farlo fino a morte; +guardarla più che 'l cor, che gli occhi miei: +e dovea e potea farlo, e pur nol fei. +Deh, dove senza me, dolce mia vita, +rimasa sei sì giovane e sì bella? +come, poi che la luce è dipartita, +riman tra' boschi la smarrita agnella, +che dal pastor sperando esser udita, +si va lagnando in questa parte e in quella; +tanto che 'l lupo l'ode da lontano, +e 'l misero pastor ne piagne invano. +Dove, speranza mia, dove ora sei? +vai tu soletta forse ancor errando? +o pur t'hanno trovata i lupi rei +senza la guardia del tuo fido Orlando? +e il fior ch'in ciel potea pormi fra i dei, +il fior ch'intatto io mi venìa serbando +per non turbarti, ohimè! l'animo casto, +ohimè! per forza avranno colto e guasto. +Oh infelice! oh misero! che voglio +se non morir, se 'l mio bel fior colto hanno? +O sommo Dio, fammi sentir cordoglio +prima d'ogn'altro, che di questo danno. +Se questo è ver, con le mie man mi toglio +la vita, e l'alma disperata danno. — +Così, piangendo forte e sospirando, +seco dicea l'addolorato Orlando. +Già in ogni parte gli animanti lassi +davan riposo ai travagliati spirti, +chi su le piume, e chi sui duri sassi, +e chi su l'erbe, e chi su faggi o mirti: +tu le palpebre, Orlando, a pena abbassi, +punto da' tuoi pensieri acuti ed irti; +né quel sì breve e fuggitivo sonno +godere in pace anco lasciar ti ponno. +Parea ad Orlando, s'una verde riva +d'odoriferi fior tutta dipinta, +mirare il bello avorio, e la nativa +purpura ch'avea Amor di sua man tinta, +e le due chiare stelle onde nutriva +ne le reti d'Amor l'anima avinta: +io parlo de' begli occhi e del bel volto, +che gli hanno il cor di mezzo il petto tolto. +Sentia il maggior piacer, la maggior festa +che sentir possa alcun felice amante: +ma ecco intanto uscire una tempesta +che struggea i fior, ed abbattea le piante: +non se ne suol veder simile a questa, +quando giostra aquilone, austro e levante. +Parea che per trovar qualche coperto, +andasse errando invan per un deserto. +Intanto l'infelice (e non sa come) +perde la donna sua per l'aer fosco; +onde di qua e di là del suo bel nome +fa risonare ogni campagna e bosco. +E mentre dice indarno: — Misero me! +chi ha cangiata mia dolcezza in tosco? — +ode la donna sua che gli domanda, +piangendo, aiuto, e se gli raccomanda. +Onde par ch'esca il grido, va veloce, +e quinci e quindi s'affatica assai. +Oh quanto è il suo dolore aspro ed atroce, +che non può rivedere i dolci rai! +Ecco ch'altronde ode da un'altra voce: +— Non sperar più gioirne in terra mai. — +A questo orribil grido risvegliossi, +e tutto pien di lacrime trovossi. +Senza pensar che sian l'immagin false +quando per tema o per disio si sogna, +de la donzella per modo gli calse, +che stimò giunta a danno od a vergogna, +che fulminando fuor del letto salse. +Di piastra e maglia, quanto gli bisogna, +tutto guarnissi, e Brigliadoro tolse; +né di scudiero alcun servigio volse. +E per poter entrare ogni sentiero, +che la sua dignità macchia non pigli, +non l'onorata insegna del quartiero, +distinta di color bianchi e vermigli, +ma portar volse un ornamento nero; +e forse acciò ch'al suo dolor simigli: +e quello avea già tolto a uno amostante, +ch'uccise di sua man pochi anni inante. +Da mezza notte tacito si parte, +e non saluta e non fa motto al zio; +né al fido suo compagno Brandimarte, +che tanto amar solea, pur dice a Dio. +Ma poi che 'l Sol con l'auree chiome sparte +del ricco albergo di Titone uscìo +e fe' l'ombra fugire umida e nera, +s'avide il re che 'l paladin non v'era. +Con suo gran dispiacer s'avede Carlo +che partito la notte è 'l suo nipote, +quando esser dovea seco e più aiutarlo; +e ritener la colera non puote, +ch'a lamentarsi d'esso, ed a gravarlo +non incominci di biasmevol note: +e minacciar, se non ritorna, e dire +che lo faria di tanto error pentire. +Brandimarte, ch'Orlando amava a pare +di sé medesmo, non fece soggiorno; +o che sperasse farlo ritornare, +o sdegno avesse udirne biasmo e scorno; +e volse a pena tanto dimorare, +ch'uscisse fuor ne l'oscurar del giorno. +A Fiordiligi sua nulla ne disse, +perché 'l disegno suo non gl'impedisse. +Era questa una donna che fu molto +da lui diletta, e ne fu raro senza; +di costumi, di grazia e di bel volto +dotata e d'accortezza e di prudenza: +e se licenza or non n'aveva tolto, +fu che sperò tornarle alla presenza +il dì medesmo; ma gli accadde poi, +che lo tardò più dei disegni suoi. +E poi ch'ella aspettato quasi un mese +indarno l'ebbe, e che tornar nol vide, +di desiderio sì di lui s'accese, +che si partì senza compagni o guide; +e cercandone andò molto paese, +come l'istoria al luogo suo dicide. +Di questi dua non vi dico or più inante; +che più m'importa il cavallier d'Anglante. +Il qual, poi che mutato ebbe d'Almonte +le gloriose insegne, andò alla porta, +e disse ne l'orecchio: — Io sono il conte — +a un capitan che vi facea la scorta; +e fattosi abassar subito il ponte, +per quella strada che più breve porta +agl'inimici, se n'andò diritto. +Quel che seguì, ne l'altro canto è scritto. Che non può far d'un cor ch'abbia suggetto +questo crudele e traditore Amore, +poi ch'ad Orlando può levar del petto +la tanta fe' che debbe al suo Signore? +Già savio e pieno fu d'ogni rispetto, +e de la santa Chiesa difensore; +or per un vano amor, poco del zio, +e di sé poco, e men cura di Dio. +Ma l'escuso io pur troppo, e mi rallegro +nel mio difetto aver compagno tale; +ch'anch'io sono al mio ben languido ed egro, +sano e gagliardo a seguitare il male. +Quel se ne va tutto vestito a negro, +né tanti amici abandonar gli cale; +e passa dove d'Africa e di Spagna +la gente era attendata alla campagna: +anzi non attendata, perché sotto +alberi e tetti l'ha sparsa la pioggia +a dieci, a venti, a quattro, a sette, ad otto; +chi più distante e chi più presso alloggia. +Ognuno dorme travagliato e rotto: +chi steso in terra, e chi alla man s'appoggia. +Dormono; e il conte uccider ne può assai: +né però stringe Durindana mai. +Di tanto core è il generoso Orlando, +che non degna ferir gente che dorma. +Or questo, e quando quel luogo cercando +va, per trovar de la sua donna l'orma. +Se truova alcun che veggi, sospirando +gli ne dipinge l'abito e la forma; +e poi lo priega che per cortesia +gl'insegni andar in parte ove ella sia. +E poi che venne il dì chiaro e lucente, +tutto cercò l'esercito moresco: +e ben lo potea far sicuramente, +avendo indosso l'abito arabesco; +ed aiutollo in questo parimente, +che sapeva altro idioma che francesco, +e l'africano tanto avea espedito, +che parea nato a Tripoli e nutrito. +Quivi il tutto cercò, dove dimora +fece tre giorni, e non per altro effetto; +poi dentro alle cittadi e a' borghi fuora +non spiò sol per Francia e suo distretto, +ma per Uvernia e per Guascogna ancora +rivide sin all'ultimo borghetto: +e cercò da Provenza alla Bretagna, +e dai Picardi ai termini di Spagna. +Tra il fin d'ottobre e il capo di novembre, +ne la stagion che la frondosa vesta +vede levarsi e discoprir le membre +trepida pianta, fin che nuda resta, +e van gli augelli a strette schiere insembre, +Orlando entrò ne l'amorosa inchiesta; +né tutto il verno appresso lasciò quella, +né la lasciò ne la stagion novella. +Passando un giorno, come avea costume, +d'un paese in un altro, arrivò dove +parte i Normandi dai Bretoni un fiume, +e verso il vicin mar cheto si muove; +ch'allora gonfio e bianco già di spume +per nieve sciolta e per montane piove: +e l'impeto de l'acqua avea disciolto +e tratto seco il ponte, e il passo tolto. +Con gli occhi cerca or questo lato or quello, +lungo le ripe il paladin, se vede +(quando né pesce egli non è, né augello) +come abbia a por ne l'altra ripa il piede: +ed ecco a sé venir vede un battello, +ne la cui poppa una donzella siede, +che di volere a lui venir fa segno; +né lascia poi ch'arrivi in terra il legno. +Prora in terra non pon; ché d'esser carca +contra sua volontà forse sospetta. +Orlando priega lei che ne la barca +seco lo tolga, ed oltre il fiume il metta. +Ed ella lui: — Qui cavallier non varca, +il qual su la sua fé non mi prometta +di fare una battaglia a mia richiesta, +la più giusta del mondo e la più onesta. +Sì che s'avete, cavallier, desire +di por per me ne l'altra ripa i passi, +promettetemi, prima che finire +quest'altro mese prossimo si lassi, +ch'al re d'Ibernia v'anderete a unire, +appresso al qual la bella armata fassi +per distrugger quell'isola d'Ebuda, +che, di quante il mar cinge, è la più cruda. +Voi dovete saper ch'oltre l'Irlanda, +fra molte che vi son, l'isola giace +nomata Ebuda, che per legge manda +rubando intorno il suo popul rapace; +e quante donne può pigliar, vivanda +tutte destina a un animal vorace, +che viene ogni dì al lito, e sempre nuova +donna o donzella, onde si pasca, truova; +che mercanti e corsar che vanno attorno, +ve ne fan copia, e più de le più belle. +Ben potete contare, una per giorno, +quante morte vi sian donne e donzelle. +Ma se pietade in voi truova soggiorno, +se non sete d'Amor tutto ribelle, +siate contento esser tra questi eletto, +che van per far sì fruttuoso effetto. — +Orlando volse a pena udire il tutto, +che giurò d'esser primo a quella impresa, +come quel ch'alcun atto iniquo e brutto +non può sentire, e d'ascoltar gli pesa: +e fu a pensare, indi a temere indutto, +che quella gente Angelica abbia presa; +poi che cercata l'ha per tanta via, +né potutone ancor ritrovar spia. +Questa imaginazion sì gli confuse +e sì gli tolse ogni primier disegno, +che, quanto in fretta più potea, conchiuse +di navigare a quello iniquo regno. +Né prima l'altro sol nel mar si chiuse, +che presso a San Malò ritrovò un legno, +nel qual si pose; e fatto alzar le vele, +passò la notte il monte San Michele. +Breaco e Landriglier lascia a man manca, +e va radendo il gran lito britone; +e poi si drizza invêr l'arena bianca, +onde Ingleterra si nomò Albione; +ma il vento, ch'era da meriggie, manca, +e soffia tra il ponente e l'aquilone +con tanta forza, che fa al basso porre +tutte le vele, e sé per poppa torre. +Quanto il navilio inanzi era venuto +in quattro giorni, in un ritornò indietro, +ne l'alto mar dal buon nochier tenuto, +che non dia in terra e sembri un fragil vetro. +Il vento, poi che furioso suto +fu quattro giorni, il quinto cangiò metro: +lasciò senza contrasto il legno entrare +dove il fiume d'Anversa ha foce in mare. +Tosto che ne la foce entrò lo stanco +nochier col legno afflitto, e il lito prese, +fuor d'una terra che sul destro fianco +di quel fiume sedeva, un vecchio scese, +di molta età, per quanto il crine bianco +ne dava indicio; il qual tutto cortese, +dopo i saluti, al conte rivoltosse, +che capo giudicò che di lor fosse. +E da parte il pregò d'una donzella, +ch'a lei venir non gli paresse grave, +la qual ritroverebbe, oltre che bella, +più ch'altra al mondo affabile e soave; +over fosse contento aspettar ch'ella +verrebbe a trovar lui fin alla nave: +né più restio volesse esser di quanti +quivi eran giunti cavallieri erranti; +che nessun altro cavallier, ch'arriva +o per terra o per mare a questa foce, +di ragionar con la donzella schiva, +per consigliarla in un suo caso atroce. +Udito questo, Orlando in su la riva +senza punto indugiarsi uscì veloce; +e come umano e pien di cortesia, +dove il vecchio il menò, prese la via. +Fu ne la terra il paladin condutto +dentro un palazzo, ove al salir le scale, +una donna trovò piena di lutto, +per quanto il viso ne facea segnale, +e i negri panni che coprian per tutto +e le logge e le camere e le sale; +la qual, dopo accoglienza grata e onesta +fattol seder, gli disse in voce mesta: +— Io voglio che sappiate che figliuola +fui del conte d'Olanda, a lui sì grata +(quantunque prole io non gli fossi sola, +ch'era da dui fratelli accompagnata), +ch'a quanto io gli chiedea, da lui parola +contraria non mi fu mai replicata. +Standomi lieta in questo stato, avenne +che ne la nostra terra un duca venne. +Duca era di Selandia, e se ne giva +verso Biscaglia a guerreggiar coi Mori. +La bellezza e l'età ch'in lui fioriva, +e li non più da me sentiti amori +con poca guerra me gli fer captiva; +tanto più che, per quel ch'apparea fuori, +io credea e credo, e creder credo il vero, +ch'amasse ed ami me con cor sincero. +Quei giorni che con noi contrario vento, +contrario agli altri, a me propizio, il tenne +(ch'agli altri fur quaranta, a me un momento; +così al fuggire ebbon veloci penne), +fummo più volte insieme a parlamento, +dove, che 'l matrimonio con solenne +rito al ritorno suo saria tra nui +mi promise egli, ed io 'l promisi a lui. +Bireno a pena era da noi partito +(che così ha nome il mio fedele amante), +che 'l re di Frisa (la qual, quanto il lito +del mar divide il fiume, è a noi distante), +disegnando il figliuol farmi marito, +ch'unico al mondo avea, nomato Arbante, +per li più degni del suo stato manda +a domandarmi al mio padre in Olanda. +Io ch'all'amante mio di quella fede +mancar non posso, che gli aveva data, +e anco ch'io possa, Amor non mi conciede +che poter voglia, e ch'io sia tanto ingrata; +per ruinar la pratica ch'in piede +era gagliarda, e presso al fin guidata, +dico a mio padre, che prima ch'in Frisa +mi dia marito, io voglio essere uccisa. +Il mio buon padre, al qual sol piacea quanto +a me piacea, né mai turbar mi volse, +per consolarmi e far cessare il pianto +ch'io ne facea, la pratica disciolse: +di che il superbo re di Frisa tanto +isdegno prese e a tanto odio si volse, +ch'entrò in Olanda, e cominciò la guerra +che tutto il sangue mio cacciò sotterra. +Oltre che sia robusto, e sì possente, +che pochi pari a nostra età ritruova, +e sì astuto in mal far, ch'altrui niente +la possanza, l'ardir, l'ingegno giova; +porta alcun'arme che l'antica gente +non vide mai, né fuor ch'a lui, la nuova: +un ferro bugio, lungo da dua braccia, +dentro a cui polve ed una palla caccia. +Col fuoco dietro ove la canna è chiusa, +tocca un spiraglio che si vede a pena; +a guisa che toccare il medico usa +dove è bisogno d'allacciar la vena: +onde vien con tal suon la palla esclusa, +che si può dir che tuona e che balena; +né men che soglia il fulmine ove passa, +ciò che tocca, arde, abatte, apre e fracassa. +Pose due volte il nostro campo in rotta +con questo inganno, e i miei fratelli uccise: +nel primo assalto il primo; che la botta, +rotto l'usbergo, in mezzo il cor gli mise; +ne l'altra zuffa a l'altro, il quale in frotta +fuggìa, dal corpo l'anima divise; +e lo ferì lontan dietro la spalla, +e fuor del petto uscir fece la palla. +Difendendosi poi mio padre un giorno +dentro un castel che sol gli era rimaso, +che tutto il resto avea perduto intorno, +lo fe' con simil colpo ire all'occaso; +che mentre andava e che facea ritorno, +provedendo or a questo or a quel caso, +dal traditor fu in mezzo gli occhi colto, +che l'avea di lontan di mira tolto. +Morto i fratelli e il padre, e rimasa io +de l'isola d'Olanda unica erede, +il re di Frisa, perché avea disio +di ben fermare in quello stato il piede, +mi fa sapere, e così al popul mio, +che pace e che riposo mi conciede, +quando io vogli or, quel che non volsi inante, +tor per marito il suo figliuolo Arbante. +Io per l'odio non sì, che grave porto +a lui e a tutta la sua iniqua schiatta, +il qual m'ha dui fratelli e 'l padre morto, +saccheggiata la patria, arsa e disfatta; +come perché a colui non vo' far torto, +a cui già la promessa aveva fatta, +ch'altr'uomo non saria che mi sposasse, +fin che di Spagna a me non ritornasse: +— Per un mal ch'io patisco, ne vo' cento +patir (rispondo), e far di tutto il resto; +esser morta, arsa viva, e che sia al vento +la cener sparsa, inanzi che far questo. — +Studia la gente mia di questo intento +tormi: chi priega, e chi mi fa protesto +di dargli in mano me e la terra, prima +che la mia ostinazion tutti ci opprima. +Così, poi che i protesti e i prieghi invano +vider gittarsi, e che pur stava dura, +presero accordo col Frisone, e in mano, +come avean detto, gli dier me e le mura. +Quel, senza farmi alcuno atto villano, +de la vita e del regno m'assicura, +pur ch'io indolcisca l'indurate voglie, +e che d'Arbante suo mi faccia moglie. +Io che sforzar così mi veggio, voglio, +per uscirgli di man, perder la vita; +ma se pria non mi vendico, mi doglio +più che di quanta ingiuria abbia patita. +Fo pensier molti; e veggio al mio cordoglio +che solo il simular può dare aita: +fingo ch'io brami, non che non mi piaccia, +che mi perdoni e sua nuora mi faccia. +Fra molti ch'al servizio erano stati +già di mio padre, io scelgo dui fratelli, +di grande ingegno e di gran cor dotati, +ma più di vera fede, come quelli +che cresciutici in corte ed allevati +si son con noi da teneri citelli; +e tanto miei, che poco lor parria +la vita por per la salute mia. +Communico con loro il mio disegno: +essi prometton d'essermi in aiuto. +L'un viene in Fiandra, e v'apparecchia un legno; +l'altro meco in Olanda ho ritenuto. +Or mentre i forestieri e quei del regno +s'invitano alle nozze, fu saputo +che Bireno in Biscaglia avea una armata, +per venire in Olanda, apparecchiata. +Però che, fatta la prima battaglia +dove fu rotto un mio fratello e ucciso, +spacciar tosto un corrier feci in Biscaglia, +che portassi a Bireno il tristo aviso; +il qual mentre che s'arma e si travaglia, +dal re di Frisa il resto fu conquiso. +Bireno, che di ciò nulla sapea, +per darci aiuto i legni sciolti avea. +Di questo avuto aviso il re frisone, +de le nozze al figliuol la cura lassa; +e con l'armata sua nel mar si pone: +truova il duca, lo rompe, arde e fracassa, +e, come vuol Fortuna, il fa prigione; +ma di ciò ancor la nuova a noi non passa. +Mi sposa intanto il giovene, e si vuole +meco corcar come si corchi il sole. +Io dietro alle cortine avea nascoso +quel mio fedele; il qual nulla si mosse +prima che a me venir vide lo sposo; +e non l'attese che corcato fosse, +ch'alzò un'accetta, e con sì valoroso +braccio dietro nel capo lo percosse, +che gli levò la vita e la parola: +io saltai presta, e gli segai la gola. +Come cadere il bue suole al macello, +cade il malnato giovene, in dispetto +del re Cimosco, il più d'ogn'altro fello; +che l'empio re di Frisa è così detto, +che morto l'uno e l'altro mio fratello +m'avea col padre, e per meglio suggetto +farsi il mio stato, mi volea per nuora; +e forse un giorno uccisa avria me ancora. +Prima ch'altro disturbo vi si metta, +tolto quel che più vale e meno pesa, +il mio compagno al mar mi cala in fretta +da la finestra a un canape sospesa, +là dove attento il suo fratello aspetta +sopra la barca ch'avea in Fiandra presa. +Demmo le vele ai venti e i remi all'acque, +e tutti ci salvian, come a Dio piacque. +Non so se 'l re di Frisa più dolente +del figliuol morto, o se più d'ira acceso +fosse contra di me, che 'l dì seguente +giunse là dove si trovò sì offeso. +Superbo ritornava egli e sua gente +de la vittoria e di Bireno preso; +e credendo venire a nozze e a festa, +ogni cosa trovò scura e funesta. +La pietà del figliuol, l'odio ch'aveva +a me, né dì né notte il lascia mai. +Ma perché il pianger morti non rileva, +e la vendetta sfoga l'odio assai, +la parte del pensier, ch'esser doveva +de la pietade in sospirare e in guai, +vuol che con l'odio a investigar s'unisca, +come egli m'abbia in mano e mi punisca. +Quei tutti che sapeva e gli era detto +che mi fossino amici, o di quei miei +che m'aveano aiutata a far l'effetto, +uccise, o lor beni arse, o li fe' rei. +Volse uccider Bireno in mio dispetto; +che d'altro sì doler non mi potrei: +gli parve poi, se vivo lo tenesse, +che per pigliarmi, in man la rete avesse. +Ma gli propone una crudele e dura +condizion: gli fa termine un anno, +al fin del qual gli darà morte oscura, +se prima egli per forza o per inganno, +con amici e parenti non procura, +con tutto ciò che ponno e ciò che sanno, +di darmigli in prigion: sì che la via +di lui salvare è sol la morte mia. +Ciò che si possa far per sua salute, +fuor che perder me stessa, il tutto ho fatto. +Sei castella ebbi in Fiandra, e l'ho vendute: +e 'l poco o 'l molto prezzo ch'io n'ho tratto, +parte, tentando per persone astute +i guardiani corrumpere, ho distratto; +e parte, per far muovere alli danni +di quell'empio or gl'Inglesi, or gli Alamanni. +I mezzi, o che non abbiano potuto, +o che non abbian fatto il dover loro, +m'hanno dato parole e non aiuto; +e sprezzano or che n'han cavato l'oro: +e presso al fine il termine è venuto, +dopo il qual né la forza né 'l tesoro +potrà giunger più a tempo, sì che morte +e strazio schivi al mio caro consorte. +Mio padre e' miei fratelli mi son stati +morti per lui; per lui toltomi il regno; +per lui quei pochi beni che restati +m'eran, del viver mio soli sostegno, +per trarlo di prigione ho disipati: +né mi resta ora in che più far disegno, +se non d'andarmi io stessa in mano a porre +di sì crudel nimico, e lui disciorre. +Se dunque da far altro non mi resta, +né si truova al suo scampo altro riparo +che per lui por questa mia vita, questa +mia vita per lui por mi sarà caro. +Ma sola una paura mi molesta, +che non saprò far patto così chiaro, +che m'assicuri che non sia il tiranno, +poi ch'avuta m'avrà, per fare inganno. +Io dubito che poi che m'avrà in gabbia +e fatto avrà di me tutti li strazi, +né Bireno per questo a lasciare abbia, +sì ch'esser per me sciolto mi ringrazi; +come periuro, e pien di tanta rabbia, +che di me sola uccider non si sazi: +e quel ch'avrà di me, né più né meno +faccia di poi del misero Bireno. +Or la cagion che conferir con voi +mi fa i miei casi, e ch'io li dico a quanti +signori e cavallier vengono a noi, +è solo acciò, parlandone con tanti, +m'insegni alcun d'assicurar che, poi +ch'a quel crudel mi sia condotta avanti, +non abbia a ritener Bireno ancora, +né voglia, morta me, ch'esso poi mora. +Pregato ho alcun guerrier, che meco sia +quando io mi darò in mano al re di Frisa; +ma mi prometta e la sua fe' mi dia, +che questo cambio sarà fatto in guisa, +ch'a un tempo io data, e liberato fia +Bireno: sì che quando io sarò uccisa, +morrò contenta, poi che la mia morte +avrà dato la vita al mio consorte. +Né fino a questo dì truovo chi toglia +sopra la fede sua d'assicurarmi, +che quando io sia condotta, e che mi voglia +aver quel re, senza Bireno darmi, +egli non lascierà contra mia voglia +che presa io sia: sì teme ognun quell'armi; +teme quell'armi, a cui par che non possa +star piastra incontra, e sia quanto vuol grossa. +Or, s'in voi la virtù non è diforme +dal fier sembiante e da l'erculeo aspetto, +e credete poter darmegli, e torme +anco da lui, quando non vada retto; +siate contento d'esser meco a porme +ne le man sue: ch'io non avrò sospetto, +quando voi siate meco, se ben io +poi ne morrò, che muora il signor mio. — +Qui la donzella il suo parlar conchiuse, +che con pianto e sospir spesso interroppe. +Orlando, poi ch'ella la bocca chiuse, +le cui voglie al ben far mai non fur zoppe, +in parole con lei non si diffuse; +che di natura non usava troppe: +ma le promise, e la sua fé le diede, +che farìa più di quel ch'ella gli chiede. +Non è sua intenzion ch'ella in man vada +del suo nimico per salvar Bireno: +ben salverà amendui, se la sua spada +e l'usato valor non gli vien meno. +Il medesimo dì piglian la strada, +poi c'hanno il vento prospero e sereno. +Il paladin s'affretta; che di gire +all'isola del mostro avea desire. +Or volta all'una, or volta all'altra banda +per gli alti stagni il buon nochier la vela: +scuopre un'isola e un'altra di Zilanda; +scuopre una inanzi, e un'altra a dietro cela. +Orlando smonta il terzo dì in Olanda; +ma non smonta colei che si querela +del re di Frisa: Orlando vuol che intenda +la morte di quel rio, prima che scenda. +Nel lito armato il paladino varca +sopra un corsier di pel tra bigio e nero, +nutrito in Fiandra e nato in Danismarca, +grande e possente assai più che leggiero; +però ch'avea, quando si messe in barca, +in Bretagna lasciato il suo destriero, +quel Brigliador sì bello e sì gagliardo, +che non ha paragon, fuor che Baiardo. +Giunge Orlando a Dordreche, e quivi truova +di molta gente armata in su la porta; +sì perché sempre, ma più quando è nuova, +seco ogni signoria sospetto porta; +sì perché dianzi giunta era una nuova, +che di Selandia con armata scorta +di navili e di gente un cugin viene +di quel signor che qui prigion si tiene. +Orlando prega uno di lor, che vada +e dica al re, ch'un cavalliero errante +disia con lui provarsi a lancia e a spada; +ma che vuol che tra lor sia patto inante: +che se 'l re fa che, chi lo sfida, cada, +la donna abbia d'aver, ch'uccise Arbante; +che 'l cavallier l'ha in loco non lontano +da poter sempremai darglila in mano; +ed all'incontro vuol che 'l re prometta, +ch'ove egli vinto ne la pugna sia, +Bireno in libertà subito metta, +e che lo lasci andare alla sua via. +Il fante al re fa l'ambasciata in fretta: +ma quel, che né virtù né cortesia +conobbe mai, drizzò tutto il suo intento +alla fraude, all'inganno, al tradimento. +Gli par ch'avendo in mano il cavalliero, +avrà la donna ancor, che sì l'ha offeso, +s'in possanza di lui la donna è vero +che si ritruovi, e il fante ha ben inteso. +Trenta uomini pigliar fece sentiero +diverso da la porta ov'era atteso, +che dopo occulto ed assai lungo giro, +dietro alle spalle al paladino usciro. +Il traditore intanto dar parole +fatto gli avea, sin che i cavalli e i fanti +vede esser giunti al loco ove gli vuole; +da la porta esce poi con altretanti. +Come le fere e il bosco cinger suole +perito cacciator da tutti i canti; +come appresso a Volana i pesci e l'onda +con lunga rete il pescator circonda: +così per ogni via dal re di Frisa, +che quel guerrier non fugga, si provede. +Vivo lo vuole, e non in altra guisa: +e questo far sì facilmente crede, +che 'l fulmine terrestre, con che uccisa +ha tanta e tanta gente, ora non chiede; +che quivi non gli par che si convegna, +dove pigliar, non far morir, disegna. +Qual cauto ucellator che serba vivi, +intento a maggior preda, i primi augelli, +acciò in più quantitade altri captivi +faccia col giuoco e col zimbel di quelli: +tal esser volse il re Cimosco quivi: +ma già non volse Orlando esser di quelli +che si lascin pigliar al primo tratto; +e tosto roppe il cerchio ch'avean fatto. +Il cavallier d'Anglante, ove più spesse +vide le genti e l'arme, abbassò l'asta; +ed uno in quella e poscia un altro messe, +e un altro e un altro, che sembrar di pasta; +e fin a sei ve n'infilzò, e li resse +tutti una lancia: e perch'ella non basta +a più capir, lasciò il settimo fuore +ferito sì, che di quel colpo muore. +Non altrimente ne l'estrema arena +veggiàn le rane de canali e fosse +dal cauto arcier nei fianchi e ne la schiena, +l'una vicina all'altra, esser percosse; +né da la freccia, fin che tutta piena +non sia da un capo all'altro, esser rimosse. +La grave lancia Orlando da sé scaglia, +e con la spada entrò ne la battaglia. +Rotta la lancia, quella spada strinse, +quella che mai non fu menata in fallo; +e ad ogni colpo, o taglio o punta, estinse +quando uomo a piedi, e quando uomo a cavallo: +dove toccò, sempre in vermiglio tinse +l'azzurro, il verde, il bianco, il nero, il giallo. +Duolsi Cimosco che la canna e il fuoco +seco or non ha, quando v'avrian più loco. +E con gran voce e con minacce chiede +che portati gli sian, ma poco è udito; +che chi ha ritratto a salvamento il piede +ne la città, non è d'uscir più ardito. +Il re frison, che fuggir gli altri vede, +d'esser salvo egli ancor piglia partito: +corre alla porta, e vuole alzare il ponte, +ma troppo è presto ad arrivare il conte. +Il re volta le spalle, e signor lassa +del ponte Orlando e d'amendue le porte; +e fugge, e inanzi a tutti gli altri passa, +mercé che 'l suo destrier corre più forte. +Non mira Orlando a quella plebe bassa: +vuole il fellon, non gli altri, porre a morte; +ma il suo destrier sì al corso poco vale, +che restio sembra, e chi fugge, abbia l'ale. +D'una in un'altra via si leva ratto +di vista al paladin; ma indugia poco, +che torna con nuove armi; che s'ha fatto +portare intanto il cavo ferro e il fuoco: +e dietro un canto postosi di piatto, +l'attende, come il cacciatore al loco, +coi cani armati e con lo spiedo, attende +il fier cingial che ruinoso scende; +che spezza i rami e fa cadere i sassi, +e ovunque drizzi l'orgogliosa fronte, +sembra a tanto rumor che si fracassi +la selva intorno, e che si svella il monte. +Sta Cimosco alla posta, acciò non passi +senza pagargli il fio l'audace conte: +tosto ch'appare, allo spiraglio tocca +col fuoco il ferro, e quel subito scocca. +Dietro lampeggia a guisa di baleno, +dinanzi scoppia, e manda in aria il tuono. +Trieman le mura, e sotto i piè il terreno; +il ciel ribomba al paventoso suono. +L'ardente stral, che spezza e venir meno +fa ciò ch'incontra, e dà a nessun perdono, +sibila e stride; ma, come è il desire +di quel brutto assassin, non va a ferire. +O sia la fretta, o sia la troppa voglia +d'uccider quel baron, ch'errar lo faccia; +o sia che il cor, tremando come foglia, +faccia insieme tremare e mani e braccia; +o la bontà divina che non voglia +che 'l suo fedel campion sì tosto giaccia: +quel colpo al ventre del destrier si torse; +lo cacciò in terra, onde mai più non sorse. +Cade a terra il cavallo e il cavalliero: +la preme l'un, la tocca l'altro a pena; +che si leva sì destro e sì leggiero, +come cresciuto gli sia possa e lena. +Quale il libico Anteo sempre più fiero +surger solea da la percossa arena, +tal surger parve, e che la forza, quando +toccò il terren, si radoppiasse a Orlando. +Chi vide mai dal ciel cadere il foco +che con sì orrendo suon Giove disserra, +e penetrare ove un richiuso loco +carbon con zolfo e con salnitro serra; +ch'a pena arriva, a pena tocca un poco, +che par ch'avampi il ciel, non che la terra; +spezza le mura, e i gravi marmi svelle, +e fa i sassi volar sin alle stelle; +s'imagini che tal, poi che cadendo +toccò la terra, il paladino fosse: +con sì fiero sembiante aspro ed orrendo, +da far tremar nel ciel Marte, si mosse. +Di che smarrito il re frison, torcendo +la briglia indietro, per fuggir voltosse; +ma gli fu dietro Orlando con più fretta, +che non esce da l'arco una saetta: +e quel che non avea potuto prima +fare a cavallo, or farà essendo a piede. +Lo seguita sì ratto, ch'ogni stima +di chi nol vide, ogni credenza eccede. +Lo giunse in poca strada; ed alla cima +de l'elmo alza la spada, e sì lo fiede, +che gli parte la testa fin al collo, +e in terra il manda a dar l'ultimo crollo. +Ecco levar ne la città si sente +nuovo rumor, nuovo menar di spade; +che 'l cugin di Bireno con la gente +ch'avea condutta da le sue contrade, +poi che la porta ritrovò patente, +era venuto dentro alla cittade, +dal paladino in tal timor ridutta, +che senza intoppo la può scorrer tutta. +Fugge il populo in rotta, che non scorge +chi questa gente sia, né che domandi; +ma poi ch'uno ed un altro pur s'accorge +all'abito e al parlar, che son Selandi, +chiede lor pace, e il foglio bianco porge; +e dice al capitan che gli comandi, +e dar gli vuol contro i Frisoni aiuto, +che 'l suo duca in prigion gli han ritenuto. +Quel popul sempre stato era nimico +del re di Frisa e d'ogni suo seguace, +perché morto gli avea il signore antico, +ma più perch'era ingiusto, empio e rapace. +Orlando s'interpose come amico +d'ambe le parti, e fece lor far pace; +le quali unite, non lasciar Frisone +che non morisse o non fosse prigione. +Le porte de le carceri gittate +a terra sono, e non si cerca chiave. +Bireno al conte con parole grate +mostra conoscer l'obligo che gli have. +Indi insieme e con molte altre brigate +se ne vanno ove attende Olimpia in nave: +così la donna, a cui di ragion spetta +il dominio de l'isola, era detta; +quella che quivi Orlando avea condutto +non con pensier che far dovesse tanto; +che la parea bastar, che posta in lutto +sol lei, lo sposo avesse a trar di pianto. +Lei riverisce e onora il popul tutto. +Lungo sarebbe a ricontarvi quanto +lei Bireno accarezzi, ed ella lui; +quai grazie al conte rendano ambidui. +Il popul la donzella nel paterno +seggio rimette, e fedeltà le giura. +Ella a Bireno, a cui con nodo eterno +la legò Amor d'una catena dura, +de lo stato e di sé dona il governo. +Ed egli tratto poi da un'altra cura, +de le fortezze e di tutto il domìno +de l'isola guardian lascia il cugino; +che tornare in Selandia avea disegno, +e menar seco la fedel consorte: +e dicea voler fare indi nel regno +di Frisa esperienza di sua sorte; +perché di ciò l'assicurava un pegno +ch'egli aveva in mano, e lo stimava forte: +la figliuola del re, che fra i captivi, +che vi fur molti, avea trovata quivi. +E dice ch'egli vuol ch'un suo germano, +ch'era minor d'età, l'abbia per moglie. +Quindi si parte il senator romano +il dì medesmo che Bireno scioglie. +Non volse porre ad altra cosa mano, +fra tante e tante guadagnate spoglie, +se non a quel tormento ch'abbiàn detto +ch'al fulmine assimiglia in ogni effetto. +L'intenzion non già, perché lo tolle, +fu per voglia d'usarlo in sua difesa; +che sempre atto stimò d'animo molle +gir con vantaggio in qualsivoglia impresa: +ma per gittarlo in parte, onde non volle +che mai potesse ad uomo più fare offesa: +e la polve e le palle e tutto il resto +seco portò, ch'apparteneva a questo. +E così, poi che fuor de la marea +nel più profondo mar si vide uscito, +sì che segno lontan non si vedea +del destro più né del sinistro lito; +lo tolse, e disse: — Acciò più non istea +mai cavallier per te d'esser ardito, +né quanto il buono val, mai più si vanti +il rio per te valer, qui giù rimanti. +O maladetto, o abominoso ordigno, +che fabricato nel tartareo fondo +fosti per man di Belzebù maligno +che ruinar per te disegnò il mondo, +all'inferno, onde uscisti, ti rasigno. — +Così dicendo, lo gittò in profondo. +Il vento intanto le gonfiate vele +spinge alla via de l'isola crudele. +Tanto desire il paladino preme +di saper se la donna ivi si truova, +ch'ama assai più che tutto il mondo insieme, +né un'ora senza lei viver gli giova; +che s'in Ibernia mette il piede, teme +di non dar tempo a qualche cosa nuova, +sì ch'abbia poi da dir invano: — Ahi lasso! +ch'al venir mio non affrettai più il passo. — +Né scala in Inghelterra né in Irlanda +mai lasciò far, né sul contrario lito. +Ma lasciamolo andar dove lo manda +il nudo arcier che l'ha nel cor ferito. +Prima che più io ne parli, io vo' in Olanda +tornare, e voi meco a tornarvi invito; +che, come a me, so spiacerebbe a voi, +che quelle nozze fosson senza noi. +Le nozze belle e sontuose fanno; +ma non sì sontuose né sì belle, +come in Selandia dicon che faranno. +Pur non disegno che vegnate a quelle; +perché nuovi accidenti a nascere hanno +per disturbarle, de' quai le novelle +all'altro canto vi farò sentire, +s'all'altro canto mi verrete a udire. Fra quanti amor, fra quante fede al mondo +mai si trovar, fra quanti cor constanti, +fra quante, o per dolente o per iocondo +stato, fer prove mai famosi amanti; +più tosto il primo loco ch'il secondo +darò ad Olimpia: e se pur non va inanti, +ben voglio dir che fra gli antiqui e nuovi +maggior de l'amor suo non si ritruovi; +e che con tante e con sì chiare note +di questo ha fatto il suo Bireno certo, +che donna più far certo uomo non puote, +quando anco il petto e 'l cor mostrasse aperto. +E s'anime sì fide e sì devote +d'un reciproco amor denno aver merto, +dico ch'Olimpia è degna che non meno, +anzi più che sé ancor, l'ami Bireno: +e che non pur l'abandoni mai +per altra donna, se ben fosse quella +ch'Europa ed Asia messe in tanti guai, +o s'altra ha maggior titolo di bella; +ma più tosto che lei, lasci coi rai +del sol l'udita e il gusto e la favella +e la vita e la fama, e s'altra cosa +dire o pensar si può più preciosa. +Se Bireno amò lei come ella amato +Bireno avea, se fu sì a lei fedele +come ella a lui, se mai non ha voltato +ad altra via, che a seguir lei, le vele; +o pur s'a tanta servitù fu ingrato, +a tanta fede e a tanto amor crudele, +io vi vo' dire, e far di maraviglia +stringer le labra ed inarcar le ciglia. +E poi che nota l'impietà vi fia, +che di tanta bontà fu a lei mercede, +donne, alcuna di voi mai più non sia, +ch'a parole d'amante abbia a dar fede. +L'amante, per aver quel che desia, +senza guardar che Dio tutto ode e vede, +aviluppa promesse e giuramenti, +che tutti spargon poi per l'aria i venti. +I giuramenti e le promesse vanno +dai venti in aria disipate e sparse, +tosto che tratta questi amanti s'hanno +l'avida sete che gli accese ed arse. +Siate a' prieghi ed a' pianti che vi fanno, +per questo esempio, a credere più scarse. +Bene è felice quel, donne mie care, +ch'essere accorto all'altrui spese impare. +Guardatevi da questi che sul fiore +de' lor begli anni il viso han sì polito; +che presto nasce in loro e presto muore, +quasi un foco di paglia, ogni appetito. +Come segue la lepre il cacciatore +al freddo, al caldo, alla montagna, al lito, +né più l'estima poi che presa vede; +e sol dietro a chi fugge affretta il piede: +così fan questi gioveni, che tanto +che vi mostrate lor dure e proterve, +v'amano e riveriscono con quanto +studio de' far chi fedelmente serve; +ma non sì tosto si potran dar vanto +de la vittoria, che, di donne, serve +vi dorrete esser fatte; e da voi tolto +vedrete il falso amore, e altrove volto. +Non vi vieto per questo (ch'avrei torto) +che vi lasciate amar; che senza amante +sareste come inculta vite in orto, +che non ha palo ove s'appoggi o piante. +Sol la prima lanugine vi esorto +tutta a fuggir, volubile e incostante, +e corre i frutti non acerbi e duri, +ma che non sien però troppo maturi. +Di sopra io vi dicea ch'una figliuola +del re di Frisa quivi hanno trovata, +che fia, per quanto n'han mosso parola, +da Bireno al fratel per moglie data. +Ma, a dire il vero, esso v'avea la gola; +che vivanda era troppo delicata: +e riputato avria cortesia sciocca, +per darla altrui, levarsela di bocca. +La damigella non passava ancora +quattordici anni, ed era bella e fresca, +come rosa che spunti alora alora +fuor de la buccia e col sol nuovo cresca. +Non pur di lei Bireno s'innamora, +ma fuoco mai così non accese esca, +né se lo pongan l'invide e nimiche +mani talor ne le mature spiche; +come egli se n'accese immantinente, +come egli n'arse fin ne le medolle, +che sopra il padre morto lei dolente +vide di pianto il bel viso far molle. +E come suol, se l'acqua fredda sente, +quella restar che prima al fuoco bolle; +così l'ardor ch'accese Olimpia, vinto +dal nuovo successore, in lui fu estinto. +Non pur sazio di lei, ma fastidito +n'è già così, che può vederla a pena; +e sì de l'altra acceso ha l'appetito, +che ne morrà se troppo in lungo il mena: +pur fin che giunga il dì c'ha statuito +a dar fine al disio, tanto l'affrena, +che par ch'adori Olimpia, non che l'ami, +e quel che piace a lei, sol voglia e brami. +E se accarezza l'altra (che non puote +far che non l'accarezzi più del dritto), +non è chi questo in mala parte note; +anzi a pietade, anzi a bontà gli è ascritto: +che rilevare un che Fortuna ruote +talora al fondo, e consolar l'afflitto, +mai non fu biasmo, ma gloria sovente; +tanto più una fanciulla, una innocente. +Oh sommo Dio, come i giudìci umani +spesso offuscati son da un nembo oscuro! +i modi di Bireno empi e profani, +pietosi e santi riputati furo. +I marinari, già messo le mani +ai remi, e sciolti dal lito sicuro, +portavan lieti pei salati stagni +verso Selandia il duca e i suoi compagni. +Già dietro rimasi erano e perduti +tutti di vista i termini d'Olanda +(che per non toccar Frisa, più tenuti +s'eran vêr Scozia alla sinistra banda), +quando da un vento fur sopravenuti, +ch'errando in alto mar tre dì li manda. +Sursero il terzo, già presso alla sera, +dove inculta e deserta un'isola era. +Tratti che si fur dentro un picciol seno, +Olimpia venne in terra; e con diletto +in compagnia de l'infedel Bireno +cenò contenta e fuor d'ogni sospetto: +indi con lui, là dove in loco ameno +teso era un padiglione, entrò nel letto. +Tutti gli altri compagni ritornaro, +e sopra i legni lor si riposaro. +Il travaglio del mare e la paura +che tenuta alcun dì l'aveano desta, +il ritrovarsi al lito ora sicura, +lontana da rumor ne la foresta, +e che nessun pensier, nessuna cura, +poi che 'l suo amante ha seco, la molesta; +fur cagion ch'ebbe Olimpia sì gran sonno, +che gli orsi e i ghiri aver maggior nol ponno. +Il falso amante che i pensati inganni +veggiar facean, come dormir lei sente, +pian piano esce del letto, e de' suoi panni +fatto un fastel, non si veste altrimente; +e lascia il padiglione; e come i vanni +nati gli sian, rivola alla sua gente, +e li risveglia; e senza udirsi un grido, +fa entrar ne l'alto e abandonare il lido. +Rimase a dietro il lido e la meschina +Olimpia, che dormì senza destarse, +fin che l'Aurora la gelata brina +da le dorate ruote in terra sparse, +e s'udir le Alcione alla marina +de l'antico infortunio lamentarse. +Né desta né dormendo, ella la mano +per Bireno abbracciar stese, ma invano. +Nessuno truova: a sé la man ritira: +di nuovo tenta, e pur nessuno truova. +Di qua l'un braccio, e di là l'altro gira, +or l'una or l'altra gamba; e nulla giova. +Caccia il sonno il timor: gli occhi apre, e mira: +non vede alcuno. Or già non scalda e cova +più le vedove piume, ma si getta +del letto e fuor del padiglione in fretta: +e corre al mar, graffiandosi le gote, +presaga e certa ormai di sua fortuna. +Si straccia i crini, e il petto si percuote, +e va guardando (che splendea la luna) +se veder cosa, fuor che 'l lito, puote; +né fuor che 'l lito, vede cosa alcuna. +Bireno chiama: e al nome di Bireno +rispondean gli Antri che pietà n'avieno. +Quivi surgea nel lito estremo un sasso, +ch'aveano l'onde, col picchiar frequente, +cavo e ridutto a guisa d'arco al basso; +e stava sopra il mar curvo e pendente. +Olimpia in cima vi salì a gran passo +(così la facea l'animo possente), +e di lontano le gonfiate vele +vide fuggir del suo signor crudele: +vide lontano, o le parve vedere; +che l'aria chiara ancor non era molto. +Tutta tremante si lasciò cadere, +più bianca e più che nieve fredda in volto; +ma poi che di levarsi ebbe potere, +al camin de le navi il grido volto, +chiamò, quanto potea chiamar più forte, +più volte il nome del crudel consorte: +e dove non potea la debil voce, +supliva il pianto e 'l batter' palma a palma. +— Dove fuggi, crudel, così veloce? +Non ha il tuo legno la debita salma. +Fa che lievi me ancor: poco gli nuoce +che porti il corpo, poi che porta l'alma. — +E con le braccia e con le vesti segno +fa tuttavia, perché ritorni il legno. +Ma i venti che portavano le vele +per l'alto mar di quel giovene infido, +portavano anco i prieghi e le querele +de l'infelice Olimpia, e 'l pianto e 'l grido; +la qual tre volte, a se stessa crudele, +per affogarsi si spiccò dal lido: +pur al fin si levò da mirar l'acque, +e ritornò dove la notte giacque. +E con la faccia in giù stesa sul letto, +bagnandolo di pianto, dicea lui: +— Iersera desti insieme a dui ricetto; +perché insieme al levar non siamo dui? +O perfido Bireno, o maladetto +giorno ch'al mondo generata fui! +Che debbo far? che poss'io far qui sola? +chi mi dà aiuto? ohimè, chi mi consola? +Uomo non veggio qui, non ci veggio opra +donde io possa stimar ch'uomo qui sia; +nave non veggio, a cui salendo sopra, +speri allo scampo mio ritrovar via. +Di disagio morrò; né chi mi cuopra +gli occhi sarà, né chi sepolcro dia, +se forse in ventre lor non me lo dànno +i lupi, ohimè, ch'in queste selve stanno. +Io sto in sospetto, e già di veder parmi +di questi boschi orsi o leoni uscire, +o tigri o fiere tal, che natura armi +d'aguzzi denti e d'ugne da ferire. +Ma quai fere crudel potriano farmi, +fera crudel, peggio di te morire? +darmi una morte, so, lor parrà assai; +e tu di mille, ohimè, morir mi fai. +Ma presupongo ancor ch'or ora arrivi +nochier che per pietà di qui mi porti; +e così lupi, orsi, leoni schivi, +strazi, disagi ed altre orribil morti: +mi porterà forse in Olanda, s'ivi +per te si guardan le fortezze e i porti? +mi porterà alla terra ove son nata, +se tu con fraude già me l'hai levata? +Tu m'hai lo stato mio, sotto pretesto +di parentado e d'amicizia, tolto. +Ben fosti a porvi le tue genti presto, +per avere il dominio a te rivolto. +Tornerò in Fiandra? ove ho venduto il resto +di che io vivea, ben che non fossi molto, +per sovenirti e di prigione trarte. +Mischina! dove andrò? non so in qual parte. +Debbo forse ire in Frisa, ove io potei, +e per te non vi volsi esser regina? +il che del padre e dei fratelli miei +e d'ogn'altro mio ben fu la ruina. +Quel c'ho fatto per te, non ti vorrei, +ingrato, improverar, né disciplina +dartene; che non men di me lo sai: +or ecco il guiderdon che me ne dai. +Deh, pur che da color che vanno in corso +io non sia presa, e poi venduta schiava! +Prima che questo, il lupo, il leon, l'orso +venga, e la tigre e ogn'altra fera brava, +di cui l'ugna mi stracci, e franga il morso; +e morta mi strascini alla sua cava. — +Così dicendo, le mani si caccia +ne' capei d'oro, e a chiocca a chiocca straccia. +Corre di nuovo in su l'estrema sabbia, +e ruota il capo e sparge all'aria il crine; +e sembra forsennata, e ch'adosso abbia +non un demonio sol, ma le decine; +o, qual Ecuba, sia conversa in rabbia, +vistosi morto Polidoro al fine. +Or si ferma s'un sasso, e guarda il mare; +né men d'un vero sasso, un sasso pare. +Ma lasciànla doler fin ch'io ritorno, +per voler di Ruggier dirvi pur anco, +che nel più intenso ardor del mezzo giorno +cavalca il lito, affaticato e stanco. +Percuote il sol nel colle e fa ritorno: +di sotto bolle il sabbion trito e bianco. +Mancava all'arme ch'avea indosso, poco +ad esser, come già, tutte di fuoco. +Mentre la sete, e de l'andar fatica +per l'alta sabbia e la solinga via +gli facean, lungo quella spiaggia aprica, +noiosa e dispiacevol compagnia; +trovò ch'all'ombra d'una torre antica +che fuor de l'onde appresso il lito uscia, +de la corte d'Alcina eran tre donne, +che le conobbe ai gesti ed alle gonne. +Corcate su tapeti allessandrini +godeansi il fresco rezzo in gran diletto, +fra molti vasi di diversi vini +e d'ogni buona sorte di confetto. +Presso alla spiaggia, coi flutti marini +scherzando, le aspettava un lor legnetto +fin che la vela empiesse agevol òra; +ch'un fiato pur non ne spirava allora. +Queste, ch'andar per la non ferma sabbia +vider Ruggier al suo viaggio dritto, +che sculta avea la sete in su le labbia, +tutto pien di sudore il viso afflitto, +gli cominciaro a dir che sì non abbia +il cor voluntaroso al camin fitto, +ch'alla fresca e dolce ombra non si pieghi, +e ristorar lo stanco corpo nieghi. +E di lor una s'accostò al cavallo +per la staffa tener, che ne scendesse; +l'altra con una coppa di cristallo +di vin spumante, più sete gli messe: +ma Ruggiero a quel suon non entrò in ballo; +perché d'ogni tardar che fatto avesse, +tempo di giunger dato avria ad Alcina, +che venìa dietro ed era omai vicina. +Non così fin salnitro e zolfo puro, +tocco dal fuoco, subito s'avampa; +né così freme il mar quando l'oscuro +turbo discende e in mezzo se gli accampa: +come, vedendo che Ruggier sicuro +al suo dritto camin l'arena stampa, +e che le sprezza (e pur si tenean belle), +d'ira arse e di furor la terza d'elle. +— Tu non sei né gentil né cavalliero +(dice gridando quanto può più forte), +ed hai rubate l'arme; e quel destriero +non saria tuo per veruna altra sorte: +e così, come ben m'appongo al vero, +ti vedessi punir di degna morte; +che fossi fatto in quarti, arso o impiccato, +brutto ladron, villan, superbo, ingrato. — +Oltr'a queste e molt'altre ingiuriose +parole che gli usò la donna altiera, +ancor che mai Ruggier non le rispose, +che di sì vil tenzon poco onor spera; +con le sorelle tosto ella si pose +sul legno in mar, che al lor servigio v'era: +ed affrettando i remi, lo seguiva, +vedendol tuttavia dietro alla riva. +Minaccia sempre, maledice e incarca; +che l'onte sa trovar per ogni punto. +Intanto a quello stretto, onde si varca +alla fata più bella, è Ruggier giunto; +dove un vecchio nochiero una sua barca +scioglier da l'altra ripa vede, a punto +come, avisato e già provisto, quivi +si stia aspettando che Ruggiero arrivi. +Scioglie il nochier, come venir lo vede, +di trasportarlo a miglior ripa lieto; +che, se la faccia può del cor dar fede, +tutto benigno e tutto era discreto. +Pose Ruggier sopra il navilio il piede, +Dio ringraziando; e per lo mar quieto +ragionando venìa col galeotto, +saggio e di lunga esperienza dotto. +Quel lodava Ruggier, che sì se avesse +saputo a tempo tor da Alcina, e inanti +che 'l calice incantato ella gli desse, +ch'avea al fin dato a tutti gli altri amanti; +e poi, che a Logistilla si traesse, +dove veder potria costumi santi, +bellezza eterna ed infinita grazia +che 'l cor notrisce e pasce, e mai non sazia. +— Costei (dicea) stupore e riverenza +induce all'alma, ove si scuopre prima. +Contempla meglio poi l'alta presenza: +ogn'altro ben ti par di poca stima. +Il suo amore ha dagli altri differenza: +speme o timor negli altri il cor ti lima; +in questo il desiderio più non chiede, +e contento riman come la vede. +Ella t'insegnerà studi più grati, +che suoni, danze, odori, bagni e cibi: +ma come i pensier tuoi meglio formati +poggin più ad alto, che per l'aria i nibi, +e come de la gloria de' beati +nel mortal corpo parte si delibi. — +Così parlando il marinar veniva, +lontano ancora alla sicura riva; +quando vide scoprire alla marina +molti navili, e tutti alla sua volta. +Con quei ne vien l'ingiuriata Alcina; +e molta di sua gente have raccolta +per por lo stato a se stessa in ruina, +o racquistar la cara cosa tolta. +E bene è amor di ciò cagion non lieve, +ma l'ingiuria non men che ne riceve. +Ella non ebbe sdegno, da che nacque, +di questo il maggior mai, ch'ora la rode; +onde fa i remi sì affrettar per l'acque, +che la spuma ne sparge ambe le prode. +Al gran rumor né mar né ripa tacque, +ed Ecco risonar per tutto s'ode. +— Scuopre, Ruggier, lo scudo, che bisogna; +se non, sei morto, o preso con vergogna. — +Così disse il nocchier di Logistilla: +ed oltre il detto, egli medesmo prese +la tasca e da lo scudo dipartilla, +e fe' il lume di quel chiaro e palese. +L'incantato splendor che ne sfavilla, +gli occhi degli aversari così offese, +che li fe' restar ciechi allora allora, +e cader chi da poppa e chi da prora. +Un ch'era alla veletta in su la rocca, +de l'armata d'Alcina si fu accorto; +e la campana martellando tocca, +onde il soccorso vien subito al porto. +L'artegliaria, come tempesta, fiocca +contra chi vuole al buon Ruggier far torto: +sì che gli venne d'ogni parte aita, +tal che salvò la libertà e la vita. +Giunte son quattro donne in su la spiaggia, +che subito ha mandate Logistilla: +la valorosa Andronica e la saggia +Fronesia e l'onestissima Dicilla +e Sofrosina casta, che, come aggia +quivi a far più che l'altre, arde e sfavilla. +L'esercito ch'al mondo è senza pare, +del castello esce, e si distende al mare. +Sotto il castel ne la tranquilla foce +di molti e grossi legni era una armata, +ad un botto di squilla, ad una voce +giorno e notte a battaglia apparecchiata. +E così fu la pugna aspra ed atroce, +e per acqua e per terra, incominciata; +per cui fu il regno sottosopra volto, +ch'avea già Alcina alla sorella tolto. +Oh di quante battaglie il fin successe +diverso a quel che si credette inante! +Non sol ch'Alcina alor non riavesse, +come stimossi, il fugitivo amante; +ma dele navi che pur dianzi spesse +fur sì, ch'a pena il mar ne capia tante, +fuor de la fiamma che tutt'altre avampa, +con un legnetto sol misera scampa. +Fuggesi Alcina, e sua misera gente +arsa e presa riman, rotta e sommersa. +D'aver Ruggier perduto, ella si sente +via più doler che d'altra cosa aversa: +notte e dì per lui geme amaramente, +e lacrime per lui dagli occhi versa; +e per dar fine a tanto aspro martire, +spesso si duol di non poter morire. +Morir non puote alcuna fata mai, +fin che 'l sol gira, o il ciel non muta stilo. +Se ciò non fosse, era il dolore assai +per muover Cloto ad inasparle il filo; +o, qual Didon, finia col ferro i guai; +o la regina splendida del Nilo +avria imitata con mortifer sonno: +ma le fate morir sempre non ponno. +Torniamo a quel di eterna gloria degno +Ruggiero; e Alcina stia ne la sua pena. +Dico di lui, che poi che fuor del legno +si fu condutto in più sicura arena, +Dio ringraziando che tutto il disegno +gli era successo, al mar voltò la schiena; +ed affrettando per l'asciutto il piede, +alla rocca ne va che quivi siede. +Né la più forte ancor né la più bella +mai vide occhio mortal prima né dopo. +Son di più prezzo le mura di quella, +che se diamante fossino o piropo. +Di tai gemme qua giù non si favella: +ed a chi vuol notizia averne, è d'uopo +che vada quivi; che non credo altrove, +se non forse su in ciel, se ne ritruove. +Quel che più fa che lor si inchina e cede +ogn'altra gemma, è che, mirando in esse, +l'uom sin in mezzo all'anima si vede; +vede suoi vizi e sue virtudi espresse, +sì che a lusinghe poi di sé non crede, +né a chi dar biasmo a torto gli volesse: +fassi, mirando allo specchio lucente +se stesso, conoscendosi, prudente. +Il chiaro lume lor, ch'imita il sole, +manda splendore in tanta copia intorno, +che chi l'ha, ovunque sia, sempre che vuole, +Febo, mal grado tuo, si può far giorno. +Né mirabil vi son le pietre sole; +ma la materia e l'artificio adorno +contendon sì, che mal giudicar puossi +qual de le due eccellenze maggior fossi. +Sopra gli altissimi archi, che puntelli +parean che del ciel fossino a vederli, +eran giardin sì spaziosi e belli, +che saria al piano anco fatica averli. +Verdeggiar gli odoriferi arbuscelli +si puon veder fra i luminosi merli, +ch'adorni son l'estate e il verno tutti +di vaghi fiori e di maturi frutti. +Di così nobili arbori non suole +prodursi fuor di questi bei giardini, +né di tai rose o di simil viole, +di gigli, di amaranti o di gesmini. +Altrove appar come a un medesmo sole +e nasca e viva, e morto il capo inchini, +e come lasci vedovo il suo stelo +il fior suggetto al variar del cielo: +ma quivi era perpetua la verdura, +perpetua la beltà de' fiori eterni: +non che benignità de la Natura +sì temperatamente li governi; +ma Logistilla con suo studio e cura, +senza bisogno de' moti superni +(quel che agli altri impossibile parea), +sua primavera ognor ferma tenea. +Logistilla mostrò molto aver grato +ch'a lei venisse un sì gentil signore; +e comandò che fosse accarezzato, +e che studiasse ognun di fargli onore. +Gran pezzo inanzi Astolfo era arrivato, +che visto da Ruggier fu di buon core. +Fra pochi giorni venner gli altri tutti, +ch'a l'esser lor Melissa avea ridutti. +Poi che si fur posati un giorno e dui, +venne Ruggiero alla fata prudente +col duca Astolfo, che non men di lui +avea desir di riveder Ponente. +Melissa le parlò per amendui; +e supplica la fata umilemente, +che li consigli, favorisca e aiuti, +sì che ritornin donde eran venuti. +Disse la fata: — Io ci porrò il pensiero, +e fra dui dì te li darò espediti. — +Discorre poi tra sé, come Ruggiero, +e dopo lui, come quel duca aiti: +conchiude infin che 'l volator destriero +ritorni il primo agli aquitani liti; +ma prima vuol che se gli faccia un morso, +con che lo volga, e gli raffreni il corso. +Gli mostra come egli abbia a far, se vuole +che poggi in alto, e come a far che cali; +e come, se vorrà che in giro vole, +o vada ratto, o che si stia su l'ali: +e quali effetti il cavallier far suole +di buon destriero in piana terra, tali +facea Ruggier che mastro ne divenne, +per l'aria, del destrier ch'avea le penne. +Poi che Ruggier fu d'ogni cosa in punto, +da la fata gentil comiato prese, +alla qual restò poi sempre congiunto +di grande amore; e uscì di quel paese. +Prima di lui che se n'andò in buon punto, +e poi dirò come il guerriero inglese +tornasse con più tempo e più fatica +al magno Carlo ed alla corte amica. +Quindi partì Ruggier, ma non rivenne +per quella via che fe' già suo mal grado, +allor che sempre l'ippogrifo il tenne +sopra il mare, e terren vide di rado: +ma potendogli or far batter le penne +di qua di là, dove più gli era a grado, +volse al ritorno far nuovo sentiero, +come, schivando Erode, i Magi fero. +Al venir quivi, era, lasciando Spagna, +venuto India a trovar per dritta riga, +là dove il mare oriental la bagna; +dove una fata avea con l'altra briga. +Or veder si dispose altra campagna, +che quella dove i venti Eolo istiga, +e finir tutto il cominciato tondo, +per aver, come il sol, girato il mondo. +Quinci il Cataio, e quindi Mangiana +sopra il gran Quinsaì vide passando: +volò sopra l'Imavo, e Sericana +lasciò a man destra; e sempre declinando +da l'iperborei Sciti a l'onda ircana, +giunse alle parti di Sarmazia: e quando +fu dove Asia da Europa si divide, +Russi e Pruteni e la Pomeria vide. +Ben che di Ruggier fosse ogni desire +di ritornare a Bradamante presto; +pur, gustato il piacer ch'avea di gire +cercando il mondo, non restò per questo, +ch'alli Pollacchi, agli Ungari venire +non volesse anco, alli Germani, e al resto +di quella boreale orrida terra: +e venne al fin ne l'ultima Inghilterra. +Non crediate, Signor, che però stia +per sì lungo camin sempre su l'ale: +ogni sera all'albergo se ne gìa, +schivando a suo poter d'alloggiar male. +E spese giorni e mesi in questa via, +sì di veder la terra e il mar gli cale. +Or presso a Londra giunto una matina, +sopra Tamigi il volator declina. +Dove ne' prati alla città vicini +vide adunati uomini d'arme e fanti, +ch'a suon di trombe e a suon di tamburini +venian, partiti a belle schiere, avanti +il buon Rinaldo, onor de' paladini; +del qual, se vi ricorda, io dissi inanti, +che mandato da Carlo, era venuto +in queste parti a ricercar aiuto. +Giunse a punto Ruggier, che si facea +la bella mostra fuor di quella terra; +e per sapere il tutto, ne chiedea +un cavallier, ma scese prima in terra: +e quel, ch'affabil era, gli dicea +che di Scozia e d'Irlanda e d'Inghilterra +e de l'isole intorno eran le schiere +che quivi alzate avean tante bandiere: +e finita la mostra che faceano, +alla marina se distenderanno, +dove aspettati per solcar l'Oceano +son dai navili che nel porto stanno. +I Franceschi assediati si ricreano, +sperando in questi che a salvar li vanno. +— Ma acciò tu te n'informi pienamente, +io ti distinguerò tutta la gente. +Tu vedi ben quella bandiera grande, +ch'insieme pon la fiordaligi e i pardi: +quella il gran capitano all'aria spande, +e quella han da seguir gli altri stendardi. +Il suo nome, famoso in queste bande, +è Leonetto, il fior de li gagliardi, +di consiglio e d'ardire in guerra mastro, +del re nipote, e duca di Lincastro. +La prima, appresso il gonfalon reale, +che 'l vento tremolar fa verso il monte, +e tien nel campo verde tre bianche ale, +porta Ricardo, di Varvecia conte. +Del duca di Glocestra è quel segnale, +c'ha duo corna di cervio e mezza fronte. +Del duca di Chiarenza è quella face; +quel arbore è del duca d'Eborace. +Vedi in tre pezzi una spezzata lancia: +gli è 'l gonfalon del duca di Nortfozia. +La fulgure è del buon conte di Cancia; +il grifone è del conte di Pembrozia. +Il duca di Sufolcia ha la bilancia. +Vedi quel giogo che due serpi assozia: +è del conte d'Esenia, e la ghirlanda +in campo azzurro ha quel di Norbelanda. +Il conte d'Arindelia è quel c'ha messo +in mar quella barchetta che s'affonda. +Vedi il marchese di Barclei; e appresso +di Marchia il conte e il conte di Ritmonda: +il primo porta in bianco un monte fesso, +l'altro la palma, il terzo un pin ne l'onda. +Quel di Dorsezia è conte, e quel d'Antona, +che l'uno ha il carro, e l'altro la corona. +Il falcon che sul nido i vanni inchina, +porta Raimondo, il conte di Devonia. +Il giallo e negro ha quel di Vigorina; +il can quel d'Erbia un orso quel d'Osonia. +La croce che là vedi cristallina, +è del ricco prelato di Battonia. +Vedi nel bigio una spezzata sedia: +è del duca Ariman di Sormosedia. +Gli uomini d'arme e gli arcieri a cavallo +di quarantaduomila numer fanno. +Sono duo tanti, o di cento non fallo, +quelli ch'a piè ne la battaglia vanno. +Mira quei segni, un bigio, un verde, un giallo, +e di nero e d'azzur listato un panno: +Gofredo, Enrigo, Ermante ed Odoardo +guidan pedoni, ognun col suo stendardo. +Duca di Bocchingamia è quel dinante; +Enrigo ha la contea di Sarisberia; +signoreggia Burgenia il vecchio Ermante; +quello Odoardo è conte di Croisberia. +Questi alloggiati più verso levante +sono gl'Inglesi. Or volgeti all'Esperia, +dove si veggion trentamila Scotti, +da Zerbin, figlio del lor re, condotti. +Vedi tra duo unicorni il gran leone, +che la spada d'argento ha ne la zampa: +quell'è del re di Scozia il gonfalone; +il suo figliol Zerbino ivi s'accampa. +Non è un sì bello in tante altre persone: +natura il fece, e poi roppe la stampa. +Non è in cui tal virtù, tal grazia luca, +o tal possanza: ed è di Roscia duca. +Porta in azzurro una dorata sbarra +il conte d'Ottonlei ne lo stendardo. +L'altra bandiera è del duca di Marra, +che nel travaglio porta il leopardo. +Di più colori e di più augei bizzarra +mira l'insegna d'Alcabrun gagliardo, +che non è duca, conte, né marchese, +ma primo nel salvatico paese. +Del duca di Trasfordia è quella insegna, +dove è l'augel ch'al sol tien gli occhi franchi. +Lurcanio conte, ch'in Angoscia regna, +porta quel tauro, c'ha duo veltri ai fianchi. +Vedi là il duca d'Albania, che segna +il campo di colori azzurri e bianchi. +Quel avoltor, ch'un drago verde lania, +è l'insegna del conte di Boccania. +Signoreggia Forbesse il forte Armano, +che di bianco e di nero ha la bandiera; +ed ha il conte d'Erelia a destra mano, +che porta in campo verde una lumiera. +Or guarda gl'Ibernesi appresso il piano: +sono duo squadre; e il conte di Childera +mena la prima, e il conte di Desmonda +da fieri monti ha tratta la seconda. +Ne lo stendardo il primo ha un pino ardente; +l'altro nel bianco una vermiglia banda. +Non dà soccorso a Carlo solamente +la terra inglese, e la Scozia e l'Irlanda; +ma vien di Svezia e di Norvegia gente, +da Tile, e fin da la remota Islanda: +da ogni terra, insomma, che là giace, +nimica naturalmente di pace. +Sedicimila sono, o poco manco, +de le spelonche usciti e de le selve; +hanno piloso il viso, il petto, il fianco, +e dossi e braccia e gambe, come belve. +Intorno allo stendardo tutto bianco +par che quel pian di lor lance s'inselve: +così Moratto il porta, il capo loro, +per dipingerlo poi di sangue Moro. — +Mentre Ruggier di quella gente bella, +che per soccorrer Francia si prepara, +mira le varie insegne e ne favella, +e dei signor britanni i nomi impara; +uno ed un altro a lui, per mirar quella +bestia sopra cui siede, unica o rara, +maraviglioso corre e stupefatto; +e tosto il cerchio intorno gli fu fatto. +Sì che per dare ancor più maraviglia, +e per pigliarne il buon Ruggier più gioco, +al volante corsier scuote la briglia, +e con gli sproni ai fianchi il tocca un poco: +quel verso il ciel per l'aria il camin piglia, +e lascia ognuno attonito in quel loco. +Quindi Ruggier, poi che di banda in banda +vide gl'Inglesi, andò verso l'Irlanda. +E vide Ibernia fabulosa, dove +il santo vecchiarel fece la cava, +in che tanta mercé par che si truove, +che l'uom vi purga ogni sua colpa prava. +Quindi poi sopra il mare il destrier muove +là dove la minor Bretagna lava: +e nel passar vide, mirando a basso, +Angelica legata al nudo sasso. +Al nudo sasso, all'Isola del pianto; +che l'Isola del pianto era nomata +quella che da crudele e fiera tanto +ed inumana gente era abitata, +che (come io vi dicea sopra nel canto) +per vari liti sparsa iva in armata +tutte le belle donne depredando, +per farne a un mostro poi cibo nefando. +Vi fu legata pur quella matina, +dove venìa per trangugiarla viva +quel smisurato mostro, orca marina, +che di aborrevole esca si nutriva. +Dissi di sopra, come fu rapina +di quei che la trovaro in su la riva +dormire al vecchio incantatore a canto, +ch'ivi l'avea tirata per incanto. +La fiera gente inospitale e cruda +alla bestia crudel nel lito espose +la bellissima donna, così ignuda +come Natura prima la compose. +Un velo non ha pure, in che richiuda +i bianchi gigli e le vermiglie rose, +da non cader per luglio o per dicembre, +di che son sparse le polite membre. +Creduto avria che fosse statua finta +o d'alabastro o d'altri marmi illustri +Ruggiero, e su lo scoglio così avinta +per artificio di scultori industri; +se non vedea la lacrima distinta +tra fresche rose e candidi ligustri +far rugiadose le crudette pome, +e l'aura sventolar l'aurate chiome. +E come ne' begli occhi gli occhi affisse, +de la sua Bradamante gli sovvenne. +Pietade e amore a un tempo lo trafisse, +e di piangere a pena si ritenne; +e dolcemente alla donzella disse, +poi che del suo destrier frenò le penne: +— O donna, degna sol de la catena +con chi i suoi servi Amor legati mena, +e ben di questo e d'ogni male indegna, +chi è quel crudel che con voler perverso +d'importuno livor stringendo segna +di queste belle man l'avorio terso? — +Forza è ch'a quel parlare ella divegna +quale è di grana un bianco avorio asperso, +di sé vedendo quelle parti ignude, +ch'ancor che belle sian, vergogna chiude. +E coperto con man s'avrebbe il volto, +se non eran legate al duro sasso; +ma del pianto, ch'almen non l'era tolto, +lo sparse, e si sforzò di tener basso. +E dopo alcun' signozzi il parlar sciolto, +incominciò con fioco suono e lasso: +ma non seguì; che dentro il fe' restare +il gran rumor che si sentì nel mare. +Ecco apparir lo smisurato mostro +mezzo ascoso ne l'onda e mezzo sorto. +Come sospinto suol da borea o d'ostro +venir lungo navilio a pigliar porto, +così ne viene al cibo che l'è mostro +la bestia orrenda; e l'intervallo è corto. +La donna è mezza morta di paura; +né per conforto altrui si rassicura. +Tenea Ruggier la lancia non in resta, +ma sopra mano, e percoteva l'orca. +Altro non so che s'assimigli a questa, +ch'una gran massa che s'aggiri e torca; +né forma ha d'animal, se non la testa, +c'ha gli occhi e i denti fuor, come di porca. +Ruggier in fronte la ferìa tra gli occhi; +ma par che un ferro o un duro sasso tocchi. +Poi che la prima botta poco vale, +ritorna per far meglio la seconda. +L'orca, che vede sotto le grandi ale +l'ombra di qua e di là correr su l'onda, +lascia la preda certa litorale, +e quella vana segue furibonda: +dietro quella si volve e si raggira. +Ruggier giù cala, e spessi colpi tira. +Come d'alto venendo aquila suole, +ch'errar fra l'erbe visto abbia la biscia, +o che stia sopra un nudo sasso al sole, +dove le spoglie d'oro abbella e liscia; +non assalir da quel lato la vuole +onde la velenosa e soffia e striscia, +ma da tergo la adugna, e batte i vanni, +acciò non se le volga e non la azzanni: +così Ruggier con l'asta e con la spada, +non dove era de' denti armato il muso, +ma vuol che 'l colpo tra l'orecchie cada, +or su le schene, or ne la coda giuso. +Se la fera si volta, ei muta strada, +ed a tempo giù cala, e poggia in suso: +ma come sempre giunga in un diaspro, +non può tagliar lo scoglio duro ed aspro. +Simil battaglia fa la mosca audace +contra il mastin nel polveroso agosto, +o nel mese dinanzi o nel seguace, +l'uno di spiche e l'altro pien di mosto: +negli occhi il punge e nel grifo mordace, +volagli intorno e gli sta sempre accosto; +e quel suonar fa spesso il dente asciutto: +ma un tratto che gli arrivi, appaga il tutto. +Sì forte ella nel mar batte la coda, +che fa vicino al ciel l'acqua inalzare; +tal che non sa se l'ale in aria snoda, +o pur se 'l suo destrier nuota nel mare. +Gli è spesso che disia trovarsi a proda; +che se lo sprazzo in tal modo ha a durare, +teme sì l'ale inaffi all'ippogrifo, +che brami invano avere o zucca o schifo. +Prese nuovo consiglio, e fu il migliore, +di vincer con altre arme il mostro crudo: +abbarbagliar lo vuol con lo splendore +ch'era incantato nel coperto scudo. +Vola nel lito; e per non fare errore, +alla donna legata al sasso nudo +lascia nel minor dito de la mano +l'annel, che potea far l'incanto vano: +dico l'annel che Bradamante avea, +per liberar Ruggier, tolto a Brunello, +poi per trarlo di man d'Alcina rea, +mandato in India per Melissa a quello. +Melissa (come dianzi io vi dicea) +in ben di molti adoperò l'annello; +indi l'avea a Ruggier restituito, +dal qual poi sempre fu portato in dito. +Lo dà ad Angelica ora, perché teme +che del suo scudo il fulgurar non viete, +e perché a lei ne sien difesi insieme +gli occhi che già l'avean preso alla rete. +Or viene al lito e sotto il ventre preme +ben mezzo il mar la smisurata cete. +Sta Ruggiero alla posta, e lieva il velo; +e par ch'aggiunga un altro sole al cielo. +Ferì negli occhi l'incantato lume +di quella fera, e fece al modo usato. +Quale o trota o scaglion va giù pel fiume +c'ha con calcina il montanar turbato, +tal si vedea ne le marine schiume +il mostro orribilmente riversciato. +Di qua di là Ruggier percuote assai, +ma di ferirlo via non truova mai. +La bella donna tuttavolta priega +ch'invan la dura squama oltre non pesti. +— Torna, per Dio, signor: prima mi slega +(dicea piangendo), che l'orca si desti: +portami teco e in mezzo il mar mi anniega: +non far ch'in ventre al brutto pesce io resti. — +Ruggier, commosso dunque al giusto grido, +slegò la donna, e la levò dal lido. +Il destrier punto, ponta i piè all'arena +e sbalza in aria, e per lo ciel galoppa; +e porta il cavalliero in su la schena, +e la donzella dietro in su la groppa. +Così privò la fera de la cena +per lei soave e delicata troppa. +Ruggier si va volgendo, e mille baci +figge nel petto e negli occhi vivaci. +Non più tenne la via, come propose +prima, di circundar tutta la Spagna; +ma nel propinquo lito il destrier pose, +dove entra in mar più la minor Bretagna. +Sul lito un bosco era di querce ombrose, +dove ognor par che Filomena piagna; +ch'in mezzo avea un pratel con una fonte, +e quinci e quindi un solitario monte. +Quivi il bramoso cavallier ritenne +l'audace corso, e nel pratel discese; +e fe' raccorre al suo destrier le penne, +ma non a tal che più le avea distese. +Del destrier sceso, a pena si ritenne +di salir altri; ma tennel l'arnese: +l'arnese il tenne, che bisognò trarre, +e contra il suo disir messe le sbarre. +Frettoloso, or da questo or da quel canto +confusamente l'arme si levava. +Non gli parve altra volta mai star tanto; +che s'un laccio sciogliea, dui n'annodava. +Ma troppo è lungo ormai, Signor, il canto, +e forse ch'anco l'ascoltar vi grava: +sì ch'io differirò l'istoria mia +in altro tempo che più grata sia. Quantunque debil freno a mezzo il corso +animoso destrier spesso raccolga, +raro è però che di ragione il morso +libidinosa furia a dietro volga, +quando il piacere ha in pronto; a guisa d'orso +che dal mel non sì tosto si distolga, +poi che gli n'è venuto odore al naso, +o qualche stilla ne gustò sul vaso. +Qual ragion fia che 'l buon Ruggier raffrene, +sì che non voglia ora pigliar diletto +d'Angelica gentil che nuda tiene +nel solitario e commodo boschetto? +Di Bradamante più non gli soviene, +che tanto aver solea fissa nel petto: +e se gli ne sovien pur come prima, +pazzo è se questa ancor non prezza e stima; +con la qual non saria stato quel crudo +Zenocrate di lui più continente. +Gittato avea Ruggier l'asta e lo scudo, +e si traea l'altre arme impaziente; +quando abbassando pel bel corpo ignudo +la donna gli occhi vergognosamente, +si vide in dito il prezioso annello +che già le tolse ad Albracca Brunello. +Questo è l'annel ch'ella portò già in Francia +la prima volta che fe' quel camino +col fratel suo, che v'arrecò la lancia, +la qual fu poi d'Astolfo paladino. +Con questo fe' gl'incanti uscire in ciancia +di Malagigi al petron di Merlino; +con questo Orlando ed altri una matina +tolse di servitù di Dragontina; +con questo uscì invisibil de la torre +dove l'avea richiusa un vecchio rio. +A che voglio io tutte sue prove accorre, +se le sapete voi così come io? +Brunel sin nel giron lel venne a torre; +ch'Agramante d'averlo ebbe disio. +Da indi in qua sempre Fortuna a sdegno +ebbe costei, fin che le tolse il regno. +Or che sel vede, come ho detto, in mano, +sì di stupore e d'allegrezza è piena, +che quasi dubbia di sognarsi invano, +agli occhi, alla man sua dà fede a pena. +Del dito se lo leva, e a mano a mano +sel chiude in bocca: e in men che non balena, +così dagli occhi di Ruggier si cela, +come fa il sol quando la nube il vela. +Ruggier pur d'ogn'intorno riguardava, +e s'aggirava a cerco come un matto; +ma poi che de l'annel si ricordava, +scornato vi rimase e stupefatto: +e la sua inavvertenza bestemiava, +e la donna accusava di quello atto +ingrato e discortese, che renduto +in ricompensa gli era del suo aiuto. +— Ingrata damigella, è questo quello +guiderdone (dicea), che tu mi rendi? +che più tosto involar vogli l'annello, +ch'averlo in don? Perché da me nol prendi? +Non pur quel, ma lo scudo e il destrier snello +e me ti dono, e come vuoi mi spendi; +sol che 'l bel viso tuo non mi nascondi. +Io so, crudel, che m'odi, e non rispondi. — +Così dicendo, intorno alla fontana +brancolando n'andava come cieco. +Oh quante volte abbracciò l'aria vana, +sperando la donzella abbracciar seco! +Quella, che s'era già fatta lontana, +mai non cessò d'andar, che giunse a un speco +che sotto un monte era capace e grande, +dove al bisogno suo trovò vivande. +Quivi un vecchio pastor, che di cavalle +un grande armento avea, facea soggiorno. +Le iumente pascean giù per la valle +le tenere erbe ai freschi rivi intorno. +Di qua di là da l'antro erano stalle, +dove fuggìano il sol del mezzo giorno. +Angelica quel dì lunga dimora +là dentro fece, e non fu vista ancora. +E circa il vespro, poi che rifrescossi, +e le fu aviso esser posata assai, +in certi drappi rozzi aviluppossi, +dissimil troppo ai portamenti gai, +che verdi, gialli, persi, azzurri e rossi +ebbe, e di quante fogge furon mai. +Non le può tor però tanto umil gonna, +che bella non rassembri e nobil donna. +Taccia chi loda Fillide, o Neera, +o Amarilli, o Galatea fugace; +che d'esse alcuna sì bella non era, +Titiro e Melibeo, con vostra pace. +La bella donna tra' fuor de la schiera +de le iumente una che più le piace. +Allora allora se le fece inante +un pensier di tornarsene in Levante. +Ruggiero intanto, poi ch'ebbe gran pezzo +indarno atteso s'ella si scopriva, +e che s'avide del suo error da sezzo, +che non era vicina e non l'udiva; +dove lasciato avea il cavallo, avezzo +in cielo e in terra, a rimontar veniva: +e ritrovò che s'avea tratto il morso, +e salia in aria a più libero corso. +Fu grave e mala aggiunta all'altro danno +vedersi anco restar senza l'augello. +Questo, non men che 'l feminile inganno, +gli preme al cor; ma più che questo e quello, +gli preme e fa sentir noioso affanno +l'aver perduto il prezioso annello; +per le virtù non tanto ch'in lui sono, +quanto che fu de la sua donna dono. +Oltremodo dolente si ripose +indosso l'arme, e lo scudo alle spalle; +dal mar slungossi, e per le piaggie erbose +prese il camin verso una larga valle, +dove per mezzo all'alte selve ombrose +vide il più largo e 'l più segnato calle. +Non molto va, ch'a destra, ove più folta +è quella selva, un gran strepito ascolta. +Strepito ascolta e spaventevol suono +d'arme percosse insieme; onde s'affretta +tra pianta e pianta, e trova dui, che sono +a gran battaglia in poca piazza e stretta. +Non s'hanno alcun riguardo né perdono, +per far, non so di che, dura vendetta. +L'uno è gigante, alla sembianza fiero; +ardito l'altro e franco cavalliero. +E questo con lo scudo e con la spada, +di qua di là saltando, si difende, +perché la mazza sopra non gli cada, +con che il gigante a due man sempre offende. +Giace morto il cavallo in su la strada. +Ruggier si ferma, e alla battaglia attende; +e tosto inchina l'animo, e disia +che vincitore il cavallier ne sia. +Non che per questo gli dia alcun aiuto; +ma si tira da parte, e sta a vedere. +Ecco col baston grave il più membruto +sopra l'elmo a due man del minor fere. +De la percossa è il cavallier caduto: +l'altro, che 'l vide attonito giacere, +per dargli morte l'elmo gli dislaccia; +e fa sì che Ruggier lo vede in faccia. +Vede Ruggier de la sua dolce e bella +e carissima donna Bradamante +scoperto il viso; e lei vede esser quella +a cui dar morte vuol l'empio gigante: +sì che a battaglia subito l'appella, +e con la spada nuda si fa inante: +ma quel, che nuova pugna non attende, +la donna tramortita in braccio prende; +e se l'arreca in spalla, e via la porta, +come lupo talor piccolo agnello, +o l'aquila portar ne l'ugna torta +suole o colombo o simile altro augello. +Vede Ruggier quanto il suo aiuto importa, +e vien correndo a più poter; ma quello +con tanta fretta i lunghi passi mena, +che con gli occhi Ruggier lo segue a pena. +Così correndo l'uno, e seguitando +l'altro, per un sentiero ombroso e fosco, +che sempre si venìa più dilatando, +in un gran prato uscir fuor di quel bosco. +Non più di questo; ch'io ritorno a Orlando, +che 'l fulgur che portò già il re Cimosco, +avea gittato in mar nel maggior fondo, +acciò mai più non si trovasse al mondo. +Ma poco ci giovò: che 'l nimico empio +de l'umana natura, il qual del telo +fu l'inventor, ch'ebbe da quel l'esempio, +ch'apre le nubi e in terra vien dal cielo; +con quasi non minor di quello scempio +che ci diè quando Eva ingannò col melo, +lo fece ritrovar da un negromante, +al tempo de' nostri avi, o poco inante. +La machina infernal, di più di cento +passi d'acqua ove stè ascosa molt'anni, +al sommo tratta per incantamento, +prima portata fu tra gli Alamanni; +li quali uno ed un altro esperimento +facendone, e il demonio a' nostri danni +assuttigliando lor via più la mente, +ne ritrovaro l'uso finalmente. +Italia e Francia e tutte l'altre bande +del mondo han poi la crudele arte appresa. +Alcuno il bronzo in cave forme spande, +che liquefatto ha la fornace accesa; +bùgia altri il ferro; e chi picciol, chi grande +il vaso forma, che più e meno pesa: +e qual bombarda e qual nomina scoppio, +qual semplice cannon, qual cannon doppio; +qual sagra, qual falcon, qual colubrina +sento nomar, come al suo autor più agrada; +che 'l ferro spezza, e i marmi apre e ruina, +e ovunque passa si fa dar la strada. +Rendi, miser soldato, alla fucina +per tutte l'arme c'hai, fin alla spada; +e in spalla un scoppio o un arcobugio prendi; +che senza, io so, non toccherai stipendi. +Come trovasti, o scelerata e brutta +invenzion, mai loco in uman core? +Per te la militar gloria è distrutta, +per te il mestier de l'arme è senza onore; +per te è il valore e la virtù ridutta, +che spesso par del buono il rio migliore: +non più la gagliardia, non più l'ardire +per te può in campo al paragon venire. +Per te son giti ed anderan sotterra +tanti signori e cavallieri tanti, +prima che sia finita questa guerra, +che 'l mondo, ma più Italia ha messo in pianti; +che s'io v'ho detto, il detto mio non erra, +che ben fu il più crudele e il più di quanti +mai furo al mondo ingegni empi e maligni, +ch'imaginò sì abominosi ordigni. +E crederò che Dio, perché vendetta +ne sia in eterno, nel profondo chiuda +del cieco abisso quella maladetta +anima, appresso al maladetto Giuda. +Ma seguitiamo il cavallier ch'in fretta +brama trovarsi all'isola d'Ebuda, +dove le belle donne e delicate +son per vivanda a un marin mostro date. +Ma quanto avea più fretta il paladino, +tanto parea che men l'avesse il vento. +Spiri o dal lato destro o dal mancino, +o ne le poppe, sempre è così lento, +che si può far con lui poco camino; +e rimanea talvolta in tutto spento: +soffia talor sì averso, che gli è forza +o di tornare, o d'ir girando all'orza. +Fu volontà di Dio che non venisse +prima che 'l re d'Ibernia in quella parte, +acciò con più facilità seguisse +quel ch'udir vi farò fra poche carte. +Sopra l'isola sorti, Orlando disse +al suo nochiero: — Or qui potrai fermarte, +e 'l battel darmi; che portar mi voglio +senz'altra compagnia sopra lo scoglio. +E voglio la maggior gomona meco, +e l'ancora maggior ch'abbi sul legno: +io ti farò veder perché l'arreco, +se con quel mostro ad affrontar mi vegno. — +Gittar fe' in mare il palischermo seco, +con tutto quel ch'era atto al suo disegno. +Tutte l'arme lasciò, fuor che la spada; +e vêr lo scoglio, sol, prese la strada. +Si tira i remi al petto, e tien le spalle +volte alla parte ove discender vuole; +a guisa che del mare o de la valle +uscendo al lito, il salso granchio suole. +Era ne l'ora che le chiome gialle +la bella Aurora avea spiegate al Sole, +mezzo scoperto ancora e mezzo ascoso, +non senza sdegno di Titon geloso. +Fattosi appresso al nudo scoglio, quanto +potria gagliarda man gittare un sasso, +gli pare udire e non udire un pianto; +sì all'orecchie gli vien debole e lasso. +Tutto si volta sul sinistro canto; +e posto gli occhi appresso all'onde al basso, +vede una donna, nuda come nacque, +legata a un tronco; e i piè le bagnan l'acque. +Perché gli è ancor lontana, e perché china +la faccia tien, non ben chi sia discerne. +Tira in fretta ambi i remi, e s'avicina +con gran disio di più notizia averne. +Ma muggiar sente in questo la marina, +e rimbombar le selve e le caverne: +gonfiansi l'onde; ed ecco il mostro appare, +che sotto il petto ha quasi ascoso il mare. +Come d'oscura valle umida ascende +nube di pioggia e di tempesta pregna, +che più che cieca notte si distende +per tutto 'l mondo, e par che 'l giorno spegna; +così nuota la fera, e del mar prende +tanto, che si può dir che tutto il tegna: +fremono l'onde. Orlando in sé raccolto, +la mira altier, né cangia cor né volto. +E come quel ch'avea il pensier ben fermo +di quanto volea far, si mosse ratto; +e perché alla donzella essere schermo, +e la fera assalir potesse a un tratto, +entrò fra l'orca e lei col palischermo, +nel fodero lasciando il brando piatto: +l'ancora con la gomona in man prese; +poi con gran cor l'orribil mostro attese. +Tosto che l'orca s'accostò, e scoperse +nel schifo Orlando con poco intervallo, +per ingiottirlo tanta bocca aperse, +ch'entrato un uomo vi saria a cavallo. +Si spinse Orlando inanzi, e se gl'immerse +con quella ancora in gola, e s'io non fallo, +col battello anco; e l'ancora attaccolle +e nel palato e ne la lingua molle: +sì che né più si puon calar di sopra, +né alzar di sotto le mascelle orrende. +Così chi ne le mine il ferro adopra, +la terra, ovunque si fa via, suspende, +che subita ruina non lo cuopra, +mentre malcauto al suo lavoro intende. +Da un amo all'altro l'ancora è tanto alta, +che non v'arriva Orlando, se non salta. +Messo il puntello, e fattosi sicuro +che 'l mostro più serrar non può la bocca, +stringe la spada, e per quel antro oscuro +di qua e di là con tagli e punte tocca. +Come si può, poi che son dentro al muro +giunti i nimici, ben difender rocca; +così difender l'orca si potea +dal paladin che ne la gola avea. +Dal dolor vinta, or sopra il mar si lancia, +e mostra i fianchi e le scagliose schene; +or dentro vi s'attuffa, e con la pancia +muove dal fondo e fa salir l'arene. +Sentendo l'acqua il cavallier di Francia, +che troppo abonda, a nuoto fuor ne viene: +lascia l'ancora fitta, e in mano prende +la fune che da l'ancora depende. +E con quella ne vien nuotando in fretta +verso lo scoglio; ove fermato il piede, +tira l'ancora a sé, ch'in bocca stretta +con le due punte il brutto mostro fiede. +L'orca a seguire il canape è costretta +da quella forza ch'ogni forza eccede, +da quella forza che più in una scossa +tira, ch'in dieci un argano far possa. +Come toro selvatico ch'al corno +gittar si senta un improvviso laccio, +salta di qua di là, s'aggira intorno, +si colca e lieva, e non può uscir d'impaccio; +così fuor del suo antico almo soggiorno +l'orca tratta per forza di quel braccio, +con mille guizzi e mille strane ruote +segue la fune, e scior non se ne puote. +Di bocca il sangue in tanta copia fonde, +che questo oggi il mar Rosso si può dire, +dove in tal guisa ella percuote l'onde, +ch'insino al fondo le vedreste aprire; +ed or ne bagna il cielo, e il lume asconde +del chiaro sol: tanto le fa salire. +Rimbombano al rumor ch'intorno s'ode, +le selve, i monti e le lontane prode. +Fuor de la grotta il vecchio Proteo, quando +ode tanto rumor, sopra il mare esce; +e visto entrare e uscir de l'orca Orlando, +e al lito trar sì smisurato pesce, +fugge per l'alto oceano, obliando +lo sparso gregge: e sì il tumulto cresce, +che fatto al carro i suoi delfini porre, +quel dì Nettuno in Etiopia corre. +Con Melicerta in collo Ino piangendo, +e le Nereide coi capelli sparsi, +Glauci e Tritoni, e gli altri, non sappiendo +dove, chi qua chi là van per salvarsi. +Orlando al lito trasse il pesce orrendo, +col qual non bisognò più affaticarsi; +che pel travaglio e per l'avuta pena, +prima morì, che fosse in su l'arena. +De l'isola non pochi erano corsi +a riguardar quella battaglia strana; +i quai da vana religion rimorsi, +così sant'opra riputar profana: +e dicean che sarebbe un nuovo torsi +Proteo nimico, e attizzar l'ira insana, +da farli porre il marin gregge in terra, +e tutta rinovar l'antica guerra; +e che meglio sarà di chieder pace +prima all'offeso dio, che peggio accada; +e questo si farà, quando l'audace +gittato in mare a placar Proteo vada. +Come dà fuoco l'una a l'altra face, +e tosto alluma tutta una contrada, +così d'un cor ne l'altro si difonde +l'ira ch'Orlando vuol gittar ne l'onde. +Chi d'una fromba e chi d'un arco armato, +chi d'asta, chi di spada, al lito scende; +e dinanzi e di dietro e d'ogni lato, +lontano e appresso, a più poter l'offende. +Di sì bestiale insulto e troppo ingrato +gran meraviglia il paladin si prende: +pel mostro ucciso ingiuria far si vede, +dove aver ne sperò gloria e mercede. +Ma come l'orso suol, che per le fiere +menato sia da Rusci o da Lituani, +passando per la via, poco temere +l'importuno abbaiar di picciol cani, +che pur non se li degna di vedere; +così poco temea di quei villani +il paladin, che con un soffio solo +ne potrà fracassar tutto lo stuolo. +E ben si fece far subito piazza +che lor si volse, e Durindana prese. +S'avea creduto quella gente pazza +che le dovesse far poche contese, +quando né indosso gli vedea corazza, +né scudo in braccio, né alcun altro arnese; +ma non sapea che dal capo alle piante +dura la pelle avea più che diamante. +Quel che d'Orlando agli altri far non lece, +di far degli altri a lui già non è tolto. +Trenta n'uccise, e furo in tutto diece +botte, o se più, non le passò di molto. +Tosto intorno sgombrar l'arena fece; +e per slegar la donna era già volto, +quando nuovo tumulto e nuovo grido +fe' risuonar da un'altra parte il lido. +Mentre avea il paladin da questa banda +così tenuto i barbari impediti, +eran senza contrasto quei d'Irlanda +da più parte ne l'isola saliti; +e spenta ogni pietà, strage nefanda +di quel popul facean per tutti i liti: +fosse iustizia, o fosse crudeltade, +né sesso riguardavano né etade. +Nessun ripar fan gl'isolani, o poco; +parte, ch'accolti son troppo improviso, +parte, che poca gente ha il picciol loco, +e quella poca è di nessun aviso. +L'aver fu messo a sacco; messo fuoco +fu ne le case: il populo fu ucciso: +le mura fur tutte adeguate al suolo: +non fu lasciato vivo un capo solo. +Orlando, come gli appertenga nulla +l'alto rumor, le strida e la ruina, +viene a colei che su la pietra brulla +avea da divorar l'orca marina. +Guarda, e gli par conoscer la fanciulla; +e più gli pare, e più che s'avicina: +gli pare Olimpia: ed era Olimpia certo, +che di sua fede ebbe sì iniquo merto. +Misera Olimpia! a cui dopo lo scorno +che gli fe' Amore, anco Fortuna cruda +mandò i corsari (e fu il medesmo giorno), +che la portaro all'isola d'Ebuda. +Riconosce ella Orlando nel ritorno +che fa allo scoglio: ma perch'ella è nuda, +tien basso il capo; e non che non gli parli, +ma gli occhi non ardisce al viso alzarli. +Orlando domandò ch'iniqua sorte +l'avesse fatta all'isola venire +di là dove lasciata col consorte +lieta l'avea, quanto si può più dire. +— Non so (disse ella) s'io v'ho, che la morte +voi mi schivaste, grazie a riferire, +o da dolermi che per voi non sia +oggi finita la miseria mia. +Io v'ho da ringraziar ch'una maniera +di morir mi schivaste troppo enorme; +che troppo saria enorme, se la fera +nel brutto ventre avesse avuto a porme. +Ma già non vi ringrazio ch'io non pera; +che morte sol può di miseria torme: +ben vi ringrazierò, se da voi darmi +quella vedrò, che d'ogni duol può trarmi. — +Poi con gran pianto seguitò, dicendo +come lo sposo suo l'avea tradita; +che la lasciò su l'isola dormendo, +donde ella poi fu dai corsar rapita. +E mentre ella parlava, rivolgendo +s'andava in quella guisa che scolpita +o dipinta è Diana ne la fonte, +che getta l'acqua ad Ateone in fronte; +che, quanto può, nasconde il petto e 'l ventre, +più liberal dei fianchi e de le rene. +Brama Orlando ch'in porto il suo legno entre; +che lei, che sciolta avea da le catene, +vorria coprir d'alcuna veste. Or mentre +ch'a questo è intento, Oberto sopraviene, +Oberto il re d'Ibernia, ch'avea inteso +che 'l marin mostro era sul lito steso; +e che nuotando un cavallier era ito +a porgli in gola un'ancora assai grave; +e che l'avea così tirato al lito, +come si suol tirar contr'acqua nave. +Oberto, per veder se riferito +colui da chi l'ha inteso, il vero gli have, +se ne vien quivi; e la sua gente intanto +arde e distrugge Ebuda in ogni canto. +Il re d'Ibernia, ancor che fosse Orlando, +di sangue tinto, e d'acqua molle e brutto, +brutto del sangue che si trasse quando +uscì de l'orca in ch'era entrato tutto, +pel conte l'andò pur raffigurando; +tanto più che ne l'animo avea indutto, +tosto che del valor sentì la nuova, +ch'altri ch'Orlando non faria tal pruova. +Lo conoscea, perch'era stato infante +d'onore in Francia, e se n'era partito +per pigliar la corona, l'anno inante, +del padre suo ch'era di vita uscito. +Tante volte veduto, e tante e tante +gli avea parlato, ch'era in infinito. +Lo corse ad abbracciare e a fargli festa, +trattasi la celata ch'avea in testa. +Non meno Orlando di veder contento +si mostrò il re, che 'l re di veder lui. +Poi che furo a iterar l'abbracciamento +una o due volte tornati amendui, +narrò ad Oberto Orlando il tradimento +che fu fatto alla giovane, e da cui +fatto le fu; dal perfido Bireno, +che via d'ogn'altro lo dovea far meno. +Le prove gli narrò, che tante volte +ella d'amarlo dimostrato avea: +come i parenti e le sustanze tolte +le furo, e al fin per lui morir volea; +e ch'esso testimonio era di molte, +e renderne buon conto ne potea. +Mentre parlava, i begli occhi sereni +de la donna di lagrime eran pieni. +Era il bel viso suo, quale esser suole +da primavera alcuna volta il cielo, +quando la pioggia cade, e a un tempo il sole +si sgombra intorno il nubiloso velo. +E come il rosignuol dolci carole +mena nei rami alor del verde stelo, +così alle belle lagrime le piume +si bagna Amore, e gode al chiaro lume. +E ne la face de' begli occhi accende +l'aurato strale, e nel ruscello amorza, +che tra vermigli e bianchi fiori scende: +e temprato che l'ha, tira di forza +contra il garzon, che né scudo difende, +né maglia doppia, né ferrigna scorza; +che mentre sta a mirar gli occhi e le chiome, +si sente il cor ferito, e non sa come. +Le bellezze d'Olimpia eran di quelle +che son più rare: e non la fronte sola, +gli occhi e le guance e le chiome avea belle, +la bocca, il naso, gli omeri e la gola; +ma discendendo giù da le mammelle, +le parti che solea coprir la stola, +fur di tanta eccellenza, ch'anteporse +a quante n'avea il mondo potean forse. +Vinceano di candor le nievi intatte, +ed eran più ch'avorio a toccar molli: +le poppe ritondette parean latte +che fuor dei giunchi allora allora tolli. +Spazio fra lor tal discendea, qual fatte +esser veggiàn fra picciolini colli +l'ombrose valli, in sua stagione amene, +che 'l verno abbia di nieve allora piene. +I rilevati fianchi e le belle anche, +e netto più che specchio il ventre piano, +pareano fatti, e quelle coscie bianche, +da Fidia a torno, o da più dotta mano. +Di quelle parti debbovi dir anche, +che pur celare ella bramava invano? +Dirò insomma, ch'in lei dal capo al piede, +quant'esser può beltà, tutta si vede. +Se fosse stata ne le valli Idee +vista dal Pastor frigio, io non so quanto +Vener, sebben vincea quell'altre dee, +portato avesse di bellezza il vanto: +né forse ito saria ne le Amiclee +contrade esso a violar l'ospizio santo; +ma detto avria: — Con Menelao ti resta, +Elena pur; ch'altra io non vo' che questa. — +E se fosse costei stata a Crotone, +quando Zeusi l'imagine far volse, +che por dovea nel tempio di Iunone, +e tante belle nude insieme accolse; +e che, per una farne in perfezione, +da chi una parte e da chi un'altra tolse: +non avea da torre altra che costei; +che tutte le bellezze erano in lei. +Io non credo che mai Bireno, nudo +vedesse quel bel corpo; ch'io son certo +che stato non saria mai così crudo, +che l'avesse lasciata in quel deserto. +Ch'Oberto se n'accende, io vi concludo, +tanto che 'l fuoco non può star coperto. +Si studia consolarla, e darle speme +ch'uscirà in bene il mal ch'ora la preme: +e le promette andar seco in Olanda; +né fin che ne lo stato la rimetta, +e ch'abbia fatto iusta e memoranda +di quel periuro e traditor vendetta, +non cesserà con ciò che possa Irlanda, +e lo farà quanto potrà più in fretta. +Cercare intanto in quelle case e in queste +facea di gonne e di feminee veste. +Bisogno non sarà, per trovar gonne, +ch'a cercar fuor de l'isola si mande; +ch'ogni dì se n'avea da quelle donne +che de l'avido mostro eran vivande. +Non fe' molto cercar, che ritrovonne +di varie fogge Oberto copia grande; +e fe' vestir Olimpia, e ben gl'increbbe +non la poter vestir come vorrebbe. +Ma né sì bella seta o sì fin'oro +mai Fiorentini industri tesser fenno; +né chi ricama fece mai lavoro, +postovi tempo, diligenza e senno, +che potesse a costui parer decoro, +se lo fêsse Minerva o il dio di Lenno, +e degno di coprir sì belle membre, +che forza è ad or ad or se ne rimembre. +Per più rispetti il paladino molto +si dimostrò di questo amor contento: +ch'oltre che 'l re non lascerebbe asciolto +Bireno andar di tanto tradimento, +sarebbe anch'esso per tal mezzo tolto +di grave e di noioso impedimento, +quivi non per Olimpia, ma venuto +per dar, se v'era, alla sua donna aiuto. +Ch'ella non v'era si chiarì di corto, +ma già non si chiarì se v'era stata; +perché ogn'uomo ne l'isola era morto, +né un sol rimaso di sì gran brigata. +Il dì seguente si partir del porto, +e tutti insieme andaro in una armata. +Con loro andò in Irlanda il paladino; +che fu per gire in Francia il suo camino. +A pena un giorno si fermò in Irlanda; +non valser preghi a far che più vi stesse: +Amor, che dietro alla sua donna il manda, +di fermarvisi più non gli concesse. +Quindi si parte; e prima raccomanda +Olimpia al re, che servi le promesse: +ben che non bisognasse; che gli attenne +molto più, che di far non si convenne. +Così fra pochi dì gente raccolse; +e fatto lega col re d'Inghilterra +e con l'altro di Scozia, gli ritolse +Olanda, e in Frisa non gli lasciò terra; +ed a ribellione anco gli volse +la sua Selandia: e non finì la guerra, +che gli diè morte; né però fu tale +la pena, ch'al delitto andasse eguale. +Olimpia Oberto si pigliò per moglie, +e di contessa la fe' gran regina. +Ma ritorniamo al paladin che scioglie +nel mar le vele, e notte e dì camina; +poi nel medesmo porto le raccoglie, +donde pria le spiegò ne la marina: +e sul suo Brigliadoro armato salse, +e lasciò dietro i venti e l'onde salse. +Credo che 'l resto di quel verno cose +facesse degne di tenerne conto; +ma fur sin a quel tempo sì nascose, +che non è colpa mia s'or non le conto; +perché Orlando a far l'opre virtuose, +più che a narrarle poi, sempre era pronto: +né mai fu alcun de li suoi fatti espresso, +se non quando ebbe i testimoni appresso. +Passò il resto del verno così cheto, +che di lui non si seppe cosa vera: +ma poi che 'l sol ne l'animal discreto +che portò Friso, illuminò la sfera, +e Zefiro tornò soave e lieto +a rimenar la dolce primavera; +d'Orlando usciron le mirabil pruove +coi vaghi fiori e con l'erbette nuove. +Di piano in monte, e di campagna in lido, +pien di travaglio e di dolor ne gìa; +quando all'entrar d'un bosco, un lungo grido, +un alto duol l'orecchie gli ferìa. +Spinge il cavallo, e piglia il brando fido, +e donde viene il suon, ratto s'invia: +ma diferisco un'altra volta a dire +quel che seguì, se mi vorrete udire. Cerere, poi che da la madre Idea +tornando in fretta alla solinga valle, +là dove calca la montagna Etnea +al fulminato Encelado le spalle, +la figlia non trovò dove l'avea +lasciata fuor d'ogni segnato calle; +fatto ch'ebbe alle guance, al petto, ai crini +e agli occhi danno, al fin svelse duo pini; +e nel fuoco gli accese di Vulcano, +e diè lor non potere esser mai spenti: +e portandosi questi uno per mano +sul carro che tiravan dui serpenti, +cercò le selve, i campi, il monte, il piano, +le valli, i fiumi, li stagni, i torrenti, +la terra e 'l mare; e poi che tutto il mondo +cercò di sopra, andò al tartareo fondo. +S'in poter fosse stato Orlando pare +all'Eleusina dea, come in disio, +non avria, per Angelica cercare, +lasciato o selva o campo o stagno o rio +o valle o monte o piano o terra o mare, +il cielo e 'l fondo de l'eterno oblio; +ma poi che 'l carro e i draghi non avea, +la gìa cercando al meglio che potea. +L'ha cercata per Francia: or s'apparecchia +per Italia cercarla e per Lamagna, +per la nuova Castiglia e per la vecchia, +e poi passare in Libia il mar di Spagna. +Mentre pensa così, sente all'orecchia +una voce venir, che par che piagna: +si spinge inanzi; e sopra un gran destriero +trottar si vede innanzi un cavalliero, +che porta in braccio e su l'arcion davante +per forza una mestissima donzella. +Piange ella, e si dibatte, e fa sembiante +di gran dolore; ed in soccorso appella +il valoroso principe d'Anglante; +che come mira alla giovane bella, +gli par colei, per cui la notte e il giorno +cercato Francia avea dentro e d'intorno. +Non dico ch'ella fosse, ma parea +Angelica gentil ch'egli tant'ama. +Egli, che la sua donna e la sua dea +vede portar sì addolorata e grama, +spinto da l'ira e da la furia rea, +con voce orrenda il cavallier richiama; +richiama il cavalliero e gli minaccia, +e Brigliadoro a tutta briglia caccia. +Non resta quel fellon, né gli risponde, +all'alta preda, al gran guadagno intento, +e sì ratto ne va per quelle fronde, +che saria tardo a seguitarlo il vento. +L'un fugge, e l'altro caccia; e le profonde +selve s'odon sonar d'alto lamento. +Correndo usciro in un gran prato; e quello +avea nel mezzo un grande e ricco ostello. +Di vari marmi con suttil lavoro +edificato era il palazzo altiero. +Corse dentro alla porta messa d'oro +con la donzella in braccio il cavalliero. +Dopo non molto giunse Brigliadoro, +che porta Orlando disdegnoso e fiero. +Orlando, come è dentro, gli occhi gira; +né più il guerrier, né la donzella mira. +Subito smonta, e fulminando passa +dove più dentro il bel tetto s'alloggia: +corre di qua, corre di là, né lassa +che non vegga ogni camera, ogni loggia. +Poi che i segreti d'ogni stanza bassa +ha cerco invan, su per le scale poggia; +e non men perde anco a cercar di sopra, +che perdessi di sotto, il tempo e l'opra. +D'oro e di seta i letti ornati vede: +nulla de muri appar né de pareti; +che quelle, e il suolo ove si mette il piede, +son da cortine ascose e da tapeti. +Di su di giù va il conte Orlando e riede; +né per questo può far gli occhi mai lieti +che riveggiano Angelica, o quel ladro +che n'ha portato il bel viso leggiadro. +E mentre or quinci or quindi invano il passo +movea, pien di travaglio e di pensieri, +Ferraù, Brandimarte e il re Gradasso, +re Sacripante ed altri cavallieri +vi ritrovò, ch'andavano alto e basso, +né men facean di lui vani sentieri; +e si ramaricavan del malvagio +invisibil signor di quel palagio. +Tutti cercando il van, tutti gli dànno +colpa di furto alcun che lor fatt'abbia: +del destrier che gli ha tolto, altri è in affanno; +ch'abbia perduta altri la donna, arrabbia; +altri d'altro l'accusa: e così stanno, +che non si san partir di quella gabbia; +e vi son molti, a questo inganno presi, +stati le settimane intiere e i mesi. +Orlando, poi che quattro volte e sei +tutto cercato ebbe il palazzo strano, +disse fra sé: — Qui dimorar potrei, +gittare il tempo e la fatica invano: +e potria il ladro aver tratta costei +da un'altra uscita, e molto esser lontano. — +Con tal pensiero uscì nel verde prato, +dal qual tutto il palazzo era aggirato. +Mentre circonda la casa silvestra, +tenendo pur a terra il viso chino, +per veder s'orma appare, o da man destra +o da sinistra, di nuovo camino; +si sente richiamar da una finestra: +e leva gli occhi; e quel parlar divino +gli pare udire, e par che miri il viso, +che l'ha da quel che fu, tanto diviso. +Pargli Angelica udir, che supplicando +e piangendo gli dica: — Aita, aita! +la mia virginità ti raccomando +più che l'anima mia, più che la vita. +Dunque in presenza del mio caro Orlando +da questo ladro mi sarà rapita? +più tosto di tua man dammi la morte, +che venir lasci a sì infelice sorte. — +Queste parole una ed un'altra volta +fanno Orlando tornar per ogni stanza, +con passione e con fatica molta, +ma temperata pur d'alta speranza. +Talor si ferma, ed una voce ascolta, +che di quella d'Angelica ha sembianza +(e s'egli è da una parte, suona altronde), +che chieggia aiuto; e non sa trovar donde. +Ma tornando a Ruggier, ch'io lasciai quando +dissi che per sentiero ombroso e fosco +il gigante e la donna seguitando, +in un gran prato uscito era del bosco; +io dico ch'arrivò qui dove Orlando +dianzi arrivò, se 'l loco riconosco. +Dentro la porta il gran gigante passa: +Ruggier gli è appresso, e di seguir non lassa. +Tosto che pon dentro alla soglia il piede, +per la gran corte e per le logge mira; +né più il gigante né la donna vede, +e gli occhi indarno or quinci or quindi aggira. +Di su di giù va molte volte e riede; +né gli succede mai quel che desira: +né si sa imaginar dove sì tosto +con la donna il fellon si sia nascosto. +Poi che revisto ha quattro volte e cinque +di su di giù camere e logge e sale, +pur di nuovo ritorna, e non relinque +che non ne cerchi fin sotto le scale. +Con speme al fin che sian ne le propinque +selve, si parte: ma una voce, quale +richiamò Orlando, lui chiamò non manco; +e nel palazzo il fe' ritornar anco. +Una voce medesma, una persona +che paruta era Angelica ad Orlando, +parve a Ruggier la donna di Dordona, +che lo tenea di sé medesmo in bando. +Se con Gradasso o con alcun ragiona +di quei ch'andavan nel palazzo errando, +a tutti par che quella cosa sia, +che più ciascun per sé brama e desia. +Questo era un nuovo e disusato incanto +ch'avea composto Atlante di Carena, +perché Ruggier fosse occupato tanto +in quel travaglio, in quella dolce pena, +che 'l mal'influsso n'andasse da canto, +l'influsso ch'a morir giovene il mena. +Dopo il castel d'acciar, che nulla giova, +e dopo Alcina, Atlante ancor fa pruova. +Non pur costui, ma tutti gli altri ancora, +che di valore in Francia han maggior fama, +acciò che di lor man Ruggier non mora, +condurre Atlante in questo incanto trama. +E mentre fa lor far quivi dimora, +perché di cibo non patischin brama, +sì ben fornito avea tutto il palagio, +che donne e cavallier vi stanno ad agio. +Ma torniamo ad Angelica, che seco +avendo quell'annel mirabil tanto, +ch'in bocca a veder lei fa l'occhio cieco, +nel dito, l'assicura da l'incanto; +e ritrovato nel montano speco +cibo avendo e cavalla e veste e quanto +le fu bisogno, avea fatto disegno +di ritornare in India al suo bel regno. +Orlando volentieri o Sacripante +voluto avrebbe in compania: non ch'ella +più caro avesse l'un che l'altro amante; +anzi di par fu a' lor disii ribella: +ma dovendo, per girsene in Levante, +passar tante città, tante castella, +di compagnia bisogno avea e di guida, +né potea aver con altri la più fida. +Or l'uno or l'altro andò molto cercando, +prima ch'indizio ne trovasse o spia, +quando in cittade, e quando in ville, e quando +in alti boschi, e quando in altra via. +Fortuna al fin là dove il conte Orlando, +Ferraù e Sacripante era, la invia, +con Ruggier, con Gradasso ed altri molti +che v'avea Atlante in strano intrico avolti. +Quivi entra, che veder non la può il mago, +e cerca il tutto, ascosa dal suo annello; +e trova Orlando e Sacripante vago +di lei cercare invan per quello ostello. +Vede come, fingendo la sua immago, +Atlante usa gran fraude a questo e a quello. +Chi tor debba di lor, molto rivolve +nel suo pensier, né ben se ne risolve. +Non sa stimar chi sia per lei migliore, +il conte Orlando o il re dei fier Circassi. +Orlando la potrà con più valore +meglio salvar nei perigliosi passi: +ma se sua guida il fa, sel fa signore; +ch'ella non vede come poi l'abbassi, +qualunque volta, di lui sazia, farlo +voglia minore, o in Francia rimandarlo. +Ma il Circasso depor, quando le piaccia, +potrà, se ben l'avesse posto in cielo. +Questa sola cagion vuol ch'ella il faccia +sua scorta, e mostri avergli fede e zelo. +L'annel trasse di bocca, e di sua faccia +levò dagli occhi a Sacripante il velo. +Credette a lui sol dimostrarsi, e avenne +ch'Orlando e Ferraù le sopravenne. +Le sopravenne Ferraù ed Orlando; +che l'uno e l'altro parimente giva +di su di giù, dentro e di fuor cercando +del gran palazzo lei, ch'era lor diva. +Corser di par tutti alla donna, quando +nessuno incantamento gli impediva: +perché l'annel ch'ella si pose in mano, +fece d'Atlante ogni disegno vano. +L'usbergo indosso aveano e l'elmo in testa +dui di questi guerrier, dei quali io canto; +né notte o dì, dopo ch'entraro in questa +stanza, l'aveano mai messi da canto; +che facile a portar, come la vesta, +era lor, perché in uso l'avean tanto. +Ferraù il terzo era anco armato, eccetto +che non avea né volea avere elmetto, +fin che quel non avea, che 'l paladino +tolse Orlando al fratel del re Troiano; +ch'allora lo giurò, che l'elmo fino +cercò de l'Argalia nel fiume invano: +e se ben quivi Orlando ebbe vicino, +né però Ferraù pose in lui mano; +avenne, che conoscersi tra loro +non si poter, mentre là dentro foro. +Era così incantato quello albergo, +ch'insieme riconoscer non poteansi. +Né notte mai né dì, spada né usbergo +né scudo pur dal braccio rimoveansi. +I lor cavalli con la sella al tergo, +pendendo i morsi da l'arcion, pasceansi +in una stanza, che presso all'uscita, +d'orzo e di paglia sempre era fornita. +Atlante riparar non sa né puote, +ch'in sella non rimontino i guerrieri +per correr dietro alle vermiglie gote, +all'auree chiome ed a' begli occhi neri +de la donzella, ch'in fuga percuote +la sua iumenta, perché volentieri +non vede li tre amanti in compagnia, +che forse tolti un dopo l'altro avria. +E poi che dilungati dal palagio +gli ebbe sì, che temer più non dovea +che contra lor l'incantator malvagio +potesse oprar la sua fallacia rea; +l'annel che le schivò più d'un disagio, +tra le rosate labra si chiudea: +donde lor sparve subito dagli occhi, +e gli lasciò come insensati e sciocchi. +Come che fosse il suo primier disegno +di voler seco Orlando o Sacripante, +ch'a ritornar l'avessero nel regno +di Galafron ne l'ultimo Levante; +le vennero amendua subito a sdegno, +e si mutò di voglia in uno istante: +e senza più obligarsi o a questo o a quello, +pensò bastar per amendua il suo annello. +Volgon pel bosco or quinci or quindi in fretta +quelli scherniti la stupida faccia; +come il cane talor, se gli è intercetta +o lepre o volpe, a cui dava la caccia, +che d'improviso in qualche tana stretta +o in folta macchia o in un fosso si caccia. +Di lor si ride Angelica proterva, +che non è vista, e i lor progressi osserva. +Per mezzo il bosco appar sol una strada: +credono i cavallier che la donzella +inanzi a lor per quella se ne vada; +che non se ne può andar, se non per quella. +Orlando corre, e Ferraù non bada, +né Sacripante men sprona e puntella. +Angelica la briglia più ritiene, +e dietro lor con minor fretta viene. +Giunti che fur, correndo, ove i sentieri +a perder si venian ne la foresta, +e cominciar per l'erba i cavallieri +a riguardar se vi trovavan pesta; +Ferraù, che potea fra quanti altieri +mai fosser, gir con la corona in testa, +si volse con mal viso agli altri dui, +e gridò lor: — Dove venite vui? +Tornate a dietro, o pigliate altra via, +se non volete rimaner qui morti: +né in amar né in seguir la donna mia +si creda alcun, che compagnia comporti. — +Disse Orlando al Circasso: — Che potria +più dir costui, s'ambi ci avesse scorti +per le più vili e timide puttane +che da conocchie mai traesser lane? — +Poi volto a Ferraù, disse: — Uom bestiale, +s'io non guardassi che senza elmo sei, +di quel c'hai detto, s'hai ben detto o male, +senz'altra indugia accorger ti farei. — +Disse il Spagnuol: — Di quel ch'a me non cale, +perché pigliarne tu cura ti dei? +Io sol contra ambidui per far son buono +quel che detto ho, senza elmo come sono. — +— Deh (disse Orlando al re di Circassia), +in mio servigio a costui l'elmo presta, +tanto ch'io gli abbia tratta la pazzia; +ch'altra non vidi mai simile a questa. — +Rispose il re: — Chi più pazzo saria? +Ma se ti par pur la domanda onesta, +prestagli il tuo; ch'io non sarò men atto, +che tu sia forse, a castigare un matto. — +Soggiunse Ferraù: — Sciocchi voi, quasi +che, se mi fosse il portar elmo a grado, +voi senza non ne fosse già rimasi; +che tolti i vostri avrei, vostro mal grado. +Ma per narrarvi in parte li miei casi, +per voto così senza me ne vado, +ed anderò, fin ch'io non ho quel fino +che porta in capo Orlando paladino. — +— Dunque (rispose sorridente il conte) +ti pensi a capo nudo esser bastante +far ad Orlando quel che in Aspramonte +egli già fece al figlio d'Agolante? +Anzi credo io, se tel vedessi a fronte, +ne tremeresti dal capo alle piante; +non che volessi l'elmo, ma daresti +l'altre arme a lui di patto, che tu vesti. — +Il vantator Spagnuol disse: — Già molte +fiate e molte ho così Orlando astretto, +che facilmente l'arme gli avrei tolte, +quante indosso n'avea, non che l'elmetto; +e s'io nol feci, occorrono alle volte +pensier che prima non s'aveano in petto: +non n'ebbi, già fu, voglia; or l'aggio, e spero +che mi potrà succeder di leggiero. — +Non potè aver più pazienza Orlando +e gridò: — Mentitor, brutto marrano, +in che paese ti trovasti, e quando, +a poter più di me con l'arme in mano? +Quel paladin, di che ti vai vantando, +son io, che ti pensavi esser lontano. +Or vedi se tu puoi l'elmo levarme, +o s'io son buon per torre a te l'altre arme. +Né da te voglio un minimo vantaggio. — +Così dicendo, l'elmo si disciolse, +e lo suspese a un ramuscel di faggio; +e quasi a un tempo Durindana tolse. +Ferraù non perdè di ciò il coraggio: +trasse la spada, e in atto si raccolse, +onde con essa e col levato scudo +potesse ricoprirsi il capo nudo. +Così li duo guerrieri incominciaro, +lor cavalli aggirando, a volteggiarsi; +e dove l'arme si giungeano, e raro +era più il ferro, col ferro a tentarsi. +Non era in tutto 'l mondo un altro paro +che più di questo avessi ad accoppiarsi: +pari eran di vigor, pari d'ardire; +né l'un né l'altro si potea ferire. +Ch'abbiate, Signor mio, già inteso estimo, +che Ferraù per tutto era fatato, +fuor che là dove l'alimento primo +piglia il bambin nel ventre ancor serrato: +e fin che del sepolcro il tetro limo +la faccia gli coperse, il luogo armato +usò portar, dove era il dubbio, sempre +di sette piastre fatte a buone tempre. +Era ugualmente il principe d'Anglante +tutto fatato, fuor che in una parte: +ferito esser potea sotto le piante; +ma le guardò con ogni studio ed arte. +Duro era il resto lor più che diamante +(se la fama dal ver non si diparte); +e l'uno e l'altro andò, più per ornato +che per bisogno, alle sue imprese armato. +S'incrudelisce e inaspra la battaglia, +d'orrore in vista e di spavento piena. +Ferraù, quando punge e quando taglia, +né mena botta che non vada piena: +ogni colpo d'Orlando o piastra o maglia +e schioda e rompe ed apre e a straccio mena. +Angelica invisibile lor pon mente, +sola a tanto spettacolo presente. +Intanto il re di Circassia, stimando +che poco inanzi Angelica corresse, +poi ch'attaccati Ferraù ed Orlando +vide restar, per quella via si messe, +che si credea che la donzella, quando +da lor disparve, seguitata avesse: +sì che a quella battaglia la figliuola +di Galafron fu testimonia sola. +Poi che, orribil come era e spaventosa, +l'ebbe da parte ella mirata alquanto, +e che le parve assai pericolosa +così da l'un come da l'altro canto; +di veder novità voluntarosa, +disegnò l'elmo tor, per mirar quanto +fariano i duo guerrier, vistosel tolto; +ben con pensier di non tenerlo molto. +Ha ben di darlo al conte intenzione; +ma se ne vuole in prima pigliar gioco. +L'elmo dispicca, e in grembio se lo pone, +e sta a mirare i cavallieri un poco. +Di poi si parte, e non fa lor sermone; +e lontana era un pezzo da quel loco, +prima ch'alcun di lor v'avesse mente: +sì l'uno e l'altro era ne l'ira ardente. +Ma Ferraù, che prima v'ebbe gli occhi, +si dispiccò da Orlando, e disse a lui: +— Deh come n'ha da male accorti e sciocchi +trattati il cavallier ch'era con nui! +Che premio fia ch'al vincitor più tocchi, +se 'l bel elmo involato n'ha costui? — +Ritrassi Orlando, e gli occhi al ramo gira: +non vede l'elmo, e tutto avampa d'ira. +E nel parer di Ferraù concorse, +che 'l cavallier che dianzi era con loro +se lo portasse; onde la briglia torse, +e fe' sentir gli sproni a Brigliadoro. +Ferraù che del campo il vide torse, +gli venne dietro; e poi che giunti foro +dove ne l'erba appar l'orma novella +ch'avea fatto il Circasso e la donzella, +prese la strada alla sinistra il conte +verso una valle, ove il Circasso era ito: +si tenne Ferraù più presso al monte, +dove il sentiero Angelica avea trito. +Angelica in quel mezzo ad una fonte +giunta era, ombrosa e di giocondo sito, +ch'ognun che passa, alle fresche ombre invita, +né, senza ber, mai lascia far partita. +Angelica si ferma alle chiare onde, +non pensando ch'alcun le sopravegna; +e per lo sacro annel che la nasconde, +non può temer che caso rio le avegna. +A prima giunta in su l'erbose sponde +del rivo l'elmo a un ramuscel consegna; +poi cerca, ove nel bosco è miglior frasca, +la iumenta legar, perché si pasca. +Il cavallier di Spagna, che venuto +era per l'orme, alla fontana giunge. +Non l'ha sì tosto Angelica veduto, +che gli dispare, e la cavalla punge. +L'elmo, che sopra l'erba era caduto, +ritor non può, che troppo resta lunge. +Come il pagan d'Angelica s'accorse, +tosto vêr lei pien di letizia corse. +Gli sparve, come io dico, ella davante, +come fantasma al dipartir del sonno. +Cercando egli la va per quelle piante +né i miseri occhi più veder la ponno. +Bestemiando Macone e Trivigante, +e di sua legge ogni maestro e donno, +ritornò Ferraù verso la fonte, +u' ne l'erba giacea l'elmo del conte. +Lo riconobbe, tosto che mirollo, +per lettere ch'avea scritte ne l'orlo; +che dicean dove Orlando guadagnollo, +e come e quando, ed a chi fe' deporlo. +Armossene il pagano il capo e il collo, +che non lasciò, pel duol ch'avea, di torlo; +pel duol ch'avea di quella che gli sparve, +come sparir soglion notturne larve. +Poi ch'allacciato s'ha il buon elmo in testa, +aviso gli è, che a contentarsi a pieno, +sol ritrovare Angelica gli resta, +che gli appar e dispar come baleno. +Per lei tutta cercò l'alta foresta: +e poi ch'ogni speranza venne meno +di più poterne ritrovar vestigi, +tornò al campo spagnuol verso Parigi; +temperando il dolor che gli ardea il petto, +di non aver sì gran disir sfogato, +col refrigerio di portar l'elmetto +che fu d'Orlando, come avea giurato. +Dal conte, poi che 'l certo gli fu detto, +fu lungamente Ferraù cercato; +né fin quel dì dal capo gli lo sciolse, +che fra duo ponti la vita gli tolse. +Angelica invisibile e soletta +via se ne va, ma con turbata fronte; +che de l'elmo le duol, che troppa fretta +le avea fatto lasciar presso alla fonte. +— Per voler far quel ch'a me far non spetta +(tra sé dicea), levato ho l'elmo al conte: +questo, pel primo merito, è assai buono +di quanto a lui pur ubligata sono. +Con buona intenzione (e sallo Idio), +ben che diverso e tristo effetto segua, +io levai l'elmo: e solo il pensier mio +fu di ridur quella battaglia a triegua; +e non che per mio mezzo il suo disio +questo brutto Spagnuol oggi consegua. — +Così di sé s'andava lamentando +d'aver de l'elmo suo privato Orlando. +Sdegnata e malcontenta la via prese, +che le parea miglior, verso Oriente. +Più volte ascosa andò, talor palese, +secondo era oportuno, infra la gente. +Dopo molto veder molto paese, +giunse in un bosco, dove iniquamente +fra duo compagni morti un giovinetto +trovò, ch'era ferito in mezzo il petto. +Ma non dirò d'Angelica or più inante; +che molte cose ho da narrarvi prima: +né sono a Ferraù né a Sacripante, +sin a gran pezzo per donar più rima. +Da lor mi leva il principe d'Anglante, +che di sé vuol che inanzi agli altri esprima +le fatiche e gli affanni che sostenne +nel gran disio, di che a fin mai non venne. +Alla prima città ch'egli ritruova +(perché d'andare occulto avea gran cura) +si pone in capo una barbuta nuova, +senza mirar s'ha debil tempra o dura: +sia qual si vuol, poco gli nuoce o giova; +sì ne la fatagion si rassicura. +Così coperto seguita l'inchiesta; +né notte, o giorno, o pioggia, o sol l'arresta. +Era ne l'ora, che trae i cavalli +Febo del mar con rugiadoso pelo, +e l'Aurora di fior vermigli e gialli +venìa spargendo d'ogn'intorno il cielo; +e lasciato le stelle aveano i balli, +e per partirsi postosi già il velo: +quando appresso a Parigi un dì passando, +mostrò di sua virtù gran segno Orlando. +In dua squadre incontrossi: e Manilardo +ne reggea l'una, il Saracin canuto, +re di Norizia, già fiero e gagliardo, +or miglior di consiglio che d'aiuto; +guidava l'altra sotto il suo stendardo +il re di Tremisen, ch'era tenuto +tra gli Africani cavallier perfetto: +Alzirdo fu, da chi 'l conobbe, detto. +Questi con l'altro esercito pagano +quella invernata avean fatto soggiorno, +chi presso alla città, chi più lontano, +tutti alle ville o alle castella intorno: +ch'avendo speso il re Agramante invano, +per espugnar Parigi, più d'un giorno, +volse tentar l'assedio finalmente, +poi che pigliar non lo potea altrimente. +E per far questo avea gente infinita; +che oltre a quella che con lui giunt'era, +e quella che di Spagna avea seguita +del re Marsilio la real bandiera +molta di Francia n'avea al soldo unita; +che da Parigi insino alla riviera +d'Arli, con parte di Guascogna (eccetto +alcune rocche) avea tutto suggetto. +Or cominciando i trepidi ruscelli +a sciorre il freddo giaccio in tiepide onde, +e i prati di nuove erbe, e gli arbuscelli +a rivestirsi di tenera fronde; +ragunò il re Agramante tutti quelli +che seguian le fortune sue seconde, +per farsi rassegnar l'armata torma; +indi alle cose sue dar miglior forma. +A questo effetto il re di Tremisenne +con quel de la Norizia ne venìa, +per là giungere a tempo, ove si tenne +poi conto d'ogni squadra o buona o ria. +Orlando a caso ad incontrar si venne +(come io v'ho detto) in questa compagnia, +cercando pur colei, come egli era uso, +che nel carcer d'Amor lo tenea chiuso. +Come Alzirdo appressar vide quel conte +che di valor non avea pari al mondo, +in tal sembiante, in sì superba fronte, +che 'l dio de l'arme a lui parea secondo; +restò stupito alle fattezze conte, +al fiero sguardo, al viso furibondo: +e lo stimò guerrier d'alta prodezza; +ma ebbe del provar troppa vaghezza. +Era giovane Alzirdo, ed arrogante +per molta forza, e per gran cor pregiato. +Per giostrar spinse il suo cavallo inante: +meglio per lui, se fosse in schiera stato; +che ne lo scontro il principe d'Anglante +lo fe' cader per mezzo il cor passato. +Giva in fuga il destrier di timor pieno, +che su non v'era chi reggesse il freno. +Levasi un grido subito ed orrendo, +che d'ogn'intorno n'ha l'aria ripiena, +come si vede il giovene, cadendo, +spicciar il sangue di sì larga vena. +La turba verso il conte vien fremendo +disordinata, e tagli e punte mena; +ma quella è più, che con pennuti dardi +tempesta il fior dei cavallier gagliardi. +Con qual rumor la setolosa frotta +correr da monti suole o da campagne, +se 'l lupo uscito di nascosa grotta, +o l'orso sceso alle minor montagne, +un tener porco preso abbia talotta, +che con grugnito e gran stridor si lagne; +con tal lo stuol barbarico era mosso +verso il conte, gridando: — Addosso, addosso! — +Lance, saette e spade ebbe l'usbergo +a un tempo mille, e lo scudo altretante: +chi gli percuote con la mazza il tergo, +chi minaccia da lato, e chi davante. +Ma quel, ch'al timor mai non diede albergo, +estima la vil turba e l'arme tante, +quel che dentro alla mandra, all'aer cupo, +il numer de l'agnelle estimi il lupo. +Nuda avea in man quella fulminea spada +che posti ha tanti Saracini a morte: +dunque chi vuol di quanta turba cada +tenere il conto, ha impresa dura e forte. +Rossa di sangue già correa la strada, +capace a pena a tante genti morte; +perché né targa né capel difende +la fatal Durindana, ove discende, +né vesta piena di cotone, o tele +che circondino il capo in mille vòlti. +Non pur per l'aria gemiti e querele, +ma volan braccia e spalle e capi sciolti. +Pel campo errando va Morte crudele +in molti, vari, e tutti orribil volti; +e tra sé dice: — In man d'Orlando valci +Durindana per cento de mie falci. — +Una percossa a pena l'altra aspetta. +Ben tosto cominciar tutti a fuggire; +e quando prima ne veniano in fretta +(perch'era sol, credeanselo inghiottire), +non è chi per levarsi de la stretta +l'amico aspetti, e cerchi insieme gire: +chi fugge a piedi in qua, chi colà sprona; +nessun domanda se la strada è buona. +Virtude andava intorno con lo speglio +che fa veder ne l'anima ogni ruga: +nessun vi si mirò, se non un veglio +a cui il sangue l'età, non l'ardir, sciuga. +Vide costui quanto il morir sia meglio, +che con suo disonor mettersi in fuga: +dico il re di Norizia; onde la lancia +arrestò contra il paladin di Francia. +E la roppe alla penna de lo scudo +del fiero conte, che nulla si mosse. +Egli ch'avea alla posta il brando nudo, +re Manilardo al trapassar percosse. +Fortuna l'aiutò; che 'l ferro crudo +in man d'Orlando al venir giù voltosse: +tirare i colpi a filo ognor non lece; +ma pur di sella stramazzar lo fece. +Stordito de l'arcion quel re stramazza: +non si rivolge Orlando a rivederlo; +che gli altri taglia, tronca, fende, amazza; +a tutti pare in su le spalle averlo. +Come per l'aria, ove han sì larga piazza, +fuggon li storni da l'audace smerlo, +così di quella squadra ormai disfatta +altri cade, altri fugge, altri s'appiatta. +Non cessò pria la sanguinosa spada, +che fu di viva gente il campo voto. +Orlando è in dubbio a ripigliar la strada, +ben che gli sia tutto il paese noto. +O da man destra o da sinistra vada, +il pensier da l'andar sempre è remoto: +d'Angelica cercar, fuor ch'ove sia, +teme, e di far sempre contraria via. +Il suo camin (di lei chiedendo spesso) +or per li campi or per le selve tenne: +e sì come era uscito di se stesso, +uscì di strada; e a piè d'un monte venne, +dove la notte fuor d'un sasso fesso +lontan vide un splendor batter le penne. +Orlando al sasso per veder s'accosta, +se quivi fosse Angelica reposta. +Come nel bosco de l'umil ginepre, +o ne la stoppia alla campagna aperta, +quando si cerca la paurosa lepre +per traversati solchi e per via incerta, +si va ad ogni cespuglio, ad ogni vepre, +se per ventura vi fosse coperta; +così cercava Orlando con gran pena +la donna sua, dove speranza il mena. +Verso quel raggio andando in fretta il conte, +giunse ove ne la selva si diffonde +da l'angusto spiraglio di quel monte, +ch'una capace grotta in sé nasconde; +e trova inanzi ne la prima fronte +spine e virgulti, come mura e sponde, +per celar quei che ne la grotta stanno, +da chi far lor cercasse oltraggio e danno. +Di giorno ritrovata non sarebbe, +ma la facea di notte il lume aperta. +Orlando pensa ben quel ch'esser debbe; +pur vuol saper la cosa anco più certa. +Poi che legato fuor Brigliadoro ebbe, +tacito viene alla grotta coperta: +e fra li spessi rami ne la buca +entra, senza chiamar chi l'introduca. +Scende la tomba molti gradi al basso, +dove la viva gente sta sepolta. +Era non poco spazioso il sasso +tagliato a punte di scarpelli in volta; +né di luce diurna in tutto casso, +ben che l'entrata non ne dava molta; +ma ve ne venìa assai da una finestra +che sporgea in un pertugio da man destra. +In mezzo la spelonca, appresso a un fuoco, +era una donna di giocondo viso; +quindici anni passar dovea di poco, +quanto fu al conte, al primo sguardo, aviso: +ed era bella sì, che facea il loco +salvatico parere un paradiso; +ben ch'avea gli occhi di lacrime pregni, +del cor dolente manifesti segni. +V'era una vecchia; e facean gran contese +(come uso feminil spesso esser suole), +ma come il conte ne la grotta scese, +finiron le dispùte e le parole. +Orlando a salutarle fu cortese +(come con donne sempre esser si vuole), +ed elle si levaro immantinente, +e lui risalutar benignamente. +Gli è ver che si smarriro in faccia alquanto, +come improviso udiron quella voce, +e insieme entrare armato tutto quanto +vider là dentro un uom tanto feroce. +Orlando domandò qual fosse tanto +scortese, ingiusto, barbaro ed atroce, +che ne la grotta tenesse sepolto +un sì gentile ed amoroso volto. +La vergine a fatica gli rispose, +interrotta da fervidi signiozzi, +che dai coralli e da le preziose +perle uscir fanno i dolci accenti mozzi. +Le lacrime scendean tra gigli e rose, +là dove avien ch'alcuna se n'inghiozzi. +Piacciavi udir ne l'altro canto il resto, +Signor, che tempo è ormai di finir questo. Ben furo aventurosi i cavallieri +ch'erano a quella età, che nei valloni, +ne le scure spelonche e boschi fieri, +tane di serpi, d'orsi e di leoni, +trovavan quel che nei palazzi altieri +a pena or trovar puon giudici buoni: +donne, che ne la lor più fresca etade +sien degne d'aver titol di beltade. +Di sopra vi narrai che ne la grotta +avea trovato Orlando una donzella, +e che la dimandò ch'ivi condotta +l'avesse: or seguitando, dico ch'ella, +poi che più d'un signiozzo l'ha interrotta, +con dolce e suavissima favella +al conte fa le sue sciagure note, +con quella brevità che meglio puote. +— Ben che io sia certa (dice), o cavalliero, +ch'io porterò del mio parlar supplizio, +perché a colui che qui m'ha chiusa, spero +che costei ne darà subito indizio; +pur son disposta non celarti il vero, +e vada la mia vita in precipizio. +E ch'aspettar poss'io da lui più gioia, +che 'l si disponga un dì voler ch'io muoia? +Isabella sono io, che figlia fui +del re mal fortunato di Gallizia. +Ben dissi fui; ch'or non son più di lui, +ma di dolor, d'affanno e di mestizia. +Colpa d'Amor; ch'io non saprei di cui +dolermi più che de la sua nequizia, +che dolcemente nei principi applaude, +e tesse di nascosto inganno e fraude. +Già mi vivea di mia sorte felice, +gentil, giovane, ricca, onesta e bella: +vile e povera or sono, or infelice; +e s'altra è peggior sorte, io sono in quella. +Ma voglio sappi la prima radice +che produsse quel mal che mi flagella; +e ben ch'aiuto poi da te non esca, +poco non mi parrà, che te n'incresca. +Mio patre fe' in Baiona alcune giostre, +esser denno oggimai dodici mesi. +Trasse la fama ne le terre nostre +cavallieri a giostrar di più paesi. +Fra gli altri (o sia ch'Amor così mi mostre, +o che virtù pur se stessa palesi) +mi parve da lodar Zerbino solo, +che del gran re di Scozia era figliuolo. +Il qual poi che far pruove in campo vidi +miracolose di cavalleria, +fui presa del suo amore; e non m'avidi, +ch'io mi conobbi più non esser mia. +E pur, ben che 'l suo amor così mi guidi, +mi giova sempre avere in fantasia +ch'io non misi il mio core in luogo immondo, +ma nel più degno e bel ch'oggi sia al mondo. +Zerbino di bellezza e di valore +sopra tutti i signori era eminente. +Mostrammi, e credo mi portasse amore, +e che di me non fosse meno ardente. +Non ci mancò chi del commune ardore +interprete fra noi fosse sovente, +poi che di vista ancor fummo disgiunti; +che gli animi restar sempre congiunti. +Però che dato fine alla gran festa, +il mio Zerbino in Scozia fe' ritorno. +Se sai che cosa è amor, ben sai che mesta +restai, di lui pensando notte e giorno; +ed era certa che non men molesta +fiamma intorno al suo cor facea soggiorno. +Egli non fece al suo disio più schermi, +se non che cercò via di seco avermi. +E perché vieta la diversa fede +(essendo egli cristiano, io saracina) +ch'al mio padre per moglie non mi chiede, +per furto indi levarmi si destina. +Fuor de la ricca mia patria, che siede +tra verdi campi allato alla marina, +aveva un bel giardin sopra una riva, +che colli intorno e tutto il mar scopriva. +Gli parve il luogo a fornir ciò disposto, +che la diversa religion ci vieta; +e mi fa saper l'ordine che posto +avea di far la nostra vita lieta. +Appresso a Santa Marta avea nascosto +con gente armata una galea secreta, +in guardia d'Odorico di Biscaglia, +in mare e in terra mastro di battaglia. +Né potendo in persona far l'effetto, +perch'egli allora era dal padre antico +a dar soccorso al re di Francia astretto, +manderia in vece sua questo Odorico, +che fra tutti i fedeli amici eletto +s'avea pel più fedele e pel più amico: +e bene esser dovea, se i benefici +sempre hanno forza d'acquistar gli amici. +Verria costui sopra un navilio armato, +al terminato tempo indi a levarmi. +E così venne il giorno disiato, +che dentro il mio giardin lasciai trovarmi. +Odorico la notte, accompagnato +di gente valorosa all'acqua e all'armi, +smontò ad un fiume alla città vicino, +e venne chetamente al mio giardino. +Quindi fui tratta alla galea spalmata, +prima che la città n'avesse avisi. +De la famiglia ignuda e disarmata +altri fuggiro, altri restaro uccisi, +parte captiva meco fu menata. +Così da la mia terra io mi divisi, +con quanto gaudio non ti potrei dire, +sperando in breve il mio Zerbin fruire. +Voltati sopra Mongia eramo a pena, +quando ci assalse alla sinistra sponda +un vento che turbò l'aria serena, +e turbò il mare, e al ciel gli levò l'onda. +Salta un maestro ch'a traverso mena, +e cresce ad ora ad ora, e soprabonda; +e cresce e soprabonda con tal forza, +che val poco alternar poggia con orza. +Non giova calar vele, e l'arbor sopra +corsia legar, né ruinar castella; +che ci veggian mal grado portar sopra +acuti scogli, appresso alla Rocella. +Se non ci aiuta quel che sta di sopra, +ci spinge in terra la crudel procella. +Il vento rio ne caccia in maggior fretta, +che d'arco mai non si aventò saetta. +Vide il periglio il Biscaglino, e a quello +usò un rimedio che fallir suol spesso: +ebbe ricorso subito al battello; +calossi, e me calar fece con esso. +Sceser dui altri, e ne scendea un drappello, +se i primi scesi l'avesser concesso; +ma con le spade li tenner discosto, +tagliar la fune, e ci allargammo tosto. +Fummo gittati a salvamento al lito +noi che nel palischermo eramo scesi; +periron gli altri col legno sdrucito; +in preda al mare andar tutti gli arnesi. +All'eterna Bontade, all'infinito +Amor, rendendo grazie, le man stesi, +che non m'avessi dal furor marino +lasciato tor di riveder Zerbino. +Come ch'io avessi sopra il legno e vesti +lasciato e gioie e l'altre cose care, +pur che la speme di Zerbin mi resti, +contenta son che s'abbi il resto il mare. +Non sono, ove scendemo, i liti pesti +d'alcun sentier, né intorno albergo appare; +ma solo il monte, al qual mai sempre fiede +l'ombroso capo il vento, e 'l mare il piede. +Quivi il crudo tiranno Amor, che sempre +d'ogni promessa sua fu disleale, +e sempre guarda come involva e stempre +ogni nostro disegno razionale, +mutò con triste e disoneste tempre +mio conforto in dolor, mio bene in male; +che quell'amico, in chi Zerbin si crede, +di desire arse, ed agghiacciò di fede. +O che m'avesse in mar bramata ancora, +né fosse stato a dimostrarlo ardito, +o cominciassi il desiderio allora +che l'agio v'ebbe dal solingo lito; +disegnò quivi senza più dimora +condurre a fin l'ingordo suo appetito; +ma prima da sé torre un de li dui +che nel battel campati eran con nui. +Quell'era omo di Scozia, Almonio detto, +che mostrava a Zerbin portar gran fede; +e commendato per guerrier perfetto +da lui fu, quando ad Odorico il diede. +Disse a costui, che biasmo era e difetto, +se mi traeano alla Rocella a piede; +e lo pregò ch'inanti volesse ire +a farmi incontra alcun ronzin venire. +Almonio, che di ciò nulla temea, +immantinente inanzi il camin piglia +alla città che 'l bosco ci ascondea, +e non era lontana oltra sei miglia. +Odorico scoprir sua voglia rea +all'altro finalmente si consiglia; +sì perché tor non se lo sa d'appresso, +sì perché avea gran confidenza in esso. +Era Corebo di Bilbao nomato +quel di ch'io parlo, che con noi rimase; +che da fanciullo picciolo allevato +s'era con lui ne le medesme case. +Poter con lui communicar l'ingrato +pensiero il traditor si persuase, +sperando ch'ad amar saria più presto +il piacer de l'amico, che l'onesto. +Corebo, che gentile era e cortese, +non lo potè ascoltar senza gran sdegno: +lo chiamò traditore, e gli contese +con parole e con fatti il rio disegno. +Grande ira all'uno e all'altro il core accese, +e con le spade nude ne fer segno. +Al trar de' ferri, io fui da la paura +volta a fuggir per l'alta selva oscura. +Odorico, che maestro era di guerra, +in pochi colpi a tal vantaggio venne, +che per morto lasciò Corebo in terra, +e per le mie vestigie il camin tenne. +Prestògli Amor (se 'l mio creder non erra), +acciò potesse giungermi, le penne; +e gl'insegnò molte lusinghe e prieghi, +con che ad amarlo e compiacer mi pieghi. +Ma tutto è indarno; che fermata e certa +più tosto era a morir, ch'a satisfarli. +Poi ch'ogni priego, ogni lusinga esperta +ebbe e minacce, e non potean giovarli, +si ridusse alla forza a faccia aperta. +Nulla mi val che supplicando parli +de la fé ch'avea in lui Zerbino avuta, +e ch'io ne le sue man m'era creduta. +Poi che gittar mi vidi i prieghi invano, +né mi sperare altronde altro soccorso, +e che più sempre cupido e villano +a me venìa, come famelico orso; +io mi difesi con piedi e con mano, +ed adopra'vi sin a l'ugne e il morso: +pela'gli il mento, e gli graffiai la pelle, +con stridi che n'andavano alle stelle. +Non so se fosse caso, o li miei gridi +che si doveano udir lungi una lega, +o pur ch'usati sian correre ai lidi +quando navilio alcun si rompe o anniega; +sopra il monte una turba apparir vidi, +e questa al mare e verso noi si piega. +Come la vede il Biscaglin venire, +lascia l'impresa, e voltasi a fuggire. +Contra quel disleal mi fu adiutrice +questa turba, signor; ma a quella image +che sovente in proverbio il vulgo dice: +cader de la padella ne le brage. +Gli è ver ch'io non son stata sì infelice, +né le lor menti ancor tanto malvage, +ch'abbino violata mia persona: +non che sia in lor virtù, né cosa buona. +Ma perché se mi serban, come io sono, +vergine, speran vendermi più molto. +Finito è il mese ottavo e viene il nono, +che fu il mio vivo corpo qui sepolto. +Del mio Zerbino ogni speme abbandono; +che già, per quanto ho da lor detti accolto, +m'han promessa e venduta a un mercadante, +che portare al soldan mi de' in Levante. — +Così parlava la gentil donzella; +e spesso con signiozzi e con sospiri +interrompea l'angelica favella, +da muovere a pietade aspidi e tiri. +Mentre sua doglia così rinovella, +o forse disacerba i suoi martiri, +da venti uomini entrar ne la spelonca, +armati chi di spiedo e chi di ronca. +Il primo d'essi, uom di spietato viso, +ha solo un occhio, e sguardo scuro e bieco; +l'altro, d'un colpo che gli avea reciso +il naso e la mascella, è fatto cieco. +Costui vedendo il cavalliero assiso +con la vergine bella entro allo speco, +volto a' compagni, disse: — Ecco augel nuovo, +a cui non tesi, e ne la rete il truovo. — +Poi disse al conte: — Uomo non vidi mai +più commodo di te, né più opportuno. +Non so se ti se' apposto, o se lo sai +perché te l'abbia forse detto alcuno, +che sì bell'arme io desiava assai, +e questo tuo leggiadro abito bruno. +Venuto a tempo veramente sei, +per riparare agli bisogni miei. — +Sorrise amaramente, in piè salito, +Orlando, e fe' risposta al mascalzone: +— Io ti venderò l'arme ad un partito +che non ha mercadante in sua ragione. — +Del fuoco, ch'avea appresso, indi rapito +pien di fuoco e di fumo uno stizzone, +trasse, e percosse il malandrino a caso, +dove confina con le ciglia il naso. +Lo stizzone ambe le palpebre colse, +ma maggior danno fe' ne la sinistra; +che quella parte misera gli tolse, +che de la luce sola, era ministra. +Né d'acciecarlo contentar si volse +il colpo fier, s'ancor non lo registra +tra quelli spirti che con suoi compagni +fa star Chiron dentro ai bollenti stagni. +Ne la spelonca una gran mensa siede +grossa duo palmi, e spaziosa in quadro, +che sopra un mal pulito e grosso piede, +cape con tutta la famiglia il ladro. +Con quell'agevolezza che si vede +gittar la canna lo Spagnuol leggiadro, +Orlando il grave desco da sé scaglia +dove ristretta insieme è la canaglia. +A chi'l petto, a chi'l ventre, a chi la testa, +a chi rompe le gambe, a chi le braccia; +di ch'altri muore, altri storpiato resta: +chi meno è offeso, di fuggir procaccia. +Così talvolta un grave sasso pesta +e fianchi e lombi, e spezza capi e schiaccia, +gittato sopra un gran drapel di biscie, +che dopo il verno al sol si goda e liscie. +Nascono casi, e non saprei dir quanti: +una muore, una parte senza coda, +un'altra non si può muover davanti, +e 'l deretano indarno aggira e snoda; +un'altra, ch'ebbe più propizi i santi, +striscia fra l'erbe, e va serpendo a proda. +Il colpo orribil fu, ma non mirando, +poi che lo fece il valoroso Orlando. +Quei che la mensa o nulla o poco offese +(e Turpin scrive a punto che fur sette), +ai piedi raccomandan sue difese: +ma ne l'uscita il paladin si mette; +e poi che presi gli ha senza contese, +le man lor lega con la fune istrette, +con una fune al suo bisogno destra, +che ritrovò ne la casa silvestra. +Poi li trascina fuor de la spelonca, +dove facea grande ombra un vecchio sorbo. +Orlando con la spada i rami tronca, +e quelli attacca per vivanda al corbo. +Non bisognò catena in capo adonca; +che per purgare il mondo di quel morbo, +l'arbor medesmo gli uncini prestolli, +con che pel mento Orlando ivi attaccolli. +La donna vecchia, amica a' malandrini, +poi che restar tutti li vide estinti, +fuggì piangendo e con le mani ai crini, +per selve e boscherecci labirinti. +Dopo aspri e malagevoli camini, +a gravi passi e dal timor sospinti, +in ripa un fiume in un guerrier scontrosse; +ma diferisco a ricontar chi fosse: +e torno all'altra, che si raccomanda +al paladin che non la lasci sola; +e dice di seguirlo in ogni banda. +Cortesemente Orlando la consola; +e quindi, poi ch'uscì con la ghirlanda +di rose adorna e di purpurea stola +la bianca Aurora al solito camino, +partì con Isabella il paladino. +Senza trovar cosa che degna sia +d'istoria, molti giorni insieme andaro; +e finalmente un cavallier per via, +che prigione era tratto, riscontraro. +Chi fosse, dirò poi; ch'or me ne svia +tal, di chi udir non vi sarà men caro: +la figliuola d'Amon, la qual lasciai +languida dianzi in amorosi guai. +La bella donna, disiando invano +ch'a lei facesse il suo Ruggier ritorno, +stava a Marsilia, ove allo stuol pagano +dava da travagliar quasi ogni giorno; +il qual scorrea, rubando in monte e in piano, +per Linguadoca e per Provenza intorno: +ed ella ben facea l'ufficio vero +di savio duca e d'ottimo guerriero. +Standosi quivi, e di gran spazio essendo +passato il tempo che tornare a lei +il suo Ruggier dovea, né lo vedendo, +vivea in timor di mille casi rei. +Un dì fra gli altri, che di ciò piangendo +stava solinga, le arrivò colei +che portò ne l'annel la medicina +che sanò il cor ch'avea ferito Alcina. +Come a sé ritornar senza il suo amante, +dopo sì lungo termine, la vede, +resta pallida e smorta, e sì tremante, +che non ha forza di tenersi in piede: +ma la maga gentil le va davante +ridendo, poi che del timor s'avede; +e con viso giocondo la conforta, +qual aver suol chi buone nuove apporta. +— Non temer (disse) di Ruggier, donzella, +ch'è vivo e sano, e come suol, t'adora; +ma non è già in sua libertà; che quella +pur gli ha levata il tuo nemico ancora: +ed è bisogno che tu monti in sella, +se brami averlo, e che mi segui or ora; +che se mi segui, io t'aprirò la via +donde per te Ruggier libero fia. — +E seguitò, narrandole di quello +magico error che gli avea ordito Atlante: +che simulando d'essa il viso bello, +che captiva parea del rio gigante, +tratto l'avea ne l'incantato ostello, +dove sparito poi gli era davante; +e come tarda con simile inganno +le donne e i cavallier che di là vanno. +A tutti par, l'incantator mirando, +mirar quel che per sé brama ciascuno, +donna, scudier, compagno, amico; quando +il desiderio uman non è tutto uno. +Quindi il palagio van tutti cercando +con lungo affanno, senza frutto alcuno; +e tanta è la speranza e il gran disire +del ritrovar, che non ne san partire. +Come tu giungi (disse) in quella parte +che giace presso all'incantata stanza, +verrà l'incantatore a ritrovarte, +che terrà di Ruggiero ogni sembianza; +e ti farà parer con sua mal'arte, +ch'ivi lo vinca alcun di più possanza, +acciò che tu per aiutarlo vada +dove con gli altri poi ti tenga a bada. +Acciò l'inganni, in che son tanti e tanti +caduti, non ti colgan, sie avertita, +che se ben di Ruggier viso e sembianti +ti parrà di veder, che chieggia aita, +non gli dar fede tu; ma, come avanti +ti vien, fagli lasciar l'indegna vita: +né dubitar perciò che Ruggier muoia, +ma ben colui che ti dà tanta noia. +Ti parrà duro assai, ben lo conosco, +uccidere un che sembri il tuo Ruggiero: +pur non dar fede all'occhio tuo, che losco +farà l'incanto, e celeragli il vero. +Fermati, pria ch'io ti conduca al bosco, +sì che poi non si cangi il tuo pensiero; +che sempre di Ruggier rimarrai priva, +se lasci per viltà che 'l mago viva. — +La valorosa giovane, con questa +intenzion che 'l fraudolente uccida, +a pigliar l'arme ed a seguire è presta +Melissa; che sa ben quanto l'è fida. +Quella, or per terren culto, or per foresta, +a gran giornate e in gran fretta la guida, +cercando alleviarle tuttavia +con parlar grato la noiosa via. +E più di tutti i bei ragionamenti, +spesso le ripetea ch'uscir di lei +e di Ruggier doveano gli eccellenti +principi e gloriosi semidei. +Come a Melissa fossino presenti +tutti i secreti degli eterni dei, +tutte le cose ella sapea predire, +ch'avean per molti seculi a venire. +— Deh, come, o prudentissima mia scorta +(dicea a la maga l'inclita donzella), +molti anni prima tu m'hai fatta accorta +di tanta mia viril progenie bella; +così d'alcuna donna mi conforta, +che di mia stirpe sia, s'alcuna in quella +metter si può tra belle e virtuose. — +E la cortese maga le rispose: +— Da te uscir veggio le pudiche donne, +madri d'imperatori e di gran regi, +reparatrici e solide colonne +di case illustri e di domìni egregi; +che men degne non son ne le lor gonne, +ch'in arme i cavallier, di sommi pregi, +di pietà, di gran cor, di gran prudenza, +di somma e incomparabil continenza. +E s'io avrò da narrarti di ciascuna +che ne la stirpe tua sia d'onor degna, +troppo sarà; ch'io non ne veggio alcuna +che passar con silenzio mi convegna. +Ma ti farò, tra mille, scelta d'una +o di due coppie, acciò ch'a fin ne vegna. +Ne la spelonca perché nol dicesti? +che l'imagini ancor vedute avresti. +De la tua chiara stirpe uscirà quella +d'opere illustri e di bei studi amica, +ch'io non so ben se più leggiadra e bella +mi debba dire, o più saggia e pudica, +liberale e magnanima Isabella, +che del bel lume suo dì e notte aprica +farà la terra che sul Menzo siede, +a cui la madre d'Ocno il nome diede: +dove onorato e splendido certame +avrà col suo dignissimo consorte, +chi di lor più le virtù prezzi ed ame, +e chi meglio apra a cortesia le porte. +S'un narrerà ch'al Taro e nel Reame +fu a liberar da' Galli Italia forte; +l'altra dirà: — Sol perché casta visse +Penelope, non fu minor d'Ulisse. — +Gran cose e molte in brevi detti accolgo +di questa donna e più dietro ne lasso, +che in quelli dì ch'io mi levai dal volgo, +mi fe' chiare Merlin dal cavo sasso. +E s'in questo gran mar la vela sciolgo, +di lunga Tifi in navigar trapasso. +Conchiudo in somma, ch'ella avrà, per dono, +de la virtù e del ciel, ciò ch'è di buono. +Seco avrà la sorella Beatrice, +a cui si converrà tal nome a punto: +ch'essa non sol del ben che qua giù lice, +per quel che viverà, toccherà il punto; +ma avrà forza di far seco felice, +fra tutti i ricchi duci, il suo congiunto, +il qual, come ella poi lascerà il mondo, +così de l'infelici andrà nel fondo. +E Moro e Sforza e Viscontei colubri, +lei viva, formidabili saranno +da l'iperboree nievi ai lidi rubri, +da l'Indo ai monti ch'al tuo mar via danno: +lei morta, andran col regno degl'Insubri, +e con grave di tutta Italia danno, +in servitute; e fia stimata, senza +costei, ventura la somma prudenza. +Vi saranno altre ancor, ch'avranno il nome +medesmo, e nasceran molt'anni prima: +di ch'una s'ornerà le sacre chiome +de la corona di Pannonia opima; +un'altra, poi che le terrene some +lasciate avrà, fia ne l'ausonio clima +collocata nel numer de le dive, +ed avrà incensi e imagini votive. +De l'altre tacerò; che, come ho detto, +lungo sarebbe a ragionar di tante; +ben che per sé ciascuna abbia suggetto +degno, ch'eroica e chiara tuba cante. +Le Bianche, le Lucrezie io terrò in petto, +e le Costanze e l'altre, che di quante +splendide case Italia reggeranno, +reparatrici e madri ad esser hanno. +Più ch'altre fosser mai, le tue famiglie +saran ne le lor donne aventurose; +non dico in quella più de le lor figlie, +che ne l'alta onestà de le lor spose. +E acciò da te notizia anco si piglie +di questa parte che Merlin mi espose, +forse perch'io 'l dovessi a te ridire, +ho di parlarne non poco desire. +E dirò prima di Ricciarda, degno +esempio di fortezza e d'onestade: +vedova rimarrà, giovane, a sdegno +di Fortuna; il che spesso ai buoni accade. +I figli, privi del paterno regno, +esuli andar vedrà in strane contrade, +fanciulli in man degli aversari loro; +ma infine avrà il suo male amplo ristoro. +De l'alta stirpe d'Aragone antica +non tacerò la splendida regina, +di cui né saggia sì, né sì pudica +veggio istoria lodar greca o latina, +né a cui Fortuna più si mostri amica: +poi che sarà da la Bontà divina +elletta madre a parturir la bella +progenie, Alfonso, Ippolito e Isabella. +Costei sarà la saggia Leonora, +che nel tuo felice arbore s'inesta. +Che ti dirò de la seconda nuora, +succeditrice prossima di questa? +Lucrezia Borgia, di cui d'ora in ora +le beltà, la virtù, la fama onesta +e la fortuna crescerà, non meno +che giovin pianta in morbido terreno. +Qual lo stagno all'argento, il rame all'oro, +il campestre papavero alla rosa, +pallido salce al sempre verde alloro, +dipinto vetro a gemma preziosa; +tal a costei, ch'ancor non nata onoro, +sarà ciascuna insino a qui famosa +di singular beltà, di gran prudenza, +e d'ogni altra lodevole eccellenza. +E sopra tutti gli altri incliti pregi +che le saranno e a viva e a morta dati, +si loderà che di costumi regi +Ercole e gli altri figli avrà dotati, +e dato gran principio ai ricchi fregi +di che poi s'orneranno in toga e armati; +perché l'odor non se ne va sì in fretta, +ch'in nuovo vaso, o buono o rio, si metta. +Non voglio ch'in silenzio anco Renata +di Francia, nuora di costei, rimagna, +di Luigi il duodecimo re nata, +e de l'eterna gloria di Bretagna. +Ogni virtù ch'in donna mai sia stata, +di poi che 'l fuoco scalda e l'acqua bagna, +e gira intorno il cielo, insieme tutta +per Renata adornar veggio ridutta. +Lungo sarà che d'Alda di Sansogna +narri, o de la contessa di Celano, +o di Bianca Maria di Catalogna, +o de la figlia del re sicigliano, +o de la bella Lippa da Bologna, +e d'altre; che s'io vo' di mano in mano +venirtene dicendo le gran lode, +entro in un alto mar che non ha prode. — +Poi che le raccontò la maggior parte +de la futura stirpe a suo grand'agio, +più volte e più le replicò de l'arte +ch'avea tratto Ruggier dentro al palagio. +Melissa si fermò, poi che fu in parte +vicina al luogo del vecchio malvagio; +e non le parve di venir più inante, +acciò veduta non fosse da Atlante. +E la donzella di nuovo consiglia +di quel che mille volte ormai l'ha detto. +La lascia sola; e quella oltre a dua miglia +non cavalcò per un sentiero istretto, +che vide quel ch'al suo Ruggier simiglia; +e dui giganti di crudele aspetto +intorno avea, che lo stringean sì forte, +ch'era vicino esser condotto a morte. +Come la donna in tal periglio vede +colui che di Ruggiero ha tutti i segni, +subito cangia in sospizion la fede, +subito oblia tutti i suoi bei disegni. +Che sia in odio a Melissa Ruggier crede, +per nuova ingiuria e non intesi sdegni, +e cerchi far con disusata trama +che sia morto da lei che così l'ama. +Seco dicea: — Non è Ruggier costui, +che col cor sempre, ed or con gli occhi veggio? +e s'or non veggio e non conosco lui, +che mai veder o mai conoscer deggio? +perché voglio io de la credenza altrui +che la veduta mia giudichi peggio? +Che senza gli occhi ancor, sol per se stesso +può il cor sentir se gli è lontano o appresso. — +Mentre che così pensa, ode la voce +che le par di Ruggier, chieder soccorso; +e vede quello a un tempo, che veloce +sprona il cavallo e gli ralenta il morso, +e l'un nemico e l'altro suo feroce, +che lo segue e lo caccia a tutto corso. +Di lor seguir la donna non rimase, +che si condusse all'incantate case. +De le quai non più tosto entrò le porte, +che fu sommersa nel commune errore. +Lo cercò tutto per vie dritte e torte +invan di su e di giù, dentro e di fuore; +né cessa notte o dì, tanto era forte +l'incanto: e fatto avea l'incantatore, +che Ruggier vede sempre e gli favella, +né Ruggier lei, né lui riconosce ella. +Ma lasciàn Bradamante, e non v'incresca +udir che così resti in quello incanto; +che quando sarà il tempo ch'ella n'esca, +la farò uscire, e Ruggiero altretanto. +Come raccende il gusto il mutar esca, +così mi par che la mia istoria, quanto +or qua or là più variata sia, +meno a chi l'udirà noiosa fia. +Di molte fila esser bisogno parme +a condur la gran tela ch'io lavoro. +E però non vi spiaccia d'ascoltarme, +come fuor de le stanze il popul Moro +davanti al re Agramante ha preso l'arme, +che, molto minacciando ai Gigli d'oro, +lo fa assembrare ad una mostra nuova, +per saper quanta gente si ritruova. +Perch'oltre i cavallieri, oltre i pedoni +ch'al numero sottratti erano in copia, +mancavan capitani, e pur de' buoni, +e di Spagna e di Libia e d'Etiopia, +e le diverse squadre e le nazioni +givano errando senza guida propia; +per dare e capo ed ordine a ciascuna, +tutto il campo alla mostra si raguna. +In supplimento de le turbe uccise +ne le battaglie e ne' fieri conflitti, +l'un signore in Ispagna, e l'altro mise +in Africa, ove molti n'eran scritti; +e tutti alli lor ordini divise, +e sotto i duci lor gli ebbe diritti. +Differirò, Signor, con grazia vostra, +ne l'altro canto l'ordine e la mostra. Nei molti assalti e nei crudel conflitti, +ch'avuti avea con Francia, Africa e Spagna, +morti erano infiniti, e derelitti +al lupo, al corvo, all'aquila griffagna; +e ben che i Franchi fossero più afflitti, +che tutta avean perduta la campagna; +più si doleano i Saracin, per molti +principi e gran baron ch'eran lor tolti. +Ebbon vittorie così sanguinose, +che lor poco avanzò di che allegrarsi. +E se alle antique le moderne cose, +invitto Alfonso, denno assimigliarsi; +la gran vittoria, onde alle virtuose +opere vostre può la gloria darsi, +di ch'aver sempre lacrimose ciglia +Ravenna debbe, a queste s'assimiglia: +quando cedendo Morini e Picardi, +l'esercito normando e l'aquitano, +voi nel mezzo assaliste gli stendardi +del quasi vincitor nimico ispano, +seguendo voi quei gioveni gagliardi, +che meritar con valorosa mano +quel dì da voi, per onorati doni, +l'else indorate e gl'indorati sproni. +Con sì animosi petti che vi foro +vicini o poco lungi al gran periglio, +crollaste sì le ricche Giande d'oro, +sì rompeste il baston giallo e vermiglio, +ch'a voi si deve il trionfale alloro, +che non fu guasto né sfiorato il Giglio. +D'un'altra fronde v'orna anco la chioma +l'aver serbato il suo Fabrizio a Roma. +La gran Colonna del nome romano, +che voi prendeste, e che servaste intera, +vi dà più onor che se di vostra mano +fosse caduta la milizia fiera, +quanta n'ingrassa il campo ravegnano, +e quanta se n'andò senza bandiera +d'Aragon, di Castiglia e di Navarra, +veduto non giovar spiedi né carra. +Quella vittoria fu più di conforto, +che d'allegrezza; perché troppo pesa +contra la gioia nostra il veder morto +il capitan di Francia e de l'impresa; +e seco avere una procella absorto +tanti principi illustri, ch'a difesa +dei regni lor, dei lor confederati, +di qua da le fredd'Alpi eran passati. +Nostra salute, nostra vita in questa +vittoria suscitata si conosce, +che difende che 'l verno e la tempesta +di Giove irato sopra noi non crosce: +ma né goder potiam, né farne festa, +sentendo i gran ramarichi e l'angosce, +ch'in veste bruna e lacrimosa guancia +le vedovelle fan per tutta Francia. +Bisogna che proveggia il re Luigi +di nuovi capitani alle sue squadre, +che per onor de l'aurea Fiordaligi +castighino le man rapaci e ladre, +che suore, e frati e bianchi e neri e bigi +violato hanno, e sposa e figlia e madre; +gittato in terra Cristo in sacramento, +per torgli un tabernaculo d'argento. +O misera Ravenna, t'era meglio +ch'al vincitor non fêssi resistenza; +far ch'a te fosse inanzi Brescia speglio, +che tu lo fossi a Arimino e a Faenza. +Manda, Luigi, il buon Traulcio veglio, +ch'insegni a questi tuoi più continenza, +e conti lor quanti per simil torti +stati ne sian per tutta Italia morti. +Come di capitani bisogna ora +che 'l re di Francia al campo suo proveggia, +così Marsilio ed Agramante allora, +per dar buon reggimento alla sua greggia, +dai lochi dove il verno fe' dimora, +vuol ch'in campagna all'ordine si veggia; +perché vedendo ove bisogno sia, +guida e governo ad ogni schiera dia. +Marsilio prima, e poi fece Agramante +passar la gente sua schiera per schiera. +I Catalani a tutti gli altri inante +di Dorifebo van con la bandiera. +Dopo vien, senza il suo re Folvirante, +che per man di Rinaldo già morto era, +la gente di Navarra; e lo re ispano +halle dato Isolier per capitano. +Balugante del popul di Leone, +Grandonio cura degli Algarbi piglia; +il fratel di Marsilio, Falsirone, +ha seco armata la minor Castiglia. +Seguon di Madarasso il gonfalone +quei che lasciato han Malaga e Siviglia, +dal mar di Gade a Cordova feconda +le verdi ripe ovunque il Beti inonda. +Stordilano e Tesira e Baricondo, +l'un dopo l'altro, mostra la sua gente: +Granata al primo, Ulisbona al secondo, +e Maiorica al terzo è ubidiente. +Fu d'Ulisbona re (tolto dal mondo +Larbin) Tesira, di Larbin parente. +Poi vien Galizia, che sua guida, in vece +di Maricoldo, Serpentino fece. +Quei di Tolledo e quei di Calatrava, +di ch'ebbe Sinagon già la bandiera, +con tutta quella gente che si lava +in Guadiana e bee de la riviera, +l'audace Matalista governava; +Bianzardin quei d'Asturga in una schiera +con quei di Salamanca e di Piagenza, +d'Avila, di Zamora e di Palenza. +Di quei di Saragosa e de la corte +del re Marsilio ha Ferraù il governo: +tutta la gente è ben armata e forte. +In questi è Malgarino, Balinverno, +Malzarise e Morgante, ch'una sorte +avea fatto abitar paese esterno; +che, poi che i regni lor lor furon tolti, +gli avea Marsilio in corte sua raccolti. +In questa è di Marsilio il gran bastardo, +Follicon d'Almeria, con Doriconte, +Bavarte e Largalifa ed Analardo, +ed Archidante il sagontino conte, +e Lamirante e Langhiran gagliardo, +e Malagur ch'avea l'astuzie pronte, +ed altri ed altri, di quai penso, dove +tempo sarà, di far veder le pruove. +Poi che passò l'esercito di Spagna +con bella mostra inanzi al re Agramante, +con la sua squadra apparve alla campagna +il re d'Oran, che quasi era gigante. +L'altra che vien, per Martasin si lagna, +il qual morto le fu da Bradamante; +e si duol ch'una femina si vanti +d'aver ucciso il re de' Garamanti. +Segue la terza schiera di Marmonda, +ch'Argosto morto abbandonò in Guascogna: +a questa un capo, come alla seconda +e come anco alla quarta, dar bisogna. +Quantunque il re Agramante non abonda +di capitani, pur ne finge e sogna: +dunque Buraldo, Ormida, Arganio elesse, +e dove uopo ne fu, guida li messe. +Diede ad Arganio quei di Libicana, +che piangean morto il negro Dudrinasso. +Guida Brunello i suoi di Tingitana, +con viso nubiloso e ciglio basso; +che, poi che ne la selva non lontana +dal castel ch'ebbe Atlante in cima al sasso, +gli fu tolto l'annel da Bradamante, +caduto era in disgrazia al re Agramante: +e se 'l fratel di Ferraù, Isoliero, +ch'a l'arbore legato ritrovollo, +non facea fede inanzi al re del vero, +avrebbe dato in su le forche un crollo. +Mutò, a' prieghi di molti, il re pensiero, +già avendo fatto porgli il laccio al collo: +gli lo fece levar, ma riserbarlo +pel primo error; che poi giurò impiccarlo: +sì ch'avea causa di venir Brunello +col viso mesto e con la testa china. +Seguia poi Farurante, e dietro a quello +eran cavalli e fanti di Maurina. +Venìa Libanio appresso, il re novello: +la gente era con lui di Constantina; +però che la corona e il baston d'oro +gli ha dato il re, che fu di Pinadoro. +Con la gente d'Esperia Soridano, +e Dorilon ne vien con quei di Setta; +ne vien coi Nasamoni Puliano. +Quelli d'Amonia il re Agricalte affretta; +Malabuferso quelli di Fizano. +Da Finadurro è l'altra squadra retta, +che di Canaria viene e di Marocco; +Balastro ha quei che fur del re Tardocco. +Due squadre, una di Mulga, una d'Arzilla, +seguono: e questa ha 'l suo signore antico; +quella n'è priva; e però il re sortilla, +e diella a Corineo suo fido amico. +E così de la gente d'Almansilla, +ch'ebbe Tanfirion, fe' re Caico; +diè quella di Getulia a Rimedonte. +Poi vien con quei di Cosca Balinfronte. +Quell'altra schiera è la gente di Bolga: +suo re è Clarindo, e già fu Mirabaldo. +Vien Baliverzo, il qual vuò che tu tolga +di tutto il gregge pel maggior ribaldo. +Non credo in tutto il campo si disciolga +bandiera ch'abbia esercito più saldo +de l'altra, con che segue il re Sobrino, +né più di lui prudente Saracino. +Quei di Bellamarina, che Gualciotto +solea guidare, or guida il re d'Algieri +Rodomonte, e di Sarza, che condotto +di nuovo avea pedoni e cavallieri; +che mentre il sol fu nubiloso sotto +il gran centauro e i corni orridi e fieri, +fu in Africa mandato da Agramante, +onde venuto era tre giorni inante. +Non avea il campo d'Africa più forte, +né Saracin più audace di costui: +e più temean le parigine porte, +ed avean più cagion di temer lui, +che Marsilio, Agramante e la gran corte +ch'avea seguito in Francia questi dui: +e più d'ogni altro che facesse mostra, +era nimico de la fede nostra. +Vien Prusione, il re de l'Alvaracchie; +poi quel de la Zumara, Dardinello. +Non so s'abbiano o nottole o cornacchie, +o altro manco ed importuno augello, +il qual dai tetti e da le fronde gracchie +futuro mal, predetto a questo e a quello, +che fissa in ciel nel dì seguente è l'ora +che l'uno e l'altro in quella pugna muora. +In campo non aveano altri a venire, +che quei di Tremisenne e di Norizia; +né si vedea alla mostra comparire +il segno lor, né dar di sé notizia. +Non sapendo Agramante che si dire, +né che pensar di questa lor pigrizia, +uno scudiero al fin gli fu condutto +del re di Tremisen, che narrò il tutto. +E gli narrò ch'Alzirdo e Manilardo +con molti altri de' suoi giaceano al campo. +— Signor (diss'egli), il cavallier gagliardo +ch'ucciso ha i nostri, ucciso avria il tuo campo, +se fosse stato a torsi via più tardo +di me, ch'a pena ancor così ne scampo. +Fa quel de' cavallieri e de' pedoni, +che 'l lupo fa di capre e di montoni. — +Era venuto pochi giorni avante +nel campo del re d'Africa un signore; +né in Ponente era, né in tutto Levante, +di più forza di lui, né di più core. +Gli facea grande onore il re Agramante, +per esser costui figlio e successore +in Tartaria del re Agrican gagliardo: +suo nome era il feroce Mandricardo. +Per molti chiari gesti era famoso, +e di sua fama tutto il mondo empìa; +ma lo facea più d'altro glorioso, +ch'al castel de la fata di Soria +l'usbergo avea acquistato luminoso +ch'Ettor troian portò mille anni pria, +per strana e formidabile aventura, +che 'l ragionarne pur mette paura. +Trovandosi costui dunque presente +a quel parlar, alzò l'ardita faccia; +e si dispose andare immantinente, +per trovar quel guerrier, dietro alla traccia. +Ritenne occulto il suo pensiero in mente, +o sia perché d'alcun stima non faccia, +o perché tema, se 'l pensier palesa, +ch'un altro inanzi a lui pigli l'impresa. +Allo scudier fe' dimandar come era +la sopravesta di quel cavalliero. +Colui rispose: — Quella è tutta nera, +lo scudo nero, e non ha alcun cimiero. — +E fu, Signor, la sua risposta vera, +perché lasciato Orlando avea il quartiero; +che come dentro l'animo era in doglia, +così imbrunir di fuor volse la spoglia. +Marsilio a Mandricardo avea donato +un destrier baio a scorza di castagna, +con gambe e chiome nere; ed era nato +di frisa madre e d'un villan di Spagna. +Sopra vi salta Mandricardo armato, +e galoppando va per la campagna; +e giura non tornare a quelle schiere +se non truova il campion da l'arme nere. +Molta incontrò de la paurosa gente +che da le man d'Orlando era fuggita, +chi del figliuol, chi del fratel dolente, +ch'inanzi agli occhi suoi perdè la vita. +Ancora la codarda e trista mente +ne la pallida faccia era sculpita; +ancor, per la paura che avuta hanno, +pallidi, muti ed insensati vanno. +Non fe' lungo camin, che venne dove +crudel spettaculo ebbe ed inumano, +ma testimonio alle mirabil pruove +che fur raconte inanzi al re africano. +Or mira questi, or quelli morti, e muove, +e vuol le piaghe misurar con mano, +mosso da strana invidia ch'egli porta +al cavallier ch'avea la gente morta. +Come lupo o mastin ch'ultimo giugne +al bue lasciato morto da' villani, +che truova sol le corna, l'ossa e l'ugne, +del resto son sfamati augelli e cani; +riguarda invano il teschio che non ugne: +così fa il crudel barbaro in que' piani. +Per duol bestemmia, e mostra invidia immensa, +che venne tardi a così ricca mensa. +Quel giorno e mezzo l'altro segue incerto +il cavallier dal negro, e ne domanda. +Ecco vede un pratel d'ombre coperto, +che sì d'un alto fiume si ghirlanda, +che lascia a pena un breve spazio aperto, +dove l'acqua si torce ad altra banda. +Un simil luogo con girevol onda +sotto Ocricoli il Tevere circonda. +Dove entrar si potea, con l'arme indosso +stavano molti cavallieri armati. +Chiede il pagan, chi gli avea in stuol sì grosso, +ed a che effetto insieme ivi adunati. +Gli fe' risposta il capitano, mosso +dal signoril sembiante e da' fregiati +d'oro e di gemme arnesi di gran pregio, +che lo mostravan cavalliero egregio. +— Dal nostro re siàn (disse) di Granata +chiamati in compagnia de la figliuola, +la quale al re di Sarza ha maritata, +ben che di ciò la fama ancor non vola. +Come appresso la sera racchetata +la cicaletta sia, ch'or s'ode sola, +avanti al padre fra l'ispane torme +la condurremo: intanto ella si dorme. — +Colui, che tutto il mondo vilipende, +disegna di veder tosto la pruova, +se quella gente o bene o mal difende +la donna, alla cui guardia si ritruova. +Disse: — Costei, per quanto se n'intende, +è bella; e di saperlo ora mi giova. +A lei mi mena, o falla qui venire; +ch'altrove mi convien subito gire. — +— Esser per certo dei pazzo solenne, — +rispose il Granatin, né più gli disse. +Ma il Tartaro a ferir tosto lo venne +con l'asta bassa, e il petto gli trafisse; +che la corazza il colpo non sostenne, +e forza fu che morto in terra gisse. +L'asta ricovra il figlio d'Agricane, +perché altro da ferir non gli rimane. +Non porta spada né baston; che quando +l'arme acquistò, che fu d'Ettor troiano, +perché trovò che lor mancava il brando, +gli convenne giurar (né giurò invano) +che fin che non togliea quella d'Orlando, +mai non porrebbe ad altra spada mano: +Durindana ch'Almonte ebbe in gran stima, +e Orlando or porta, Ettor portava prima. +Grande è l'ardir del Tartaro, che vada +con disvantaggio tal contra coloro, +gridando: — Chi mi vuol vietar la strada? — +E con la lancia si cacciò tra loro. +Chi l'asta abbassa, e chi tra' fuor la spada; +e d'ogn'intorno subito gli foro. +Egli ne fece morir una frotta, +prima che quella lancia fosse rotta. +Rotta che se la vede, il gran troncone +che resta intero, ad ambe mani afferra; +e fa morir con quel tante persone, +che non fu vista mai più crudel guerra. +Come tra' Filistei l'ebreo Sansone +con la mascella che levò di terra, +scudi spezza, elmi schiaccia, e un colpo spesso +spenge i cavalli ai cavallieri appresso. +Correno a morte que' miseri a gara, +né perché cada l'un, l'altro andar cessa; +che la maniera del morire, amara +lor par più assai che non è morte istessa. +Patir non ponno che la vita cara +tolta lor sia da un pezzo d'asta fessa, +e sieno sotto alle picchiate strane +a morir giunti, come biscie o rane. +Ma poi ch'a spese lor si furo accorti +che male in ogni guisa era morire, +sendo già presso alli duo terzi morti, +tutto l'avanzo cominciò a fuggire. +Come del proprio aver via se gli porti, +il Saracin crudel non può patire +ch'alcun di quella turba sbigottita +da lui partir si debba con la vita. +Come in palude asciutta dura poco +stridula canna, o in campo àrrida stoppia +contra il soffio di borea e contra il fuoco +che 'l cauto agricultore insieme accoppia, +quando la vaga fiamma occupa il loco, +e scorre per li solchi, e stride e scoppia; +così costor contra la furia accesa +di Mandricardo fan poca difesa. +Poscia ch'egli restar vede l'entrata, +che mal guardata fu, senza custode; +per la via che di nuovo era segnata +ne l'erba, e al suono dei ramarchi ch'ode, +viene a veder la donna di Granata, +se di bellezze è pari alle sue lode: +passa tra i corpi de la gente morta, +dove gli dà, torcendo, il fiume porta. +E Doralice in mezzo il prato vede +(che così nome la donzella avea), +la qual, suffolta da l'antico piede +d'un frassino silvestre, si dolea. +Il pianto, come un rivo che succede +di viva vena, nel bel sen cadea; +e nel bel viso si vedea che insieme +de l'altrui mal si duole, e del suo teme. +Crebbe il timor, come venir lo vide +di sangue brutto e con faccia empia e oscura, +e 'l grido sin al ciel l'aria divide, +di sé e de la sua gente per paura; +che, oltre i cavallier, v'erano guide, +che de la bella infante aveano cura, +maturi vecchi, e assai donne e donzelle +del regno di Granata, e le più belle. +Come il Tartaro vede quel bel viso +che non ha paragone in tutta Spagna, +e c'ha nel pianto (or ch'esser de' nel riso?) +tesa d'Amor l'inestricabil ragna; +non sa se vive in terra o in paradiso: +né de la sua vittoria altro guadagna, +se non che in man de la sua prigioniera +si dà prigione, e non sa in qual maniera. +A lei però non si concede tanto, +che del travaglio suo le doni il frutto; +ben che piangendo ella dimostri, quanto +possa donna mostrar, dolore e lutto. +Egli, sperando volgerle quel pianto +in sommo gaudio, era disposto al tutto +menarla seco; e sopra un bianco ubino +montar la fece, e tornò al suo camino. +Donne e donzelle e vecchi ed altra gente, +ch'eran con lei venuti di Granata, +tutti licenziò benignamente, +dicendo: — Assai da me fia accompagnata; +io mastro, io balia, io le sarò sergente +in tutti i suoi bisogni: a Dio brigata. — +Così, non gli possendo far riparo, +piangendo e sospirando se n'andaro; +tra lor dicendo: — Quanto doloroso +ne sarà il padre, come il caso intenda! +quanta ira, quanto duol ne avrà il suo sposo! +oh come ne farà vendetta orrenda! +Deh, perché a tempo tanto bisognoso +non è qui presso a far che costui renda +il sangue illustre del re Stordilano, +prima che se lo porti più lontano? — +De la gran preda il Tartaro contento, +che fortuna e valor gli ha posta inanzi, +di trovar quel dal negro vestimento +non par ch'abbia la fretta ch'avea dianzi. +Correva dianzi: or viene adagio e lento; +e pensa tuttavia dove si stanzi, +dove ritruovi alcun commodo loco, +per esalar tanto amoroso foco. +Tuttavolta conforta Doralice, +ch'avea di pianto e gli occhi e 'l viso molle: +compone e finge molte cose, e dice +che per fama gran tempo ben le volle; +e che la patria, e il suo regno felice +che 'l nome di grandezza agli altri tolle, +lasciò, non per vedere o Spagna o Francia, +ma sol per contemplar sua bella guancia. +— Se per amar, l'uom debbe essere amato, +merito il vostro amor; che v'ho amat'io: +se per stirpe, di me chi è meglio nato? +che 'l possente Agrican fu il padre mio: +se per ricchezza, chi ha di me più stato? +che di dominio io cedo solo a Dio: +se per valor, credo oggi aver esperto +ch'esser amato per valore io merto. — +Queste parole ed altre assai, ch'Amore +a Mandricardo di sua bocca ditta, +van dolcemente a consolar il core +de la donzella di paura afflitta. +Il timor cessa, e poi cessa il dolore +che le avea quasi l'anima trafitta. +Ella comincia con più pazienza +a dar più grata al nuovo amante udienza; +poi con risposte più benigne molto +a mostrarsegli affabile e cortese, +e non negargli di fermar nel volto +talor le luci di pietade accese: +onde il pagan, che da lo stral fu colto +altre volte d'Amor, certezza prese, +non che speranza, che la donna bella +non saria a' suo' desir sempre ribella. +Con questa compagnia lieto e gioioso, +che sì gli satisfà, sì gli diletta, +essendo presso all'ora ch'a riposo +la fredda notte ogni animale alletta, +vedendo il sol già basso e mezzo ascoso, +comminciò a cavalcar con maggior fretta; +tanto ch'udì sonar zuffoli e canne, +e vide poi fumar ville e capanne. +Erano pastorali alloggiamenti, +miglior stanza e più commoda, che bella. +Quivi il guardian cortese degli armenti +onorò il cavalliero e la donzella, +tanto che si chiamar da lui contenti; +che non pur per cittadi e per castella, +ma per tuguri ancora e per fenili +spesso si trovan gli uomini gentili. +Quel che fosse dipoi fatto all'oscuro +tra Doralice e il figlio d'Agricane, +a punto racontar non m'assicuro; +sì ch'al giudicio di ciascun rimane. +Creder si può che ben d'accordo furo; +che si levar più allegri la dimane, +e Doralice ringraziò il pastore, +che nel suo albergo le avea fatto onore. +Indi d'uno in un altro luogo errando, +si ritrovaro al fin sopra un bel fiume +che con silenzio al mar va declinando, +e se vada o se stia, mal si prosume; +limpido e chiaro sì, ch'in lui mirando, +senza contesa al fondo porta il lume. +In ripa a quello, a una fresca ombra e bella, +trovar dui cavallieri e una donzella. +Or l'alta fantasia, ch'un sentier solo +non vuol ch'i'segua ognor, quindi mi guida, +e mi ritorna ove il moresco stuolo +assorda di rumor Francia e di grida, +d'intorno il padiglione ove il figliuolo +del re Troiano il santo Impero sfida, +e Rodomonte audace se gli vanta +arder Parigi e spianar Roma santa. +Venuto ad Agramante era all'orecchio, +che già l'Inglesi avean passato il mare: +però Marsilio e il re del Garbo vecchio +e gli altri capitan fece chiamare. +Consiglian tutti a far grande apparecchio, +sì che Parigi possino espugnare. +Ponno esser certi che più non s'espugna, +se nol fan prima che l'aiuto giugna. +Già scale innumerabili per questo +da' luoghi intorno avea fatto raccorre, +ed asse e travi, e vimine contesto, +che lo poteano a diversi usi porre; +e navi e ponti: e più facea che 'l resto, +il primo e il secondo ordine disporre +a dar l'assalto; ed egli vuol venire +tra quei che la città denno assalire. +L'imperatore il dì che 'l dì precesse +de la battaglia, fe' dentro a Parigi +per tutto celebrare uffici e messe +a preti, a frati bianchi, neri e bigi; +e le gente che dianzi eran confesse, +e di man tolte agl'inimici stigi, +tutti communicar, non altramente +ch'avessino a morir il dì seguente. +Ed egli tra baroni e paladini, +principi ed oratori, al maggior tempio +con molta religione a quei divini +atti intervenne, e ne diè agli altri esempio. +Con le man giunte e gli occhi al ciel supini, +disse: — Signor, ben ch'io sia iniquo ed empio, +non voglia tua bontà, pel mio fallire, +che 'l tuo popul fedele abbia a patire. +E se gli è tuo voler ch'egli patisca, +e ch'abbia il nostro error degni supplici, +almeno la punizion si differisca +sì, che per man non sia de' tuoi nemici; +che quando lor d'uccider noi sortisca, +che nome avemo pur d'esser tuo' amici, +i pagani diran che nulla puoi, +che perir lasci i partigiani tuoi. +E per un che ti sia fatto ribelle, +cento ti si faran per tutto il mondo; +tal che la legge falsa di Babelle +caccerà la tua fede e porrà al fondo. +Difendi queste genti, che son quelle +che 'l tuo sepulcro hanno purgato e mondo +da' brutti cani, e la tua santa Chiesa +con li vicari suoi spesso difesa. +So che i meriti nostri atti non sono +a satisfare al debito d'un'oncia; +né devemo sperar da te perdono, +se riguardiamo a nostra vita sconcia: +ma se vi aggiugni di tua grazia il dono, +nostra ragion fia ragguagliata e concia; +né del tuo aiuto disperar possiamo, +qualor di tua pietà ci ricordiamo. — +Così dicea l'imperator devoto, +con umiltade e contrizion di core. +Giunse altri prieghi e convenevol voto +al gran bisogno e all'alto suo splendore. +Non fu il caldo pregar d'effetto voto; +però che 'l genio suo, l'angel migliore, +i prieghi tolse e spiegò al ciel le penne, +ed a narrare al Salvator li venne. +E furo altri infiniti in quello instante +da tali messagger portati a Dio; +che come gli ascoltar l'anime sante, +dipinte di pietade il viso pio, +tutte miraro il sempiterno Amante, +e gli mostraro il commun lor disio, +che la giusta orazion fosse esaudita +del populo cristian che chiede aita. +E la Bontà ineffabile, ch'invano +non fu pregata mai da cor fedele, +leva gli occhi pietosi, e fa con mano +cenno che venga a sé l'angel Michele. +— Va (gli disse) all'esercito cristiano +che dianzi in Picardia calò le vele, +e al muro di Parigi l'appresenta +sì, che 'l campo nimico non lo senta. +Truova prima il Silenzio, e da mia parte +gli di' che teco a questa impresa venga; +ch'egli ben proveder con ottima arte +saprà di quanto proveder convenga. +Fornito questo, subito va in parte +dove il suo seggio la Discordia tenga: +dille che l'esca e il fucil seco prenda, +e nel campo de' Mori il fuoco accenda; +e tra quei che vi son detti più forti +sparga tante zizzanie e tante liti, +che combattano insieme; ed altri morti, +altri ne sieno presi, altri feriti, +e fuor del campo altri lo sdegno porti +sì che il lor re poco di lor s'aiti. — +Non replica a tal detto altra parola +il benedetto augel, ma dal ciel vola. +Dovunque drizza Michel angel l'ale, +fuggon le nubi, e torna il ciel sereno. +Gli gira intorno un aureo cerchio, quale +veggiàn di notte lampeggiar baleno. +Seco pensa tra via, dove si cale +il celeste corrier per fallir meno +a trovar quel nimico di parole, +a cui la prima commission far vuole. +Vien scorrendo ov'egli abiti, ov'egli usi; +e se accordaro infin tutti i pensieri, +che de frati e de monachi rinchiusi +lo può trovare in chiese e in monasteri, +dove sono i parlari in modo esclusi, +che 'l Silenzio, ove cantano i salteri, +ove dormeno, ove hanno la piatanza, +e finalmente è scritto in ogni stanza. +Credendo quivi ritrovarlo, mosse +con maggior fretta le dorate penne; +e di veder ch'ancor Pace vi fosse, +Quiete e Carità, sicuro tenne. +Ma da la opinion sua ritrovosse +tosto ingannato, che nel chiostro venne: +non è Silenzio quivi; e gli fu ditto +che non v'abita più, fuor che in iscritto. +Né Pietà, né Quiete, né Umiltade, +né quivi Amor, né quivi Pace mira. +Ben vi fur già, ma ne l'antiqua etade; +che le cacciar Gola, Avarizia ed Ira, +Superbia, Invidia, Inerzia e Crudeltade. +Di tanta novità l'angel si ammira: +andò guardando quella brutta schiera, +e vide ch'anco la Discordia v'era. +Quella che gli avea detto il Padre eterno, +dopo il Silenzio, che trovar dovesse. +Pensato avea di far la via d'Averno, +che si credea che tra' dannati stesse; +e ritrovolla in questo nuovo inferno +(ch'il crederia?) tra santi uffici e messe. +Par di strano a Michel ch'ella vi sia, +che per trovar credea di far gran via. +La conobbe al vestir di color cento, +fatto a liste inequali ed infinite, +ch'or la cuoprono or no; che i passi e 'l vento +le giano aprendo, ch'erano sdrucite. +I crini avea qual d'oro e qual d'argento, +e neri e bigi, e aver pareano lite; +altri in treccia, altri in nastro eran raccolti, +molti alle spalle, alcuni al petto sciolti. +Di citatorie piene e di libelli, +d'esamine e di carte di procure +avea le mani e il seno, e gran fastelli +di chiose, di consigli e di letture; +per cui le facultà de' poverelli +non sono mai ne le città sicure. +Aveva dietro e dinanzi e d'ambi i lati, +notai, procuratori ed avocati. +La chiama a sé Michele, e le commanda +che tra i più forti Saracini scenda, +e cagion truovi, che con memoranda +ruina insieme a guerreggiar gli accenda. +Poi del Silenzio nuova le domanda: +facilmente esser può ch'essa n'intenda, +sì come quella ch'accendendo fochi +di qua e di là, va per diversi lochi. +Rispose la Discordia: — Io non ho a mente +in alcun loco averlo mai veduto: +udito l'ho ben nominar sovente, +e molto commendarlo per astuto. +Ma la Fraude, una qui di nostra gente, +che compagnia talvolta gli ha tenuto, +penso che dir te ne saprà novella; — +e verso una alzò il dito, e disse: — È quella. — +Avea piacevol viso, abito onesto, +un umil volger d'occhi, un andar grave, +un parlar sì benigno e sì modesto, +che parea Gabriel che dicesse: Ave. +Era brutta e deforme in tutto il resto: +ma nascondea queste fattezze prave +con lungo abito e largo; e sotto quello, +attosicato avea sempre il coltello. +Domanda a costei l'angelo, che via +debba tener, sì che 'l Silenzio truove. +Disse la Fraude: — Già costui solia +fra virtudi abitare, e non altrove, +con Benedetto e con quelli d'Elia +ne le badie, quando erano ancor nuove: +fe' ne le scuole assai de la sua vita +al tempo di Pitagora e d'Archita. +Mancati quei filosofi e quei santi +che lo solean tener pel camin ritto, +dagli onesti costumi ch'avea inanti, +fece alle sceleraggini tragitto. +Cominciò andar la notte con gli amanti, +indi coi ladri, e fare ogni delitto. +Molto col Tradimento egli dimora: +veduto l'ho con l'Omicidio ancora. +Con quei che falsan le monete ha usanza +di ripararsi in qualche buca scura. +Così spesso compagni muta e stanza, +che 'l ritrovarlo ti saria ventura; +ma pur ho d'insegnartelo speranza: +se d'arrivare a mezza notte hai cura +alla casa del Sonno, senza fallo +potrai (che quivi dorme) ritrovallo. — +Ben che soglia la Fraude esser bugiarda, +pur è tanto il suo dir simile al vero, +che l'angelo le crede; indi non tarda +a volarsene fuor del monastero. +Tempra il batter de l'ale, e studia e guarda +giungere in tempo al fin del suo sentiero, +ch'alla casa del Sonno, che ben dove +era sapea, questo Silenzio truove. +Giace in Arabia una valletta amena, +lontana da cittadi e da villaggi, +ch'all'ombra di duo monti è tutta piena +d'antiqui abeti e di robusti faggi. +Il sole indarno il chiaro dì vi mena; +che non vi può mai penetrar coi raggi, +sì gli è la via da folti rami tronca: +e quivi entra sotterra una spelonca. +Sotto la negra selva una capace +e spaziosa grotta entra nel sasso, +di cui la fronte l'edera seguace +tutta aggirando va con storto passo. +In questo albergo il grave Sonno giace; +l'Ozio da un canto corpulento e grasso, +da l'altro la Pigrizia in terra siede, +che non può andare, e mal reggersi in piede. +Lo smemorato Oblio sta su la porta: +non lascia entrar, né riconosce alcuno; +non ascolta imbasciata, né riporta; +e parimente tien cacciato ognuno. +Il Silenzio va intorno, e fa la scorta: +ha le scarpe di feltro, e 'l mantel bruno; +ed a quanti n'incontra, di lontano, +che non debban venir, cenna con mano. +Se gli accosta all'orecchio e pianamente +l'angel gli dice: — Dio vuol che tu guidi +a Parigi Rinaldo con la gente +che per dar, mena, al suo signor sussidi: +ma che lo facci tanto chetamente, +ch'alcun de' Saracin non oda i gridi; +sì che più tosto che ritruovi il calle +la Fama d'avisar, gli abbia alle spalle. — +Altrimente il Silenzio non rispose, +che col capo accennando che faria; +e dietro ubidiente se gli pose; +e furo al primo volo in Picardia. +Michel mosse le squadre coraggiose, +e fe' lor breve un gran tratto di via; +sì che in un dì a Parigi le condusse, +né alcun s'avide che miracol fusse. +Discorreva il Silenzio, e tuttavolta, +e dinanzi alle squadre e d'ogn'intorno +facea girare un'alta nebbia in volta, +ed avea chiaro ogn'altra parte il giorno; +e non lasciava questa nebbia folta, +che s'udisse di fuor tromba né corno: +poi n'andò tra' pagani, e menò seco +un non so che, ch'ognun fe' sordo e cieco. +Mentre Rinaldo in tal fretta venìa, +che ben parea da l'angelo condotto, +e con silenzio tal, che non s'udia +nel campo saracin farsene motto; +il re Agramante avea la fanteria +messo ne' borghi di Parigi, e sotto +le minacciate mura in su la fossa, +per far quel dì l'estremo di sua possa. +Chi può contar l'esercito che mosso +questo dì contro Carlo ha 'l re Agramante, +conterà ancora in su l'ombroso dosso +del silvoso Apennin tutte le piante; +dirà quante onde, quando è il mar più grosso, +bagnano i piedi al mauritano Atlante; +e per quanti occhi il ciel le furtive opre +degli amatori a mezza notte scuopre. +Le campane si sentono a martello +di spessi colpi e spaventosi tocche; +si vede molto, in questo tempio e in quello, +alzar di mano e dimenar di bocche. +Se 'l tesoro paresse a Dio sì bello, +come alle nostre openioni sciocche, +questo era il dì che 'l santo consistoro +fatto avria in terra ogni sua statua d'oro. +S'odon ramaricare i vecchi giusti, +che s'erano serbati in quelli affanni, +e nominar felici i sacri busti +composti in terra già molti e molt'anni. +Ma gli animosi gioveni robusti +che miran poco i lor propinqui danni, +sprezzando le ragion de' più maturi, +di qua di là vanno correndo a' muri. +Quivi erano baroni e paladini, +re, duci, cavallier, marchesi e conti, +soldati forestieri e cittadini, +per Cristo e pel suo onore a morir pronti; +che per uscire adosso ai Saracini, +pregan l'imperator ch'abbassi i ponti. +Gode egli di veder l'animo audace, +ma di lasciarli uscir non li compiace. +E li dispone in oportuni lochi, +per impedire ai barbari la via: +là si contenta che ne vadan pochi, +qua non basta una grossa compagnia; +alcuni han cura maneggiare i fuochi, +le machine altri, ove bisogno sia. +Carlo di qua di là non sta mai fermo: +va soccorrendo, e fa per tutto schermo. +Siede Parigi in una gran pianura, +ne l'ombilico a Francia, anzi nel core; +gli passa la riviera entro le mura, +e corre, ed esce in altra parte fuore. +Ma fa un'isola prima, e v'assicura +de la città una parte, e la migliore; +l'altre due (ch'in tre parti è la gran terra) +di fuor la fossa, e dentro il fiume serra. +Alla città, che molte miglia gira, +da molte parti si può dar battaglia: +ma perché sol da un canto assalir mira, +né volentier l'esercito sbarraglia, +oltre il fiume Agramante si ritira +verso ponente, acciò che quindi assaglia; +però che né cittade né campagna +ha dietro, se non sua, fin alla Spagna. +Dovunque intorno il gran muro circonda, +gran munizioni avea già Carlo fatte, +fortificando d'argine ogni sponda +con scannafossi dentro e case matte; +onde entra ne la terra, onde esce l'onda, +grossissime catene aveva tratte; +ma fece, più ch'altrove, provedere +là dove avea più causa di temere. +Con occhi d'Argo il figlio di Pipino +previde ove assalir dovea Agramante; +e non fece disegno il Saracino, +a cui non fosse riparato inante. +Con Ferraù, Isoliero, Serpentino, +Grandonio, Falsirone e Balugante, +e con ciò che di Spagna avea menato, +restò Marsilio alla campagna armato. +Sobrin gli era a man manca in ripa a Senna, +con Pulian, con Dardinel d'Almonte, +col re d'Oran, ch'esser gigante accenna, +lungo sei braccia dai piedi alla fronte. +Deh perché a muover men son io la penna, +che quelle genti a muover l'arme pronte? +che 'l re di Sarza, pien d'ira e di sdegno, +grida e bestemmia e non può star più a segno. +Come assalire o vasi pastorali, +o le dolci reliquie de' convivi +soglion con rauco suon di stridule ali +le impronte mosche a' caldi giorni estivi; +come li storni a rosseggianti pali +vanno de mature uve: così quivi, +empiendo il ciel di grida e di rumori, +veniano a dare il fiero assalto i Mori. +L'esercito cristian sopra le mura +con lance, spade e scure e pietre e fuoco +difende la città senza paura, +e il barbarico orgoglio estima poco; +e dove Morte uno ed un altro fura, +non è chi per viltà ricusi il loco. +Tornano i Saracin giù ne le fosse +a furia di ferite e di percosse. +Non ferro solamente vi s'adopra, +ma grossi massi, e merli integri e saldi, +e muri dispiccati con molt'opra, +tetti di torri, e gran pezzi di spaldi. +L'acque bollenti che vengon di sopra, +portano a' Mori insupportabil caldi; +e male a questa pioggia si resiste, +ch'entra per gli elmi, e fa acciecar le viste. +E questa più nocea che 'l ferro quasi: +or che de' far la nebbia di calcine? +or che doveano far li ardenti vasi +con olio e zolfo e peci e trementine? +I cerchi in munizion non son rimasi, +che d'ogn'intorno hanno di fiamma il crine: +questi, scagliati per diverse bande, +mettono a' Saracini aspre ghirlande. +Intanto il re di Sarza avea cacciato +sotto le mura la schiera seconda, +da Buraldo, da Ormida accompagnato, +quel Garamante, e questo di Marmonda. +Clarindo e Soridan gli sono allato, +né par che 'l re di Setta si nasconda; +segue il re di Marocco e quel di Cosca, +ciascun perché il valor suo si conosca. +Ne la bandiera, ch'è tutta vermiglia, +Rodomonte di Sarza il leon spiega, +che la feroce bocca ad una briglia +che gli pon la sua donna, aprir non niega. +Al leon sé medesimo assimiglia; +e per la donna che lo frena e lega, +la bella Doralice ha figurata, +figlia di Stordilan re di Granata: +quella che tolto avea, come io narrava, +re Mandricardo, e dissi dove e a cui. +Era costei che Rodomonte amava +più che 'l suo regno e più che gli occhi sui; +e cortesia e valor per lei mostrava, +non già sapendo ch'era in forza altrui: +se saputo l'avesse, allora allora +fatto avria quel che fe' quel giorno ancora. +Sono appoggiate a un tempo mille scale, +che non han men di dua per ogni grado. +Spinge il secondo quel ch'inanzi sale; +che 'l terzo lui montar fa suo mal grado. +Chi per virtù, chi per paura vale: +convien ch'ognun per forza entri nel guado; +che qualunche s'adagia, il re d'Algiere, +Rodomonte crudele, uccide o fere. +Ognun dunque si sforza di salire +tra il fuoco e le ruine in su le mura. +Ma tutti gli altri guardano, se aprire +veggiano passo ove sia poca cura: +sol Rodomonte sprezza di venire, +se non dove la via meno è sicura. +Dove nel caso disperato e rio +gli altri fan voti, egli bestemmia Dio. +Armato era d'un forte duro usbergo, +che fu di drago una scagliosa pelle. +Di questo già si cinse il petto e 'l tergo +quello avol suo ch'edificò Babelle, +e si pensò cacciar de l'aureo albergo, +e torre a Dio il governo de le stelle: +l'elmo e lo scudo fece far perfetto, +e il brando insieme; e solo a questo effetto. +Rodomonte non già men di Nembrotte +indomito, superbo e furibondo, +che d'ire al ciel non tarderebbe a notte, +quando la strada si trovasse al mondo, +quivi non sta a mirar s'intere o rotte +sieno le mura, o s'abbia l'acqua fondo: +passa la fossa, anzi la corre e vola, +ne l'acqua e nel pantan fin alla gola. +Di fango brutto, e molle d'acqua vanne +tra il foco e i sassi e gli archi e le balestre, +come andar suol tra le palustri canne +de la nostra Mallea porco silvestre, +che col petto, col grifo e con le zanne +fa, dovunque si volge, ample finestre. +Con lo scudo alto il Saracin sicuro +ne vien sprezzando il ciel, non che quel muro. +Non sì tosto all'asciutto è Rodomonte, +che giunto si sentì su le bertresche, +che dentro alla muraglia facean ponte +capace e largo alle squadre francesche. +Or si vede spezzar più d'una fronte, +far chieriche maggior de le fratesche, +braccia e capi volare; e ne la fossa +cader da' muri una fiumana rossa. +Getta il pagan lo scudo, e a duo man prende +la crudel spada, e giunge il duca Arnolfo. +Costui venìa di là dove discende +l'acqua del Reno nel salato golfo. +Quel miser contra lui non si difende +meglio che faccia contra il fuoco il zolfo; +e cade in terra, e dà l'ultimo crollo, +dal capo fesso un palmo sotto il collo. +Uccide di rovescio in una volta +Anselmo, Oldrado, Spineloccio e Prando: +il luogo stretto e la gran turba folta +fece girar sì pienamente il brando. +Fu la prima metade a Fiandra tolta, +l'altra scemata al populo normando. +Divise appresso da la fronte al petto, +ed indi al ventre, il maganzese Orghetto. +Getta da' merli Andropono e Moschino +giù ne la fossa: il primo è sacerdote; +non adora il secondo altro che 'l vino, +e le bigonce a un sorso n'ha già vuote. +Come veneno e sangue viperino +l'acque fuggia quanto fuggir si puote: +or quivi muore; e quel che più l'annoia, +è 'l sentir che nell'acqua se ne muoia. +Tagliò in due parti il provenzal Luigi, +e passò il petto al tolosano Arnaldo. +Di Torse Oberto, Claudio, Ugo e Dionigi +mandar lo spirto fuor col sangue caldo; +e presso a questi, quattro da Parigi, +Gualtiero, Satallone, Odo ed Ambaldo, +ed altri molti: ed io non saprei come +di tutti nominar la patria e il nome. +La turba dietro a Rodomonte presta +le scale appoggia, e monta in più d'un loco. +Quivi non fanno i Parigin più testa; +che la prima difesa lor val poco. +San ben ch'agli nemici assai più resta +dentro da fare, e non l'avran da gioco; +perché tra il muro e l'argine secondo +discende il fosso orribile e profondo. +Oltra che i nostri facciano difesa +dal basso all'alto, e mostrino valore; +nuova gente succede alla contesa +sopra l'erta pendice interiore, +che fa con lance e con saette offesa +alla gran moltitudine di fuore, +che credo ben, che saria stata meno, +se non v'era il figliuol del re Ulieno. +Egli questi conforta, e quei riprende, +e lor mal grado inanzi se gli caccia: +ad altri il petto, ad altri il capo fende, +che per fuggir veggia voltar la faccia. +Molti ne spinge ed urta; alcuni prende +pei capelli, pel collo e per le braccia: +e sozzopra là giù tanti ne getta, +che quella fossa a capir tutti è stretta. +Mentre lo stuol de' barbari si cala, +anzi trabocca al periglioso fondo, +ed indi cerca per diversa scala +di salir sopra l'argine secondo; +il re di Sarza (come avesse un'ala +per ciascun de' suoi membri) levò il pondo +di sì gran corpo e con tant'arme indosso, +e netto si lanciò di là dal fosso. +Poco era men di trenta piedi, o tanto, +ed egli il passò destro come un veltro, +e fece nel cader strepito, quanto +avesse avuto sotto i piedi il feltro: +ed a questo ed a quello affrappa il manto, +come sien l'arme di tenero peltro, +e non di ferro, anzi pur sien di scorza: +tal la sua spada, e tanta è la sua forza! +In questo tempo i nostri, da chi tese +l'insidie son ne la cava profonda, +che v'han scope e fascine in copia stese, +intorno a quai di molta pece abonda +(né però alcuna si vede palese, +ben che n'è piena l'una e l'altra sponda +dal fondo cupo insino all'orlo quasi), +e senza fin v'hanno appiattati vasi, +qual con salnitro, qual con oglio, quale +con zolfo, qual con altra simil esca; +i nostri in questo tempo, perché male +ai Saracini il folle ardir riesca, +ch'eran nel fosso, e per diverse scale +credean montar su l'ultima bertresca; +udito il segno da oportuni lochi, +di qua e di là fenno avampare i fochi. +Tornò la fiamma sparsa tutta in una, +che tra una ripa e l'altra ha 'l tutto pieno; +e tanto ascende in alto, ch'alla luna +può d'appresso asciugar l'umido seno. +Sopra si volve oscura nebbia e bruna, +che 'l sole adombra, e spegne ogni sereno. +Sentesi un scoppio in un perpetuo suono, +simile a un grande e spaventoso tuono. +Aspro concento, orribile armonia +d'alte querele, d'ululi e di strida +de la misera gente che peria +nel fondo per cagion de la sua guida, +istranamente concordar s'udia +col fiero suon de la fiamma omicida. +Non più, Signor, non più di questo canto; +ch'io son già rauco e vo' posarmi alquanto. Fu il vincer sempremai laudabil cosa, +vincasi o per fortuna o per ingegno: +gli è ver che la vittoria sanguinosa +spesso far suole il capitan men degno; +e quella eternamente è gloriosa, +e dei divini onori arriva al segno, +quando servando i suoi senza alcun danno, +si fa che gl'inimici in rotta vanno. +La vostra, Signor mio, fu degna loda, +quando al Leone, in mar tanto feroce, +ch'avea occupata l'una e l'altra proda +del Po, da Francolin sin alla foce, +faceste sì, ch'ancor che ruggir l'oda, +s'io vedrò voi, non tremerò alla voce. +Come vincer si de', ne dimostraste; +ch'uccideste i nemici, e noi salvaste. +Questo il pagan, troppo in suo danno audace, +non seppe far; che i suoi nel fosso spinse, +dove la fiamma subita e vorace +non perdonò ad alcun, ma tutti estinse. +A tanti non saria stato capace +tutto il gran fosso, ma il fuoco restrinse, +restrinse i corpi e in polve li ridusse, +acciò ch'abile a tutti il luogo fusse. +Undicimila ed otto sopra venti +si ritrovar ne l'affocata buca, +che v'erano discesi malcontenti; +ma così volle il poco saggio duca. +Quivi fra tanto lume or sono spenti, +e la vorace fiamma li manuca: +e Rodomonte, causa del mal loro, +se ne va esente da tanto martoro: +che tra' nemici alla ripa più interna +era passato d'un mirabil salto. +Se con gli altri scendea ne la caverna, +questo era ben il fin d'ogni suo assalto. +Rivolge gli occhi a quella valle inferna; +e quando vede il fuoco andar tant'alto, +e di sua gente il pianto ode e lo strido, +bestemmia il ciel con spaventoso grido. +Intanto il re Agramante mosso avea +impetuoso assalto ad una porta; +che, mentre la crudel battaglia ardea +quivi ove è tanta gente afflitta e morta, +quella sprovista forse esser credea +di guardia, che bastasse alla sua scorta. +Seco era il re d'Arzilla Bambirago, +e Baliverzo, d'ogni vizio vago; +e Corineo di Mulga, e Prusione, +il ricco re dell'Isole beate; +Malabuferso che la regione +tien di Fizan, sotto continua estate; +altri signori, ed altre assai persone +esperte ne la guerra e bene armate; +e molti ancor senza valore e nudi, +che 'l cor non s'armerian con mille scudi. +Trovò tutto il contrario al suo pensiero +in questa parte il re de' Saracini: +perché in persona il capo de l'Impero +v'era, re Carlo, e de' suoi paladini, +re Salamone ed il danese Ugiero, +ed ambo i Guidi ed ambo gli Angelini, +e 'l duca di Bavera e Ganelone, +e Berlengier e Avolio e Avino e Otone; +gente infinita poi di minor conto, +de' Franchi, de' Tedeschi e de' Lombardi, +presente il suo signor, ciascuno pronto +a farsi riputar fra i più gagliardi. +Di questo altrove io vo' rendervi conto; +ch'ad un gran duca è forza ch'io riguardi, +il qual mi grida, e di lontano accenna, +e priega ch'io nol lasci ne la penna. +Gli è tempo ch'io ritorni ove lasciai +l'aventuroso Astolfo d'Inghilterra, +che 'l lungo esilio avendo in odio ormai, +di desiderio ardea de la sua terra; +come gli n'avea data pur assai +speme colei ch'Alcina vinse in guerra. +Ella di rimandarvilo avea cura +per la via più espedita e più sicura. +E così una galea fu apparechiata, +di che miglior mai non solcò marina; +e perché ha dubbio per tutta fiata, +che non gli turbi il suo viaggio Alcina, +vuol Logistilla che con forte armata +Andronica ne vada e Sofrosina, +tanto che nel mar d'Arabi, o nel golfo +de' Persi, giunga a salvamento Astolfo. +Più tosto vuol che volteggiando rada +gli Sciti e gl'Indi e i regni nabatei, +e torni poi per così lunga strada +a ritrovar i Persi e gli Eritrei; +che per quel boreal pelago vada, +che turban sempre iniqui venti e rei, +e sì, qualche stagion, pover di sole, +che starne senza alcuni mesi suole. +La fata, poi che vide acconcio il tutto, +diede licenza al duca di partire, +avendol prima ammaestrato e istrutto +di cose assai, che fôra lungo a dire; +e per schivar che non sia più ridutto +per arte maga, onde non possa uscire, +un bello ed util libro gli avea dato, +che per suo amore avesse ognora allato. +Come l'uom riparar debba agl'incanti +mostra il libretto che costei gli diede: +dove ne tratta o più dietro o più inanti, +per rubrica e per indice si vede. +Un altro don gli fece ancor, che quanti +doni fur mai, di gran vantaggio eccede: +e questo fu d'orribil suono un corno, +che fa fugire ognun che l'ode intorno. +Dico che 'l corno è di sì orribil suono, +ch'ovunque s'oda, fa fuggir la gente: +non può trovarsi al mondo un cor sì buono, +che possa non fuggir come lo sente: +rumor di vento e di termuoto, e 'l tuono, +a par del suon di questo, era niente. +Con molto riferir di grazie, prese +da la fata licenza il buono Inglese. +Lasciando il porto e l'onde più tranquille, +con felice aura ch'alla poppa spira, +sopra le ricche e populose ville +de l'odorifera India il duca gira, +scoprendo a destra ed a sinistra mille +isole sparse; e tanto va, che mira +la terra di Tomaso, onde il nocchiero +più a tramontana poi volge il sentiero. +Quasi radendo l'aurea Chersonesso, +la bella armata il gran pelago frange: +e costeggiando i ricchi liti, spesso +vede come nel mar biancheggi il Gange; +e Traprobane vede e Cori appresso; +e vede il mar che fra i duo liti s'ange. +Dopo gran via furo a Cochino, e quindi +usciro fuor dei termini degl'Indi. +Scorrendo il duca il mar con sì fedele +e sì sicura scorta, intender vuole, +e ne domanda Andronica, se de le +parti c'han nome dal cader del sole, +mai legno alcun che vada a remi e a vele, +nel mare orientale apparir suole; +e s'andar può senza toccar mai terra, +chi d'India scioglia, in Francia o in Inghilterra. +— Tu déi sapere (Andronica risponde) +che d'ogn'intorno il mar la terra abbraccia; +e van l'una ne l'altra tutte l'onde, +sia dove bolle o dove il mar s'aggiaccia; +ma perché qui davante si difonde, +e sotto il mezzodì molto si caccia +la terra d'Etiopia, alcuno ha detto +ch'a Nettuno ir più inanzi ivi è interdetto. +Per questo del nostro indico levante +nave non è che per Europa scioglia; +né si muove d'Europa navigante +ch'in queste nostre parti arrivar voglia. +Il ritrovarsi questa terra avante, +e questi e quelli al ritornare invoglia; +che credono, veggendola sì lunga, +che con l'altro emisperio si congiunga. +Ma volgendosi gli anni, io veggio uscire +da l'estreme contrade di ponente +nuovi Argonauti e nuovi Tifi, e aprire +la strada ignota infin al dì presente: +altri volteggiar l'Africa, e seguire +tanto la costa de la negra gente, +che passino quel segno onde ritorno +fa il sole a noi, lasciando il Capricorno; +e ritrovar del lungo tratto il fine, +che questo fa parer dui mar diversi; +e scorrer tutti i liti e le vicine +isole d'Indi, d'Arabi e di Persi: +altri lasciar le destre e le mancine +rive che due per opra Erculea fersi; +e del sole imitando il camin tondo, +ritrovar nuove terre e nuovo mondo. +Veggio la santa croce, e veggio i segni +imperial nel verde lito eretti: +veggio altri a guardia dei battuti legni, +altri all'acquisto del paese eletti: +veggio da dieci cacciar mille, e i regni +di là da l'India ad Aragon suggetti; +e veggio i capitan di Carlo quinto, +dovunque vanno, aver per tutto vinto. +Dio vuol ch'ascosa antiquamente questa +strada sia stata, e ancor gran tempo stia; +né che prima si sappia, che la sesta +e la settima età passata sia: +e serba a farla al tempo manifesta, +che vorrà porre il mondo a monarchia, +sotto il più saggio imperatore e giusto, +che sia stato o sarà mai dopo Augusto. +Del sangue d'Austria e d'Aragon io veggio +nascer sul Reno alla sinistra riva +un principe, al valor del qual pareggio +nessun valor, di cui si parli o scriva. +Astrea veggio per lui riposta in seggio, +anzi di morta ritornata viva; +e le virtù che cacciò il mondo, quando +lei cacciò ancora, uscir per lui di bando. +Per questi merti la Bontà suprema +non solamente di quel grande impero +ha disegnato ch'abbia diadema +ch'ebbe Augusto, Traian, Marco e Severo; +ma d'ogni terra e quinci e quindi estrema, +che mai né al sol né all'anno apre il sentiero: +e vuol che sotto a questo imperatore +solo un ovile sia, solo un pastore. +E perch'abbian più facile successo +gli ordini in cielo eternamente scritti, +gli pon la somma Providenza appresso +in mare e in terra capitani invitti. +Veggio Hernando Cortese, il qualo ha messo +nuove città sotto i cesarei editti, +e regni in Oriente sì remoti, +ch'a noi, che siamo in India, non son noti. +Veggio Prosper Colonna, e di Pescara +veggio un marchese, e veggio dopo loro +un giovene del Vasto, che fan cara +parer la bella Italia ai Gigli d'oro: +veggio ch'entrare inanzi si prepara +quel terzo agli altri a guadagnar l'alloro: +come buon corridor ch'ultimo lassa +le mosse, e giunge, e inanzi a tutti passa. +Veggio tanto il valor, veggio la fede +tanta d'Alfonso (che 'l suo nome è questo), +ch'in così acerba età, che non eccede +dopo il vigesimo anno ancora il sesto, +l'imperator l'esercito gli crede, +il qual salvando, salvar non che 'l resto, +ma farsi tutto il mondo ubidiente +con questo capitan sarà possente. +Come con questi, ovunque andar per terra +si possa, accrescerà l'imperio antico; +così per tutto il mar, ch'in mezzo serra +di là l'Europa e di qua l'Afro aprico, +sarà vittorioso in ogni guerra, +poi ch'Andrea Doria s'avrà fatto amico. +Questo è quel Doria che fa dai pirati +sicuro il vostro mar per tutti i lati. +Non fu Pompeio a par di costui degno, +se ben vinse e cacciò tutti i corsari; +però che quelli al più possente regno +che fosse mai, non poteano esser pari: +ma questo Doria, sol col proprio ingegno +e proprie forze purgherà quei mari; +sì che da Calpe al Nilo, ovunque s'oda +il nome suo, tremar veggio ogni proda. +Sotto la fede entrar, sotto la scorta +di questo capitan di ch'io ti parlo, +veggio in Italia, ove da lui la porta +gli sarà aperta, alla corona Carlo. +Veggio che 'l premio che di ciò riporta, +non tien per sé, ma fa alla patria darlo: +con prieghi ottien ch'in libertà la metta, +dove altri a sé l'avria forse suggetta. +Questa pietà, ch'egli alla patria mostra, +è degna di più onor d'ogni battaglia +ch'in Francia o in Spagna o ne la terra vostra +vincesse Iulio, o in Africa o in Tessaglia. +Né il grande Ottavio, né chi seco giostra +di par, Antonio, in più onoranza saglia +pei gesti suoi; ch'ogni lor laude amorza +l'avere usato alla lor patria forza. +Questi ed ogn'altro che la patria tenta +di libera far serva, si arrosisca; +né dove il nome d'Andrea Doria senta, +di levar gli occhi in viso d'uomo ardisca. +Veggio Carlo che 'l premio gli augumenta; +ch'oltre quel ch'in commun vuol che fruisca, +gli dà la ricca terra ch'ai Normandi +sarà principio a farli in Puglia grandi. +A questo capitan non pur cortese +il magnanimo Carlo ha da mostrarsi, +ma a quanti avrà ne le cesaree imprese +del sangue lor non ritrovati scarsi. +D'aver città, d'aver tutto un paese +donato a un suo fedel, più ralegrarsi +lo veggio, e a tutti quei che ne son degni, +che d'acquistar nuov'altri imperi e regni. — +Così de le vittorie, le qual, poi +ch'un gran numero d'anni sarà corso, +daranno a Carlo i capitani suoi, +facea col duca Andronica discorso: +e la compagna intanto ai venti eoi +viene allentando e raccogliendo il morso; +e fa ch'or questo or quel propizio l'esce, +e come vuol li minuisce e cresce. +Veduto aveano intanto il mar de' Persi +come in sì largo spazio si dilaghi; +onde vicini in pochi giorni fersi +al golfo che nomar gli antiqui Maghi. +Quivi pigliaro il porto, e fur conversi +con la poppa alla ripa i legni vaghi; +quindi sicur d'Alcina e di sua guerra, +Astolfo il suo camin prese per terra. +Passò per più d'un campo e più d'un bosco, +per più d'un monte e per più d'una valle; +ove ebbe spesso, all'aer chiaro e al fosco, +i ladroni or inanzi or alle spalle. +Vide leoni, e draghi pien di tosco, +ed altre fere attraversarsi il calle; +ma non sì tosto avea la bocca al corno, +che spaventati gli fuggian d'intorno. +Vien per l'Arabia ch'è detta Felice, +ricca di mirra e d'odorato incenso, +che per suo albergo l'unica fenice +eletto s'ha di tutto il mondo immenso; +fin che l'onda trovò vendicatrice +già d'Israel, che per divin consenso +Faraone sommerse e tutti i suoi: +e poi venne alla terra degli Eroi. +Lungo il fiume Traiano egli cavalca +su quel destrier ch'al mondo è senza pare, +che tanto leggiermente e corre e valca, +che ne l'arena l'orma non n'appare: +l'erba non pur, non pur la nieve calca; +coi piedi asciutti andar potria sul mare; +e sì si stende al corso, e sì s'affretta, +che passa e vento e folgore e saetta. +Questo è il destrier che fu de l'Argalia, +che di fiamma e di vento era concetto; +e senza fieno e biada, si nutria +de l'aria pura, e Rabican fu detto. +Venne, seguendo il Duca la sua via, +dove dà il Nilo a quel fiume ricetto; +e prima che giugnesse in su la foce, +vide un legno venire a sé veloce. +Naviga in su la poppa uno eremita +con bianca barba, a mezzo il petto lunga, +che sopra il legno il paladino invita, +e: — Figliuol mio (gli grida da la lunga), +se non t'è in odio la tua propria vita, +se non brami che morte oggi ti giunga, +venir ti piaccia su quest'altra arena; +ch'a morir quella via dritto ti mena. +Tu non andrai più che sei miglia inante, +che troverai la saguinosa stanza +dove s'alberga un orribil gigante +che d'otto piedi ogni statura avanza. +Non abbia cavallier né viandante +di partirsi da lui, vivo, speranza: +ch'altri il crudel ne scanna, altri ne scuoia, +molti ne squarta, e vivo alcun ne 'ngoia. +Piacer, fra tanta crudeltà, si prende +d'una rete ch'egli ha, molto ben fatta: +poco lontana al tetto suo la tende, +e ne la trita polve in modo appiatta, +che chi prima nol sa, non la comprende, +tanto è sottil, tanto egli ben l'adatta: +e con tai gridi i peregrin minaccia, +che spaventati dentro ve li caccia. +E con gran risa, aviluppati in quella +se li strascina sotto il suo coperto; +né cavallier riguarda né donzella, +o sia di grande o sia di picciol merto: +e mangiata la carne, e la cervella +succhiate e 'l sangue, dà l'ossa al deserto; +e de l'umane pelli intorno intorno +fa il suo palazzo orribilmente adorno. +Prendi quest'altra via, prendila, figlio, +che fin al mar ti fia tutta sicura. — +— Io ti ringrazio, padre, del consiglio +(rispose il cavallier senza paura), +ma non istimo per l'onor periglio, +di ch'assai più che de la vita ho cura. +Per far ch'io passi, invan tu parli meco; +anzi vo al dritto a ritrovar lo speco. +Fuggendo, posso con disnor salvarmi; +ma tal salute ho più che morte a schivo. +S'io vi vo, al peggio che potrà incontrarmi, +fra molti resterò di vita privo; +ma quando Dio così mi drizzi l'armi, +che colui morto, ed io rimanga vivo, +sicura a mille renderò la via: +sì che l'util maggior che 'l danno fia. +Metto all'incontro la morte d'un solo +alla salute di gente infinita. — +— Vattene in pace (rispose), figliuolo; +Dio mandi in difension de la tua vita +l'arcangelo Michel dal sommo polo: — +e benedillo il semplice eremita. +Astolfo lungo il Nil tenne la strada, +sperando più nel suon che ne la spada. +Giace tra l'alto fiume e la palude +picciol sentier nell'arenosa riva: +la solitaria casa lo richiude, +d'umanitade e di commercio priva. +Son fisse intorno teste e membra nude +de l'infelice gente che v'arriva. +Non v'è finestra, non v'è merlo alcuno, +onde penderne almen non si veggia uno. +Qual ne le alpine ville o ne' castelli +suol cacciator che gran perigli ha scorsi, +su le porte attaccar l'irsute pelli, +l'orride zampe e i grossi capi d'orsi; +tal dimostrava il fier gigante quelli +che di maggior virtù gli erano occorsi. +D'altri infiniti sparse appaion l'ossa; +ed è di sangue uman piena ogni fossa. +Stassi Caligorante in su la porta; +che così ha nome il dispietato mostro +ch'orna la sua magion di gente morta, +come alcun suol di panni d'oro o d'ostro. +Costui per gaudio a pena si comporta, +come il duca lontan se gli è dimostro; +ch'eran duo mesi, e il terzo ne venìa, +che non fu cavallier per quella via. +Vêr la palude, ch'era scura e folta +di verdi canne, in gran fretta ne viene; +che disegnato avea correre in volta, +e uscir al paladin dietro alle schene; +che ne la rete, che tenea sepolta +sotto la polve, di cacciarlo ha spene, +come avea fatto gli altri peregrini +che quivi tratto avean lor rei destini. +Come venire il paladin lo vede, +ferma il destrier, non senza gran sospetto +che vada in quelli lacci a dar del piede, +di che il buon vecchiarel gli avea predetto. +Quivi il soccorso del suo corno chiede, +e quel sonando fa l'usato effetto: +nel cor fere il gigante che l'ascolta, +di tal timor, ch'a dietro i passi volta. +Astolfo suona, e tuttavolta bada; +che gli par sempre che la rete scocchi. +Fugge il fellon, né vede ove si vada; +che, come il core, avea perduti gli occhi. +Tanta è la tema, che non sa far strada, +che ne li propri aguati non trabocchi: +va ne la rete; e quella si disserra, +tutto l'annoda, e lo distende in terra. +Astolfo, ch'andar giù vede il gran peso, +già sicuro per sé, v'accorre in fretta; +e con la spada in man, d'arcion disceso, +va per far di mill'anime vendetta. +Poi gli par che s'uccide un che sia preso, +viltà, più che virtù, ne sarà detta; +che legate le braccia, i piedi e il collo +gli vede sì, che non può dare un crollo. +Avea la rete già fatta Vulcano +di sottil fil d'acciar, ma con tal arte, +che saria stata ogni fatica invano +per ismagliarne la più debol parte; +ed era quella che già piedi e mano +avea legate a Venere ed a Marte. +La fe' il geloso, e non ad altro effetto, +che per pigliarli insieme ambi nel letto. +Mercurio al fabbro poi la rete invola; +che Cloride pigliar con essa vuole, +Cloride bella che per l'aria vola +dietro all'Aurora, all'apparir del sole, +e dal raccolto lembo de la stola +gigli spargendo va, rose e viole. +Mercurio tanto questa ninfa attese, +che con la rete in aria un dì la prese. +Dove entra in mare il gran fiume etiopo, +par che la dea presa volando fosse. +Poi nei tempio d'Anubide a Canopo +la rete molti seculi serbosse. +Caligorante tremila anni dopo, +di là, dove era sacra, la rimosse: +se ne portò la rete il ladrone empio, +ed arse la cittade, e rubò il tempio. +Quivi adattolla in modo in su l'arena, +che tutti quei ch'avean da lui la caccia +vi davan dentro; ed era tocca a pena, +che lor legava e collo e piedi e braccia. +Di questa levò Astolfo una catena, +e le man dietro a quel fellon n'allaccia; +le braccia e 'l petto in guisa gli ne fascia, +che non può sciorsi: indi levar lo lascia, +dagli altri nodi avendol sciolto prima, +ch'era tornato uman più che donzella. +Di trarlo seco e di mostrarlo stima +per ville, per cittadi e per castella. +Vuol la rete anco aver, di che né lima +né martel fece mai cosa più bella: +ne fa somier colui ch'alla catena +con pompa trionfal dietro si mena. +L'elmo e lo scudo anche a portar gli diede, +come a valletto, e seguitò il camino, +di gaudio empiendo, ovunque metta il piede, +ch'ir possa ormai sicuro il peregrino. +Astolfo se ne va tanto, che vede +ch'ai sepolcri di Memfi è già vicino, +Memfi per le piramidi famoso: +vede all'incontro il Cairo populoso. +Tutto il popul correndo si traea +per vedere il gigante smisurato. +— Come è possibil (l'un l'altro dicea) +che quel piccolo il grande abbia legato? — +Astolfo a pena inanzi andar potea, +tanto la calca il preme da ogni lato: +e come cavallier d'alto valore +ognun l'ammira, e gli fa grande onore. +Non era grande il Cairo così allora, +come se ne ragiona a nostra etade: +che 'l populo capir, che vi dimora, +non puon diciottomila gran contrade; +e che le case hanno tre palchi, e ancora +ne dormono infiniti in su le strade; +e che 'l soldano v'abita un castello +mirabil di grandezza, e ricco e bello; +e che quindicimila suoi vasalli, +che son cristiani rinegati tutti, +con mogli, con famiglie e con cavalli +ha sotto un tetto sol quivi ridutti. +Astolfo veder vuole ove s'avalli, +e quanto il Nilo entri nei salsi flutti +a Damiata; ch'avea quivi inteso, +qualunque passa restar morto o preso. +Però ch'in ripa al Nilo in su la foce +si ripara un ladron dentro una torre, +ch'a paesani e a peregrini nuoce, +e fin al Cairo, ognun rubando scorre. +Non gli può alcun resistere; ed ha voce +che l'uom gli cerca invan la vita torre: +centomila ferite egli ha già avuto, +né ucciderlo però mai s'è potuto. +Per veder se può far rompere il filo +alla Parca di lui, sì che non viva, +Astolfo viene a ritrovare Orrilo +(così avea nome), e a Damiata arriva; +ed indi passa ove entra in mare il Nilo, +e vede la gran torre in su la riva, +dove s'alberga l'anima incantata +che d'un folletto nacque e d'una fata. +Quivi ritruova che crudel battaglia +era tra Orrilo e dui guerrieri accesa. +Orrilo è solo; e sì que' dui travaglia, +ch'a gran fatica gli puon far difesa: +e quando in arme l'uno e l'altro vaglia, +a tutto il mondo la fama palesa. +Questi erano i dui figli d'Oliviero, +Grifone il bianco ed Aquilante il nero. +Gli è ver che 'l negromante venuto era +alla battaglia con vantaggio grande; +che seco tratto in campo avea una fera, +la qual si truova solo in quelle bande: +vive sul lito e dentro alla rivera; +e i corpi umani son le sue vivande, +de le persone misere ed incaute +de viandanti e d'infelici naute. +La bestia ne l'arena appresso al porto +per man dei duo fratei morta giacea; +e per questo ad Orril non si fa torto, +s'a un tempo l'uno e l'altro gli nocea. +Più volte l'han smembrato e non mai morto, +né, per smembrarlo, uccider si potea; +che se tagliato o mano o gamba gli era, +la rapiccava, che parea di cera. +Or fin a' denti il capo gli divide +Grifone, or Aquilante fin al petto. +Egli dei colpi lor sempre si ride: +s'adiran essi, che non hanno effetto. +Chi mai d'alto cader l'argento vide, +che gli alchimisti hanno mercurio detto, +e sparger e raccor tutti i suo' membri, +sentendo di costui, se ne rimembri. +Se gli spiccano il capo, Orrilo scende, +né cessa brancolar fin che lo truovi; +ed or pel crine ed or pel naso il prende, +lo salda al collo, e non so con che chiovi. +Piglial talor Grifone, e 'l braccio stende, +nel fiume il getta, e non par ch'anco giovi; +che nuota Orrilo al fondo come un pesce, +e col suo capo salvo alla ripa esce. +Due belle donne onestamente ornate, +l'una vestita a bianco e l'altra a nero, +che de la pugna causa erano state, +stavano a riguardar l'assalto fiero. +Queste eran quelle due benigne fate +ch'avean notriti i figli d'Oliviero, +poi che li trasson teneri citelli +dai curvi artigli di duo grandi augelli, +che rapiti gli avevano a Gismonda, +e portati lontan dal suo paese. +Ma non bisogna in ciò ch'io mi diffonda, +ch'a tutto il mondo è l'istoria palese; +ben che l'autor nel padre si confonda, +ch'un per un altro (io non so come) prese. +Or la battaglia i duo gioveni fanno, +che le due donne ambi pregati n'hanno. +Era in quel clima già sparito il giorno, +all'isole ancor alto di Fortuna; +l'ombre avean tolto ogni vedere a torno +sotto l'incerta e mal compresa luna; +quando alla rocca Orril fece ritorno, +poi ch'alla bianca e alla sorella bruna +piacque di differir l'aspra battaglia +fin che 'l sol nuovo all'orizzonte saglia. +Astolfo, che Grifone ed Aquilante, +ed all'insegne e più al ferir gagliardo, +riconosciuto avea gran pezzo inante, +lor non fu altiero a salutar né tardo. +Essi vedendo che quel che 'l gigante +traea legato, era il baron dal pardo +(che così in corte era quel duca detto), +raccolser lui con non minore affetto. +Le donne a riposare i cavallieri +menaro a un lor palagio indi vicino. +Donzelle incontra vennero e scudieri +con torchi accesi, a mezzo del camino. +Diero a chi n'ebbe cura i lor destrieri, +trassonsi l'arme; e dentro un bel giardino +trovar ch'apparechiata era la cena +ad una fonte limpida ed amena. +Fan legare il gigante alla verdura +Con un'altra catena molto grossa +ad una quercia di molt'anni dura, +che non si romperà per una scossa; +e da dieci sergenti averne cura, +che la notte discior non se ne possa, +ed assalirli, e forse far lor danno, +mentre sicuri e senza guardia stanno. +All'abondante e sontuosa mensa, +dove il manco piacer fur le vivande, +del ragionar gran parte si dispensa +sopra d'Orrilo e del miracol grande, +che quasi par un sogno a chi vi pensa, +ch'or capo or braccio a terra se gli mande, +ed egli lo raccolga e lo raggiugna, +e più feroce ognor torni alla pugna. +Astolfo nel suo libro avea già letto +(quel ch'agl'incanti riparare insegna) +ch'ad Orril non trarrà l'alma del petto +fin ch'un crine fatal nel capo tegna; +ma, se lo svelle o tronca, fia costretto +che suo mal grado fuor l'alma ne vegna. +Questo ne dice il libro; ma non come +conosca il crine in così folte chiome. +Non men de la vittoria si godea, +che se n'avesse Astolfo già la palma; +come chi speme in pochi colpi avea +svellere il crine al negromante e l'alma. +Però di quella impresa promettea +tor su gli omeri suoi tutta la salma: +Orril farà morir, quando non spiaccia +ai duo fratei, ch'egli la pugna faccia. +Ma quei gli danno volentier l'impresa, +certi che debbia affaticarsi invano. +Era già l'altra aurora in cielo ascesa, +quando calò dai muri Orrilo al piano. +Tra il duca e lui fu la battaglia accesa: +la mazza l'un, l'altro ha la spada in mano. +Di mille attende Astolfo un colpo trarne, +che lo spirto gli sciolga da la carne. +Or cader gli fa il pugno con la mazza, +or l'uno or l'altro braccio con la mano; +quando taglia a traverso la corazza, +e quando il va troncando a brano a brano: +ma ricogliendo sempre de la piazza +va le sue membra Orrilo, e si fa sano. +S'in cento pezzi ben l'avesse fatto, +redintegrarsi il vedea Astolfo a un tratto. +Al fin di mille colpi un gli ne colse +sopra le spalle ai termini del mento: +la testa e l'elmo dal capo gli tolse, +né fu d'Orrilo a dismontar più lento. +La sanguinosa chioma in man s'avolse, +e risalse a cavallo in un momento; +e la portò correndo incontra 'l Nilo, +che riaver non la potesse Orrilo. +Quel sciocco, che del fatto non s'accorse, +per la polve cercando iva la testa: +ma come intese il corridor via torse, +portare il capo suo per la foresta; +immantinente al suo destrier ricorse, +sopra vi sale, e di seguir non resta. +Volea gridare: — Aspetta, volta, volta! — +ma gli avea il duca già la bocca tolta. +Pur, che non gli ha tolto anco le calcagna +si riconforta, e segue a tutta briglia. +Dietro il lascia gran spazio di campagna +quel Rabican che corre a maraviglia. +Astolfo intanto per la cuticagna +va da la nuca fin sopra le ciglia +cercando in fretta, se 'l crine fatale +conoscer può, ch'Orril tiene immortale. +Fra tanti e innumerabili capelli, +un più de l'altro non si stende o torce: +qual dunque Astolfo sceglierà di quelli, +che per dar morte al rio ladron raccorce? +— Meglio è (disse) che tutti io tagli o svelli: — +né si trovando aver rasoi né force, +ricorse immantinente alla sua spada, +che taglia sì, che si può dir che rada. +E tenendo quel capo per lo naso, +dietro e dinanzi lo dischioma tutto. +Trovò fra gli altri quel fatale a caso: +si fece il viso allor pallido e brutto, +travolse gli occhi, e dimostrò all'occaso, +per manifesti segni, esser condutto; +e 'l busto che seguia troncato al collo, +di sella cadde, e diè l'ultimo crollo. +Astolfo, ove le donne e i cavallieri +lasciato avea, tornò col capo in mano, +che tutti avea di morte i segni veri, +e mostrò il tronco ove giacea lontano. +Non so ben se lo vider volentieri, +ancor che gli mostrasser viso umano; +che la intercetta lor vittoria forse +d'invidia ai duo germani il petto morse. +Né che tal fin quella battuglia avesse, +credo più fosse alle due donne grato. +Queste, perché più in lungo si traesse +de' duo fratelli il doloroso fato +ch'in Francia par ch'in breve esser dovesse, +con loro Orrilo avean quivi azzuffato, +con speme di tenerli tanto a bada, +che la trista influenza se ne vada. +Tosto che 'l castellan di Damiata +certificossi ch'era morto Orrilo, +la columba lasciò, ch'avea legata +sotto l'ala la lettera col filo. +Quella andò al Cairo; ed indi fu lasciata +un'altra altrove, come quivi è stilo: +sì che in pochissime ore andò l'aviso +per tutto Egitto, ch'era Orrilo ucciso. +Il duca, come al fin trasse l'impresa, +confortò molto i nobili garzoni, +ben che da sé v'avean la voglia intesa, +né bisognavan stimuli né sproni, +che per difender de la santa Chiesa +e del romano Imperio le ragioni, +lasciasser le battaglie d'Oriente, +e cercassino onor ne la lor gente. +Così Grifone ed Aquilante tolse +ciascuno da la sua donna licenza; +le quali, ancor che lor ne 'ncrebbe e dolse, +non vi seppon però far resistenza. +Con essi Astolfo a man destra si volse; +che si deliberar far riverenza +ai santi luoghi ove Dio in carne visse, +prima che verso Francia si venisse. +Potuto avrian pigliar la via mancina, +ch'era più dilettevole e più piana, +e mai non si scostar da la marina; +ma per la destra andaro orrida e strana, +perché l'alta città di Palestina +per questa sei giornate è men lontana. +Acqua si truova ed erba in questa via: +di tutti gli altri ben v'è carestia. +Sì che prima ch'entrassero in viaggio, +ciò che lor bisognò, fecion raccorre, +e carcar sul gigante il carriaggio, +ch'avria portato in collo anco una torre. +Al finir del camino aspro e selvaggio, +da l'alto monte alla lor vista occorre +la santa terra, ove il superno Amore +lavò col proprio sangue il nostro errore. +Trovano in su l'entrar de la cittade +un giovene gentil, lor conoscente, +Sansonetto da Meca, oltre l'etade, +ch'era nel primo fior, molto prudente; +d'alta cavalleria, d'alta bontade +famoso, e riverito fra la gente. +Orlando lo converse a nostra fede, +e di sua man battesmo anco gli diede. +Quivi lo trovan che disegna a fronte +del calife d'Egitto una fortezza; +e circondar vuole il Calvario monte +di muro di duo miglia di lunghezza. +Da lui raccolti fur con quella fronte +che può d'interno amor dar più chiarezza, +e dentro accompagnati, e con grande agio +fatti alloggiar nel suo real palagio. +Avea in governo egli la terra, e in vece +di Carlo vi reggea l'imperio giusto. +Il duca Astolfo a costui dono fece +di quel sì grande e smisurato busto, +ch'a portar pesi gli varrà per diece +bestie da soma, tanto era robusto. +Diegli Astolfo il gigante, e diegli appresso +la rete ch'in sua forza l'avea messo. +Sansonetto all'incontro al duca diede +per la spada una cinta ricca e bella; +e diede spron per l'uno e l'altro piede, +che d'oro avean la fibbia e la girella; +ch'esser del cavallier stati si crede, +che liberò dal drago la donzella: +al Zaffo avuti con molt'altro arnese +Sansonetto gli avea, quando lo prese. +Purgati de lor colpe a un monasterio +che dava di sé odor di buoni esempi, +de la passion di Cristo ogni misterio +contemplando n'andar per tutti i tempi +ch'or con eterno obbrobrio e vituperio +agli cristiani usurpano i Mori empi. +L'Europa è in arme, e di far guerra agogna +in ogni parte, fuor ch'ove bisogna. +Mentre avean quivi l'animo divoto, +a perdonanze e a cerimonie intenti, +un peregrin di Grecia, a Grifon noto, +novelle gli arrecò gravi e pungenti, +dal suo primo disegno e lungo voto +troppo diverse e troppo differenti; +e quelle il petto gl'infiammaron tanto, +che gli scacciar l'orazion da canto. +Amava il cavallier, per sua sciagura, +una donna ch'avea nome Orrigille: +di più bel volto e di miglior statura +non se ne sceglierebbe una fra mille; +ma disleale e di sì rea natura, +che potresti cercar cittadi e ville, +la terra ferma e l'isole del mare, +né credo ch'una le trovassi pare. +Ne la città di Costantin lasciata +grave l'avea di febbre acuta e fiera. +Or quando rivederla alla tornata +più che mai bella, e di goderla spera, +ode il meschin, ch'in Antiochia andata +dietro un suo nuovo amante ella se n'era, +non le parendo ormai di più patire +ch'abbia in sì fresca età sola a dormire. +Da indi in qua ch'ebbe la trista nuova, +sospirava Grifon notte e dì sempre. +Ogni piacer ch'agli altri aggrada e giova, +par ch'a costui più l'animo distempre: +pensilo ognun, ne li cui danni pruova +Amor, se li suoi strali han buone tempre. +Ed era grave sopra ogni martire, +che 'l mal ch'avea si vergognava a dire. +Questo, perché mille fiate inante +già ripreso l'avea di quello amore, +di lui più saggio, il fratello Aquilante, +e cercato colei trargli del core, +colei ch'al suo giudicio era di quante +femine rie si trovin la peggiore. +Grifon l'escusa, se 'l fratel la danna; +e le più volte il parer proprio inganna. +Però fece pensier, senza parlarne +con Aquilante, girsene soletto +sin dentro d'Antiochia, e quindi trarne +colei che tratto il cor gli avea del petto; +trovar colui che gli l'ha tolta, e farne +vendetta tal, che ne sia sempre detto. +Dirò, come ad effetto il pensier messe, +nell'altro canto, e ciò che ne successe. Gravi pene in amor si provan molte, +di che patito io n'ho la maggior parte, +e quelle in danno mio sì ben raccolte, +ch'io ne posso parlar come per arte. +Però s'io dico e s'ho detto altre volte, +e quando in voce e quando in vive carte, +ch'un mal sia lieve, un altro acerbo e fiero, +date credenza al mio giudicio vero. +Io dico e dissi, e dirò fin ch'io viva, +che chi si truova in degno laccio preso, +se ben di sé vede sua donna schiva, +se in tutto aversa al suo desire acceso; +se bene Amor d'ogni mercede il priva, +poscia che 'l tempo e la fatica ha speso; +pur ch'altamente abbia locato il core, +pianger non de', se ben languisce e muore. +Pianger de' quel che già sia fatto servo +di duo vaghi occhi e d'una bella treccia, +sotto cui si nasconda un cor protervo, +che poco puro abbia con molta feccia. +Vorria il miser fuggire; e come cervo +ferito, ovunque va, porta la freccia: +ha di se stesso e del suo amor vergogna, +né l'osa dire, e invan sanarsi agogna. +In questo caso è il giovene Grifone, +che non si può emendare, e il suo error vede, +vede quanto vilmente il suo cor pone +in Orrigille iniqua e senza fede; +pur dal mal uso è vinta la ragione, +e pur l'arbitrio all'appetito cede: +perfida sia quantunque, ingrata e ria, +sforzato è di cercar dove ella sia. +Dico, la bella istoria ripigliando, +ch'uscì de la città secretamente, +né parlarne s'ardì col fratel, quando +ripreso invan da lui ne fu sovente. +Verso Rama, a sinistra declinando, +prese la via più piana e più corrente. +Fu in sei giorni a Damasco di Soria; +indi verso Antiochia se ne gìa. +Scontrò presso a Damasco il cavalliero +a cui donato aveva Orrigille il core: +e convenian di rei costumi in vero, +come ben si convien l'erba col fiore; +che l'uno e l'altro era di cor leggiero, +perfido l'uno e l'altro e traditore; +e copria l'uno e l'altro il suo difetto, +con danno altrui, sotto cortese aspetto. +Come io vi dico, il cavallier venìa +s'un gran destrier con molta pompa armato: +la perfida Orrigille in compagnia, +in un vestire azzur d'oro fregiato, +e duo valletti, donde si servia +a portar elmo e scudo, aveva allato; +come quel che volea con bella mostra +comparire in Damasco ad una giostra. +Una splendida festa che bandire +fece il re di Damasco in quelli giorni, +era cagion di far quivi venire +i cavallier quanto potean più adorni. +Tosto che la puttana comparire +vede Grifon, ne teme oltraggi e scorni: +sa che l'amante suo non è sì forte, +che contra lui l'abbia a campar da morte. +Ma sì come audacissima e scaltrita, +ancor che tutta di paura trema, +s'acconcia il viso, e sì la voce aita, +che non appar in lei segno di tema. +Col drudo avendo già l'astuzia ordita, +corre, e fingendo una letizia estrema, +verso Grifon l'aperte braccia tende, +lo stringe al collo, e gran pezzo ne pende. +Dopo, accordando affettuosi gesti +alla suavità de le parole, +dicea piangendo: — Signor mio, son questi +debiti premi a chi t'adora e cole? +che sola senza te già un anno resti, +e va per l'altro, e ancor non te ne duole? +E s'io stava aspettare il suo ritorno, +non so se mai veduto avrei quel giorno! +Quando aspettava che di Nicosia, +dove tu te n'andasti alla gran corte, +tornassi a me che con la febbre ria +lasciata avevi in dubbio de la morte, +intesi che passato eri in Soria: +il che a patir mi fu sì duro e forte, +che non sapendo come io ti seguissi, +quasi il cor di man propria mi traffissi. +Ma Fortuna di me con doppio dono +mostra d'aver, quel che non hai tu, cura: +mandommi il fratel mio, col quale io sono +sin qui venuta del mio onor sicura; +ed or mi manda questo incontro buono +di te, ch'io stimo sopra ogni aventura: +e bene a tempo il fa; che più tardando, +morta sarei, te, signor mio, bramando. — +E seguitò la donna fraudolente, +di cui l'opere fur più che di volpe, +la sua querela così astutamente, +che riversò in Grifon tutte le colpe. +Gli fa stimar colui, non che parente, +ma che d'un padre seco abbia ossa e polpe: +e con tal modo sa tesser gl'inganni, +che men verace par Luca e Giovanni. +Non pur di sua perfidia non riprende +Grifon la donna iniqua più che bella; +non pur vendetta di colui non prende, +che fatto s'era adultero di quella: +ma gli par far assai, se si difende +che tutto il biasmo in lui non riversi ella; +e come fosse suo cognato vero, +d'accarezzar non cessa il cavalliero. +E con lui se ne vien verso le porte +di Damasco, e da lui sente tra via, +che là dentro dovea splendida corte +tenere il ricco re de la Soria; +e ch'ognun quivi, di qualunque sorte, +o sia cristiano, o d'altra legge sia, +dentro e di fuori ha la città sicura +per tutto il tempo che la festa dura. +Non però son di seguitar sì intento +l'istoria de la perfida Orrigille, +ch'a' giorni suoi non pur un tradimento +fatto agli amanti avea, ma mille e mille; +ch'io non ritorni a riveder dugento +mila persone, o più de le scintille +del fuoco stuzzicato, ove alle mura +di Parigi facean danno e paura. +Io vi lasciai, come assaltato avea +Agramante una porta de la terra, +che trovar senza guardia si credea: +né più riparo altrove il passo serra; +perché in persona Carlo la tenea, +ed avea seco i mastri de la guerra, +duo Guidi, duo Angelini; uno Angeliero, +Avino, Avolio, Otone e Berlingiero. +Inanzi a Carlo, inanzi al re Agramante +l'un stuolo e l'altro si vuol far vedere, +ove gran loda, ove mercé abondante +si può acquistar, facendo il suo dovere. +I Mori non però fer pruove tante, +che par ristoro al danno abbiano avere; +perché ve ne restar morti parecchi, +ch'agli altri fur di folle audacia specchi. +Grandine sembran le spesse saette +dal muro sopra gli nimici sparte. +Il grido insin al ciel paura mette, +che fa la nostra e la contraria parte. +Ma Carlo un poco ed Agramante aspette; +ch'io vo' cantar de l'africano Marte, +Rodomonte terribile ed orrendo, +che va per mezzo la città correndo. +Non so, Signor, se più vi ricordiate, +di questo Saracin tanto sicuro, +che morte le sue genti avea lasciate +tra il secondo riparo e 'l primo muro, +da la rapace fiamma devorate, +che non fu mai spettacolo più oscuro. +Dissi ch'entrò d'un salto ne la terra +sopra la fossa che la cinge e serra. +Quando fu noto il Saracino atroce +all'arme istrane, alla scagliosa pelle, +là dove i vecchi e 'l popul men feroce +tendean l'orecchie a tutte le novelle, +levossi un pianto, un grido, un'alta voce, +con un batter di man ch'andò alle stelle; +e chi poté fuggir non vi rimase, +per serrarsi ne' templi e ne le case. +Ma questo a pochi il brando rio conciede, +ch'intorno ruota il Saracin robusto. +Qui fa restar con mezza gamba un piede, +là fa un capo sbalzar lungi dal busto; +l'un tagliare a traverso se gli vede, +dal capo all'anche un altro fender giusto: +e di tanti ch'uccide, fere e caccia, +non se gli vede alcun segnare in faccia. +Quel che la tigre de l'armento imbelle +ne' campi ircani o là vicino al Gange, +o 'l lupo de le capre e de l'agnelle +nel monte che Tifeo sotto si frange; +quivi il crudel pagan facea di quelle +non dirò squadre, non dirò falange, +ma vulgo e populazzo voglio dire, +degno, prima che nasca, di morire. +Non ne trova un che veder possa in fronte, +fra tanti che ne taglia, fora e svena. +Per quella strada che vien dritto al ponte +di san Michel, sì popolata e piena, +corre il fiero e terribil Rodomonte, +e la sanguigna spada a cerco mena: +non riguarda né al servo né al signore, +né al giusto ha più pietà ch'al peccatore. +Religion non giova al sacerdote, +né la innocenza al pargoletto giova: +per sereni occhi o per vermiglie gote +mercé né donna né donzella truova: +la vecchiezza si caccia e si percuote; +né quivi il Saracin fa maggior pruova +di gran valor, che di gran crudeltade; +che non discerne sesso, ordine, etade. +Non pur nel sangue uman l'ira si stende +de l'empio re, capo e signor degli empi, +ma contra i tetti ancor, sì che n'incende +le belle case e i profanati tempi. +Le case eran, per quel che se n'intende, +quasi tutte di legno in quelli tempi: +e ben creder si può; ch'in Parigi ora +de le diece le sei son così ancora. +Non par, quantunque il fuoco ogni cosa arda, +che sì grande odio ancor saziar si possa. +Dove s'aggrappi con le mani, guarda, +sì che ruini un tetto ad ogni scossa. +Signor, avete a creder che bombarda +mai non vedeste a Padova sì grossa, +che tanto muro possa far cadere, +quanto fa in una scossa il re d'Algiere. +Mentre quivi col ferro il maledetto +e con le fiamme facea tanta guerra, +se di fuor Agramante avesse astretto, +perduta era quel dì tutta la terra: +ma non v'ebbe agio; che gli fu interdetto +dal paladin che venìa d'Inghilterra +col populo alle spalle inglese e scotto, +dal Silenzio e da l'angelo condotto. +Dio volse che all'entrar che Rodomonte +fe' ne la terra, e tanto fuoco accese, +che presso ai muri il fior di Chiaramonte, +Rinaldo, giunse, e seco il campo inglese. +Tre leghe sopra avea gittato il ponte, +e torte vie da man sinistra prese; +che disegnando i barbari assalire, +il fiume non l'avesse ad impedire. +Mandato avea seimila fanti arcieri +sotto l'altiera insegna d'Odoardo, +e duomila cavalli, e più, leggieri +dietro alla guida d'Ariman gagliardo; +e mandati gli avea per li sentieri +che vanno e vengon dritto al mar picardo, +ch'a porta San Martino e San Dionigi +entrassero a soccorso di Parigi. +I cariaggi e gli altri impedimenti +con lor fece drizzar per questa strada. +Egli con tutto il resto de le genti +più sopra andò girando la contrada. +Seco avean navi e ponti ed argumenti +da passar Senna che non ben si guada. +Passato ognuno, e dietro i ponti rotti, +ne le lor schiere ordinò Inglesi e Scotti. +Ma prima quei baroni e capitani +Rinaldo intorno avendosi ridutti, +sopra la riva ch'alta era dai piani +sì, che poteano udirlo e veder tutti, +disse: — Signor, ben a levar le mani +avete a Dio, che qui v'abbia condutti, +acciò, dopo un brevissimo sudore, +sopra ogni nazion vi doni onore. +Per voi saran dui principi salvati, +se levate l'assedio a quelle porte: +il vostro re, che voi sete ubligati +da servitù difendere e da morte; +ed uno imperator de' più lodati +che mai tenuto al mondo abbiano corte; +e con loro altri re, duci e marchesi, +signori e cavallier di più paesi. +Sì che, salvando una città, non soli +Parigini ubligati vi saranno, +che molto più che per li propri duoli, +timidi, afflitti e sbigottiti stanno +per le lor mogli e per li lor figliuoli +ch'a un medesmo pericolo seco hanno, +e per le sante vergini richiuse, +ch'oggi non sien dei voti lor deluse: +dico, salvando voi questa cittade, +v'ubligate non solo i Parigini, +ma d'ogn'intorno tutte le contrade. +Non parlo sol dei populi vicini; +ma non è terra per Cristianitade, +che non abbia qua dentro cittadini: +sì che, vincendo, avete da tenere +che più che Francia v'abbia obligo avere. +Se donavan gli antiqui una corona +a chi salvasse a un cittadin la vita, +or che degna mercede a voi si dona, +salvando multitudine infinita? +Ma se da invidia o da viltà sì buona +e sì santa opra rimarrà impedita, +credetemi che prese quelle mura, +né Italia né Lamagna anco è sicura; +né qualunque altra parte ove s'adori +quel che volse per noi pender sul legno. +Né voi crediate aver lontani i Mori, +né che pel mar sia forte il vostro regno: +che s'altre volte quelli, uscendo fuori +di Zibeltaro e de l'Erculeo segno, +riportar prede da l'isole vostre, +che faranno or, s'avran le terre nostre? +Ma quando ancor nessuno onor, nessuno +util v'inanimasse a questa impresa, +commun debito è ben soccorrer l'uno +l'altro, che militiàn sotto una Chiesa. +Ch'io non vi dia rotti i nemici, alcuno +non sia chi tema, e con poca contesa; +che gente male esperta tutta parmi, +senza possanza, senza cor, senz'armi. — +Poté con queste e con miglior ragioni, +con parlare espedito e chiara voce +eccitar quei magnanimi baroni +Rinaldo, e quello esercito feroce: +e fu, com'è in proverbio, aggiunger sproni +al buon corsier che già ne va veloce. +Finito il ragionar, fece le schiere +muover pian pian sotto le lor bandiere. +Senza strepito alcun, senza rumore +fa il tripartito esercito venire: +lungo il fiume a Zerbin dona l'onore +di dover prima i barbari assalire; +e fa quelli d'Irlanda con maggiore +volger di via più tra campagna gire; +e i cavallieri e i fanti d'Inghilterra +col duca di Lincastro in mezzo serra. +Drizzati che gli ha tutti al lor camino, +cavalca il paladin lungo la riva, +e passa inanzi al buon duca Zerbino +e a tutto il campo che con lui veniva; +tanto ch'al re d'Orano e al re Sobrino +e agli altri lor compagni soprarriva, +che mezzo miglio appresso a quei di Spagna +guardavan da quel canto la campagna. +L'esercito cristian che con sì fida +e sì sicura scorta era venuto, +ch'ebbe il Silenzio e l'angelo per guida, +non poté ormai patir più di star muto. +Sentiti gli nimici, alzò le grida, +e de le trombe udir fe' il suono arguto: +e con l'alto rumor ch'arrivò al cielo, +mandò ne l'ossa a' Saracini il gelo. +Rinaldo inanzi agli altri il destrier punge; +e con la lancia per cacciarla in resta +lascia gli Scotti un tratto d'arco lunge, +ch'ogni indugio a ferir sì lo molesta. +Come groppo di vento talor giunge, +che si tra' dietro un'orrida tempesta, +tal fuor di squadra il cavallier gagliardo +venìa spronando il corridor Baiardo. +Al comparir del paladin di Francia, +dan segno i Mori alle future angosce: +tremare a tutti in man vedi la lancia, +i piedi in staffa, e ne l'arcion le cosce. +Re Puliano sol non muta guancia, +che questo esser Rinaldo non conosce; +né pensando trovar sì duro intoppo, +gli muove il destrier contra di galoppo: +e su la lancia nel partir si stringe, +e tutta in sé raccoglie la persona; +poi con ambo gli sproni il destrier spinge, +e le redine inanzi gli abandona. +Da l'altra parte il suo valor non finge, +e mostra in fatti quel ch'in nome suona, +quanto abbia nel giostrare e grazia ed arte, +il figliuolo d'Amone, anzi di Marte. +Furo al segnar degli aspri colpi, pari, +che si posero i ferri ambi alla testa: +ma furo in arme ed in virtù dispari, +che l'un via passa, e l'altro morto resta. +Bisognan di valor segni più chiari, +che por con leggiadria la lancia in resta: +ma fortuna anco più bisogna assai; +che senza, val virtù raro o non mai. +La buona lancia il paladin racquista, +e verso il re d'Oran ratto si spicca, +che la persona avea povera e trista +di cor, ma d'ossa e di gran polpe ricca. +Questo por tra bei colpi si può in lista, +ben ch'in fondo allo scudo gli l'appicca: +e chi non vuol lodarlo, abbialo escuso, +perché non si potea giunger più in suso. +Non lo ritien lo scudo, che non entre, +ben che fuor sia d'acciar, dentro di palma; +e che da quel gran corpo uscir pel ventre +non faccia l'inequale e piccola alma. +Il destrier che portar si credea, mentre +durasse il lungo dì, sì grave salma, +riferì in mente sua grazie a Rinaldo, +ch'a quello incontro gli schivò un gran caldo. +Rotta l'asta, Rinaldo il destrier volta +tanto legger, che fa sembrar ch'abbia ale; +e dove la più stretta e maggior folta +stiparsi vede, impetuoso assale. +Mena Fusberta sanguinosa in volta +che fa l'arme parer di vetro frale: +tempra di ferro il suo tagliar non schiva, +che non vada a trovar la carne viva. +Ritrovar poche tempre e pochi ferri +può la tagliente spada, ove s'incappi, +ma targhe, altre di cuoio, altre di cerri, +giupe trapunte e attorcigliati drappi. +Giusto è ben dunque che Rinaldo atterri +qualunque assale, e fori e squarci e affrappi; +che non più si difende da sua spada, +ch'erba da falce, o da tempesta biada. +La prima schiera era già messa in rotta, +quando Zerbin con l'antiguardia arriva. +Il cavallier inanzi alla gran frotta +con la lancia arrestata ne veniva. +La gente sotto il suo pennon condotta, +con non minor fierezza lo seguiva: +tanti lupi parean, tanti leoni +ch'andassero assalir capre o montoni. +Spinse a un tempo ciascuno il suo cavallo, +poi che fur presso; e sparì immantinente +quel breve spazio, quel poco intervallo +che si vedea fra l'una e l'altra gente. +Non fu sentito mai più strano ballo; +che ferian gli Scozzesi solamente: +solamente i pagani eran distrutti, +come sol per morir fosser condutti. +Parve più freddo ogni pagan che ghiaccio; +parve ogni Scotto più che fiamma caldo. +I Mori si credean ch'avere il braccio +dovesse ogni cristian, ch'ebbe Rinaldo. +Mosse Sobrino i suoi schierati avaccio, +senza aspettar che lo 'nvitasse araldo: +de l'altra squadra questa era migliore +di capitano, d'arme e di valore. +D'Africa v'era la men trista gente; +ben che né questa ancor gran prezzo vaglia. +Dardinel la sua mosse incontinente, +e male armata, e peggio usa in battaglia; +ben ch'egli in capo avea l'elmo lucente, +e tutto era coperto a piastra e a maglia. +Io credo che la quarta miglior sia, +con la qual Isolier dietro venìa. +Trasone intanto, il buon duca di Marra, +che ritrovarsi all'alta impresa gode, +ai cavallieri suoi leva la sbarra, +e seco invita alle famose lode, +poi ch'Isolier con quelli di Navarra +entrar ne la battaglia vede ed ode. +Poi mosse Ariodante la sua schiera, +che nuovo duca d'Albania fatt'era. +L'alto rumor de le sonore trombe, +de' timpani e de' barbari stromenti, +giunti al continuo suon d'archi, di frombe, +di machine, di ruote e di tormenti; +e quel di che più par che 'l ciel ribombe, +gridi, tumulti, gemiti e lamenti; +rendeno un alto suon ch'a quel s'accorda, +con che i vicin, cadendo, il Nilo assorda. +Grande ombra d'ogn'intorno il cielo involve, +nata dal saettar de li duo campi; +l'alito, il fumo del sudor, la polve +par che ne l'aria oscura nebbia stampi. +Or qua l'un campo, or l'altro là si volve: +vedresti or come un segua, or come scampi; +ed ivi alcuno, o non troppo diviso, +rimaner morto ove ha il nimico ucciso. +Dove una squadra per stanchezza è mossa, +un'altra si fa tosto andare inanti. +Di qua di là la gente d'arme ingrossa: +là cavallieri, e qua si metton fanti. +La terra che sostien l'assalto, è rossa: +mutato ha il verde ne' sanguigni manti; +e dov'erano i fiori azzurri e gialli, +giaceno uccisi or gli uomini e i cavalli. +Zerbin facea le più mirabil pruove +che mai facesse di sua età garzone: +l'esercito pagan che 'ntorno piove, +taglia ed uccide e mena a destruzione. +Ariodante alle sue genti nuove +mostra di sua virtù gran paragone; +e dà di sé timore e meraviglia +a quelli di Navarra e di Castiglia. +Chelindo e Mosco, i duo figli bastardi +del morto Calabrun re d'Aragona, +ed un che reputato fra' gagliardi +era, Calamidor da Barcelona, +s'avean lasciato a dietro gli stendardi; +e credendo acquistar gloria e corona +per uccider Zerbin, gli furo adosso; +e ne' fianchi il destrier gli hanno percosso. +Passato da tre lance il destrier morto +cade; ma il buon Zerbin subito è in piede; +ch'a quei ch'al suo cavallo han fatto torto, +per vendicarlo va dove gli vede: +e prima a Mosco, al giovene inaccorto, +che gli sta sopra, e di pigliar sel crede, +mena di punta, e lo passa nel fianco, +e fuor di sella il caccia freddo e bianco. +Poi che si vide tor, come di furto, +Chelindo il fratel suo, di furor pieno +venne a Zerbino, e pensò dargli d'urto; +ma gli prese egli il corridor pel freno: +trasselo in terra, onde non è mai surto, +e non mangiò mai più biada né fieno; +che Zerbin sì gran forza a un colpo mise, +che lui col suo signor d'un taglio uccise. +Come Calamidor quel colpo mira, +volta la briglia per levarsi in fretta; +ma Zerbin dietro un gran fendente tira, +dicendo: — Traditore, aspetta, aspetta! — +Non va la botta ove n'andò la mira, +non che però lontana vi si metta; +lui non poté arrivar, ma il destrier prese +sopra la groppa, e in terra lo distese. +Colui lascia il cavallo, e via carpone +va per campar, ma poco gli successe; +che venne caso che 'l duca Trasone +gli passò sopra, e col peso l'oppresse. +Ariodante e Lurcanio si pone +dove Zerbino è fra le genti spesse; +e seco hanno altri e cavallieri e conti, +che fanno ogn'opra che Zerbin rimonti. +Menava Ariodante il brando in giro, +e ben lo seppe Artalico e Margano; +ma molto più Etearco e Casimiro +la possanza sentir di quella mano: +i primi duo feriti se ne giro, +rimaser gli altri duo morti sul piano. +Lurcanio fa veder quanto sia forte; +che fere, urta, riversa e mette a morte. +Non crediate, Signor, che fra campagna +pugna minor che presso al fiume sia, +né ch'a dietro l'esercito rimagna, +che di Lincastro il buon duca seguia. +Le bandiere assalì questo di Spagna, +e molto ben di par la cosa gìa; +che fanti, cavallieri e capitani +di qua e di là sapean menar le mani. +Dinanzi vien Oldrado e Fieramonte, +un duca di Glocestra, un d'Eborace; +con lor Ricardo, di Varvecia conte, +e di Chiarenza il duca, Enrigo audace. +Han Matalista e Follicone a fronte, +e Baricondo ed ogni lor seguace. +Tiene il primo Almeria, tiene il secondo +Granata, tien Maiorca Baricondo. +La fiera pugna un pezzo andò di pare, +che vi si discernea poco vantaggio. +Vedeasi or l'uno or l'altro ire e tornare, +come le biade al ventolin di maggio, +o come sopra 'l lito un mobil mare +or viene or va, né mai tiene un viaggio. +Poi che fortuna ebbe scherzato un pezzo, +dannosa ai Mori ritornò da sezzo. +Tutto in un tempo il duca di Glocestra +a Matalista fa votar l'arcione; +ferito a un tempo ne la spalla destra +Fieramonte riversa Follicone: +e l'un pagano e l'altro si sequestra, +e tra gl'Inglesi se ne va prigione. +E Baricondo a un tempo riman senza +vita per man del duca di Chiarenza. +Indi i pagani tanto a spaventarsi, +indi i fedeli a pigliar tanto ardire, +che quei non facean altro che ritrarsi +e partirsi da l'ordine e fuggire, +e questi andar inanzi ed avanzarsi +sempre terreno, e spingere e seguire: +e se non vi giungea chi lor dié aiuto, +il campo da quel lato era perduto. +Ma Ferraù, che sin qui mai non s'era +dal re Marsilio suo troppo disgiunto, +quando vide fuggir quella bandiera, +e l'esercito suo mezzo consunto, +spronò il cavallo, e dove ardea più fiera +la battaglia, lo spinse; e arrivò a punto +che vide dal destrier cadere in terra +col capo fesso Olimpio da la Serra; +un giovinetto che col dolce canto, +concorde al suon de la cornuta cetra, +d'intenerire un cor si dava vanto, +ancor che fosse più duro che pietra. +Felice lui, se contentar di tanto +onor sapeasi, e scudo, arco e faretra +aver in odio, e scimitarra e lancia, +che lo fecer morir giovine in Francia! +Quando lo vide Ferraù cadere, +che solea amarlo e avere in molta estima, +si sente di lui sol via più dolere, +che di mill'altri che periron prima: +e sopra chi l'uccise in modo fere, +che gli divide l'elmo da la cima +per la fronte, per gli occhi e per la faccia, +per mezzo il petto, e morto a terra il caccia. +Né qui s'indugia; e il brando intorno ruota, +ch'ogni elmo rompe, ogni lorica smaglia; +a chi segna la fronte, a chi la gota, +ad altri il capo, ad altri il braccio taglia; +or questo or quel di sangue e d'alma vota: +e ferma da quel canto la battaglia, +onde la spaventata ignobil frotta +senza ordine fuggia spezzata e rotta. +Entr�� ne la battaglia il re Agramante, +d'uccider gente e di far pruove vago; +e seco ha Baliverzo, Farurante, +Prusion, Soridano e Bambirago. +Poi son le genti senza nome tante, +che del lor sangue oggi faranno un lago, +che meglio conterei ciascuna foglia, +quando l'autunno gli arbori ne spoglia. +Agramante dal muro una gran banda +di fanti avendo e di cavalli tolta, +col re di Feza subito li manda, +che dietro ai padiglion piglin la volta, +e vadano ad opporsi a quei d'Irlanda, +le cui squadre vedea con fretta molta, +dopo gran giri e larghi avolgimenti, +venir per occupar gli alloggiamenti. +Fu 'l re di Feza ad esequir ben presto; +ch'ogni tardar troppo nociuto avria. +Raguna intanto il re Agramante il resto; +parte le squadre, e alla battaglia invia. +Egli va al fiume; che gli par ch'in questo +luogo del suo venir bisogno sia: +e da quel canto un messo era venuto +del re Sobrino a domandare aiuto. +Menava in una squadra più di mezzo +il campo dietro; e sol del gran rumore +tremar gli Scotti, e tanto fu il ribrezzo, +ch'abbandonavan l'ordine e l'onore. +Zerbin, Lurcanio e Ariodante in mezzo +vi restar soli incontra a quel furore; +e Zerbin, ch'era a pié, vi peria forse, +ma 'l buon Rinaldo a tempo se n'accorse. +Altrove intanto il paladin s'avea +fatto inanzi fuggir cento bandiere. +Or che l'orecchie la novella rea +del gran periglio di Zerbin gli fere, +ch'a piedi fra la gente cirenea +lasciato solo aveano le sue schiere, +volta il cavallo, e dove il campo scotto +vede fuggir, prende la via di botto. +Dove gli Scotti ritornar fuggendo +vede, s'appara, e grida: — Or dove andate? +perché tanta viltade in voi comprendo, +che a sì vil gente il campo abbandonate? +Ecco le spoglie, de le quali intendo +ch'esser dovean le vostre chiese ornate. +Oh che laude, oh che gloria, che 'l figliuolo +del vostro re si lasci a piedi e solo! — +D'un suo scudier una grossa asta afferra, +e vede Prusion poco lontano, +re d'Alvaracchie, e adosso se gli serra, +e de l'arcion lo porta morto al piano. +Morto Agricalte e Bambirago atterra: +dopo fere aspramante Soridano; +e come gli altri l'avria messo a morte, +se nel ferir la lancia era più forte. +Stringe Fusberta, poi che l'asta è rotta, +e tocca Serpentin, quel da la Stella. +Fatate l'arme avea, ma quella botta +pur tramortito il manda fuor di sella. +E così al duca de la gente scotta +fa piazza intorno spaziosa e bella; +sì che senza contesa un destrier puote +salir di quei che vanno a selle vote. +E ben si ritrovò salito a tempo, +che forse nol facea, se più tardava: +perché Agramante e Dardinello a un tempo, +Sobrin col re Balastro v'arrivava. +Ma egli, che montato era per tempo, +di qua e di là col brando s'aggirava, +mandando or questo or quel giù ne l'inferno +a dar notizia del viver moderno. +Il buon Rinaldo, il quale a porre in terra +i più dannosi avea sempre riguardo, +la spada contra il re Agramante afferra, +che troppo gli parea fiero e gagliardo +(facea egli sol più che mille altri guerra); +e se gli spinse adosso con Baiardo: +lo fere a un tempo ed urta di traverso, +sì che lui col destrier manda riverso. +Mentre di fuor con sì crudel battaglia, +odio, rabbia, furor l'un l'altro offende, +Rodomonte in Parigi il popul taglia, +le belle case e i sacri templi accende. +Carlo, ch'in altra parte si travaglia, +questo non vede, e nulla ancor ne 'ntende: +Odoardo raccoglie ed Arimanno +ne la città, col lor popul britanno. +A lui venne un scudier pallido in volto, +che potea a pena trar del petto il fiato. +— Ahimè! signor, ahimè — replica molto, +prima ch'abbia a dir altro incominciato: +— Oggi il romano Imperio, oggi è sepolto; +oggi ha il suo popul Cristo abandonato: +il demonio dal cielo è piovuto oggi, +perché in questa città più non s'alloggi. +Satanasso (perch'altri esser non puote) +strugge e ruina la città infelice. +Volgiti e mira le fumose ruote +de la rovente fiamma predatrice; +ascolta il pianto che nel ciel percuote; +e faccian fede a quel che 'l servo dice. +Un solo è quel ch'a ferro e a fuoco strugge +la bella terra, e inanzi ognun gli fugge. — +Quale è colui che prima oda il tumulto, +e de le sacre squille il batter spesso, +che vegga il fuoco a nessun altro occulto, +ch'a sé, che più gli tocca, e gli è più presso; +tal è il re Carlo, udendo il nuovo insulto, +e conoscendol poi con l'occhio istesso: +onde lo sforzo di sua miglior gente +al grido drizza e al gran rumor che sente. +Dei paladini e dei guerrier più degni +Carlo si chiama dietro una gran parte, +e vêr la piazza fa drizzare i segni; +che 'l pagan s'era tratto in quella parte. +Ode il rumor, vede gli orribil segni +di crudeltà, l'umane membra sparte. +Ora non più: ritorni un'altra volta +chi voluntier la bella istoria ascolta. Il giusto Dio, quando i peccati nostri +hanno di remission passato il segno, +acciò che la giustizia sua dimostri +uguale alla pietà, spesso dà regno +a tiranni atrocissimi ed a mostri, +e dà lor forza e di mal fare ingegno. +Per questo Mario e Silla pose al mondo, +e duo Neroni e Caio furibondo, +Domiziano e l'ultimo Antonino; +e tolse da la immonda e bassa plebe, +ed esaltò all'imperio Massimino; +e nascer prima fe' Creonte a Tebe; +e dié Mezenzio al populo Agilino, +che fe' di sangue uman grasse le glebe; +e diede Italia a tempi men remoti +in preda agli Unni, ai Longobardi, ai Goti. +Che d'Atila dirò? che de l'iniquo +Ezzellin da Roman? che d'altri cento? +che dopo un lungo andar sempre in obliquo, +ne manda Dio per pena e per tormento. +Di questo abbiàn non pur al tempo antiquo, +ma ancora al nostro, chiaro esperimento, +quando a noi, greggi inutili e malnati, +ha dato per guardian lupi arrabbiati: +a cui non par ch'abbi a bastar lor fame, +ch'abbi il lor ventre a capir tanta carne; +e chiaman lupi di più ingorde brame +da boschi oltramontani a divorarne. +Di Trasimeno l'insepulto ossame +e di Canne e di Trebia poco parne +verso quel che le ripe e i campi ingrassa, +dov'Ada e Mella e Ronco e Tarro passa. +Or Dio consente che noi siàn puniti +da populi di noi forse peggiori, +per li multiplicati ed infiniti +nostri nefandi, obbrobriosi errori. +Tempo verrà ch'a depredar lor liti +andremo noi, se mai saren migliori, +e che i peccati lor giungano al segno, +che l'eterna Bontà muovano a sdegno. +Doveano allora aver gli eccessi loro +di Dio turbata la serena fronte, +che scórse ogni lor luogo il Turco e 'l Moro +con stupri, uccision, rapine ed onte: +ma più di tutti gli altri danni, foro +gravati dal furor di Rodomonte. +Dissi ch'ebbe di lui la nuova Carlo, +e che 'n piazza venia per ritrovarlo. +Vede tra via la gente sua troncata, +arsi i palazzi, e ruinati i templi, +gran parte de la terra desolata; +mai non si vider sì crudeli esempli. +— Dove fuggite, turba spaventata? +Non è tra voi chi 'l danno suo contempli? +Che città, che refugio più vi resta, +quando si perda sì vilmente questa? +Dunque un uom solo in vostra terra preso, +cinto di mura onde non può fuggire, +si partirà che non l'avrete offeso, +quando tutti v'avrà fatto morire? — +Così Carlo dicea, che d'ira acceso +tanta vergogna non potea patire. +E giunse dove inanti alla gran corte +vide il pagan por la sua gente a morte. +Quivi gran parte era del populazzo, +sperandovi trovare aiuto, ascesa; +perché forte di mura era il palazzo, +con munizion da far lunga difesa. +Rodomonte, d'orgoglio e d'ira pazzo, +solo s'avea tutta la piazza presa: +e l'una man, che prezza il mondo poco, +ruota la spada, e l'altra getta il fuoco. +E de la regal casa, alta e sublime, +percuote e risuonar fa le gran porte. +Gettan le turbe da le eccelse cime +e merli e torri, e si metton per morte. +Guastare i tetti non è alcun che stime; +e legne e pietre vanno ad una sorte, +lastre e colonne, e le dorate travi +che furo in prezzo agli lor padri e agli avi. +Sta su la porta il re d'Algier, lucente +di chiaro acciar che 'l capo gli arma e 'l busto, +come uscito di tenebre serpente, +poi c'ha lasciato ogni squalor vetusto, +del nuovo scoglio altiero, e che si sente +ringiovenito e più che mai robusto: +tre lingue vibra, ed ha negli occhi foco; +dovunque passa, ogn'animal dà loco. +Non sasso, merlo, trave, arco o balestra, +né ciò che sopra il Saracin percuote, +ponno allentar la sanguinosa destra +che la gran porta taglia, spezza e scuote: +e dentro fatto v'ha tanta finestra, +che ben vedere e veduto esser puote +dai visi impressi di color di morte, +che tutta piena quivi hanno la corte. +Suonar per gli alti e spaziosi tetti +s'odono gridi e feminil lamenti: +l'afflitte donne, percotendo i petti, +corron per casa pallide e dolenti; +e abbraccian gli usci e i geniali letti +che tosto hanno a lasciare a strane genti. +Tratta la cosa era in periglio tanto, +quando 'l re giunse, e suoi baroni accanto. +Carlo si volse a quelle man robuste +ch'ebbe altre volte a gran bisogni pronte. +— Non sète quelli voi, che meco fuste +contra Agolante (disse) in Aspramonte? +Sono le forze vostre ora sì fruste, +che, s'uccideste lui, Troiano e Almonte +con centomila, or ne temete un solo +pur di quel sangue e pur di quello stuolo? +Perché debbo vedere in voi fortezza +ora minor ch'io la vedessi allora? +Mostrate a questo can vostra prodezza, +a questo can che gli uomini devora. +Un magnanimo cor morte non prezza, +presta o tarda che sia, pur che ben muora. +Ma dubitar non posso ove voi sète, +che fatto sempre vincitor m'avete. — +Al fin de le parole urta il destriero, +con l'asta bassa, al Saracino adosso. +Mossesi a un tratto il paladino Ugiero, +a un tempo Namo ed Ulivier si è mosso, +Avino, Avolio, Otone e Berlingiero, +ch'un senza l'altro mai veder non posso: +e ferir tutti sopra a Rodomonte +e nel petto e nei fianchi e ne la fronte. +Ma lasciamo, per Dio, Signore, ormai +di parlar d'ira e di cantar di morte; +e sia per questa volta detto assai +del Saracin non men crudel che forte: +che tempo è ritornar dov'io lasciai +Grifon, giunto a Damasco in su le porte +con Orrigille perfida, e con quello +ch'adulter era, e non di lei fratello. +De le più ricche terre di Levante, +de le più populose e meglio ornate +si dice esser Damasco, che distante +siede a Ierusalem sette giornate, +in un piano fruttifero e abondante, +non men giocondo il verno, che l'estate. +A questa terra il primo raggio tolle +de la nascente aurora un vicin colle. +Per la città duo fiumi cristallini +vanno inaffiando per diversi rivi +un numero infinito di giardini, +non mai di fior, non mai di fronde privi. +Dicesi ancor, che macinar molini +potrian far l'acque lanfe che son quivi; +e chi va per le vie vi sente, fuore +di tutte quelle case, uscire odore. +Tutta coperta è la strada maestra +di panni di diversi color lieti; +e d'odorifera erba, e di silvestra +fronda la terra e tutte le pareti. +Adorna era ogni porta, ogni finestra +di finissimi drappi e di tapeti, +ma più di belle e ben ornate donne +di ricche gemme e di superbe gonne. +Vedeasi celebrar dentr'alle porte, +in molti lochi, solazzevol balli; +il popul, per le vie, di miglior sorte +maneggiar ben guarniti e bei cavalli: +facea più bel veder la ricca corte +de' signor, de' baroni e de' vasalli, +con ciò che d'India e d'eritree maremme +di perle aver si può, d'oro e di gemme. +Venia Grifone e la sua compagnia +mirando e quinci e quindi il tutto ad agio, +quando fermolli un cavalliero in via, +e gli fece smontare a un suo palagio; +e per l'usanza e per sua cortesia +di nulla lasciò lor patir disagio. +Li fe' nel bagno entrar, poi con serena +fronte gli accolse a sontuosa cena. +E narrò lor come il re Norandino, +re di Damasco e di tutta Soria, +fatto avea il paesano e 'l peregrino +ch'ordine avesse di cavalleria, +alla giostra invitar, ch'al matutino +del dì sequente in piazza si faria; +e che s'avean valor pari al sembiante, +potrian mostrarlo senza andar più inante. +Ancor che quivi non venne Grifone +a questo effetto, pur lo 'nvito tenne; +che qual volta se n'abbia occasione, +mostrar virtude mai non disconvenne. +Interrogollo poi de la cagione +di quella festa, e s'ella era solenne +usata ogn'anno, o pure impresa nuova +del re ch'i suoi veder volesse in pruova. +Rispose il cavallier: — La bella festa +s'ha da far sempre ad ogni quarta luna: +de l'altre che verran, la prima è questa: +ancora non se n'è fatta più alcuna. +Sarà in memoria che salvò la testa +il re in tal giorno da una gran fortuna, +dopo che quattro mesi in doglie e 'n pianti +sempre era stato, e con la morte inanti. +Ma per dirvi la cosa pienamente, +il nostro re, che Norandin s'appella, +molti e molt'anni ha avuto il core ardente +de la leggiadra e sopra ogn'altra bella +figlia del re di Cipro: e finalmente +avutala per moglie, iva con quella, +con cavallieri e donne in compagnia; +e dritto avea il camin verso Soria. +Ma poi che fummo tratti a piene vele +lungi dal porto nel Carpazio iniquo, +la tempesta saltò tanto crudele, +che sbigottì sin al padrone antiquo. +Tre dì e tre notti andammo errando ne le +minacciose onde per camino obliquo. +Uscimo al fin nel lito stanchi e molli, +tra freschi rivi, ombrosi e verdi colli. +Piantare i padiglioni, e le cortine +fra gli arbori tirar facemo lieti. +S'apparechiano i fuochi e le cucine; +le mense d'altra parte in su tapeti. +Intanto il re cercando alle vicine +valli era andato e a' boschi più secreti, +se ritrovasse capre o daini o cervi; +e l'arco gli portar dietro duo servi. +Mentre aspettamo, in gran piacer sedendo, +che da cacciar ritorni il signor nostro, +vedemo l'Orco a noi venir correndo +lungo il lito del mar, terribil mostro. +Dio vi guardi, signor, che 'l viso orrendo +de l'Orco agli occhi mai vi sia dimostro: +meglio è per fama aver notizia d'esso, +ch'andargli, si che lo veggiate, appresso. +Non gli può comparir quanto sia lungo, +sì smisuratamente è tutto grosso. +In luogo d'occhi, di color di fungo +sotto la fronte ha duo coccole d'osso. +Verso noi vien (come vi dico) lungo +il lito, e par ch'un monticel sia mosso. +Mostra le zanne fuor, come fa il porco; +ha lungo il naso, il sen bavoso e sporco. +Correndo viene, e 'l muso a guisa porta +che 'l bracco suol, quando entra in su la traccia. +Tutti che lo veggiam, con faccia smorta +in fuga andamo ove il timor ne caccia. +Poco il veder lui cieco ne conforta, +quando, fiutando sol, par che più faccia, +ch'altri non fa, ch'abbia odorato e lume: +e bisogno al fuggire eran le piume. +Corron chi qua chi là; ma poco lece +da lui fuggir, veloce più che 'l Noto. +Di quaranta persone, a pena diece +sopra il navilio si salvaro a nuoto. +Sotto il braccio un fastel d'alcuni fece, +né il grembio si lasciò né il seno voto; +un suo capace zaino empissene anco, +che gli pendea, come a pastor, dal fianco. +Portòci alla sua tana il mostro cieco, +cavata in lito al mar dentr'uno scoglio. +Di marmo così bianco è quello speco, +come esser soglia ancor non scritto foglio. +Quivi abitava una matrona seco, +di dolor piena in vista e di cordoglio; +ed avea in compagnia donne e donzelle +d'ogni età, d'ogni sorte, e brutte e belle. +Era presso alla grotta in ch'egli stava, +quasi alla cima del giogo superno, +un'altra non minor di quella cava, +dove del gregge suo facea governo. +Tanto n'avea, che non si numerava; +e n'era egli il pastor l'estate e 'l verno. +Ai tempi suoi gli apriva e tenea chiuso, +per spasso che n'avea, più che per uso. +L'umana carne meglio gli sapeva: +e prima il fa veder ch'all'antro arrivi; +che tre de' nostri giovini ch'aveva, +tutti li mangia, anzi trangugia vivi. +Viene alla stalla, e un gran sasso ne leva: +ne caccia il gregge, e noi riserra quivi. +Con quel sen va dove il suol far satollo, +sonando una zampogna ch'avea in collo. +Il signor nostro intanto ritornato +alla marina, il suo danno comprende; +che truova gran silenzio in ogni lato, +voti frascati, padiglioni e tende. +Né sa pensar chi sì l'abbia rubato; +e pien di gran timore al lito scende, +onde i nocchieri suoi vede in disparte +sarpar lor ferri e in opra por le sarte. +Tosto ch'essi lui veggiono sul lito, +il palischermo mandano a levarlo: +ma non sì tosto ha Norandino udito +de l'Orco che venuto era a rubarlo, +che, senza più pensar, piglia partito, +dovunque andato sia, di seguitarlo. +Vedersi tor Lucina sì gli duole, +ch'o racquistarla, o non più viver vuole. +Dove vede apparir lungo la sabbia +la fresca orma, ne va con quella fretta +con che lo spinge l'amorosa rabbia, +fin che giunge alla tana ch'io v'ho detta; +ove con tema la maggior che s'abbia +a patir mai, l'Orco da noi s'aspetta: +ad ogni suono di sentirlo parci, +ch'affamato ritorni a divorarci. +Quivi Fortuna il re da tempo guida, +che senza l'Orco in casa era la moglie. +Come ella 'l vede: — Fuggine! (gli grida) +misero te, se l'Orco ti ci coglie! — +— Coglia (disse) o non coglia, o salvi o uccida, +che miserrimo i' sia non mi si toglie. +Disir mi mena, e non error di via, +c'ho di morir presso alla moglie mia. — +Poi seguì, dimandandole novella +di quei che prese l'Orco in su la riva; +prima degli altri, di Lucina bella, +se l'avea morta, o la tenea captiva. +La donna umanamente gli favella, +e lo conforta, che Lucina è viva, +e che non è alcun dubbio ch'ella muora; +che mai femina l'Orco non divora. +— Esser di ciò argumento ti poss'io, +e tutte queste donne che son meco: +né a me né a lor mai l'Orco è stato rio, +pur che non ci scostian da questo speco. +A chi cerca fuggir, pon grave fio; +né pace mai puon ritrovar più seco: +o le sotterra vive, o l'incatena, +o fa star nude al sol sopra l'arena. +Quando oggi egli portò qui la tua gente, +le femine dai maschi non divise; +ma, sì come gli avea, confusamente +dentro a quella spelonca tutti mise. +Sentirà a naso il sesso differente. +Le donne non temer che sieno uccise: +gli uomini, siene certo; ed empieranne +di quattro, il giorno, o sei, l'avide canne. +Di levar lei di qui non ho consiglio +che dar ti possa; e contentar ti puoi +che ne la vita sua non è periglio: +starà qui al ben e al mal ch'avremo noi. +Ma vattene, per Dio, vattene, figlio, +che l'Orco non ti senta e non t'ingoi. +Tosto che giunge, d'ogn'intorno annasa, +e sente sin a un topo che sia in casa. — +Rispose il re, non si voler partire, +se non vedea la sua Lucina prima; +e che più tosto appresso a lei morire, +che viverne lontan, faceva stima. +Quando vede ella non potergli dire +cosa che 'l muova da la voglia prima, +per aiutarlo fa nuovo disegno, +e ponvi ogni sua industria, ogni suo ingegno. +Morte avea in casa, e d'ogni tempo appese, +con lor mariti, assai capre ed agnelle, +onde a sé ed alle sue facea le spese; +e dal tetto pendea più d'una pelle. +La donna fe' che 'l re del grasso prese, +ch'avea un gran becco intorno alle budelle, +e che se n'unse dal capo alle piante, +fin che l'odor cacciò ch'egli ebbe inante. +E poi che 'l tristo puzzo aver le parve, +di che il fetido becco ognora sape, +piglia l'irsuta pelle, e tutto entrarve +lo fe'; ch'ella è sì grande che lo cape. +Coperto sotto a così strane larve, +facendol gir carpon, seco lo rape +là dove chiuso era d'un sasso grave +de la sua donna il bel viso soave. +Norandino ubidisce; ed alla buca +de la spelonca ad aspettar si mette, +acciò col gregge dentro si conduca; +e fin a sera disiando stette. +Ode la sera il suon de la sambuca, +con che 'nvita a lassar l'umide erbette, +e ritornar le pecore all'albergo +il fier pastor che lor venìa da tergo. +Pensate voi se gli tremava il core, +quando l'Orco sentì che ritornava, +e che 'l viso crudel pieno d'orrore +vide appressare all'uscio de la cava; +ma poté la pietà più che 'l timore: +s'ardea, vedete, o se fingendo amava. +Vien l'Orco inanzi, e leva il sasso, ed apre: +Norandino entra fra pecore e capre. +Entrato il gregge, l'Orco a noi descende; +ma prima sopra sé l'uscio si chiude. +Tutti ne va fiutando: al fin duo prende; +che vuol cenar de le lor carni crude. +Al rimembrar di quelle zanne orrende, +non posso far ch'ancor non trieme e sude. +Partito l'Orco, il re getta la gonna +ch'avea di becco, e abbraccia la sua donna. +Dove averne piacer deve e conforto, +vedendol quivi, ella n'ha affanno e noia: +lo vede giunto ov'ha da restar morto; +e non può far però ch'essa non muoia. +— Con tutto 'l mal (diceagli) ch'io supporto, +signor, sentia non mediocre gioia, +che ritrovato non t'eri con nui +quando da l'Orco oggi qui tratta fui. +Che se ben il trovarmi ora in procinto +d'uscir di vita m'era acerbo e forte; +pur mi sarei, come è commune istinto, +dogliuta sol de la mia trista sorte: +ma ora, o prima o poi che tu sia estinto, +più mi dorrà la tua che la mia morte. — +E seguitò, mostrando assai più affanno +di quel di Norandin, che del suo danno. +— La speme (disse il re) mi fa venire, +c'ho di salvarti, e tutti questi teco: +e s'io nol posso far, meglio è morire, +che senza te, mio sol, viver poi cieco. +Come io ci venni, mi potrò partire; +e voi tutt'altri ne verrete meco, +se non avrete, come io non ho avuto, +schivo a pigliare odor d'animal bruto. — +La fraude insegnò a noi, che contra il naso +de l'Orco insegnò a lui la moglie d'esso; +di vestirci le pelli, in ogni caso +ch'egli ne palpi ne l'uscir del fesso. +Poi che di questo ognun fu persuaso; +quanti de l'un, quanti de l'altro sesso +ci ritroviamo, uccidian tanti becchi, +quelli che più fetean, ch'eran più vecchi. +Ci ungemo i corpi di quel grasso opimo +che ritroviamo all'intestina intorno, +e de l'orride pelli ci vestimo. +Intanto uscì da l'aureo albergo il giorno. +Alla spelonca, come apparve il primo +raggio del sol, fece il pastor ritorno; +e dando spirto alle sonore canne, +chiamò il suo gregge fuor de le capanne. +Tenea la mano al buco de la tana, +acciò col gregge non uscissin noi: +ci prendea al varco; e quando pelo o lana +sentia sul dosso, ne lasciava poi. +Uomini e donne uscimmo per sì strana +strada, coperti dagl'irsuti cuoi: +e l'Orco alcun di noi mai non ritenne, +fin che con gran timor Lucina venne. +Lucina, o fosse perch'ella non volle +ungersi come noi, che schivo n'ebbe; +o ch'avesse l'andar più lento e molle, +che l'imitata bestia non avrebbe; +o quando l'Orco la groppa toccolle, +gridasse per la tema che le accrebbe; +o che se le sciogliessero le chiome; +sentita fu, né ben so dirvi come. +Tutti eravam sì intenti al caso nostro, +che non avemmo gli occhi agli altrui fatti. +Io mi rivolsi al grido; e vidi il mostro +che già gl'irsuti spogli le avea tratti, +e fattola tornar nel cavo chiostro. +Noi altri dentro a nostre gonne piatti +col gregge andamo ove 'l pastor ci mena, +tra verdi colli in una piaggia amena. +Quivi attendiamo infin che steso all'ombra +d'un bosco opaco il nasuto Orco dorma. +Chi lungo il mar, chi verso 'l monte sgombra: +sol Norandin non vuol seguir nostr'orma. +L'amor de la sua donna sì lo 'ngombra, +ch'alla grotta tornar vuol fra la torma, +né partirsene mai sin alla morte, +se non racquista la fedel consorte: +che quando dianzi avea all'uscir del chiuso +vedutala restar captiva sola, +fu per gittarsi, dal dolor confuso, +spontaneamente al vorace Orco in gola; +e si mosse, e gli corse infino al muso, +né fu lontano a gir sotto la mola: +ma pur lo tenne in mandra la speranza +ch'avea di trarla ancor di quella stanza. +La sera, quando alla spelonca mena +il gregge l'Orco, e noi fuggiti sente, +e c'ha da rimaner privo di cena, +chiama Lucina d'ogni mal nocente, +e la condanna a star sempre in catena +allo scoperto in sul sasso eminente. +Vedela il re per sua cagion patire, +e si distrugge, e sol non può morire. +Matina e sera l'infelice amante +la può veder come s'affliga e piagna; +che le va misto fra le capre avante, +torni alla stalla o torni alla campagna. +Ella con viso mesto e supplicante +gli accenna che per Dio non vi rimagna, +perché vi sta a gran rischio de la vita, +né però a lei può dare alcuna aita. +Così la moglie ancor de l'Orco priega +il re che se ne vada, ma non giova; +che d'andar mai senza Lucina niega, +e sempre più costante si ritruova. +In questa servitude, in che lo lega +Pietate e Amor, stette con lunga pruova +tanto, ch'a capitar venne a quel sasso +il figlio d'Agricane e 'l re Gradasso. +Dove con loro audacia tanto fenno, +che liberaron la bella Lucina; +ben che vi fu aventura più che senno: +e la portar correndo alla marina; +e al padre suo, che quivi era, la denno: +e questo fu ne l'ora matutina, +che Norandin con l'altro gregge stava +a ruminar ne la montana cava. +Ma poi che 'l giorno aperta fu la sbarra, +e seppe il re la donna esser partita +(che la moglie de l'Orco gli lo narra), +e come a punto era la cosa gita; +grazie a Dio rende, e con voto n'inarra, +ch'essendo fuor di tal miseria uscita, +faccia che giunga onde per arme possa, +per prieghi o per tesoro, esser riscossa. +Pien di letizia va con l'altra schiera +del simo gregge, e viene ai verdi paschi; +e quivi aspetta fin ch'all'ombra nera +il mostro per dormir ne l'erba caschi. +Poi ne vien tutto il giorno e tutta sera; +e al fin sicur che l'Orco non lo 'ntaschi, +sopra un navilio monta in Satalia; +e son tre mesi ch'arrivò in Soria. +In Rodi, in Cipro, e per città e castella +e d'Africa e d'Egitto e di Turchia, +il re cercar fe' di Lucina bella; +né fin l'altr'ieri aver ne poté spia. +L'altr'ier n'ebbe dal suocero novella, +che seco l'avea salva in Nicosia, +dopo che molti dì vento crudele +era stato contrario alle sue vele. +Per allegrezza de la buona nuova +prepara il nostro re la ricca festa; +e vuol ch'ad ogni quarta luna nuova, +una se n'abbia a far simile a questa: +che la memoria rifrescar gli giova +dei quattro mesi che 'n irsuta vesta +fu tra il gregge de l'Orco; e un giorno, quale +sarà dimane, uscì di tanto male. +Questo ch'io v'ho narrato, in parte vidi, +in parte udi' da chi trovossi al tutto; +dal re, vi dico, che calende ed idi +vi stette, fin che volse in riso il lutto: +e se n'udite mai far altri gridi, +direte a chi gli fa, che mal n'è istrutto. — +Il gentiluomo in tal modo a Grifone +de la festa narrò l'alta cagione. +Un gran pezzo di notte si dispensa +dai cavallieri in tal ragionamento; +e conchiudon ch'amore e pietà immensa +mostrò quel re con grande esperimento. +Andaron, poi che si levar da mensa, +ove ebbon grato e buono alloggiamento. +Nel seguente matin sereno e chiaro, +al suon de l'allegrezze si destaro. +Vanno scorrendo timpani e trombette, +e ragunando in piazza la cittade. +Or, poi che de cavalli e de carrette +e ribombar de gridi odon le strade, +Grifon le lucide arme si rimette, +che son di quelle che si trovan rade; +che l'avea impenetrabili e incantate +la Fata bianca di sua man temprate. +Quel d'Antiochia, più d'ogn'altro vile, +armossi seco, e compagnia gli tenne. +Preparate avea lor l'oste gentile +nerbose lance, e salde e grosse antenne, +e del suo parentado non umìle +compagnia tolta; e seco in piazza venne; +e scudieri a cavallo, e alcuni a piede, +a tal servigi attissimi, lor diede. +Giunsero in piazza, e trassonsi in disparte, +né pel campo curar far di sé mostra, +per veder meglio il bel popul di Marte, +ch'ad uno, o a dua, o a tre, veniano in giostra. +Chi con colori accompagnati ad arte +letizia o doglia alla sua donna mostra; +chi nel cimier, chi nel dipinto scudo +disegna Amor, se l'ha benigno o crudo. +Soriani in quel tempo aveano usanza +d'armarsi a questa guisa di Ponente. +Forse ve gli inducea la vicinanza +che de' Franceschi avean continuamente, +che quivi allor reggean la sacra stanza +dove in carne abitò Dio onnipotente; +ch'ora i superbi e miseri cristiani, +con biasmi lor, lasciano in man de' cani. +Dove abbassar dovrebbono la lancia +in augumento de la santa fede, +tra lor si dan nel petto e ne la pancia +a destruzion del poco che si crede. +Voi, gente ispana, e voi, gente di Francia, +volgete altrove, e voi, Svizzeri, il piede, +e voi, Tedeschi, a far più degno acquisto; +che quanto qui cercate è già di Cristo. +Se Cristianissimi esser voi volete, +e voi altri Catolici nomati, +perché di Cristo gli uomini uccidete? +perché de' beni lor son dispogliati? +Perché Ierusalem non riavete, +che tolto è stato a voi da' rinegati? +Perché Costantinopoli e del mondo +la miglior parte occupa il Turco immondo? +Non hai tu, Spagna, l'Africa vicina, +che t'ha via più di questa Italia offesa? +E pur, per dar travaglio alla meschina, +lasci la prima tua sì bella impresa. +O d'ogni vizio fetida sentina, +dormi, Italia imbriaca, e non ti pesa +ch'ora di questa gente, ora di quella +che già serva ti fu, sei fatta ancella? +Se 'l dubbio di morir ne le tue tane, +Svizzer, di fame, in Lombardia ti guida, +e tra noi cerchi o chi ti dia del pane, +o, per uscir d'inopia, chi t'uccida; +le richezze del Turco hai non lontane: +caccial d'Europa, o almen di Grecia snida; +così potrai o del digiuno trarti, +o cader con più merto in quelle parti. +Quel ch'a te dico, io dico al tuo vicino +tedesco ancor; là le richezze sono, +che vi portò da Roma Costantino: +portonne il meglio, e fe' del resto dono. +Pattolo ed Ermo onde si tra' l'or fino, +Migdonia e Lidia, e quel paese buono +per tante laudi in tante istorie noto, +non è, s'andar vi vuoi, troppo remoto. +Tu, gran Leone, a cui premon le terga +de le chiavi del ciel le gravi some, +non lasciar che nel sonno si sommerga +Italia, se la man l'hai ne le chiome. +Tu sei Pastore; e Dio t'ha quella verga +data a portare, e scelto il fiero nome, +perché tu ruggi, e che le braccia stenda, +sì che dai lupi il grege tuo difenda. +Ma d'un parlar ne l'altro, ove sono ito +sì lungi, dal camin ch'io faceva ora? +Non lo credo però sì aver smarrito, +ch'io non lo sappia ritrovare ancora. +Io dicea ch'in Soria si tenea il rito +d'armarsi, che i Franceschi aveano allora: +sì che bella in Damasco era la piazza +di gente armata d'elmo e di corazza. +Le vaghe donne gettano dai palchi +sopra i giostranti fior vermigli e gialli, +mentre essi fanno a suon degli oricalchi +levare a salti ed aggirar cavalli. +Ciascuno, o bene o mal ch'egli cavalchi, +vuol far quivi vedersi, e sprona e dàlli: +di ch'altri ne riporta pregio e lode; +mentre altri a riso, e gridar dietro s'ode. +De la giostra era il prezzo un'armatura +che fu donata al re pochi dì inante, +che su la strada ritrovò a ventura, +ritornando d'Armenia, un mercatante. +Il re di nobilissima testura +le sopraveste all'arme aggiunse, e tante +perle vi pose intorno e gemme ed oro, +che la fece valer molto tesoro. +Se conosciute il re quell'arme avesse, +care avute l'avria sopra ogni arnese; +né in premio de la giostra l'avria messe, +come che liberal fosse e cortese. +Lungo saria chi raccontar volesse +chi l'avea sì sprezzate e vilipese, +che 'n mezzo de la strada le lasciasse, +preda chiunque o inanzi o indietro andasse. +Di questo ho da contarvi più di sotto: +or dirò di Grifon, ch'alla sua giunta +un paio e più di lance trovò rotto, +menato più d'un taglio e d'una punta. +Dei più cari e più fidi al re fur otto +che quivi insieme avean lega congiunta; +gioveni; in arme pratichi ed industri, +tutti o signori o di famiglie illustri. +Quei rispondean ne la sbarrata piazza +per un dì, ad uno ad uno, a tutto 'l mondo, +prima con lancia, e poi con spada o mazza, +fin ch'al re di guardarli era giocondo; +e si foravan spesso la corazza: +per giuoco in somma qui facean, secondo +fan gli nimici capitali, eccetto +che potea il re partirli a suo diletto. +Quel d'Antiochia, un uom senza ragione, +che Martano il codardo nominosse, +come se de la forza di Grifone, +poi ch'era seco, participe fosse, +audace entrò nel marziale agone; +e poi da canto ad aspettar fermosse, +sin che finisce una battaglia fiera +che tra duo cavallier cominciata era. +Il signor di Seleucia, di quell'uno, +ch'a sostener l'impresa aveano tolto, +combattendo in quel tempo con Ombruno, +lo ferì d'una punta in mezzo 'l volto, +sì che l'uccise: e pietà n'ebbe ognuno, +perché buon cavallier lo tenean molto; +ed oltra la bontade, il più cortese +non era stato in tutto quel paese. +Veduto ciò, Martano ebbe paura +che parimente a sé non avvenisse; +e ritornando ne la sua natura, +a pensar cominciò come fugisse. +Grifon, che gli era appresso e n'avea cura, +lo spinse pur, poi ch'assai fece e disse, +contra un gentil guerrier che s'era mosso, +come si spinge il cane al lupo adosso; +che dieci passi gli va dietro o venti, +e poi si ferma, ed abbaiando guarda +come digrigni i minacciosi denti, +come negli occhi orribil fuoco gli arda. +Quivi ov'erano e principi presenti +e tanta gente nobile e gagliarda, +fuggì lo 'ncontro il timido Martano, +e torse 'l freno e 'l capo a destra mano. +Pur la colpa potea dar al cavallo, +chi di scusarlo avesse tolto il peso; +ma con la spada poi fe' sì gran fallo, +che non l'avria Demostene difeso. +Di carta armato par, non di metallo; +sì teme da ogni colpo essere offeso. +Fuggesi al fine, e gli ordini disturba, +ridendo intorno a lui tutta la turba. +Il batter de le mani, il grido intorno +se gli levò del populazzo tutto. +Come lupo cacciato, fe' ritorno +Martano in molta fretta al suo ridutto. +Resta Grifone; e gli par de lo scorno +del suo compagno esser macchiato e brutto: +esser vorrebbe stato in mezzo il foco, +più tosto che trovarsi in questo loco. +Arde nel core, e fuor nel viso avampa, +come sia tutta sua quella vergogna; +perché l'opere sue di quella stampa +vedere aspetta il populo ed agogna: +sì che rifulga chiara più che lampa +sua virtù, questa volta gli bisogna; +ch'un'oncia, un dito sol d'error che faccia, +per la mala impression parrà sei braccia. +Già la lancia avea tolta su la coscia +Grifon, ch'errare in arme era poco uso: +spinse il cavallo a tutta briglia, e poscia +ch'alquanto andato fu, la messe suso, +e portò nel ferire estrema angoscia +al baron di Sidonia, ch'andò giuso. +Ognun maravigliando in pié si leva; +che 'l contrario di ciò tutto attendeva. +Tornò Grifon con la medesma antenna, +che 'ntiera e ferma ricovrata avea, +ed in tre pezzi la roppe alla penna +de lo scudo al signor di Lodicea. +Quel per cader tre volte e quattro accenna, +che tutto steso alla groppa giacea: +pur rilevato al fin la spada strinse, +voltò il cavallo, e vêr Grifon si spinse. +Grifon, che 'l vede in sella, e che non basta +sì fiero incontro perché a terra vada, +dice fra sé: — Quel che non poté l'asta, +in cinque colpi o 'n sei farà la spada. — +E su la tempia subito l'attasta +d'un dritto tal, che par che dal ciel cada; +e un altro gli accompagna e un altro appresso, +tanto che l'ha stordito e in terra messo. +Quivi erano d'Apamia duo germani, +soliti in giostra rimaner di sopra, +Tirse e Corimbo; ed ambo per le mani +del figlio d'Uliver cader sozzopra. +L'uno gli arcion lascia allo scontro vani; +con l'altro messa fu la spada in opra. +Già per commun giudicio si tien certo +che di costui fia de la giostra il merto. +Ne la lizza era entrato Salinterno, +gran diodarro e maliscalco regio, +e che di tutto 'l regno avea il governo, +e di sua mano era guerriero egregio. +Costui, sdegnoso ch'un guerriero esterno +debba portar di quella giostra il pregio, +piglia una lancia, e verso Grifon grida, +e molto minacciandolo lo sfida. +Ma quel con un lancion gli fa risposta, +ch'avea per lo miglior fra dieci eletto, +e per non far error, lo scudo apposta, +e via lo passa e la corazza e 'l petto: +passa il ferro crudel tra costa e costa, +e fuor pel tergo un palmo esce di netto. +Il colpo, eccetto al re, fu a tutti caro; +ch'ognuno odiava Salinterno avaro. +Grifone, appresso a questi, in terra getta +duo di Damasco, Ermofilo e Carmondo. +La milizia del re dal primo è retta; +del mar grande almiraglio è quel secondo. +Lascia allo scontro l'un la sella in fretta: +adosso all'altro si riversa il pondo +del rio destrier, che sostener non puote +l'alto valor con che Grifon percuote. +Il signor di Seleucia ancor restava, +miglior guerrier di tutti gli altri sette; +e ben la sua possanza accompagnava +con destrier buono e con arme perfette. +Dove de l'elmo la vista si chiava, +l'asta allo scontro l'uno e l'altro mette; +pur Grifon maggior colpo al pagan diede, +che lo fe' staffeggiar dal manco piede. +Gittaro i tronchi, e si tornaro adosso +pieni di molto ardir coi brandi nudi. +Fu il pagan prima da Grifon percosso +d'un colpo che spezzato avria gl'incudi. +Con quel fender si vide e ferro ed osso +d'un ch'eletto s'avea tra mille scudi; +e se non era doppio e fin l'arnese, +ferìa la coscia ove cadendo scese. +Ferì quel di Seleucia alla visera +Grifone a un tempo; e fu quel colpo tanto, +che l'avria aperta e rotta, se non era +fatta, come l'altr'arme, per incanto. +Gli è un perder tempo che 'l pagan più fera: +così son l'arme dure in ogni canto: +e 'n più parti Grifon già fessa e rotta +ha l'armatura a lui, né perde botta. +Ognun potea veder quanto di sotto +il signor di Seleucia era a Grifone; +e se partir non li fa il re di botto, +quel che sta peggio, la vita vi pone. +Fe' Norandino alla sua guardia motto +ch'entrasse a distaccar l'aspra tenzone. +Quindi fu l'uno, e quindi l'altro tratto; +e fu lodato il re di sì buon atto. +Gli otto che dianzi avean col mondo impresa, +e non potuto durar poi contra uno, +avendo mal la parte lor difesa, +usciti eran dal campo ad uno ad uno. +Gli altri ch'eran venuti a lor contesa, +quivi restar senza contrasto alcuno, +avendo lor Grifon, solo, interrotto +quel che tutti essi avean da far contra otto. +E durò quella festa così poco, +ch'in men d'un'ora il tutto fatto s'era: +ma Norandin, per far più lungo il giuoco +e per continuarlo infino a sera, +dal palco scese, e fe' sgombrare il loco; +e poi divise in due la grossa schiera, +indi, secondo il sangue e la lor prova, +gli andò accoppiando, e fe' una giostra nova. +Grifone intanto avea fatto ritorno +alla sua stanza pien d'ira e di rabbia +e più gli preme di Martan lo scorno +che non giova l'onor ch'esso vinto abbia. +Quivi, per tor l'obbrobrio ch'avea intorno, +Martano adopra le mendaci labbia: +e l'astuta e bugiarda meretrice, +come meglio sapea, gli era adiutrice. +O sì o no che 'l giovin gli credesse, +pur la scusa accettò, come discreto: +e pel suo meglio allora allora elesse +quindi levarsi tacito e secreto, +per tema che, se 'l populo vedesse +Martano comparir, non stesse cheto. +Così per una via nascosa e corta +usciro al camin lor fuor de la porta. +Grifone, o ch'egli o che 'l cavallo fosse +stanco, o gravasse il sonno pur le ciglia, +al primo albergo che trovar, fermosse, +che non erano andati oltre a dua miglia. +Si trasse l'elmo, e tutto disarmosse, +e trar fece a' cavalli e sella e briglia; +e poi serrossi in camera soletto, +e nudo per dormire entrò nel letto. +Non ebbe così tosto il capo basso, +che chiuse gli occhi, e fu dal sonno oppresso +così profundamente, che mai tasso +né ghiro mai s'addormentò quanto esso. +Martano in tanto ed Orrigille a spasso +entraro in un giardin ch'era lì appresso; +ed un inganno ordir, che fu il più strano +che mai cadesse in sentimento umano. +Martano disegnò torre il destriero, +i panni e l'arme che Grifon s'ha tratte; +e andare inanzi al re pel cavalliero +che tante pruove avea giostrando fatte. +L'effetto ne seguì, fatto il pensiero: +tolle il destrier più candido che latte, +scudo e cimiero ed arme e sopraveste, +e tutte di Grifon l'insegne veste. +Con gli scudieri e con la donna, dove +era il popolo ancora, in piazza venne; +e giunse a tempo che finian le pruove +di girar spade e d'arrestare antenne. +Commanda il re che 'l cavallier si truove, +che per cimier avea le bianche penne, +bianche le vesti e bianco il corridore; +che 'l nome non sapea del vincitore. +Colui ch'indosso il non suo cuoio aveva, +come l'asino già quel del leone, +chiamato, se n'andò, come attendeva, +a Norandino, in loco di Grifone. +Quel re cortese incontro se gli leva, +l'abbraccia e bacia, e allato se lo pone: +né gli basta onorarlo e dargli loda, +che vuol che 'l suo valor per tutto s'oda. +E fa gridarlo al suon degli oricalchi +vincitor de la giostra di quel giorno. +L'alta voce ne va per tutti i palchi, +che 'l nome indegno udir fa d'ogn'intorno. +Seco il re vuol ch'a par a par cavalchi, +quando al palazzo suo poi fa ritorno; +e di sua grazia tanto gli comparte, +che basteria, se fosse Ercole o Marte. +Bello ed ornato alloggiamento dielli +in corte, ed onorar fece con lui +Orrigille anco; e nobili donzelli +mandò con essa, e cavallieri sui. +Ma tempo è ch'anco di Grifon favelli, +il qual né dal compagno né d'altrui +temendo inganno, addormentato s'era, +né mai si risvegliò fin alla sera. +Poi che fu desto, e che de l'ora tarda +s'accorse, uscì di camera con fretta, +dove il falso cognato e la bugiarda +Orrigille lasciò con l'altra setta; +e quando non gli truova, e che riguarda +non v'esser l'arme né i panni, sospetta; +ma il veder poi più sospettoso il fece +l'insegne del compagno in quella vece. +Sopravien l'oste, e di colui l'informa +che già gran pezzo, di bianch'arme adorno, +con la donna e col resto de la torma +avea ne la città fatto ritorno. +Truova Grifone a poco a poco l'orma +ch'ascosa gli avea Amor fin a quel giorno; +e con suo gran dolor vede esser quello +adulter d'Orrigille, e non fratello. +Di sua sciocchezza indarno ora si duole, +ch'avendo il ver dal peregrino udito, +lasciato mutar s'abbia alle parole +di chi l'avea più volte già tradito. +Vendicar si potea, né seppe; or vuole +l'inimico punir, che gli è fuggito; +ed è costretto con troppo gran fallo +a tor di quel vil uom l'arme e 'l cavallo. +Eragli meglio andar senz'arme e nudo, +che porsi indosso la corazza indegna, +o ch'imbracciar l'abominato scudo, +o por su l'elmo la beffata insegna; +ma per seguir la meretrice e 'l drudo, +ragione in lui pari al disio non regna. +A tempo venne alla città, ch'ancora +il giorno avea quasi di vivo un'ora. +Presso alla porta ove Grifon venìa, +siede a sinistra un splendido castello, +che, più che forte e ch'a guerre atto sia, +di ricche stanze è accommodato e bello. +I re, i signori, i primi di Soria +con alte donne in un gentil drappello +celebravano quivi in loggia amena +la real sontuosa e lieta cena. +La bella loggia sopra 'l muro usciva +con l'alta rocca fuor de la cittade; +e lungo tratto di lontan scopriva +i larghi campi e le diverse strade. +Or che Grifon verso la porta arriva +con quell'arme d'obbrobrio e di viltade, +fu con non troppa aventurosa sorte +dal re veduto e da tutta la corte: +e riputato quel di ch'avea insegna, +mosse le donne e i cavallieri a riso. +Il vil Martano, come quel che regna +in gran favor, dopo 'l re è 'l primo assiso, +e presso a lui la donna di sé degna; +dai quali Norandin con lieto viso +volse saper chi fosse quel codardo +che così avea al suo onor poco riguardo; +che dopo una sì trista e brutta pruova, +con tanta fronte or gli tornava inante. +Dicea: — Questa mi par cosa assai nuova, +ch'essendo voi guerrier degno e prestante, +costui compagno abbiate, che non truova, +di viltà, pari in terra di Levante. +Il fate forse per mostrar maggiore, +per tal contrario, il vostro alto valore. +Ma ben vi giuro per gli eterni dei, +che se non fosse ch'io riguardo a vui, +la publica ignominia gli farei, +ch'io soglio fare agli altri pari a lui. +Perpetua ricordanza gli darei, +come ognor di viltà nimico fui. +Ma sappia, s'impunito se ne parte, +grado a voi che 'l menaste in questa parte. — +Colui che fu de tutti i vizi il vaso, +rispose: — Alto signor, dir non sapria +chi sia costui; ch'io l'ho trovato a caso, +venendo d'Antiochia, in su la via. +Il suo sembiante m'avea persuaso +che fosse degno di mia compagnia; +ch'intesa non n'avea pruova né vista, +se non quella che fece oggi assai trista. +La qual mi spiacque sì, che restò poco, +che per punir l'estrema sua viltade, +non gli facessi allora allora un gioco, +che non toccasse più lance né spade: +ma ebbi, più ch'a lui, rispetto al loco, +e riverenza a vostra maestade. +Né per me voglio che gli sia guadagno +l'essermi stato un giorno o dua compagno: +di che contaminato anco esser parme; +e sopra il cor mi sarà eterno peso, +se, con vergogna del mestier de l'arme, +io lo vedrò da noi partire illeso: +e meglio che lasciarlo, satisfarme +potrete, se sarà d'un merlo impeso; +e fia lodevol opra e signorile, +perch'el sia esempio e specchio ad ogni vile. — +Al detto suo Martano Orrigille have, +senza accennar, confermatrice presta. +— Non son (rispose il re) l'opre sì prave, +ch'al mio parer v'abbia d'andar la testa. +Voglio per pena del peccato grave, +che sol rinuovi al populo la festa. — +E tosto a un suo baron, che fe' venire, +impose quanto avesse ad esequire. +Quel baron molti armati seco tolse, +ed alla porta de la terra scese; +e quivi con silenzio li raccolse, +e la venuta di Grifone attese: +e ne l'entrar sì d'improviso il colse, +che fra i duo ponti a salvamento il prese; +e lo ritenne con beffe e con scorno +in una oscura stanza insin al giorno. +Il Sole a pena avea il dorato crine +tolto di grembio alla nutrice antica, +e cominciava da le piagge alpine +a cacciar l'ombre e far la cima aprica; +quando temendo il vil Martan ch'al fine +Grifone ardito la sua causa dica, +e ritorni la colpa ond'era uscita, +tolse licenza, e fece indi partita, +trovando idonia scusa al priego regio, +che non stia allo spettacolo ordinato. +Altri doni gli avea fatto, col pregio +de la non sua vittoria, il signor grato; +e sopra tutto un amplo privilegio, +dov'era d'altri onori al sommo ornato. +Lasciànlo andar; ch'io vi prometto certo, +che la mercede avrà secondo il merto. +Fu Grifon tratto a gran vergogna in piazza, +quando più si trovò piena di gente. +Gli avean levato l'elmo e la corazza, +e lasciato in farsetto assai vilmente; +e come il conducessero alla mazza, +posto l'avean sopra un carro eminente, +che lento lento tiravan due vacche +da lunga fame attenuate e fiacche. +Venian d'intorno alla ignobil quadriga +vecchie sfacciate e disoneste putte, +di che n'era una ed or un'altra auriga, +e con gran biasmo lo mordeano tutte. +Lo poneano i fanciulli in maggior briga, +che, oltre le parole infami e brutte, +l'avrian coi sassi insino a morte offeso, +se dai più saggi non era difeso. +L'arme che del suo male erano state +cagion, che di lui fer non vero indicio, +da la coda del carro strascinate +patian nel fango debito supplicio. +Le ruote inanzi a un tribunal fermate +gli fero udir de l'altrui maleficio +la sua ignominia, che 'n sugli occhi detta +gli fu, gridando un publico trombetta. +Lo levar quindi, e lo mostrar per tutto +dinanzi a templi, ad officine e a case, +dove alcun nome scelerato e brutto, +che non gli fosse detto, non rimase. +Fuor de la terra all'ultimo cundutto +fu da la turba, che si persuase +bandirlo e cacciare indi a suon di busse, +non conoscendo ben ch'egli si fusse. +Sì tosto a pena gli sferraro i piedi +e liberargli l'una e l'altra mano, +che tor lo scudo ed impugnar gli vedi +la spada, che rigò gran pezzo il piano. +Non ebbe contra sé lance né spiedi; +che senz'arme venìa il populo insano. +Ne l'altro canto diferisco il resto; +che tempo è omai, Signor, di finir questo. Magnanimo Signore, ogni vostro atto +ho sempre con ragion laudato e laudo: +ben che col rozzo stil duro e mal atto +gran parte de la gloria vi defraudo. +Ma più de l'altre una virtù m'ha tratto, +a cui col core e con la lingua applaudo; +che s'ognun truova in voi ben grata udienza, +non vi truova però facil credenza. +Spesso in difesa del biasmato assente +indur vi sento una ed un'altra scusa, +o riserbargli almen, fin che presente +sua causa dica, l'altra orecchia chiusa; +e sempre, prima che dannar la gente, +vederla in faccia, e udir la ragion ch'usa; +differir anco e giorni e mesi ed anni, +prima che giudicar negli altrui danni. +Se Norandino il simil fatto avesse, +fatto a Grifon non avria quel che fece. +A voi utile e onor sempre successe: +denigrò sua fama egli più che pece. +Per lui sue genti a morte furon messe; +che fe' Grifone in dieci tagli, e in diece +punte che trasse pien d'ira e bizzarro, +che trenta ne cascaro appresso al carro. +Van gli altri in rotta ove il timor li caccia, +chi qua chi là, pei campi e per le strade; +e chi d'entrar ne la città procaccia, +e l'un su l'altro ne la porta cade. +Grifon non fa parole e non minaccia; +ma lasciando lontana ogni pietade, +mena tra il vulgo inerte il ferro intorno, +e gran vendetta fa d'ogni suo scorno. +Di quei che primi giunsero alla porta, +che le piante a levarsi ebbeno pronte, +parte, al bisogno suo molto più accorta +che degli amici, alzò subito il ponte; +piangendo parte, o con la faccia smorta +fuggendo andò senza mai volger fronte, +e ne la terra per tutte le bande +levò grido e tumulto e rumor grande. +Grifon gagliardo duo ne piglia in quella +che 'l ponte si levò per lor sciagura. +Sparge de l'uno al campo le cervella; +che lo percuote ad una cote dura: +prende l'altro nel petto, e l'arrandella +in mezzo alla città sopra le mura. +Scorse per l'ossa ai terrazzani il gelo, +quando vider colui venir dal cielo. +Fur molti che temer che 'l fier Grifone +sopra le mura avesse preso un salto. +Non vi sarebbe più confusione, +s'a Damasco il soldan desse l'assalto. +Un muover d'arme, un correr di persone, +e di talacimanni un gridar d'alto, +e di tamburi un suon misto e di trombe +il mondo assorda, e 'l ciel par ne rimbombe. +Ma voglio a un'altra volta differire +a ricontar ciò che di questo avenne. +Del buon re Carlo mi convien seguire, +che contra Rodomonte in fretta venne, +il qual le genti gli facea morire. +Io vi dissi ch'al re compagnia tenne +il gran Danese e Namo ed Oliviero +e Avino e Avolio e Otone e Berlingiero. +Otto scontri di lance, che da forza +di tali otto guerrier cacciati foro, +sostenne a un tempo la scagliosa scorza +di ch'avea armato il petto il crudo Moro. +Come legno si drizza, poi che l'orza +lenta il nochier che crescer sente il Coro, +così presto rizzossi Rodomonte +dai colpi che gittar doveano un monte. +Guido, Ranier, Ricardo, Salamone, +Ganelon traditor, Turpin fedele, +Angioliero, Angiolino, Ughetto, Ivone, +Marco e Matteo dal pian di san Michele, +e gli otto di che dianzi fei menzione, +son tutti intorno al Saracin crudele, +Arimanno e Odoardo d'Inghilterra, +ch'entrati eran pur dianzi ne la terra. +Non così freme in su lo scoglio alpino +di ben fondata rocca alta parete, +quando il furor di borea o di garbino +svelle dai monti il frassino e l'abete; +come freme d'orgoglio il Saracino, +di sdegno acceso e di sanguigna sete: +e com'a un tempo è il tuono e la saetta, +così l'ira de l'empio e la vendetta. +Mena alla testa a quel che gli è più presso, +che gli è il misero Ughetto di Dordona: +lo pone in terra insino ai denti fesso, +come che l'elmo era di tempra buona. +Percosso fu tutto in un tempo anch'esso +da molti colpi in tutta la persona; +ma non gli fan più ch'all'incude l'ago: +sì duro intorno ha lo scaglioso drago. +Furo tutti i ripar, fu la cittade +d'intorno intorno abandonata tutta; +che la gente alla piazza, dove accade +maggior bisogno, Carlo avea ridutta. +Corre alla piazza da tutte le strade +la turba, a chi il fuggir sì poco frutta. +La persona del re sì i cori accende, +ch'ognun prend'arme, ognuno animo prende. +Come se dentro a ben rinchiusa gabbia +d'antiqua leonessa usata in guerra, +perch'averne piacere il popul abbia, +talvolta il tauro indomito si serra; +i leoncin che veggion per la sabbia +come altiero e mugliando animoso erra, +e veder sì gran corna non son usi, +stanno da parte timidi e confusi: +ma se la fiera madre a quel si lancia, +e ne l'orecchio attacca il crudel dente, +vogliono anch'essi insanguinar la guancia, +e vengono in soccorso arditamente; +chi morde al tauro il dosso e chi la pancia: +così contra il pagan fa quella gente. +Da tetti e da finestre e più d'appresso +sopra gli piove un nembo d'arme e spesso. +Dei cavallieri e de la fanteria +tanta è la calca, ch'a pena vi cape. +La turba che vi vien per ogni via, +v'abbonda ad or ad or spessa come ape; +che quando, disarmata e nuda, sia +più facile a tagliar che torsi o rape, +non la potria, legata a monte a monte, +in venti giorni spenger Rodomonte. +Al pagan, che non sa come ne possa +venir a capo, omai quel gioco incresce. +Poco, per far di mille, o di più, rossa +la terra intorno, il populo discresce. +Il fiato tuttavia più se gl'ingrossa, +sì che comprende al fin che, se non esce +or c'ha vigore e in tutto il corpo è sano, +vorrà da tempo uscir, che sarà invano. +Rivolge gli occhi orribili, e pon mente +che d'ogn'intorno sta chiusa l'uscita; +ma con ruina d'infinita gente +l'aprirà tosto, e la farà espedita. +Ecco, vibrando la spada tagliente, +che vien quel empio, ove il furor lo 'nvita, +ad assalire il nuovo stuol britanno, +che vi trasse Odoardo ed Arimanno. +Chi ha visto in piazza rompere steccato, +a cui la folta turba ondeggi intorno, +immansueto tauro accaneggiato, +stimulato e percosso tutto 'l giorno; +che 'l popul se ne fugge ispaventato, +ed egli or questo or quel leva sul corno: +pensi che tale o più terribil fosse +il crudele African quando si mosse. +Quindici o venti ne tagliò a traverso, +altritanti lasciò del capo tronchi, +ciascun d'un colpo sol dritto o riverso; +che viti o salci par che poti e tronchi. +Tutto di sangue il fier pagano asperso, +lasciando capi fessi e bracci monchi, +e spalle e gambe ed altre membra sparte, +ovunque il passo volga, al fin si parte. +De la piazza si vede in guisa torre, +che non si può notar ch'abbia paura; +ma tuttavolta col pensier discorre, +dove sia per uscir via più sicura. +Capita al fin dove la Senna corre +sotto all'isola, e va fuor de le mura. +La gente d'arme e il popul fatto audace +lo stringe e incalza, e gir nol lascia in pace. +Qual per le selve nomade o massile +cacciata va la generosa belva, +ch'ancor fuggendo mostra il cor gentile, +e minacciosa e lenta si rinselva; +tal Rodomonte, in nessun atto vile, +da strana circondato e fiera selva +d'aste e di spade e di volanti dardi, +si tira al fiume a passi lunghi e tardi. +E sì tre volte e più l'ira il sospinse, +ch'essendone già fuor, vi tornò in mezzo, +ove di sangue la spada ritinse, +e più di cento ne levò di mezzo. +Ma la ragione al fin la rabbia vinse +di non far sì, ch'a Dio n'andasse il lezzo; +e da la ripa, per miglior consiglio, +si gittò all'acqua, e uscì di gran periglio. +Con tutte l'arme andò per mezzo l'acque, +come s'intorno avesse tante galle. +Africa, in te pare a costui non nacque, +ben che d'Anteo ti vanti e d'Anniballe. +Poi che fu giunto a proda, gli dispiacque, +che si vide restar dopo le spalle +quella città ch'avea trascorsa tutta, +e non l'avea tutta arsa né distrutta. +E sì lo rode la superbia e l'ira, +che, per tornarvi un'altra volta, guarda, +e di profondo cor geme e sospira, +né vuolne uscir, che non la spiani ed arda. +Ma lungo il fiume, in questa furia, mira +venir chi l'odio estingue e l'ira tarda. +Chi fosse io vi farò ben tosto udire; +ma prima un'altra cosa v'ho da dire. +Io v'ho da dir de la Discordia altiera, +a cui l'angel Michele avea commesso +ch'a battaglia accendesse e a lite fiera +quei che più forti avea Agramante appresso. +Uscì de' frati la medesma sera, +avendo altrui l'ufficio suo commesso: +lasciò la Fraude a guerreggiare il loco, +fin che tornasse, e a mantenervi il fuoco. +E le parve ch'andria con più possanza, +se la Superbia ancor seco menasse; +e perché stavan tutte in una stanza, +non fu bisogno ch'a cercar l'andasse. +La Superbia v'andò, ma non che sanza +la sua vicaria il monaster lasciasse: +per pochi dì che credea starne assente, +lasciò l'Ipocrisia locotenente. +L'implacabil Discordia in compagnia +de la Superbia si messe in camino, +e ritrovò che la medesma via +facea, per gire al campo saracino, +l'afflitta e sconsolata Gelosia; +e venìa seco un nano piccolino, +il qual mandava Doralice bella +al re di Sarza a dar di sé novella. +Quando ella venne a Mandricardo in mano +(ch'io v'ho già raccontato e come e dove), +tacitamente avea commesso al nano, +che ne portasse a questo re le nuove. +Ella sperò che nol saprebbe invano, +ma che far si vedria mirabil pruove, +per riaverla con crudel vendetta +da quel ladron che gli l'avea intercetta. +La Gelosia quel nano avea trovato; +e la cagion del suo venir compresa, +a caminar se gli era messa allato, +parendo d'aver luogo a questa impresa. +Alla Discordia ritrovar fu grato +la Gelosia; ma più quando ebbe intesa +la cagion del venir, che le potea +molto valere in quel che far volea. +D'inimicar con Rodomonte il figlio +del re Agrican le pare aver suggetto: +troverà a sdegnar gli altri altro consiglio; +a sdegnar questi duo questo è perfetto. +Col nano se ne vien dove l'artiglio +del fier pagano avea Parigi astretto; +e capitaro a punto in su la riva, +quando il crudel del fiume a nuoto usciva. +Tosto che riconobbe Rodomonte +costui de la sua donna esser messaggio, +estinse ogn'ira, e serenò la fronte, +e si sentì brillar dentro il coraggio. +Ogn'altra cosa aspetta che gli conte, +prima ch'alcuno abbia a lei fatto oltraggio. +Va contra il nano, e lieto gli domanda: +— Ch'è de la donna nostra? ove ti manda? — +Rispose il nano: — Né più tua né mia +donna dirò quella ch'è serva altrui. +Ieri scontrammo un cavallier per via, +che ne la tolse, e la menò con lui. — +A quello annunzio entrò la Gelosia, +fredda come aspe, ed abbracciò costui. +Seguita il nano, e narragli in che guisa +un sol l'ha presa, e la sua gente uccisa. +L'acciaio allora la Discordia prese, +e la pietra focaia, e picchiò un poco, +e l'esca sotto la Superbia stese, +e fu attaccato in un momento il fuoco; +e sì di questo l'anima s'accese +del Saracin, che non trovava loco: +sospira e freme con sì orribil faccia, +che gli elementi e tutto il ciel minaccia. +Come la tigre, poi ch'invan discende +nel voto albergo, e per tutto s'aggira, +e i cari figli all'ultimo comprende +essergli tolti, avampa di tant'ira, +a tanta rabbia, a tal furor s'estende, +che né a monte né a rio né a notte mira; +né lunga via, né grandine raffrena +l'odio che dietro al predator la mena: +così furendo il Saracin bizzarro +si volge al nano, e dice: — Or là t'invia; — +e non aspetta né destrier né carro, +e non fa motto alla sua compagnia. +Va con più fretta che non va il ramarro, +quando il ciel arde, a traversar la via. +Destrier non ha, ma il primo tor disegna, +sia di chi vuol, ch'ad incontrar lo vegna. +La Discordia ch'udì questo pensiero, +guardò, ridendo, la Superbia, e disse +che volea gire a trovare un destriero +che gli apportasse altre contese e risse; +e far volea sgombrar tutto il sentiero, +ch'altro che quello in man non gli venisse: +e già pensato avea dove trovarlo. +Ma costei lascio, e torno a dir di Carlo. +Poi ch'al partir del Saracin si estinse +Carlo d'intorno il periglioso fuoco, +tutte le genti all'ordine ristrinse. +Lascionne parte in qualche debol loco: +adosso il resto ai Saracini spinse, +per dar lor scacco, e guadagnarsi il giuoco; +e gli mandò per ogni porta fuore, +da San Germano infin a San Vittore. +E commandò ch'a porta San Marcello, +dov'era gran spianata di campagna, +aspettasse l'un l'altro, e in un drappello +si ragunasse tutta la compagna. +Quindi animando ognuno a far macello +tal, che sempre ricordo ne rimagna, +ai lor ordini andar fe' le bandiere, +e di battaglia dar segno alle schiere. +Il re Agramante in questo mezzo in sella, +mal grado dei cristian, rimesso s'era; +e con l'inamorato d'Isabella +facea battaglia perigliosa e fiera: +col re Sobrin Lurcanio si martella: +Rinaldo incontra avea tutta una schiera; +e con virtude e con fortuna molta +l'urta, l'apre, ruina e mette in volta. +Essendo la battaglia in questo stato, +l'imperatore assalse il retroguardo +dal canto ove Marsilio avea fermato +il fior di Spagna intorno al suo stendardo. +Con fanti in mezzo e cavallieri allato, +re Carlo spinse il suo popul gagliardo +con tal rumor di timpani e di trombe, +che tutto 'l mondo par che ne rimbombe. +Cominciavan le schiere a ritirarse +de' Saracini, e si sarebbon volte +tutte a fuggir, spezzate, rotte e sparse, +per mai più non potere esser raccolte; +ma 'l re Grandonio e Falsiron comparse, +che stati in maggior briga eran più volte, +e Balugante e Serpentin feroce, +e Ferraù che lor dicea a gran voce: +— Ah (dicea) valentuomini, ah compagni, +ah fratelli, tenete il luogo vostro. +I nimici faranno opra di ragni, +se non manchiamo noi del dover nostro. +Guardate l'alto onor, gli ampli guadagni +che Fortuna, vincendo, oggi ci ha mostro: +guardate la vergogna e il danno estremo, +ch'essendo vinti, a patir sempre avremo. — +Tolto in quel tempo una gran lancia avea, +e contra Berlingier venne di botto, +che sopra Largaliffa combattea, +e l'elmo ne la fronte gli avea rotto: +gittollo in terra, e con la spada rea +appresso a lui ne fe' cader forse otto. +Per ogni botta almanco, che disserra, +cader fa sempre un cavalliero in terra. +In altra parte ucciso avea Rinaldo +tanti pagan, ch'io non potrei contarli. +Dinanzi a lui non stava ordine saldo: +vedreste piazza in tutto 'l campo darli. +Non men Zerbin, non men Lurcanio è caldo: +per modo fan, ch'ognun sempre ne parli: +questo di punta avea Balastro ucciso, +e quello a Finadur l'elmo diviso. +L'esercito d'Alzerbe avea il primiero, +che poco inanzi aver solea Tardocco; +l'altro tenea sopra le squadre impero +di Zamor e di Saffi e di Marocco. +— Non è tra gli Africani un cavalliero +che di lancia ferir sappia o di stocco? — +mi si potrebbe dir: ma passo passo +nessun di gloria degno a dietro lasso. +Del re de la Zumara non si scorda +il nobil Dardinel figlio d'Almonte, +che con la lancia Uberto da Mirforda, +Claudio dal Bosco, Elio e Dulfin dal Monte, +e con la spada Anselmo da Stanforda, +e da Londra Raimondo e Pinamonte +getta per terra (ed erano pur forti), +dui storditi, un piagato, e quattro morti. +Ma con tutto 'l valor che di sé mostra, +non può tener sì ferma la sua gente, +sì ferma, ch'aspettar voglia la nostra +di numero minor, ma più valente. +Ha più ragion di spada e più di giostra +e d'ogni cosa a guerra appertinente. +Fugge la gente maura, di Zumara, +di Setta, di Marocco e di Canara. +Ma più degli altri fuggon quei d'Alzerbe, +a cui s'oppose il nobil giovinetto; +ed or con prieghi, or con parole acerbe +ripor lor cerca l'animo nel petto. +— S'Almonte meritò ch'in voi si serbe +di lui memoria, or ne vedrò l'effetto: +io vedrò (dicea lor) se me, suo figlio, +lasciar vorrete in così gran periglio. +State, vi priego per mia verde etade, +in cui solete aver sì larga speme: +deh non vogliate andar per fil di spade, +ch'in Africa non torni di noi seme. +Per tutto ne saran chiuse le strade, +se non andiam raccolti e stretti insieme: +troppo alto muro e troppo larga fossa +è il monte e il mar, pria che tornar si possa. +Molto è meglio morir qui, ch'ai supplici +darsi e alla discrezion di questi cani. +State saldi, per Dio, fedeli amici; +che tutti son gli altri rimedi vani. +Non han di noi più vita gli nimici; +più d'un'alma non han, più di due mani. — +Così dicendo, il giovinetto forte +al conte d'Otonlei diede la morte. +Il rimembrare Almonte così accese +l'esercito african che fuggia prima, +che le braccia e le mani in sue difese +meglio, che rivoltar le spalle, estima. +Guglielmo da Burnich era uno Inglese +maggior di tutti, e Dardinello il cima, +e lo pareggia agli altri; e apresso taglia +il capo ad Aramon di Cornovaglia. +Morto cadea questo Aramone a valle; +e v'accorse il fratel per dargli aiuto: +ma Dardinel l'aperse per le spalle +fin giù dove lo stomaco è forcuto. +Poi forò il ventre a Bogio da Vergalle, +e lo mandò del debito assoluto: +avea promesso alla moglier fra sei +mesi, vivendo, di tornare a lei. +Vide non lungi Dardinel gagliardo +venir Lurcanio, ch'avea in terra messo +Dorchin, passato ne la gola, e Gardo +per mezzo il capo e insin ai denti fesso; +e ch'Alteo fuggir volse, ma fu tardo, +Alteo ch'amò quanto il suo core istesso; +che dietro alla collottola gli mise +il fier Lurcanio un colpo che l'uccise. +Piglia una lancia, e va per far vendetta, +dicendo al suo Macon (s'udir lo puote), +che se morto Lurcanio in terra getta, +ne la moschea ne porrà l'arme vote. +Poi traversando la campagna in fretta, +con tanta forza il fianco gli percuote, +che tutto il passa sin all'altra banda; +ed ai suoi, che lo spoglino, commanda. +Non è da domandarmi, se dolere +se ne dovesse Ariodante il frate; +se desiasse di sua man potere +por Dardinel fra l'anime dannate: +ma nol lascian le genti adito avere, +non men de le 'nfedel le battezzate. +Vorria pur vendicarsi, e con la spada +di qua di là spianando va la strada. +Urta, apre, caccia, atterra, taglia e fende +qualunque lo 'mpedisce o gli contrasta. +E Dardinel che quel disire intende, +a volerlo saziar già non sovrasta: +ma la gran moltitudine contende +con questa ancora, e i suoi disegni guasta. +Se' Mori uccide l'un, l'altro non manco +gli Scotti uccide e il campo inglese e 'l franco. +Fortuna sempremai la via lor tolse, +che per tutto quel dì non s'accozzaro. +A più famosa man serbar l'un volse; +che l'uomo il suo destin fugge di raro. +Ecco Rinaldo a questa strada volse, +perch'alla vita d'un non sia riparo: +ecco Rinaldo vien: Fortuna il guida +per dargli onor che Dardinello uccida. +Ma sia per questa volta detto assai +dei gloriosi fatti di Ponente. +Tempo è ch'io torni ove Grifon lasciai, +che tutto d'ira e di disdegno ardente +facea, con più timor ch'avesse mai, +tumultuar la sbigottita gente. +Re Norandino a quel rumor corso era +con più di mille armati in una schiera. +Re Norandin con la sua corte armata, +vedendo tutto 'l populo fuggire, +venne alla porta in battaglia ordinata, +e quella fece alla sua giunta aprire. +Grifone intanto avendo già cacciata +da sé la turba sciocca e senza ardire, +la sprezzata armatura in sua difesa +(qual la si fosse) avea di nuovo presa; +e presso a un tempio ben murato e forte, +che circondato era d'un'alta fossa, +in capo un ponticel si fece forte, +perché chiuderlo in mezzo alcun non possa. +Ecco, gridando e minacciando forte, +fuor de la porta esce una squadra grossa. +L'animoso Grifon non muta loco, +e fa sembiante che ne tema poco. +E poi ch'avicinar questo drappello +si vide, andò a trovarlo in su la strada; +e molta strage fattane e macello +(che menava a due man sempre la spada), +ricorso avea allo stretto ponticello, +e quindi li tenea non troppo a bada: +di nuovo usciva e di nuovo tornava; +e sempre orribil segno vi lasciava. +Quando di dritto e quando di riverso +getta or pedoni or cavallieri in terra. +Il popul contra lui tutto converso +più e più sempre inaspera la guerra. +Teme Grifone al fin restar sommerso: +sì cresce il mar che d'ogn'intorno il serra; +e ne la spalla e ne la coscia manca +è già ferito, e pur la lena manca. +Ma la virtù, ch'ai suoi spesso soccorre, +gli fa appo Norandin trovar perdono. +Il re, mentre al tumulto in dubbio corre, +vede che morti già tanti ne sono: +vede le piaghe che di man d'Ettorre +pareano uscite: un testimonio buono, +che dianzi esso avea fatto indegnamente +vergogna a un cavallier molto eccellente. +Poi, come gli è più presso, e vede in fronte +quel che la gente a morte gli ha condutta, +e fattosene avanti orribil monte, +e di quel sangue il fosso e l'acqua brutta; +gli è aviso di veder proprio sul ponte +Orazio sol contra Toscana tutta: +e per suo onore, e perché gli ne 'ncrebbe, +ritrasse i suoi, né gran fatica v'ebbe. +Ed alzando la man nuda e senz'arme, +antico segno di tregua o di pace, +disse a Grifon: — Non so, se non chiamarme +d'avere il torto, e dir che mi dispiace: +ma il mio poco giudicio, e lo istigarme +altrui, cadere in tanto error mi face. +Quel che di fare io mi credea al più vile +guerrier del mondo, ho fatto al più gentile. +E se bene alla ingiuria ed a quell'onta +ch'oggi fatta ti fu per ignoranza, +l'onor che ti fai qui s'adegua e sconta, +o (per più vero dir) supera e avanza; +la satisfazion ci serà pronta +a tutto mio sapere e mia possanza, +quando io conosca di poter far quella +per oro o per cittadi o per castella. +Chiedimi la metà di questo regno, +ch'io son per fartene oggi possessore; +che l'alta tua virtù non ti fa degno +di questo sol, ma ch'io ti doni il core: +e la tua mano in questo mezzo, pegno +di fé mi dona e di perpetuo amore. — +Così dicendo, da cavallo scese, +e vêr Grifon la destra mano stese. +Grifon, vedendo il re fatto benigno +venirgli per gittar le braccia al collo, +lasciò la spada e l'animo maligno, +e sotto l'anche ed umile abbracciollo. +Lo vide il re di due piaghe sanguigno, +e tosto fe' venir chi medicollo; +indi portar ne la cittade adagio, +e riposar nel suo real palagio. +Dove, ferito, alquanti giorni, inante +che si potesse armar, fece soggiorno. +Ma lascio lui, ch'al suo frate Aquilante +ed ad Astolfo in Palestina torno, +che di Grifon, poi che lasciò le sante +mura, cercare han fatto più d'un giorno +in tutti i lochi in Solima devoti, +e in molti ancor da la città remoti. +Or né l'uno né l'altro è sì indovino, +che di Grifon possa saper che sia: +ma venne lor quel Greco peregrino, +nel ragionare, a caso a darne spia, +dicendo ch'Orrigille avea il camino +verso Antiochia preso di Soria, +d'un nuovo drudo, ch'era di quel loco, +di subito arsa e d'improviso fuoco. +Dimandògli Aquilante, se di questo +così notizia avea data a Grifone: +e come l'affermò, s'avisò il resto, +perché fosse partito, e la cagione. +Ch'Orrigille ha seguito è manifesto +in Antiochia con intenzione +di levarla di man del suo rivale +con gran vendetta e memorabil male. +Non tolerò Aquilante che 'l fratello +solo e senz'esso a quell'impresa andasse; +e prese l'arme, e venne dietro a quello: +ma prima pregò il duca che tardasse +l'andata in Francia ed al paterno ostello, +fin ch'esso d'Antiochia ritornasse. +Scende al Zaffo e s'imbarca, che gli pare +e più breve e miglior la via del mare. +Ebbe un ostro—silocco allor possente +tanto nel mare, e sì per lui disposto, +che la terra del Surro il dì seguente +vide e Saffetto, un dopo l'altro tosto. +Passa Barutti e il Zibeletto, e sente +che da man manca gli è Cipro discosto. +A Tortosa da Tripoli, e alla Lizza +e al golfo di Laiazzo il camin drizza. +Quindi a levante fe' il nocchier la fronte +del navilio voltar snello e veloce; +ed a sorger n'andò sopra l'Oronte, +e colse il tempo, e ne pigliò la foce. +Gittar fece Aquilante in terra il ponte, +e n'uscì armato sul destrier feroce; +e contra il fiume il camin dritto tenne, +tanto ch'in Antiochia se ne venne. +Di quel Martano ivi ebbe ad informarse; +ed udì ch'a Damasco se n'era ito +con Orrigille, ove una giostra farse +dovea solenne per reale invito. +Tanto d'andargli dietro il desir l'arse, +certo che 'l suo german l'abbia seguito, +che d'Antiochia anco quel dì si tolle; +ma già per mar più ritornar non volle. +Verso Lidia e Larissa il camin piega: +resta più sopra Aleppe ricca e piena. +Dio, per mostrar ch'ancor di qua non niega +mercede al bene, ed al contrario pena, +Martano appresso a Mamuga una lega +ad incontrarsi in Aquilante mena. +Martano si facea con bella mostra +portare inanzi il pregio de la giostra. +Pensò Aquilante al primo comparire, +che 'l vil Martano il suo fratello fosse; +che l'ingannaron l'arme, e quel vestire +candido più che nievi ancor non mosse: +e con quell'oh! che d'allegrezza dire +si suole, incominciò; ma poi cangiosse +tosto di faccia e di parlar, ch'appresso +s'avide meglio, che non era desso. +Dubitò che per fraude di colei +ch'era con lui, Grifon gli avesse ucciso; +e: — Dimmi (gli gridò) tu ch'esser déi +un ladro e un traditor, come n'hai viso, +onde hai quest'arme avute? onde ti sei +sul buon destrier del mio fratello assiso? +Dimmi se 'l mio fratello è morto o vivo; +come de l'arme e del destrier l'hai privo. — +Quando Orrigille udì l'irata voce, +a dietro il palafren per fuggir volse; +ma di lei fu Aquilante più veloce, +e fecela fermar, volse o non volse. +Martano al minacciar tanto feroce +del cavallier, che sì improviso il colse, +pallido triema, come al vento fronda, +né sa quel che si faccia o che risponda. +Grida Aquilante, e fulminar non resta, +e la spada gli pon dritto alla strozza; +e giurando minaccia che la testa +ad Orrigille e a lui rimarrà mozza, +se tutto il fatto non gli manifesta. +Il mal giunto Martano alquanto ingozza, +e tra sé volve se può sminuire +sua grave colpa, e poi comincia a dire: +— Sappi, signor, che mia sorella è questa, +nata di buona e virtuosa gente, +ben che tenuta in vita disonesta +l'abbia Grifone obbrobriosamente: +e tale infamia essendomi molesta, +né per forza sentendomi possente +di torla a sì grande uom, feci disegno +d'averla per astuzia e per ingegno. +Tenni modo con lei, ch'avea desire +di ritornare a più lodata vita, +ch'essendosi Grifon messo a dormire, +chetamente da lui fêsse partita. +Così fece ella; e perché egli a seguire +non n'abbia, ed a turbar la tela ordita, +noi lo lasciammo disarmato e a piedi; +e qua venuti siàn, come tu vedi. — +Poteasi dar di somma astuzia vanto, +che colui facilmente gli credea; +e, fuor che 'n torgli arme e destrier e quanto +tenesse di Grifon, non gli nocea; +se non volea pulir sua scusa tanto, +che la facesse di menzogna rea: +buona era ogn'altra parte, se non quella +che la femina a lui fosse sorella. +Avea Aquilante in Antiochia inteso +essergli concubina, da più genti; +onde gridando, di furore acceso: +— Falsissimo ladron, tu te ne menti! — +un pugno gli tirò di tanto peso, +che ne la gola gli cacciò duo denti: +e senza più contesa, ambe le braccia +gli volge dietro, e d'una fune allaccia; +e parimente fece ad Orrigille, +ben che in sua scusa ella dicesse assai. +Quindi li trasse per casali e ville, +né li lasciò fin a Damasco mai; +e de le miglia mille volte mille +tratti gli avrebbe con pene e con guai, +fin ch'avesse trovato il suo fratello, +per farne poi come piacesse a quello. +Fece Aquilante lor scudieri e some +seco tornare, ed in Damasco venne, +e trovò di Grifon celebre il nome +per tutta la città batter le penne: +piccoli e grandi, ognun sapea già come +egli era, che sì ben corse l'antenne, +ed a cui tolto fu con falsa mostra +dal compagno la gloria de la giostra. +Il popul tutto al vil Martano infesto, +l'uno all'altro additandolo, lo scuopre. +— Non è (dicean), non è il ribaldo questo, +che si fa laude con l'altrui buone opre? +e la virtù di chi non è ben desto, +con la sua infamia e col suo obbrobrio copre? +Non è l'ingrata femina costei, +la qual tradisce i buoni e aiuta i rei? — +Altri dicean: — Come stan bene insieme +segnati ambi d'un marchio e d'una razza! — +Chi li bestemmia, chi lor dietro freme, +chi grida: — Impicca, abrucia, squarta, amazza! — +La turba per veder s'urta, si preme, +e corre inanzi alle strade, alla piazza. +Venne la nuova al re, che mostrò segno +d'averla cara più ch'un altro regno. +Senza molti scudier dietro o davante, +come si ritrovò, si mosse in fretta, +e venne ad incontrarsi in Aquilante, +ch'avea del suo Grifon fatto vendetta; +e quello onora con gentil sembiante, +seco lo 'nvita, e seco lo ricetta; +di suo consenso avendo fatto porre +i duo prigioni in fondo d'una torre. +Andaro insieme ove del letto mosso +Grifon non s'era, poi che fu ferito, +che vedendo il fratel, divenne rosso; +che ben stimò ch'avea il suo caso udito. +E poi che motteggiando un poco adosso +gli andò Aquilante, messero a partito +di dare a quelli duo iusto martoro, +venuti in man degli avversari loro. +Vuole Aquilante, vuole il re che mille +strazi ne sieno fatti; ma Grifone +(perché non osa dir sol d'Orrigille) +all'uno e all'altro vuol che si perdone. +Disse assai cose, e molto ben ordille; +fugli risposto; or per conclusione +Martano è disegnato in mano al boia, +ch'abbia a scoparlo, e non però che moia. +Legar lo fanno, e non tra' fiori e l'erba, +e per tutto scopar l'altra matina. +Orrigille captiva si riserba +fin che ritorni la bella Lucina, +al cui saggio parere, o lieve o acerba, +rimetton quei signor la disciplina. +Quivi stette Aquilante a ricrearsi +fin che 'l fratel fu sano e poté armarsi. +Re Norandin, che temperato e saggio +divenuto era dopo un tanto errore, +non potea non aver sempre il coraggio +di penitenza pieno e di dolore, +d'aver fatto a colui danno ed oltraggio, +che degno di mercede era e d'onore: +sì che dì e notte avea il pensiero intento +par farlo rimaner di sé contento. +E statuì nel publico cospetto +de la città, di tanta ingiuria rea, +con quella maggior gloria ch'a perfetto +cavallier per un re dar si potea, +di rendergli quel premio ch'intercetto +con tanto inganno il traditor gli avea: +e perciò fe' bandir per quel paese, +che faria un'altra giostra indi ad un mese. +Di ch'apparecchio fa tanto solenne, +quanto a pompa real possibil sia: +onde la Fama con veloci penne +portò la nuova per tutta Soria; +ed in Fenicia e in Palestina venne, +e tanto, ch'ad Astolfo ne diè spia, +il qual col viceré deliberosse +che quella giostra senza lor non fosse. +Per guerrier valoroso e di gran nome +la vera istoria Sansonetto vanta. +Gli diè battesmo Orlando, e Carlo (come +v'ho detto) a governar la Terra Santa. +Astolfo con costui levò le some, +per ritrovarsi ove la Fama canta, +sì che d'intorno n'ha piena ogni orecchia, +ch'in Damasco la giostra s'apparecchia. +Or cavalcando per quelle contrade +con non lunghi viaggi, agiati e lenti, +per ritrovarsi freschi alla cittade +poi di Damasco il dì de' torniamenti, +scontraro in una croce di due strade +persona ch'al vestire e a' movimenti +avea sembianza d'uomo, e femin' era, +ne le battaglie a maraviglia fiera. +La vergine Marfisa si nomava, +di tal valor, che con la spada in mano +fece più volte al gran signor di Brava +sudar la fronte e a quel di Montalbano; +e 'l dì e la notte armata sempre andava +di qua di là cercando in monte e in piano +con cavallieri erranti riscontrarsi, +ed immortale e gloriosa farsi. +Com'ella vide Astolfo e Sansonetto, +ch'appresso le venian con l'arme indosso, +prodi guerrier le parvero all'aspetto; +ch'erano ambeduo grandi e di buono osso: +e perché di provarsi avria diletto, +per isfidarli avea il destrier già mosso; +quando, affissando l'occhio più vicino, +conosciuto ebbe il duca paladino. +De la piacevolezza le sovenne +del cavallier, quando al Catai seco era: +e lo chiamò per nome, e non si tenne +la man nel guanto, e alzossi la visiera; +e con gran festa ad abbracciarlo venne, +come che sopra ogn'altra fosse altiera. +Non men da l'altra parte riverente +fu il paladino alla donna eccellente. +Tra lor si domandaron di lor via: +e poi ch'Astolfo, che prima rispose, +narrò come a Damasco se ne gìa, +dove le genti in arme valorose +avea invitato il re de la Soria +a dimostrar lor opre virtuose; +Marfisa, sempre a far gran pruove accesa, +— Voglio esser con voi (disse) a questa impresa. — +Sommamente ebbe Astolfo grata questa +compagna d'arme, e così Sansonetto. +Furo a Damasco il dì inanzi la festa, +e di fuora nel borgo ebbon ricetto: +e sin all'ora che dal sonno desta +l'Aurora il vecchiarel già suo diletto, +quivi si riposar con maggior agio, +che se smontati fossero al palagio. +E poi che 'l nuovo sol lucido e chiaro +per tutto sparsi ebbe i fulgenti raggi, +la bella donna e i duo guerrier s'armaro, +mandato avendo alla città messaggi; +che, come tempo fu, lor rapportaro +che per veder spezzar frassini e faggi +re Norandino era venuto al loco +ch'avea costituito al fiero gioco. +Senza più indugio alla città ne vanno, +e per la via maestra alla gran piazza, +dove aspettando il real segno stanno +quinci e quindi i guerrier di buona razza. +I premi che quel giorno si daranno +a chi vince, è uno stocco ed una mazza +guerniti riccamente, e un destrier, quale +sia convenevol dono a un signor tale. +Avendo Norandin fermo nel core +che, come il primo pregio, il secondo anco, +e d'ambedue le giostre il sommo onore +si debba guadagnar Grifone il bianco; +per dargli tutto quel ch'uom di valore +dovrebbe aver, né debbe far con manco, +posto con l'arme in questo ultimo pregio +ha stocco e mazza e destrier molto egregio. +L'arme che ne la giostra fatta dianzi +si doveano a Grifon che 'l tutto vinse, +e che usurpate avea con tristi avanzi +Martano che Grifone esser si finse, +quivi si fece il re pendere inanzi, +e il ben guernito stocco a quelle cinse, +e la mazza all'arcion del destrier messe, +perché Grifon l'un pregio e l'altro avesse. +Ma che sua intenzione avesse effetto +vietò quella magnanima guerriera, +che con Astolfo e col buon Sansonetto +in piazza nuovamente venuta era. +Costei, vedendo l'arme ch'io v'ho detto, +subito n'ebbe conoscenza vera: +però che già sue furo, e l'ebbe care +quanto si suol le cose ottime e rare; +ben che l'avea lasciate in su la strada +a quella volta che le fur d'impaccio, +quando per riaver sua buona spada +correa dietro a Brunel degno di laccio. +Questa istoria non credo che m'accada +altrimenti narrar; però la taccio. +Da me vi basti intendere a che guisa +quivi trovasse l'arme sue Marfisa. +Intenderete ancor, che come l'ebbe +riconosciute a manifeste note, +per altro che sia al mondo, non le avrebbe +lasciate un dì di sua persona vote. +Se più tenere un modo o un altro debbe +per racquistarle, ella pensar non puote: +ma se gli accosta a un tratto, e la man stende, +e senz'altro rispetto se le prende; +e per la fretta ch'ella n'ebbe, avenne +ch'altre ne prese, altre mandonne in terra. +Il re, che troppo offeso se ne tenne, +con uno sguardo sol le mosse guerra; +che 'l popul, che l'ingiuria non sostenne, +per vendicarlo e lance e spade afferra, +non rammentando ciò ch'i giorni inanti +nocque il dar noia ai cavallieri erranti. +Né fra vermigli fiori, azzurri e gialli +vago fanciullo alla stagion novella, +né mai si ritrovò fra suoni e balli +più volentieri ornata donna e bella; +che fra strepito d'arme e di cavalli, +e fra punte di lance e di quadrella, +dove si sparga sangue e si dia morte, +costei si truovi, oltre ogni creder forte. +Spinge il cavallo, e ne la turba sciocca +con l'asta bassa impetuosa fere; +e chi nel collo e chi nel petto imbrocca, +e fa con l'urto or questo or quel cadere: +poi con la spada uno ed un altro tocca, +e fa qual senza capo rimanere, +e qual rotto, e qual passato al fianco, +e qual del braccio privo o destro o manco. +L'ardito Astolfo e il forte Sansonetto, +ch'avean con lei vestita e piastra e maglia, +ben che non venner già per tal effetto, +pur, vedendo attaccata la battaglia, +abbassan la visiera de l'elmetto, +e poi la lancia per quella canaglia; +ed indi van con la tagliente spada +di qua di là facendosi far strada. +I cavallieri di nazion diverse, +ch'erano per giostrar quivi ridutti, +vedendo l'arme in tal furor converse, +e gli aspettati giuochi in gravi lutti +(che la cagion ch'avesse di dolerse +la plebe irata non sapeano tutti, +né ch'al re tanta ingiuria fosse fatta), +stavan con dubbia mente e stupefatta. +Di ch'altri a favorir la turba venne, +che tardi poi non se ne fu a pentire; +altri, a cui la città più non attenne +che gli stranieri, accorse a dipartire; +altri, più saggio, in man la briglia tenne, +mirando dove questo avesse a uscire. +Di quelli fu Grifone ed Aquilante, +che per vendicar l'arme andaro inante. +Essi vedendo il re che di veneno +avea le luci inebriate e rosse, +ed essendo da molti istrutti a pieno +de la cagion che la discordia mosse, +e parendo a Grifon che sua, non meno +che del re Norandin, l'ingiuria fosse; +s'avean le lance fatte dar con fretta, +e venian fulminando alla vendetta. +Astolfo d'altra parte Rabicano +venìa spronando a tutti gli altri inante, +con l'incantata lancia d'oro in mano, +ch'al fiero scontro abbatte ogni giostrante. +Ferì con essa e lasciò steso al piano +prima Grifone, e poi trovò Aquilante; +e de lo scudo toccò l'orlo a pena, +che lo gittò riverso in su l'arena. +I cavallier di pregio e di gran pruova +votan le selle inanzi a Sansonetto. +L'uscita de la piazza il popul truova: +il re n'arrabbia d'ira e di dispetto. +Con la prima corazza e con la nuova +Marfisa intanto, e l'uno e l'altro elmetto, +poi che si vide a tutti dare il tergo, +vincitrice venìa verso l'albergo. +Astolfo e Sansonetto non fur lenti +a seguitarla, e seco a ritornarsi +verso la porta (che tutte le genti +gli davan loco), ed al rastrel fermarsi. +Aquilante e Grifon, troppo dolenti +di vedersi a uno incontro riversarsi, +tenean per gran vergogna il capo chino, +né ardian venire inanzi a Norandino. +Presi e montati c'hanno i lor cavalli, +spronano dietro agli nimici in fretta. +Li segue il re con molti suoi vasalli, +tutti pronti o alla morte o alla vendetta. +La sciocca turba grida: — Dàlli dàlli —; +e sta lontana, e le novelle aspetta. +Grifone arriva ove volgean la fronte +i tre compagni, ed avean preso il ponte. +A prima giunta Astolfo raffigura, +ch'avea quelle medesime divise, +avea il cavallo, avea quella armatura +ch'ebbe dal dì ch'Orril fatale uccise. +Né miratol, né posto gli avea cura, +quando in piazza a giostrar seco si mise: +quivi il conobbe e salutollo; e poi +gli domandò de li compagni suoi; +e perché tratto avean quell'arme a terra, +portando al re sì poca riverenza. +Di suoi compagni il duca d'Inghilterra +diede a Grifon non falsa conoscenza: +de l'arme ch'attaccate avean la guerra, +disse che non n'avea troppa scienza; +ma perché con Marfisa era venuto, +dar le volea con Sansonetto aiuto. +Quivi con Grifon stando il paladino, +viene Aquilante, e lo conosce tosto +che parlar col fratel l'ode vicino, +e il voler cangia, ch'era mal disposto. +Giungean molti di quei di Norandino, +ma troppo non ardian venire accosto; +e tanto più, vedendo i parlamenti, +stavano cheti, e per udire intenti. +Alcun ch'intende quivi esser Marfisa, +che tiene al mondo il vanto in esser forte, +volta il cavallo, e Norandino avisa +che s'oggi non vuol perder la sua corte, +proveggia, prima che sia tutta uccisa, +di man trarla a Tesifone e alla Morte; +perché Marfisa veramente è stata, +che l'armatura in piazza gli ha levata. +Come re Norandino ode quel nome +così temuto per tutto Levante, +che facea a molti anco arricciar le chiome, +ben che spesso da lor fosse distante, +è certo che ne debbia venir come +dice quel suo, se non provede inante; +però gli suoi, che già mutata l'ira +hanno in timore, a sé richiama e tira. +Da l'altra parte i figli d'Oliviero +con Sansonetto e col figliuol d'Otone, +supplicando a Marfisa, tanto fero, +che si diè fine alla crudel tenzone. +Marfisa, giunta al re, con viso altiero +disse: — Io non so, signor, con che ragione +vogli quest'arme dar, che tue non sono, +al vincitor de le tue giostre in dono. +Mie sono l'arme, e 'n mezzo de la via +che vien d'Armenia, un giorno le lasciai, +perché seguire a piè mi convenia +un rubator che m'avea offesa assai: +e la mia insegna testimon ne fia, +che qui si vede, se notizia n'hai. — +E la mostrò ne la corazza impressa, +ch'era in tre parti una corona fessa. +— Gli è ver (rispose il re) che mi fur date, +son pochi dì, da un mercatante armeno; +e se voi me l'avesse domandate, +l'avreste avute, o vostre o no che sièno; +ch'avenga ch'a Grifon già l'ho donate, +ho tanta fede in lui, che nondimeno, +acciò a voi darle avessi anche potuto, +volentieri il mio don m'avria renduto. +Non bisogna allegar, per farmi fede +che vostre sien, che tengan vostra insegna: +basti il dirmelo voi; che vi si crede +più ch'a qual altro testimonio vegna. +Che vostre sian vostr'arme si concede +alla virtù di maggior premio degna. +Or ve l'abbiate, e più non si contenda; +e Grifon maggior premio da me prenda. — +Grifon che poco a cor avea quell'arme, +ma gran disio che 'l re si satisfaccia, +gli disse: — Assai potete compensarme, +se mi fate saper ch'io vi compiaccia. — +Tra sé disse Marfisa: — Esser qui parme +l'onor mio in tutto: — e con benigna faccia +volle a Grifon de l'arme esser cortese; +e finalmente in don da lui le prese. +Ne la città con pace e con amore +tornaro, ove le feste raddoppiarsi. +Poi la giostra si fe', di che l'onore +e 'l pregio Sansonetto fece darsi; +ch'Astolfo e i duo fratelli e la migliore +di lor, Marfisa, non volson provarsi, +cercando, com'amici e buon compagni, +che Sansonetto il pregio ne guadagni. +Stati che sono in gran piacere e in festa +con Norandino otto giornate o diece, +perché l'amor di Francia gli molesta, +che lasciar senza lor tanto non lece, +tolgon licenza; e Marfisa, che questa +via disiava, compagnia lor fece. +Marfisa avuto avea lungo disire +al paragon dei paladin venire; +e far esperienza se l'effetto +si pareggiava a tanta nominanza. +Lascia un altro in suo loco Sansonetto, +che di Ierusalem regga la stanza. +Or questi cinque in un drappello eletto, +che pochi pari al mondo han di possanza, +licenziati dal re Norandino, +vanno a Tripoli e al mar che v'è vicino. +E quivi una caracca ritrovaro, +che per Ponente mercanzie raguna. +Per loro e pei cavalli s'accordaro +con un vecchio patron ch'era da Luna. +Mostrava d'ogn'intorno il tempo chiaro, +ch'avrian per molti dì buona fortuna. +Sciolser dal lito, avendo aria serena, +e di buon vento ogni lor vela piena. +L'isola sacra all'amorosa dea +diede lor sotto un'aria il primo porto, +che non ch'a offender gli uomini sia rea, +ma stempra il ferro, e quivi è 'l viver corto. +Cagion n'è un stagno: e certo non dovea +Natura a Famagosta far quel torto +d'appressarvi Costanza acre e maligna, +quando al resto di Cipro è sì benigna. +Il grave odor che la palude esala +non lascia al legno far troppo soggiorno. +Quindi a un greco—levante spiegò ogni ala, +volando da man destra a Cipro intorno, +e surse a Pafo, e pose in terra scala; +e i naviganti uscir nel lito adorno, +chi per merce levar, chi per vedere +la terra d'amor piena e di piacere. +Dal mar sei miglia o sette, a poco a poco +si va salendo inverso il colle ameno. +Mirti e cedri e naranci e lauri il loco, +e mille altri soavi arbori han pieno. +Serpillo e persa e rose e gigli e croco +spargon da l'odorifero terreno +tanta suavità, ch'in mar sentire +la fa ogni vento che da terra spire. +Da limpida fontana tutta quella +piaggia rigando va un ruscel fecondo. +Ben si può dir che sia di Vener bella +il luogo dilettevole e giocondo; +che v'è ogni donna affatto, ogni donzella +piacevol più ch'altrove sia nel mondo: +e fa la dea che tutte ardon d'amore, +giovani e vecchie, infino all'ultime ore. +Quivi odono il medesimo ch'udito +di Lucina e de l'Orco hanno in Soria, +e come di tornare ella a marito +facea nuovo apparecchio in Nicosia. +Quindi il padrone (essendosi espedito, +e spirando buon vento alla sua via) +l'ancore sarpa, e fa girar la proda +verso ponente, ed ogni vela snoda. +Al vento di maestro alzò la nave +le vele all'orza, ed allargossi in alto. +Un ponente—libecchio, che soave +parve a principio e fin che 'l sol stette alto, +e poi si fe' verso la sera grave, +le leva incontra il mar con fiero assalto, +con tanti tuoni e tanto ardor di lampi, +che par che 'l ciel si spezzi e tutto avampi. +Stendon le nubi un tenebroso velo +che né sole apparir lascia né stella. +Di sotto il mar, di sopra mugge il cielo, +il vento d'ogn'intorno, e la procella +che di pioggia oscurissima e di gelo +i naviganti miseri flagella: +e la notte più sempre si diffonde +sopra l'irate e formidabil onde. +I naviganti a dimostrare effetto +vanno de l'arte in che lodati sono: +chi discorre fischiando col fraschetto, +e quanto han gli altri a far, mostra col suono; +chi l'ancore apparechia da rispetto, +e chi al mainare e chi alla scotta è buono; +chi 'l timone, chi l'arbore assicura, +chi la coperta di sgombrare ha cura. +Crebbe il tempo crudel tutta la notte, +caliginosa e più scura ch'inferno. +Tien per l'alto il padrone, ove men rotte +crede l'onde trovar, dritto il governo; +e volta ad or ad or contra le botte +del mar la proda, e de l'orribil verno, +non senza speme mai che, come aggiorni, +cessi fortuna, o più placabil torni. +Non cessa e non si placa, e più furore +mostra nel giorno, se pur giorno è questo, +che si conosce al numerar de l'ore, +non che per lume già sia manifesto. +Or con minor speranza e più timore +si dà in poter del vento il padron mesto: +volta la poppa all'onde, e il mar crudele +scorrendo se ne va con umil vele. +Mentre Fortuna in mar questi travaglia, +non lascia anco posar quegli altri in terra, +che sono in Francia, ove s'uccide e taglia +coi Saracini il popul d'Inghilterra. +Quivi Rinaldo assale, apre e sbaraglia +le schiere avverse, e le bandiere atterra. +Dissi di lui, che 'l suo destrier Baiardo +mosso avea contra a Dardinel gagliardo. +Vide Rinaldo il segno del quartiero, +di che superbo era il figliuol d'Almonte; +e lo stimò gagliardo e buon guerriero, +che concorrer d'insegna ardia col conte. +Venne più appresso, e gli parea più vero; +ch'avea d'intorno uomini uccisi a monte. +— Meglio è (gridò) che prima io svella e spenga +questo mal germe, che maggior divenga. — +Dovunque il viso drizza il paladino, +levasi ognuno, e gli dà larga strada; +né men sgombra il fedel, che 'l Saracino, +sì reverita è la famosa spada. +Rinaldo, fuor che Dardinel meschino, +non vede alcuno, e lui seguir non bada. +Grida: — Fanciullo, gran briga ti diede +chi ti lasciò di questo scudo erede. +Vengo a te per provar, se tu m'attendi, +come ben guardi il quartier rosso e bianco; +che s'ora contra me non lo difendi, +difender contra Orlando il potrai manco. — +Rispose Dardinello: — Or chiaro apprendi +che s'io lo porto, il so difender anco; +e guadagnar più onor, che briga, posso +del paterno quartier candido e rosso. +Perché fanciullo io sia, non creder farme +però fuggire, o che 'l quartier ti dia: +la vita mi torrai, se mi toi l'arme; +ma spero in Dio ch'anzi il contrario fia. +Sia quel che vuol, non potrà alcun biasmarme +che mai traligni alla progenie mia. — +Così dicendo, con la spada in mano +assalse il cavallier da Montalbano. +Un timor freddo tutto 'l sangue oppresse, +che gli Africani aveano intorno al core, +come vider Rinaldo che si messe +con tanta rabbia incontra a quel signore, +con quanta andria un leon ch'al prato avesse +visto un torel ch'ancor non senta amore. +Il primo che ferì, fu 'l Saracino; +ma picchiò invan su l'elmo di Mambrino. +Rise Rinaldo, e disse: — Io vo' tu senta, +s'io so meglio di te trovar la vena. — +Sprona, e a un tempo al destrier la briglia allenta, +e d'una punta con tal forza mena, +d'una punta ch'al petto gli appresenta, +che gli la fa apparir dietro alla schena. +Quella trasse, al tornar, l'alma col sangue: +di sella il corpo uscì freddo ed esangue. +Come purpureo fior languendo muore, +che 'l vomere al passar tagliato lassa; +o come carco di superchio umore +il papaver ne l'orto il capo abbassa: +così, giù de la faccia ogni colore +cadendo, Dardinel di vita passa; +passa di vita, e fa passar con lui +l'ardire e la virtù de tutti i sui. +Qual soglion l'acque per umano ingegno +stare ingorgate alcuna volta e chiuse, +che quando lor vien poi rotto il sostegno, +cascano, e van con gran rumor difuse; +tal gli African, ch'avean qualche ritegno +mentre virtù lor Dardinello infuse, +ne vanno or sparti in questa parte e in quella, +che l'han veduto uscir morto di sella. +Chi vuol fuggir, Rinaldo fuggir lassa, +ed attende a cacciar chi vuol star saldo. +Si cade ovunque Ariodante passa, +che molto va quel dì presso a Rinaldo. +Altri Lionetto, altri Zerbin fracassa, +a gara ognuno a far gran prove caldo. +Carlo fa il suo dover, lo fa Oliviero, +Turpino e Guido e Salamone e Ugiero. +I Mori fur quel giorno in gran periglio +che 'n Pagania non ne tornasse testa; +ma 'l saggio re di Spagna dà di piglio, +e se ne va con quel che in man gli resta. +Restar in danno tien miglior consiglio, +che tutti i denar perdere e la vesta: +meglio è ritrarsi e salvar qualche schiera, +che, stando, esser cagion che 'l tutto pèra. +Verso gli alloggiamenti i segni invia, +ch'eron serrati d'argine e di fossa, +con Stordilan, col re d'Andologia, +col Portughese in una squadra grossa. +Manda a pregar il re di Barbaria, +che si cerchi ritrar meglio che possa; +e se quel giorno la persona e 'l loco +potrà salvar, non avrà fatto poco. +Quel re che si tenea spacciato al tutto, +né mai credea più riveder Biserta, +che con viso sì orribile e sì brutto +unquanco non avea Fortuna esperta, +s'allegrò che Marsilio avea ridutto +parte del campo in sicurezza certa: +ed a ritrarsi cominciò, e a dar volta +alle bandiere, e fe' sonar raccolta. +Ma la più parte de la gente rotta +né tromba né tambur né segno ascolta: +tanta fu la viltà, tanta la dotta, +ch'in Senna se ne vide affogar molta. +Il re Agramante vuol ridur la frotta: +seco ha Sobrino, e van scorrendo in volta; +e con lor s'affatica ogni buon duca, +che nei ripari il campo si riduca. +Ma né il re, né Sobrin, né duca alcuno +con prieghi, con minacce, con affanno +ritrar può il terzo, non ch'io dica ognuno, +dove l'insegne mal seguite vanno. +Morti o fuggiti ne son dua, per uno +che ne rimane, e quel non senza danno: +ferito è chi di dietro e chi davanti; +ma travagliati e lassi tutti quanti. +E con gran tema fin dentro alle porte +dei forti alloggiamenti ebbon la caccia: +ed era lor quel luogo anco mal forte, +con ogni proveder che vi si faccia +(che ben pigliar nel crin la buona sorte +Carlo sapea, quando volgea la faccia), +se non venia la notte tenebrosa, +che staccò il fatto, ed acquetò ogni cosa; +dal Creator accelerata forse, +che de la sua fattura ebbe pietade. +Ondeggiò il sangue per campagna, e corse +come un gran fiume, e dilagò le strade. +Ottantamila corpi numerorse, +che fur quel dì messi per fil di spade. +Villani e lupi uscir poi de le grotte +a dispogliargli e a devorar la notte. +Carlo non torna più dentro alla terra, +ma contra gli nimici fuor s'accampa, +ed in assedio le lor tende serra, +ed alti e spessi fuochi intorno avampa. +Il pagan si provede, e cava terra, +fossi e ripari e bastioni stampa; +va rivedendo, e tien le guardie deste, +né tutta notte mai l'arme si sveste. +Tutta la notte per gli alloggiamenti +dei malsicuri Saracini oppressi +si versan pianti, gemiti e lamenti, +ma quanto più si può, cheti e soppressi. +Altri, perché gli amici hanno e i parenti +lasciati morti, ed altri per se stessi, +che son feriti, e con disagio stanno: +ma più è la tema del futuro danno. +Duo Mori ivi fra gli altri si trovaro, +d'oscura stirpe nati in Tolomitta; +de' quai l'istoria, per esempio raro +di vero amore, è degna esser descritta. +Cloridano e Medor si nominaro, +ch'alla fortuna prospera e alla afflitta +aveano sempre amato Dardinello, +ed or passato in Francia il mar con quello. +Cloridan, cacciator tutta sua vita, +di robusta persona era ed isnella: +Medoro avea la guancia colorita +e bianca e grata ne la età novella; +e fra la gente a quella impresa uscita +non era faccia più gioconda e bella: +occhi avea neri, e chioma crespa d'oro: +angel parea di quei del sommo coro. +Erano questi duo sopra i ripari +con molti altri a guardar gli alloggiamenti, +quando la Notte fra distanze pari +mirava il ciel con gli occhi sonnolenti. +Medoro quivi in tutti i suoi parlari +non può far che 'l signor suo non rammenti, +Dardinello d'Almonte, e che non piagna +che resti senza onor ne la campagna. +Volto al compagno, disse: — O Cloridano, +io non ti posso dir quanto m'incresca +del mio signor, che sia rimaso al piano, +per lupi e corbi, ohimé! troppo degna esca. +Pensando come sempre mi fu umano, +mi par che quando ancor questa anima esca +in onor di sua fama, io non compensi +né sciolga verso lui gli oblighi immensi. +Io voglio andar, perché non stia insepulto +in mezzo alla campagna, a ritrovarlo: +e forse Dio vorrà ch'io vada occulto +là dove tace il campo del re Carlo. +Tu rimarrai; che quando in ciel sia sculto +ch'io vi debba morir, potrai narrarlo: +che se Fortuna vieta sì bell'opra, +per fama almeno il mio buon cor si scuopra. — +Stupisce Cloridan, che tanto core, +tanto amor, tanta fede abbia un fanciullo: +e cerca assai, perché gli porta amore, +di fargli quel pensiero irrito e nullo; +ma non gli val, perch'un sì gran dolore +non riceve conforto né trastullo. +Medoro era disposto o di morire, +o ne la tomba il suo signor coprire. +Veduto che nol piega e che nol muove, +Cloridan gli risponde: — E verrò anch'io, +anch'io vuo' pormi a sì lodevol pruove, +anch'io famosa morte amo e disio. +Qual cosa sarà mai che più mi giove, +s'io resto senza te, Medoro mio? +Morir teco con l'arme è meglio molto, +che poi di duol, s'avvien che mi sii tolto. — +Così disposti, messero in quel loco +le successive guardie, e se ne vanno. +Lascian fosse e steccati, e dopo poco +tra' nostri son, che senza cura stanno. +Il campo dorme, e tutto è spento il fuoco, +perché dei Saracin poca tema hanno. +Tra l'arme e' carriaggi stan roversi, +nel vin, nel sonno insino agli occhi immersi. +Fermossi alquanto Cloridano, e disse: +— Non son mai da lasciar l'occasioni. +Di questo stuol che 'l mio signor trafisse, +non debbo far, Medoro, occisioni? +Tu, perché sopra alcun non ci venisse, +gli occhi e l'orecchi in ogni parte poni; +ch'io m'offerisco farti con la spada +tra gli nimici spaziosa strada. — +Così disse egli, e tosto il parlar tenne, +ed entrò dove il dotto Alfeo dormia, +che l'anno inanzi in corte a Carlo venne, +medico e mago e pien d'astrologia: +ma poco a questa volta gli sovenne; +anzi gli disse in tutto la bugia. +Predetto egli s'avea, che d'anni pieno +dovea morire alla sua moglie in seno: +ed or gli ha messo il cauto Saracino +la punta de la spada ne la gola. +Quattro altri uccide appresso all'indovino, +che non han tempo a dire una parola: +menzion dei nomi lor non fa Turpino, +e 'l lungo andar le lor notizie invola: +dopo essi Palidon da Moncalieri, +che sicuro dormia fra duo destrieri. +Poi se ne vien dove col capo giace +appoggiato al barile il miser Grillo: +avealo voto, e avea creduto in pace +godersi un sonno placido e tranquillo. +Troncògli il capo il Saracino audace: +esce col sangue il vin per uno spillo, +di che n'ha in corpo più d'una bigoncia; +e di ber sogna, e Cloridan lo sconcia. +E presso a Grillo, un Greco ed un Tedesco +spenge in dui colpi, Andropono e Conrado, +che de la notte avean goduto al fresco +gran parte, or con la tazza, ora col dado: +felici, se vegghiar sapeano a desco +fin che de l'Indo il sol passassi il guado. +Ma non potria negli uomini il destino, +se del futuro ognun fosse indovino. +Come impasto leone in stalla piena, +che lunga fame abbia smacrato e asciutto, +uccide, scanna, mangia, a strazio mena +l'infermo gregge in sua balìa condutto; +così il crudel pagan nel sonno svena +la nostra gente, e fa macel per tutto. +La spada di Medoro anco non ebe; +ma si sdegna ferir l'ignobil plebe. +Venuto era ove il duca di Labretto +con una dama sua dormia abbracciato; +e l'un con l'altro si tenea sì stretto, +che non saria tra lor l'aere entrato. +Medoro ad ambi taglia il capo netto. +Oh felice morire! oh dolce fato! +che come erano i corpi, ho così fede +ch'andar l'alme abbracciate alla lor sede. +Malindo uccise e Ardalico il fratello, +che del conte di Fiandra erano figli; +e l'uno e l'altro cavallier novello +fatto avea Carlo, e aggiunto all'arme i gigli, +perché il giorno amendui d'ostil macello +con gli stocchi tornar vide vermigli: +e terre in Frisa avea promesso loro, +e date avria; ma lo vietò Medoro. +Gl'insidiosi ferri eran vicini +ai padiglioni che tiraro in volta +al padiglion di Carlo i paladini, +facendo ognun la guardia la sua volta; +quando da l'empia strage i Saracini +trasson le spade, e diero a tempo volta; +ch'impossibil lor par, tra sì gran torma, +che non s'abbia a trovar un che non dorma. +E ben che possan gir di preda carchi, +salvin pur sé, che fanno assai guadagno. +Ove più creda aver sicuri i varchi +va Cloridano, e dietro ha il suo compagno. +Vengon nel campo, ove fra spade ed archi +e scudi e lance in un vermiglio stagno +giaccion poveri e ricchi, e re e vassalli, +e sozzopra con gli uomini i cavalli. +Quivi dei corpi l'orrida mistura, +che piena avea la gran campagna intorno, +potea far vaneggiar la fedel cura +dei duo compagni insino al far del giorno, +se non traea fuor d'una nube oscura, +a' prieghi di Medor, la Luna il corno. +Medoro in ciel divotamente fisse +verso la Luna gli occhi, e così disse: +— O santa dea, che dagli antiqui nostri +debitamente sei detta triforme; +ch'in cielo, in terra e ne l'inferno mostri +l'alta bellezza tua sotto più forme, +e ne le selve, di fere e di mostri +vai cacciatrice seguitando l'orme; +mostrami ove 'l mio re giaccia fra tanti, +che vivendo imitò tuoi studi santi. — +La luna a quel pregar la nube aperse +(o fosse caso o pur la tanta fede), +bella come fu allor ch'ella s'offerse, +e nuda in braccio a Endimion si diede. +Con Parigi a quel lume si scoperse +l'un campo e l'altro; e 'l monte e 'l pian si vede: +si videro i duo colli di lontano, +Martire a destra, e Lerì all'altra mano, +Rifulse lo splendor molto più chiaro +ove d'Almonte giacea morto il figlio. +Medoro andò, piangendo, al signor caro; +che conobbe il quartier bianco e vermiglio: +e tutto 'l viso gli bagnò d'amaro +pianto, che n'avea un rio sotto ogni ciglio, +in sì dolci atti, in sì dolci lamenti, +che potea ad ascoltar fermare i venti. +Ma con sommessa voce e a pena udita; +non che riguardi a non si far sentire, +perch'abbia alcun pensier de la sua vita, +più tosto l'odia, e ne vorrebbe uscire: +ma per timor che non gli sia impedita +l'opera pia che quivi il fe' venire. +Fu il morto re sugli omeri sospeso +di tramendui, tra lor partendo il peso. +Vanno affrettando i passi quanto ponno, +sotto l'amata soma che gl'ingombra. +E già venìa chi de la luce è donno +le stelle a tor del ciel, di terra l'ombra; +quando Zerbino, a cui del petto il sonno +l'alta virtude, ove è bisogno, sgombra, +cacciato avendo tutta notte i Mori, +al campo si traea nei primi albori. +E seco alquanti cavallieri avea, +che videro da lunge i dui compagni. +Ciascuno a quella parte si traea, +sperandovi trovar prede e guadagni. +— Frate, bisogna (Cloridan dicea) +gittar la soma, e dare opra ai calcagni; +che sarebbe pensier non troppo accorto, +perder duo vivi per salvar un morto. — +E gittò il carco, perché si pensava +che 'l suo Medoro il simil far dovesse: +ma quel meschin, che 'l suo signor più amava, +sopra le spalle sue tutto lo resse. +L'altro con molta fretta se n'andava, +come l'amico a paro o dietro avesse: +se sapea di lasciarlo a quella sorte, +mille aspettate avria, non ch'una morte. +Quei cavallier, con animo disposto +che questi a render s'abbino o a morire, +chi qua chi là si spargono, ed han tosto +preso ogni passo onde si possa uscire. +Da loro il capitan poco discosto, +più degli altri è sollicito a seguire; +ch'in tal guisa vedendoli temere, +certo è che sian de le nimiche schiere. +Era a quel tempo ivi una selva antica, +d'ombrose piante spessa e di virgulti, +che, come labirinto, entro s'intrica +di stretti calli e sol da bestie culti. +Speran d'averla i duo pagan sì amica, +ch'abbi a tenerli entro a' suoi rami occulti. +Ma chi del canto mio piglia diletto, +un'altra volta ad ascoltarlo aspetto. Alcun non può saper da chi sia amato, +quando felice in su la ruota siede: +però c'ha i veri e i finti amici a lato, +che mostran tutti una medesma fede. +Se poi si cangia in tristo il lieto stato, +volta la turba adulatrice il piede; +e quel che di cor ama riman forte, +ed ama il suo signor dopo la morte. +Se, come il viso, si mostrasse il core, +tal ne la corte è grande e gli altri preme, +e tal è in poca grazia al suo signore, +che la lor sorte muteriano insieme. +Questo umil diverria tosto il maggiore: +staria quel grande infra le turbe estreme. +Ma torniamo a Medor fedele e grato, +che 'n vita e in morte ha il suo signore amato. +Cercando già nel più intricato calle +il giovine infelice di salvarsi; +ma il grave peso ch'avea su le spalle, +gli facea uscir tutti i partiti scarsi. +Non conosce il paese, e la via falle, +e torna fra le spine a invilupparsi. +Lungi da lui tratto al sicuro s'era +l'altro, ch'avea la spalla più leggiera. +Cloridan s'è ridutto ove non sente +di chi segue lo strepito e il rumore: +ma quando da Medor si vede assente, +gli pare aver lasciato a dietro il core. +— Deh, come fui (dicea) sì negligente, +deh, come fui sì di me stesso fuore, +che senza te, Medor, qui mi ritrassi, +né sappia quando o dove io ti lasciassi! — +Così dicendo, ne la torta via +de l'intricata selva si ricaccia; +ed onde era venuto si ravvia, +e torna di sua morte in su la traccia. +Ode i cavalli e i gridi tuttavia, +e la nimica voce che minaccia: +all'ultimo ode il suo Medoro, e vede +che tra molti a cavallo è solo a piede. +Cento a cavallo, e gli son tutti intorno: +Zerbin commanda e grida che sia preso. +L'infelice s'aggira com'un torno, +e quanto può si tien da lor difeso, +or dietro quercia, or olmo, or faggio, or orno, +né si discosta mai dal caro peso. +L'ha riposato al fin su l'erba, quando +regger nol puote, e gli va intorno errando: +come orsa, che l'alpestre cacciatore +ne la pietrosa tana assalita abbia, +sta sopra i figli con incerto core, +e freme in suono di pietà e di rabbia: +ira la 'nvita e natural furore +a spiegar l'ugne e a insanguinar le labbia; +amor la 'ntenerisce, e la ritira +a riguardare ai figli in mezzo l'ira. +Cloridan, che non sa come l'aiuti, +e ch'esser vuole a morir seco ancora, +ma non ch'in morte prima il viver muti, +che via non truovi ove più d'un ne mora; +mette su l'arco un de' suoi strali acuti, +e nascoso con quel sì ben lavora, +che fora ad uno Scotto le cervella, +e senza vita il fa cader di sella. +Volgonsi tutti gli altri a quella banda +ond'era uscito il calamo omicida. +Intanto un altro il Saracin ne manda, +perché 'l secondo a lato al primo uccida; +che mentre in fretta a questo e a quel domanda +chi tirato abbia l'arco, e forte grida, +lo strale arriva e gli passa la gola, +e gli taglia pel mezzo la parola. +Or Zerbin, ch'era il capitano loro, +non poté a questo aver più pazienza. +Con ira e con furor venne a Medoro, +dicendo: — Ne farai tu penitenza. — +Stese la mano in quella chioma d'oro, +e strascinollo a sé con violenza: +ma come gli occhi a quel bel volto mise, +gli ne venne pietade, e non l'uccise. +Il giovinetto si rivolse a' prieghi, +e disse: — Cavallier, per lo tuo Dio, +non esser sì crudel, che tu mi nieghi +ch'io sepelisca il corpo del re mio. +Non vo' ch'altra pietà per me ti pieghi, +né pensi che di vita abbi disio: +ho tanta di mia vita, e non più, cura, +quanta ch'al mio signor dia sepultura. +E se pur pascer vòi fiere ed augelli, +che 'n te il furor sia del teban Creonte, +fa lor convito di miei membri, e quelli +sepelir lascia del figliuol d'Almonte. — +Così dicea Medor con modi belli, +e con parole atte a voltare un monte; +e sì commosso già Zerbino avea, +che d'amor tutto e di pietade ardea. +In questo mezzo un cavallier villano, +avendo al suo signor poco rispetto, +ferì con una lancia sopra mano +al supplicante il delicato petto. +Spiacque a Zerbin l'atto crudele e strano; +tanto più, che del colpo il giovinetto +vide cader sì sbigottito e smorto, +che 'n tutto giudicò che fosse morto. +E se ne sdegnò in guisa e se ne dolse, +che disse: — Invendicato già non fia! — +e pien di mal talento si rivolse +al cavallier che fe' l'impresa ria: +ma quel prese vantaggio, e se gli tolse +dinanzi in un momento, e fuggì via. +Cloridan, che Medor vede per terra, +salta del bosco a discoperta guerra. +E getta l'arco, e tutto pien di rabbia +tra gli nimici il ferro intorno gira, +più per morir, che per pensier ch'egli abbia +di far vendetta che pareggi l'ira. +Del proprio sangue rosseggiar la sabbia +fra tante spade, e al fin venir si mira; +e tolto che si sente ogni potere, +si lascia a canto al suo Medor cadere. +Seguon gli Scotti ove la guida loro +per l'alta selva alto disdegno mena, +poi che lasciato ha l'uno e l'altro Moro, +l'un morto in tutto, e l'altro vivo a pena. +Giacque gran pezzo il giovine Medoro, +spicciando il sangue da sì larga vena, +che di sua vita al fin saria venuto, +se non sopravenia chi gli diè aiuto. +Gli sopravenne a caso una donzella, +avolta in pastorale ed umil veste, +ma di real presenza e in viso bella, +d'alte maniere e accortamente oneste. +Tanto è ch'io non ne dissi più novella, +ch'a pena riconoscer la dovreste: +questa, se non sapete, Angelica era, +del gran Can del Catai la figlia altiera. +Poi che 'l suo annello Angelica riebbe, +di che Brunel l'avea tenuta priva, +in tanto fasto, in tanto orgoglio crebbe, +ch'esser parea di tutto 'l mondo schiva. +Se ne va sola, e non si degnerebbe +compagno aver qual più famoso viva: +si sdegna a rimembrar che già suo amante +abbia Orlando nomato, o Sacripante. +E sopra ogn'altro error via più pentita +era del ben che già a Rinaldo volse, +troppo parendole essersi avilita, +ch'a riguardar sì basso gli occhi volse. +Tant'arroganza avendo Amor sentita, +più lungamente comportar non volse: +dove giacea Medor, si pose al varco, +e l'aspettò, posto lo strale all'arco. +Quando Angelica vide il giovinetto +languir ferito, assai vicino a morte, +che del suo re che giacea senza tetto, +più che del proprio mal si dolea forte; +insolita pietade in mezzo al petto +si sentì entrar per disusate porte, +che le fe' il duro cor tenero e molle, +e più, quando il suo caso egli narrolle. +E rivocando alla memoria l'arte +ch'in India imparò già di chirugia +(che par che questo studio in quella parte +nobile e degno e di gran laude sia; +e senza molto rivoltar di carte, +che 'l patre ai figli ereditario il dia), +si dispose operar con succo d'erbe, +ch'a più matura vita lo riserbe. +E ricordossi che passando avea +veduta un'erba in una piaggia amena; +fosse dittamo, o fosse panacea, +o non so qual, di tal effetto piena, +che stagna il sangue, e de la piaga rea +leva ogni spasmo e perigliosa pena. +La trovò non lontana, e quella colta, +dove lasciato avea Medor, diè volta. +Nel ritornar s'incontra in un pastore +ch'a cavallo pel bosco ne veniva, +cercando una iuvenca, che già fuore +duo dì di mandra e senza guardia giva. +Seco lo trasse ove perdea il vigore +Medor col sangue che del petto usciva; +e già n'avea di tanto il terren tinto, +ch'era omai presso a rimanere estinto. +Del palafreno Angelica giù scese, +e scendere il pastor seco fece anche. +Pestò con sassi l'erba, indi la prese, +e succo ne cavò fra le man bianche; +ne la piaga n'infuse, e ne distese +e pel petto e pel ventre e fin a l'anche: +e fu di tal virtù questo liquore, +che stagnò il sangue, e gli tornò il vigore; +e gli diè forza, che poté salire +sopra il cavallo che 'l pastor condusse. +Non però volse indi Medor partire +prima ch'in terra il suo signor non fusse. +E Cloridan col re fe' sepelire; +e poi dove a lei piacque si ridusse. +Ed ella per pietà ne l'umil case +del cortese pastor seco rimase. +Né fin che nol tornasse in sanitade, +volea partir: così di lui fe' stima, +tanto se intenerì de la pietade +che n'ebbe, come in terra il vide prima. +Poi vistone i costumi e la beltade, +roder si sentì il cor d'ascosa lima; +roder si sentì il core, e a poco a poco +tutto infiammato d'amoroso fuoco. +Stava il pastore in assai buona e bella +stanza, nel bosco infra duo monti piatta, +con la moglie e coi figli; ed avea quella +tutta di nuovo e poco inanzi fatta. +Quivi a Medoro fu per la donzella +la piaga in breve a sanità ritratta: +ma in minor tempo si sentì maggiore +piaga di questa avere ella nel core. +Assai più larga piaga e più profonda +nel cor sentì da non veduto strale, +che da' begli occhi e da la testa bionda +di Medoro aventò l'Arcier c'ha l'ale. +Arder si sente, e sempre il fuoco abonda; +e più cura l'altrui che 'l proprio male: +di sé non cura, e non è ad altro intenta, +ch'a risanar chi lei fere e tormenta. +La sua piaga più s'apre e più incrudisce, +quanto più l'altra si ristringe e salda. +Il giovine si sana: ella languisce +di nuova febbre, or agghiacciata, or calda. +Di giorno in giorno in lui beltà fiorisce: +la misera si strugge, come falda +strugger di nieve intempestiva suole, +ch'in loco aprico abbia scoperta il sole. +Se di disio non vuol morir, bisogna +che senza indugio ella se stessa aiti: +e ben le par che di quel ch'essa agogna, +non sia tempo aspettar ch'altri la 'nviti. +Dunque, rotto ogni freno di vergogna, +la lingua ebbe non men che gli occhi arditi: +e di quel colpo domandò mercede, +che, forse non sapendo, esso le diede. +O conte Orlando, o re di Circassia, +vostra inclita virtù, dite, che giova? +Vostro alto onor dite in che prezzo sia, +o che mercé vostro servir ritruova. +Mostratemi una sola cortesia +che mai costei v'usasse, o vecchia o nuova, +per ricompensa e guidardone e merto +di quanto avete già per lei sofferto. +Oh se potessi ritornar mai vivo, +quanto ti parria duro, o re Agricane! +che già mostrò costei sì averti a schivo +con repulse crudeli ed inumane. +O Ferraù, o mille altri ch'io non scrivo, +ch'avete fatto mille pruove vane +per questa ingrata, quanto aspro vi fôra, +s'a costu' in braccio voi la vedesse ora! +Angelica a Medor la prima rosa +coglier lasciò, non ancor tocca inante: +né persona fu mai sì aventurosa, +ch'in quel giardin potesse por le piante. +Per adombrar, per onestar la cosa, +si celebrò con cerimonie sante +il matrimonio, ch'auspice ebbe Amore, +e pronuba la moglie del pastore. +Fersi le nozze sotto all'umil tetto +le più solenni che vi potean farsi; +e più d'un mese poi stero a diletto +i duo tranquilli amanti a ricrearsi. +Più lunge non vedea del giovinetto +la donna, né di lui potea saziarsi; +né, per mai sempre pendergli dal collo, +il suo disir sentia di lui satollo. +Se stava all'ombra o se del tetto usciva, +avea dì e notte il bel giovine a lato: +matino e sera or questa or quella riva +cercando andava, o qualche verde prato: +nel mezzo giorno un antro li copriva, +forse non men di quel commodo e grato, +ch'ebber, fuggendo l'acque, Enea e Dido, +de' lor secreti testimonio fido. +Fra piacer tanti, ovunque un arbor dritto +vedesse ombrare o fonte o rivo puro, +v'avea spillo o coltel subito fitto; +così, se v'era alcun sasso men duro: +ed era fuori in mille luoghi scritto, +e così in casa in altritanti il muro, +Angelica e Medoro, in vari modi +legati insieme di diversi nodi. +Poi che le parve aver fatto soggiorno +quivi più ch'a bastanza, fe' disegno +di fare in India del Catai ritorno, +e Medor coronar del suo bel regno. +Portava al braccio un cerchio d'oro, adorno +di ricche gemme, in testimonio e segno +del ben che 'l conte Orlando le volea; +e portato gran tempo ve l'avea. +Quel donò già Morgana a Ziliante, +nel tempo che nel lago ascoso il tenne; +ed esso, poi ch'al padre Monodante, +per opra e per virtù d'Orlando venne, +lo diede a Orlando: Orlando ch'era amante, +di porsi al braccio il cerchio d'or sostenne, +avendo disegnato di donarlo +alla regina sua di ch'io vi parlo. +Non per amor del paladino, quanto +perch'era ricco e d'artificio egregio, +caro avuto l'avea la donna tanto, +che più non si può aver cosa di pregio. +Se lo serbò ne l'Isola del pianto, +non so già dirvi con che privilegio, +là dove esposta al marin mostro nuda +fu da la gente inospitale e cruda. +Quivi non si trovando altra mercede +ch'al buon pastor ed alla moglie dessi, +che serviti gli avea con sì gran fede +dal dì che nel suo albergo si fur messi, +levò dal braccio il cerchio e gli lo diede, +e volse per suo amor che lo tenessi. +Indi saliron verso la montagna +che divide la Francia da la Spagna. +Dentro a Valenza o dentro a Barcellona +per qualche giorno avea pensato porsi, +fin che accadesse alcuna nave buona +che per Levante apparecchiasse a sciorsi. +Videro il mar scoprir sotto a Girona +ne lo smontar giù dei montani dorsi; +e costeggiando a man sinistra il lito, +a Barcellona andar pel camin trito. +Ma non vi giunser prima, ch'un uom pazzo +giacer trovato in su l'estreme arene, +che, come porco, di loto e di guazzo +tutto era brutto e volto e petto e schene. +Costui si scagliò lor come cagnazzo +ch'assalir forestier subito viene; +e diè lor noia, e fu per far lor scorno. +Ma di Marfisa a ricontarvi torno. +Di Marfisa, d'Astolfo, d'Aquilante, +di Grifone e degli altri io vi vuo' dire, +che travagliati, e con la morte inante, +mal si poteano incontra il mar schermire: +che sempre più superba e più arrogante +crescea fortuna le minacce e l'ire; +e già durato era tre dì lo sdegno, +né di placarsi ancor mostrava segno. +Castello e ballador spezza e fracassa +l'onda nimica e 'l vento ognor più fiero: +se parte ritta il verno pur ne lassa, +la taglia e dona al mar tutta il nocchiero. +Chi sta col capo chino in una cassa +su la carta appuntando il suo sentiero +a lume di lanterna piccolina, +e chi col torchio giù ne la sentina. +Un sotto poppe, un altro sotto prora +si tiene inanzi l'oriuol da polve: +e torna a rivedere ogni mezz'ora +quanto è già corso, ed a che via si volve: +indi ciascun con la sua carta fuora +a mezza nave il suo parer risolve, +là dove a un tempo i marinari tutti +sono a consiglio dal padron ridutti. +Chi dice: — Sopra Linmissò venuti +siamo, per quel ch'io trovo, alle seccagne; — +chi: — Di Tripoli appresso i sassi acuti, +dove il mar le più volte i legni fragne; — +chi dice: — Siamo in Satalia perduti, +per cui più d'un nocchier sospira e piagne. — +Ciascun secondo il parer suo argomenta, +ma tutti ugual timor preme e sgomenta. +Il terzo giorno con maggior dispetto +gli assale il vento, e il mar più irato freme; +e l'un ne spezza e portane il trinchetto, +e 'l timon l'altro, e chi lo volge insieme. +Ben è di forte e di marmoreo petto +e più duro ch'acciar, ch'ora non teme. +Marfisa, che già fu tanto sicura, +non negò che quel giorno ebbe paura. +Al monte Sinaì fu peregrino, +a Gallizia promesso, a Cipro, a Roma, +al Sepolcro, alla Vergine d'Ettino, +e se celebre luogo altro si noma. +Sul mare intanto, e spesso al ciel vicino +l'afflitto e conquassato legno toma, +di cui per men travaglio avea il padrone +fatto l'arbor tagliar de l'artimone. +E colli e casse e ciò che v'è di grave +gitta da prora e da poppe e da sponde; +e fa tutte sgombrar camere e giave, +e dar le ricche merci all'avide onde. +Altri attende alle trombe, e a tor di nave +l'acque importune, e il mar nel mar rifonde; +soccorre altri in sentina, ovunque appare +legno da legno aver sdrucito il mare. +Stero in questo travaglio, in questa pena +ben quattro giorni, e non avean più schermo; +e n'avria avuto il mar vittoria piena, +poco più che 'l furor tenesse fermo: +ma diede speme lor d'aria serena +la disiata luce di santo Ermo, +ch'in prua s'una cocchina a por si venne; +che più non v'erano arbori né antenne. +Veduto fiammeggiar la bella face, +s'inginocchiaro tutti i naviganti, +e domandaro il mar tranquillo e pace +con umidi occhi e con voci tremanti. +La tempesta crudel, che pertinace +fu sin allora, non andò più inanti: +Maestro e Traversia più non molesta, +e sol del mar tiràn Libecchio resta. +Questo resta sul mar tanto possente, +e da la negra bocca in modo esala, +ed è con lui sì il rapido corrente +de l'agitato mar ch'in fretta cala, +che porta il legno più velocemente, +che pelegrin falcon mai facesse ala, +con timor del nocchier ch'al fin del mondo +non lo trasporti, o rompa, o cacci al fondo. +Rimedio a questo il buon nocchier ritruova, +che commanda gittar per poppa spere, +e caluma la gomona, e fa pruova +di duo terzi del corso ritenere. +Questo consiglio, e più l'augurio giova +di chi avea acceso in proda le lumiere: +questo il legno salvò che peria forse, +e fe' ch'in alto mar sicuro corse. +Nel golfo di Laiazzo invêr Soria +sopra una gran città si trovò sorto, +e sì vicino al lito, che scopria +l'uno e l'altro castel che serra il porto. +Come il padron s'accorse de la via +che fatto avea, ritornò in viso smorto; +che né porto pigliar quivi volea, +né stare in alto, né fuggir potea. +Né potea stare in alto, né fuggire, +che gli arbori e l'antenne avea perdute: +eran tavole e travi pel ferire +del mar, sdrucite, macere e sbattute. +E 'l pigliar porto era un voler morire, +o perpetuo legarsi in servitute; +che riman serva ogni persona, o morta, +che quivi errore o ria fortuna porta. +E 'l stare in dubbio era con gran periglio +che non salisser genti de la terra +con legni armati, e al suo desson di piglio, +mal atto a star sul mar, non ch'a far guerra. +Mentre il padron non sa pigliar consiglio, +fu domandato da quel d'Inghilterra, +chi gli tenea sì l'animo suspeso, +e perché già non avea il porto preso. +Il padron narrò lui che quella riva +tutta tenean le femine omicide, +di quai l'antiqua legge ognun ch'arriva +in perpetuo tien servo, o che l'uccide; +e questa sorte solamente schiva +chi nel campo dieci uomini conquide, +e poi la notte può assaggiar nel letto +diece donzelle con carnal diletto. +E se la prima pruova gli vien fatta, +e non fornisca la seconda poi, +egli vien morto, e chi è con lui si tratta +da zappatore o da guardian di buoi. +Se di far l'uno e l'altro è persona atta, +impetra libertade a tutti i suoi; +a sé non già, c'ha da restar marito +di diece donne, elette a suo appetito. +Non poté udire Astolfo senza risa +de la vicina terra il rito strano. +Sopravien Sansonetto, e poi Marfisa, +indi Aquilante, e seco il suo germano. +Il padron parimente lor divisa +la causa che dal porto il tien lontano: +— Voglio (dicea) che inanzi il mar m'affoghi, +ch'io senta mai di servitude i gioghi. — +Del parer del padrone i marinari +e tutti gli altri naviganti furo; +ma Marfisa e' compagni eran contrari, +che, più che l'acque, il lito avean sicuro. +Via più il vedersi intorno irati i mari, +che centomila spade, era lor duro. +Parea lor questo e ciascun altro loco +dov'arme usar potean, da temer poco. +Bramavano i guerrier venire a proda, +ma con maggior baldanza il duca inglese; +che sa, come del corno il rumor s'oda, +sgombrar d'intorno si farà il paese. +Pigliare il porto l'una parte loda, +e l'altra il biasma, e sono alle contese; +ma la più forte in guisa il padron stringe, +ch'al porto, suo malgrado, il legno spinge. +Già, quando prima s'erano alla vista +de la città crudel sul mar scoperti, +veduto aveano una galea provista +di molta ciurma e di nochieri esperti +venire al dritto a ritrovar la trista +nave, confusa di consigli incerti; +che, l'alta prora alle sua poppe basse +legando, fuor de l'empio mar la trasse. +Entrar nel porto remorchiando, e a forza +di remi più che per favor di vele; +però che l'alternar di poggia e d'orza +avea levato il vento lor crudele. +Intanto ripigliar la dura scorza +i cavallieri e il brando lor fedele; +ed al padrone ed a ciascun che teme +non cessan dar con lor conforti speme. +Fatto è 'l porto a sembianza d'una luna, +e gira più di quattro miglia intorno: +seicento passi è in bocca, ed in ciascuna +parte una rocca ha nel finir del corno. +Non teme alcuno assalto di fortuna, +se non quando gli vien dal mezzogiorno. +A guisa di teatro se gli stende +la città a cerco, e verso il poggio ascende. +Non fu quivi sì tosto il legno sorto +(già l'aviso era per tutta la terra), +che fur seimila femine sul porto, +con gli archi in mano, in abito di guerra; +e per tor de la fuga ogni conforto, +tra l'una rocca e l'altra il mar si serra: +da navi e da catene fu rinchiuso, +che tenean sempre istrutte a cotal uso. +Una che d'anni alla Cumea d'Apollo +poté uguagliarsi e alla madre d'Ettorre, +fe' chiamare il padrone, e domandollo +se si volean lasciar la vita torre, +o se voleano pur al giogo il collo, +secondo la costuma, sottoporre. +Degli dua l'uno aveano a torre: o quivi +tutti morire, o rimaner captivi. +— Gli è ver (dicea) che s'uom si ritrovasse +tra voi così animoso e così forte, +che contra dieci nostri uomini osasse +prender battaglia, e desse lor la morte, +e far con diece femine bastasse +per una notte ufficio di consorte; +egli si rimarria principe nostro, +e gir voi ne potreste al camin vostro. +E sarà in vostro arbitrio il restar anco, +vogliate o tutti o parte; ma con patto, +che chi vorrà restare, e restar franco, +marito sia per diece femine atto. +Ma quando il guerrier vostro possa manco +dei dieci che gli fian nimici a un tratto, +o la seconda pruova non fornisca, +vogliàn voi siate schiavi, egli perisca. — +Dove la vecchia ritrovar timore +credea nei cavallier, trovò baldanza; +che ciascun si tenea tal feritore, +che fornir l'uno e l'altro avea speranza: +ed a Marfisa non mancava il core, +ben che mal atta alla seconda danza; +ma dove non l'aitasse la natura, +con la spada supplir stava sicura. +Al padron fu commessa la risposta, +prima conchiusa per commun consiglio: +ch'avean chi lor potria di sé a lor posta +ne la piazza e nel letto far periglio. +Levan l'offese, ed il nocchier s'accosta, +getta la fune e le fa dar di piglio; +e fa acconciare il ponte, onde i guerrieri +escono armati, e tranno i lor destrieri. +E quindi van per mezzo la cittade, +e vi ritruovan le donzelle altiere, +succinte cavalcar per le contrade, +ed in piazza armeggiar come guerriere. +Né calciar quivi spron, né cinger spade, +né cosa d'arme puoi gli uomini avere, +se non dieci alla volta, per rispetto +de l'antiqua costuma ch'io v'ho detto. +Tutti gli altri alla spola, all'aco, al fuso, +al pettine ed all'aspo sono intenti, +con vesti feminil che vanno giuso +insin al piè, che gli fa molli e lenti. +Si tengono in catena alcuni ad uso +d'arar la terra o di guardar gli armenti. +Son pochi i maschi, e non son ben, per mille +femine, cento, fra cittadi e ville. +Volendo tôrre i cavallieri a sorte +chi di lor debba, per commune scampo +l'una decina in piazza porre a morte, +e poi l'altra ferir ne l'altro campo; +non disegnavan di Marfisa forte, +stimando che trovar dovesse inciampo +ne la seconda giostra de la sera, +ch'ad averne vittoria abil non era. +Ma con gli altri esser volse ella sortita: +or sopra lei la sorte in somma cade. +Ella dicea: — Prima v'ho a por la vita, +che v'abbiate a por voi la libertade; +ma questa spada (e lor la spada addita, +che cinta avea) vi do per securtade +ch'io vi sciorrò tutti gl'intrichi al modo +che fe' Alessandro il gordiano nodo. +Non vuo' mai più che forestier si lagni +di questa terra, fin che 'l mondo dura. — +Così disse; e non potero i compagni +torle quel che le dava sua aventura. +Dunque, o ch'in tutto perda, o lor guadagni +la libertà, le lasciano la cura. +Ella di piastre già guernita e maglia, +s'appresentò nel campo alla battaglia. +Gira una piazza al sommo de la terra, +di gradi a seder atti intorno chiusa; +che solamente a giostre, a simil guerra, +a cacce, a lotte, e non ad altro s'usa: +quattro porte ha di bronzo, onde si serra. +Quivi la moltitudine confusa +de l'armigere femine si trasse; +e poi fu detto a Marfisa ch'entrasse. +Entrò Marfisa s'un destrier leardo, +tutto sparso di macchie e di rotelle, +di piccol capo e d'animoso sguardo, +d'andar superbo e di fattezze belle. +Pel maggiore e più vago e più gagliardo, +di mille che n'avea con briglie e selle, +scelse in Damasco, e realmente ornollo, +ed a Marfisa Norandin donollo. +Da mezzogiorno e da la porta d'austro +entrò Marfisa; e non vi stette guari, +ch'appropinquare e risonar pel claustro +udì di trombe acuti suoni e chiari: +e vide poi di verso il freddo plaustro +entrar nel campo i dieci suoi contrari. +Il primo cavallier ch'apparve inante, +di valer tutto il resto avea sembiante. +Quel venne in piazza sopra un gran destriero, +che, fuor ch'in fronte e nel piè dietro manco, +era, più che mai corbo, oscuro e nero: +nel piè e nel capo avea alcun pelo bianco. +Del color del cavallo il cavalliero +vestito, volea dir che, come manco +del chiaro era l'oscuro, era altretanto +il riso in lui verso l'oscuro pianto. +Dato che fu de la battaglia il segno, +nove guerrier l'aste chinaro a un tratto: +ma quel dal nero ebbe il vantaggio a sdegno; +si ritirò, né di giostrar fece atto. +Vuol ch'alle leggi inanzi di quel regno, +ch'alla sua cortesia, sia contrafatto. +Si tra' da parte e sta a veder le pruove +ch'una sola asta farà contra a nove. +Il destrier, ch'avea andar trito e soave, +portò all'incontro la donzella in fretta, +che nel corso arrestò lancia sì grave, +che quattro uomini avriano a pena retta. +L'avea pur dianzi al dismontar di nave +per la più salda in molte antenne eletta. +Il fier sembiante con ch'ella si mosse, +mille facce imbiancò, mille cor scosse. +Aperse al primo che trovò sì il petto, +che fôra assai che fosse stato nudo: +gli passò la corazza e il soprapetto, +ma prima un ben ferrato e grosso scudo. +Dietro le spalle un braccio il ferro netto +si vide uscir: tanto fu il colpo crudo. +Quel fitto ne la lancia a dietro lassa, +e sopra gli altri a tutta briglia passa. +E diede d'urto a chi venìa secondo, +ed a chi terzo sì terribil botta, +che rotto ne la schiena uscir del mondo +fe' l'uno e l'altro, e de la sella a un'otta; +sì duro fu l'incontro e di tal pondo, +sì stretta insieme ne venìa la frotta. +Ho veduto bombarde a quella guisa +le squadre aprir, che fe' lo stuol Marfisa. +Sopra di lei più lance rotte furo; +ma tanto a quelli colpi ella si mosse, +quanto nel giuoco de le cacce un muro +si muova a' colpi de le palle grosse. +L'usbergo suo di tempra era sì duro, +che non gli potean contra le percosse; +e per incanto al fuoco de l'Inferno +cotto, e temprato all'acque fu d'Averno. +Al fin del campo il destrier tenne e volse, +e fermò alquanto: e in fretta poi lo spinse +incontra gli altri, e sbarragliolli e sciolse, +e di lor sangue insin all'elsa tinse. +All'uno il capo, all'altro il braccio tolse; +e un altro in guisa con la spada cinse, +che 'l petto in terra andò col capo ed ambe +le braccia, e in sella il ventre era e le gambe. +Lo partì, dico, per dritta misura, +de le coste e de l'anche alle confine, +e lo fe' rimaner mezza figura, +qual dinanzi all'imagini divine, +poste d'argento, e più di cera pura +son da genti lontane e da vicine, +ch'a ringraziarle e sciorre il voto vanno +de le domande pie ch'ottenute hanno. +Ad uno che fuggia, dietro si mise, +né fu a mezzo la piazza, che lo giunse; +e 'l capo e 'l collo in modo gli divise, +che medico mai più non lo raggiunse. +In somma tutti un dopo l'altro uccise, +o ferì sì ch'ogni vigor n'emunse; +e fu sicura che levar di terra +mai più non si potrian per farle guerra. +Stato era il cavallier sempre in un canto, +che la decina in piazza avea condutta; +però che contra un solo andar con tanto +vantaggio opra gli parve iniqua e brutta. +Or che per una man torsi da canto +vide sì tosto la compagna tutta, +per dimostrar che la tardanza fosse +cortesia stata e non timor, si mosse. +Con man fe' cenno di volere, inanti +che facesse altro, alcuna cosa dire; +e non pensando in sì viril sembianti +che s'avesse una vergine a coprire, +le disse; — Cavalliero, omai di tanti +esser déi stanco, c'hai fatto morire; +e s'io volessi, più di quel che sei, +stancarti ancor, discortesia farei. +Che ti risposi in sino al giorno nuovo, +e doman torni in campo, ti concedo. +Non mi fia onor se teco oggi mi pruovo, +che travagliato e lasso esser ti credo. — +— Il travagliare in arme non m'è nuovo, +né per sì poco alla fatica cedo +(disse Marfisa); e spero ch'a tuo costo +io ti farò di questo aveder tosto. +De la cortese offerta ti ringrazio, +ma riposare ancor non mi bisogna; +e ci avanza del giorno tanto spazio, +ch'a porlo tutto in ozio è pur vergogna. — +Rispose il cavallier: — Fuss'io sì sazio +d'ogn'altra cosa che 'l mio core agogna, +come t'ho in questo da saziar; ma vedi +che non ti manchi il dì più che non credi. — +Così disse egli, e fe' portare in fretta +due grosse lance, anzi due gravi antenne; +ed a Marfisa dar ne fe' l'eletta: +tolse l'altra per sé, ch'indietro venne. +Già sono in punto, ed altro non s'aspetta +ch'un alto suon che lor la giostra accenne. +Ecco la terra e l'aria e il mar rimbomba +nel mover loro al primo suon di tromba. +Trar fiato, bocca aprir, o battere occhi +non si vedea de' riguardanti alcuno: +tanto a mirare a chi la palma tocchi +dei duo campioni, intento era ciascuno. +Marfisa, acciò che de l'arcion trabocchi, +sì che mai non si levi, il guerrier bruno, +drizza la lancia; e il guerrier bruno forte +studia non men di por Marfisa a morte. +Le lance ambe di secco e suttil salce, +non di cerro sembrar grosso ed acerbo, +così n'andaro in tronchi fin al calce; +e l'incontro ai destrier fu sì superbo, +che parimente parve da una falce +de le gambe esser lor tronco ogni nerbo. +Cadero ambi ugualmente; ma i campioni +fur presti a disbrigarsi dagli arcioni. +A mille cavallieri alla sua vita +al primo incontro avea la sella tolta +Marfisa, ed ella mai non n'era uscita; +e n'uscì, come udite, a questa volta. +Del caso strano non pur sbigottita, +ma quasi fu per rimanerne stolta. +Parve anco strano al cavallier dal nero, +che non solea cader già di leggiero. +Tocca avean nel cader la terra a pena, +che furo in piedi e rinovar l'assalto. +Tagli e punte a furor quivi si mena, +quivi ripara or scudo, or lama, or salto. +Vada la botta vota o vada piena, +l'aria ne stride e ne risuona in alto. +Quelli elmi, quelli usberghi, quelli scudi +mostrar ch'erano saldi più ch'incudi. +Se de l'aspra donzella il braccio è grave, +né quel del cavallier nimico è lieve. +Ben la misura ugual l'un da l'altro have: +quanto a punto l'un dà, tanto riceve. +Chi vol due fiere audaci anime brave, +cercar più là di queste due non deve, +né cercar più destrezza né più possa; +che n'han tra lor quanto più aver si possa. +Le donne, che gran pezzo mirato hanno +continuar tante percosse orrende, +e che nei cavallier segno d'affanno +e di stanchezza ancor non si comprende; +dei duo miglior guerrier lode lor danno, +che sien tra quanto il mar sua braccia estende. +Par lor che, se non fosser più che forti, +esser dovrian sol del travaglio morti. +Ragionando tra sé, dicea Marfisa: +— Buon fu per me, che costui non si mosse; +ch'andava a risco di restarne uccisa, +se dianzi stato coi compagni fosse, +quando io mi truovo a pena a questa guisa +di potergli star contra alle percosse. — +Così dice Marfisa; e tuttavolta +non resta di menar la spada in volta. +— Buon fu per me (dicea quell'altro ancora), +che riposar costui non ho lasciato. +Difender me ne posso a fatica ora +che de la prima pugna è travagliato. +Se fin al nuovo dì facea dimora +a ripigliar vigor, che saria stato? +Ventura ebbi io, quanto più possa aversi, +che non volesse tor quel ch'io gli offersi. — +La battaglia durò fin alla sera, +né chi avesse anco il meglio era palese; +né l'un né l'altro più senza lumiera +saputo avria come schivar l'offese. +Giunta la notte, all'inclita guerriera +fu primo a dir il cavallier cortese: +— Che faren, poi che con ugual fortuna +n'ha sopragiunti la notte importuna? +Meglio mi par che 'l viver tuo prolunghi +almeno insino a tanto che s'aggiorni. +Io non posso concederti che aggiunghi +fuor ch'una notte picciola ai tua giorni. +E di ciò che non gli abbi aver più lunghi, +la colpa sopra me non vuo' che torni: +torni pur sopra alla spietata legge +del sesso feminil che 'l loco regge. +Se di te duolmi e di quest'altri tuoi, +lo sa colui che nulla cosa ha oscura. +Con tuoi compagni star meco tu puoi: +con altri non avrai stanza sicura; +perché la turba, a cu' i mariti suoi +oggi uccisi hai, già contra te congiura. +Ciascun di questi a cui dato hai la morte, +era di diece femine consorte. +Del danno c'han da te ricevut'oggi, +disian novanta femine vendetta: +sì che se meco ad albergar non poggi, +questa notte assalito esser t'aspetta. — +Disse Marfisa: — Accetto che m'alloggi, +con sicurtà che non sia men perfetta +in te la fede e la bontà del core, +che sia l'ardire e il corporal valore. +Ma che t'incresca che m'abbi ad uccidere, +ben ti può increscere anco del contrario. +Fin qui non credo che l'abbi da ridere, +perch'io sia men di te duro avversario. +O la pugna seguir vogli o dividere, +o farla all'uno o all'altro luminario, +ad ogni cenno pronta tu m'avrai, +e come ed ogni volta che vorrai. — +Così fu differita la tenzone +fin che di Gange uscisse il nuovo albore, +e si restò senza conclusione +chi d'essi duo guerrier fosse il migliore. +Ad Aquilante venne ed a Grifone +e così agli altri il liberal signore, +e li pregò che fin al nuovo giorno +piacesse lor di far seco soggiorno. +Tenner lo 'nvito senza alcun sospetto: +indi, a splendor de bianchi torchi ardenti, +tutti saliro ov'era un real tetto, +distinto in molti adorni alloggiamenti. +Stupefatti al levarsi de l'elmetto, +mirandosi, restaro i combattenti; +che 'l cavallier, per quanto apparea fuora, +non eccedeva i diciotto anni ancora. +Si maraviglia la donzella, come +in arme tanto un giovinetto vaglia; +si maraviglia l'altro, ch'alle chiome +s'avede con chi avea fatto battaglia: +e si domandan l'un con l'altro il nome, +e tal debito tosto si ragguaglia. +Ma come si nomasse il giovinetto, +ne l'altro canto ad ascoltar v'aspetto. Le donne antique hanno mirabil cose +fatto ne l'arme e ne le sacre muse; +e di lor opre belle e gloriose +gran lume in tutto il mondo si diffuse. +Arpalice e Camilla son famose, +perché in battaglia erano esperte ed use; +Safo e Corinna, perché furon dotte, +splendono illustri, e mai non veggon notte. +Le donne son venute in eccellenza +Di ciascun'arte ove hanno posto cura; +e qualunque all'istorie abbia avvertenza, +ne sente ancor la fama non oscura. +Se 'l mondo n'è gran tempo stato senza, +non però sempre il mal influsso dura; +e forse ascosi han lor debiti onori +l'invidia o il non saper degli scrittori. +Ben mi par di veder ch'al secol nostro +tanta virtù fra belle donne emerga, +che può dare opra a carte ed ad inchiostro, +perché nei futuri anni si disperga, +e perché, odiose lingue, il mal dir vostro +con vostra eterna infamia si sommerga: +e le lor lode appariranno in guisa, +che di gran lunga avanzeran Marfisa. +Or pur tornando a lei, questa donzella +al cavallier che l'usò cortesia, +de l'esser suo non niega dar novella, +quando esso a lei voglia contar chi sia. +Sbrigossi tosto del suo debito ella: +tanto il nome di lui saper disia. +— Io son (disse) Marfisa: — e fu assai questo; +che si sapea per tutto 'l mondo il resto. +L'altro comincia, poi che tocca a lui, +con più proemio a darle di sé conto, +dicendo: — Io credo che ciascun di vui +abbia de la mia stirpe il nome in pronto; +che non pur Francia e Spagna e i vicin sui, +ma l'India, l'Etiopia e il freddo Ponto +han chiara cognizion di Chiaramonte, +onde uscì il cavallier ch'uccise Almonte, +quel ch'a Chiariello e al re Mambrino +diede la morte, e il regno lor disfece. +Di questo sangue, dove ne l'Eusino +l'Istro ne vien con otto corna o diece, +al duca Amone, il qual già peregrino +vi capitò, la madre mia mi fece: +e l'anno è ormai ch'io la lasciai dolente, +per gire in Francia a ritrovar mia gente. +Ma non potei finire il mio viaggio, +che qua mi spinse un tempestoso Noto. +Son dieci mesi o più che stanza v'aggio, +che tutti i giorni e tutte l'ore noto. +Nominato son io Guidon Selvaggio, +di poca pruova ancora e poco noto. +Uccisi qui Argilon da Melibea +con dieci cavallier che seco avea. +Feci la pruova ancor de le donzelle: +così n'ho diece a' miei piaceri allato; +ed alla scelta mia son le più belle, +e son le più gentil di questo stato. +E queste reggo e tutte l'altre; ch'elle +di sé m'hanno governo e scettro dato: +così daranno a qualunque altro arrida +Fortuna sì, che la decina ancida. — +I cavallier domandano a Guidone, +com'ha sì pochi maschi il tenitoro; +e s'alle moglie hanno suggezione, +come esse l'han negli altri lochi a loro. +Disse Guidon: — Più volte la cagione +udita n'ho da poi che qui dimoro; +e vi sarà, secondo ch'io l'ho udita, +da me, poi che v'aggrada, riferita. +Al tempo che tornar dopo anni venti +da Troia i Greci (che durò l'assedio +dieci, e dieci altri da contrari venti +furo agitati in mar con troppo tedio), +trovar che le lor donne agli tormenti +di tanta assenza avean preso rimedio: +tutte s'avean gioveni amanti eletti, +per non si raffreddar sole nei letti. +Le case lor trovaro i Greci piene +de l'altrui figli; e per parer commune +perdonano alle mogli, che san bene +che tanto non potean viver digiune: +ma ai figli degli adulteri conviene +altrove procacciarsi altre fortune; +che tolerar non vogliono i mariti +che più alle spese lor sieno notriti. +Sono altri esposti, altri tenuti occulti +da le lor madri e sostenuti in vita. +In vane squadre quei ch'erano adulti +feron, chi qua chi là, tutti partita. +Per altri l'arme son, per altri culti +gli studi e l'arti; altri la terra trita; +serve altri in corte; altri è guardian di gregge, +come piace a colei che qua giù regge. +Partì fra gli altri un giovinetto, figlio +di Clitemnestra, la crudel regina, +di diciotto anni, fresco come un giglio, +o rosa colta allor di su la spina. +Questi, armato un suo legno, a dar di piglio +si pose e a depredar per la marina +in compagnia di cento giovinetti +del tempo suo, per tutta Grecia eletti. +I Cretesi, in quel tempo che cacciato +il crudo Idomeneo del regno aveano, +e per assicurarsi il nuovo stato, +d'uomini e d'arme adunazion faceano; +fero con bon stipendio lor soldato +Falanto (così al giovine diceano), +e lui con tutti quei che seco avea, +poser per guardia alla città Dictea. +Fra cento alme città ch'erano in Creta, +Dictea più ricca e più piacevol era, +di belle donne ed amorose lieta, +lieta di giochi da matino a sera: +e com'era ogni tempo consueta +d'accarezzar la gente forestiera, +fe' a costor sì, che molto non rimase +a fargli anco signor de le lor case. +Eran gioveni tutti e belli affatto +(che 'l fior di Grecia avea Falanto eletto): +sì ch'alle belle donne, al primo tratto +che v'apparir, trassero i cor del petto. +Poi che non men che belli, ancora in fatto +si dimostrar buoni e gagliardi al letto, +si fero ad esse in pochi dì sì grati, +che sopra ogn'altro ben n'erano amati. +Finita che d'accordo è poi la guerra +per cui stato Falanto era condutto, +e lo stipendio militar si serra, +sì che non v'hanno i gioveni più frutto, +e per questo lasciar voglion la terra; +fan le donne di Creta maggior lutto, +e per ciò versan più dirotti pianti, +che se i lor padri avesson morti avanti. +Da le lor donne i gioveni assai foro, +ciascun per sé, di rimaner pregati: +né volendo restare, esse con loro +n'andar, lasciando e padri e figli e frati, +di ricche gemme e di gran summa d'oro +avendo i lor dimestici spogliati; +che la pratica fu tanto secreta, +che non sentì la fuga uomo di Creta. +Sì fu propizio il vento, sì fu l'ora +commoda, che Falanto a fuggir colse, +che molte miglia erano usciti fuora, +quando del danno suo Creta si dolse. +Poi questa spiaggia, inabitata allora, +trascorsi per fortuna li raccolse. +Qui si posaro, e qui sicuri tutti +meglio del furto lor videro i frutti. +Questa lor fu per dieci giorni stanza +di piaceri amorosi tutta piena. +Ma come spesso avvien, che l'abondanza +seco in cor giovenil fastidio mena, +tutti d'accordo fur di restar sanza +femine, e liberarsi di tal pena; +che non è soma da portar sì grave, +come aver donna, quando a noia s'have. +Essi che di guadagno e di rapine +eran bramosi, e di dispendio parchi, +vider ch'a pascer tante concubine, +d'altro che d'aste avean bisogno e d'archi: +sì che sole lasciar qui le meschine, +e se n'andar di lor ricchezze carchi +là dove in Puglia in ripa al mar poi sento +ch'edificar la terra di Tarento. +Le donne, che si videro tradite +dai loro amanti in che più fede aveano, +restar per alcun dì sì sbigottite, +che statue immote in lito al mar pareano. +Visto poi che da gridi e da infinite +lacrime alcun profitto non traeano, +a pensar cominciaro e ad aver cura +come aiutarsi in tanta lor sciagura. +E proponendo in mezzo i lor pareri, +altre diceano: in Creta è da tornarsi; +e più tosto all'arbitrio de' severi +padri e d'offesi lor mariti darsi, +che nei deserti liti e boschi fieri, +di disagio e di fame consumarsi. +Altre dicean che lor saria più onesto +affogarsi nel mar, che mai far questo; +e che manco mal era meretrici +andar pel mondo, andar mendiche o schiave, +che se stesse offerire agli supplici +di ch'eran degne l'opere lor prave. +Questi e simil partiti le infelici +si proponean, ciascun più duro e grave. +Tra loro al fine una Orontea levosse, +ch'origine traea dal re Minosse; +la più gioven de l'artre e la più bella +e la più accorta, e ch'avea meno errato: +amato avea Falanto, e a lui pulzella +datasi, e per lui il padre avea lasciato. +Costei mostrando in viso ed in favella +il magnanimo cor d'ira infiammato, +redarguendo di tutte altre il detto, +suo parer disse, e fe' seguirne effetto. +Di questa terra a lei non parve torsi, +che conobbe feconda e d'aria sana, +e di limpidi fiumi aver discorsi, +di selve opaca, e la più parte piana; +con porti e foci, ove dal mar ricorsi +per ria fortuna avea la gente estrana, +ch'or d'Africa portava, ora d'Egitto +cose diverse e necessarie al vitto. +Qui parve a lei fermarsi, e far vendetta +del viril sesso che le avea sì offese: +vuol ch'ogni nave, che da venti astretta +a pigliar venga porto in suo paese, +a sacco, a sangue, a fuoco al fin si metta; +né de la vita a un sol si sia cortese. +Così fu detto e così fu concluso, +e fu fatta la legge e messa in uso. +Come turbar l'aria sentiano, armate +le femine correan su la marina, +da l'implacabile Orontea guidate, +che diè lor legge e si fe' lor regina: +e de le navi ai liti lor cacciate +faceano incendi orribili e rapina, +uom non lasciando vivo, che novella +dar ne potesse o in questa parte o in quella. +Così solinghe vissero qualch'anno +aspre nimiche del sesso virile: +ma conobbero poi, che 'l proprio danno +procaccierian, se non mutavan stile; +che se di lor propagine non fanno, +sarà lor legge in breve irrita e vile, +e mancherà con l'infecondo regno, +dove di farla eterna era il disegno. +Sì che, temprando il suo rigore un poco +scelsero, in spazio di quattro anni interi, +di quanti capitaro in questo loco +dieci belli e gagliardi cavallieri, +che per durar ne l'amoroso gioco +contr'esse cento fosser buon guerrieri. +Esse in tutto eran cento; e statuito +ad ogni lor decina fu un marito. +Prima ne fur decapitati molti +che riusciro al paragon mal forti. +Or questi dieci a buona pruova tolti, +del letto e del governo ebbon consorti; +facendo lor giurar che, se più colti +altri uomini verriano in questi porti, +essi sarian che, spenta ogni pietade, +li porriano ugualmente a fil di spade. +Ad ingrossare, ed a figliar appresso +le donne, indi a temere incominciaro +che tanti nascerian del viril sesso, +che contra lor non avrian poi riparo; +e al fine in man degli uomini rimesso +saria il governo ch'elle avean sì caro: +sì ch'ordinar, mentre eran gli anni imbelli, +far sì, che mai non fosson lor ribelli. +Acciò il sesso viril non le soggioghi, +uno ogni madre vuol la legge orrenda, +che tenga seco; gli altri, o li suffoghi, +o fuor del regno li permuti o venda. +Ne mandano per questo in vari luoghi: +e a chi gli porta dicono che prenda +femine, se a baratto aver ne puote; +se non, non torni almen con le man vote. +Né uno ancora alleverian, se senza +potesson fare, e mantenere il gregge. +Questa è quanta pietà, quanta clemenza +più ai suoi ch'agli altri usa l'iniqua legge: +gli altri condannan con ugual sentenza; +e solamente in questo si corregge, +che non vuol che, secondo il primiero uso, +le femine gli uccidano in confuso. +Se dieci o venti o più persone a un tratto +vi fosser giunte, in carcere eran messe: +e d'una al giorno, e non di più, era tratto +il capo a sorte, che perir dovesse +nel tempio orrendo ch'Orontea avea fatto, +dove un altare alla Vendetta eresse; +e dato all'un de' dieci il crudo ufficio +per sorte era di farne sacrificio. +Dopo molt'anni alle ripe omicide +a dar venne di capo un giovinetto, +la cui stirpe scendea dal buono Alcide, +di gran valor ne l'arme, Elbanio detto. +Qui preso fu, ch'a pena se n'avide, +come quel che venìa senza sospetto; +e con gran guardia in stretta parte chiuso, +con gli altri era serbato al crudel uso. +Di viso era costui bello e giocondo, +e di maniere e di costumi ornato, +e di parlar sì dolce e sì facondo, +ch'un aspe volentier l'avria ascoltato: +sì che, come di cosa rara al mondo, +de l'esser suo fu tosto rapportato +ad Alessandra figlia d'Orontea, +che di molt'anni grave anco vivea. +Orontea vivea ancora; e già mancate +tutt'eran l'altre ch'abitar qui prima: +e diece tante e più n'erano nate, +e in forza eran cresciute e in maggior stima; +né tra diece fucine che serrate +stavan pur spesso, avean più d'una lima; +e dieci cavallieri anco avean cura +di dare a chi venìa fiera aventura. +Alessandra, bramosa di vedere +il giovinetto ch'avea tante lode, +da la sua matre in singular piacere +impetra sì, ch'Elbanio vede ed ode; +e quando vuol partirne, rimanere +si sente il core ove è chi 'l punge e rode: +legar si sente e non sa far contesa, +e al fin dal suo prigion si trova presa. +Elbanio disse a lei: — Se di pietade +s'avesse, donna, qui notizia ancora, +come se n'ha per tutt'altre contrade, +dovunque il vago sol luce e colora; +io vi osarei, per vostr'alma beltade +ch'ogn'animo gentil di sé inamora, +chiedervi in don la vita mia, che poi +saria ognor presto a spenderla per voi. +Or quando fuor d'ogni ragion qui sono +privi d'umanitade i cori umani, +non vi domanderò la vita in dono, +che i prieghi miei so ben che sarian vani; +ma che da cavalliero, o tristo o buono +ch'io sia, possi morir con l'arme in mani, +e non come dannato per giudicio, +o come animal bruto in sacrificio. — +Alessandra gentil, ch'umidi avea, +per la pietà del giovinetto, i rai, +rispose: — Ancor che più crudele e rea +sia questa terra, ch'altra fosse mai; +non concedo però che qui Medea +ogni femina sia, come tu fai: +e quando ogn'altra così fosse ancora, +me sola di tant'altre io vo' trar fuora. +E se ben per adietro io fossi stata +empia e crudel, come qui sono tante, +dir posso che suggetto ove mostrata +per me fosse pietà, non ebbi avante. +Ma ben sarei di tigre più arrabbiata, +e più duro avre' il cor che di diamante, +se non m'avesse tolto ogni durezza +tua beltà, tuo valor, tua gentilezza. +Così non fosse la legge più forte, +che contra i peregrini è statuita, +come io non schiverei con la mia morte +di ricomprar la tua più degna vita. +Ma non è grado qui di sì gran sorte, +che ti potesse dar libera aita; +e quel che chiedi ancor, ben che sia poco, +difficile ottener fia in questo loco. +Pur io vedrò di far che tu l'ottenga, +ch'abbi inanzi al morir questo contento; +ma mi dubito ben che te n'avenga, +tenendo il morir lungo, più tormento. — +Suggiunse Elbanio: — Quando incontra io venga +a dieci armato, di tal cor mi sento, +che la vita ho speranza di salvarme, +e uccider lor, se tutti fosser arme. — +Alessandra a quel detto non rispose +se non un gran sospiro, e dipartisse, +e portò nel partir mille amorose +punte nel cor, mai non sanabil, fisse. +Venne alla madre, e voluntà le pose +di non lasciar che 'l cavallier morisse, +quando si dimostrasse così forte, +che, solo, avesse posto i dieci a morte. +La regina Orontea fece raccorre +il suo consiglio, e disse: — A noi conviene +sempre il miglior che ritroviamo, porre +a guardar nostri porti e nostre arene; +e per saper chi ben lasciar, chi torre, +prova è sempre da far quando gli avviene; +per non patir con nostro danno a torto, +che regni il vile, e chi ha valor sia morto. +A me par, se a voi par, che statuito +sia, ch'ogni cavallier per lo avvenire, +che fortuna abbia tratto al nostro lito, +prima ch'al tempio si faccia morire, +possa egli sol, se gli piace il partito, +incontra i dieci alla battaglia uscire; +e se di tutti vincerli è possente, +guardi egli il porto, e seco abbia altra gente. +Parlo così, perché abbian qui un prigione +che par che vincer dieci s'offerisca. +Quando, sol, vaglia tante altre persone, +dignissimo è, per Dio, che s'esaudisca. +Così in contrario avrà punizione, +quando vaneggi e temerario ardisca. — +Orontea fine al suo parlar qui pose, +a cui de le più antique una rispose: +— La principal cagion ch'a far disegno +sul comercio degli uomini ci mosse, +non fu perch'a difender questo regno +del loro aiuto alcun bisogno fosse; +che per far questo abbiamo ardire e ingegno +da noi medesme, e a sufficienza posse: +così senza sapessimo far anco, +che non venisse il propagarci a manco! +Ma poi che senza lor questo non lece, +tolti abbiàn, ma non tanti, in compagnia, +che mai ne sia più d'uno incontra diece, +sì ch'aver di noi possa signoria. +Per conciper di lor questo si fece, +non che di lor difesa uopo ci sia. +La lor prodezza sol ne vaglia in questo, +e sieno ignavi e inutili nel resto. +Tra noi tenere un uom che sia sì forte, +contrario è in tutto al principal disegno. +Se può un solo a dieci uomini dar morte, +quante donne farà stare egli al segno? +Se i dieci nostri fosser di tal sorte, +il primo dì n'avrebbon tolto il regno. +Non è la via di dominar, se vuoi +por l'arme in mano a chi può più di noi. +Pon mente ancor, che quando così aiti +Fortuna questo tuo, che i dieci uccida, +di cento donne che de' lor mariti +rimarran prive, sentirai le grida. +Se vuol campar, proponga altri partiti, +ch'esser di dieci gioveni omicida. +Pur, se per far con cento donne è buono +quel che dieci fariano, abbi perdono. — +Fu d'Artemia crudel questo il parere +(così avea nome), e non mancò per lei +di far nel tempio Elbanio rimanere +scannato inanzi agli spietati dèi. +Ma la madre Orontea che compiacere +volse alla figlia, replicò a colei +altre ed altre ragioni, e modo tenne +che nel senato il suo parer s'ottenne. +L'aver Elbanio di bellezza il vanto +sopra ogni cavallier che fosse al mondo, +fu nei cor de le giovani di tanto, +ch'erano in quel consiglio, e di tal pondo, +che 'l parer de le vecchie andò da canto, +che con Artemia volean far secondo +l'ordine antiquo; né lontan fu molto +ad esser per favore Elbanio assolto. +Di perdonargli in somma fu concluso, +ma poi che la decina avesse spento, +e che ne l'altro assalto fosse ad uso +di diece donne buono, e non di cento. +Di carcer l'altro giorno fu dischiuso; +e avuto arme e cavallo a suo talento, +contra dieci guerrier, solo, si mise, +e l'uno appresso all'altro in piazza uccise. +Fu la notte seguente a prova messo +contra diece donzelle ignudo e solo, +dove ebbe all'ardir suo sì buon successo, +che fece il saggio di tutto lo stuolo. +E questo gli acquistò tal grazia appresso +ad Orontea, che l'ebbe per figliuolo; +e gli diede Alessandra e l'altre nove +con ch'avea fatto le notturne prove. +E lo lasciò con Alessandra bella, +che poi diè nome a questa terra, erede, +con patto, ch'a servare egli abbia quella +legge, ed ogn'altro che da lui succede: +che ciascun che già mai sua fiera stella +farà qui por lo sventurato piede, +elegger possa, o in sacrificio darsi, +o con dieci guerrier, solo, provarsi. +E se gli avvien che 'l dì gli uomini uccida, +la notte con le femine si provi; +e quando in questo ancor tanto gli arrida +la sorte sua, che vincitor si trovi, +sia del femineo stuol principe e guida, +e la decina a scelta sua rinovi, +con la qual regni, fin ch'un altro arrivi, +che sia più forte, e lui di vita privi. +Appresso a duamila anni il costume empio +si è mantenuto, e si mantiene ancora; +e sono pochi giorni che nel tempio +uno infelice peregrin non mora. +Se contra dieci alcun chiede, ad esempio +d'Elbanio, armarsi (che ve n'è talora), +spesso la vita al primo assalto lassa; +né di mille uno all'altra prova passa. +Pur ci passano alcuni, ma sì rari, +che su le dita annoverar si ponno. +Uno di questi fu Argilon: ma guari +con la decina sua non fu qui donno; +che cacciandomi qui venti contrari, +gli occhi gli chiusi in sempiterno sonno. +Così fossi io con lui morto quel giorno, +prima che viver servo in tanto scorno. +Che piaceri amorosi e riso e gioco, +che suole amar ciascun de la mia etade, +le purpure e le gemme e l'aver loco +inanzi agli altri ne la sua cittade, +potuto hanno, per Dio, mai giovar poco +all'uom che privo sia di libertade: +e 'l non poter mai più di qui levarmi, +servitù grave e intolerabil parmi. +Il vedermi lograr dei miglior anni +il più bel fiore in sì vile opra e molle, +tiemmi il cor sempre in stimulo e in affanni, +ed ogni gusto di piacer mi tolle. +La fama del mio sangue spiega i vanni +per tutto 'l mondo, e fin al ciel s'estolle; +che forse buona parte anch'io n'avrei, +s'esser potessi coi fratelli miei. +Parmi ch'ingiuria il mio destin mi faccia, +avendomi a sì vil servigio eletto; +come chi ne l'armento il destrier caccia, +il qual d'occhi o di piedi abbia difetto, +o per altro accidente che dispiaccia, +sia fatto all'arme e a miglior uso inetto: +né sperando io, se non per morte, uscire +di sì vil servitù, bramo morire. — +Guidon qui fine alle parole pose, +e maledì quel giorno per isdegno, +il qual dei cavallieri e de le spose +gli diè vittoria in acquistar quel regno. +Astolfo stette a udire, e si nascose +tanto, che si fe' certo a più d'un segno, +che, come detto avea, questo Guidone +era figliol del suo parente Amone. +Poi gli rispose: — Io sono il duca inglese, +il tuo cugino Astolfo; — ed abbracciollo, +e con atto amorevole e cortese, +non senza sparger lagrime, baciollo. +— Caro parente mio, non più palese +tua madre ti potea por segno al collo; +ch'a farne fede che tu sei de' nostri, +basta il valor che con la spada mostri. — +Guidon, ch'altrove avria fatto gran festa +d'aver trovato un sì stretto parente, +quivi l'accolse con la faccia mesta, +perché fu di vedervilo dolente. +Se vive, sa ch'Astolfo schiavo resta, +né il termine è più là che 'l dì seguente; +se fia libero Astolfo, ne more esso: +sì che 'l ben d'uno è il mal de l'altro espresso. +Gli duol che gli altri cavallieri ancora +abbia, vincendo, a far sempre captivi; +né più, quando esso in quel contrasto mora, +potrà giovar che servitù lor schivi: +che se d'un fango ben gli porta fuora, +e poi s'inciampi come all'altro arrivi, +avrà lui senza pro vinto Marfisa; +ch'essi pur ne fien schiavi, ed ella uccisa. +Da l'altro canto avea l'acerba etade, +la cortesia e il valor del giovinetto +d'amore intenerito e di pietade +tanto a Marfisa ed ai compagni il petto, +che, con morte di lui lor libertade +esser dovendo, avean quasi a dispetto: +e se Marfisa non può far con manco +ch'uccider lui, vuol essa morir anco. +Ella disse a Guidon: — Vientene insieme +con noi, ch'a viva forza usciren quinci. — +— Deh (rispose Guidon) lascia ogni speme +di mai più uscirne, o perdi meco o vinci. — +Ella suggiunse: — Il mio cor mai non teme +di non dar fine a cosa che cominci; +né trovar so la più sicura strada +di quella ove mi sia guida la spada. +Tal ne la piazza ho il tuo valor provato, +che, s'io son teco, ardisco ad ogn'impresa. +Quando la turba intorno allo steccato +sarà domani in sul teatro ascesa, +io vo' che l'uccidian per ogni lato, +o vada in fuga o cerchi far difesa, +e ch'agli lupi e agli avoltoi del loco +lasciamo i corpi, e la cittade al fuoco. — +Suggiunse a lei Guidon: — Tu m'avrai pronto +a seguitarti ed a morirti a canto, +ma vivi rimaner non facciàn conto; +bastar ne può di vendicarci alquanto: +che spesso diecimila in piazza conto +del popul feminile, ed altretanto +resta a guardare e porto e rocca e mura, +né alcuna via d'uscir trovo sicura. — +Disse Marfisa: — E molto più sieno elle +degli uomini che Serse ebbe già intorno, +e sieno più de l'anime ribelle +ch'uscir del ciel con lor perpetuo scorno; +se tu sei meco, o almen non sie con quelle, +tutte le voglio uccidere in un giorno. — +Guidon suggiunse: — Io non ci so via alcuna +ch'a valer n'abbia, se non val quest'una. +Ne può sola salvar, se ne succede, +quest'una ch'io dirò, ch'or mi soviene. +Fuor ch'alle donne, uscir non si concede, +né metter piede in su le salse arene: +e per questo commettermi alla fede +d'una de le mie donne mi conviene, +del cui perfetto amor fatta ho sovente +più pruova ancor, ch'io non farò al presente. +Non men di me tormi costei disia +di servitù, pur che ne venga meco, +che così spera, senza compagnia +de le rivali sue, ch'io viva seco. +Ella nel porto o fuste o saettia +farà ordinar, mentre è ancor l'aer cieco, +che i marinai vostri troveranno +acconcia a navigar, come vi vanno. +Dietro a me tutti in un drappel ristretti, +cavallieri, mercanti e galeotti, +ch'ad albergarvi sotto a questi tetti +meco, vostra merce, sète ridotti, +avrete a farvi amplo sentier coi petti, +se del nostro camin siamo interrotti: +così spero, aiutandoci le spade, +ch'io vi trarrò de la crudel cittade. — +— Tu fa come ti par (disse Marfisa), +ch'io son per me d'uscir di qui sicura. +Più facil fia che di mia mano uccisa +la gente sia, che è dentro a queste mura, +che mi veggi fuggire, o in altra guisa +alcun possa notar ch'abbi paura. +Vo' uscir di giorno, e sol per forza d'arme; +che per ogn'altro modo obbrobrio parme. +S'io ci fossi per donna conosciuta, +so ch'avrei da le donne onore e pregio; +e volentieri io ci sarei tenuta +e tra le prime forse del collegio: +ma con costoro essendoci venuta, +non ci vo' d'essi aver più privilegio. +Troppo error fôra ch'io mi stessi o andassi +libera, e gli altri in servitù lasciassi. — +Queste parole ed altre seguitando, +mostrò Marfisa che 'l rispetto solo +ch'avea al periglio de' compagni (quando +potria loro il suo ardir tornare in duolo), +la tenea che con alto e memorando +segno d'ardir non assalia lo stuolo: +e per questo a Guidon lascia la cura +d'usar la via che più gli par sicura. +Guidon la notte con Aleria parla +(così avea nome la più fida moglie), +né bisogno gli fu molto pregarla, +che la trovò disposta alle sue voglie. +Ella tolse una nave e fece armarla, +e v'arrecò le sue più ricche spoglie, +fingendo di volere al nuovo albore +con le compagne uscire in corso fuore. +Ella avea fatto nel palazzo inanti +spade e lance arrecar, corazze e scudi, +onde armar si potessero i mercanti +e i galeotti ch'eran mezzo nudi. +Altri dormiro, ed altri ster vegghianti, +compartendo tra lor gli ozi e gli studi; +spesso guardando, e pur con l' arme indosso, +se l'oriente ancor si facea rosso. +Dal duro volto de la terra il sole +non tollea ancora il velo oscuro ed atro; +a pena avea la licaonia prole +per li solchi del ciel volto l'aratro: +quando il femineo stuol, che veder vuole +il fin de la battaglia, empì il teatro, +come ape del suo claustro empie la soglia, +che mutar regno al nuovo tempo voglia. +Di trombe, di tambur, di suon de corni +il popul risonar fa cielo e terra, +così citando il suo signor, che torni +a terminar la cominciata guerra. +Aquilante e Grifon stavano adorni +de le lor arme, e il duca d'Inghilterra, +Guidon, Marfisa, Sansonetto e tutti +gli altri, chi a piedi e chi a cavallo istrutti. +Per scender dal palazzo al mare e al porto, +la piazza traversar si convenia, +né v'era altro camin lungo né corto: +così Guidon disse alla compagnia. +E poi che di ben far molto conforto +lor diede, entrò senza rumore in via; +e ne la piazza, dove il popul era, +s'appresentò con più di cento in schiera. +Molto affrettando i suoi compagni, andava +Guidone all'altra porta per uscire: +ma la gran moltitudine che stava +intorno armata, e sempre atta a ferire, +pensò, come lo vide che menava +seco quegli altri, che volea fuggire; +e tutta a un tratto agli archi suoi ricorse, +e parte, onde s'uscia, venne ad opporse. +Guidone e gli altri cavallier gagliardi, +e sopra tutti lor Marfisa forte, +al menar de le man non furon tardi, +e molto fer per isforzar le porte: +ma tanta e tanta copia era dei dardi +che, con ferite dei compagni e morte, +pioveano lor di sopra e d'ogn'intorno, +ch'al fin temean d'averne danno e scorno. +D'ogni guerrier l'usbergo era perfetto; +che se non era, avean più da temere. +Fu morto il destrier sotto a Sansonetto; +quel di Marfisa v'ebbe a rimanere. +Astolfo tra sé disse: — Ora, ch'aspetto +che mai mi possa il corno più valere? +Io vo' veder, poi che non giova spada, +s'io so col corno assicurar la strada. — +Come aiutar ne le fortune estreme +sempre si suol, si pone il corno a bocca. +Par che la terra e tutto 'l mondo trieme, +quando l'orribil suon ne l'aria scocca. +Sì nel cor de la gente il timor preme, +che per disio di fuga si trabocca +giù del teatro sbigottita e smorta, +non che lasci la guardia de la porta. +Come talor si getta e si periglia +e da finestra e da sublime loco +l'esterrefatta subito famiglia, +che vede appresso e d'ogn'intorno il fuoco, +che mentre le tenea gravi le ciglia +il pigro sonno, crebbe a poco a poco: +così messa la vita in abandono, +ognun fuggia lo spaventoso suono. +Di qua di là, di su di giù smarrita +surge la turba, e di fuggir procaccia. +Son più di mille a un tempo ad ogni uscita: +cascano a monti, e l'una l'altra impaccia. +In tanta calca perde altra la vita; +da palchi e da finestre altra si schiaccia: +più d'un braccio si rompe e d'una testa, +di ch'altra morta, altra storpiata resta. +Il pianto e 'l grido insino al ciel saliva, +d'alta ruina misto e di fraccasso. +Affretta, ovunque il suon del corno arriva, +la turba spaventata in fuga il passo. +Se udite dir che d'ardimento priva +la vil plebe si mostri e di cor basso, +non vi maravigliate, che natura +è de la lepre aver sempre paura. +Ma che direte del già tanto fiero +cor di Marfisa e di Guidon Selvaggio? +dei dua giovini figli d'Oliviero, +che già tanto onoraro il lor lignaggio? +Già centomila avean stimato un zero; +e in fuga or se ne van senza coraggio, +come conigli, o timidi colombi +a cui vicino alto rumor rimbombi. +Così noceva ai suoi come agli strani +la forza che nel corno era incantata. +Sansonetto, Guidone e i duo germani +fuggon dietro a Marfisa spaventata; +né fuggendo ponno ir tanto lontani, +che lor non sia l'orecchia anco intronata. +Scorre Astolfo la terra in ogni lato, +dando via sempre al corno maggior fiato. +Chi scese al mare, e chi poggiò su al monte, +e chi tra i boschi ad occultar si venne: +alcuna, senza mai volger la fronte, +fuggir per dieci dì non si ritenne: +uscì in tal punto alcuna fuor del ponte, +ch'in vita sua mai più non vi rivenne. +Sgombraro in modo e piazze e templi e case, +che quasi vota la città rimase. +Marfisa e 'l bon Guidone e i duo fratelli +e Sansonetto, pallidi e tremanti, +fuggiano inverso il mare, e dietro a quelli +fuggian i marinari e i mercatanti; +ove Aleria trovar, che, fra i castelli, +loro avea un legno apparecchiato inanti. +Quindi, poi ch'in gran fretta li raccolse, +diè i remi all'acqua ed ogni vela sciolse. +Dentro e d'intorno il duca la cittade +avea scorsa dai colli insino all'onde; +fatto avea vote rimaner le strade: +ognun lo fugge, ognun se gli nasconde. +Molte trovate fur, che per viltade +s'eran gittate in parti oscure e immonde; +e molte, non sappiendo ove s'andare, +messesi a nuoto ed affogate in mare. +Per trovare i compagni il duca viene, +che si credea di riveder sul molo. +Si volge intorno, e le deserte arene +guarda per tutto, e non v'appare un solo. +Leva più gli occhi, e in alto a vele piene +da sé lontani andar li vede a volo: +sì che gli convien fare altro disegno +al suo camin, poi che partito è il legno. +Lasciamolo andar pur — né vi rincresca +che tanta strada far debba soletto +per terra d'infedeli e barbaresca, +dove mai non si va senza sospetto: +non è periglio alcuno, onde non esca +con quel suo corno, e n'ha mostrato effetto; — +e dei compagni suoi pigliamo cura, +ch'al mar fuggian tremando di paura. +A piena vela si cacciaron lunge +da la crudele e sanguinosa spiaggia: +e poi che di gran lunga non li giunge +l'orribil suon ch'a spaventar più gli aggia, +insolita vergogna sì gli punge, +che, com'un fuoco, a tutti il viso raggia. +L'un non ardisce a mirar l'altro, e stassi +tristo, senza parlar, con gli occhi bassi. +Passa il nocchiero, al suo viaggio intento, +e Cipro e Rodi, e giù per l'onda egea +da sé vede fuggire isole cento +col periglioso capo di Malea; +e con propizio ed immutabil vento +asconder vede la greca Morea; +volta Sicilia, e per lo mar Tirreno +costeggia de l'Italia il lito ameno: +e sopra Luna ultimamente sorse, +dove lasciato avea la sua famiglia. +Dio ringraziando che 'l pelago corse +senza più danno, il noto lito piglia. +Quindi un nochier trovar per Francia sciorse, +il qual di venir seco li consiglia: +e nel suo legno ancor quel dì montaro, +ed a Marsilia in breve si trovaro. +Quivi non era Bradamante allora, +ch'aver solea governo del paese; +che se vi fosse, a far seco dimora +gli avria sforzati con parlar cortese. +Sceser nel lito, e la medesima ora +dai quattro cavallier congedo prese +Marfisa, e da la donna del Selvaggio; +e pigliò alla ventura il suo viaggio, +dicendo che lodevole non era +ch'andasser tanti cavallieri insieme: +che gli storni e i colombi vanno in schiera, +i daini e i cervi e ogn'animal che teme; +ma l'audace falcon, l'aquila altiera, +che ne l'aiuto altrui non metton speme +orsi, tigri, leon, soli ne vanno; +che di più forza alcun timor non hanno. +Nessun degli altri fu di quel pensiero; +sì ch'a lei sola toccò a far partita. +Per mezzo i boschi e per strano sentiero +dunque ella se n'andò sola e romita. +Grifone il bianco ed Aquilante il nero +pigliar con gli altri duo la via più trita, +e giunsero a un castello il dì seguente, +dove albergati fur cortesemente. +Cortesemente dico in apparenza, +ma tosto vi sentir contrario effetto; +che 'l signor del castel, benivolenza +fingendo e cortesia, lor dè ricetto: +e poi la notte, che sicuri senza +timor dormian, gli fe' pigliar nel letto; +né prima li lasciò, che d'osservare +una costuma ria li fe' giurare. +Ma vo' seguir la bellicosa donna, +prima, Signor, che di costor più dica. +Passò Druenza, il Rodano e la Sonna, +e venne a piè d'una montagna aprica. +Quivi lungo un torrente, in negra gonna +vide venire una femina antica, +che stanca e lassa era di lunga via, +ma via più afflitta di malenconia. +Questa è la vecchia che solea servire +ai malandrin nel cavernoso monte, +là dove alta giustizia fe' venire +e dar lor morte il paladino conte. +La vecchia, che timore ha di morire +per le cagion che poi vi saran conte, +già molti dì va per via oscura e fosca, +fuggendo ritrovar chi la conosca. +Quivi d'estrano cavallier sembianza +l'ebbe Marfisa all'abito e all'arnese; +e perciò non fuggì, com'avea usanza +fuggir dagli altri ch'eran del paese; +anzi con sicurezza e con baldanza +si fermò al guado, e di lontan l'attese: +al guado del torrente, ove trovolla, +la vecchia le uscì incontra e salutolla. +Poi la pregò che seco oltr'a quell'acque +ne l'altra ripa in groppa la portasse. +Marfisa che gentil fu da che nacque, +di là dal fiumicel seco la trasse; +e portarla anch'un pezzo non le spiacque, +fin ch'a miglior camin la ritornasse, +fuor d'un gran fango; e al fin di quel sentiero +si videro all'incontro un cavalliero. +Il cavallier su ben guernita sella, +di lucide arme e di bei panni ornato, +verso il fiume venìa da una donzella +e da un solo scudiero accompagnato. +La donna ch'avea seco era assai bella, +ma d'altiero sembiante e poco grato, +tutta d'orgoglio e di fastidio piena, +del cavallier ben degna che la mena. +Pinabello, un de' conti maganzesi, +era quel cavallier ch'ella avea seco; +quel medesmo che dianzi a pochi mesi +Bradamante gittò nel cavo speco. +Quei sospir, quei singulti così accesi, +quel pianto che lo fe' già quasi cieco, +tutto fu per costei ch'or seco avea, +che 'l negromante allor gli ritenea. +Ma poi che fu levato di sul colle +l'incantato castel del vecchio Atlante, +e che poté ciascuno ire ove volle, +per opra e per virtù di Bradamante; +costei, ch'agli disii facile e molle +di Pinabel sempre era stata inante, +si tornò a lui, ed in sua compagnia +da un castello ad un altro or se ne gìa. +E sì come vezzosa era e mal usa, +quando vide la vecchia di Marfisa, +non si poté tenere a bocca chiusa +di non la motteggiar con beffe e risa. +Marfisa altiera, appresso a cui non s'usa +sentirsi oltraggio in qualsivoglia guisa, +rispose d'ira accesa alla donzella, +che di lei quella vecchia era più bella; +e ch'al suo cavallier volea provallo, +con patto di poi torre a lei la gonna +e il palafren ch'avea, se da cavallo +gittava il cavallier di ch'era donna. +Pinabel che faria, tacendo, fallo, +di risponder con l'arme non assonna: +piglia lo scudo e l'asta, e il destrier gira, +poi vien Marfisa a ritrovar con ira. +Marfisa incontra una gran lancia afferra, +e ne la vista a Pinabel l'arresta, +e sì stordito lo riversa in terra, +che tarda un'ora a rilevar la testa. +Marfisa vincitrice de la guerra, +fe' trarre a quella giovane la vesta, +ed ogn'altro ornamento le fe' porre, +e ne fe' il tutto alla sua vecchia torre: +e di quel giovenile abito volse +che si vestisse e se n'ornasse tutta; +e fe' che 'l palafreno anco si tolse, +che la giovane avea quivi condutta. +Indi al preso camin con lei si volse, +che quant'era più ornata, era più brutta. +Tre giorni se n'andar per lunga strada, +senza far cosa onde a parlar m'accada. +Il quarto giorno un cavallier trovaro, +che venìa in fretta galoppando solo. +Se di saper chi sia forse v'è caro, +dicovi ch'è Zerbin, di re figliuolo, +di virtù esempio e di bellezza raro, +che se stesso rodea d'ira e di duolo +di non aver potuto far vendetta +d'un che gli avea gran cortesia interdetta. +Zerbino indarno per la selva corse +dietro a quel suo che gli avea fatto oltraggio; +ma sì a tempo colui seppe via torse, +sì seppe nel fuggir prender vantaggio, +sì il bosco e sì una nebbia lo soccorse, +ch'avea offuscato il matutino raggio, +che di man di Zerbin si levò netto, +fin che l'ira e il furor gli uscì del petto. +Non poté, ancor che Zerbin fosse irato, +tener, vedendo quella vecchia, il riso; +che gli parea dal giovenile ornato +troppo diverso il brutto antiquo viso; +ed a Marfisa, che le venìa a lato, +disse: — Guerrier, tu sei pien d'ogni aviso, +che damigella di tal sorte guidi, +che non temi trovar chi te la invidi. +Avea la donna (se la crespa buccia +può darne indicio) più de la Sibilla, +e parea, così ornata, una bertuccia, +quando per muover riso alcun vestilla; +ed or più brutta par, che si coruccia, +e che dagli occhi l'ira le sfavilla: +ch'a donna non si fa maggior dispetto, +che quando o vecchia o brutta le vien detto. +Mostrò turbarse l'inclita donzella, +per prenderne piacer, come si prese; +e rispose a Zerbin: — Mia donna è bella, +per Dio, via più che tu non sei cortese; +come ch'io creda che la tua favella +da quel che sente l'animo non scese: +tu fingi non conoscer sua beltade, +per escusar la tua somma viltade. +E chi saria quel cavallier, che questa +sì giovane e sì bella ritrovasse +senza più compagnia ne la foresta, +e che di farla sua non si provasse? — +— Sì ben (disse Zerbin) teco s'assesta, +che saria mal ch'alcun te la levasse; +ed io per me non son così indiscreto, +che te ne privi mai; stanne pur lieto. +S'in altro conto aver vuoi a far meco, +di quel ch'io vaglio son per farti mostra; +ma per costei non mi tener sì cieco, +che solamente far voglia una giostra. +O brutta o bella sia, restisi teco: +non vo' partir tanta amicizia vostra. +Ben vi sète accoppiati: io giurerei, +com'ella è bella, tu gagliardo sei. — +Suggiunse a lui Marfisa: — Al tuo dispetto +di levarmi costei provar convienti. +Non vo' patir ch'un sì leggiadro aspetto +abbi veduto, e guadagnar nol tenti. — +Rispose a lei Zerbin — Non so a ch'effetto +l'uom si metta a periglio e si tormenti, +per riportarne una vittoria, poi, +che giovi al vinto, e al vincitore annoi. — +— Se non ti par questo partito buono, +te ne do un altro, e ricusar nol dei +(disse a Zerbin Marfisa): che s'io sono +vinto da te, m'abbia a restar costei; +ma s'io te vinco, a forza te la dono. +Dunque provian chi de' star senza lei: +se perdi, converrà che tu le faccia +compagnia sempre, ovunque andar le piaccia. — +— E così sia, — Zerbin rispose; e volse +a pigliar campo subito il cavallo. +Si levò su le staffe e si raccolse +fermo in arcione, e per non dare in fallo, +lo scudo in mezzo alla donzella colse; +ma parve urtasse un monte di metallo: +ed ella in guisa a lui toccò l'elmetto, +che stordito il mandò di sella netto. +Troppo spiacque a Zerbin l'esser caduto, +ch'in altro scontro mai più non gli avvenne, +e n'avea mille e mille egli abbattuto; +ed a perpetuo scorno se lo tenne. +Stette per lungo spazio in terra muto; +e più gli dolse poi che gli sovenne +ch'avea promesso e che gli convenia +aver la brutta vecchia in compagnia. +Tornando a lui la vincitrice in sella, +disse ridendo: — Questa t'appresento; +e quanto più la veggio e grata e bella, +tanto, ch'ella sia tua, più mi contento. +Or tu in mio loco sei campion di quella; +ma la tua fé non se ne porti il vento, +che per sua guida e scorta tu non vada +(come hai promesso) ovunque andar l'aggrada. — +Senza aspettar risposta urta il destriero +per la foresta, e subito s'imbosca. +Zerbin, che la stimava un cavalliero, +dice alla vecchia: — Fa ch'io lo conosca. — +Ed ella non gli tiene ascoso il vero, +onde sa che lo 'ncende e che l'attosca: +— Il colpo fu di man d'una donzella, +che t'ha fatto votar (disse) la sella. +Per suo valor costei debitamente +usurpa a' cavallieri e scudo e lancia; +e venuta è pur dianzi d'Oriente +per assaggiare i paladin di Francia. — +Zerbin di questo tal vergogna sente, +che non pur tinge di rossor la guancia, +ma restò poco di non farsi rosso +seco ogni pezzo d'arme ch'avea indosso. +Monta a cavallo, e se stesso rampogna +che non seppe tener strette le cosce. +Tra sé la vecchia ne sorride, e agogna +di stimularlo e di più dargli angosce. +Gli ricorda ch'andar seco bisogna: +e Zerbin, ch'ubligato si conosce, +l'orecchie abbassa, come vinto e stanco +destrier c'ha in bocca il fren, gli sproni al fianco. +E sospirando: — Ohimè, Fortuna fella +(dicea), che cambio è questo che tu fai? +Colei che fu sopra le belle bella, +ch'esser meco dovea, levata m'hai. +Ti par ch'in luogo ed in ristor di quella +si debba por costei ch'ora mi dai? +Stare in danno del tutto era men male, +che fare un cambio tanto diseguale. +Colei che di bellezze e di virtuti +unqua non ebbe e non avrà mai pare, +sommersa e rotta tra gli scogli acuti +hai data ai pesci ed agli augei del mare; +e costei che dovria già aver pasciuti +sotterra i vermi, hai tolta a perservare +dieci o venti anni più che non devevi, +per dar più peso agli mie' affanni grevi. — +Zerbin così parlava; né men tristo +in parole e in sembianti esser parea +di questo nuovo suo sì odioso acquisto, +che de la donna che perduta avea. +La vecchia, ancor che non avesse visto +mai più Zerbin, per quel ch'ora dicea, +s'avvide esser colui di che notizia +le diede già Issabella di Galizia. +Se 'l vi ricorda quel ch'avete udito, +costei da la spelonca ne veniva, +dove Issabella, che d'amor ferito +Zerbino avea, fu molti dì captiva. +Più volte ella le avea già riferito +come lasciasse la paterna riva, +e come rotta in mar da la procella, +si salvasse alla spiaggia di Rocella. +E sì spesso dipinto di Zerbino +le avea il bel viso e le fattezze conte, +ch'ora udendol parlare, e più vicino +gli occhi alzandogli meglio ne la fronte, +vide esser quel per cui sempre meschino +fu d'Issabella il cor nel cavo monte; +che di non veder lui più si lagnava, +che d'esser fatta ai malandrini schiava. +La vecchia, dando alle parole udienza, +che con sdegno e con duol Zerbino versa, +s'avede ben ch'egli ha falsa credenza +che sia Issabella in mar rotta e sommersa: +e ben ch'ella del certo abbia scienza, +per non lo rallegrar, pur la perversa +quel che far lieto lo potria, gli tace, +e sol gli dice quel che gli dispiace. +— Odi tu (gli disse ella), tu che sei +cotanto altier, che sì mi scherni e sprezzi, +se sapessi che nuova ho di costei +che morta piangi, mi faresti vezzi: +ma più tosto che dirtelo, torrei +che mi strozzassi o fêssi in mille pezzi; +dove, s'eri vêr me più mansueto, +forse aperto t'avrei questo secreto. — +Come il mastin che con furor s'aventa +adosso al ladro, ad achetarsi è presto, +che quello o pane o cacio gli appresenta, +o che fa incanto appropriato a questo; +così tosto Zerbino umil diventa, +e vien bramoso di sapere il resto, +che la vecchia gli accenna che di quella, +che morta piange, gli sa dir novella. +E volto a lei con più piacevol faccia, +la supplica, la prega, la scongiura +per gli uomini, per Dio, che non gli taccia +quanto ne sappia, o buona o ria ventura. +— Cosa non udirai che pro ti faccia +(disse la vecchia pertinace e dura): +non è Issabella, come credi, morta; +ma viva sì, ch'a' morti invidia porta. +È capitata in questi pochi giorni +che non n'udisti, in man di più di venti; +sì che, qualora anco in man tua ritorni, +ve' se sperar di corre il fior convienti. — +Ah vecchia maladetta, come adorni +la tua menzogna! e tu sai pur se menti. +Se ben in man de venti ell'era stata, +non l'avea alcun però mai violata. +Dove l'avea veduta domandolle +Zerbino, e quando, ma nulla n'invola; +che la vecchia ostinata più non volle +a quel c'ha detto aggiungere parola. +Prima Zerbin le fece un parlar molle, +poi minacciolle di tagliar la gola: +ma tutto è invan ciò che minaccia e prega; +che non può far parlar la brutta strega. +Lasciò la lingua all'ultimo in riposo +Zerbin, poi che 'l parlar gli giovò poco; +per quel ch'udito avea, tanto geloso, +che non trovava il cor nel petto loco; +d'Issabella trovar sì disioso, +che saria per vederla ito nel fuoco: +ma non poteva andar più che volesse +colei, poi ch'a Marfisa lo promesse. +E quindi per solingo e strano calle, +dove a lei piacque, fu Zerbin condotto; +né per o poggiar monte o scender valle, +mai si guardaro in faccia o si fer motto. +Ma poi ch'al mezzodì volse le spalle +il vago sol, fu il lor silenzio rotto +da un cavallier che nel cammin scontraro. +Quel che seguì, ne l'altro canto è chiaro. Né fune intorto crederò che stringa +soma così, né così legno chiodo, +come la fé ch'una bella alma cinga +del suo tenace indissolubil nodo. +Né dagli antiqui par che si dipinga +la santa Fé vestita in altro modo, +che d'un vel bianco che la cuopra tutta: +ch'un sol punto, un sol neo la può far brutta. +La fede unqua non debbe esser corrotta, +o data a un solo, o data insieme a mille; +e così in una selva, in una grotta, +lontan da le cittadi e da le ville, +come dinanzi a tribunali, in frotta +di testimon, di scritti e di postille, +senza giurare o segno altro più espresso, +basti una volta che s'abbia promesso. +Quella servò, come servar si debbe +in ogni impresa, il cavallier Zerbino: +e quivi dimostrò che conto n'ebbe, +quando si tolse dal proprio camino +per andar con costei, la qual gl'increbbe, +come s'avesse il morbo sì vicino, +o pur la morte istessa; ma potea, +più che 'l disio, quel che promesso avea. +Dissi di lui, che di vederla sotto +la sua condotta tanto al cor gli preme, +che n'arrabbia di duol, né le fa motto, +e vanno muti e taciturni insieme: +dissi che poi fu quel silenzio rotto, +ch'al mondo il sol mostrò le ruote estreme, +da un cavalliero aventuroso errante, +ch'in mezzo del camin lor si fe' inante. +La vecchia che conobbe il cavalliero, +ch'era nomato Ermonide d'Olanda, +che per insegna ha ne lo scudo nero +attraversata una vermiglia banda, +posto l'orgoglio e quel sembiante altiero, +umilmente a Zerbin si raccomanda, +e gli ricorda quel ch'esso promise +alla guerriera ch'in sua man la mise. +Perché di lei nimico e di sua gente +era il guerrier che contra lor venìa: +ucciso ad essa avea il padre innocente, +e un fratello che solo al mondo avia; +e tuttavolta far del rimanente, +come degli altri, il traditor disia. +— Fin ch'alla guardia tua, donna, mi senti +(dicea Zerbin), non vo' che tu paventi. — +Come più presso il cavallier si specchia +in quella faccia che sì in odio gli era: +— O di combatter meco t'apparecchia +(gridò con voce minacciosa e fiera), +o lascia la difesa de la vecchia, +che di mia man secondo il merto pera. +Se combatti per lei, rimarrai morto; +che così avviene a chi s'appiglia al torto. — +Zerbin cortesemente a lui risponde +che gli è desir di bassa e mala sorte, +ed a cavalleria non corrisponde +che cerchi dare ad una donna morte: +se pur combatter vuol, non si nasconde; +ma che prima consideri ch'importe +ch'un cavallier, com'era egli, gentile, +voglia por man nel sangue feminile, +Queste gli disse e più parole invano; +e fu bisogno al fin venire a' fatti. +Poi che preso a bastanza ebbon del piano, +tornarsi incontra a tutta briglia ratti. +Non van sì presti i razzi fuor di mano, +ch'al tempo son de le allegrezze tratti, +come andaron veloci i duo destrieri +ad incontrare insieme i cavallieri. +Ermonide d'Olanda segnò basso, +che per passare il destro fianco attese: +ma la sua debol lancia andò in fracasso, +e poco il cavallier di Scozia offese. +Non fu già l'altro colpo vano e casso: +roppe lo scudo, e sì la spalla prese, +che la forò da l'uno all'altro lato, +e riversar fe' Ermonide sul prato. +Zerbin che si pensò d'averlo ucciso, +di pietà vinto, scese in terra presto, +e levò l'elmo da lo smorto viso; +e quel guerrier, come dal sonno desto, +senza parlar guardò Zerbino fiso; +e poi gli disse: — Non m'è già molesto +ch'io sia da te abbattuto, ch'ai sembianti +mostri esser fior de' cavallier erranti; +ma ben mi duol che questo per cagione +d'una femina perfida m'avviene, +a cui non so come tu sia campione, +che troppo al tuo valor si disconviene. +E quando tu sapessi la cagione +ch'a vendicarmi di costei mi mene, +avresti, ognor che rimembrassi, affanno +d'aver, per campar lei, fatto a me danno. +E se spirto a bastanza avrò nel petto +ch'io il possa dir (ma del contrario temo), +io ti farò veder ch'in ogni effetto +scelerata è costei più ch'in estremo. +Io ebbi già un fratel che giovinetto +d'Olanda si partì, donde noi semo, +e si fece d'Eraclio cavalliero, +ch'allor tenea de' Greci il sommo impero. +Quivi divenne intrinseco e fratello +d'un cortese baron di quella corte, +che nei confin di Servia avea un castello +di sito ameno e di muraglia forte. +Nomossi Argeo colui di ch'io favello, +di questa iniqua femina consorte, +la quale egli amò sì, che passò il segno +ch'a un uom si convenia, come lui, degno. +Ma costei, più volubile che foglia +quando l'autunno è più priva d'umore, +che l' freddo vento gli arbori ne spoglia +e le soffia dinanzi al suo furore; +verso il marito cangiò tosto voglia, +che fisso qualche tempo ebbe nel core; +e volse ogni pensiero, ogni disio +d'acquistar per amante il fratel mio. +Ma né sì saldo all'impeto marino +l'Acrocerauno d'infamato nome, +né sta sì duro incontra borea il pino +che rinovato ha più di cento chiome, +che quanto appar fuor de lo scoglio alpino, +tanto sotterra ha le radici; come +il mio fratello a' prieghi di costei, +nido de tutti i vizi infandi e rei. +Or, come avviene a un cavallier ardito, +che cerca briga e la ritrova spesso, +fu in una impresa il mio fratel ferito, +molto al castel del suo compagno appresso, +dove venir senza aspettare invito +solea, fosse o non fosse Argeo con esso; +e dentro a quel per riposar fermosse +tanto che del suo mal libero fosse. +Mentre egli quivi si giacea, convenne +ch'in certa sua bisogna andasse Argeo. +Tosto questa sfacciata a tentar venne +il mio fratello, ed a sua usanza feo; +ma quel fedel non oltre più sostenne +avere ai fianchi un stimulo sì reo: +elesse, per servar sua fede a pieno, +di molti mal quel che gli parve meno. +Tra molti mal gli parve elegger questo: +lasciar d'Argeo l'intrinsichezza antiqua; +lungi andar sì, che non sia manifesto +mai più il suo nome alla femina iniqua. +Ben che duro gli fosse, era più onesto +che satisfare a quella voglia obliqua, +o ch'accusar la moglie al suo signore, +da cui fu amata a par del proprio core. +E de le sue ferite ancora infermo +l'arme si veste, e del castel si parte; +e con animo va costante e fermo +di non mai più tornare in quella parte. +Ma che gli val? ch'ogni difesa e schermo +gli disipa Fortuna con nuova arte; +ecco il marito che ritorna intanto, +e trova la moglier che fa gran pianto, +e scapigliata e con la faccia rossa; +e le domanda di che sia turbata. +Prima ch'ella a rispondere sia mossa, +pregar si lascia più d'una fiata, +pensando tuttavia come si possa +vendicar di colui che l'ha lasciata: +e ben convenne al suo mobile ingegno +cangiar l'amore in subitano sdegno. +— Deh (disse al fine), a che l'error nascondo +c'ho commesso, signor, ne la tua assenza? +che quando ancora io 'l celi a tutto 'l mondo, +celar nol posso alla mia coscienza. +L'alma che sente il suo peccato immondo, +pate dentro da sé tal penitenza, +ch'avanza ogn'altro corporal martire +che dar mi possa alcun del mio fallire; +quando fallir sia quel che si fa a forza: +ma sia quel che si vuol, tu sappil'anco; +poi con la spada da la immonda scorza +scioglie lo spirto imaculato e bianco, +e le mie luci eternamente ammorza; +che dopo tanto vituperio, almanco +tenerle basse ognor non mi bisogni, +e di ciascun ch'io vegga, io mi vergogni. +Il tuo compagno ha l'onor mio distrutto: +questo corpo per forza ha violato; +e perché teme ch'io ti narri il tutto, +or si parte il villan senza commiato. — +In odio con quel dir gli ebbe ridutto +colui che più d'ogn'altro gli fu grato. +Argeo lo crede, ed altro non aspetta; +ma piglia l'arme e corre a far vendetta. +E come quel ch'avea il paese noto, +lo giunse che non fu troppo lontano; +che 'l mio fratello, debole ed egroto, +senza sospetto se ne gìa pian piano: +e brevemente, in un loco remoto +pose, per vendicarsene, in lui mano. +Non trova il fratel mio scusa che vaglia; +ch'in somma Argeo con lui vuol la battaglia. +Era l'un sano e pien di nuovo sdegno, +infermo l'altro, ed all'usanza amico: +sì ch'ebbe il fratel mio poco ritegno +contra il compagno fattogli nimico. +Dunque Filandro di tal sorte indegno +(de l'infelice giovene ti dico: +così avea nome), non sofrendo il peso +di sì fiera battaglia, restò preso. +— Non piaccia a Dio che mi conduca a tale +il mio giusto furore e il tuo demerto +(gli disse Argeo), che mai sia omicidiale +di te ch'amava; e me tu amavi certo, +ben che nel fin me l'hai mostrato male; +pur voglio a tutto il mondo fare aperto +che, come fui nel tempo de l'amore, +così ne l'odio son di te migliore. +Per altro modo punirò il tuo fallo, +che le mie man più nel tuo sangue porre. — +Così dicendo, fece sul cavallo +di verdi rami una bara comporre, +e quasi morto in quella riportallo +dentro al castello in una chiusa torre, +dove in perpetuo per punizione +candannò l'innocente a star prigione. +Non però ch'altra cosa avesse manco, +che la libertà prima del partire; +perché nel resto, come sciolto e franco +vi comandava e si facea ubidire. +Ma non essendo ancor l'animo stanco +di questa ria del suo pensier fornire, +quasi ogni giorno alla prigion veniva; +ch'avea le chiavi, e a suo piacer l'apriva: +e movea sempre al mio fratello assalti, +e con maggiore audacia che di prima. +— Questa tua fedeltà (dicea) che valti, +poi che perfidia per tutto si stima? +Oh che trionfi gloriosi ed alti! +oh che superbe spoglie e preda opima! +oh che merito al fin te ne risulta, +se, come a traditore, ognun t'insulta! +Quanto utilmente, quanto con tuo onore +m'avresti dato quel che da te volli! +Di questo sì ostinato tuo rigore +la gran mercé che tu guadagni, or tolli: +in prigion sei, né crederne uscir fuore, +se la durezza tua prima non molli. +Ma quando mi compiacci, io farò trama +di racquistarti e libertade e fama. — +— No, no (disse Filandro) aver mai spene +che non sia, come suol, mia vera fede, +se ben contra ogni debito mi avviene +ch'io ne riporti sì dura mercede, +e di me creda il mondo men che bene: +basta che inanti a quel che 'l tutto vede +e mi può ristorar di grazia eterna, +chiara la mia innocenza si discerna. +Se non basta ch'Argeo mi tenga preso, +tolgami ancor questa noiosa vita. +Forse non mi fia il premio in ciel conteso +de la buona opra, qui poco gradita. +Forse egli, che da me si chiama offeso, +quando sarà quest'anima partita, +s'avedrà poi d'avermi fatto torto, +e piangerà il fedel compagno morto. — +Così più volte la sfacciata donna +tenta Filandro, e torna senza frutto. +Ma il cieco suo desir, che non assonna +del scelerato amor traer costrutto, +cercando va più dentro ch'alla gonna +suoi vizi antiqui, e ne discorre il tutto. +Mille pensier fa d'uno in altro modo, +prima che fermi in alcun d'essi il chiodo. +Stette sei mesi che non messe piede, +come prima facea, ne la prigione; +di che il miser Filandro e spera e crede +che costei più non gli abbia affezione. +Ecco Fortuna, al mal propizia, diede +a questa scelerata occasione +di metter fin con memorabil male +al suo cieco appetito irrazionale. +Antiqua nimicizia avea il marito +con un baron detto Morando il bello, +che, non v'essendo Argeo, spesso era ardito +di correr solo, e sin dentro al castello; +ma s'Argeo v'era, non tenea lo 'nvito, +né s'accostava a dieci miglia a quello. +Or, per poterlo indur che ci venisse, +d'ire in Ierusalem per voto disse. +Disse d'andare; e partesi ch'ognuno +lo vede, e fa di ciò sparger le grida: +né il suo pensier, fuor che la moglie, alcuno +puote saper; che sol di lei si fida. +Torna poi nel castello all'aer bruno, +né mai, se non la notte, ivi s'annida; +e con mutate insegne al nuovo albore, +senza vederlo alcun, sempre esce fuore. +Se ne va in questa e in quella parte errando, +e volteggiando al suo castello intorno, +pur per veder se credulo Morando +volesse far, come solea, ritorno. +Stava il dì tutto alla foresta; e quando +ne la marina vedea ascoso il giorno, +venìa al castello, e per nascose porte +lo togliea dentro l'infedel consorte. +Crede ciascun, fuor che l'iniqua moglie, +che molte miglia Argeo lontan si trove. +Dunque il tempo oportuno ella si toglie: +al fratel mio va con malizie nuove. +Ha di lagrime a tutte le sue voglie +un nembo che dagli occhi al sen le piove. +— Dove potrò (dicea) trovare aiuto, +che in tutto l'onor mio non sia perduto? +E col mio quel del mio marito insieme, +il qual se fosse qui, non temerei. +Tu conosci Morando, e sai se teme, +quando Argeo non ci sente, omini e dei. +Questi or pregando, or minacciando, estreme +prove fa tuttavia, né alcun de' miei +lascia che non contamini, per trarmi +a' suoi desii, né so s'io potrò aitarmi. +Or c'ha inteso il partir del mio consorte, +e ch'al ritorno non sarà sì presto, +ha avuto ardir d'entrar ne la mia corte +senza altra scusa e senz'altro pretesto; +che se ci fosse il mio signor per sorte, +non sol non avria audacia di far questo, +ma non si terria ancor, per Dio, sicuro +d'appressarsi a tre miglia a questo muro. +E quel che già per messi ha ricercato, +oggi me l'ha richiesto a fronte a fronte, +e con tai modi, che gran dubbio è stato +de lo avvenirmi disonore ed onte, +e se non che parlar dolce gli ho usato, +e finto le mie voglie alle sue pronte, +saria a forza, di quel suto rapace, +che spera aver per mie parole in pace. +Promesso gli ho, non già per osservargli +(che fatto per timor, nullo è il contratto); +ma la mia intenzion fu per vietargli +quel che per forza avrebbe allora fatto. +Il caso è qui: tu sol pòi rimediargli; +del mio onor altrimenti sarà tratto, +e di quel del mio Argeo, che già m'hai detto +aver o tanto, o più che 'l proprio, a petto. +E se questo mi nieghi, io dirò dunque +ch'in te non sia la fé di che ti vanti; +ma che fu sol per crudeltà, qualunque +volta hai sprezzati i miei supplici pianti; +non per rispetto alcun d'Argeo, quantunque +m'hai questo scudo ognora opposto inanti. +Saria stato tra noi la cosa occulta; +ma di qui aperta infamia mi risulta. — +— Non si convien (disse Filandro) tale +prologo a me, per Argeo mio disposto. +Narrami pur quel che tu vuoi, che quale +sempre fui, di sempre essere ho proposto; +e ben ch'a torto io ne riporti male, +a lui non ho questo peccato imposto. +Per lui son pronto andare anco alla morte, +e siami contra il mondo e la mia sorte. — +Rispose l'empia: — Io voglio che tu spenga +colui che 'l nostro disonor procura. +Non temer ch'alcun mal di ciò t'avenga; +ch'io te ne mostrerò la via sicura. +Debbe egli a me tornar come rivenga +su l'ora terza la notte più scura; +e fatto un segno de ch'io l'ho avvertito, +io l'ho a tor dentro, che non sia sentito. +A te non graverà prima aspettarme +ne la camera mia dove non luca, +tanto che dispogliar gli faccia l'arme, +e quasi nudo in man te lo conduca. — +Così la moglie conducesse parme +il suo marito alla tremenda buca; +se per dritto costei moglie s'appella, +più che furia infernal crudele e fella. +Poi che la notte scelerata venne, +fuor trasse il mio fratel con l'arme in mano; +e ne l'oscura camera lo tenne, +fin che tornasse il miser castellano. +Come ordine era dato, il tutto avvenne; +che 'l consiglio del mal va raro invano. +Così Filandro il buon Argeo percosse, +che si pensò che quel Morando fosse. +Con esso un colpo il capo fesse e il collo; +ch'elmo non v'era, e non vi fu riparo. +Pervenne Argeo, senza pur dare un crollo, +de la misera vita al fine amaro: +e tal l'uccise, che mai non pensollo, +né mai l'avria creduto: oh caso raro! +che cercando giovar, fece all'amico +quel di che peggio non si fa al nimico. +Poscia ch'Argeo non conosciuto giacque, +rende a Gabrina il mio fratel la spada. +Gabrina è il nome di costei, che nacque +sol per tradire ognun che in man le cada. +Ella, che 'l ver fin a quell'ora tacque, +vuol che Filandro a riveder ne vada +col lume in mano il morto ond'egli è reo: +e gli dimostra il suo compagno Argeo. +E gli minaccia poi, se non consente +all'amoroso suo lungo desire, +di palesare a tutta quella gente +quel ch'egli ha fatto, e nol può contradire; +e lo farà vituperosamente +come assassino e traditor morire: +e gli ricorda che sprezzar la fama +non de', se ben la vita sì poco ama. +Pien di paura e di dolor rimase +Filandro, poi che del suo error s'accorse. +Quasi il primo furor gli persuase +d'uccider questa, e stette un pezzo in forse: +e se non che ne le nimiche case +si ritrovò (che la ragion soccorse), +non si trovando avere altr'arme in mano, +coi denti la stracciava a brano a brano. +Come ne l'alto mar legno talora, +che da duo venti sia percosso e vinto, +ch'ora uno inanzi l'ha mandato, ed ora +un altro al primo termine respinto, +e l'han girato da poppa e da prora, +dal più possente al fin resta sospinto; +così Filandro, tra molte contese +de' duo pensieri, al manco rio s'apprese. +Ragion gli dimostrò il pericol grande, +oltre al morir, del fine infame e sozzo, +se l'omicidio nel castel si spande; +e del pensare il termine gli è mozzo. +Voglia o non voglia, al fin convien che mande +l'amarissimo calice nel gozzo. +Pur finalmente ne l'afflitto core +più de l'ostinazion poté il timore. +Il timor del supplicio infame e brutto +prometter fece con mille scongiuri, +che faria di Gabrina il voler tutto, +se di quel luogo se partian sicuri. +Così per forza colse l'empia il frutto +del suo desire, e poi lasciar quei muri. +Così Filandro a noi fece ritorno, +di sé lasciando in Grecia infamia e scorno. +E portò nel cor fisso il suo compagno +che così scioccamente ucciso avea, +per far con sua gran noia empio guadagno +d'una Progne crudel, d'una Medea. +E se la fede e il giuramento, magno +e duro freno, non lo ritenea, +come al sicuro fu, morta l'avrebbe; +ma, quanto più si puote, in odio l'ebbe. +Non fu da indi in qua rider mai visto: +tutte le sue parole erano meste, +sempre sospir gli uscian dal petto tristo, +ed era divenuto un nuovo Oreste, +poi che la madre uccise e il sacro Egisto, +e che l'ultrice Furie ebbe moleste. +E senza mai cessar, tanto l'afflisse +questo dolor, ch'infermo al letto il fisse. +Or questa meretrice, che si pensa +quanto a quest'altro suo poco sia grata, +muta la fiamma già d'amore intensa +in odio, in ira ardente ed arrabbiata; +né meno è contra al mio fratello accensa, +che fosse contra Argeo la scelerata: +e dispone tra sé levar dal mondo, +come il primo marito, anco il secondo. +Un medico trovò d'inganni pieno, +sufficiente ed atto a simil uopo, +che sapea meglio uccider di veneno, +che risanar gl'infermi di silopo; +e gli promesse, inanzi più che meno +di quel che domandò, donargli, dopo +ch'avesse con mortifero liquore +levatole dagli occhi il suo signore. +Già in mia presenza e d'altre più persone +venìa col tosco in mano il vecchio ingiusto, +dicendo ch'era buona pozione +da ritornare il mio fratel robusto. +Ma Gabrina con nuova intenzione, +pria che l'infermo ne turbasse il gusto, +per torsi il consapevole d'appresso, +o per non dargli quel ch'avea promesso, +la man gli prese, quando a punto dava +la tazza dove il tosco era celato, +dicendo: — Ingiustamente è se 'l ti grava +ch'io tema per costui c'ho tanto amato. +Voglio esser certa che bevanda prava +tu non gli dia, né succo avelenato; +e per questo mi par che 'l beveraggio +non gli abbi a dar, se non ne fai tu il saggio. — +Come pensi, signor, che rimanesse +il miser vecchio conturbato allora? +La brevità del tempo sì l'oppresse, +che pensar non poté che meglio fôra; +pur, per non dar maggior sospetto, elesse +il calice gustar senza dimora: +e l'infermo, seguendo una tal fede, +tutto il resto pigliò, che si gli diede. +Come sparvier che nel piede grifagno +tenga la starna e sia per trarne pasto, +dal can che si tenea fido compagno, +ingordamente è sopragiunto e guasto; +così il medico intento al rio guadagno, +donde sperava aiuto ebbe contrasto. +Odi di summa audacia esempio raro! +e così avvenga a ciascun altro avaro. +Fornito questo, il vecchio s'era messo, +per ritornare alla sua stanza, in via, +ed usar qualche medicina appresso, +che lo salvasse da la peste ria; +ma da Gabrina non gli fu concesso, +dicendo non voler ch'andasse pria +che 'l succo ne lo stomaco digesto +il suo valor facesse manifesto. +Pregar non val, né far di premio offerta, +che lo voglia lasciar quindi partire. +Il disperato, poi che vede certa +la morte sua, né la poter fuggire, +ai circostanti fa la cosa aperta; +né la seppe costei troppo coprire. +E così quel che fece agli altri spesso, +quel buon medico al fin fece a se stesso: +e sequitò con l'alma quella ch'era +già de mio frate caminata inanzi. +Noi circostanti, che la cosa vera +del vecchio udimmo, che fe' pochi avanzi, +pigliammo questa abominevol fera, +più crudel di qualunque in selva stanzi; +e la serrammo in tenebroso loco, +per condannarla al meritato foco. — +Questo Ermonide disse, e più voleva +seguir, com'ella di prigion levossi; +ma il dolor de la piaga sì l'aggreva, +che pallido ne l'erba riversossi. +Intanto duo scudier, che seco aveva, +fatto una bara avean di rami grossi: +Ermonide si fece in quella porre; +ch'indi altrimente non si potea torre. +Zerbin col cavallier fece sua scusa, +che gl'increscea d'averli fatto offesa; +ma, come pur tra cavallieri s'usa, +colei che venìa seco avea difesa: +ch'altrimente sua fé saria confusa; +perché, quando in sua guardia l'avea presa, +promesse a sua possanza di salvarla +contra ognun che venisse a disturbarla. +E s'in altro potea gratificargli, +prontissimo offeriase alla sua voglia. +Rispose il cavallier, che ricordargli +sol vuol, che da Gabrina si discioglia +prima ch'ella abbia cosa a machinargli, +di ch'esso indarno poi si penta e doglia. +Gabrina tenne sempre gli occhi bassi, +perché non ben risposta al vero dassi. +Con la vecchia Zerbin quindi partisse +al già promesso debito viaggio; +e tra sé tutto il dì la maledisse, +che far gli fece a quel barone oltraggio. +Ed or che pel gran mal che gli ne disse +chi lo sapea, di lei fu istrutto e saggio, +se prima l'avea a noia e a dispiacere, +or l'odia sì che non la può vedere. +Ella che di Zerbin sa l'odio a pieno, +né in mala voluntà vuole esser vinta, +un'oncia a lui non ne riporta meno: +la tien di quarta, e la rifà di quinta. +Nel cor era gonfiata di veneno, +e nel viso altrimente era dipinta. +Dunque ne la concordia ch'io vi dico, +tenean lor via per mezzo il bosco antico. +Ecco, volgendo il sol verso la sera, +udiron gridi e strepiti e percosse, +che facean segno di battaglia fiera +che, quanto era il rumor, vicina fosse. +Zerbino, per veder la cosa ch'era, +verso il rumore in gran fretta si mosse: +non fu Gabrina lenta a seguitarlo. +Di quel ch'avvenne, all'altro canto io parlo. Cortesi donne e grate al vostro amante, +voi che d'un solo amor sète contente, +come che certo sia, fra tante e tante, +che rarissime siate in questa mente; +non vi dispiaccia quel ch'io dissi inante, +quando contra Gabrina fui sì ardente, +e s'ancor son per spendervi alcun verso, +di lei biasmando l'animo perverso. +Ella era tale; e come imposto fummi +da chi può in me, non preterisco il vero. +Per questo io non oscuro gli onor summi +d'una e d'un'altra ch'abbia il cor sincero. +Quel che 'l Maestro suo per trenta nummi +diede a' Iudei, non nocque a Ianni o a Piero; +né d'Ipermestra è la fama men bella, +se ben di tante inique era sorella. +Per una che biasmar cantando ardisco +(che l'ordinata istoria così vuole), +lodarne cento incontra m'offerisco, +e far lor virtù chiara più che 'l sole. +Ma tornando al lavor che vario ordisco, +ch'a molti, lor mercé, grato esser suole, +del cavallier di Scozia io vi dicea, +ch'un alto grido appresso udito avea. +Fra due montagne entrò in un stretto calle +onde uscia il grido, e non fu molto inante, +che giunse dove in una chiusa valle +si vide un cavallier morto davante. +Chi sia dirò; ma prima dar le spalle +a Francia voglio, e girmene in Levante, +tanto ch'io trovi Astolfo paladino, +che per Ponente avea preso il camino. +Io lo lasciai ne la città crudele, +onde col suon del formidabil corno +avea cacciato il populo infedele, +e gran periglio toltosi d'intorno, +ed a' compagni fatto alzar le vele, +e dal lito fuggir con grave scorno. +Or seguendo di lui, dico che prese +la via d'Armenia, e uscì di quel paese. +E dopo alquanti giorni in Natalia +trovossi, e inverso Bursia il camin tenne; +onde, continuando la sua via +di qua dal mare, in Tracia se ne venne. +Lungo il Danubio andò per l'Ungaria; +e come avesse il suo destrier le penne, +i Moravi e i Boemi passò in meno +di venti giorni e la Franconia e il Reno. +Per la selva d'Ardenna in Aquisgrana +giunse e in Barbante, e in Fiandra al fin s'imbarca. +L'aura che soffia verso tramontana, +la vela in guisa in su la prora carca, +ch'a mezzo giorno Astolfo non lontana +vede Inghilterra, ove nel lito varca. +Salta a cavallo, e in tal modo lo punge, +ch'a Londra quella sera ancora giunge. +Quivi sentendo poi che 'l vecchio Otone +già molti mesi inanzi era in Parigi, +e che di nuovo quasi ogni barone +avea imitato i suoi degni vestigi; +d'andar subito in Francia si dispone: +e così torna al porto di Tamigi, +onde con le vele alte uscendo fuora, +verso Calessio fe' drizzar la prora. +Un ventolin che leggiermente all'orza +ferendo, avea adescato il legno all'onda, +a poco a poco cresce e si rinforza; +poi vien sì, ch'al nocchier ne soprabonda. +Che li volti la poppa al fine è forza; +se non, gli caccerà sotto la sponda. +Per la schena del mar tien dritto il legno, +e fa camin diverso al suo disegno. +Or corre a destra, or a sinistra mano, +di qua di là, dove fortuna spinge, +e piglia terra al fin presso a Roano; +e come prima il dolce lito attinge, +fa rimetter la sella a Rabicano, +e tutto s'arma e la spada si cinge. +Prende il camino, ed ha seco quel corno +che gli val più che mille uomini intorno. +E giunse, traversando una foresta, +a piè d'un colle ad una chiara fonte, +ne l'ora che 'l monton di pascer resta, +chiuso in capanna, o sotto un cavo monte. +E dal gran caldo e da la sete infesta +vinto, si trasse l'elmo da la fronte; +legò il destrier tra le più spesse fronde, +e poi venne per bere alle fresche onde. +Non avea messo ancor le labra in molle, +ch'un villanel che v'era ascoso appresso, +sbuca fuor d'una macchia, e il destrier tolle, +sopra vi sale, e se ne va con esso. +Astolfo il rumor sente, e'l capo estolle; +e poi che 'l danno suo vede sì espresso, +lascia la fonte, e sazio senza bere, +gli va dietro correndo a più potere. +Quel ladro non si stende a tutto corso, +che dileguato si saria di botto; +ma or lentando or raccogliendo il morso, +se ne va di galoppo e di buon trotto. +Escon del bosco dopo un gran discorso; +e l'uno e l'altro al fin si fu ridotto +là dove tanti nobili baroni +eran senza prigion più che prigioni. +Dentro il palagio il villanel si caccia +con quel destrier che i venti al corso adegua. +Forza è ch'Astolfo, il qual lo scudo impaccia, +l'elmo e l'altr'arme, di lontan lo segua. +Pur giunge anch'egli, e tutta quella traccia +che fin qui avea seguita, si dilegua; +che più né Rabican né 'l ladro vede, +e gira gli occhi, e indarno affretta il piede; +affretta il piede e va cercando invano +e le logge e le camere e le sale; +ma per trovare il perfido villano, +di sua fatica nulla si prevale. +Non sa dove abbia ascoso Rabicano, +quel suo veloce sopra ogni animale; +e senza frutto alcun tutto quel giorno +cercò di su di giù, dentro e d'intorno. +Confuso e lasso d'aggirarsi tanto, +s'avvide che quel loco era incantato; +e del libretto ch'avea sempre a canto, +che Logistilla in India gli avea dato, +acciò che, ricadendo in nuovo incanto, +potessi aitarsi, si fu ricordato: +all'indice ricorse, e vide tosto +a quante carte era il rimedio posto. +Del palazzo incantato era difuso +scritto nel libro; e v'eran scritti i modi +di fare il mago rimaner confuso, +e a tutti quei prigion di sciorre i nodi. +Sotto la soglia era uno spirto chiuso, +che facea questi inganni e queste frodi: +e levata la pietra ov'è sepolto, +per lui sarà il palazzo in fumo sciolto. +Desideroso di condurre a fine +il paladin sì gloriosa impresa, +non tarda più che 'l braccio non inchine +a provar quanto il grave marmo pesa. +Come Atlante le man vede vicine +per far che l'arte sua sia vilipesa, +sospettoso di quel che può avvenire, +lo va con nuovi incanti ad assalire. +Lo fa con diaboliche sue larve +parer da quel diverso, che solea: +gigante ad altri, ad altri un villan parve, +ad altri un cavallier di faccia rea. +Ognuno in quella forma in che gli apparve +nel bosco il mago, il paladin vedea; +sì che per riaver quel che gli tolse +il mago, ognuno al paladin si volse. +Ruggier, Gradasso, Iroldo, Bradamante, +Brandimarte, Prasildo, altri guerrieri +in questo nuovo error si fero inante, +per distruggere il duca accesi e fieri. +Ma ricordossi il corno in quello istante, +che fe' loro abbassar gli animi altieri. +Se non si soccorrea col grave suono, +morto era il paladin senza perdono. +Ma tosto che si pon quel corno a bocca +e fa sentire intorno il suono orrendo, +a guisa dei colombi, quando scocca +lo scoppio, vanno i cavallier fuggendo. +Non meno al negromante fuggir tocca, +non men fuor de la tana esce temendo +pallido e sbigottito, e se ne slunga +tanto, che 'l suono orribil non lo giunga. +Fuggì il guardian coi suo' prigioni; e dopo +de le stalle fuggir molti cavalli, +ch'altro che fune a ritenerli era uopo, +e seguiro i patron per vari calli. +In casa non restò gatta né topo +al suon che par che dica: Dàlli, dàlli. +Sarebbe ito con gli altri Rabicano, +se non ch'all'uscir venne al duca in mano. +Astolfo, poi ch'ebbe cacciato il mago, +levò di su la soglia il grave sasso, +e vi ritrovò sotto alcuna imago, +ed altre cose che di scriver lasso: +e di distrugger quello incanto vago, +di ciò che vi trovò, fece fraccasso, +come gli mostra il libro che far debbia; +e si sciolse il palazzo in fumo e in nebbia. +Quivi trovò che di catena d'oro +di Ruggiero il cavallo era legato, +parlo di quel che 'l negromante moro +per mandarlo ad Alcina gli avea dato; +a cui poi Logistilla fe' il lavoro +del freno, ond'era in Francia ritornato, +e girato da l'India all'Inghilterra +tutto avea il lato destro de la terra. +Non so se vi ricorda che la briglia +lasciò attaccata all'arbore quel giorno +che nuda da Ruggier sparì la figlia +di Galafrone, e gli fe' l'alto scorno. +Fe' il volante destrier, con maraviglia +di chi lo vide, al mastro suo ritorno; +e con lui stette infin al giorno sempre, +che de l'incanto fur rotte le tempre. +Non potrebbe esser stato più giocondo +d'altra aventura Astolfo, che di questa; +che per cercar la terra e il mar, secondo +ch'avea desir, quel ch'a cercar gli resta, +e girar tutto in pochi giorni il mondo, +troppo venìa questo ippogrifo a sesta. +Sapea egli ben quanto a portarlo era atto, +che l'avea altrove assai provato in fatto. +Quel giorno in India lo provò, che tolto +da la savia Melissa fu di mano +a quella scelerata che travolto +gli avea in mirto silvestre il viso umano: +e ben vide e notò come raccolto +gli fu sotto la briglia il capo vano +da Logistilla, e vide come istrutto +fosse Ruggier di farlo andar per tutto. +Fatto disegno l'ippogrifo torsi, +la sella sua, ch'appresso avea, gli messe; +e gli fece, levando da più morsi +una cosa ed un'altra, un che lo resse; +che dei destrier ch'in fuga erano corsi, +quivi attaccate eran le briglie spesse. +Ora un pensier di Rabicano solo +lo fa tardar che non si leva a volo. +D'amar quel Rabicano avea ragione; +che non v'era un miglior per correr lancia, +e l'avea da l'estrema regione +de l'India cavalcato insin in Francia. +Pensa egli molto; e in somma si dispone +darne più tosto ad un suo amico mancia, +che, lasciandolo quivi in su la strada, +se l'abbia il primo ch'a passarvi accada. +Stava mirando se vedea venire +pel bosco o cacciatore o alcun villano, +da cui far si potesse indi seguire +a qualche terra, e trarvi Rabicano. +Tutto quel giorno e sin all'apparire +de l'altro stette riguardando invano. +L'altro matin, ch'era ancor l'aer fosco, +veder gli parve un cavallier pel bosco. +Ma mi bisogna, s'io vo' dirvi il resto, +ch'io trovi Ruggier prima e Bradamante. +Poi che si tacque il corno, e che da questo +loco la bella coppia fu distante, +guardò Ruggiero, e fu a conoscer presto +quel che fin qui gli avea nascoso Atlante: +fatto avea Atlante che fin a quell'ora +tra lor non s'eran conosciuti ancora. +Ruggier riguarda Bradamante, ed ella +riguarda lui con alta maraviglia, +che tanti dì l'abbia offuscato quella +illusion sì l'animo e le ciglia. +Ruggiero abbraccia la sua donna bella, +che più che rosa ne divien vermiglia; +e poi di su la bocca i primi fiori +cogliendo vien dei suoi beati amori. +Tornaro ad iterar gli abbracciamenti +mille fiate, ed a tenersi stretti +i duo felici amanti, e sì contenti, +ch'a pena i gaudi lor capiano i petti. +Molto lor duol che per incantamenti, +mentre che fur negli errabondi tetti, +tra lor non s'eran mai riconosciuti, +e tanti lieti giorni eran perduti. +Bradamante, disposta di far tutti +i piaceri che far vergine saggia +debbia ad un suo amator, sì che di lutti, +senza il suo onore offendere, il sottraggia; +dice a Ruggier, se a dar gli ultimi frutti +lei non vuol sempre aver dura e selvaggia, +la faccia domandar per buoni mezzi +al padre Amon: ma prima si battezzi. +Ruggier, che tolto avria non solamente +viver cristiano per amor di questa, +com'era stato il padre, e antiquamente +l'avolo e tutta la sua stirpe onesta; +ma, per farle piacere, immantinente +data le avria la vita che gli resta: +— Non che ne l'acqua (disse), ma nel fuoco +per tuo amor porre il capo mi fia poco. — +Per battezzarsi dunque, indi per sposa +la donna aver, Ruggier si messe in via, +guidando Bradamante a Vallombrosa +(così fu nominata una badia +ricca e bella, né men religiosa, +e cortese a chiunque vi venìa); +e trovaro all'uscir de la foresta +donna che molto era nel viso mesta. +Ruggier, che sempre uman, sempre cortese +era a ciascun, ma più alle donne molto, +come le belle lacrime comprese +cader rigando il delicato volto, +n'ebbe pietade, e di disir s'accese +di saper il suo affanno; ed a lei volto, +dopo onesto saluto, domandolle +perch'avea sì di pianto il viso molle. +Ed ella, alzando i begli umidi rai, +umanissimamente gli rispose, +e la cagion de' suoi penosi guai, +poi che le domandò, tutta gli espose. +— Gentil signor (disse ella), intenderai +che queste guance son sì lacrimose +per la pietà ch'a un giovinetto porto, +ch'in un castel qui presso oggi fia morto. +Amando una gentil giovane e bella, +che di Marsilio re di Spagna è figlia, +sotto un vel bianco e in feminil gonella, +finta la voce e il volger de le ciglia, +egli ogni notte si giacea con quella, +senza darne sospetto alla famiglia: +ma sì secreto alcuno esser non puote, +ch'al lungo andar non sia chi 'l vegga e note. +Se n'accorse uno, e ne parlò con dui; +gli dui con altri, insin ch'al re fu detto. +Venne un fedel del re l'altr'ieri a nui, +che questi amanti fe' pigliar nel letto; +e ne la rocca gli ha fatto ambedui +divisamente chiudere in distretto: +né credo per tutto oggi ch'abbia spazio +il gioven, che non mora in pena e in strazio. +Fuggita me ne son per non vedere +tal crudeltà; che vivo l'arderanno: +né cosa mi potrebbe più dolere, +che faccia di sì bel giovine il danno; +né potrò aver giamai tanto piacere, +che non si volga subito in affanno, +che de la crudel fiamma mi rimembri, +ch'abbia arsi i belli e delicati membri. — +Bradamante ode, e par ch'assai le prema +questa novella, e molto il cor l'annoi; +né par che men per quel dannato tema, +che se fosse uno dei fratelli suoi. +Né certo la paura in tutto scema +era di causa, come io dirò poi. +Si volse ella a Ruggiero, e disse: — Parme +ch'in favor di costui sien le nostr'arme. — +E disse a quella mesta: — Io ti conforto +che tu vegga di porci entro alle mura, +che se 'l giovine ancor non avran morto, +più non l'uccideran, stanne sicura. — +Ruggiero, avendo il cor benigno scorto +de la sua donna e la pietosa cura, +sentì tutto infiammarsi di desire +di non lasciare il giovine morire. +Ed alla donna, a cui dagli occhi cade +un rio di pianto, dice: — Or che s'aspetta? +Soccorrer qui, non lacrimare accade: +fa ch'ove è questo tuo, pur tu ci metta. +Di mille lance trar, di mille spade +tel promettian, pur che ci meni in fretta: +ma studia il passo più che puoi, che tarda +non sia l'aita, e intanto il fuoco l'arda. — +L'alto parlare e la fiera sembianza +di quella coppia a maraviglia ardita, +ebbon di tornar forza la speranza +colà dond'era già tutta fuggita; +ma perch'ancor, più che la lontananza, +temeva il ritrovar la via impedita, +e che saria per questo indarno presa, +stava la donna in sé tutta sospesa. +Poi disse lor: — Facendo noi la via +che dritta e piana va fin a quel loco, +credo ch'a tempo vi si giungeria, +che non sarebbe ancora acceso il fuoco: +ma gir convien per così torta e ria, +che 'l termine d'un giorno saria poco +a riuscirne; e quando vi saremo, +che troviam morto il giovine mi temo. — +— E perché non andian (disse Ruggiero) +per la più corta? — E la donna rispose: +— Perché un castel de' conti da Pontiero +tra via si trova, ove un costume pose, +non son tre giorni ancora, iniquo e fiero +a cavallieri e a donne aventurose, +Pinabello, il peggior uomo che viva, +figliuol del conte Anselmo d'Altariva. +Quindi né cavallier né donna passa, +che se ne vada senza ingiuria e danni: +l'uno e l'altro a piè resta; ma vi lassa +il guerrier l'arme, e la donzella i panni. +Miglior cavallier lancia non abbassa, +e non abbassò in Francia già molt'anni, +di quattro che giurato hanno al castello +la legge mantener di Pinabello. +Come l'usanza (che non è più antiqua +di tre dì) cominciò, vi vo' narrare; +e sentirete se fu dritta o obliqua +cagion che i cavallier fece giurare. +Pinabello ha una donna così iniqua, +così bestial, ch'al mondo è senza pare; +che con lui, non so dove, andando un giorno, +ritrovò un cavallier che le fe' scorno. +Il cavallier, perché da lei beffato +fu d'una vecchia che portava in groppa, +giostrò con Pinabel ch'era dotato +di poca forza e di superbia troppa; +ed abbattello, e lei smontar nel prato +fece, e provò s'andava dritta o zoppa: +lasciolla a piede, e fe' de la gonella +di lei vestir l'antiqua damigella. +Quella ch'a piè rimase, dispettosa, +e di vendetta ingorda e sitibonda, +congiunta a Pinabel che d'ogni cosa +dove sia da mal far, ben la seconda, +né giorno mai, né notte mai riposa, +e dice che non fia mai più gioconda, +se mille cavallieri e mille donne +non mette a piedi, e lor tolle arme e gonne. +Giunsero il dì medesmo, come accade, +quattro gran cavallieri ad un suo loco, +li quai di rimotissime contrade +venuti a queste parti eran di poco; +di tal valor, che non ha nostra etade +tant'altri buoni al bellicoso gioco: +Aquilante, Grifone e Sansonetto, +ed un Guidon Selvaggio giovinetto. +Pinabel con sembiante assai cortese +al castel ch'io v'ho detto gli raccolse. +La notte poi tutti nel letto prese, +e presi tenne; e prima non li sciolse, +che li fece giurar ch'un anno e un mese +(questo fu a punto il termine che tolse) +stariano quivi, e spogliarebbon quanti +vi capitasson cavallieri erranti; +e le donzelle ch'avesson con loro +porriano a piedi, e torrian lor le vesti. +Così giurar, così costretti foro +ad osservar, ben che turbati e mesti. +Non par che fin a qui contra costoro +alcun possa giostrar, ch'a piè non resti: +e capitati vi sono infiniti, +ch'a piè e senz'arme se ne son partiti. +È ordine tra lor, che chi per sorte +esce fuor prima, vada a correr solo: +ma se trova il nimico così forte, +che resti in sella, e getti lui nel suolo, +sono ubligati gli altri infin a morte +pigliar l'impresa tutti in uno stuolo. +Vedi or, se ciascun d'essi è così buono, +quel ch'esser de', se tutti insieme sono. +Poi non conviene all'importanza nostra +che ne vieta ogni indugio, ogni dimora, +che punto vi fermiate a quella giostra; +e presuppongo che vinciate ancora, +che vostra alta presenza lo dimostra, +ma non è cosa da fare in un'ora; +ed è gran dubbio che 'l giovine s'arda, +se tutto oggi a soccorrerlo si tarda. — +Disse Ruggier: — Non riguardiamo a questo: +facciàn nui quel che si può far per nui; +abbia chi regge il ciel cura del resto, +o la Fortuna, se non tocca a lui. +Ti fia per questa giostra manifesto, +se buoni siamo d'aiutar colui +che per cagion sì debole e sì lieve, +come n'hai detto, oggi bruciar si deve. — +Senza risponder altro, la donzella +si messe per la via ch'era più corta. +Più di tre miglia non andar per quella, +che si trovaro al ponte ed alla porta +dove si perdon l'arme e la gonnella, +e de la vita gran dubbio si porta. +Al primo apparir lor, di su la rocca +è chi duo botti la campana tocca. +Ed ecco de la porta con gran fretta, +trottando s'un ronzino, un vecchio uscìo; +e quel venìa gridando: — Aspetta aspetta: +restate olà, che qui si paga il fio: +e se l'usanza non v'è stata detta, +che qui si tiene, or ve la vo' dir io. — +E contar loro incominciò di quello +costume, che servar fa Pinabello. +Poi seguitò, volendo dar consigli, +com'era usato agli altri cavallieri: +— Fate spogliar la donna (dicea), figli, +e voi l'arme lasciateci e i destrieri; +e non vogliate mettervi a perigli +d'andare incontra a tai quattro guerrieri. +Per tutto vesti, arme e cavalli s'hanno: +la vita sol mai non ripara il danno. — +— Non più (disse Ruggier), non più; ch'io sono +del tutto informatissimo, e qui venni +per far prova di me, se così buono +in fatti son, come nel cor mi tenni. +Arme, vesti e cavallo altrui non dono, +s'altro non sento che minacce e cenni; +e son ben certo ancor, che per parole +il mio compagno le sue dar non vuole. +Ma, per Dio, fa ch'io vegga tosto in fronte +quei che ne voglion torre arme e cavallo; +ch'abbiamo da passar anco quel monte, +e qui non si può far troppo intervallo. — +Rispose il vecchio: — Eccoti fuor del ponte +chi vien per farlo: — e non lo disse in fallo; +ch'un cavallier n'uscì, che sopraveste +vermiglie avea, di bianchi fior conteste. +Bradamante pregò molto Ruggiero +che le lasciasse in cortesia l'assunto +di gittar de la sella il cavalliero, +ch'avea di fiori il bel vestir trapunto; +ma non poté impetrarlo, e fu mestiero +a lei far ciò che Ruggier volse a punto. +Egli volse l'impresa tutta avere, +e Bradamante si stesse a vedere. +Ruggiero al vecchio domandò chi fosse +questo primo ch'uscia fuor de la porta. +— È Sansonetto (disse); che le rosse +veste conosco e i bianchi fior che porta. — +L'uno di qua, l'altro di là si mosse +senza parlarsi, e fu l'indugia corta; +che s'andaro a trovar coi ferri bassi, +molto affrettando i lor destrieri i passi. +In questo mezzo de la rocca usciti +eran con Pinabel molti pedoni, +presti per levar l'arme ed espediti +ai cavallier ch'uscian fuor degli arcioni. +Veniansi incontra i cavallieri arditi, +fermando in su le reste i gran lancioni, +grossi duo palmi, di nativo cerro, +che quasi erano uguali insino al ferro. +Di tali n'avea più d'una decina +fatto tagliar di su lor ceppi vivi +Sansonetto a una selva indi vicina, +e portatone duo per giostrar quivi. +Aver scudo e corazza adamantina +bisogna ben, che le percosse schivi. +Aveane fatto dar, tosto che venne, +l'uno a Ruggier, l'altro per sé ritenne. +Con questi, che passar dovean gl'incudi +(sì ben ferrate avean le punte estreme), +di qua e di là fermandoli agli scudi, +a mezzo il corso si scontraro insieme. +Quel di Ruggiero, che i demòni ignudi +fece sudar, poco del colpo teme: +de lo scudo vo' dir che fece Atlante, +de le cui forze io v'ho già detto inante. +Io v'ho già detto che con tanta forza +l'incantato splendor negli occhi fere, +ch'al discoprirsi ogni veduta ammorza, +e tramortito l'uom fa rimanere: +perciò, s'un gran bisogno non lo sforza, +d'un vel coperto lo solea tenere. +Si crede ch'anco impenetrabil fosse, +poi ch'a questo incontrar nulla si mosse. +L'altro, ch'ebbe l'artefice men dotto, +il gravissimo colpo non sofferse. +Come tocco da fulmine, di botto +diè loco al ferro, e pel mezzo s'aperse; +diè loco al ferro, e quel trovò di sotto +il braccio ch'assai mal si ricoperse; +sì che ne fu ferito Sansonetto, +e de la sella tratto al suo dispetto. +E questo il primo fu di quei compagni +che quivi mantenean l'usanza fella, +che de le spoglie altrui non fe' guadagni, +e ch'alla giostra uscì fuor de la sella. +Convien chi ride, anco talor si lagni, +e Fortuna talor trovi ribella. +Quel da la rocca, replicando il botto, +ne fece agli altri cavallieri motto. +S'era accostato Pinabello intanto +a Bradamante, per saper chi fusse +colui che con prodezza e valor tanto +il cavallier del suo castel percusse. +La giustizia di Dio, per dargli quanto +era il merito suo, vi lo condusse +su quel destrier medesimo ch'inante +tolto avea per inganno a Bradamante. +Fornito a punto era l'ottavo mese +che, con lei ritrovandosi a camino, +(se 'l vi raccorda) questo Maganzese +la gittò ne la tomba di Merlino, +quando da morte un ramo la difese, +che seco cadde, anzi il suo buon destino; +e trassene, credendo ne lo speco +ch'ella fosse sepolta, il destrier seco. +Bradamante conosce il suo cavallo, +e conosce per lui l'iniquo conte; +e poi ch'ode la voce, e vicino hallo +con maggiore attenzion mirato in fronte: +— Questo è il traditor (disse), senza fallo, +che procacciò di farmi oltraggio ed onte: +ecco il peccato suo, che l'ha condutto +ove avrà de' suoi merti il premio tutto. — +Il minacciare e il por mano alla spada +fu tutto a un tempo, e lo aventarsi a quello; +ma inanzi tratto gli levò la strada, +che non poté fuggir verso il castello. +Tolta è la speme ch'a salvar si vada, +come volpe alla tana, Pinabello. +Egli gridando e senza mai far testa, +fuggendo si cacciò ne la foresta. +Pallido e sbigottito il miser sprona, +che posto ha nel fuggir l'ultima speme. +L'animosa donzella di Dordona +gli ha il ferro ai fianchi, e lo percuote e preme: +vien con lui sempre, e mai non l'abbandona. +Grande è il rumore, e il bosco intorno geme. +Nulla al castel di questo ancor s'intende, +però ch'ognuno a Ruggier solo attende. +Gli altri tre cavallier de la fortezza +intanto erano usciti in su la via; +ed avean seco quella male avezza +che v'avea posta la costuma ria. +A ciascun di lor tre, che 'l morir prezza +più ch'aver vita che con biasmo sia, +di vergogna arde il viso, e il cor di duolo, +che tanti ad assalir vadano un solo. +La crudel meretrice ch'avea fatto +por quella iniqua usanza ed osservarla, +il giuramento lor ricorda e il patto +ch'essi fatti l'avean, di vendicarla. +— Se sol con questa lancia te gli abbatto, +perché mi vòi con altre accompagnarla? +(dicea Guidon Selvaggio): e s'io ne mento, +levami il capo poi, ch'io son contento. — +Così dicea Grifon, così Aquilante. +Giostrar da sol a sol volea ciascuno, +e preso e morto rimanere inante +ch'incontra un sol volere andar più d'uno. +La donna dicea loro: — A che far tante +parole qui senza profitto alcuno? +Per torre a colui l'arme io v'ho qui tratti, +non per far nuove leggi e nuovi patti. +Quando io v'avea in prigione, era da farme +queste escuse, e non ora, che son tarde. +Voi dovete il preso ordine servarme, +non vostre lingue far vane e bugiarde. — +Ruggier gridava lor: — Eccovi l'arme, +ecco il destrier c'ha nuovo e sella e barde; +i panni de la donna eccovi ancora: +se li volete, a che più far dimora? — +La donna del castel da un lato preme, +Ruggier da l'altro li chiama e rampogna, +tanto ch'a forza si spiccaro insieme, +ma nel viso infiammati di vergogna. +Dinanzi apparve l'uno e l'altro seme +del marchese onorato di Borgogna; +ma Guidon, che più grave ebbe il cavallo, +venìa lor dietro con poco intervallo. +Con la medesima asta con che avea +Sansonetto abbattuto, Ruggier viene, +coperto da lo scudo che solea +Atlante aver sui monti di Pirene: +dico quello incantato, che splendea +tanto, ch'umana vista nol sostiene; +a cui Ruggier per l'ultimo soccorso +nei più gravi perigli avea ricorso. +Ben che sol tre fiate bisognolli, +e certo in gran perigli, usarne il lume: +le prime due, quando dai regni molli +si trasse a più lodevole costume; +la terza, quando i denti mal satolli +lasciò de l'orca alle marine spume, +che dovean devorar la bella nuda +che fu a chi la campò poi così cruda. +Fuor che queste tre volte, tutto 'l resto +lo tenea sotto un velo in modo ascoso, +ch'a discoprirlo esser potea ben presto, +che del suo aiuto fosse bisognoso. +Quivi alla giostra ne venìa con questo, +come io v'ho detto ancora, sì animoso, +che quei tre cavallier che vedea inanti, +manco temea che pargoletti infanti. +Ruggier scontra Grifone, ove la penna +de lo scudo alla vista si congiunge. +Quel di cader da ciascun lato accenna, +ed al fin cade, e resta al destrier lunge. +Mette allo scudo a lui Grifon l'antenna; +ma pel traverso e non pel dritto giunge: +e perché lo trovò forbito e netto, +l'andò strisciando, e fe' contrario effetto. +Roppe il velo e squarciò, che gli copria +lo spaventoso ed incantato lampo, +al cui splendor cader si convenia +con gli occhi ciechi, e non vi s'ha alcun scampo. +Aquilante, ch'a par seco venìa, +stracciò l'avanzo, e fe' lo scudo vampo. +Lo splendor ferì gli occhi ai duo fratelli +ed a Guidon, che correa dopo quelli. +Chi di qua, chi di là cade per terra: +lo scudo non pur lor gli occhi abbarbaglia, +ma fa che ogn'altro senso attonito erra. +Ruggier, che non sa il fin de la battaglia, +volta il cavallo; e nel voltare afferra +la spada sua che sì ben punge e taglia: +e nessun vede che gli sia all'incontro, +che tutti eran caduti a quello scontro. +I cavallieri e insieme quei ch'a piede +erano usciti, e così le donne anco, +e non meno i destrieri in guisa vede, +che par che per morir battano il fianco. +Prima si maraviglia, e poi s'avvede +che 'l velo ne pendea dal lato manco: +dico il velo di seta, in che solea +chiuder la luce di quel caso rea. +Presto si volge, e nel voltar, cercando +con gli occhi va l'amata sua guerriera; +e vien là dove era rimasa, quando +la prima giostra cominciata s'era. +Pensa ch'andata sia (non la trovando) +a vietar che quel giovine non pera, +per dubbio ch'ella ha forse che non s'arda +in questo mezzo ch'a giostrar si tarda. +Fra gli altri che giacean vede la donna, +la donna che l'avea quivi guidato. +Dinanzi se la pon, sì come assonna, +e via cavalca tutto conturbato. +D'un manto ch'essa avea sopra la gonna, +poi ricoperse lo scudo incantato; +e i sensi riaver le fece, tosto +che 'l nocivo splendore ebbe nascosto. +Via se ne va Ruggier con faccia rossa +che, per vergogna, di levar non osa: +gli par ch'ognuno improverar gli possa +quella vittoria poco gloriosa. +— Ch'emenda poss'io fare, onde rimossa +mi sia una colpa tanto obbrobriosa? +che ciò ch'io vinsi mai, fu per favore, +diran, d'incanti, e non per mio valore. — +Mentre così pensando seco giva, +venne in quel che cercava a dar di cozzo; +che 'n mezzo de la strada soprarriva +dove profondo era cavato un pozzo. +Quivi l'armento alla calda ora estiva +si ritraea, poi ch'avea pieno il gozzo. +Disse Ruggiero: — Or proveder bisogna, +che non mi facci, o scudo, più vergogna. +Più non starai tu meco; e questo sia +l'ultimo biasmo c'ho d'averne al mondo. — +Così dicendo, smonta ne la via: +piglia una grossa pietra e di gran pondo, +e la lega allo scudo, ed ambi invia +per l'alto pozzo a ritrovarne il fondo; +e dice: — Costà giù statti sepulto, +e teco stia sempre il mio obbrobrio occulto. — +Il pozzo è cavo, e pieno al sommo d'acque: +grieve è lo scudo, e quella pietra grieve. +Non si fermò fin che nel fondo giacque: +sopra si chiuse il liquor molle e lieve. +Il nobil atto e di splendor non tacque +la vaga Fama, e divulgollo in breve; +e di rumor n'empì, suonando il corno, +e Francia e Spagna e le province intorno. +Poi che di voce in voce si fe' questa +strana aventura in tutto il mondo nota, +molti guerrier si missero all'inchiesta +e di parte vicina e di remota: +ma non sapean qual fosse la foresta +dove nel pozzo il sacro scudo nuota; +che la donna che fe' l'atto palese, +dir mai non volse il pozzo né il paese. +Al partir che Ruggier fe' dal castello, +dove avea vinto con poca battaglia; +che i quattro gran campion di Pinabello +fece restar come uomini di paglia; +tolto lo scudo, avea levato quello +lume che gli occhi e gli animi abbarbaglia: +e quei che giaciuti eran come morti, +pieni di meraviglia eran risorti. +Né per tutto quel giorno si favella +altro fra lor, che de lo strano caso, +e come fu che ciascun d'essi a quella +orribil luce vinto era rimaso. +Mentre parlan di questo, la novella +vien lor di Pinabel giunto all'occaso: +che Pinabello è morto hanno l'aviso, +ma non sanno però chi l'abbia ucciso. +L'ardita Bradamante in questo mezzo +giunto avea Pinabello a un passo stretto; +e cento volte gli avea fin a mezzo +messo il brando pei fianchi e per lo petto. +Tolto ch'ebbe dal mondo il puzzo e 'l lezzo +che tutto intorno avea il paese infetto, +le spalle al bosco testimonio volse +con quel destrier che già il fellon le tolse. +Volse tornar dove lasciato avea +Ruggier; né seppe mai trovar la strada. +Or per valle or per monte s'avvolgea: +tutta quasi cercò quella contrada. +Non volse mai la sua fortuna rea, +che via trovasse onde a Ruggier si vada. +Questo altro canto ad ascoltare aspetto +chi de l'istoria mia prende diletto. Studisi ognun giovare altrui; che rade +volte il ben far senza il suo premio fia: +e se pur senza, almen non te ne accade +morte né danno né ignominia ria. +Chi nuoce altrui, tardi o per tempo cade +il debito a scontar, che non s'oblia. +Dice il proverbio, ch'a trovar si vanno +gli uomini spesso, e i monti fermi stanno. +Or vedi quel ch'a Pinabello avviene +per essersi portato iniquamente: +è giunto in somma alle dovute pene, +dovute e giuste alla sua ingiusta mente. +E Dio, che le più volte non sostiene +veder patire a torto uno innocente, +salvò la donna; e salverà ciascuno +che d'ogni fellonia viva digiuno. +Credette Pinabel questa donzella +già d'aver morta, e colà giù sepulta; +né la pensava mai veder, non ch'ella +gli avesse a tor degli error suoi la multa. +Né il ritrovarsi in mezzo le castella +del padre, in alcun util gli risulta. +Quivi Altaripa era tra monti fieri +vicina al tenitorio di Pontieri. +Tenea quell'Altaripa il vecchio conte +Anselmo, di ch'uscì questo malvagio, +che, per fuggir la man di Chiaramonte, +d'amici e di soccorso ebbe disagio. +La donna al traditore a piè d'un monte +tolse l'indegna vita a suo grande agio; +che d'altro aiuto quel non si provede, +che d'alti gridi e di chiamar mercede. +Morto ch'ella ebbe il falso cavalliero +che lei voluto avea già porre a morte, +volse tornare ove lasciò Ruggiero; +ma non lo consentì sua dura sorte, +che la fe' traviar per un sentiero +che la portò dov'era spesso e forte, +dove più strano e più solingo il bosco, +lasciando il sol già il mondo all'aer fosco. +Né sappiendo ella ove potersi altrove +la notte riparar, si fermò quivi +sotto le frasche in su l'erbette nuove, +parte dormendo, fin che 'l giorno arrivi, +parte mirando ora Saturno or Giove, +Venere e Marte e gli altri erranti divi; +ma sempre, o vegli o dorma, con la mente +contemplando Ruggier come presente. +Spesso di cor profondo ella sospira, +di pentimento e di dolor compunta, +ch'abbia in lei, più ch'amor, potuto l'ira. +— L'ira (dicea) m'ha dal mio amor disgiunta: +almen ci avessi io posta alcuna mira, +poi ch'avea pur la mala impresa assunta, +di saper ritornar donde io veniva; +che ben fui d'occhi e di memoria priva. — +Queste ed altre parole ella non tacque, +e molto più ne ragionò col core. +Il vento intanto di sospiri, e l'acque +di pianto facean pioggia di dolore. +Dopo una lunga aspettazion pur nacque +in oriente il disiato albore: +ed ella prese il suo destrier ch'intorno +giva pascendo, ed andò contra il giorno. +Né molto andò, che si trovò all'uscita +del bosco, ove pur dianzi era il palagio, +là dove molti dì l'avea schernita +con tanto error l'incantator malvagio. +Ritrovò quivi Astolfo, che fornita +la briglia all'ippogrifo avea a grande agio, +e stava in gran pensier di Rabicano, +per non sapere a chi lasciarlo in mano. +A caso si trovò che fuor di testa +l'elmo allor s'avea tratto il paladino; +sì che tosto ch'uscì de la foresta, +Bradamante conobbe il suo cugino. +Di lontan salutollo, e con gran festa +gli corse, e l'abbracciò poi più vicino; +e nominossi, ed alzò la visiera, +e chiaramente fe' veder ch'ell'era. +Non potea Astolfo ritrovar persona +a chi il suo Rabican meglio lasciasse, +perché dovesse averne guardia buona +e renderglielo poi come tornasse, +de la figlia del duca di Dordona; +e parvegli che Dio gli la mandasse. +Vederla volentier sempre solea, +ma pel bisogno or più ch'egli n'avea. +Da poi che due o tre volte ritornati +fraternamente ad abbracciar si foro, +e si for l'uno a l'altro domandati +con molta affezion de l'esser loro, +Astolfo disse: — Ormai, se dei pennati +vo' 'l paese cercar, troppo dimoro: — +ed aprendo alla donna il suo pensiero, +veder le fece il volator destriero. +A lei non fu di molta maraviglia +veder spiegare a quel destrier le penne; +ch'altra volta, reggendogli la briglia +Atlante incantator, contra le venne; +e le fece doler gli occhi e le ciglia: +sì fisse dietro a quel volar le tenne +quel giorno, che da lei Ruggier lontano +portato fu per camin lungo e strano. +Astolfo disse a lei, che le volea +dar Rabican, che sì nel corso affretta, +che, se scoccando l'arco si movea, +si solea lasciar dietro la saetta; +e tutte l'arme ancor, quante n'avea, +che vuol che a Montalban gli le rimetta, +e gli le serbi fin al suo ritorno; +che non gli fanno or di bisogno intorno. +Volendosene andar per l'aria a volo, +aveasi a far quanto potea più lieve. +Tiensi la spada e 'l corno, ancor che solo +bastargli il corno ad ogni risco deve. +Bradamante la lancia che 'l figliuolo +portò di Galafrone, anco riceve; +la lancia che di quanti ne percuote +fa le selle restar subito vote. +Salito Astolfo sul destrier volante, +lo fa mover per l'aria lento lento; +indi lo caccia sì, che Bradamante +ogni vista ne perde in un momento. +Così si parte col pilota inante +il nochier che gli scogli teme e 'l vento; +e poi che 'l porto e i liti a dietro lassa, +spiega ogni vela e inanzi ai venti passa. +La donna, poi che fu partito il duca, +rimase in gran travaglio de la mente; +che non sa come a Montalban conduca +l'armatura e il destrier del suo parente; +però che 'l cuor le cuoce e le manuca +l'ingorda voglia e il desiderio ardente +di riveder Ruggier, che, se non prima, +a Vallombrosa ritrovar lo stima. +Stando quivi suspesa, per ventura +si vede inanzi giungere un villano, +dal qual fa rassettar quella armatura, +come si puote, e por su Rabicano; +poi di menarsi dietro gli diè cura +i duo cavalli, un carco e l'altro a mano: +ella n'avea duo prima; ch'avea quello +sopra il qual levò l'altro a Pinabello. +Di Vallombrosa pensò far la strada, +che trovar quivi il suo Ruggier ha speme; +ma qual più breve o qual miglior vi vada, +poco discerne, e d'ire errando teme. +Il villan non avea de la contrada +pratica molta; ed erreranno insieme. +Pur andare a ventura ella si messe, +dove pensò che 'l loco esser dovesse. +Di qua di là si volse, né persona +incontrò mai da domandar la via. +Si trovò uscir del bosco in su la nona +dove un castel poco lontan scoprìa, +il qual la cima a un monticel corona. +Lo mira, e Montalban le par che sia: +ed era certo Montalbano; e in quello +avea la matre ed alcun suo fratello. +Come la donna conosciuto ha il loco, +nel cor s'attrista, e più ch'i' non so dire: +sarà scoperta, se si ferma un poco, +né più le sarà lecito a partire; +se non si parte, l'amoroso foco +l'arderà sì, che la farà morire: +non vedrà più Ruggier, né farà cosa +di quel ch'era ordinato a Vallombrosa. +Stette alquanto a pensar; poi si risolse +di voler dar a Montalban le spalle: +e verso la badia pur si rivolse, +che quindi ben sapea qual era il calle. +Ma sua fortuna, o buona o trista, volse +che prima ch'ella uscisse de la valle, +scontrasse Alardo, un de' fratelli sui; +né tempo di celarsi ebbe da lui. +Veniva da partir gli alloggiamenti +per quel contado a cavallieri e a fanti; +ch'ad istanza di Carlo nuove genti +fatto avea de le terre circostanti. +I saluti e i fraterni abbracciamenti +con le grate accoglienze andaro inanti; +e poi, di molte cose a paro a paro +tra lor parlando, in Montalban tornaro. +Entrò la bella donna in Montalbano, +dove l'avea con lacrimosa guancia +Beatrice molto desiata invano, +e fattone cercar per tutta Francia. +Or quivi i baci e il giunger mano a mano +di matre e di fratelli estimò ciancia +verso gli avuti con Ruggier complessi, +ch'avrà ne l'alma eternamente impressi. +Non potendo ella andar, fece pensiero +ch'a Vallombrosa altri in suo nome andasse +immantinente ad avisar Ruggiero +de la cagion ch'andar lei non lasciasse; +e lui pregar (s'era pregar mestiero) +che quivi per suo amor si battezzasse, +e poi venisse a far quanto era detto, +sì che si desse al matrimonio effetto. +Pel medesimo messo fe' disegno +di mandar a Ruggiero il suo cavallo, +che gli solea tanto esser caro: e degno +d'essergli caro era ben senza fallo; +che non s'avria trovato in tutto 'l regno +dei Saracin, né sotto il signor Gallo, +più bel destrier di questo o più gagliardo, +eccetti Brigliador, soli, e Baiardo. +Ruggier, quel dì che troppo audace ascese +su l'ippogrifo, e verso il ciel levosse, +lasciò Frontino, e Bradamante il prese +(Frontino, che 'l destrier così nomosse); +mandollo a Montalbano, e a buone spese +tener lo fece, e mai non cavalcosse, +se non per breve spazio e a picciol passo; +sì ch'era più che mai lucido e grasso. +Ogni sua donna tosto, ogni donzella +pon seco in opra, e con suttil lavoro +fa sopra seta candida e morella +tesser ricamo di finissimo oro; +e di quel cuopre ed orna briglia e sella +del buon destrier: poi sceglie una di loro +figlia di Callitrefia sua nutrice, +d'ogni secreto suo fida uditrice. +Quanto Ruggier l'era nel core impresso, +mille volte narrato avea a costei; +la beltà, la virtude, i modi d'esso +esaltato l'avea fin sopra i dei. +A sé chiamolla, e disse: — Miglior messo +a tal bisogno elegger non potrei; +che di te né più fido né più saggio +imbasciator, Ippalca mia, non aggio. — +Ippalca la donzella era nomata. +— Va, — le dice, e l'insegna ove de' gire; +e pienamente poi l'ebbe informata +di quanto avesse al suo signore a dire; +e far la scusa se non era andata +al monaster: che non fu per mentire; +ma che Fortuna, che di noi potea +più che noi stessi, da imputar s'avea. +Montar la fece s'un ronzino, e in mano +la ricca briglia di Frontin le messe: +e se sì pazzo alcuno o sì villano +trovasse, che levar le lo volesse; +per fargli a una parola il cervel sano, +di chi fosse il destrier sol gli dicesse; +che non sapea sì ardito cavalliero, +che non tremasse al nome di Ruggiero. +Di molte cose l'ammonisce e molte, +che trattar con Ruggier abbia in sua vece; +le qual poi ch'ebbe Ippalca ben raccolte, +si pose in via, né più dimora fece. +Per strade e campi e selve oscure e folte +cavalcò de le miglia più di diece; +che non fu a darle noia chi venisse, +né a domandarla pur dove ne gisse. +A mezzo il giorno, nel calar d'un monte, +in una stretta e malagevol via +si venne ad incontrar con Rodomonte, +ch'armato un piccol nano e a piè seguia. +Il Moro alzò vêr lei l'altiera fronte, +e bestemmiò l'eterna Ierarchia, +poi che sì bel destrier, sì bene ornato, +non avea in man d'un cavallier trovato. +Avea giurato che 'l primo cavallo +torria per forza, che tra via incontrasse. +Or questo è stato il primo; e trovato hallo +più bello e più per lui, che mai trovasse: +ma torlo a una donzella gli par fallo; +e pur agogna averlo, e in dubbio stasse. +Lo mira, lo contempla, e dice spesso: +— Deh perché il suo signor non è con esso! — +— Deh ci fosse egli! (gli rispose Ippalca) +che ti faria cangiar forse pensiero. +Assai più di te val chi lo cavalca, +né lo pareggia al mondo altro guerriero. — +— Chi è (le disse il Moro) che sì calca +l'onore altrui? — Rispose ella: — Ruggiero. — +E quel suggiunse: — Adunque il destrier voglio, +poi ch'a Ruggier, sì gran campion, lo toglio. +Il qual, se sarà ver, come tu parli, +che sia sì forte, e più d'ogn'altro vaglia, +non che il destrier, ma la vettura darli +converrammi, e in suo albitrio fia la taglia. +Che Rodomonte io sono, hai da narrarli, +e che, se pur vorrà meco battaglia, +mi troverà; ch'ovunque io vada o stia, +mi fa sempre apparir la luce mia. +Dovunque io vo, sì gran vestigio resta, +che non lo lascia il fulmine maggiore. — +Così dicendo, avea tornate in testa +le redine dorate al corridore: +sopra gli salta; e lacrimosa e mesta +rimane Ippalca, e spinta dal dolore +minaccia Rodomonte e gli dice onta: +non l'ascolta egli, e su pel poggio monta. +Per quella via dove lo guida il nano +per trovar Mandricardo e Doralice, +gli viene Ippalca dietro di lontano, +e lo bestemmia sempre e maledice. +Ciò che di questo avvenne, altrove è piano. +Turpin, che tutta questa istoria dice, +fa qui digresso, e torna in quel paese +dove fu dianzi morto il Maganzese. +Dato avea a pena a quel loco le spalle +la figliuola d'Amon, ch'in fretta gìa, +che v'arrivò Zerbin per altro calle +con la fallace vecchia in compagnia: +e giacer vide il corpo ne la valle +del cavallier, che non sa già chi sia; +ma, come quel ch'era cortese e pio, +ebbe pietà del caso acerbo e rio. +Giaceva Pinabello in terra spento, +versando il sangue per tante ferite, +ch'esser doveano assai, se più di cento +spade in sua morte si fossero unite. +Il cavallier di Scozia non fu lento +per l'orme che di fresco eran scolpite +a porsi in avventura, se potea +saper chi l'omicidio fatto avea. +Ed a Gabrina dice che l'aspette; +che senza indugio a lei farà ritorno. +Ella presso al cadavero si mette, +e fissamente vi pon gli occhi intorno; +perché, se cosa v'ha che le dilette, +non vuol ch'un morto invan più ne sia adorno, +come colei che fu, tra l'altre note, +quanto avara esser più femina puote. +Se di portarne il furto ascosamente +avesse avuto modo o alcuna speme, +la sopravesta fatta riccamente +gli avrebbe tolta, e le bell'arme insieme. +Ma quel che può celarsi agevolmente, +si piglia, e 'l resto fin al cor le preme. +Fra l'altre spoglie un bel cinto levonne, +e se ne legò i fianchi infra due gonne. +Poco dopo arrivò Zerbin, ch'avea +seguito invan di Bradamante i passi, +perché trovò il sentier che si torcea +in molti rami ch'ivano alti e bassi: +e poco ormai del giorno rimanea, +né volea al buio star fra quelli sassi; +e per trovare albergo diè le spalle +con l'empia vecchia alla funesta valle. +Quindi presso a dua miglia ritrovaro +un gran castel che fu detto Altariva, +dove per star la notte si fermaro, +che già a gran volo inverso il ciel saliva. +Non vi ster molto, ch'un lamento amaro +l'orecchie d'ogni parte lor feriva; +e veggon lacrimar da tutti gli occhi, +come la cosa a tutto il popul tocchi. +Zerbino dimandonne, e gli fu detto +che venut'era al cont'Anselmo aviso, +che fra duo monti in un sentiero istretto +giacea il suo figlio Pinabello ucciso. +Zerbin, per non ne dar di sé sospetto, +di ciò si finge nuovo, e abbassa il viso; +ma pensa ben, che senza dubbio sia +quel ch'egli trovò morto in su la via. +Dopo non molto la bara funèbre +giunse, a splendor di torchi e di facelle, +là dove fece le strida più crebre +con un batter di man gire alle stelle, +e con più vena fuor de le palpèbre +le lacrime inundar per le mascelle: +ma più de l'altre nubilose ed atre +era la faccia del misero patre. +Mentre apparecchio si facea solenne +di grandi esequie e di funèbri pompe, +secondo il modo ed ordine che tenne +l'usanza antiqua e ch'ogni età corrompe; +da parte del signore un bando venne, +che tosto il popular strepito rompe, +e promette gran premio a chi dia aviso +chi stato sia che gli abbia il figlio ucciso. +Di voce in voce e d'una in altra orecchia +il grido e 'l bando per la terra scorse, +fin che l'udì la scelerata vecchia +che di rabbia avanzò le tigri e l'orse; +e quindi alla ruina s'apparecchia +di Zerbino, o per l'odio che gli ha forse, +o per vantarsi pur, che sola priva +d'umanitade in uman corpo viva; +o fosse pur per guadagnarsi il premio: +a ritrovar n'andò quel signor mesto; +e dopo un verisimil suo proemio, +gli disse che Zerbin fatto avea questo: +e quel bel cinto si levò di gremio, +che 'l miser padre a riconoscer presto, +appresso il testimonio e tristo uffizio +de l'empia vecchia, ebbe per chiaro indizio. +E lacrimando al ciel leva le mani, +che 'l figliuol non sarà senza vendetta. +Fa circundar l'albergo ai terrazzani; +che tutto 'l popul s'è levato in fretta. +Zerbin che gli nimici aver lontani +si crede, e questa ingiuria non aspetta, +dal conte Anselmo, che si chiama offeso +tanto da lui, nel primo sonno è preso; +e quella notte in tenebrosa parte +incatenato, e in gravi ceppi messo. +Il sole ancor non ha le luci sparte, +che l'ingiusto supplicio è già commesso; +che nel loco medesimo si squarte, +dove fu il mal c'hanno imputato ad esso. +Altra esamina in ciò non si facea: +bastava che 'l signor così credea. +Poi che l'altro matin la bella Aurora +l'aer seren fe' bianco e rosso e giallo, +tutto 'l popul gridando: — Mora, mora, — +vien per punir Zerbin del non suo fallo. +Lo sciocco vulgo l'accompagna fuora, +senz'ordine, chi a piede e chi a cavallo, +e 'l cavallier di Scozia a capo chino +ne vien legato in s'un piccol ronzino. +Ma Dio, che spesso gl'innocenti aiuta, +né lascia mai ch'in sua bontà si fida, +tal difesa gli avea già proveduta, +che non v'è dubbio più ch'oggi s'uccida. +Quivi Orlando arrivò, la cui venuta +alla via del suo scampo gli fu guida. +Orlando giù nel pian vide la gente +che trae a morte il cavallier dolente. +Era con lui quella fanciulla, quella +che ritrovò ne la selvaggia grotta, +del re galego la figlia Issabella, +in poter già de' malandrin condotta, +poi che lasciato avea ne la procella +del truculento mar la nave rotta: +quella che più vicino al core avea +questo Zerbin, che l'alma onde vivea. +Orlando se l'avea fatta compagna, +poi che de la caverna la riscosse. +Quando costei li vide alla campagna, +domandò Orlando, chi la turba fosse. +— Non so, — diss'egli; e poi su la montagna +lasciolla, e verso il pian ratto si mosse. +Guardò Zerbino, ed alla vista prima +lo giudicò baron di molta stima. +E fattosegli appresso, domandollo +per che cagione e dove il menin preso. +Levò il dolente cavalliero il collo, +e meglio avendo il paladino inteso, +rispose il vero; e così ben narrollo, +che meritò dal conte esser difeso. +Bene avea il conte alle parole scorto +ch'era innocente, e che moriva a torto. +E poi che 'ntese che commesso questo +era dal conte Anselmo d'Altariva, +fu certo ch'era torto manifesto; +ch'altro da quel fellon mai non deriva. +Ed oltre a ciò, l'uno era all'altro infesto +per l'antiquissimo odio che bolliva +tra il sangue di Maganza e di Chiarmonte; +e tra lor eran morti e danni ed onte. +— Slegate il cavallier (gridò), canaglia, +(il conte a' masnadieri), o ch'io v'uccido. — +— Chi è costui che sì gran colpi taglia? +(rispose un che parer volle il più fido). +Se di cera noi fussimo o di paglia, +e di fuoco egli, assai fôra quel grido. — +E venne contra il paladin di Francia: +Orlando contra lui chinò la lancia. +La lucente armatura il Maganzese, +che levata la notte avea a Zerbino, +e postasela indosso, non difese +contro l'aspro incontrar del paladino. +Sopra la destra guancia il ferro prese: +l'elmo non passò già, perch'era fino; +ma tanto fu de la percossa il crollo, +che la vita gli tolse e roppe il collo. +Tutto in un corso, senza tor di resta +la lancia, passò un altro in mezzo 'l petto: +quivi lasciolla, e la mano ebbe presta +a Durindana; e nel drappel più stretto +a chi fece due parti de la testa, +a chi levò dal busto il capo netto; +forò la gola a molti; e in un momento +n'uccise e messe in rotta più di cento. +Più del terzo n'ha morto, e 'l resto caccia +e taglia e fende e fiere e fora e tronca. +Chi lo scudo, e chi l'elmo che lo 'mpaccia, +e chi lascia lo spiedo e chi la ronca; +chi al lungo, chi al traverso il camin spaccia; +altri s'appiatta in bosco, altri in spelonca. +Orlando, di pietà questo dì privo, +a suo poter non vuol lasciarne un vivo. +Di cento venti (che Turpin sottrasse +il conto), ottanta ne periro almeno. +Orlando finalmente si ritrasse +dove a Zerbin tremava il cor nel seno. +S'al ritornar d'Orlando s'allegrasse, +non si potria contare in versi a pieno. +Se gli saria per onorar prostrato; +ma si trovò sopra il ronzin legato. +Mentre ch'Orlando, poi che lo disciolse, +l'aiutava a ripor l'arme sue intorno, +ch'al capitan de la sbirraglia tolse, +che per suo mal se n'era fatto adorno; +Zerbino gli occhi ad Issabella volse, +che sopra il colle avea fatto soggiorno, +e poi che de la pugna vide il fine, +portò le sue bellezze più vicine. +Quando apparir Zerbin si vide appresso +la donna che da lui fu amata tanto, +la bella donna che per falso messo +credea sommersa, e n'ha più volte pianto; +com'un ghiaccio nel petto gli sia messo, +sente dentro aggelarsi, e triema alquanto: +ma tosto il freddo manca, ed in quel loco +tutto s'avampa d'amoroso fuoco. +Di non tosto abbracciarla lo ritiene +la riverenza del signor d'Anglante; +perché si pensa, e senza dubbio tiene +ch'Orlando sia de la donzella amante. +Così cadendo va di pene in pene, +e poco dura il gaudio ch'ebbe inante: +il vederla d'altrui peggio sopporta, +che non fe' quando udì ch'ella era morta. +E molto più gli duol che sia in podesta +del cavalliero a cui cotanto debbe; +perché volerla a lui levar né onesta +né forse impresa facile sarebbe. +Nessuno altro da sé lassar con questa +preda partir senza romor vorrebbe: +ma verso il conte il suo debito chiede +che se lo lasci por sul collo il piede. +Giunsero taciturni ad una fonte, +dove smontaro e fer qualche dimora. +Trassesi l'elmo il travagliato conte, +ed a Zerbin lo fece trarre ancora. +Vede la donna il suo amatore in fronte, +e di subito gaudio si scolora; +poi torna come fiore umido suole +dopo gran pioggia all'apparir del sole. +E senza indugio e senza altro rispetto +corre al suo caro amante, e il collo abbraccia; +e non può trar parola fuor del petto, +ma di lacrime il sen bagna e la faccia. +Orlando attento all'amoroso affetto, +senza che più chiarezza se gli faccia, +vide a tutti gl'indizi manifesto +ch'altri esser, che Zerbin, non potea questo. +Come la voce aver poté Issabella, +non bene asciutta ancor l'umida guancia, +sol de la molta cortesia favella, +che l'avea usata il paladin di Francia. +Zerbino, che tenea questa donzella +con la sua vita pare a una bilancia, +si getta a' piè del conte, e quello adora +come a chi gli ha due vite date a un'ora. +Molti ringraziamenti e molte offerte +erano per seguir tra i cavallieri, +se non udian sonar le vie coperte +dagli arbori di frondi oscuri e neri. +Presti alle teste lor, ch'eran scoperte, +posero gli elmi, e presero i destrieri: +ed ecco un cavalliero e una donzella +lor sopravien, ch'a pena erano in sella. +Era questo guerrier quel Mandricardo +che dietro Orlando in fretta si condusse +per vendicar Alzirdo e Manilardo, +che 'l paladin con gran valor percusse: +quantunque poi lo seguitò più tardo; +che Doralice in suo poter ridusse, +la quale avea con un troncon di cerro +tolta a cento guerrier carchi di ferro. +Non sapea il Saracin però, che questo, +ch'egli seguia, fosse il signor d'Anglante: +ben n'avea indizio e segno manifesto +ch'esser dovea gran cavalliero errante. +A lui mirò più ch'a Zerbino, e presto +gli andò con gli occhi dal capo alle piante; +e i dati contrasegni ritrovando, +disse: — Tu se' colui ch'io vo cercando. +Sono omai dieci giorni (gli soggiunse) +che di cercar non lascio i tuo' vestigi: +tanto la fama stimolommi e punse, +che di te venne al campo di Parigi, +quando a fatica un vivo sol vi giunse +di mille che mandasti ai regni stigi; +e la strage contò, che da te venne +sopra i Norizi e quei di Tremisenne. +Non fui, come lo seppi, a seguir lento, +e per vederti e per provarti appresso: +e perché m'informai del guernimento +c'hai sopra l'arme, io so che tu sei desso; +e se non l'avessi anco, e che fra cento +per celarti da me ti fossi messo, +il tuo fiero sembiante mi faria +chiaramente veder che tu quel sia. — +— Non si può (gli rispose Orlando) dire +che cavallier non sii d'alto valore; +però che sì magnanimo desire +non mi credo albergasse in umil core. +Se 'l volermi veder ti fa venire, +vo' che mi veggi dentro, come fuore: +mi leverò questo elmo da le tempie, +acciò ch'a punto il tuo desire adempie. +Ma poi che ben m'avrai veduto in faccia, +all'altro desiderio ancora attendi: +resta ch'alla cagion tu satisfaccia, +che fa che dietro questa via mi prendi; +che veggi se 'l valor mio si confaccia +a quel sembiante fier che sì commendi. — +— Orsù (disse il pagano), al rimanente; +ch'al primo ho satisfatto interamente. — +Il conte tuttavia dal capo al piede +va cercando il pagan tutto con gli occhi: +mira ambi i fianchi, indi l'arcion; né vede +pender né qua né là mazze né stocchi. +Gli domanda di ch'arme si provede, +s'avvien che con la lancia in fallo tocchi. +Rispose quel: — Non ne pigliar tu cura: +così a molt'altri ho ancor fatto paura. +Ho sacramento di non cinger spada, +fin ch'io non tolgo Durindana al conte; +e cercando lo vo per ogni strada, +acciò più d'una posta meco sconte. +Lo giurai (se d'intenderlo t'aggrada) +quando mi posi quest'elmo alla fronte, +il qual con tutte l'altr'arme ch'io porto, +era d'Ettòr, che già mill'anni è morto. +La spada sola manca alle buone arme: +come rubata fu, non ti so dire. +Or che la porti il paladino, parme; +e di qui vien ch'egli ha sì grande ardire. +Ben penso, se con lui posso accozzarme, +fargli il mal tolto ormai ristituire. +Cercolo ancor, che vendicar disio +il famoso Agrican genitor mio. +Orlando a tradimento gli diè morte: +ben so che non potea farlo altrimente. — +Il conte più non tacque, e gridò forte: +— E tu e qualunque il dice, se ne mente. +Ma quel che cerchi t'è venuto in sorte: +io sono Orlando, e uccisil giustamente; +e questa è quella spada che tu cerchi, +che tua sarà, se con virtù la merchi. +Quantunque sia debitamente mia, +tra noi per gentilezza si contenda: +né voglio in questa pugna ch'ella sia +più tua che mia; ma a un arbore s'appenda. +Levala tu liberamente via, +s'avvien che tu m'uccida o che mi prenda. — +Così dicendo, Durindana prese, +e 'n mezzo il campo a un arbuscel l'appese. +Già l'un da l'altro è dipartito lunge, +quanto sarebbe un mezzo tratto d'arco: +già l'uno contra l'altro il destrier punge, +né de le lente redine gli è parco: +già l'uno e l'altro di gran colpo aggiunge +dove per l'elmo la veduta ha varco. +Parveno l'aste, al rompersi, di gielo; +e in mille schegge andar volando al cielo. +L'una e l'altra asta è forza che si spezzi; +che non voglion piegarsi i cavallieri, +i cavallier che tornano coi pezzi +che son restati appresso i calci interi. +Quelli, che sempre fur nel ferro avezzi, +or, come duo villan per sdegno fieri +nel partir acque o termini de prati, +fan crudel zuffa di duo pali armati. +Non stanno l'aste a quattro colpi salde, +e mancan nel furor di quella pugna. +Di qua e di là si fan l'ire più calde; +né da ferir lor resta altro che pugna. +Schiodano piastre, e straccian maglie e falde, +pur che la man, dove s'aggraffi, giugna. +Non desideri alcun, perché più vaglia, +martel più grave o più dura tanaglia. +Come può il Saracin ritrovar sesto +di finir con suo onore il fiero invito? +Pazzia sarebbe il perder tempo in questo, +che nuoce al feritor più ch'al ferito. +Andò alle strette l'uno e l'altro, e presto +il re pagano Orlando ebbe ghermito: +lo strigne al petto; e crede far le prove +che sopra Anteo fe' già il figliol di Giove. +Lo piglia con molto impeto a traverso: +quando lo spinge, e quando a sé lo tira; +ed è ne la gran colera sì immerso, +ch'ove resti la briglia poco mira. +Sta in sé raccolto Orlando, e ne va verso +il suo vantaggio, e alla vittoria aspira: +gli pon la cauta man sopra le ciglia +del cavallo, e cader ne fa la briglia. +Il Saracino ogni poter vi mette, +che lo soffoghi, o de l'arcion lo svella: +negli urti il conte ha le ginocchia strette; +né in questa parte vuol piegar né in quella. +Per quel tirar che fa il pagan, costrette +le cingie son d'abandonar la sella. +Orlando è in terra, e a pena sel conosce: +ch'i piedi ha in staffa, e stringe ancor le cosce. +Con quel rumor ch'un sacco d'arme cade, +risuona il conte, come il campo tocca. +Il destrier c'ha la testa in libertade, +quello a chi tolto il freno era di bocca, +non più mirando i boschi che le strade, +con ruinoso corso si trabocca, +spinto di qua e di là dal timor cieco; +e Mandricardo se ne porta seco. +Doralice che vede la sua guida +uscir dal campo e torlesi d'appresso, +e mal restarne senza si confida, +dietro, correndo, il suo ronzin gli ha messo. +Il pagan per orgoglio al destrier grida, +e con mani e con piedi il batte spesso; +e, come non sia bestia, lo minaccia +perché si fermi, e tuttavia più il caccia. +La bestia, ch'era spaventosa e poltra, +sanza guardarsi ai piè, corre a traverso. +Già corso avea tre miglia, e seguiva oltra, +s'un fosso a quel desir non era avverso; +che, sanza aver nel fondo o letto o coltra, +riceve l'uno e l'altro in sé riverso. +Diè Mandricardo in terra aspra percossa; +né però si fiaccò né si roppe ossa. +Quivi si ferma il corridore al fine, +ma non si può guidar, che non ha freno. +Il Tartaro lo tien preso nel crine, +e tutto è di furore e d'ira pieno. +Pensa, e non sa quel che di far destine. +— Pongli la briglia del mio palafreno +(la donna gli dicea); che non è molto +il mio feroce, o sia col freno o sciolto. — +Al Saracin parea discortesia +la proferta accettar di Doralice; +ma fren gli farà aver per altra via +Fortuna a' suoi disii molto fautrice. +Quivi Gabrina scelerata invia, +che, poi che di Zerbin fu traditrice, +fuggia, come la lupa che lontani +oda venire i cacciatori e i cani. +Ella avea ancora indosso la gonnella, +e quei medesimi giovenili ornati +che furo alla vezzosa damigella +di Pinabel, per lei vestir, levati; +ed avea il palafreno anco di quella, +dei buon del mondo e degli avantaggiati. +La vecchia sopra il Tartaro trovosse, +ch'ancor non s'era accorta che vi fosse. +L'abito giovenil mosse la figlia +di Stordilano, e Mandricardo a riso, +vedendolo a colei che rassimiglia +a un babuino, a un bertuccione in viso. +Disegna il Saracin torle la briglia +pel suo destriero, e riuscì l'aviso. +Toltogli il morso, il palafren minaccia, +gli grida, lo spaventa, e in fuga il caccia. +Quel fugge per la selva, e seco porta +la quasi morta vecchia di paura +per valli e monti e per via dritta e torta, +per fossi e per pendici alla ventura. +Ma il parlar di costei sì non m'importa, +ch'io non debba d'Orlando aver più cura, +ch'alla sua sella ciò ch'era di guasto, +tutto ben racconciò sanza contrasto. +Rimontò sul destriero, e ste' gran pezzo +a riguardar che 'l Saracin tornasse. +Nol vedendo apparir, volse da sezzo +egli esser quel ch'a ritrovarlo andasse; +ma, come costumato e bene avezzo, +non prima il paladin quindi si trasse, +che con dolce parlar grato e cortese +buona licenza dagli amanti prese. +Zerbin di quel partir molto si dolse; +di tenerezza ne piangea Issabella: +voleano ir seco, ma il conte non volse +lor compagnia, ben ch'era e buona e bella; +e con questa ragion se ne disciolse, +ch'a guerrier non è infamia sopra quella +che, quando cerchi un suo nimico, prenda +compagno che l'aiuti e che 'l difenda. +Li pregò poi, che quando il Saracino, +prima ch'in lui, si riscontrasse in loro, +gli dicesser ch'Orlando avria vicino +ancor tre giorni per quel tenitoro; +ma dopo, che sarebbe il suo camino +verso le 'nsegne dei bei gigli d'oro, +per esser con l'esercito di Carlo, +acciò, volendol, sappia onde chiamarlo. +Quelli promiser farlo volentieri, +e questa e ogn'altra cosa al suo comando. +Feron camin diverso i cavallieri, +di qua Zerbino, e di là il conte Orlando. +Prima che pigli il conte altri sentieri, +all'arbor tolse, e a sé ripose il brando; +e dove meglio col pagan pensosse +di potersi incontrare, il destrier mosse. +Lo strano corso che tenne il cavallo +del Saracin pel bosco senza via, +fece ch'Orlando andò duo giorni in fallo, +né lo trovò, né poté averne spia. +Giunse ad un rivo che parea cristallo, +ne le cui sponde un bel pratel fioria, +di nativo color vago e dipinto, +e di molti e belli arbori distinto. +Il merigge facea grato l'orezzo +al duro armento ed al pastore ignudo; +sì che né Orlando sentia alcun ribrezzo, +che la corazza avea, l'elmo e lo scudo. +Quivi egli entrò per riposarvi in mezzo; +e v'ebbe travaglioso albergo e crudo, +e più che dir si possa empio soggiorno, +quell'infelice e sfortunato giorno. +Volgendosi ivi intorno, vide scritti +molti arbuscelli in su l'ombrosa riva. +Tosto che fermi v'ebbe gli occhi e fitti, +fu certo esser di man de la sua diva. +Questo era un di quei lochi già descritti, +ove sovente con Medor veniva +da casa del pastore indi vicina +la bella donna del Catai regina. +Angelica e Medor con cento nodi +legati insieme, e in cento lochi vede. +Quante lettere son, tanti son chiodi +coi quali Amore il cor gli punge e fiede. +Va col pensier cercando in mille modi +non creder quel ch'al suo dispetto crede: +ch'altra Angelica sia, creder si sforza, +ch'abbia scritto il suo nome in quella scorza. +Poi dice: — Conosco io pur queste note: +di tal'io n'ho tante vedute e lette. +Finger questo Medoro ella si puote: +forse ch'a me questo cognome mette. — +Con tali opinion dal ver remote +usando fraude a sé medesmo, stette +ne la speranza il malcontento Orlando, +che si seppe a se stesso ir procacciando. +Ma sempre più raccende e più rinuova, +quanto spenger più cerca, il rio sospetto: +come l'incauto augel che si ritrova +in ragna o in visco aver dato di petto, +quanto più batte l'ale e più si prova +di disbrigar, più vi si lega stretto. +Orlando viene ove s'incurva il monte +a guisa d'arco in su la chiara fonte. +Aveano in su l'entrata il luogo adorno +coi piedi storti edere e viti erranti. +Quivi soleano al più cocente giorno +stare abbracciati i duo felici amanti. +V'aveano i nomi lor dentro e d'intorno, +più che in altro dei luoghi circostanti, +scritti, qual con carbone e qual con gesso, +e qual con punte di coltelli impresso. +Il mesto conte a piè quivi discese; +e vide in su l'entrata de la grotta +parole assai, che di sua man distese +Medoro avea, che parean scritte allotta. +Del gran piacer che ne la grotta prese, +questa sentenza in versi avea ridotta. +Che fosse culta in suo linguaggio io penso; +ed era ne la nostra tale il senso: +— Liete piante, verdi erbe, limpide acque, +spelunca opaca e di fredde ombre grata, +dove la bella Angelica che nacque +di Galafron, da molti invano amata, +spesso ne le mie braccia nuda giacque; +de la commodità che qui m'è data, +io povero Medor ricompensarvi +d'altro non posso, che d'ognor lodarvi: +e di pregare ogni signore amante, +e cavallieri e damigelle, e ognuna +persona, o paesana o viandante, +che qui sua volontà meni o Fortuna; +ch'all'erbe, all'ombre, all'antro, al rio, alle piante +dica: benigno abbiate e sole e luna, +e de le ninfe il coro, che proveggia +che non conduca a voi pastor mai greggia. — +Era scritto in arabico, che 'l conte +intendea così ben come latino: +fra molte lingue e molte ch'avea pronte, +prontissima avea quella il paladino; +e gli schivò più volte e danni ed onte, +che si trovò tra il popul saracino: +ma non si vanti, se già n'ebbe frutto; +ch'un danno or n'ha, che può scontargli il tutto. +Tre volte e quattro e sei lesse lo scritto +quello infelice, e pur cercando invano +che non vi fosse quel che v'era scritto; +e sempre lo vedea più chiaro e piano: +ed ogni volta in mezzo il petto afflitto +stringersi il cor sentia con fredda mano. +Rimase al fin con gli occhi e con la mente +fissi nel sasso, al sasso indifferente. +Fu allora per uscir del sentimento +sì tutto in preda del dolor si lassa. +Credete a chi n'ha fatto esperimento, +che questo è 'l duol che tutti gli altri passa. +Caduto gli era sopra il petto il mento, +la fronte priva di baldanza e bassa; +né poté aver (che 'l duol l'occupò tanto) +alle querele voce, o umore al pianto. +L'impetuosa doglia entro rimase, +che volea tutta uscir con troppa fretta. +Così veggiàn restar l'acqua nel vase, +che largo il ventre e la bocca abbia stretta; +che nel voltar che si fa in su la base, +l'umor che vorria uscir, tanto s'affretta, +e ne l'angusta via tanto s'intrica, +ch'a goccia a goccia fuore esce a fatica. +Poi ritorna in sé alquanto, e pensa come +possa esser che non sia la cosa vera: +che voglia alcun così infamare il nome +de la sua donna e crede e brama e spera, +o gravar lui d'insopportabil some +tanto di gelosia, che se ne pera; +ed abbia quel, sia chi si voglia stato, +molto la man di lei bene imitato. +In così poca, in così debol speme +sveglia gli spiriti e gli rifranca un poco; +indi al suo Brigliadoro il dosso preme, +dando già il sole alla sorella loco. +Non molto va, che da le vie supreme +dei tetti uscir vede il vapor del fuoco, +sente cani abbaiar, muggiare armento: +viene alla villa, e piglia alloggiamento. +Languido smonta, e lascia Brigliadoro +a un discreto garzon che n'abbia cura; +altri il disarma, altri gli sproni d'oro +gli leva, altri a forbir va l'armatura. +Era questa la casa ove Medoro +giacque ferito, e v'ebbe alta avventura. +Corcarsi Orlando e non cenar domanda, +di dolor sazio e non d'altra vivanda. +Quanto più cerca ritrovar quiete, +tanto ritrova più travaglio e pena; +che de l'odiato scritto ogni parete, +ogni uscio, ogni finestra vede piena. +Chieder ne vuol: poi tien le labra chete; +che teme non si far troppo serena, +troppo chiara la cosa che di nebbia +cerca offuscar, perché men nuocer debbia. +Poco gli giova usar fraude a se stesso; +che senza domandarne, è chi ne parla. +Il pastor che lo vede così oppresso +da sua tristizia, e che voria levarla, +l'istoria nota a sé, che dicea spesso +di quei duo amanti a chi volea ascoltarla, +ch'a molti dilettevole fu a udire, +gl'incominciò senza rispetto a dire: +come esso a prieghi d'Angelica bella +portato avea Medoro alla sua villa, +ch'era ferito gravemente; e ch'ella +curò la piaga, e in pochi dì guarilla: +ma che nel cor d'una maggior di quella +lei ferì Amor; e di poca scintilla +l'accese tanto e sì cocente fuoco, +che n'ardea tutta, e non trovava loco: +e sanza aver rispetto ch'ella fusse +figlia del maggior re ch'abbia il Levante, +da troppo amor costretta si condusse +a farsi moglie d'un povero fante. +All'ultimo l'istoria si ridusse, +che 'l pastor fe' portar la gemma inante, +ch'alla sua dipartenza, per mercede +del buono albergo, Angelica gli diede. +Questa conclusion fu la secure +che 'l capo a un colpo gli levò dal collo, +poi che d'innumerabil battiture +si vide il manigoldo Amor satollo. +Celar si studia Orlando il duolo; e pure +quel gli fa forza, e male asconder pòllo: +per lacrime e suspir da bocca e d'occhi +convien, voglia o non voglia, al fin che scocchi. +Poi ch'allargare il freno al dolor puote +(che resta solo e senza altrui rispetto), +giù dagli occhi rigando per le gote +sparge un fiume di lacrime sul petto: +sospira e geme, e va con spesse ruote +di qua di là tutto cercando il letto; +e più duro ch'un sasso, e più pungente +che se fosse d'urtica, se lo sente. +In tanto aspro travaglio gli soccorre +che nel medesmo letto in che giaceva, +l'ingrata donna venutasi a porre +col suo drudo più volte esser doveva. +Non altrimenti or quella piuma abborre, +né con minor prestezza se ne leva, +che de l'erba il villan che s'era messo +per chiuder gli occhi, e vegga il serpe appresso. +Quel letto, quella casa, quel pastore +immantinente in tant'odio gli casca, +che senza aspettar luna, o che l'albore +che va dinanzi al nuovo giorno nasca, +piglia l'arme e il destriero, ed esce fuore +per mezzo il bosco alla più oscura frasca; +e quando poi gli è aviso d'esser solo, +con gridi ed urli apre le porte al duolo. +Di pianger mai, mai di gridar non resta; +né la notte né 'l dì si dà mai pace. +Fugge cittadi e borghi, e alla foresta +sul terren duro al discoperto giace. +Di sé si meraviglia ch'abbia in testa +una fontana d'acqua sì vivace, +e come sospirar possa mai tanto; +e spesso dice a sé così nel pianto: +— Queste non son più lacrime, che fuore +stillo dagli occhi con sì larga vena. +Non suppliron le lacrime al dolore: +finir, ch'a mezzo era il dolore a pena. +Dal fuoco spinto ora il vitale umore +fugge per quella via ch'agli occhi mena; +ed è quel che si versa, e trarrà insieme +e 'l dolore e la vita all'ore estreme. +Questi ch'indizio fan del mio tormento, +sospir non sono, né i sospir sono tali. +Quelli han triegua talora; io mai non sento +che 'l petto mio men la sua pena esali. +Amor che m'arde il cor, fa questo vento, +mentre dibatte intorno al fuoco l'ali. +Amor, con che miracolo lo fai, +che 'n fuoco il tenghi, e nol consumi mai? +Non son, non sono io quel che paio in viso: +quel ch'era Orlando è morto ed è sotterra; +la sua donna ingratissima l'ha ucciso: +sì, mancando di fé, gli ha fatto guerra. +Io son lo spirto suo da lui diviso, +ch'in questo inferno tormentandosi erra, +acciò con l'ombra sia, che sola avanza, +esempio a chi in Amor pone speranza. — +Pel bosco errò tutta la notte il conte; +e allo spuntar de la diurna fiamma +lo tornò il suo destin sopra la fonte +dove Medoro isculse l'epigramma. +Veder l'ingiuria sua scritta nel monte +l'accese sì, ch'in lui non restò dramma +che non fosse odio, rabbia, ira e furore; +né più indugiò, che trasse il brando fuore. +Tagliò lo scritto e 'l sasso, e sin al cielo +a volo alzar fe' le minute schegge. +Infelice quell'antro, ed ogni stelo +in cui Medoro e Angelica si legge! +Così restar quel dì, ch'ombra né gielo +a pastor mai non daran più, né a gregge: +e quella fonte, già si chiara e pura, +da cotanta ira fu poco sicura; +che rami e ceppi e tronchi e sassi e zolle +non cessò di gittar ne le bell'onde, +fin che da sommo ad imo sì turbolle +che non furo mai più chiare né monde. +E stanco al fin, e al fin di sudor molle, +poi che la lena vinta non risponde +allo sdegno, al grave odio, all'ardente ira, +cade sul prato, e verso il ciel sospira. +Afflitto e stanco al fin cade ne l'erba, +e ficca gli occhi al cielo, e non fa motto. +Senza cibo e dormir così si serba, +che 'l sole esce tre volte e torna sotto. +Di crescer non cessò la pena acerba, +che fuor del senno al fin l'ebbe condotto. +Il quarto dì, da gran furor commosso, +e maglie e piastre si stracciò di dosso. +Qui riman l'elmo, e là riman lo scudo, +lontan gli arnesi, e più lontan l'usbergo: +l'arme sue tutte, in somma vi concludo, +avean pel bosco differente albergo. +E poi si squarciò i panni, e mostrò ignudo +l'ispido ventre e tutto 'l petto e 'l tergo; +e cominciò la gran follia, sì orrenda, +che de la più non sarà mai ch'intenda. +In tanta rabbia, in tanto furor venne, +che rimase offuscato in ogni senso. +Di tor la spada in man non gli sovenne; +che fatte avria mirabil cose, penso. +Ma né quella, né scure, né bipenne +era bisogno al suo vigore immenso. +Quivi fe' ben de le sue prove eccelse, +ch'un alto pino al primo crollo svelse: +e svelse dopo il primo altri parecchi, +come fosser finocchi, ebuli o aneti; +e fe' il simil di querce e d'olmi vecchi, +di faggi e d'orni e d'illici e d'abeti. +Quel ch'un ucellator che s'apparecchi +il campo mondo, fa, per por le reti, +dei giunchi e de le stoppie e de l'urtiche, +facea de cerri e d'altre piante antiche. +I pastor che sentito hanno il fracasso, +lasciando il gregge sparso alla foresta, +chi di qua, chi di là, tutti a gran passo +vi vengono a veder che cosa è questa. +Ma son giunto a quel segno il qual s'io passo +vi potria la mia istoria esser molesta; +ed io la vo' più tosto diferire, +che v'abbia per lunghezza a fastidire. Chi mette il piè su l'amorosa pania, +cerchi ritrarlo, e non v'inveschi l'ale; +che non è in somma amor, se non insania, +a giudizio de' savi universale: +e se ben come Orlando ognun non smania, +suo furor mostra a qualch'altro segnale. +E quale è di pazzia segno più espresso +che, per altri voler, perder se stesso? +Vari gli effetti son, ma la pazzia +è tutt'una però, che li fa uscire. +Gli è come una gran selva, ove la via +conviene a forza, a chi vi va, fallire: +chi su, chi giù, chi qua, chi là travia. +Per concludere in somma, io vi vo' dire: +a chi in amor s'invecchia, oltr'ogni pena, +si convengono i ceppi e la catena. +Ben mi si potria dir: — Frate, tu vai +l'altrui mostrando, e non vedi il tuo fallo. — +Io vi rispondo che comprendo assai, +or che di mente ho lucido intervallo; +ed ho gran cura (e spero farlo ormai) +di riposarmi e d'uscir fuor di ballo: +ma tosto far, come vorrei, nol posso; +che 'l male è penetrato infin all'osso. +Signor, ne l'altro canto io vi dicea +che 'l forsennato e furioso Orlando +trattesi l'arme e sparse al campo avea, +squarciati i panni, via gittato il brando, +svelte le piante, e risonar facea +i cavi sassi e l'alte selve; quando +alcun' pastori al suon trasse in quel lato +lor stella, o qualche lor grave peccato. +Viste del pazzo l'incredibil prove +poi più d'appresso e la possanza estrema, +si voltan per fuggir, ma non sanno ove, +sì come avviene in subitana tema. +Il pazzo dietro lor ratto si muove: +uno ne piglia, e del capo lo scema +con la facilità che torria alcuno +da l'arbor pome, o vago fior dal pruno. +Per una gamba il grave tronco prese, +e quello usò per mazza adosso al resto: +in terra un paio addormentato stese, +ch'al novissimo dì forse fia desto. +Gli altri sgombraro subito il paese, +ch'ebbono il piede e il buono aviso presto. +Non saria stato il pazzo al seguir lento, +se non ch'era già volto al loro armento. +Gli agricultori, accorti agli altru'esempli, +lascian nei campi aratri e marre e falci: +chi monta su le case e chi sui templi +(poi che non son sicuri olmi né salci), +onde l'orrenda furia si contempli, +ch'a pugni, ad urti, a morsi, a graffi, a calci, +cavalli e buoi rompe, fraccassa e strugge; +e ben è corridor chi da lui fugge. +Già potreste sentir come ribombe +l'alto rumor ne le propinque ville +d'urli e di corni, rusticane trombe, +e più spesso che d'altro, il suon di squille; +e con spuntoni ed archi e spiedi e frombe +veder dai monti sdrucciolarne mille, +ed altritanti andar da basso ad alto, +per fare al pazzo un villanesco assalto. +Qual venir suol nel salso lito l'onda +mossa da l'austro ch'a principio scherza, +che maggior de la prima è la seconda, +e con più forza poi segue la terza; +ed ogni volta più l'umore abonda, +e ne l'arena più stende la sferza: +tal contra Orlando l'empia turba cresce, +che giù da balze scende e di valli esce. +Fece morir diece persone e diece, +che senza ordine alcun gli andaro in mano: +e questo chiaro esperimento fece, +ch'era assai più sicur starne lontano. +Trar sangue da quel corpo a nessun lece, +che lo fere e percuote il ferro invano. +Al conte il re del ciel tal grazia diede, +per porlo a guardia di sua santa fede. +Era a periglio di morire Orlando, +se fosse di morir stato capace. +Potea imparar ch'era a gittare il brando, +e poi voler senz'arme essere audace. +La turba già s'andava ritirando, +vedendo ogni suo colpo uscir fallace. +Orlando, poi che più nessun l'attende, +verso un borgo di case il camin prende. +Dentro non vi trovò piccol né grande, +che 'l borgo ognun per tema avea lasciato. +V'erano in copia povere vivande, +convenienti a un pastorale stato. +Senza pane discerner da le giande, +dal digiuno e da l'impeto cacciato, +le mani e il dente lasciò andar di botto +in quel che trovò prima, o crudo o cotto. +E quindi errando per tutto il paese, +dava la caccia e agli uomini e alle fere; +e scorrendo pei boschi, talor prese +i capri isnelli e le damme leggiere. +Spesso con orsi e con cingiai contese, +e con man nude li pose a giacere: +e di lor carne con tutta la spoglia +più volte il ventre empì con fiera voglia. +Di qua, di là, di su, di giù discorre +per tutta Francia; e un giorno a un ponte arriva, +sotto cui largo e pieno d'acqua corre +un fiume d'alta e di scoscesa riva. +Edificato accanto avea una torre +che d'ogn'intorno e di lontan scopriva. +Quel che fe' quivi, avete altrove a udire; +che di Zerbin mi convien prima dire. +Zerbin, da poi ch'Orlando fu partito, +dimorò alquanto, e poi prese il sentiero +che 'l paladino inanzi gli avea trito, +e mosse a passo lento il suo destriero. +Non credo che duo miglia anco fosse ito, +che trar vide legato un cavalliero +sopra un picciol ronzino, e d'ogni lato +la guardia aver d'un cavalliero armato. +Zerbin questo prigion conobbe tosto +che gli fu appresso, e così fe' Issabella: +era Odorico il Biscaglin, che posto +fu come lupo a guardia de l'agnella. +L'avea a tutti gli amici suoi preposto +Zerbino in confidargli la donzella, +sperando che la fede che nel resto +sempre avea avuta, avesse ancora in questo. +Come era a punto quella cosa stata, +venìa Issabella raccontando allotta: +come nel palischermo fu salvata, +prima ch'avesse il mar la nave rotta; +la forza che l'avea Odorico usata; +e come tratta poi fosse alla grotta. +Né giunt'era anco al fin di quel sermone, +che trarre il malfattor vider prigione. +I duo ch'in mezzo avean preso Odorico, +d'Issabella notizia ebbeno vera; +e s'avisaro esser di lei l'amico, +e 'l signor lor, colui ch'appresso l'era; +ma più, che ne lo scudo il segno antico +vider dipinto di sua stirpe altiera: +e trovar poi, che guardar meglio al viso, +che s'era al vero apposto il loro aviso. +Saltaro a piedi, e con aperte braccia +correndo se n'andar verso Zerbino, +e l'abbracciaro ove il maggior s'abbraccia, +col capo nudo e col ginocchio chino. +Zerbin, guardando l'uno e l'altro in faccia, +vide esser l'un Corebo il Biscaglino, +Almonio l'altro, ch'egli avea mandati +con Odorico in sul navilio armati. +Almonio disse: — Poi che piace a Dio +(la sua mercé) che sia Issabella teco, +io posso ben comprender, signor mio, +che nulla cosa nuova ora t'arreco, +s'io vo' dir la cagion che questo rio +fa che così legato vedi meco; +che da costei, che più sentì l'offesa, +a punto avrai tutta l'istoria intesa. +Come dal traditore io fui schernito +quando da sé levommi, saper déi; +e come poi Corebo fu ferito, +ch'a difender s'avea tolto costei. +Ma quanto al mio ritorno sia seguito, +né veduto né inteso fu da lei, +che te l'abbia potuto riferire: +di questa parte dunque io ti vo' dire. +Da la cittade al mar ratto io veniva +con cavalli ch'in fretta avea trovati, +sempre con gli occhi intenti s'io scopriva +costor che molto a dietro eran restati. +Io vengo inanzi, io vengo in su la riva +del mare, al luogo ove io gli avea lasciati; +io guardo, né di loro altro ritrovo, +che ne l'arena alcun vestigio nuovo. +La pesta seguitai, che mi condusse +nel bosco fier; né molto adentro fui, +che, dove il suon l'orecchie mi percusse, +giacere in terra ritrovai costui. +Gli domandai che de la donna fusse, +che d'Odorico, e chi aveva offeso lui. +Io me n'andai, poi che la cosa seppi, +il traditor cercando per quei greppi. +Molto aggirando vommi, e per quel giorno +altro vestigio ritrovar non posso. +Dove giacea Corebo al fin ritorno, +che fatto appresso avea il terren sì rosso, +che poco più che vi facea soggiorno, +gli saria stato di bisogno il fosso +e i preti e i frati più per sotterrarlo, +ch'i medici e che 'l letto per sanarlo. +Dal bosco alla città feci portallo, +e posi in casa d'uno ostier mio amico, +che fatto sano in poco termine hallo +per cura ed arte d'un chirurgo antico. +Poi d'arme proveduti e di cavallo +Corebo ed io cercammo d'Odorico, +ch'in corte del re Alfonso di Biscaglia +trovammo; e quivi fui seco a battaglia. +La giustizia del re, che il loco franco +de la pugna mi diede, e la ragione, +ed oltre alla ragion la Fortuna anco, +che spesso la vittoria, ove vuol, pone, +mi giovar sì, che di me poté manco +il traditore; onde fu mio prigione. +Il re, udito il gran fallo, mi concesse +di poter farne quanto mi piacesse. +Non l'ho voluto uccider né lasciarlo, +ma, come vedi, trarloti in catena; +perché vo' ch'a te stia di giudicarlo, +se morire o tener si deve in pena. +L'avere inteso ch'eri appresso a Carlo, +e 'l desir di trovarti qui mi mena. +Ringrazio Dio che mi fa in questa parte, +dove lo sperai meno, ora trovarte. +Ringraziolo anco, che la tua Issabella +io veggo (e non so come) che teco hai; +di cui, per opera del fellon, novella +pensai che non avessi ad udir mai. — +Zerbino ascolta Almonio e non favella, +fermando gli occhi in Odorico assai; +non sì per odio, come che gl'incresce +ch'a sì mal fin tanta amicizia gli esce. +Finito ch'ebbe Almonio il suo sermone, +Zerbin riman gran pezzo sbigottito, +che chi d'ogn'altro men n'avea cagione, +sì espressamente il possa aver tradito. +Ma poi che d'una lunga ammirazione +fu, sospirando, finalmente uscito, +al prigion domandò se fosse vero +quel ch'avea di lui detto il cavalliero. +Il disleal con le ginocchia in terra +lasciò cadersi, e disse: — Signor mio, +ognun che vive al mondo pecca ed erra: +né differisce in altro il buon dal rio, +se non che l'uno è vinto ad ogni guerra +che gli vien mossa da un piccol disio; +l'altro ricorre all'arme e si difende, +ma se 'l nimico è forte, anco ei si rende. +Se tu m'avessi posto alla difesa +d'una tua rocca, e ch'al primiero assalto +alzate avessi, senza far contesa, +degl'inimici le bandiere in alto; +di viltà, o tradimento, che più pesa, +sugli occhi por mi si potria uno smalto: +ma s'io cedessi a forza, son ben certo +che biasmo non avrei, ma gloria e merto. +Sempre che l'inimico è più possente, +più chi perde accettabile ha la scusa. +Mia fé guardar dovea non altrimente +ch'una fortezza d'ogn'intorno chiusa: +così, con quanto senno e quanta mente +da la somma Prudenza m'era infusa, +io mi sforzai guardarla; ma al fin vinto +da intolerando assalto, ne fui spinto. — +Così disse Odorico, e poi soggiunse +(che saria lungo a ricontarvi il tutto) +mostrando che gran stimolo lo punse, +e non per lieve sferza s'era indutto. +Se mai per prieghi ira di cor si emunse, +s'umiltà di parlar fece mai frutto, +quivi far lo dovea; che ciò che muova +di cor durezza, ora Odorico trova. +Pigliar di tanta ingiuria alta vendetta, +tra il sì Zerbino e il no resta confuso: +il vedere il demerito lo alletta +a far che sia il fellon di vita escluso; +il ricordarsi l'amicizia stretta +ch'era stata tra lor per sì lungo uso, +con l'acqua di pietà l'accesa rabbia +nel cor gli spegne, e vuol che mercé n'abbia. +Mentre stava così Zerbino in forse +di liberare, o di menar captivo, +o pur il disleal dagli occhi torse +per morte, o pur tenerlo in pena vivo; +quivi rignando il palafreno corse, +che Mandricardo avea di briglia privo; +e vi portò la vecchia che vicino +a morte dianzi avea tratto Zerbino. +Il palafren, ch'udito di lontano +avea quest'altri, era tra lor venuto, +e la vecchia portatavi, ch'invano +venìa piangendo e domandando aiuto. +Come Zerbin lei vide, alzò la mano +al ciel che sì benigno gli era suto, +che datogli in arbitrio avea que' dui +che soli odiati esser dovean da lui. +Zerbin fa ritener la mala vecchia, +tanto che pensi quel che debba farne: +tagliarle il naso e l'una e l'altra orecchia +pensa, ed esempio a' malfattori darne; +poi gli par assai meglio, s'apparecchia +un pasto agli avoltoi di quella carne. +Punizion diversa tra sé volve; +e così finalmente si risolve. +Si rivolta ai compagni, e dice: — Io sono +di lasciar vivo il disleal contento; +che s'in tutto non merita perdono, +non merita anco sì crudel tormento. +Che viva e che slegato sia gli dono, +però ch'esser d'Amor la colpa sento; +e facilmente ogni scusa s'ammette, +quando in Amor la colpa si reflette. +Amore ha volto sottosopra spesso +senno più saldo che non ha costui, +ed ha condotto a via maggiore eccesso +di questo, ch'oltraggiato ha tutti nui. +Ad Odorico debbe esser rimesso: +punito esser debbo io, che cieco fui, +cieco a dargline impresa, e non por mente +che 'l fuoco arde la paglia facilmente. — +Poi mirando Odorico: — Io vo' che sia +(gli disse) del tuo error la penitenza, +che la vecchia abbi un anno in compagnia, +né di lasciarla mai ti sia licenza; +ma notte e giorno, ove tu vada o stia, +un'ora mai non te ne trovi senza; +e fin a morte sia da te difesa +contra ciascun che voglia farle offesa. +Vo', se da lei ti sarà commandato, +che pigli contra ognun contesa e guerra: +vo' in questo tempo, che tu sia ubligato +tutta Francia cercar di terra in terra. — +Così dicea Zerbin; che pel peccato +meritando Odorico andar sotterra, +questo era porgli inanzi un'alta fossa, +che fia gran sorte che schivar la possa. +Tante donne, tanti uomini traditi +avea la vecchia, e tanti offesi e tanti, +che chi sarà con lei, non senza liti +potrà passar de' cavallieri erranti. +Così di par saranno ambi puniti: +ella de' suoi commessi errori inanti, +egli di torne la difesa a torto; +né molto potrà andar che non sia morto. +Di dover servar questo, Zerbin diede +ad Odorico un giuramento forte, +con patto che se mai rompe la fede, +e ch'inanzi gli capiti per sorte, +senza udir prieghi e averne più mercede, +lo debba far morir di cruda morte. +Ad Almonio e a Corebo poi rivolto, +fece Zerbin che fu Odorico sciolto. +Corebo, consentendo Almonio, sciolse +il traditore al fin, ma non in fretta; +ch'all'uno e all'altro esser turbato dolse +da sì desiderata sua vendetta. +Quindi partissi il disleale, e tolse +in compagnia la vecchia maledetta. +Non si legge in Turpin che n'avvenisse; +ma vidi già un autor che più ne scrisse. +Scrive l'autore, il cui nome mi taccio, +che non furo lontani una giornata, +che per torsi Odorico quello impaccio, +contra ogni patto ed ogni fede data, +al collo di Gabrina gittò un laccio, +e che ad un olmo la lasciò impiccata; +e ch'indi a un anno (ma non dice il loco) +Almonio a lui fece il medesmo giuoco. +Zerbin che dietro era venuto all'orma +del paladin, né perder la vorrebbe, +manda a dar di sé nuove alla sua torma, +che star senza gran dubbio non ne debbe: +Almonio manda, e di più cose informa, +che lungo il tutto a ricontar sarebbe; +Almonio manda, e a lui Corebo appresso; +né tien, fuor ch'Issabella, altri con esso. +Tant'era l'amor grande che Zerbino, +e non minor del suo quel che Issabella +portava al virtuoso paladino; +tanto il desir d'intender la novella +ch'egli avesse trovato il Saracino +che del destrier lo trasse con la sella; +che non farà all'esercito ritorno, +se non finito che sia il terzo giorno; +il termine ch'Orlando aspettar disse +il cavallier ch'ancor non porta spada. +Non è alcun luogo dove il conte gisse, +che Zerbin pel medesimo non vada. +Giunse al fin tra quegli arbori che scrisse +l'ingrata donna, un poco fuor di strada; +e con la fonte e col vicino sasso +tutti li ritruovò messi in fracasso. +Vede lontan non sa che luminoso, +e trova la corazza esser del conte; +e trova l'elmo poi, non quel famoso +ch'armò già il capo all'africano Almonte. +Il destrier ne la selva più nascoso +sente anitrire, e leva al suon la fronte; +e vede Brigliador pascer per l'erba, +che dall'arcion pendente il freno serba. +Durindana cercò per la foresta, +e fuor la vide del fodero starse. +Trovò, ma in pezzi, ancor la sopravesta +ch'in cento lochi il miser conte sparse. +Issabella e Zerbin con faccia mesta +stanno mirando, e non san che pensarse: +pensar potrian tutte le cose, eccetto +che fosse Orlando fuor dell'intelletto. +Se di sangue vedessino una goccia, +creder potrian che fosse stato morto. +Intanto lungo la corrente doccia +vider venire un pastorello smorto. +Costui pur dianzi avea di su la roccia +l'alto furor de l'infelice scorto, +come l'arme gittò, squarciossi i panni, +pastori uccise, e fe' mill'altri danni. +Costui, richiesto da Zerbin, gli diede +vera informazion di tutto questo. +Zerbin si maraviglia, e a pena il crede; +e tuttavia n'ha indizio manifesto. +Sia come vuole, egli discende a piede, +pien di pietade, lacrimoso e mesto; +e ricogliendo da diversa parte +le reliquie ne va ch'erano sparte. +Del palafren discende anco Issabella, +e va quell'arme riducendo insieme. +Ecco lor sopraviene una donzella +dolente in vista, e di cor spesso geme. +Se mi domanda alcun chi sia, perch'ella +così s'affligge, e che dolor la preme, +io gli risponderò che è Fiordiligi +che de l'amante suo cerca i vestigi. +Da Brandimarte senza farle motto +lasciata fu ne la città di Carlo, +dov'ella l'aspettò sei mesi od otto; +e quando al fin non vide ritornarlo, +da un mare all'altro si mise, fin sotto +Pirene e l'Alpe, e per tutto a cercarlo: +l'andò cercando in ogni parte, fuore +ch'al palazzo d'Atlante incantatore. +Se fosse stata a quell'ostel d'Atlante, +veduto con Gradasso andare errando +l'avrebbe, con Ruggier, con Bradamante, +e con Ferraù prima e con Orlando; +ma poi che cacciò Astolfo il negromante +col suono del corno orribile e mirando, +Brandimarte tornò verso Parigi: +ma non sapea già questo Fiordiligi. +Come io vi dico, sopraggiunta a caso +a quei duo amanti Fiordiligi bella, +conobbe l'arme, e Brigliador rimaso +senza il patrone e col freno alla sella. +Vide con gli occhi il miserabil caso, +e n'ebbe per udita anco novella; +che similmente il pastorel narrolle +aver veduto Orlando correr folle. +Quivi Zerbin tutte raguna l'arme, +e ne fa come un bel trofeo su 'n pino; +e volendo vietar che non se n'arme +cavallier paesan né peregrino, +scrive nel verde ceppo in breve carme: +— Armatura d'Orlando paladino; — +come volesse dir: nessun la muova, +che star non possa con Orlando a prova. +Finito ch'ebbe la lodevol opra, +tornava a rimontar sul suo destriero; +ed ecco Mandricardo arrivar sopra, +che visto il pin di quelle spoglie altiero, +lo priega che la cosa gli discuopra: +e quel gli narra, come ha inteso, il vero. +Allora il re pagan lieto non bada, +che viene al pino, e ne leva la spada, +dicendo: — Alcun non me ne può riprendere; +non è pur oggi ch'io l'ho fatta mia, +ed il possesso giustamente prendere +ne posso in ogni parte, ovunque sia. +Orlando che temea quella difendere, +s'ha finto pazzo, e l'ha gittata via; +ma quando sua viltà pur così scusi, +non debbe far ch'io mia ragion non usi. — +Zerbino a lui gridava: — Non la torre, +o pensa non l'aver senza questione. +Se togliesti così l'arme d'Ettorre, +tu l'hai di furto, più che di ragione. — +Senz'altro dir l'un sopra l'altro corre, +d'animo e di virtù gran paragone. +Di cento colpi già rimbomba il suono, +né bene ancor ne la battaglia sono. +Di prestezza Zerbin pare una fiamma +a torsi ovunque Durindana cada: +di qua di là saltar come una damma +fa 'l suo destrier dove è miglior la strada. +E ben convien che non ne perda dramma; +ch'andrà, s'un tratto il coglie quella spada, +a ritrovar gl'innamorati spirti +ch'empion la selva degli ombrosi mirti. +Come il veloce can che 'l porco assalta +che fuor del gregge errar vegga nei campi, +lo va aggirando, e quinci e quindi salta; +ma quello attende ch'una volta inciampi: +così, se vien la spada o bassa od alta, +sta mirando Zerbin come ne scampi; +come la vita e l'onor salvi a un tempo, +tien sempre l'occhio, e fiere e fugge a tempo. +Da l'altra parte, ovunque il Saracino +la fiera spada vibra o piena o vota, +sembra fra due montagne un vento alpino +ch'una frondosa selva il marzo scuota; +ch'ora la caccia a terra a capo chino, +or gli spezzati rami in aria ruota. +Ben che Zerbin più colpi e fùggia e schivi, +non può schivare al fin, ch'un non gli arrivi. +Non può schivare al fine un gran fendente +che tra 'l brando e lo scudo entra sul petto. +Grosso l'usbergo, e grossa parimente +era la piastra, e 'l panziron perfetto: +pur non gli steron contra, ed ugualmente +alla spada crudel dieron ricetto. +Quella calò tagliando ciò che prese, +la corazza e l'arcion fin su l'arnese. +E se non che fu scarso il colpo alquanto, +permezzo lo fendea come una canna; +ma penetra nel vivo a pena tanto, +che poco più che la pelle gli danna: +la non profunda piaga è lunga quanto +non si misureria con una spanna. +Le lucid'arme il caldo sangue irriga +per sino al piè di rubiconda riga. +Così talora un bel purpureo nastro +ho veduto partir tela d'argento +da quella bianca man più ch'alabastro, +da cui partire il cor spesso mi sento. +Quivi poco a Zerbin vale esser mastro +di guerra, ed aver forza e più ardimento; +che di finezza d'arme e di possanza +il re di Tartaria troppo l'avanza. +Fu questo colpo del pagan maggiore +in apparenza, che fosse in effetto; +tal ch'Issabella se ne sente il core +fendere in mezzo all'agghiacciato petto. +Zerbin pien d'ardimento e di valore +tutto s'infiamma d'ira e di dispetto; +e quanto più ferire a due man puote, +in mezzo l'elmo il Tartaro percuote. +Quasi sul collo del destrier piegosse +per l'aspra botta il Saracin superbo; +e quando l'elmo senza incanto fosse, +partito il capo gli avria il colpo acerbo. +Con poco differir ben vendicosse, +né disse: A un'altra volta io te la serbo: +e la spada gli alzò verso l'elmetto, +sperandosi tagliarlo infin al petto. +Zerbin che tenea l'occhio ove la mente, +presto il cavallo alla man destra volse; +non sì presto però, che la tagliente +spada fuggisse, che lo scudo colse. +Da sommo ad imo ella il partì ugualmente, +e di sotto il braccial roppe e disciolse +e lui ferì nel braccio, e poi l'arnese +spezzògli, e ne la coscia anco gli scese. +Zerbin di qua di là cerca ogni via, +né mai di quel che vuol, cosa gli avviene; +che l'armatura sopra cui feria, +un piccol segno pur non ne ritiene. +Da l'altra parte il re di Tartaria +sopra Zerbino a tal vantaggio viene, +che l'ha ferito in sette parti o in otto, +tolto lo scudo, e mezzo l'elmo rotto. +Quel tuttavia più va perdendo il sangue; +manca la forza, e ancor par che nol senta: +il vigoroso cor che nulla langue, +val sì, che 'l debol corpo ne sostenta. +La donna sua, per timor fatta esangue, +intanto a Doralice s'appresenta, +e la priega e la supplica per Dio, +che partir voglia il fiero assalto e rio. +Cortese come bella, Doralice, +né ben sicura come il fatto segua, +fa volentier quel ch'Issabella dice, +e dispone il suo amante a pace e a triegua. +Così a' prieghi de l'altra l'ira ultrice +di cor fugge a Zerbino e si dilegua: +ed egli, ove a lei par, piglia la strada, +senza finir l'impresa de la spada. +Fiordiligi, che mal vede difesa +la buona spada del misero conte, +tacita duolsi, e tanto le ne pesa, +che d'ira piange e battesi la fronte. +Vorria aver Brandimarte a quella impresa; +e se mai lo ritrova e gli lo conte, +non crede poi che Mandricardo vada +lunga stagione altier di quella spada. +Fiordiligi cercando pure invano +va Brandimarte suo matina e sera; +e fa camin da lui molto lontano, +da lui che già tornato a Parigi era. +Tanto ella se n'andò per monte e piano, +che giunse ove, al passar d'una riviera, +vide e conobbe il miser paladino; +ma diciàn quel ch'avvenne di Zerbino: +che 'l lasciar Durindana sì gran fallo +gli par, che più d'ogn'altro mal gl'incresce; +quantunque a pena star possa a cavallo +pel molto sangue che gli è uscito ed esce. +Or poi che dopo non troppo intervallo +cessa con l'ira il caldo, il dolor cresce: +cresce il dolor sì impetuosamente, +che mancarsi la vita se ne sente. +Per debolezza più non potea gire; +sì che fermossi appresso una fontana. +Non sa che far né che si debba dire +per aiutarlo la donzella umana. +Sol di disagio lo vede morire; +che quindi è troppo ogni città lontana, +dove in quel punto al medico ricorra, +che per pietade o premio gli soccorra. +Ella non sa se non invan dolersi, +chiamar fortuna e il cielo empio e crudele. +— Perché, ahi lassa! (dicea) non mi sommersi +quando levai ne l'Oceàn le vele? — +Zerbin che i languidi occhi ha in lei conversi, +sente più doglia ch'ella si querele, +che de la passion tenace e forte +che l'ha condutto omai vicino a morte. +— Così, cor mio, vogliate (le diceva), +dopo ch'io sarò morto, amarmi ancora, +come solo il lasciarvi è che m'aggreva +qui senza guida, e non già perch'io mora: +che se in sicura parte m'accadeva +finir de la mia vita l'ultima ora, +lieto e contento e fortunato a pieno +morto sarei, poi ch'io vi moro in seno. +Ma poi che 'l mio destino iniquo e duro +vol ch'io vi lasci, e non so in man di cui; +per questa bocca e per questi occhi giuro, +per queste chiome onde allacciato fui, +che disperato nel profondo oscuro +vo de lo 'nferno, ove il pensar di vui +ch'abbia così lasciata, assai più ria +sarà d'ogn'altra pena che vi sia. — +A questo la mestissima Issabella, +declinando la faccia lacrimosa +e congiungendo la sua bocca a quella +di Zerbin, languidetta come rosa, +rosa non colta in sua stagion, sì ch'ella +impallidisca in su la siepe ombrosa, +disse: — Non vi pensate già, mia vita, +far senza me quest'ultima partita. +Di ciò, cor mio, nessun timor vi tocchi; +ch'io vo' seguirvi o in cielo o ne lo 'nferno. +Convien che l'uno e l'altro spirto scocchi, +insieme vada, insieme stia in eterno. +Non sì tosto vedrò chiudervi gli occhi, +o che m'ucciderà il dolore interno, +o se quel non può tanto, io vi prometto +con questa spada oggi passarmi il petto. +De' corpi nostri ho ancor non poca speme, +che me' morti che vivi abbian ventura. +Qui forse alcun capiterà, ch'insieme, +mosso a pietà, darà lor sepoltura. — +Così dicendo, le reliquie estreme +de lo spirto vital che morte fura, +va ricogliendo con le labra meste, +fin ch'una minima aura ve ne reste. +Zerbin la debol voce riforzando, +disse: — Io vi priego e supplico, mia diva, +per quello amor che mi mostraste, quando +per me lasciaste la paterna riva; +e se commandar posso, io vel commando, +che fin che piaccia a Dio, restiate viva; +né mai per caso pogniate in oblio +che quanto amar si può, v'abbia amato io. +Dio vi provederà d'aiuto forse, +per liberarvi d'ogni atto villano, +come fe' quando alla spelonca torse, +per indi trarvi, il senator romano. +Così (la sua mercé) già vi soccorse +nel mare e contra il Biscaglin profano: +e se pure avverrà che poi si deggia +morire, allora il minor mal s'elleggia. — +Non credo che quest'ultime parole +potesse esprimer sì, che fosse inteso; +e finì come il debol lume suole, +cui cera manchi od altro in che sia acceso. +Chi potrà dire a pien come si duole, +poi che si vede pallido e disteso, +la giovanetta, e freddo come ghiaccio +il suo caro Zerbin restare in braccio? +Sopra il sanguigno corpo s'abbandona, +e di copiose lacrime lo bagna, +e stride sì, ch'intorno ne risuona +a molte miglia il bosco e la campagna. +Né alle guance né al petto si perdona, +che l'uno e l'altro non percuota e fragna; +e straccia a torto l'auree crespe chiome, +chiamando sempre invan l'amato nome. +In tanta rabbia, in tal furor sommersa +l'avea la doglia sua, che facilmente +avria la spada in se stessa conversa, +poco al suo amante in questo ubidiente; +s'uno eremita ch'alla fresca e tersa +fonte avea usanza di tornar sovente +da la sua quindi non lontana cella, +non s'opponea, venendo, al voler d'ella. +Il venerabile uom, ch'alta bontade +avea congiunta a natural prudenza, +ed era tutto pien di caritade, +di buoni esempi ornato e d'eloquenza, +alla giovan dolente persuade +con ragioni efficaci pazienza; +e inanzi le puon, come uno specchio, +donne del Testamento e nuovo e vecchio. +Poi le fece veder, come non fusse +alcun, se non in Dio, vero contento, +e ch'eran l'altre transitorie e flusse +speranze umane, e di poco momento; +e tanto seppe dir, che la ridusse +da quel crudele ed ostinato intento, +che la vita sequente ebbe disio +tutta al servigio dedicar di Dio. +Non che lasciar del suo signor voglia unque +né 'l grand'amor, né le reliquie morte: +convien che l'abbia ovunque stia ed ovunque +vada, e che seco e notte e dì le porte. +Quindi aiutando l'eremita dunque, +ch'era de la sua età valido e forte, +sul mesto suo destrier Zerbin posaro, +e molti dì per quelle selve andaro. +Non volse il cauto vecchio ridur seco, +sola con solo, la giovane bella +là dove ascosa in un selvaggio speco +non lungi avea la solitaria cella; +fra sé dicendo: — Con periglio arreco +in una man la paglia e la facella. — +Né si fida in sua età né in sua prudenza, +che di sé faccia tanta esperienza. +Di condurla in Provenza ebbe pensiero +non lontano a Marsilia in un castello, +dove di sante donne un monastero +ricchissimo era, e di edificio bello: +e per portarne il morto cavalliero, +composto in una cassa aveano quello, +che 'n un castel ch'era tra via, si fece +lunga e capace, e ben chiusa di pece. +Più e più giorni gran spazio di terra +cercaro, e sempre per lochi più inculti; +che pieno essendo ogni cosa di guerra, +voleano gir più che poteano occulti. +Al fine un cavallier la via lor serra, +che lor fe' oltraggi e disonesti insulti; +di cui dirò quando il suo loco fia; +ma ritorno ora al re di Tartaria. +Avuto ch'ebbe la battaglia il fine +che già v'ho detto, il giovin si raccolse +alle fresche ombre e all'onde cristalline; +ed al destrier la sella e 'l freno tolse, +e lo lasciò per l'erbe tenerine +del prato andar pascendo ove egli volse: +ma non ste' molto, che vide lontano +calar dal monte un cavalliero al piano. +Conobbel, come prima alzò la fronte, +Doralice, e mostrollo a Mandricardo, +dicendo: — Ecco il superbo Rodomonte, +se non m'inganna di lontan lo sguardo. +Per far teco battaglia cala il monte: +or ti potrà giovar l'esser gagliardo. +Perduta avermi a grande ingiuria tiene, +ch'era sua sposa, e a vendicar si viene. — +Qual buono astor che l'anitra o l'acceggia, +starna o colombo o simil altro augello +venirsi incontra di lontano veggia, +leva la testa e si fa lieto e bello; +tal Mandricardo, come certo deggia +di Rodomonte far strage e macello, +con letizia e baldanza il destrier piglia, +le staffe ai piedi, e dà alla man la briglia. +Quando vicini fur sì, ch'udir chiare +tra lor poteansi le parole altiere, +con le mani e col capo a minacciare +incominciò gridando il re d'Algiere, +ch'a penitenza gli faria tornare +che per un temerario suo piacere +non avesse rispetto a provocarsi +lui ch'altamente era per vendicarsi. +Rispose Mandricardo: — Indarno tenta +chi mi vuol impaurir per minacciarme: +così fanciulli o femine spaventa, +o altri che non sappia che sieno arme; +me non, cui la battaglia più talenta +d'ogni riposo; e son per adoprarme +a piè, a cavallo, armato e disarmato, +sia alla campagna, o sia ne lo steccato. — +Ecco sono agli oltraggi, al grido, all'ire, +al trar de' brandi, al crudel suon de' ferri; +come vento che prima a pena spire, +poi cominci a crollar frassini e cerri, +ed indi oscura polve in cielo aggire, +indi gli arbori svella e case atterri, +sommerga in mare, e porti ria tempesta +che 'l gregge sparso uccida alla foresta. +De' duo pagani, senza pari in terra, +gli audacissimi cor, le forze estreme +parturiscono colpi, ed una guerra +conveniente a sì feroce seme. +Del grande e orribil suon triema la terra, +quando le spade son percosse insieme: +gettano l'arme insin al ciel scintille, +anzi lampadi accese a mille a mille. +Senza mai riposarsi o pigliar fiato +dura fra quei duo re l'aspra battaglia, +tentando ora da questo, or da quel lato +aprir le piastre e penetrar la maglia. +Né perde l'un, né l'altro acquista il prato, +ma come intorno sian fosse o muraglia, +o troppo costi ogn'oncia di quel loco, +non si parton d'un cerchio angusto e poco. +Fra mille colpi il Tartaro una volta +colse a duo mani in fronte il re d'Algiere; +che gli fece veder girare in volta +quante mai furon fiacole e lumiere. +Come ogni forza all'African sia tolta, +le groppe del destrier col capo fere: +perde la staffa, ed è, presente quella +che cotant'ama, per uscir di sella. +Ma come ben composto e valido arco +di fino acciaio in buona somma greve, +quanto si china più, quanto è più carco, +e più lo sforzan martinelli e lieve; +con tanto più furor, quanto è poi scarco, +ritorna, e fa più mal che non riceve: +così quello African tosto risorge, +e doppio il colpo all'inimico porge. +Rodomonte a quel segno ove fu colto, +colse a punto il figliol del re Agricane. +Per questo non poté nuocergli al volto, +ch'in difesa trovò l'arme troiane; +ma stordì in modo il Tartaro, che molto +non sapea s'era vespero o dimane. +L'irato Rodomonte non s'arresta, +che mena l'altro, e pur segna alla testa. +Il cavallo del Tartaro, ch'aborre +la spada che fischiando cala d'alto, +al suo signor con suo gran mal soccorre, +perché s'arretra, per fuggir, d'un salto: +il brando in mezzo il capo gli trascorre, +ch'al signor, non a lui, movea l'assalto. +Il miser non avea l'elmo di Troia, +come il patrone; onde convien che muoia. +Quel cade, e Mandricardo in piedi guizza, +non più stordito, e Durindana aggira. +Veder morto il cavallo entro gli adizza, +e fuor divampa un grave incendio d'ira. +L'African, per urtarlo, il destrier drizza; +ma non più Mandricardo si ritira, +che scoglio far soglia da l'onde: e avvenne +che 'l destrier cadde, ed egli in piè si tenne. +L'African che mancarsi il destrier sente, +lascia le staffe e sugli arcion si ponta, +e resta in piedi e sciolto agevolmente: +così l'un l'altro poi di pari affronta. +La pugna più che mai ribolle ardente, +e l'odio e l'ira e la superbia monta: +ed era per seguir; ma quivi giunse +in fretta un messagger che gli disgiunse. +Vi giunse un messagger del popul Moro, +di molti che per Francia eran mandati +a richiamare agli stendardi loro +i capitani e i cavallier privati; +perché l'imperator dai gigli d'oro +gli avea gli alloggiamenti già assediati; +e se non è il soccorso a venir presto, +l'eccidio suo conosce manifesto. +Riconobbe il messaggio i cavallieri, +oltre all'insegne, oltre alle sopraveste, +al girar de le spade, e ai colpi fieri +ch'altre man non farebbeno che queste. +Tra lor però non osa entrar, che speri +che fra tant'ira sicurtà gli preste +l'esser messo del re; né si conforta +per dir ch'imbasciator pena non porta. +Ma viene a Doralice, ed a lei narra +ch'Agramante, Marsilio e Stordilano, +con pochi dentro a mal sicura sbarra +sono assediati dal popul cristiano. +Narrato il caso, con prieghi ne inarra +che faccia il tutto ai duo guerrieri piano, +e che gli accordi insieme, e per lo scampo +del popul saracin li meni in campo. +Tra i cavallier la donna di gran core +si mette, e dice loro: — Io vi comando, +per quanto so che mi portate amore, +che riserbiate a miglior uso il brando, +e ne vegnate subito in favore +del nostro campo saracino, quando +si trova ora assediato ne le tende, +e presto aiuto, o gran ruina attende. — +Indi il messo soggiunse il gran periglio +dei Saracini, e narrò il fatto a pieno; +e diede insieme lettere del figlio +del re Troiano al figlio d'Ulieno. +Si piglia finalmente per consiglio +che i duo guerrier, deposto ogni veneno, +facciano insieme triegua fin al giorno +che sia tolto l'assedio ai Mori intorno; +e senza più dimora, come pria +liberato d'assedio abbian lor gente, +non s'intendano aver più compagnia, +ma crudel guerra e inimicizia ardente, +fin che con l'arme diffinito sia +chi la donna aver de' meritamente. +Quella, ne le cui man giurato fue, +fece la sicurtà per amendue. +Quivi era la Discordia impaziente, +inimica di pace e d'ogni triegua; +e la Superbia v'è, che non consente +né vuol patir che tale accordo segua. +Ma più di lor può Amor quivi presente, +di cui l'alto valor nessuno adegua; +e fe' ch'indietro, a colpi di saette, +e la Discordia e la Superbia stette. +Fu conclusa la triegua fra costoro +sì come piacque a chi di lor potea. +Vi mancava uno dei cavalli loro, +che morto quel del Tartaro giacea: +però vi venne a tempo Brigliadoro, +che le fresche erbe lungo il rio pascea. +Ma al fin del canto io mi trovo esser giunto; +sì ch'io farò, con vostra grazia, punto. Oh gran contrasto in giovenil pensiero, +desir di laude ed impeto d'amore! +né chi più vaglia, ancor si trova il vero; +che resta or questo or quel superiore. +Ne l'uno ebbe e ne l'altro cavalliero +quivi gran forza il debito e l'onore; +che l'amorosa lite s'intermesse, +fin che soccorso il campo lor s'avesse. +Ma più ve l'ebbe Amor: che se non era +che così commandò la donna loro, +non si sciogliea quella battaglia fiera, +che l'un n'avrebbe il triunfale alloro; +ed Agramante invan con la sua schiera +l'aiuto avria aspettato di costoro. +Dunque Amor sempre rio non si ritrova: +se spesso nuoce, anco talvolta giova. +Or l'uno e l'altro cavallier pagano, +che tutti ha differiti i suoi litigi, +va, per salvar l'esercito africano, +con la donna gentil verso Parigi; +e va con essi ancora il piccol nano +che seguitò del Tartaro i vestigi, +fin che con lui condotto a fronte a fronte +avea quivi il geloso Rodomonte. +Capitaro in un prato ove a diletto +erano cavallier sopra un ruscello, +duo disarmati e duo ch'avean l'elmetto, +e una donna con lor di viso bello. +Chi fosser quelli, altrove vi fia detto; +or no, che di Ruggier prima favello, +del buon Ruggier di cui vi fu narrato +che lo scudo nel pozzo avea gittato. +Non è dal pozzo ancor lontano un miglio, +che venire un corrier vede in gran fretta, +di quei che manda di Troiano il figlio +ai cavallieri onde soccorso aspetta; +dal qual ode che Carlo in tal periglio +la gente saracina tien ristretta, +che, se non è chi tosto le dia aita, +tosto l'onor vi lascerà o la vita. +Fu da molti pensier ridutto in forse +Ruggier, che tutti l'assaliro a un tratto; +ma qual per lo miglior dovesse torse, +né luogo avea né tempo a pensar atto. +Lasciò andare il messaggio, e 'l freno torse +là dove fu da quella donna tratto, +ch'ad or ad or in modo egli affrettava, +che nessun tempo d'indugiar le dava. +Quindi seguendo il camin preso, venne +(già declinando il sole) ad una terra +che 'l re Marsilio in mezzo Francia tenne, +tolta di man di Carlo in quella guerra. +Né al ponte né alla porta si ritenne, +che non gli niega alcuno il passo o serra, +ben ch'intorno al rastrello e in su le fosse +gran quantità d'uomini e d'arme fosse. +Perch'era conosciuta da la gente +quella donzella ch'avea in compagnia, +fu lasciato passar liberamente, +né domandato pure onde venìa. +Giunse alla piazza, e di fuoco lucente, +e piena la trovò di gente ria; +e vide in mezzo star con viso smorto +il giovine dannato ad esser morto. +Ruggier come gli alzò gli occhi nel viso, +che chino a terra e lacrimoso stava, +di veder Bradamante gli fu aviso, +tanto il giovine a lei rassimigliava. +Più dessa gli parea, quanto più fiso +al volto e alla persona il riguardava; +e fra sé disse: — O questa è Bradamante, +o ch'io non son Ruggier com'era inante. +Per troppo ardir si sarà forse messa +del garzon condennato alla difesa; +e poi che mal la cosa l'è successa, +ne sarà stata, come io veggo, presa. +Deh perché tanta fretta, che con essa +io non potei trovarmi a questa impresa? +Ma Dio ringrazio che ci son venuto, +ch'a tempo ancora io potrò darle aiuto. — +E sanza più indugiar la spada stringe +(ch'avea all'altro castel rotta la lancia), +e adosso il vulgo inerme il destrier spinge +per lo petto, pei fianchi e per la pancia. +Mena la spada a cerco, ed a chi cinge +la fronte, a chi la gola, a chi la guancia. +Fugge il popul gridando; e la gran frotta +resta o sciancata o con la testa rotta. +Come stormo d'augei ch'in ripa a un stagno +vola sicuro e a sua pastura attende, +s'improviso dal ciel falcon grifagno +gli dà nel mezzo ed un ne batte o prende, +si sparge in fuga, ognun lascia il compagno, +e de lo scampo suo cura si prende; +così veduto avreste far costoro, +tosto che 'l buon Ruggier diede fra loro. +A quattro o sei dai colli i capi netti +levò Ruggier, ch'indi a fuggir fur lenti; +ne divise altretanti infin ai petti, +fin agli occhi infiniti e fin ai denti. +Concederò che non trovasse elmetti, +ma ben di ferro assai cuffie lucenti: +e s'elmi fini anco vi fosser stati, +così gli avrebbe, o poco men, tagliati. +La forza di Ruggier non era quale +or si ritrovi in cavallier moderno, +né in orso né in leon né in animale +altro più fiero, o nostrale od esterno. +Forse il tremuoto le sarebbe uguale, +forse il Gran Diavol: non quel de lo 'nferno, +ma quel del mio signor, che va col fuoco +ch'a cielo e a terra e a mar si fa dar loco. +D'ogni suo colpo mai non cadea manco +d'un uomo in terra, e le più volte un paio; +e quattro a un colpo e cinque n'uccise anco, +sì che si venne tosto al centinaio. +Tagliava il brando che trasse dal fianco, +come un tenero latte, il duro acciaio. +Falerina, per dar morte ad Orlando, +fe' nel giardin d'Orgagna il crudel brando. +Averlo fatto poi ben le rincrebbe, +che 'l suo giardin disfar vide con esso. +Che strazio dunque, che ruina debbe +far or ch'in man di tal guerriero è messo? +Se mai Ruggier furor, se mai forza ebbe, +se mai fu l'alto suo valore espresso, +qui l'ebbe, il pose qui, qui fu veduto, +sperando dare alla sua donna aiuto. +Qual fa la lepre contra i cani sciolti, +facea la turba contra lui riparo. +Quei che restaro uccisi, furo molti; +furo infiniti quei ch'in fuga andaro. +Avea la donna intanto i lacci tolti, +ch'ambe le mani al giovine legaro; +e come poté meglio, presto armollo, +gli diè una spada in mano e un scudo al collo. +Egli che molto è offeso, più che puote +si cerca vendicar di quella gente: +e quivi son sì le sue forze note, +che riputar si fa prode e valente. +Già avea attuffato le dorate ruote +il Sol ne la marina d'occidente, +quando Ruggier vittorioso e quello +giovine seco uscir fuor del castello. +Quando il garzon sicuro de la vita +con Ruggier si trovò fuor de le porte, +gli rendé molta grazia ed infinita +con gentil modi e con parole accorte, +che non lo conoscendo, a dargli aita +si fosse messo a rischio de la morte; +e pregò che 'l suo nome gli dicesse, +per sapere a chi tanto obligo avesse. +— Veggo (dicea Ruggier) la faccia bella +e le belle fattezze e 'l bel sembiante, +ma la suavità de la favella +non odo già de la mia Bradamante; +né la relazion di grazie è quella +ch'ella usar debba al suo fedele amante. +Ma se pur questa è Bradamante, or come +ha sì tosto in oblio messo il mio nome? — +Per ben saperne il certo, accortamente +Ruggier le disse: — Io v'ho veduto altrove; +ed ho pensato e penso, e finalmente +non so né posso ricordarmi dove. +Ditemel voi, se vi ritorna a mente, +e fate che 'l nome anco udir mi giove, +acciò che saper possa a cui mia aita +dal fuoco abbia salvata oggi la vita. — +— Che voi m'abbiate visto esser potria +(rispose quel), che non so dove o quando: +ben vo pel mondo anch'io la parte mia, +strane aventure or qua or là cercando. +Forse una mia sorella stata fia, +che veste l'arme e porta al lato il brando; +che nacque meco, e tanto mi somiglia, +che non ne può discerner la famiglia. +Né primo né secondo né ben quarto +sète di quei ch'errore in ciò preso hanno: +né 'l padre né i fratelli né chi a un parto +ci produsse ambi, scernere ci sanno. +Gli è ver che questo crin raccorcio e sparto +ch'io porto, come gli altri uomini fanno, +ed il suo lungo e in treccia al capo avvolta, +ci solea far già differenza molta: +ma poi ch'un giorno ella ferita fu +nel capo (lungo saria a dirvi come), +e per sanarla un servo di Iesù +a mezza orecchia le tagliò le chiome, +alcun segno tra noi non restò più +di differenza, fuor che 'l sesso e 'l nome. +Ricciardetto son io, Bradamante ella; +io fratel di Rinaldo, essa sorella. +E se non v'increscesse l'ascoltarmi, +cosa direi che vi faria stupire, +la qual m'occorse per assimigliarmi +a lei: gioia al principio e al fin martìre. — +Ruggiero il qual più graziosi carmi, +più dolce istoria non potrebbe udire, +che dove alcun ricordo intervenisse +de la sua donna, il pregò sì, che disse. +— Accadde a questi dì, che pei vicini +boschi passando la sorella mia, +ferita da uno stuol de Saracini +che senza l'elmo la trovar per via, +fu di scorciarsi astretta i lunghi crini, +se sanar volse d'una piaga ria +ch'avea con gran periglio ne la testa; +e così scorcia errò per la foresta. +Errando giunse ad una ombrosa fonte; +e perché afflitta e stanca ritrovosse, +dal destrier scese e disarmò la fronte, +e su le tenere erbe addormentosse. +Io non credo che fabula si conte, +che più di questa istoria bella fosse. +Fiordispina di Spagna soprarriva, +che per cacciar nel bosco ne veniva. +E quando ritrovò la mia sirocchia +tutta coperta d'arme, eccetto il viso, +ch'avea la spada in luogo di conocchia, +le fu vedere un cavalliero aviso. +La faccia e le viril fattezze adocchia +tanto, che se ne sente il cor conquiso; +la invita a caccia, e tra l'ombrose fronde +lunge dagli altri al fin seco s'asconde. +Poi che l'ha seco in solitario loco +dove non teme d'esser sopraggiunta, +con atti e con parole a poco a poco +le scopre il fisso cuor di grave punta. +Con gli occhi ardenti e coi sospir di fuoco +le mostra l'alma di disio consunta. +Or si scolora in viso, or si raccende; +tanto s'arrischia, ch'un bacio ne prende. +La mia sorella avea ben conosciuto +che questa donna in cambio l'avea tolta: +né dar poteale a quel bisogno aiuto, +e si trovava in grande impaccio avvolta. +— Gli è meglio (dicea seco) s'io rifiuto +questa avuta di me credenza stolta +e s'io mi mostro femina gentile, +che lasciar riputarmi un uomo vile. — +E dicea il ver; ch'era viltade espressa, +conveniente a un uom fatto di stucco, +con cui sì bella donna fosse messa, +piena di dolce e di nettareo succo, +e tuttavia stesse a parlar con essa, +tenendo basse l'ale come il cucco. +Con modo accorto ella il parlar ridusse, +che venne a dir come donzella fusse; +che gloria, qual già Ippolita e Camilla, +cerca ne l'arme; e in Africa era nata +in lito al mar ne la città d'Arzilla, +a scudo e a lancia da fanciulla usata. +Per questo non si smorza una scintilla +del fuoco de la donna inamorata. +Questo rimedio all'alta piaga è tardo: +tant'avea Amor cacciato inanzi il dardo. +Per questo non le par men bello il viso, +men bel lo sguardo e men belli i costumi; +per ciò non torna il cor, che già diviso +da lei, godea dentro gli amati lumi. +Vedendola in quell'abito, l'è aviso +che può far che 'l desir non la consumi; +e quando, ch'ella è pur femina, pensa, +sospira e piange e mostra doglia immensa. +Chi avesse il suo ramarico e 'l suo pianto +quel giorno udito, avria pianto con lei. +— Quai tormenti (dicea) furon mai tanto +crudel, che più non sian crudeli i miei? +D'ogn'altro amore, o scelerato o santo, +il desiato fin sperar potrei; +saprei partir la rosa da le spine: +solo il mio desiderio è senza fine! +Se pur volevi, Amor, darmi tormento +che t'increscesse il mio felice stato, +d'alcun martìr dovevi star contento, +che fosse ancor negli altri amanti usato. +Né tra gli uomini mai né tra l'armento, +che femina ami femina ho trovato: +non par la donna all'altre donne bella, +né a cervie cervia, né all'agnelle agnella. +In terra, in aria, in mar, sola son io +che patisco da te sì duro scempio; +e questo hai fatto acciò che l'error mio +sia ne l'imperio tuo l'ultimo esempio. +La moglie del re Nino ebbe disio, +il figlio amando, scelerato ed empio, +e Mirra il padre, e la Cretense il toro: +ma gli è più folle il mio, ch'alcun dei loro. +La femina nel maschio fe' disegno, +speronne il fine, ed ebbelo, come odo: +Pasife ne la vacca entrò del legno, +altre per altri mezzi e vario modo. +Ma se volasse a me con ogni ingegno +Dedalo, non potria scioglier quel nodo +che fece il mastro troppo diligente, +Natura d'ogni cosa più possente. — +Così si duole e si consuma ed ange +la bella donna, e non s'accheta in fretta. +Talor si batte il viso e il capel frange, +e di sé contra sé cerca vendetta. +La mia sorella per pietà ne piange, +ed è a sentir di quel dolor costretta. +Del folle e van disio si studia trarla, +ma non fa alcun profitto, e invano parla. +Ella ch'aiuto cerca e non conforto, +sempre più si lamenta e più si duole. +Era del giorno il termine ormai corto, +che rosseggiava in occidente il sole, +ora oportuna da ritrarsi in porto +a chi la notte al bosco star non vuole; +quando la donna invitò Bradamante +a questa terra sua poco distante. +Non le seppe negar la mia sorella: +e così insieme ne vennero al loco, +dove la turba scelerata e fella +posto m'avria, se tu non v'eri, al fuoco. +Fece là dentro Fiordispina bella +la mia sirocchia accarezzar non poco: +e rivestita di feminil gonna, +conoscer fe' a ciascun ch'ella era donna. +Però che conoscendo che nessuno +util traea da quel virile aspetto, +non le parve anco di voler ch'alcuno +biasmo di sé per questo fosse detto: +féllo anco, acciò che 'l mal ch'avea da l'uno +virile abito, errando, già concetto, +ora con l'altro, discoprendo il vero, +provassi di cacciar fuor del pensiero. +Commune il letto ebbon la notte insieme, +ma molto differente ebbon riposo; +che l'una dorme, e l'altra piange e geme +che sempre il suo desir sia più focoso. +E se 'l sonno talor gli occhi le preme, +quel breve sonno è tutto imaginoso: +le par veder che 'l ciel l'abbia concesso +Bradamante cangiata in miglior sesso. +Come l'infermo acceso di gran sete, +s'in quella ingorda voglia s'addormenta, +nell'interrotta e turbida quiete, +d'ogn'acqua che mai vide si ramenta; +così a costei di far sue voglie liete +l'imagine del sonno rappresenta. +Si desta; e nel destar mette la mano, +e ritrova pur sempre il sogno vano. +Quanti prieghi la notte, quanti voti, +offerse al suo Macone e a tutti i dei, +che con miracoli apparenti e noti +mutassero in miglior sesso costei! +ma tutti vede andar d'effetto voti, +e forse ancora il ciel ridea di lei. +Passa la notte; e Febo il capo biondo +traea del mare, e dava luce al mondo. +Poi che 'l dì venne e che lasciaro il letto, +a Fiordispina s'augumenta doglia; +che Bradamante ha del partir già detto, +ch'uscir di questo impaccio avea gran voglia. +La gentil donna un ottimo ginetto +in don da lei vuol che partendo toglia, +guernito d'oro, ed una sopravesta +che riccamente ha di sua man contesta. +Accompagnolla un pezzo Fiordispina, +poi fe' piangendo al suo castel ritorno. +La mia sorella sì ratto camina, +che venne a Montalbano anco quel giorno. +Noi suoi fratelli e la madre meschina +tutti le siamo festeggiando intorno; +che di lei non sentendo, avuto forte +dubbio e tema avevàn de la sua morte. +Mirammo (al trar de l'elmo) al mozzo crine, +ch'intorno al capo prima s'avolgea; +così le sopraveste peregrine +ne fer meravigliar, ch'indosso avea. +Ed ella il tutto dal principio al fine +narronne, come dianzi io vi dicea: +come ferita fosse al bosco, e come +lasciasse, per guarir, le belle chiome; +e come poi dormendo in ripa all'acque, +la bella cacciatrice sopragiunse, +a cui la falsa sua sembianza piacque; +e come da la schiera la disgiunse. +Del lamento di lei poi nulla tacque, +che di pietade l'anima ci punse; +e come alloggiò seco, e tutto quello +che fece fin che ritornò al castello. +Di Fiordispina gran notizia ebb'io, +ch'in Siragozza e già la vidi in Francia, +e piacquer molto all'appetito mio +i suoi begli occhi e la polita guancia: +ma non lasciai fermarvisi il disio, +che l'amar senza speme è sogno e ciancia. +Or, quando in tal ampiezza mi si porge, +l'antiqua fiamma subito risorge. +Di queste speme Amor ordisce i nodi, +che d'altre fila ordir non li potea, +onde mi piglia: e mostra insieme i modi +che da la donna avrei quel ch'io chiedea. +A succeder saran facil le frodi; +che come spesso altri ingannato avea +la simiglianza c'ho di mia sorella, +forse anco ingannerà questa donzella. +Faccio o nol faccio? Al fin mi par che buono +sempre cercar quel che diletti sia. +Del mio pensier con altri non ragiono, +né vo' ch'in ciò consiglio altri mi dia. +Io vo la notte ove quell'arme sono +che s'avea tratte la sorella mia: +tolgole, e col destrier suo via camino, +né sto aspettar che luca il matutino. +Io me ne vo la notte (Amore è duce) +a ritrovar la bella Fiordispina; +e v'arrivai che non era la luce +del sole ascosa ancor ne la marina. +Beato è chi correndo si conduce +prima degli altri a dirlo alla regina, +da lei sperando per l'annunzio buono +acquistar grazia e riportarne dono. +Tutti m'aveano tolto così in fallo, +com'hai tu fatto ancor, per Bradamante; +tanto più che le vesti ebbi e 'l cavallo +con che partita era ella il giorno inante. +Vien Fiordispina di poco intervallo +con feste incontra e con carezze tante, +e con sì allegro viso e sì giocondo, +che più gioia mostrar non potria al mondo. +Le belle braccia al collo indi mi getta, +e dolcemente stringe, e bacia in bocca. +Tu puoi pensar s'allora la saetta +dirizzi Amor, s'in mezzo il cor mi tocca. +Per man mi piglia, e in camera con fretta +mi mena; e non ad altri, ch'a lei, tocca +che da l'elmo allo spron l'arme mi slacci +e nessun altro vuol che se n'impacci. +Poi fattasi arrecare una sua veste +adorna e ricca, di sua man la spiega, +e come io fossi femina, mi veste, +e in reticella d'oro il crin mi lega. +Io muovo gli occhi con maniere oneste, +né ch'io sia donna alcun mio gesto niega. +La voce ch'accusar mi potea forse, +sì ben usai, ch'alcun non se n'accorse. +Uscimmo poi là dove erano molte +persone in sala, e cavallieri e donne, +dai quali fummo con l'onor raccolte, +ch'alle regine fassi e gran madonne. +Quivi d'alcuni mi risi io più volte, +che non sappiendo ciò che sotto gonne +si nascondesse valido e gagliardo, +mi vagheggiavan con lascivo sguardo. +Poi che si fece la notte più grande, +e già un pezzo la mensa era levata, +la mensa, che fu d'ottime vivande, +secondo la stagione, apparecchiata; +non aspetta la donna ch'io domande +quel che m'era cagion del venir stata: +ella m'invita per sua cortesia, +che quella notte a giacer seco io stia. +Poi che donne e donzelle ormai levate +si furo, e paggi e camerieri intorno, +essendo ambe nel letto dispogliate, +coi torchi accesi che parea di giorno, +io cominciai: — Non vi maravigliate, +madonna, se sì tosto a voi ritorno; +che forse v'andavate imaginando +di non mi riveder fin Dio sa quando. +Dirò prima la causa del partire, +poi del ritorno l'udirete ancora. +Se 'l vostro ardor, madonna, intiepidire +potuto avessi col mio far dimora, +vivere in vostro servizio e morire +voluto avrei, né starne senza un'ora; +ma visto quanto il mio star vi nocessi, +per non poter far meglio, andare elessi. +Fortuna mi tirò fuor del camino +in mezzo un bosco d'intricati rami, +dove odo un grido risonar vicino, +come di donna che soccorso chiami. +V'accorro, e sopra un lago cristallino +ritrovo un fauno ch'avea preso agli ami +in mezzo l'acqua una donzella nuda, +e mangiarsi, il crudel, la volea cruda. +Colà mi trassi, e con la spada in mano +(perch'aiutar non la potea altrimente) +tolsi di vita il pescator villano: +ella saltò ne l'acqua immantinente. +— Non m'avrai (disse) dato aiuto invano: +ben ne sarai premiato e riccamente +quanto chieder saprai, perché son ninfa +che vivo dentro a questa chiara linfa; +ed ho possanza far cose stupende, +e sforzar gli elementi e la natura. +Chiedi tu, quanto il mio valor s'estende, +poi lascia a me di satisfarti cura. +Dal ciel la luna al mio cantar discende, +s'agghiaccia il fuoco, e l'aria si fa dura; +ed ho talor con semplici parole +mossa la terra, ed ho fermato il sole. — +Non le domando a questa offerta unire +tesor, né dominar populi e terre, +né in più virtù né in più vigor salire, +né vincer con onor tutte le guerre; +ma sol che qualche via donde il desire +vostro s'adempia, mi schiuda e disserre: +né più le domando un ch'un altro effetto, +ma tutta al suo giudicio mi rimetto. +Ebbile a pena mia domanda esposta, +ch'un'altra volta la vidi attuffata; +né fece al mio parlare altra risposta, +che di spruzzar vêr me l'acqua incantata: +la qual non prima al viso mi s'accosta, +ch'io (non so come) son tutta mutata. +Io 'l veggo, io 'l sento, e a pena vero parmi: +sento in maschio, di femina, mutarmi. +E se non fosse che senza dimora +vi potete chiarir, nol credereste: +e qual nell'altro sesso, in questo ancora +ho le mie voglie ad ubbidirvi preste. +Commandate lor pur, che fieno or ora +e sempremai per voi vigile e deste. — +Così le dissi; e feci ch'ella istessa +trovò con man la veritade espressa. +Come interviene a chi già fuor di speme +di cosa sia che nel pensier molt'abbia, +che mentre più d'esserne privo geme, +più se n'afflige e se ne strugge e arrabbia; +se ben la trova poi, tanto gli preme +l'aver gran tempo seminato in sabbia, +e la disperazion l'ha sì male uso, +che non crede a se stesso, e sta confuso: +così la donna, poi che tocca e vede +quel di ch'avuto avea tanto desire, +agli occhi, al tatto, a se stessa non crede, +e sta dubbiosa ancor di non dormire; +e buona prova bisognò a far fede, +che sentia quel che le parea sentire. +— Fa, Dio (disse ella), se son sogni questi, +ch'io dorma sempre, e mai più non mi desti. — +Non rumor di tamburi o suon di trombe +furon principio all'amoroso assalto, +ma baci ch'imitavan le colombe, +davan segno or di gire, or di fare alto. +Usammo altr'arme che saette o frombe. +Io senza scale in su la rocca salto +e lo stendardo piantovi di botto, +e la nimica mia mi caccio sotto. +Se fu quel letto la notte dinanti +pien di sospiri e di querele gravi, +non stette l'altra poi senza altretanti +risi, feste, gioir, giochi soavi. +Non con più nodi i flessuosi acanti +le colonne circondano e le travi, +di quelli con che noi legammo stretti +e colli e fianchi e braccia e gambe e petti. +La cosa stava tacita fra noi, +sì che durò il piacer per alcun mese: +pur si trovò chi se n'accorse poi, +tanto che con mio danno il re lo 'ntese. +Voi che mi liberaste da quei suoi +che ne la piazza avean le fiamme accese, +comprendere oggimai potete il resto; +ma Dio sa ben con che dolor ne resto. — +Così a Ruggier narrava Ricciardetto, +e la notturna via facea men grave, +salendo tuttavia verso un poggetto +cinto di ripe e di pendici cave. +Un erto calle e pien di sassi e stretto +apria il camin con faticosa chiave. +Sedea al sommo un castel detto Agrismonte, +ch'ave' in guardia Aldigier di Chiaramonte. +Di Buovo era costui figliuol bastardo, +fratel di Malagigi e di Viviano; +chi legitimo dice di Gherardo, +è testimonio temerario e vano. +Fosse come si voglia, era gagliardo, +prudente, liberal, cortese, umano; +e facea quivi le fraterne mura +la notte e il dì guardar con buona cura. +Raccolse il cavallier cortesemente, +come dovea, il cugin suo Ricciardetto, +ch'amò come fratello; e parimente +fu ben visto Ruggier per suo rispetto. +Ma non gli uscì già incontra allegramente, +come era usato, anzi con tristo aspetto, +perch'uno aviso il giorno avuto avea, +che nel viso e nel cor mesto il facea. +A Ricciardetto in cambio di saluto +disse: — Fratello, abbiàn nuova non buona. +Per certissimo messo oggi ho saputo +che Bertolagi iniquo di Baiona +con Lanfusa crudel s'è convenuto, +che preziose spoglie esso a lei dona, +ed essa a lui pon nostri frati in mano, +il tuo bon Malagigi e il tuo Viviano. +Ella dal dì che Ferraù li prese, +gli ha ognor tenuti in loco oscuro e fello, +fin che 'l brutto contratto e discortese +n'ha fatto con costui di ch'io favello. +Gli de' mandar domane al Maganzese +nei confin tra Baiona e un suo castello. +Verrà in persona egli a pagar la mancia +che compra il miglior sangue che sia in Francia. +Rinaldo nostro n'ho avisato or ora, +ed ho cacciato il messo di galoppo; +ma non mi par ch'arrivar possa ad ora +che non sia tarda, che 'l camino è troppo. +Io non ho meco gente da uscir fuora: +l'animo è pronto, ma il potere è zoppo. +Se gli ha quel traditor, li fa morire: +sì che non so che far, non so che dire. — +La dura nuova a Ricciardetto spiace, +e perché spiace a lui, spiace a Ruggiero; +che poi che questo e quel vede che tace, +né tra' profitto alcun del suo pensiero, +disse con grande ardir: — Datevi pace: +sopra me quest'impresa tutta chero; +e questa mia varrà per mille spade +a riporvi i fratelli in libertade. +Io non voglio altra gente, altri sussidi, +ch'io credo bastar solo a questo fatto; +io vi domando solo un che mi guidi +al luogo ove si dee fare il baratto. +Io vi farò sin qui sentire i gridi +di chi sarà presente al rio contratto. — +Così dicea; né dicea cosa nuova +all'un de' dui, che n'avea visto pruova. +L'altro non l'ascoltava, se non quanto +s'ascolti un ch'assai parli e sappia poco: +ma Ricciardetto gli narrò da canto +come fu per costui tratto del fuoco; +e ch'era certo che maggior del vanto +faria veder l'effetto a tempo e a loco. +Gli diede allor udienza più che prima, +e riverillo, e fe' di lui gran stima. +Ed alla mensa, ove la Copia fuse +il corno, l'onorò come suo donno. +Quivi senz'altro aiuto si concluse +che liberare i duo fratelli ponno. +Intanto sopravenne e gli occhi chiuse +ai signori e ai sergenti il pigro Sonno, +fuor ch'a Ruggier; che, per tenerlo desto, +gli punge il cor sempre un pensier molesto. +L'assedio d'Agramante ch'avea il giorno +udito dal corrier, gli sta nel core. +Ben vede ch'ogni minimo soggiorno +che faccia d'aiutarlo, è suo disnore. +Quanta gli sarà infamia, quanto scorno, +se coi nemici va del suo signore! +Oh come a gran viltade, a gran delitto, +battezzandosi alor, gli sarà ascritto! +Potria in ogn'altro tempo esser creduto +che vera religion l'avesse mosso; +ma ora che bisogna col suo aiuto +Agramante d'assedio esser riscosso, +più tosto da ciascun sarà tenuto +che timore e viltà l'abbia percosso, +ch'alcuna opinion di miglior fede: +questo il cor di Ruggier stimula e fiede. +Che s'abbia da partire anco lo punge +senza licenza de la sua regina. +Quando questo pensier, quando quel giunge, +che 'l dubio cor diversamente inchina. +Gli era l'aviso riuscito lunge +di trovarla al castel di Fiordispina, +dove insieme dovean, come ho già detto, +in soccorso venir di Ricciardetto. +Poi gli sovien ch'egli le avea promesso +di seco a Vallombrosa ritrovarsi. +Pensa ch'andar v'abbi ella, e quivi d'esso +che non vi trovi poi, maravigliarsi. +Potesse almen mandar lettera o messo, +sì ch'ella non avesse a lamentarsi +che, oltre ch'egli mal le avea ubbidito, +senza far motto ancor fosse partito. +Poi che più cose imaginate s'ebbe, +pensa scriverle al fin quanto gli accada; +e ben ch'egli non sappia come debbe +la lettera inviar, sì che ben vada, +non però vuol restar; che ben potrebbe +alcun messo fedel trovar per strada. +Più non s'indugia, e salta de le piume; +si fa dar carta, inchiostro, penna e lume. +I camarier discreti ed aveduti +arrecano a Ruggier ciò che commanda. +Egli comincia a scrivere, e i saluti +(come si suol) nei primi versi manda: +poi narra degli avisi che venuti +son dal suo re, ch'aiuto gli domanda; +e se l'andata sua non è ben presta, +o morto o in man degli nimici resta. +Poi seguita, ch'essendo a tal partito, +e ch'a lui per aiuto si volgea, +vedesse ella che 'l biasmo era infinito +s'a quel punto negar gli lo volea; +e ch'esso, a lei dovendo esser marito, +guardarsi da ogni macchia si dovea; +che non si convenia con lei, che tutta +era sincera, alcuna cosa brutta. +E se mai per adietro un nome chiaro, +ben oprando, cercò di guadagnarsi, +e guadagnato poi, se avuto caro, +se cercato l'avea di conservarsi; +or lo cercava, e n'era fatto avaro, +poi che dovea con lei participarsi, +la qual sua moglie, e totalmente in dui +corpi esser dovea un'anima con lui. +E sì come già a bocca le avea detto, +le ridicea per questa carta ancora: +finito il tempo in che per fede astretto +era al suo re, quando non prima muora, +che si farà cristian così d'effetto, +come di buon voler stato era ogni ora; +e ch'al padre e a Rinaldo e agli altri suoi +per moglie domandar la farà poi. +— Voglio (le soggiungea), quando vi piaccia, +l'assedio al mio signor levar d'intorno, +acciò che l'ignorante vulgo taccia, +il qual direbbe, a mia vergogna e scorno: +Ruggier, mentre Agramante ebbe bonaccia, +mai non l'abandonò notte né giorno; +or che Fortuna per Carlo si piega, +egli col vincitor l'insegna spiega. +Voglio quindici dì termine o venti, +tanto che comparir possa una volta, +sì che degli africani alloggiamenti +la grave ossedion per me sia tolta. +Intanto cercherò convenienti +cagioni, e che sian giuste, di dar volta. +Io vi domando per mio onor sol questo: +tutto poi vostro è di mia vita il resto. — +In simili parole si diffuse +Ruggier, che tutte non so dirvi a pieno; +e seguì con molt'altre, e non concluse +fin che non vide tutto il foglio pieno; +e poi piegò la lettera e la chiuse, +e suggellata se la pose in seno, +con speme che gli occorra il dì seguente +chi alla donna la dia secretamente. +Chiusa ch'ebbe la lettera, chiuse anco +gli occhi sul letto, e ritrovò quiete; +che 'l Sonno venne, e sparse il corpo stanco +col ramo intinto nel liquor di Lete: +e posò fin ch'un nembo rosso e bianco +di fiori sparse le contrade liete +del lucido oriente d'ogn'intorno, +ed indi uscì de l'aureo albergo il giorno. +E poi ch'a salutar la nuova luce +pei verdi rami incominciar gli augelli, +Aldigier che voleva essere il duce +di Ruggiero e de l'altro, e guidar quelli +ove faccin che dati in mano al truce +Bertolagi non siano i duo fratelli, +fu 'l primo in piede; e quando sentir lui, +del letto usciro anco quegli altri dui. +Poi che vestiti furo e bene armati, +coi duo cugin Ruggier si mette in via, +già molto indarno avendoli pregati +che questa impresa a lui tutta si dia; +ma essi, pel desir c'han de' lor frati, +e perché lor parea discortesia, +steron negando più duri che sassi, +né consentiron mai che solo andassi. +Giunsero al loco il dì che si dovea +Malagigi mutar nei carriaggi. +Era un'ampla campagna che giacea +tutta scoperta agli apollinei raggi. +Quivi né allor né mirto si vedea, +né cipressi né frassini né faggi, +ma nuda ghiara, e qualche umil virgulto +non mai da marra o mai da vomer culto. +I tre guerrieri arditi si fermaro +dove un sentier fendea quella pianura; +e giunger quivi un cavallier miraro, +ch'avea d'oro fregiata l'armatura, +e per insegna in campo verde il raro +e bello augel che più d'un secol dura. +Signor, non più, che giunto al fin mi veggio +di questo canto, e riposarmi chieggio. Cortesi donne ebbe l'antiqua etade, +che le virtù, non le ricchezze, amaro: +al tempo nostro si ritrovan rade +a cui, più del guadagno, altro sia caro. +Ma quelle che per lor vera bontade +non seguon de le più lo stile avaro, +vivendo, degne son d'esser contente; +gloriose e immortal poi che fian spente. +Degna d'eterna laude è Bradamante, +che non amò tesor, non amò impero, +ma la virtù, ma l'animo prestante, +ma l'alta gentilezza di Ruggiero; +e meritò che ben le fosse amante +un così valoroso cavalliero, +e per piacere a lei facesse cose +nei secoli avenir miracolose. +Ruggier, come di sopra vi fu detto, +coi duo di Chiaramonte era venuto, +dico con Aldigier, con Ricciardetto, +per dare ai duo fratei prigioni aiuto. +Vi dissi ancor che di superbo aspetto +venire un cavalliero avean veduto, +che portava l'augel che si rinuova, +e sempre unico al mondo si ritrova. +Come di questi il cavallier s'accorse, +che stavan per ferir quivi su l'ale, +in prova disegnò di voler porse, +s'alla sembianza avean virtude uguale. +— È di voi (disse loro) alcuno forse +che provar voglia chi di noi più vale +a' colpi o de la lancia o de la spada, +fin che l'un resti in sella e l'altro cada? — +— Farei (disse Aldigier) teco, o volessi +menar la spada a cerco, o correr l'asta; +ma un'altra impresa che, se qui tu stessi, +veder potresti, questa in modo guasta, +ch'a parlar teco, non che ci traessi +a correr giostra, a pena tempo basta: +seicento uomini al varco, o più, attendiamo, +coi qua' d'oggi provarci obligo abbiamo. +Per tor lor duo de' nostri che prigioni +quinci trarran, pietade e amor n'ha mosso. — +E seguitò narrando le cagioni +che li fece venir con l'arme indosso. +— Sì giusta è questa escusa che m'opponi +(disse il guerrier), che contradir non posso; +e fo certo giudicio che voi siate +tre cavallier che pochi pari abbiate. +Io chiedea un colpo o dui con voi scontrarme, +per veder quanto fosse il valor vostro; +ma quando all'altrui spese dimostrarme +lo vogliate, mi basta, e più non giostro. +Vi priego ben, che por con le vostr'arme +quest'elmo io possa e questo scudo nostro; +e spero dimostrar, se con voi vegno, +che di tal compagnia non sono indegno. — +Parmi veder ch'alcun saper desia +il nome di costui, che quivi giunto +a Ruggiero e a' compagni si offeria +compagno d'arme al periglioso punto. +Costei (non più costui detto vi sia) +era Marfisa che diede l'assunto +al misero Zerbin de la ribalda +vecchia Gabrina ad ogni mal sì calda. +I duo di Chiaramonte e il buon Ruggiero +l'accettar volentier ne la lor schiera, +ch'esser credeano certo un cavalliero, +e non donzella, e non quella ch'ella era. +Non molto dopo scoperse Aldigiero +e veder fe' ai compagni una bandiera +che facea l'aura tremolare in volta, +e molta gente intorno avea raccolta. +E poi che più lor fur fatti vicini, +e che meglio notar l'abito moro, +conobbero che gli eran Saracini, +e videro i prigioni in mezzo a loro +legati e tratti su piccol ronzini +a' Maganzesi, per cambiarli in oro. +Disse Marfisa agli altri: — Ora che resta, +poi che son qui, di cominciar la festa? — +Ruggier rispose: — Gl'invitati ancora +non ci son tutti, e manca una gran parte. +Gran ballo s'apparecchia di fare ora; +e perché sia solenne, usiamo ogn'arte: +ma far non ponno omai lunga dimora. — +Così dicendo, veggono in disparte +venire i traditori di Maganza: +sì ch'eran presso a cominciar la danza. +Giungean da l'una parte i Maganzesi, +e conducean con loro i muli carchi +d'oro e di vesti e d'altri ricchi arnesi; +da l'altra in mezzo a lance, spade ed archi, +venian dolenti i duo germani presi, +che si vedeano essere attesi ai varchi: +e Bertolagi, empio inimico loro, +udian parlar col capitano Moro. +Né di Buovo il figliuol né quel d'Amone, +veduto il Maganzese, indugiar puote: +la lancia in resta l'uno e l'altro pone, +e l'uno e l'altro il traditor percuote. +L'un gli passa la pancia e 'l primo arcione, +e l'altro il viso per mezzo le gote. +Così n'andasser pur tutti i malvagi, +come a quei colpi n'andò Bertolagi. +Marfisa con Ruggiero a questo segno +si muove, e non aspetta altra trombetta; +né prima rompe l'arrestato legno, +che tre, l'un dopo l'altro, in terra getta. +De l'asta di Ruggier fu il pagan degno, +che guidò gli altri, e uscì di vita in fretta; +e per quella medesima con lui +uno ed un altro andò nei regni bui. +Di qui nacque un error tra gli assaliti, +che lor causò lor ultima ruina. +Da un lato i Maganzesi esser traditi +credeansi da la squadra saracina; +da l'altro i Mori in tal modo feriti, +l'altra schiera chiamavano assassina: +e tra lor cominciar con fiera clade +a tirare archi e a menar lance e spade. +Salta ora in questa squadra ed ora in quella +Ruggiero, e via ne toglie or dieci or venti: +altritanti per man de la donzella +di qua e di là ne son scemati e spenti. +Tanti si veggon gir morti di sella, +quanti ne toccan le spade taglienti, +a cui dan gli elmi e le corazze loco, +come nel bosco i secchi legni al fuoco. +Se mai d'aver veduto vi raccorda, +o rapportato v'ha fama all'orecchie, +come, allor che 'l collegio si discorda, +e vansi in aria a far guerra le pecchie, +entri fra lor la rondinella ingorda, +e mangi e uccida e guastine parecchie; +dovete imaginar che similmente +Ruggier fosse e Marfisa in quella gente. +Non così Ricciardetto e il suo cugino +tra le due genti variavan danza, +perché, lasciando il campo saracino, +sol tenean l'occhio all'altro di Maganza. +Il fratel di Rinaldo paladino +con molto animo avea molta possanza, +e quivi raddoppiar glie la facea +l'odio che contra ai Maganzesi avea. +Facea parer questa medesma causa +un leon fiero il bastardo di Buovo, +che con la spada senza indugio e pausa +fende ogn'elmo, o lo schiaccia come un ovo. +E qual persona non saria stata ausa, +non saria comparita un Ettor nuovo, +Marfisa avendo in compagnia e Ruggiero, +ch'eran la scelta e 'l fior d'ogni guerriero? +Marfisa tuttavolta combattendo, +spesso ai compagni gli occhi rivoltava; +e di lor forza paragon vedendo, +con maraviglia tutti li lodava: +ma di Ruggier pur il valor stupendo +e senza pari al mondo le sembrava; +e talor si credea che fosse Marte +sceso dal quinto cielo in quella parte. +Mirava quelle orribili percosse, +miravale non mai calare in fallo: +parea che contra Balisarda fosse +il ferro carta e non duro metallo. +Gli elmi tagliava e le corazze grosse, +e gli uomini fendea fin sul cavallo, +e li mandava in parte uguali al prato, +tanto da l'un quanto da l'altro lato. +Continuando la medesma botta, +uccidea col signore il cavallo anche. +I capi dalle spalle alzava in frotta, +e spesso i busti dipartia da l'anche. +Cinque e più a un colpo ne tagliò talotta: +e se non che pur dubito che manche +credenza al ver c'ha faccia di menzogna, +di più direi; ma di men dir bisogna. +Il buon Turpin, che sa che dice il vero, +e lascia creder poi quel ch'a l'uom piace, +narra mirabil cose di Ruggiero, +ch'udendolo, il direste voi mendace. +Così parea di ghiaccio ogni guerriero +contra Marfisa, ed ella ardente face; +e non men di Ruggier gli occhi a sé trasse, +ch'ella di lui l'alto valor mirasse. +E s'ella lui Marte stimato avea, +stimato egli avria lei forse Bellona, +se per donna così la conoscea, +come parea il contrario alla persona. +E forse emulazion tra lor nascea +per quella gente misera, non buona, +ne la cui carne e sangue e nervi ed ossa +fan prova chi di loro abbia più possa. +Bastò di quattro l'animo e il valore +a far ch'un campo e l'altro andasse rotto. +Non restava arme, a chi fuggia, migliore +che quella che si porta più di sotto. +Beato chi il cavallo ha corridore, +ch'in prezzo non è quivi ambio né trotto; +e chi non ha destrier, quivi s'avede, +quanto il mestier de l'arme è tristo a piede. +Riman la preda e 'l campo ai vincitori +che non è fante o mulatier che resti. +Là Maganzesi, e qua fuggono i Mori: +quei lasciano i prigion, le some questi. +Furon, con lieti visi e più coi cori, +Malagigi e Viviano a scioglier presti; +non fur men diligenti a sciorre i paggi, +e por le some in terra e i carriaggi. +Oltre una buona quantità d'argento +ch'in diverse vasella era formato, +ed alcun muliebre vestimento +di lavoro bellissimo fregiato, +e per stanze reali un paramento +d'oro e di seta in Fiandra lavorato, +ed altre cose ricche in copia grande; +fiaschi di vin trovar, pane e vivande. +Al trar degli elmi, tutti vider come +avea lor dato aiuto una donzella: +fu conosciuta all'auree crespe chiome +ed alla faccia delicata e bella. +L'onoran molto, e pregano che 'l nome +di gloria degno non asconda; ed ella, +che sempre tra gli amici era cortese, +a dar di sé notizia non contese. +Non si ponno saziar di riguardarla; +che tal vista l'avean ne la battaglia. +Sol mira ella Ruggier, sol con lui parla: +altri non prezza, altri non par che vaglia. +Vengono i servi intanto ad invitarla +coi compagni a goder la vettovaglia, +ch'apparecchiata avean sopra una fonte +che difendea dal raggio estivo un monte. +Era una de le fonti di Merlino, +de le quattro di Francia da lui fatte, +d'intorno cinta di bel marmo fino, +lucido e terso, e bianco più che latte. +Quivi d'intaglio con lavor divino +avea Merlino imagini ritratte: +direste che spiravano, e, se prive +non fossero di voce, ch'eran vive. +Quivi una bestia uscir de la foresta +parea, di crudel vista, odiosa e brutta, +ch'avea l'orecchie d'asino, e la testa +di lupo e i denti, e per gran fame asciutta; +branche avea di leon; l'altro che resta, +tutto era volpe: e parea scorrer tutta +e Francia e Italia e Spagna ed Inghelterra, +l'Europa e l'Asia, e al fin tutta la terra. +Per tutto avea genti ferite e morte, +la bassa plebe e i più superbi capi: +anzi nuocer parea molto più forte +a re, a signori, a principi, a satrapi. +Peggio facea ne la romana corte, +che v'avea uccisi cardinali e papi: +contaminato avea la bella sede +di Pietro e messo scandol ne la fede. +Par che dinanzi a questa bestia orrenda +cada ogni muro, ogni ripar che tocca. +Non si vede città che si difenda: +se l'apre incontra ogni castello e rocca. +Par che agli onor divini anco s'estenda, +e sia adorata da la gente sciocca, +e che le chiavi s'arroghi d'avere +del cielo e de l'abisso in suo potere. +Poi si vedea d'imperiale alloro +cinto le chiome un cavallier venire +con tre giovini a par, che i gigli d'oro +tessuti avean nel lor real vestire; +e, con insegna simile, con loro +parea un leon contra quel mostro uscire: +avean lor nomi chi sopra la testa, +e chi nel lembo scritto de la vesta. +L'un ch'avea fin a l'elsa ne la pancia +la spada immersa alla maligna fera, +Francesco primo, avea scritto, di Francia; +Massimigliano d'Austria a par seco era; +e Carlo quinto imperator, di lancia +avea passato il mostro alla gorgiera; +e l'altro, che di stral gli fige il petto, +l'ottavo Enrigo d'Inghilterra è detto. +Decimo ha quel Leon scritto sul dosso, +ch'al brutto mostro i denti ha ne l'orecchi; +e tanto l'ha già travagliato e scosso, +che vi sono arrivati altri parecchi. +Parea del mondo ogni timor rimosso; +ed in emenda degli errori vecchi +nobil gente accorrea, non però molta, +onde alla belva era la vita tolta. +I cavallieri stavano e Marfisa +con desiderio di conoscer questi +per le cui mani era la bestia uccisa, +che fatti avea tanti luoghi atri e mesti. +Avenga che la pietra fosse incisa +dei nomi lor, non eran manifesti. +Si pregavan tra lor, che se sapesse +l'istoria alcuno, agli altri la dicesse. +Voltò Viviano a Malagigi gli occhi, +che stava a udire, e non facea lor motto: +— A te (disse) narrar l'istoria tocchi, +ch'esser ne déi, per quel ch'io vegga, dotto. +Chi son costor che con saette e stocchi +e lance a morte han l'animal condotto? — +Rispose Malagigi: — Non è istoria +di ch'abbia autor fin qui fatto memoria. +Sappiate che costor che qui scritto hanno +nel marmo i nomi, al mondo mai non furo; +ma fra settecento anni vi saranno, +con grande onor del secolo futuro. +Merlino, il savio incantator britanno, +fe' far la fonte al tempo del re Arturo; +e di cose ch'al mondo hanno a venire, +la fe' da buoni artefici scolpire. +Questa bestia crudele uscì del fondo +de lo 'nferno a quel tempo che fur fatti +alle campagne i termini, e fu il pondo +trovato e la misura, e scritti i patti. +Ma non andò a principio in tutto 'l mondo: +di sé lasciò molti paesi intatti. +Al tempo nostro in molti lochi sturba; +ma i populari offende e la vil turba. +Dal suo principio infin al secol nostro +sempre è cresciuto, e sempre andrà crescendo: +sempre crescendo, al lungo andar fia il mostro +il maggior che mai fosse e lo più orrendo. +Quel Fiton che per carte e per inchiostro +s'ode che fu sì orribile e stupendo, +alla metà di questo non fu tutto, +né tanto abominevol né sì brutto. +Farà strage crudel, né sarà loco +che non guasti, contamini ed infetti: +e quanto mostra la scultura, è poco +de' suoi nefandi e abominosi effetti. +Al mondo, di gridar mercé già roco, +questi, dei quali i nomi abbiamo letti, +che chiari splenderan più che piropo, +verranno a dare aiuto al maggior uopo. +Alla fera crudele il più molesto +non sarà di Francesco il re de' Franchi: +e ben convien che molti ecceda in questo, +e nessun prima e pochi n'abbia a' fianchi; +quando in splendor real, quando nel resto +di virtù farà molti parer manchi, +che già parver compiuti; come cede +tosto ogn'altro splendor, che 'l sol si vede. +L'anno primier del fortunato regno, +non ferma ancor ben la corona in fronte, +passerà l'Alpe, e romperà il disegno +di chi all'incontro avrà occupato il monte, +da giusto spinto e generoso sdegno, +che vendicate ancor non sieno l'onte +che dal furor da paschi e mandre uscito +l'esercito di Francia avrà patito. +E quindi scenderà nel ricco piano +di Lombardia, col fior di Francia intorno, +e sì l'Elvezio spezzerà, ch'invano +farà mai più pensier d'alzare il corno. +Con grande e de la Chiesa e de l'ispano +campo e del fiorentin vergogna e scorno +espugnerà il castel che prima stato +sarà non espugnabile stimato. +Sopra ogn'altr'arme, ad espugnarlo, molto +più gli varrà quella onorata spada +con la qual prima avrà di vita tolto +il mostro corruttor d'ogni contrada. +Convien ch'inanzi a quella sia rivolto +in fuga ogni stendardo, o a terra vada; +né fossa, né ripar, né grosse mura +possan da lei tener città sicura. +Questo principe avrà quanta eccellenza +aver felice imperator mai debbia: +l'animo del gran Cesar, la prudenza +di chi mostrolla a Transimeno e a Trebbia, +con la fortuna d'Alessandro, senza +cui saria fumo ogni disegno, e nebbia. +Sarà sì liberal, ch'io lo contemplo +qui non aver né paragon né esemplo. — +Così diceva Malagigi, e messe +desire a' cavallier d'aver contezza +del nome d'alcun altro ch'uccidesse +l'infernal bestia, uccider gli altri avezza. +Quivi un Bernardo tra' primi si lesse, +che Merlin molto nel suo scritto apprezza. +— Fia nota per costui (dicea) Bibiena, +quanto Fiorenza sua vicina e Siena. — +Non mette piede inanzi ivi persona +a Sismondo, a Giovanni, a Ludovico: +un Gonzaga, un Salviati, un d'Aragona, +ciascuno al brutto mostro aspro nimico. +V'è Francesco Gonzaga, né abandona +le sue vestigie il figlio Federico; +ed ha il cognato e il genero vicino, +quel di Ferrara, e quel duca d'Urbino. +De l'un di questi il figlio Guidobaldo +non vuol che 'l padre o ch'altri a dietro il metta. +Con Otobon dal Flisco, Sinibaldo +caccia la fera, e van di pari in fretta. +Luigi da Gazolo il ferro caldo +fatto nel collo le ha d'una saetta, +che con l'arco gli diè Febo, quando anco +Marte la spada sua gli messe al fianco. +Duo Erculi, duo Ippoliti da Este, +un altro Ercule, un altro Ippolito anco, +da Gonzaga, de' Medici, le peste +seguon del mostro, e l'han, cacciando, stanco. +Né Giuliano al figliuol, né par che reste +Ferrante al fratel dietro; né che manco +Andrea Doria sia pronto; né che lassi +Francesco Sforza, ch'ivi uomo lo passi. +Del generoso, illustre e chiaro sangue +d'Avalo vi son dui ch'han per insegna +lo scoglio, che dal capo ai piedi d'angue +par che l'empio Tifeo sotto si tegna. +Non è di questi duo, per fare esangue +l'orribil mostro, che più inanzi vegna: +l'uno Francesco di Pescara invitto, +l'altro Alfonso del Vasto ai piedi ha scritto. +Ma Consalvo Ferrante ove ho lasciato, +l'ispano onor, ch'in tanto pregio v'era, +che fu da Malagigi sì lodato, +che pochi il pareggiar di quella schiera? +Guglielmo si vedea di Monferrato +fra quei che morto avean la brutta fera; +ed eran pochi verso gl'infiniti +ch'ella v'avea chi morti e chi feriti. +In giuochi onesti e parlamenti lieti, +dopo mangiar, spesero il caldo giorno, +corcati su finissimi tapeti +tra gli arbuscelli ond'era il rivo adorno. +Malagigi e Vivian, perché quieti +più fosser gli altri, tenean l'arme intorno; +quando una donna senza compagnia +vider, che verso lor ratto venìa. +Questa era quella Ippalca a cui fu tolto +Frontino, il bon destrier, da Rodomonte. +L'avea il dì inanzi ella seguito molto, +pregandolo ora, ora dicendogli onte; +ma non giovando, avea il camin rivolto +per ritrovar Ruggiero in Agrismonte. +Tra via le fu (non so già come) detto +che quivi il troveria con Ricciardetto. +E perché il luogo ben sapea (che v'era +stata altre volte), se ne venne al dritto +alla fontana; ed in quella maniera +ve lo trovò, ch'io v'ho di sopra scritto. +Ma come buona e cauta messaggera +che sa meglio esequir che non l'è ditto, +quando vide il fratel di Bradamante, +non conoscer Ruggier fece sembiante. +A Ricciardetto tutta rivoltosse, +sì come drittamente a lui venisse; +e quel che la conobbe, se le mosse +incontra, e domandò dove ne gisse. +Ella ch'ancora avea le luci rosse +del pianger lungo, sospirando disse; +ma disse forte, acciò che fosse espresso +a Ruggiero il suo dir, che gli era presso. +— Mi traea dietro (disse) per la briglia, +come imposto m'avea la tua sorella, +un bel cavallo e buono a maraviglia, +ch'ella molto ama e che Frontino appella; +e l'avea tratto più di trenta miglia +verso Marsilia, ove venir debbe ella +fra pochi giorni, e dove ella mi disse +ch'io l'aspettassi fin che vi venisse. +Era sì baldanzoso il creder mio, +ch'io non stimava alcun di cor sì saldo, +che me l'avesse a tor, dicendogli io +ch'era de la sorella di Rinaldo. +Ma vano il mio disegno ieri m'uscìo, +che me lo tolse un Saracin ribaldo; +né per udir di chi Frontino fusse, +a volermelo rendere s'indusse. +Tutto ieri ed oggi l'ho pregato; e quando +ho visto uscir prieghi e minacce invano, +maledicendol molto e bestemmiando, +l'ho lasciato di qui poco lontano, +dove il cavallo e sé molto affannando, +s'aiuta, quanto può, con l'arme in mano +contra un guerrier ch'in tal travaglio il mette, +che spero ch'abbia a far le mie vendette. — +Ruggiero a quel parlar salito in piede, +ch'avea potuto a pena il tutto udire, +si volta a Ricciardetto, e per mercede +e premio e guidardon del ben servire +(prieghi aggiungendo senza fin) gli chiede +che con la donna solo il lasci gire +tanto che 'l Saracin gli sia mostrato, +ch'a lei di mano ha il buon destrier levato. +A Ricciardetto, ancor che discortese +il concedere altrui troppo paresse +di terminar le a sé debite imprese, +al voler di Ruggier pur si rimesse: +e quel licenza dai compagni prese, +e con Ippalca a ritornar si messe, +lasciando a quei che rimanean, stupore, +con maraviglia pur del suo valore. +Poi che dagli altri allontanato alquanto +Ippalca l'ebbe, gli narrò ch'ad esso +era mandata da colei che tanto +avea nel core il suo valore impresso; +e senza finger più, seguitò quanto +la sua donna al partir le avea commesso, +e che se dianzi avea altrimente detto, +per la presenza fu di Ricciardetto. +Disse, che chi le avea tolto il destriero, +ancor detto l'avea con molto orgoglio: +— Perché so che 'l cavallo è di Ruggiero, +più volontier per questo te lo toglio. +S'egli di racquistarlo avrà pensiero, +fagli saper (ch'asconder non gli voglio) +ch'io son quel Rodomonte il cui valore +mostra per tutto 'l mondo il suo splendore. — +Ascoltando, Ruggier mostra nel volto, +di quanto sdegno acceso il cor gli sia, +sì perché caro avria Frontino molto, +sì perché venìa il dono onde venìa +sì perché in suo dispregio gli par tolto; +vede che biasmo e disonor gli fia, +se torlo a Rodomonte non s'affretta, +e sopra lui non fa degna vendetta. +La donna Ruggier guida, e non soggiorna, +che por lo brama col Pagano a fronte; +e giunge ove la strada fa dua corna: +l'un va giù al piano, e l'altro va su al monte; +e questo e quel ne la vallea ritorna, +dov'ella avea lasciato Rodomonte. +Aspra, ma breve era la via del colle; +l'altra più lunga assai, ma piana e molle. +Il desiderio che conduce Ippalca +d'aver Frontino e vendicar l'oltraggio, +fa che 'l sentier de la montagna calca, +onde molto più corto era il viaggio. +Per l'altra intanto il re d'Algier cavalca +col Tartaro e cogli altri che detto aggio; +e giù nel pian la via più facil tiene, +né con Ruggier ad incontrar si viene. +Già son le lor querele differite +fin che soccorso ad Agramante sia +(questo sapete); ed han d'ogni lor lite +la cagion, Doralice, in compagnia. +Ora il successo de l'istoria udite. +Alla fontana è la lor dritta via, +ove Aldigier, Marfisa, Ricciardetto, +Malagigi e Vivian stanno a diletto. +Marfisa a' prieghi de' compagni avea +veste da donna ed ornamenti presi, +di quelli ch'a Lanfusa si credea +mandare il traditor de' Maganzesi; +e ben che veder raro si solea +senza l'osbergo e gli altri buoni arnesi, +pur quel dì se li trasse; e come donna, +a' prieghi lor lasciò vedersi in gonna. +Tosto che vede il Tartaro Marfisa, +per la credenza c'ha di guadagnarla, +in ricompensa e in cambio ugual s'avisa +di Doralice, a Rodomonte darla; +sì come Amor si regga a questa guisa, +che vender la sua donna o permutarla +possa l'amante, né a ragion s'attrista, +se quando una ne perde, una n'acquista. +Per dunque provedergli di donzella, +acciò per sé quest'altra si ritegna, +Marfisa, che gli par leggiadra e bella, +e d'ogni cavallier femina degna, +come abbia ad aver questa, come quella, +subito cara, a lui donar disegna; +e tutti i cavallier che con lei vede, +a giostra seco ed a battaglia chiede. +Malagigi e Vivian, che l'arme aveano +come per guardia e sicurtà del resto, +si mossero dal luogo ove sedeano, +l'un come l'altro alla battaglia presto, +perché giostrar con amenduo credeano; +ma l'African che non venìa per questo, +non ne fe' segno o movimento alcuno: +sì che la giostra restò lor contra uno. +Viviano è il primo, e con gran cor si muove, +e nel venire abbassa un'asta grossa: +e 'l re pagan da le famose pruove +da l'altra parte vien con maggior possa. +Dirizza l'uno e l'altro, e segna dove +crede meglio fermar l'aspra percossa. +Viviano indarno a l'elmo il pagan fere; +che non lo fa piegar, non che cadere. +Il re pagan, ch'avea più l'asta dura, +fe' lo scudo a Vivian parer di ghiaccio; +e fuor di sella in mezzo alla verdura, +all'erbe e ai fiori il fe' cadere in braccio. +Vien Malagigi, e ponsi in aventura +di vendicare il suo fratello avaccio; +ma poi d'andargli appresso ebbe tal fretta, +che gli fe' compagnia più che vendetta. +L'altro fratel fu prima del cugino +coll'arme indosso, e sul destrier salito; +e disfidato contra il Saracino +venne a scontrarlo a tutta briglia ardito. +Risonò il colpo in mezzo a l'elmo fino +di quel pagan sotto la vista un dito: +volò al ciel l'asta in quattro tronchi rotta; +ma non mosse il pagan per quella botta. +Il pagan ferì lui dal lato manco; +e perché il colpo fu con troppa forza, +poco lo scudo, e la corazza manco +gli valse, che s'aprir come una scorza. +Passò il ferro crudel l'omero bianco: +piegò Aldigier ferito a poggia e ad orza; +tra fiori ed erbe al fin si vide avolto, +rosso su l'arme, e pallido nel volto. +Con molto ardir vien Ricciardetto appresso; +e nel venire arresta sì gran lancia, +che mostra ben, come ha mostrato spesso, +che degnamente è paladin di Francia: +ed al pagan ne facea segno espresso, +se fosse stato pari alla bilancia; +ma sozzopra n'andò, perché il cavallo +gli cadde adosso, e non già per suo fallo. +Poi ch'altro cavallier non si dimostra, +ch'al pagan per giostrar volti la fronte, +pensa aver guadagnato de la giostra +la donna, e venne a lei presso alla fonte; +e disse: — Damigella, sète nostra, +s'altri non è per voi ch'in sella monte. +Nol potete negar, né farne iscusa; +che di ragion di guerra così s'usa. — +Marfisa, alzando con un viso altiero +la faccia, disse: — Il tuo parer molto erra. +Io ti concedo che diresti il vero, +ch'io sarei tua per la ragion di guerra, +quando mio signor fosse o cavalliero +alcun di questi ch'hai gittato in terra. +Io sua non son, né d'altri son che mia: +dunque me tolga a me chi mi desia. +So scudo e lancia adoperare anch'io, +e più d'un cavalliero in terra ho posto. — +— Datemi l'arme, disse, e il destrier mio, — +agli scudier che l'ubbidiron tosto. +Trasse la gonna, ed in farsetto uscìo; +e le belle fattezze e il ben disposto +corpo mostrò, ch'in ciascuna sua parte, +fuor che nel viso, assimigliava a Marte. +Poi che fu armata, la spada si cinse +e sul destrier montò d'un leggier salto; +e qua e là tre volte e più lo spinse, +e quinci e quindi fe' girare in alto; +e poi, sfidando il Saracino, strinse +la grossa lancia e cominciò l'assalto. +Tal nel campo troian Pentesilea +contra il tessalo Achille esser dovea. +Le lance infin al calce si fiaccaro +a quel superbo scontro, come vetro; +né pero chi le corsero, piegaro, +che si notasse, un dito solo a dietro. +Marfisa che volea conoscer chiaro +s'a più stretta battaglia simil metro +le serverebbe contra il fier pagano, +se gli rivolse con la spada in mano. +Bestemmiò il cielo e gli elementi il crudo +pagan, poi che restar la vide in sella: +ella, che gli pensò romper lo scudo, +non men sdegnosa contra il ciel favella. +Già l'uno e l'altro ha in mano il ferro nudo +e su le fatal arme si martella: +l'arme fatali han parimente intorno, +che mai non bisognar più di quel giorno. +Sì buona è quella piastra e quella maglia, +che spada o lancia non le taglia o fora; +sì che potea seguir l'aspra battaglia +tutto quel giorno e l'altro appresso ancora. +Ma Rodomonte in mezzo lor si scaglia, +e riprende il rival de la dimora, +dicendo: — Se battaglia pur far vuoi, +finiàn la cominciata oggi fra noi. +Facemmo, come sai, triegua con patto +di dar soccorso alla milizia nostra. +Non debbiàn, prima che sia questo fatto, +incominciare altra battaglia o giostra. — +Indi a Marfisa, riverente in atto +si volta, e quel messaggio le dimostra; +e le racconta come era venuto +a chieder lor per Agramante aiuto. +La priega poi che le piaccia non solo +lasciar quella battaglia o differire, +ma che voglia in aiuto del figliuolo +del re Troian con essi lor venire; +onde la fama sua con maggior volo +potrà far meglio infin al ciel salire, +che, per querela di poco momento, +dando a tanto disegno impedimento. +Marfisa, che fu sempre disiosa +di provar quei di Carlo a spada e a lancia, +né l'avea indotta a venire altra cosa +di sì lontana regione in Francia, +se non per esser certa se famosa +lor nominanza era per vero o ciancia, +tosto d'andar con lor partito prese, +che d'Agramante il gran bisogno intese. +Ruggiero in questo mezzo avea seguito +indarno Ippalca per la via del monte; +e trovò, giunto al loco, che partito +per altra via se n'era Rodomonte: +e pensando che lungi non era ito, +e che 'l sentier tenea dritto alla fonte, +trottando in fretta dietro gli venìa +per l'orme ch'eran fresche in su la via. +Volse che Ippalca a Montalban pigliasse +la via, ch'una giornata era vicino; +perché s'alla fontana ritornasse, +si torria troppo dal dritto camino. +E disse a lei, che già non dubitasse +che non s'avesse a ricovrar Frontino: +ben le farebbe a Montalbano, o dove +ella si trovi, udir tosto le nuove. +E le diede la lettera che scrisse +in Agrismonte, e che si portò in seno; +e molte cose a bocca anco le disse, +e la pregò che l'escusasse a pieno. +Ne la memoria Ippalca il tutto fisse, +prese licenza e voltò il palafreno; +e non cessò la buona messaggera, +ch'in Montalban si ritrovò la sera. +Seguia Ruggiero in fretta il Saracino +per l'orme ch'apparian ne la via piana, +ma non lo giunse prima che vicino +con Mandricardo il vide alla fontana. +Già promesso s'avean che per camino +l'un non farebbe all'altro cosa strana, +né fin ch'al campo si fosse soccorso, +a cui Carlo era appresso a porre il morso. +Quivi giunto Ruggier, Frontin conobbe, +e conobbe per lui chi adosso gli era; +e su la lancia fe' le spalle gobbe, +e sfidò l'African con voce altiera. +Rodomonte quel dì fe' più che Iobbe, +poi che domò la sua superbia fiera; +e ricusò la pugna ch'avea usanza +di sempre egli cercar con ogni istanza. +Il primo giorno e l'ultimo, che pugna +mai ricusasse il re d'Algier, fu questo; +ma tanto il desiderio che si giugna, +in soccorso al suo re gli pare onesto, +che se credesse aver Ruggier ne l'ugna +più che mai lepre il pardo isnello e presto, +non se vorria fermar tanto con lui, +che fêsse un colpo de la spada o dui. +Aggiungi che sapea ch'era Ruggiero +che seco per Frontin facea battaglia, +tanto famoso, ch'altro cavalliero +non è ch'a par di lui di gloria saglia, +l'uom che bramato ha di saper per vero +esperimento quanto in arme vaglia; +e pur non vuol seco accettar l'impresa: +tanto l'assedio del suo re gli pesa. +Trecento miglia sarebbe ito e mille, +se ciò non fosse, a comperar tal lite; +ma se l'avesse oggi sfidato Achille, +più fatto non avria di quel ch'udite: +tanto a quel punto sotto le faville +le fiamme avea del suo furor sopite. +Narra a Ruggier perché pugna rifiuti; +ed anco il priega che l'impresa aiuti: +che facendol, farà quel che far deve +al suo signore un cavallier fedele. +Sempre che questo assedio poi si leve, +avran ben tempo da finir querele. +Ruggier rispose a lui: — Mi sarà lieve +differir questa pugna, fin che de le +forze di Carlo si traggia Agramante, +pur che mi rendi il mio Frontino inante. +Se di provarti c'hai fatto gran fallo, +e fatto hai cosa indegna ad un uom forte, +d'aver tolto a una donna il mio cavallo, +vuoi ch'io prolunghi fin che siamo in corte, +lascia Frontino, e nel mio arbitrio dàllo. +Non pensare altrimente ch'io sopporte +che la battaglia qui tra noi non segua, +o ch'io ti faccia sol d'un'ora triegua. — +Mentre Ruggiero all'African domanda +o Frontino o battaglia allora allora, +e quello in lungo e l'uno e l'altro manda, +né vuol dare il destrier, né far dimora; +Mandricardo ne vien da un'altra banda, +e mette in campo un'altra lite ancora, +poi che vede Ruggier che per insegna +porta l'augel che sopra gli altri regna. +Nel campo azzur l'aquila bianca avea, +che de' Troiani fu l'insegna bella: +perché Ruggier l'origine traea +dal fortissimo Ettòr, portava quella. +Ma questo Mandricardo non sapea; +né vuol patire, e grande ingiuria appella, +che ne lo scudo un altro debba porre +l'aquila bianca del famoso Ettorre. +Portava Mandricardo similmente +l'augel che rapì in Ida Ganimede. +Come l'ebbe quel dì che fu vincente +al castel periglioso, per mercede, +credo vi sia con l'altre istorie a mente, +e come quella fata gli lo diede +con tutte le bell'arme che Vulcano +avea già date al cavallier troiano. +Altra volta a battaglia erano stati +Mandricardo e Ruggier solo per questo; +e per che caso fosser distornati, +io nol dirò, che già v'è manifesto. +Dopo non s'eran mai più raccozzati, +se non quivi ora; e Mandricardo presto, +visto lo scudo alzò il superbo grido +minacciando, e a Ruggier disse: — Io ti sfido. +Tu la mia insegna, temerario, porti; +né questo è il primo dì ch'io te l'ho detto. +E credi, pazzo, ancor ch'io tel comporti, +per una volta ch'io t'ebbi rispetto? +Ma poi che né minacce né conforti +ti pôn questa follia levar del petto, +ti mostrerò quanto miglior partito +t'era d'avermi subito ubbidito. — +Come ben riscaldato arrido legno +a piccol soffio subito s'accende, +così s'avampa di Ruggier lo sdegno +al primo motto che di questo intende. +— Ti pensi (disse) farmi stare al segno, +perché quest'altro ancor meco contende? +Ma mostrerotti ch'io son buon per torre +Frontino a lui, lo scudo a te d'Ettorre. +Un'altra volta pur per questo venni +teco a battaglia, e non è gran tempo anco; +ma d'ucciderti allora mi contenni, +perché tu non avevi spada al fianco. +Questi fatti saran, quelli fur cenni; +e mal sarà per te quell'augel bianco, +ch'antiqua insegna è stata di mia gente: +tu te l'usurpi, io 'l porto giustamente. — +— Anzi t'usurpi tu l'insegna mia! — +rispose Mandricardo; e trasse il brando, +quello che poco inanzi per follia +avea gittato alla foresta Orlando. +Il buon Ruggier, che di sua cortesia +non può non sempre ricordarsi, quando +vide il Pagan ch'avea tratta la spada, +lasciò cader la lancia ne la strada. +E tutto a un tempo Balisarda stringe, +la buona spada, e me' lo scudo imbraccia: +ma l'Africano in mezzo il destrier spinge, +e Marfisa con lui presta si caccia; +e l'uno questo, e l'altro quel respinge, +e priegano amendui che non si faccia. +Rodomonte si duol che rotto il patto +due volte ha Mandricardo, che fu fatto. +Prima, credendo d'acquistar Marfisa, +fermato s'era a far più d'una giostra; +or per privar Ruggier d'una divisa, +di curar poco il re Agramante mostra. +— Se pur (dicea) déi fare a questa guisa, +finiàn prima tra noi la lite nostra, +conveniente e più debita assai, +ch'alcuna di quest'altre che prese hai. +Con tal condizion fu stabilita +la triegua e questo accordo ch'è fra nui. +Come la pugna teco avrò finita, +poi del destrier risponderò a costui. +Tu del tuo scudo, rimanendo in vita, +la lite avrai da terminar con lui; +ma ti darò da far tanto, mi spero, +che non n'avanzarà troppo a Ruggiero. — +— La parte che ti pensi, non n'avrai +(rispose Mandricardo a Rodomonte): +io te ne darò più che non vorrai, +e ti farò sudar dal piè alla fronte: +e me ne rimarrà per darne assai +(come non manca mai l'acqua del fonte) +ed a Ruggiero ed a mill'altri seco, +e a tutto il mondo che la voglia meco. — +Moltiplicavan l'ire e le parole +quando da questo e quando da quel lato: +con Rodomonte e con Ruggier la vuole +tutto in un tempo Mandricardo irato; +Ruggier, ch'oltraggio sopportar non suole, +non vuol più accordo, anzi litigio e piato. +Marfisa or va da questo or da quel canto +per riparar, ma non può sola tanto. +Come il villan, se fuor per l'alte sponde +trapela il fiume e cerca nuova strada, +frettoloso a vietar che non affonde +i verdi paschi e la sperata biada, +chiude una via ed un'altra, e si confonde; +che se ripara quinci che non cada, +quindi vede lassar gli argini molli, +e fuor l'acqua spicciar con più rampolli: +così, mentre Ruggiero e Mandricardo +e Rodomonte son tutti sozzopra, +ch'ognun vuol dimostrarsi più gagliardo, +ed ai compagni rimaner di sopra, +Marfisa ad acchetarli have riguardo, +e s'affatica, e perde il tempo e l'opra; +che, come ne spicca uno e lo ritira, +gli altri duo risalir vede con ira. +Marfisa, che volea porgli d'accordo, +dicea: — Signori, udite il mio consiglio: +differire ogni lite è buon ricordo +fin ch'Agramante sia fuor di periglio. +S'ognun vuole al suo fatto essere ingordo, +anch'io con Mandricardo mi ripiglio; +e vo' vedere al fin se guadagnarme, +come egli ha detto, è buon per forza d'arme. +Ma se si de' soccorrere Agramante, +soccorrasi, e tra noi non si contenda. — +— Per me non si starà d'andare inante +(disse Ruggier), pur che 'l destrier si renda. +O che mi dia il cavallo, a far di tante +una parola, o che da me il difenda: +o che qui morto ho da restare, o ch'io +in campo ho da tornar sul destrier mio. — +Rispose Rodomonte: — Ottener questo +non fia così, come quell'altro, lieve. — +E seguitò dicendo: — Io ti protesto +che, s'alcun danno il nostro re riceve, +fia per tua colpa; ch'io per me non resto +di fare a tempo quel che far si deve. — +Ruggiero a quel protesto poco bada; +ma stretto dal furor stringe la spada. +Al re d'Algier come cingial si scaglia, +e l'urta con lo scudo e con la spalla; +e in modo lo disordina e sbarraglia, +che fa che d'una staffa il piè gli falla. +Mandricardo gli grida: — O la battaglia +differisci, Ruggiero, o meco falla; — +e crudele e fellon più che mai fosse, +Ruggier su l'elmo in questo dir percosse. +Fin sul collo al destrier Ruggier s'inchina, +né, quando vuolsi rilevar, si puote; +perché gli sopragiunge la ruina +del figlio d'Ulien che lo percuote. +Se non era di tempra adamantina, +fesso l'elmo gli avria fin tra le gote. +Apre Ruggier le mani per l'ambascia, +e l'una il fren, l'altra la spada lascia. +Se lo porta il destrier per la campagna: +dietro gli resta in terra Balisarda. +Marfisa che quel dì fatta compagna +se gli era d'arme, par ch'avampi ed arda, +che solo fra que' duo così rimagna: +e come era magnanima e gagliarda, +si drizza a Mandricardo, e col potere +ch'avea maggior, sopra la testa il fiere. +Rodomonte a Ruggier dietro si spinge: +vinto è Frontin, s'un'altra gli n'appicca; +ma Ricciardetto con Vivian si stringe, +e tra Ruggiero e 'l Saracin si ficca. +L'uno urta Rodomonte e lo rispinge, +e da Ruggier per forza lo dispicca; +l'altro la spada sua, che fu Viviano, +pone a Ruggier, già risentito, in mano. +Tosto che 'l buon Ruggiero in sé ritorna, +e che Vivian la spada gli appresenta, +a vendicar l'ingiuria non soggiorna, +e verso il re d'Algier ratto s'aventa, +come il leon che tolto su le corna +dal bue sia stato, e che 'l dolor non senta: +sì sdegno ed ira ed impeto l'affretta, +stimula e sferza a far la sua vendetta. +Ruggier sul capo al Saracin tempesta: +e se la spada sua si ritrovasse, +che, come ho detto, al comminciar di questa +pugna, di man gran fellonia gli trasse, +mi credo ch'a difendere la testa +di Rodomonte l'elmo non bastasse, +l'elmo che fece il re far di Babelle +quando muover pensò guerra alle stelle. +La Discordia, credendo non potere +altro esser quivi che contese e risse, +né vi dovesse mai più luogo avere +o pace o triegua, alla sorella disse +ch'omai sicuramente a rivedere +i monachetti suoi seco venisse. +Lasciànle andare, e stiàn noi dove in fronte +Ruggiero avea ferito Rodomonte. +Fu il colpo di Ruggier di sì gran forza, +che fece in su la groppa di Frontino +percuoter l'elmo e quella dura scorza +di ch'avea armato il dosso il Saracino, +e lui tre volte e quattro a poggia e ad orza +piegar per gire in terra a capo chino; +e la spada egli ancora avria perduta, +se legata alla man non fosse suta. +Avea Marfisa a Mandricardo intanto +fatto sudar la fronte, il viso e il petto, +ed egli aveva a lei fatto altretanto; +ma sì l'osbergo d'ambi era perfetto, +che mai poter falsarlo in nessun canto, +e stati eran sin qui pari in effetto: +ma in un voltar che fece il suo destriero, +bisogno ebbe Marfisa di Ruggiero. +Il destrier di Marfisa in un voltarsi +che fece stretto, ov'era molle il prato, +sdrucciolò in guisa, che non poté aitarsi +di non tutto cader sul destro lato; +e nel volere in fretta rilevarsi, +da Brigliador fu pel traverso urtato, +con che il pagan poco cortese venne; +sì che cader di nuovo gli convenne. +Ruggier che la donzella a mal partito +vide giacer, non differì il soccorso, +or che l'agio n'avea, poi che stordito +da sé lontan quell'altro era trascorso: +ferì su l'elmo il Tartaro; e partito +quel colpo gli avria il capo, come un torso, +se Ruggier Balisarda avesse avuta, +o Mandricardo in capo altra barbuta. +Il re d'Algier che si risente in questo, +si volge intorno, e Ricciardetto vede; +e si ricorda che gli fu molesto +dianzi, quando soccorso a Ruggier diede. +A lui si drizza, e saria stato presto +a darli del ben fare aspra mercede, +se con grande arte e nuovo incanto tosto +non se gli fosse Malagigi opposto. +Malagigi, che sa d'ogni malia +quel che ne sappia alcun mago eccellente, +ancor che 'l libro suo seco non sia, +con che fermare il sole era possente, +pur la scongiurazione onde solia +commandare ai demoni aveva a mente: +tosto in corpo al ronzino un ne costringe +di Doralice, ed in furor lo spinge. +Nel mansueto ubino che sul dosso +avea la figlia del re Stordilano, +fece entrar un degli angel di Minosso +sol con parole il frate di Viviano: +e quel che dianzi mai non s'era mosso, +se non quanto ubidito avea alla mano, +or d'improviso spiccò in aria un salto, +che trenta piè fu lungo e sedeci alto. +Fu grande il salto, non però di sorte +che ne dovesse alcun perder la sella. +Quando si vide in alto, gridò forte +(che si tenne per morta) la donzella. +Quel ronzin, come il diavol se lo porte, +dopo un gran salto se ne va con quella, +che pur grida soccorso, in tanta fretta, +che non l'avrebbe giunto una saetta. +Da la battaglia il figlio d'Ulieno +si levò al primo suon di quella voce; +e dove furiava il palafreno, +per la donna aiutar n'andò veloce. +Mandricardo di lui non fece meno, +né più a Ruggier, né più a Marfisa nòce; +ma, senza chieder loro o paci o tregue, +e Rodomonte e Doralice segue. +Marfisa intanto si levò di terra, +e tutta ardendo di disdegno e d'ira, +credesi far la sua vendetta, ed erra; +che troppo lungi il suo nimico mira. +Ruggier, ch'aver tal fin vede la guerra, +rugge come un leon, non che sospira. +Ben sanno che Frontino e Brigliadoro +giunger non ponno coi cavalli loro. +Ruggier non vuol cessar fin che decisa +col re d'Algier non l'abbia del cavallo: +non vuol quietar il Tartaro Marfisa, +che provato a suo senno anco non hallo. +Lasciar la sua querela a questa guisa +parrebbe all'uno e all'altro troppo fallo. +Di commune parer disegno fassi +di chi offesi gli avea seguire i passi. +Nel campo saracin li troveranno, +quando non possan ritrovarli prima; +che per levar l'assedio iti seranno, +prima che 'l re di Francia il tutto opprima. +Così dirittamente se ne vanno +dove averli a man salva fanno stima. +Già non andò Ruggier così di botto, +che non facesse ai suoi compagni motto. +Ruggier se ne ritorna ove in disparte +era il fratel de la sua donna bella, +e se gli proferisce in ogni parte +amico, per fortuna e buona e fella: +indi lo priega (e lo fa con bella arte) +che saluti in suo nome la sorella; +e questo così ben gli venne detto, +che né a lui diè né agli altri alcun sospetto. +E da lui, da Vivian, da Malagigi, +dal ferito Aldigier tolse commiato. +Si proferiro anch'essi alli servigi +di lui, debitor sempre in ogni lato. +Marfisa avea sì il cor d'ire a Parigi, +che 'l salutar gli amici avea scordato; +ma Malagigi andò tanto e Viviano, +che pur la salutaron di lontano; +e così Ricciardetto; ma Aldigiero +giace, e convien che suo malgrado resti. +Verso Parigi avean preso il sentiero +quelli duo prima, ed or lo piglian questi. +Dirvi, Signor, ne l'altro canto spero +miracolosi e sopraumani gesti, +che con danno degli uomini di Carlo +ambe le coppie fer, di ch'io vi parlo. Molti consigli de le donne sono +meglio improviso, ch'a pensarvi, usciti; +che questo è speziale e proprio dono +fra tanti e tanti lor dal ciel largiti. +Ma può mal quel degli uomini esser buono, +che maturo discorso non aiti, +ove non s'abbia a ruminarvi sopra +speso alcun tempo e molto studio ed opra. +Parve, e non fu però buono il consiglio +di Malagigi, ancor che (come ho detto) +per questo di grandissimo periglio +liberassi il cugin suo Ricciardetto. +A levare indi Rodomonte e il figlio +del re Agrican, lo spirto avea costretto, +non avvertendo che sarebbon tratti +dove i cristian ne rimarrian disfatti. +Ma se spazio a pensarvi avesse avuto, +creder si può che dato similmente +al suo cugino avria debito aiuto, +né fatto danno alla cristiana gente. +Commandare allo spirto avria potuto, +ch'alla via di levante o di ponente +sì dilungata avesse la donzella, +che non n'udisse Francia più novella. +Così gli amanti suoi l'avrian seguìta, +come a Parigi, anco in ogn'altro loco; +ma fu questa avvertenza inavvertita +da Malagigi, per pensarvi poco: +e la Malignità dal ciel bandita, +che sempre vorria sangue e strage e fuoco, +prese la via donde più Carlo afflisse, +poi che nessuna il mastro gli prescrisse. +Il palafren ch'avea il demonio al fianco, +portò la spaventata Doralice, +che non poté arrestarla fiume, e manco +fossa, bosco, palude, erta o pendice; +fin che per mezzo il campo inglese e franco, +e l'altra moltitudine fautrice +de l'insegne di Cristo, rassegnata +non l'ebbe al padre suo re di Granata. +Rodomonte col figlio d'Agricane +la seguitaro il primo giorno un pezzo, +che le vedean le spalle, ma lontane: +di vista poi perderonla da sezzo, +e venner per la traccia, come il cane +la lepre o il capriol trovare avezzo; +né si fermar, che furo in parte, dove +di lei ch'era col padre ebbono nuove. +Guardati, Carlo, che 'l ti viene addosso +tanto furor, ch'io non ti veggo scampo: +né questi pur, ma 'l re Gradasso è mosso +con Sacripante a danno del tuo campo. +Fortuna, per toccarti fin all'osso, +ti tolle a un tempo l'uno e l'altro lampo +di forza e di saper, che vivea teco; +e tu rimaso in tenebre sei cieco. +Io ti dico d'Orlando e di Rinaldo; +che l'uno al tutto furioso e folle, +al sereno, alla pioggia, al freddo, al caldo, +nudo va discorrendo il piano e 'l colle: +l'altro, con senno non troppo più saldo, +d'appresso al gran bisogno ti si tolle; +che non trovando Angelica in Parigi, +si parte, e va cercandone vestigi. +Un fraudolente vecchio incantatore +gli fe' (come a principio vi si disse) +creder per un fantastico suo errore, +che con Orlando Angelica venisse: +ondè di gelosia tocco nel core, +de la maggior ch'amante mai sentisse, +venne a Parigi, e come apparve in corte, +d'ire in Bretagna gli toccò per sorte. +Or fatta la battaglia onde portonne +egli l'onor d'aver chiuso Agramante, +tornò a Parigi, e monister di donne +e case e rocche cercò tutte quante. +Se murata non è tra le colonne, +l'avria trovata il curioso amante. +Vedendo al fin ch'ella non v'è né Orlando, +amenduo va con gran disio cercando. +Pensò che dentro Anglante o dentro a Brava +se la godesse Orlando in festa e in giuoco; +e qua e là per ritrovarla andava, +né in quel la ritrovò né in questo loco. +A Parigi di nuovo ritornava, +pensando che tardar dovesse poco +di capitare il paladino al varco; +che 'l suo star fuor non era senza incarco. +Un giorno o duo ne la città soggiorna +Rinaldo; e poi ch'Orlando non arriva, +or verso Anglante, or verso Brava torna, +cercando se di lui novella udiva. +Cavalca e quando annotta e quando aggiorna, +alla fresca alba e all'ardente ora estiva; +e fa al lume del sole e de la luna +dugento volte questa via, non ch'una. +Ma l'antiquo aversario, il qual fece Eva +all'interdetto pome alzar la mano, +a Carlo un giorno i lividi occhi leva, +che 'l buon Rinaldo era da lui lontano; +e vedendo la rotta che poteva +darsi in quel punto al populo cristiano, +quanta eccellenza d'arme al mondo fusse +fra tutti i Saracini, ivi condusse. +Al re Gradasso e al buon re Sacripante, +ch'eran fatti compagni all'uscir fuore +de la piena d'error casa d'Atlante, +di venire in soccorso messe in core +alle genti assediate d'Agramante, +e a distruzion di Carlo imperatore: +ed egli per l'incognite contrade +fe' lor la scorta e agevolò le strade. +Ed ad un altro suo diede negozio +d'affrettar Rodomonte e Mandricardo +per le vestigie donde l'altro sozio +a condur Doralice non è tardo. +Ne manda ancora un altro, perché in ozio +non stia Marfisa né Ruggier gagliardo; +ma chi guidò l'ultima coppia tenne +la briglia più, né quando gli altri venne. +La coppia di Marfisa e di Ruggiero +di mezza ora più tarda si condusse; +però ch'astutamente l'angel nero, +volendo agli cristian dar de le busse, +provide che la lite del destriero +per impedire il suo desir non fusse, +che rinovata si saria, se giunto +fosse Ruggiero e Rodomonte a un punto. +I quattro primi si trovaro insieme +onde potean veder gli alloggiamenti +de l'esercito oppresso e di chi 'l preme, +e le bandiere in che feriano i venti. +Si consigliaro alquanto; e fur l'estreme +conclusion dei lor ragionamenti +di dare aiuto, mal grado di Carlo, +al re Agramante, e de l'assedio trarlo. +Stringonsi insieme, e prendono la via +per mezzo ove s'alloggiano i cristiani, +gridando Africa e Spagna tuttavia; +e si scopriro in tutto esser pagani. +Pel campo, arme, arme risonar s'udia; +ma menar si sentir prima le mani: +e de la retroguardia una gran frotta, +non ch'assalita sia, ma fugge in rotta. +L'esercito cristian mosso a tumulto +sozzopra va senza sapere il fatto. +Estima alcun che sia un usato insulto +che Svizzari o Guasconi abbino fatto. +Ma perch'alla più parte è il caso occulto, +s'aduna insieme ogni nazion di fatto, +altri a suon di tamburo, altri di tromba: +grande è 'l rumore, e fin al ciel rimbomba. +Il magno imperator, fuor che la testa, +è tutto armato, e i paladini ha presso; +e domandando vien che cosa è questa +che le squadre in disordine gli ha messo; +e minacciando, or questi or quelli arresta; +e vede a molti il viso o il petto fesso, +ad altri insanguinare o il capo o il gozzo, +alcun tornar con mano o braccio mozzo. +Giunge più inanzi, e ne ritrova molti +giacere in terra, anzi in vermiglio lago +nel proprio sangue orribilmente involti, +né giovar lor può medico né mago; +e vede dagli busti i capi sciolti +e braccia e gambe con crudele imago; +e ritrova dai primi alloggiamenti +agli ultimi per tutto uomini spenti. +Dove passato era il piccol drappello, +di chiara fama eternamente degno, +per lunga riga era rimaso quello +al mondo sempre memorabil segno. +Carlo mirando va il crudel macello, +maraviglioso, e pien d'ira e di sdegno, +come alcun, in cui danno il fulgur venne, +cerca per casa ogni sentier che tenne. +Non era agli ripari anco arrivato +del re african questo primiero aiuto, +che con Marfisa fu da un altro lato +l'animoso Ruggier sopravenuto. +Poi ch'una volta o due l'occhio aggirato +ebbe la degna coppia, e ben veduto +qual via più breve per soccorrer fosse +l'assediato signor, ratto si mosse. +Come quando si dà fuoco alla mina, +pel lungo solco de la negra polve +licenziosa fiamma arde e camina +sì ch'occhio a dietro a pena se le volve; +e qual si sente poi l'alta ruina +che 'l duro sasso o il grosso muro solve: +così Ruggiero e Marfisa veniro, +e tai ne la battaglia si sentiro. +Per lungo e per traverso a fender teste +incominciaro, e tagliar braccia e spalle +de le turbe che male erano preste +ad espedire e sgombrar loro il calle. +C'ha notato il passar de le tempeste, +ch'una parte d'un monte o d'una valle +offende, e l'altra lascia, s'appresenti +la via di questi duo fra quelle genti. +Molti che dal furor di Rodomonte +e di quegli altri primi eran fuggiti, +Dio ringraziavan ch'avea lor sì pronte +gambe concesse, e piedi sì spediti; +e poi, dando del petto e de la fronte +in Marfisa e in Ruggier, vedean scherniti, +come l'uom né per star né per fuggire, +al suo fisso destin può contradire. +Chi fugge l'un pericolo, rimane +ne l'altro, e paga il fio d'ossa e di polpe. +Così cader coi figli in bocca al cane +suol, sperando fuggir, timida volpe, +poi che la caccia de l'antique tane +il suo vicin che le dà mille colpe, +e cautamente con fumo e con fuoco +turbata l'ha da non temuto loco. +Negli ripari entrò de' Saracini +Marfisa con Ruggiero a salvamento. +Quivi tutti con gli occhi al ciel supini +Dio ringraziar del buono avvenimento. +Or non v'è più timor de' paladini: +il più tristo pagan ne sfida cento; +ed è concluso che senza riposo +si torni a fare il campo sanguinoso. +Corni, bussoni, timpani moreschi +empieno il ciel di formidabil suoni: +ne l'aria tremolare ai venti freschi +si veggon le bandiere e i gonfaloni. +Da l'altra parte i capitan carleschi +stringon con Alamanni e con Britoni +quei di Francia, d'Italia e d'Inghilterra; +e si mesce aspra e sanguinosa guerra. +La forza del terribil Rodomonte, +quella di Mandricardo furibondo, +quella del buon Ruggier, di virtù fonte, +del re Gradasso, sì famoso al mondo, +e di Marfisa l'intrepida fronte, +col re circasso a nessun mai secondo, +feron chiamar san Gianni e san Dionigi +al re di Francia, e ritrovar Parigi. +Di questi cavallieri e di Marfisa +l'ardire invitto e la mirabil possa +non fu, Signor, di sorte, non fu in guisa +ch'imaginar, non che descriver possa. +Quindi si può stimar che gente uccisa +fosse quel giorno, e che crudel percossa +avesse Carlo. Arroge poi con loro, +con Ferraù più d'un famoso Moro. +Molti per fretta s'affogaro in Senna +(che 'l ponte non potea supplire a tanti), +e desiar, come Icaro, la penna, +perché la morte avean dietro e davanti. +Eccetto Uggieri e il marchese di Vienna, +i paladin fur presi tutti quanti. +Olivier ritornò ferito sotto +la spalla destra, Uggier col capo rotto. +E se, come Rinaldo e come Orlando, +lasciato Brandimarte avesse il giuoco, +Carlo n'andava di Parigi in bando, +se potea vivo uscir di sì gran fuoco. +Ciò che poté, fe' Brandimarte, e quando +non poté più, diede alla furia loco. +Così Fortuna ad Agramante arrise, +ch'un'altra volta a Carlo assedio mise. +Di vedovelle i gridi e le querele, +e d'orfani fanciulli e di vecchi orbi, +ne l'eterno seren dove Michele +sedea, salir fuor di questi aer torbi; +e gli fecion veder come il fedele +popul preda de' lupi era e de' corbi, +di Francia, d'Inghilterra e di Lamagna, +che tutta avea coperta la campagna. +Nel viso s'arrossì l'angel beato, +parendogli che mal fosse ubidito +al Creatore, e si chiamò ingannato +da la Discordia perfida e tradito. +D'accender liti tra i pagani dato +le avea l'assunto, e mal era esequito; +anzi tutto il contrario al suo disegno +parea aver fatto, a chi guardava al segno. +Come servo fedel, che più d'amore +che di memoria abondi, e che s'aveggia +aver messo in oblio cosa ch'a core +quanto la vita e l'anima aver deggia, +studia con fretta d'emendar l'errore, +né vuol che prima il suo signor lo veggia: +così l'angelo a Dio salir non volse, +se de l'obligo prima non si sciolse. +Al monister, dove altre volte avea +la Discordia veduta, drizzò l'ali. +Trovolla ch'in capitulo sedea +a nuova elezion degli ufficiali; +e di veder diletto si prendea, +volar pel capo a' frati i breviali. +Le man le pose l'angelo nel crine, +e pugna e calci le diè senza fine. +Indi le roppe un manico di croce +per la testa, pel dosso e per le braccia. +Mercé grida la misera a gran voce, +e le genocchia al divin nunzio abbraccia. +Michel non l'abandona, che veloce +nel campo del re d'Africa la caccia; +e poi le dice: — Aspettati aver peggio, +se fuor di questo campo più ti veggio. — +Come che la Discordia avesse rotto +tutto il dosso e le braccia, pur temendo +un'altra volta ritrovarsi sotto +a quei gran colpi, a quel furor tremendo, +corre a pigliare i mantici di botto, +ed agli accesi fuochi esca aggiungendo, +ed accendendone altri, fa salire +da molti cori un alto incendio d'ire. +E Rodomonte e Mandricardo e insieme +Ruggier n'infiamma sì, che inanzi al Moro +li fa tutti venire, or che non preme +Carlo i pagani, anzi il vantaggio è loro. +Le differenze narrano, ed il seme +fanno saper, da cui produtte foro; +poi del re si rimettono al parere, +chi di lor prima il campo debba avere. +Marfisa del suo caso anco favella, +e dice che la pugna vuol finire, +che cominciò col Tartaro; perch'ella +provocata da lui vi fu a venire: +né, per dar loco all'altre, volea quella +un'ora, non che un giorno, differire; +ma d'esser prima fa l'instanza grande, +ch'alla battaglia il Tartaro domande. +Non men vuol Rodomonte il primo campo +da terminar col suo rival l'impresa, +che per soccorrer l'africano campo +ha già interrotta, e fin a qui sospesa. +Mette Ruggier le sue parole a campo, +e dice che patir troppo gli pesa +che Rodomonte il suo destrier gli tenga, +e ch'a pugna con lui prima non venga. +Per più intricarla il Tartaro viene anche, +e niega che Ruggiero ad alcun patto +debba l'aquila aver da l'ale bianche; +e d'ira e di furore è così matto, +che vuol, quando dagli altri tre non manche, +combatter tutte le querele a un tratto. +Né più dagli altri ancor saria mancato, +se 'l consenso del re vi fosse stato. +Con prieghi il re Agramante e buon ricordi +fa quanto può, perché la pace segua; +e quando al fin tutti li vede sordi +non volere assentire a pace o a triegua, +va discorrendo come almen gli accordi +sì, che l'un dopo l'altro il campo assegua: +e pel miglior partito al fin gli occorre +ch'ognuno a sorte il campo s'abbia a torre. +Fe' quattro brevi porre: un Mandricardo +e Rodomonte insieme scritto avea; +ne l'altro era Ruggiero e Mandricardo. +Rodomonte e Ruggier l'altro dicea; +dicea l'altro Marfisa e Mandricardo. +Indi all'arbitrio de l'instabil dea +li fece trarre: e 'l primo fu il signore +di Sarza a uscir con Mandricardo fuore. +Mandricardo e Ruggier fu nel secondo; +nel terzo fu Ruggiero e Rodomonte; +restò Marfisa e Mandricardo in fondo, +di che la donna ebbe turbata fronte. +Né Ruggier più di lei parve giocondo: +sa che le forze dei duo primi pronte +han tra lor da finir le liti in guisa, +che non ne fia per sé né per Marfisa. +Giacea non lungi da Parigi un loco, +che volgea un miglio o poco meno intorno: +lo cingea tutto un argine non poco +sublime, a guisa d'un teatro adorno. +Un castel già vi fu, ma a ferro e a fuoco +le mura e i tetti ed a ruina andorno. +Un simil può vederne in su la strada, +qual volta a Borgo il Parmigiano vada. +In questo loco fu la lizza fatta, +di brevi legni d'ogn'intorno chiusa, +per giusto spazio quadra, al bisogno atta, +con due capaci porte, come s'usa. +Giunto il dì ch'al re par che si combatta +tra i cavallier che non ricercan scusa, +furo appresso alle sbarre in ambi i lati +contra i rastrelli i padiglion tirati. +Nel padiglion ch'è più verso ponente +sta il re d'Algier, c'ha membra di gigante. +Gli pon lo scoglio indosso del serpente +l'ardito Ferraù con Sacripante. +Il re Gradasso e Falsiron possente +sono in quell'altro al lato di levante, +e metton di sua man l'arme troiane +indosso al successor del re Agricane. +Sedeva in tribunale amplo e sublime +il re d'Africa, e seco era l'Ispano; +poi Stordilano, e l'altre genti prime +che riveria l'esercito pagano. +Beato a chi pôn dare argini e cime +d'arbori stanza che gli alzi dal piano! +Grande è la calca, e grande in ogni lato +populo ondeggia intorno al gran steccato. +Eran con la regina di Castiglia +regine e principesse e nobil donne +d'Aragon, di Granata e di Siviglia, +e fin di presso all'atlantee colonne: +tra quai di Stordilan sedea la figlia, +che di duo drappi avea le ricche gonne, +l'un d'un rosso mal tinto, e l'altro verde; +ma 'l primo quasi imbianca e il color perde. +In abito succinta era Marfisa, +qual si convenne a donna ed a guerriera. +Termoodonte forse a quella guisa +vide Ippolita ornarsi e la sua schiera. +Già, con la cotta d'arme alla divisa +del re Agramante, in campo venut'era +l'araldo a far divieto e metter leggi, +che né in fatto né in detto alcun parteggi. +La spessa turba aspetta disiando +la pugna, e spesso incolpa il venir tardo +dei duo famosi cavallieri; quando +s'ode dal padiglion di Mandricardo +alto rumor che vien moltiplicando. +Or sappiate, Signor, che 'l re gagliardo +di Sericana e 'l Tartaro possente +fanno il tumulto e 'l grido che si sente. +Avendo armato il re di Sericana +di sua man tutto il re di Tartaria, +per porgli al fianco la spada soprana +che già d'Orlando fu, se ne venìa; +quando nel pome scritto Durindana +vide, e 'l quartier ch'Almonte aver solia, +ch'a quel meschin fu tolto ad una fonte +dal giovenetto Orlando in Aspramonte. +Vedendola, fu certo ch'era quella +tanto famosa del signor d'Anglante, +per cui con grande armata, e la più bella +che giamai si partisse di Levante, +soggiogato avea il regno di Castella, +e Francia vinta esso pochi anni inante: +ma non può imaginarsi come avenga +ch'or Mandricardo in suo poter la tenga. +E dimandògli se per forza o patto +l'avesse tolta al conte, e dove e quando. +E Mandricardo disse ch'avea fatto +gran battaglia per essa con Orlando; +e come finto quel s'era poi matto, +così coprire il suo timor sperando, +ch'era d'aver continua guerra meco, +fin che la buona spada avesse seco. +E dicea ch'imitato avea il castore, +il qual si strappa i genitali sui, +vedendosi alle spalle il cacciatore, +che sa che non ricerca altro da lui. +Gradasso non udì tutto il tenore, +che disse: — Non vo' darla a te né altrui: +tanto oro, tanto affanno e tanta gente +ci ho speso, che è ben mia debitamente. +Cercati pur fornir d'un'altra spada, +ch'io voglio questa, e non ti paia nuovo. +Pazzo o saggio ch'Orlando se ne vada, +averla intendo, ovunque io la ritrovo. +Tu senza testimoni in su la strada +te l'usurpasti: io qui lite ne muovo. +La mia ragion dirà mia scimitarra, +e faremo il giudicio ne la sbarra. +Prima, di guadagnarla t'apparecchia, +che tu l'adopri contra a Rodomonte. +Di comprar prima l'arme è usanza vecchia, +ch'alla battaglia il cavallier s'affronte. — +— Più dolce suon non mi viene all'orecchia +(rispose alzando il Tartaro la fronte), +che quando di battaglia alcun mi tenta; +ma fa che Rodomonte lo consenta. +Fa che sia tua la prima, e che si tolga +il re di Sarza la tenzon seconda: +e non ti dubitar ch'io non mi volga, +e ch'a te ed ad ogni altro io non risponda. — +Ruggier gridò: — Non vo' che si disciolga +il patto, o più la sorte si confonda: +o Rodomonte in campo prima saglia, +o sia la sua dopo la mia battaglia. +Se di Gradasso la ragion prevale, +prima acquistar che porre in opra l'arme; +né tu l'aquila mia da le bianche ale +prima usar déi, che non me ne disarme: +ma poi ch'è stato il mio voler già tale, +di mia sentenza non voglio appellarme, +che sia seconda la battaglia mia, +quando del re d'Algier la prima sia. +Se turbarete voi l'ordine in parte, +io totalmente turbarollo ancora. +Io non intendo il mio scudo lasciarte, +se contra me non lo combatti or ora. — +— Se l'uno e l'altro di voi fosse Marte +(rispose Mandricardo irato allora), +non saria l'un né l'altro atto a vietarme +la buona spada o quelle nobili arme. — +E tratto da la colera, aventosse +col pugno chiuso al re di Sericana; +e la man destra in modo gli percosse, +ch'abandonar gli fece Durindana. +Gradasso, non credendo ch'egli fosse +di così folle audacia e così insana, +colto improviso fu, che stava a bada, +e tolta si trovò la buona spada. +Così scornato, di vergogna e d'ira +nel viso avampa, e par che getti fuoco; +e più l'affligge il caso e lo martira, +poi che gli accade in sì palese loco. +Bramoso di vendetta si ritira, +a trar la scimitarra, a dietro un poco. +Mandricardo in sé tanto si confida, +che Ruggiero anco alla battaglia sfida. +— Venite pure inanzi amenduo insieme, +e vengane pel terzo Rodomonte, +Africa e Spagna e tutto l'uman seme; +ch'io son per sempremai volger la fronte. — +Così dicendo, quel che nulla teme, +mena d'intorno la spada d'Almonte; +lo scudo imbraccia, disdegnoso e fiero, +contra Gradasso e contra il buon Ruggiero. +— Lascia la cura a me (dicea Gradasso), +ch'io guarisca costui de la pazzia. — +— Per Dio (dicea Ruggier), non te la lasso, +ch'esser convien questa battaglia mia. — +— Va indietro tu! — Vavvi pur tu! — né passo +però tornando, gridan tuttavia; +ed attaccossi la battaglia in terzo, +ed era per uscirne un strano scherzo, +se molti non si fossero interposti +a quel furor, non con troppo consiglio; +ch'a spese lor quasi imparar che costi +voler altri salvar con suo periglio. +Né tutto 'l mondo mai gli avria composti, +se non venia col re d'Ispagna il figlio +del famoso Troiano, al cui cospetto +tutti ebbon riverenza e gran rispetto. +Si fe' Agramante la cagione esporre +di questa nuova lite così ardente: +poi molto affaticossi per disporre +che per quella giornata solamente +a Mandricardo la spada d'Ettorre +concedesse Gradasso umanamente, +tanto ch'avesse fin l'aspra contesa +ch'avea già incontra a Rodomonte presa. +Mentre studia placarli il re Agramante, +ed or con questo ed or con quel ragiona; +da l'altro padiglion tra Sacripante +e Rodomonte un'altra lite suona. +Il re circasso (come è detto inante) +stava di Rodomonte alla persona, +ed egli e Ferraù gli aveano indotte +l'arme del suo progenitor Nembrotte. +Ed eran poi venuti ove il destriero +facea, mordendo, il ricco fren spumoso; +io dico il buon Frontin, per cui Ruggiero +stava iracondo e più che mai sdegnoso. +Sacripante ch'a por tal cavalliero +in campo avea, mirava curioso +se ben ferrato e ben guernito e in punto +era il destrier, come doveasi a punto. +E venendo a guardargli più a minuto +i segni, le fattezze isnelle ed atte, +ebbe, fuor d'ogni dubbio, conosciuto +che questo era il destrier suo Frontalatte, +che tanto caro già s'avea tenuto, +per cui già avea mille querele fatte; +e poi che gli fu tolto, un tempo volse +sempre ire a piedi: in modo gliene dolse. +Inanzi Albracca glie l'avea Brunello +tolto di sotto quel medesmo giorno +ch'ad Angelica ancor tolse l'annello, +al conte Orlando Balisarda e 'l corno, +e la spada a Marfisa: ed avea quello, +dopo che fece in Africa ritorno, +con Balisarda insieme a Ruggier dato, +il qual l'avea Frontin poi nominato. +Quando conobbe non si apporre in fallo, +disse il Circasso, al re d'Algier rivolto: +— Sappi, signor, che questo è mio cavallo, +ch'ad Albracca di furto mi fu tolto. +Bene avrei testimoni da provallo; +ma perché son da noi lontani molto, +s'alcun lo niega, io gli vo' sostenere +con l'arme in man le mie parole vere. +Ben son contento, per la compagnia +in questi pochi dì stata fra noi, +che prestato il cavallo oggi ti sia, +ch'io veggo ben che senza far non puoi; +però con patto, se per cosa mia +e prestata da me conoscer vuoi: +altrimente d'averlo non far stima, +o se non lo combatti meco prima. — +Rodomonte, del quale un più orgoglioso +non ebbe mai tutto il mestier de l'arme; +al quale in esser forte e coraggioso +alcuno antico d'uguagliar non parme; +rispose: — Sacripante, ogn'altro ch'oso, +fuor che tu, fosse in tal modo a parlarme, +con suo mal si saria tosto avveduto +che meglio era per lui di nascer muto. +Ma per la compagnia che, come hai detto, +novellamente insieme abbiamo presa, +ti son contento aver tanto rispetto, +ch'io t'ammonisca a tardar questa impresa, +fin che de la battaglia veggi effetto, +che fra il Tartaro e me tosto fia accesa: +dove porti uno esempio inanzi spero, +ch'avrai di grazia a dirmi: Abbi il destriero. — +— Gli è teco cortesia l'esser villano +(disse il Circasso pien d'ira e di isdegno); +ma più chiaro ti dico ora e più piano, +che tu non faccia in quel destrier disegno: +che te lo defendo io, tanto ch'in mano +questa vindice mia spada sostegno; +e metteròvi insino l'ugna e il dente, +se non potrò difenderlo altrimente. — +Venner da le parole alle contese, +ai gridi, alle minacce, alla battaglia, +che per molt'ira in più fretta s'accese, +che s'accendesse mai per fuoco paglia. +Rodomonte ha l'osbergo ed ogni arnese, +Sacripante non ha piastra né maglia; +ma par (sì ben con lo schermir s'adopra) +che tutto con la spada si ricuopra. +Non era la possanza e la fierezza +di Rodomonte, ancor ch'era infinita, +più che la providenza e la destrezza +con che sue forze Sacripante aita. +Non voltò ruota mai con più prestezza +il macigno sovran che 'l grano trita, +che faccia Sacripante or mano or piede +di qua di là, dove il bisogno vede. +Ma Ferraù, ma Serpentino arditi +trasson le spade, e si cacciar tra loro, +dal re Grandonio, da Isolier seguiti, +da molt'altri signor del popul Moro. +Questi erano i romori, i quali uditi +ne l'altro padiglion fur da costoro, +quivi per accordar venuti invano +col Tartaro, Ruggiero e 'l Sericano. +Venne chi la novella al re Agramante +riportò certa, come pel destriero +avea con Rodomonte Sacripante +incominciato un aspro assalto e fiero. +Il re, confuso di discordie tante, +disse a Marsilio: — Abbi tu qui pensiero +che fra questi guerrier non segua peggio, +mentre all'altro disordine io proveggio. — +Rodomonte, che 'l re, suo signor, mira, +frena l'orgoglio, e torna indietro il passo; +né con minor rispetto si ritira +al venir d'Agramante il re circasso. +Quel domanda la causa di tant'ira +con real viso e parlar grave e basso: +e cerca, poi che n'ha compreso il tutto, +porli d'accordo; e non vi fa alcun frutto. +Il re circasso il suo destrier non vuole +ch'al re d'Algier più lungamente resti, +se non s'umilia tanto di parole, +che lo venga a pregar che glie lo presti. +Rodomonte, superbo come suole, +gli risponde: — Né 'l ciel, né tu faresti +che cosa che per forza aver potessi, +da altri, che da me, mai conoscessi. — +Il re chiede al Circasso, che ragione +ha nel cavallo, e come gli fu tolto: +e quel di parte in parte il tutto espone, +ed esponendo s'arrossisce in volto, +quando gli narra che 'l sottil ladrone, +ch'in un alto pensier l'aveva colto, +la sella su quattro aste gli suffolse, +e di sotto il destrier nudo gli tolse. +Marfisa che tra gli altri al grido venne, +tosto che 'l furto del cavallo udì, +in viso si turbò, che le sovenne +che perdé la sua spada ella quel dì: +e quel destrier che parve aver le penne +da lei fuggendo, riconobbe qui: +riconobbe anco il buon re Sacripante, +che non avea riconosciuto inante. +Gli altri ch'erano intorno, e che vantarsi +Brunel di questo aveano udito spesso, +verso lui cominciaro a rivoltarsi, +e far palesi cenni ch'era desso; +Marfisa sospettando, ad informarsi +da questo e da quell'altro ch'avea appresso, +tanto che venne a ritrovar che quello +che le tolse la spada era Brunello: +e seppe che pel furto onde era degno +che gli annodasse il collo un capestro unto, +dal re Agramante al tingitano regno +fu, con esempio inusitato, assunto. +Marfisa, rinfrescando il vecchio sdegno, +disegnò vendicarsene a quel punto, +e punir scherni e scorni che per strada +fatti l'avea sopra la tolta spada. +Dal suo scudier l'elmo allacciar si fece; +che del resto de l'arme era guernita. +Senza osbergo io non trovo che mai diece +volte fosse veduta alla sua vita, +dal giorno ch'a portarlo assuefece +la sua persona, oltre ogni fede ardita. +Con l'elmo in capo andò dove fra i primi +Brunel sedea negli argini sublimi. +Gli diede a prima giunta ella di piglio +in mezzo il petto, e da terra levollo, +come levar suol col falcato artiglio +talvolta la rapace aquila il pollo; +e là dove la lite inanzi al figlio +era del re Troian, così portollo. +Brunel, che giunto in male man si vede, +pianger non cessa e domandar mercede. +Sopra tutti i rumor, strepiti e gridi, +di che 'l campo era pien quasi ugualmente, +Brunel, ch'ora pietade ora sussidi +domandando venìa, così si sente, +ch'al suono de' ramarichi e de' stridi +si fa d'intorno accor tutta la gente. +Giunta inanzi al re d'Africa, Marfisa +con viso altier gli dice in questa guisa: +— Io voglio questo ladro tuo vasallo +con le mie mani impender per la gola, +perché il giorno medesmo che 'l cavallo +a costui tolle, a me la spada invola. +Ma se gli è alcun che voglia dir ch'io fallo, +facciasi inanzi e dica una parola; +ch'in tua presenza gli vo' sostenere +che se ne mente, e ch'io fo il mio dovere. +Ma perché si potria forse imputarme +c'ho atteso a farlo in mezzo a tante liti, +mentre che questi più famosi in arme +d'altre querele son tutti impediti; +tre giorni ad impiccarlo io vo' indugiarme: +intanto o vieni, o manda chi l'aiti; +che dopo, se non fia chi me lo vieti, +farò di lui mille uccellacci lieti. +Di qui presso a tre leghe a quella torre +che siede inanzi ad un piccol boschetto, +senza più compagnia mi vado a porre, +che d'una mia donzella e d'un valletto. +S'alcuno ardisce di venirmi a torre +questo ladron, là venga, ch'io l'aspetto. — +Così disse ella; e dove disse, prese +tosto la via, né più risposta attese. +Sul collo inanzi del destrier si pone +Brunel, che tuttavia tien per le chiome. +Piange il misero e grida, e le persone, +in che sperar solìa, chiama per nome. +Resta Agramante in tal confusione +di questi intrichi, che non vede come +poterli sciorre; e gli par via più greve +che Marfisa Brunel così gli leve. +Non che l'apprezzi o che gli porti amore, +anzi più giorni son che l'odia molto; +e spesso ha d'impiccarlo avuto in core, +dopo che gli era stato l'annel tolto. +Ma questo atto gli par contra il suo onore, +sì che n'avampa di vergogna in volto. +Vuole in persona egli seguirla in fretta, +e a tutto suo poter farne vendetta. +Ma il re Sobrino, il quale era presente, +da questa impresa molto il dissuade, +dicendogli che mal conveniente +era all'altezza di sua maestade, +se ben avesse d'esserne vincente +ferma speranza e certa sicurtade: +più ch'onor, gli fia biasmo, che si dica +ch'abbia vinta una femina a fatica. +Poco l'onore, e molto era il periglio +d'ogni battaglia che con lei pigliasse; +e che gli dava per miglior consiglio, +che Brunello alle forche aver lasciasse; +e se credesse ch'uno alzar di ciglio +a torlo dal capestro gli bastasse, +non dovea alzarlo, per non contradire +che s'abbia la giustizia ad esequire. +— Potrai mandare un che Marfisa prieghi +(dicea) ch'in questo giudice ti faccia, +con promission ch'al ladroncel si leghi +il laccio al collo, e a lei si sodisfaccia; +e quando anco ostinata te lo nieghi, +se l'abbia, e il suo desir tutto compiaccia: +pur che da tua amicizia non si spicchi, +Brunello e gli altri ladri tutti impicchi. — +Il re Agramante volentier s'attenne +al parer di Sobrin discreto e saggio; +e Marfisa lasciò, che non le venne, +né patì ch'altri andasse a farle oltraggio, +né di farla pregare anco sostenne: +e tolerò, Dio sa con che coraggio, +per poter acchetar liti maggiori, +e del suo campo tor tanti romori. +Di ciò si ride la Discordia pazza, +che pace o triegua ormai più teme poco. +Scorre di qua e di là tutta la piazza, +né può trovar per allegrezza loco. +La Superbia con lei salta e gavazza, +e legne ed esca va aggiungendo al fuoco: +e grida sì, che fin ne l'alto regno +manda a Michel de la vittoria segno. +Tremò Parigi e turbidossi Senna +all'alta voce, a quello orribil grido; +rimbombò il suon fin alla selva Ardenna +sì che lasciar tutte le fiere il nido. +Udiron l'Alpi e il monte di Gebenna, +di Blaia e d'Arli e di Roano il lido; +Rodano e Sonna udì, Garonna e il Reno: +si strinsero le madri i figli al seno. +Son cinque cavallier c'han fisso il chiodo +d'essere i primi a terminar sua lite, +l'una ne l'altra aviluppata in modo, +che non l'avrebbe Apolline espedite. +Commincia il re Agramante a sciorre il nodo +de le prime tenzon ch'aveva udite, +che per la figlia del re Stordilano +eran tra il re di Scizia e il suo Africano. +Il re Agramante andò per porre accordo +di qua e di là più volte a questo e a quello, +e a questo e a quel più volte diè ricordo +da signor giusto e da fedel fratello: +e quando parimente trova sordo +l'un come l'altro, indomito e rubello +di volere esser quel che resti senza +la donna da cui vien lor differenza; +s'appiglia al fin, come a miglior partito, +di che amendui si contentar gli amanti, +che de la bella donna sia marito +l'uno de' duo, quel che vuole essa inanti; +e da quanto per lei sia stabilito, +più non si possa andar dietro né avanti. +All'uno e all'altro piace il compromesso, +sperando ch'esser debbia a favor d'esso. +Il re di Sarza, che gran tempo prima +di Mandricardo amava Doralice, +ed ella l'avea posto in su la cima +d'ogni favor ch'a donna casta lice; +che debba in util suo venire estima +la gran sentenza che 'l può far felice: +né egli avea questa credenza solo, +ma con lui tutto il barbaresco stuolo. +Ognun sapea ciò ch'egli avea già fatto +per essa in giostre, in torniamenti, in guerra; +e che stia Mandricardo a questo patto, +dicono tutti che vaneggia ed erra. +Ma quel che più fiate e più di piatto +con lei fu mentre il sol stava sotterra, +e sapea quanto avea di certo in mano, +ridea del popular giudicio vano. +Poi lor convenzion ratificaro +in man del re quei duo prochi famosi, +ed indi alla donzella se n'andaro. +Ed ella abbassò gli occhi vergognosi, +e disse che più il Tartaro avea caro: +di che tutti restar maravigliosi; +Rodomonte sì attonito e smarrito, +che di levar non era il viso ardito. +Ma poi che l'usata ira cacciò quella +vergogna che gli avea la faccia tinta, +ingiusta e falsa la sentenza appella; +e la spada impugnando, ch'egli ha cinta, +dice, udendo il re e gli altri, che vuol ch'ella +gli dia perduta questa causa o vinta, +e non l'arbitrio di femina lieve +che sempre inchina a quel che men far deve. +Di nuovo Mandricardo era risorto, +dicendo: — Vada pur come ti pare: — +sì che prima che 'l legno entrasse in porto, +v'era a solcare un gran spazio di mare: +se non che 'l re Agramante diede torto +a Rodomonte, che non può chiamare +più Mandricardo per quella querela; +e fe' cadere a quel furor la vela. +Or Rodomonte che notar si vede +dinanzi a quei signor di doppio scorno, +dal suo re, a cui per riverenza cede, +e da la donna sua, tutto in un giorno, +quivi non volse più fermare il piede; +e de la molta turba ch'avea intorno +seco non tolse più che duo sergenti, +ed uscì dei moreschi alloggiamenti. +Come, partendo, afflitto tauro suole, +che la giuvenca al vincitor cesso abbia, +cercar le selve e le rive più sole +lungi dai paschi, o qualche arrida sabbia; +dove muggir non cessa all'ombra e al sole, +né però scema l'amorosa rabbia: +così sen va di gran dolor confuso +il re d'Algier da la sua donna escluso. +Per riavere il buon destrier si mosse +Ruggier, che già per questo s'era armato; +ma poi di Mandricardo ricordasse, +a cui de la battaglia era ubligato: +non seguì Rodomonte, e ritornosse +per entrar col re tartaro in steccato +prima che 'ntrasse il re di Sericana, +che l'altra lite avea di Durindana. +Veder torsi Frontin troppo gli pesa +dinanzi agli occhi, e non poter vietarlo; +ma dato ch'abbia fine a questa impresa, +ha ferma intenzion di ricovrarlo. +Ma Sacripante, che non ha contesa, +come Ruggier, che possa distornarlo, +e che non ha da far altro che questo, +per l'orme vien di Rodomonte presto. +E tosto l'avria giunto, se non era +un caso strano che trovò tra via, +che lo fe' dimorar fin alla sera, +e perder le vestigie che seguia. +Trovò una donna che ne la riviera +di Senna era caduta, e vi peria, +s'a darle tosto aiuto non veniva: +saltò ne l'acqua e la ritrasse a riva. +Poi quando in sella volse risalire, +aspettato non fu dal suo destriero, +che fin a sera si fece seguire, +e non si lasciò prender di leggiero: +preselo al fin, ma non seppe venire +più, donde s'era tolto dal sentiero: +ducento miglia errò tra piano e monte, +prima che ritrovasse Rodomonte. +Dove trovollo, e come fu conteso +con disvantaggio assai di Sacripante, +come perdé il cavallo e restò preso, +or non dirò; c'ho da narrarvi inante +di quanto sdegno e di quanta ira acceso +contra la donna e contra il re Agramante +del campo Rodomonte si partisse, +e ciò che contra all'uno e all'altro disse. +Di cocenti sospir l'aria accendea +dovunque andava il Saracin dolente: +Ecco per la pietà che gli n'avea, +da' cavi sassi rispondea sovente. +— Oh feminile ingegno (egli dicea), +come ti volgi e muti facilmente, +contrario oggetto proprio de la fede! +Oh infelice, oh miser chi ti crede! +Né lunga servitù, né grand'amore +che ti fu a mille prove manifesto, +ebbono forza di tenerti il core, +che non fossi a cangiarsi almen sì presto. +Non perch'a Mandricardo inferiore +io ti paressi, di te privo resto; +né so trovar cagione ai casi miei, +se non quest'una, che femina sei. +Credo che t'abbia la Natura e Dio +produtto, o scelerato sesso, al mondo +per una soma, per un grave fio +de l'uom, che senza te saria giocondo: +come ha produtto anco il serpente rio +e il lupo e l'orso, e fa l'aer fecondo +e di mosche e di vespe e di tafani, +e loglio e avena fa nascer tra i grani. +Perché fatto non ha l'alma Natura, +che senza te potesse nascer l'uomo, +come s'inesta per umana cura +l'un sopra l'altro il pero, il corbo e 'l pomo? +Ma quella non può far sempre a misura: +anzi, s'io vo' guardar come io la nomo, +veggo che non può far cosa perfetta, +poi che Natura femina vien detta. +Non siate però tumide e fastose, +donne, per dir che l'uom sia vostro figlio; +che de le spine ancor nascon le rose, +e d'una fetida erba nasce il giglio: +importune, superbe, dispettose, +prive d'amor, di fede e di consiglio, +temerarie, crudeli, inique, ingrate, +per pestilenza eterna al mondo nate. — +Con queste ed altre ed infinite appresso +querele il re di Sarza se ne giva, +or ragionando in un parlar sommesso, +quando in un suon che di lontan s'udiva, +in onta e in biasmo del femineo sesso: +e certo da ragion si dipartiva; +che per una o per due che trovi ree, +che cento buone sien creder si dee. +Se ben di quante io n'abbia fin qui amate, +non n'abbia mai trovata una fedele, +perfide tutte io non vo' dir né ingrate, +ma darne colpa al mio destin crudele. +Molte or ne sono, e più già ne son state, +che non dan causa ad uom che si querele; +ma mia fortuna vuol che s'una ria +ne sia tra cento, io di lei preda sia. +Pur vo' tanto cercar prima ch'io mora, +anzi prima che 'l crin più mi s'imbianchi, +che forse dirò un dì, che per me ancora +alcuna sia che di sua fé non manchi. +Se questo avvien (che di speranza fuora +io non ne son), non fia mai ch'io mi stanchi +di farla, a mia possanza, gloriosa +con lingua e con inchiostro, e in verso e in prosa. +Il Saracin non avea manco sdegno +contra il suo re, che contra la donzella; +e così di ragion passava il segno, +biasmando lui, come biasmando quella. +Ha disio di veder che sopra il regno +gli cada tanto mal, tanta procella, +ch'in Africa ogni casa si funesti, +né pietra salda sopra pietra resti; +e che spinto del regno, in duolo e in lutto +viva Agramante misero e mendico: +e ch'esso sia che poi gli renda il tutto, +e lo riponga nel suo seggio antico, +e de la fede sua produca il frutto; +e gli faccia veder ch'un vero amico +a dritto e a torto esser dovea preposto, +se tutto 'l mondo se gli fosse opposto. +E così quando al re, quando alla donna +volgendo il cor turbato, il Saracino +cavalca a gran giornate, e non assonna, +e poco riposar lascia Frontino. +Il dì seguente o l'altro in su la Sonna +si ritrovò, ch'avea dritto il camino +verso il mar di Provenza, con disegno +di navigare in Africa al suo regno. +Di barche e di sottil legni era tutto +fra l'una ripa e l'altra il fiume pieno, +ch'ad uso de l'esercito condutto +da molti lochi vettovaglie avieno; +perché in poter de' Mori era ridutto, +venendo da Parigi al lito ameno +d'Acquamorta, e voltando invêr la Spagna, +ciò che v'è da man destra di campagna. +Le vettovaglie in carra ed in iumenti, +tolte fuor de le navi, erano carche, +e tratte con la scorta de le genti, +ove venir non si potea con barche. +Avean piene le ripe i grassi armenti +quivi condotti da diverse marche; +e i conduttori intorno alla riviera +per vari tetti albergo avean la sera. +Il re d'Algier, perché gli sopravenne +quivi la notte e l'aer nero e cieco, +d'un ostier paesan lo 'nvito tenne, +che lo pregò che rimanesse seco. +Adagiato il destrier, la mensa venne +di vari cibi e di vin corso e greco; +che 'l Saracin nel resto alla moresca +ma volse far nel bere alla francesca. +L'oste con buona mensa e miglior viso +studiò di fare a Rodomonte onore; +che la presenza gli diè certo aviso +ch'era uomo illustre e pien d'alto valore: +ma quel che da se stesso era diviso, +né quella sera avea ben seco il core +(che mal suo grado s'era ricondotto +alla donna già sua), non facea motto. +Il buon ostier, che fu dei diligenti +che mai si sien per Francia ricordati, +quando tra le nimiche e strane genti +l'albergo e' beni suoi s'avea salvati, +per servir, quivi, alcuni suoi parenti, +a tal servigio pronti, avea chiamati; +de' quai non era alcun di parlar oso, +vedendo il Saracin muto e pensoso. +Di pensiero in pensiero andò vagando +da se stesso lontano il pagan molto, +col viso a terra chino, né levando +sì gli occhi mai, ch'alcun guardasse in volto. +Dopo un lungo star cheto, suspirando, +sì come d'un gran sonno allora sciolto, +tutto si scosse, e insieme alzò le ciglia, +e voltò gli occhi all'oste e alla famiglia. +Indi roppe il silenzio, e con sembianti +più dolci un poco e viso men turbato, +domandò all'oste e agli altri circostanti +se d'essi alcuno avea mogliere a lato. +Che l'oste e che quegli altri tutti quanti +l'aveano, per risposta gli fu dato. +Domanda lor quel che ciascun si crede +de la sua donna nel servargli fede. +Eccetto l'oste, fer tutti risposta, +che si credeano averle e caste e buone. +Disse l'oste: — Ognun pur creda a sua posta; +ch'io so ch'avete falsa opinione. +Il vostro sciocco credere vi costa +ch'io stimi ognun di voi senza ragione; +e così far questo signor deve anco, +se non vi vuol mostrar nero per bianco. +Perché, sì come è sola la fenice, +né mai più d'una in tutto il mondo vive, +così né mai più d'uno esser si dice, +che de la moglie i tradimenti schive. +Ognun si crede d'esser quel felice, +d'esser quel sol ch'a questa palma arrive. +Come è possibil che v'arrivi ognuno, +se non ne può nel mondo esser più d'uno? +Io fui già ne l'error che siete voi, +che donna casta anco più d'una fusse. +Un gentilomo di Vinegia poi, +che qui mia buona sorte già condusse, +seppe far sì con veri esempi suoi, +che fuor de l'ignoranza mi ridusse. +Gian Francesco Valerio era nomato; +che 'l nome suo non mi s'è mai scordato. +Le fraudi che le mogli e che l'amiche +sogliano usar, sapea tutte per conto: +e sopra ciò moderne istorie e antiche, +e proprie esperienze avea sì in pronto, +che mi mostrò che mai donne pudiche +non si trovaro, o povere o di conto; +e s'una casta più de l'altra parse, +venìa, perché più accorta era a celarse. +E fra l'altre (che tante me ne disse, +che non ne posso il terzo ricordarmi), +sì nel capo una istoria mi si scrisse, +che non si scrisse mai più saldo in marmi: +e ben parria a ciascuno che l'udisse, +di queste rie quel ch'a me parve e parmi. +E se, signor, a voi non spiace udire, +a lor confusion ve la vo' dire. — +Rispose il Saracin: — Che puoi tu farmi, +che più al presente mi diletti e piaccia, +che dirmi istoria e qualche esempio darmi +che con l'opinion mia si confaccia? +Perch'io possa udir meglio, e tu narrarmi, +siedemi incontra, ch'io ti vegga in faccia. — +Ma nel canto che segue io v'ho da dire +quel che fe' l'oste a Rodomonte udire. Donne, e voi che le donne avete in pregio, +per Dio, non date a questa istoria orecchia, +a questa che l'ostier dire in dispregio +e in vostra infamia e biasmo s'apparecchia; +ben che né macchia vi può dar né fregio +lingua sì vile, e sia l'usanza vecchia +che 'l volgare ignorante ognun riprenda, +e parli più di quel che meno intenda. +Lasciate questo canto, che senza esso +può star l'istoria, e non sarà men chiara. +Mettendolo Turpino, anch'io l'ho messo, +non per malivolenza né per gara. +Ch'io v'ami, oltre mia lingua che l'ha espresso, +che mai non fu di celebrarvi avara, +n'ho fatto mille prove; e v'ho dimostro +ch'io son, né potrei esser se non vostro. +Passi, chi vuol, tre carte o quattro, senza +leggerne verso, e chi pur legger vuole, +gli dia quella medesima credenza +che si suol dare a finzioni e a fole. +Ma tornando al dir nostro, poi ch'udienza +apparecchiata vide a sue parole, +e darsi luogo incontra al cavalliero, +così l'istoria incominciò l'ostiero. +— Astolfo, re de' Longobardi, quello +a cui lasciò il fratel monaco il regno, +fu ne la giovinezza sua sì bello, +che mai poch'altri giunsero a quel segno. +N'avria a fatica un tal fatto a penello +Apelle, o Zeusi, o se v'è alcun più degno. +Bello era, ed a ciascun così parea: +ma di molto egli ancor più si tenea. +Non stimava egli tanto per l'altezza +del grado suo, d'avere ognun minore; +né tanto, che di genti e di ricchezza, +di tutti i re vicini era il maggiore; +quanto che di presenza e di bellezza +avea per tutto 'l mondo il primo onore. +Godea di questo, udendosi dar loda, +quanto di cosa volentier più s'oda. +Tra gli altri di sua corte avea assai grato +Fausto Latini, un cavallier romano: +con cui sovente essendosi lodato +or del bel viso or de la bella mano, +ed avendolo un giorno domandato +se mai veduto avea, presso o lontano, +altro uom di forma così ben composto; +contra quel che credea, gli fu risposto. +— Dico (rispose Fausto) che secondo +ch'io veggo e che parlarne odo a ciascuno, +ne la bellezza hai pochi pari al mondo; +e questi pochi io li restringo in uno. +Quest'uno è un fratel mio, detto Iocondo. +Eccetto lui, ben crederò ch'ognuno +di beltà molto a dietro tu ti lassi; +ma questo sol credo t'adegui e passi. — +Al re parve impossibil cosa udire, +che sua la palma infin allora tenne; +e d'aver conoscenza alto desire +di sì lodato giovene gli venne. +Fe' sì con Fausto, che di far venire +quivi il fratel prometter gli convenne; +ben ch'a poterlo indur che ci venisse, +saria fatica, e la cagion gli disse: +che 'l suo fratello era uom che mosso il piede +mai non avea di Roma alla sua vita, +che del ben che Fortuna gli concede, +tranquilla e senza affanni avea notrita: +la roba di che 'l padre il lasciò erede, +né mai cresciuta avea né minuita; +e che parrebbe a lui Pavia lontana +più che non parria a un altro ire alla Tana. +E la difficultà saria maggiore +a poterlo spiccar da la mogliere, +con cui legato era di tanto amore, +che non volendo lei, non può volere. +Pur per ubbidir lui che gli è signore, +disse d'andare e fare oltre il potere. +Giunse il re a' prieghi tali offerte e doni, +che di negar non gli lasciò ragioni. +Partisse, e in pochi giorni ritrovosse +dentro di Roma alle paterne case. +Quivi tanto pregò, che 'l fratel mosse +sì ch'a venire al re gli persuase; +e fece ancor (ben che difficil fosse) +che la cognata tacita rimase, +proponendole il ben che n'usciria, +oltre ch'obligo sempre egli l'avria. +Fisse Iocondo alla partita il giorno: +trovò cavalli e servitori intanto; +vesti fe' far per comparire adorno, +che talor cresce una beltà un bel manto. +La notte a lato, e 'l dì la moglie intorno, +con gli occhi ad or ad or pregni di pianto, +gli dice che non sa come patire +potrà tal lontananza e non morire; +che pensandovi sol, da la radice +sveller si sente il cor nel lato manco. +— Deh, vita mia, non piagnere (le dice +Iocondo, e seco piagne egli non manco); +così mi sia questo camin felice, +come tornar vo' fra duo mesi almanco: +né mi faria passar d'un giorno il segno, +se mi donasse il re mezzo il suo regno. — +Né la donna perciò si riconforta: +dice che troppo termine si piglia; +e s'al ritorno non la trova morta, +esser non può se non gran maraviglia. +Non lascia il duol che giorni e notte porta, +che gustar cibo, e chiuder possa ciglia; +tal che per la pietà Iocondo spesso +si pente ch'al fratello abbia promesso. +Dal collo un suo monile ella si sciolse, +ch'una crocetta avea ricca di gemme, +e di sante reliquie che raccolse +in molti luoghi un peregrin boemme; +ed il padre di lei, ch'in casa il tolse +tornando infermo, di Ierusalemme, +venendo a morte poi ne lasciò erede: +questa levossi ed al marito diede. +E che la porti per suo amore al collo +lo prega, sì che ognor gli ne sovenga. +Piacque il dono al marito, ed accettollo; +non perché dar ricordo gli convenga: +che né tempo né assenza mai dar crollo, +né buona o ria fortuna che gli avenga, +potrà a quella memoria salda e forte +c'ha di lei sempre, e avrà dopo la morte. +La notte ch'andò inanzi a quella aurora +che fu il termine estremo alla partenza, +al suo Iocondo par ch'in braccio muora +la moglie, che n'ha tosto da star senza. +Mai non si dorme; e inanzi al giorno un'ora +viene il marito all'ultima licenza. +Montò a cavallo e si partì in effetto; +e la moglier si ricorcò nel letto. +Iocondo ancor duo miglia ito non era, +che gli venne la croce raccordata, +ch'avea sotto il guancial messo la sera, +poi per oblivion l'avea lasciata. +— Lasso! (dicea tra sé) di che maniera +troverò scusa che mi sia accettata, +che mia moglie non creda che gradito +poco da me sia l'amor suo infinito? — +Pensa la scusa, e poi gli cade in mente +che non sarà accettabile né buona, +mandi famigli, mandivi altra gente, +s'egli medesmo non vi va in persona. +Si ferma, e al fratel dice: — Or pianamente +fin a Baccano al primo albergo sprona; +che dentro a Roma è forza ch'io rivada: +e credo anco di giugnerti per strada. +Non potria fare altri il bisogno mio: +né dubitar, ch'io sarò tosto teco. — +voltò il ronzin di trotto, e disse a Dio; +né de' famigli suoi volse alcun seco. +Già cominciava, quando passò il rio, +dinanzi al sole a fuggir l'aer cieco. +Smonta in casa, va al letto, e la consorte +quivi ritrova addormentata forte. +La cortina levò senza far motto, +e vide quel che men veder credea: +che la sua casta e fedel moglie, sotto +la coltre, in braccio a un giovene giacea. +Riconobbe l'adultero di botto, +per la pratica lunga che n'avea; +ch'era de la famiglia sua un garzone, +allevato da lui, d'umil nazione. +S'attonito restasse e malcontento, +meglio è pensarlo e farne fede altrui, +ch'esserne mai per far l'esperimento +che con suo gran dolor ne fe' costui. +Da lo sdegno assalito, ebbe talento +di trar la spada e uccidergli ambedui: +ma da l'amor che porta, al suo dispetto, +all'ingrata moglier, gli fu interdetto. +Né lo lasciò questo ribaldo Amore +(vedi se sì l'avea fatto vasallo) +destarla pur, per non le dar dolore +che fosse da lui colta in sì gran fallo. +Quanto poté più tacito uscì fuore, +scese le scale, e rimontò a cavallo; +e punto egli d'amor, così lo punse, +ch'all'albergo non fu, che 'l fratel giunse. +Cambiato a tutti parve esser nel volto; +vider tutti che 'l cor non avea lieto: +ma non v'è chi s'apponga già di molto, +e possa penetrar nel suo secreto. +Credeano che da lor si fosse tolto +per gire a Roma, e gito era a Corneto. +Ch'amor sia del mal causa ognun s'avisa; +ma non è già chi dir sappia in che guisa. +Estimasi il fratel, che dolor abbia +d'aver la moglie sua sola lasciata; +e pel contrario duolsi egli ed arrabbia +che rimasa era troppo accompagnata. +Con fronte crespa e con gonfiate labbia +sta l'infelice, e sol la terra guata. +Fausto ch'a confortarlo usa ogni prova, +perché non sa la causa, poco giova. +Di contrario liquor la piaga gli unge, +e dove tor dovria, gli accresce doglie; +dove dovria saldar, più l'apre e punge: +questo gli fa col ricordar la moglie. +Né posa dì né notte: il sonno lunge +fugge col gusto, e mai non si raccoglie: +e la faccia, che dianzi era sì bella, +si cangia sì, che più non sembra quella. +Par che gli occhi se ascondin ne la testa; +cresciuto il naso par nel viso scarno: +de la beltà sì poca gli ne resta, +che ne potrà far paragone indarno. +Col duol venne una febbre sì molesta, +che lo fe' soggiornar all'Arbia e all'Arno: +e se di bello avea serbata cosa, +tosto restò come al sol colta rosa. +Oltre ch'a Fausto incresca del fratello +che veggia a simil termine condutto, +via più gl'incresce che bugiardo a quello +principe, a chi lodollo, parrà in tutto: +mostrar di tutti gli uomini il più bello +gli avea promesso, e mostrerà il più brutto. +Ma pur continuando la sua via, +seco lo trasse al fin dentro a Pavia. +Già non vuol che lo vegga il re improviso, +per non mostrarsi di giudicio privo: +ma per lettere inanzi gli dà aviso +che 'l suo fratel ne viene a pena vivo; +e ch'era stato all'aria del bel viso +un affanno di cor tanto nocivo, +accompagnato da una febbre ria, +che più non parea quel ch'esser solia. +Grata ebbe la venuta di Iocondo +quanto potesse il re d'amico avere; +che non avea desiderato al mondo +cosa altretanto, che di lui vedere. +Né gli spiace vederselo secondo, +e di bellezza dietro rimanere; +ben che conosca, se non fosse il male, +che gli saria superiore o uguale. +Giunto, lo fa alloggiar nel suo palagio, +lo visita ogni giorno, ogni ora n'ode; +fa gran provision che stia con agio, +e d'onorarlo assai si studia e gode. +Langue Iocondo, che 'l pensier malvagio +c'ha de la ria moglier, sempre lo rode: +né 'l veder giochi, né musici udire, +dramma del suo dolor può minuire. +Le stanze sue, che sono appresso al tetto +l'ultime, inanzi hanno una sala antica. +Quivi solingo (perché ogni diletto, +perch'ogni compagnia prova nimica) +si ritraea, sempre aggiungendo al petto +di più gravi pensier nuova fatica: +e trovò quivi (or chi lo crederia?) +chi lo sanò de la sua piaga ria. +In capo de la sala, ove è più scuro +(che non vi s'usa le finestre aprire,) +vede che 'l palco mal si giunge al muro, +e fa d'aria più chiara un raggio uscire. +Pon l'occhio quindi, e vede quel che duro +a creder fôra a chi l'udisse dire: +non l'ode egli d'altrui, ma se lo vede; +ed anco agli occhi suoi propri non crede. +Quindi scopria de la regina tutta +la più secreta stanza e la più bella, +ove persona non verria introdutta, +se per molto fedel non l'avesse ella. +Quindi mirando vide in strana lutta +ch'un nano aviticchiato era con quella: +ed era quel piccin stato sì dotto, +che la regina avea messa di sotto. +Attonito Iocondo e stupefatto, +e credendo sognarsi, un pezzo stette; +e quando vide pur che gli era in fatto +e non in sogno, a se stesso credette. +— A uno sgrignuto mostro e contrafatto +dunque (disse) costei si sottomette, +che 'l maggior re del mondo ha per marito, +più bello e più cortese? oh che appetito! — +E de la moglie sua, che così spesso +più d'ogn'altra biasmava, ricordosse, +perché 'l ragazzo s'avea tolto appresso: +ed or gli parve che escusabil fosse. +Non era colpa sua più che del sesso, +che d'un solo uomo mai non contentosse: +e s'han tutte una macchia d'uno inchiostro, +almen la sua non s'avea tolto un mostro. +Il dì seguente, alla medesima ora, +al medesimo loco fa ritorno; +e la regina e il nano vede ancora, +che fanno al re pur il medesmo scorno. +Trova l'altro dì ancor che si lavora, +e l'altro; e al fin non si fa festa giorno: +e la regina (che gli par più strano) +sempre si duol che poco l'ami il nano. +Stette fra gli altri un giorno a veder, ch'ella +era turbata e in gran malenconia, +che due volte chiamar per la donzella +il nano fatto avea, n'ancor venìa. +Mandò la terza volta, ed udì quella, +che: — Madonna, egli giuoca (riferia); +e per non stare in perdita d'un soldo, +a voi niega venire il manigoldo. — +A sì strano spettacolo Iocondo +raserena la fronte e gli occhi e il viso; +e quale in nome, diventò giocondo +d'effetto ancora, e tornò il pianto in riso. +Allegro torna e grasso e rubicondo, +che sembra un cherubin del paradiso; +che 'l re, il fratello e tutta la famiglia +di tal mutazion si maraviglia. +Se da Iocondo il re bramava udire +onde venisse il subito conforto, +non men Iocondo lo bramava dire, +e fare il re di tanta ingiuria accorto; +ma non vorria che, più di sé, punire +volesse il re la moglie di quel torto; +sì che per dirlo e non far danno a lei, +il re fece giurar su l'agnusdei. +Giurar lo fe' che né per cosa detta, +né che gli sia mostrata che gli spiaccia, +ancor ch'egli conosca che diretta— +mente a sua Maestà danno si faccia, +tardi o per tempo mai farà vendetta; +e di più vuole ancor che se ne taccia, +sì che né il malfattor giamai comprenda +in fatto o in detto, che 'l re il caso intenda. +Il re, ch'ogn'altra cosa, se non questa, +creder potria, gli giurò largamente. +Iocondo la cagion gli manifesta, +ond'era molti dì stato dolente: +perché trovata avea la disonesta +sua moglie in braccio d'un suo vil sergente; +e che tal pena al fin l'avrebbe morto, +se tardato a venir fosse il conforto. +Ma in casa di sua Altezza avea veduto +cosa che molto gli scemava il duolo; +che se bene in obbrobrio era caduto, +era almen certo di non v'esser solo. +Così dicendo, e al bucolin venuto, +gli dimostrò il bruttissimo omiciuolo +che la giumenta altrui sotto si tiene, +tocca di sproni e fa giuocar di schene. +Se parve al re vituperoso l'atto, +lo crederete ben, senza ch'io 'l giuri. +Ne fu per arrabbiar, per venir matto; +ne fu per dar del capo in tutti i muri; +fu per gridar, fu per non stare al patto: +ma forza è che la bocca al fin si turi, +e che l'ira trangugi amara ed acra, +poi che giurato avea su l'ostia sacra. +— Che debbo far, che mi consigli, frate, +(disse a Iocondo), poi che tu mi tolli +che con degna vendetta e crudeltate +questa giustissima ira io non satolli? — +— Lasciàn (disse Iocondo) queste ingrate, +e proviam se son l'altre così molli: +facciàn de le lor femine ad altrui +quel ch'altri de le nostre han fatto a nui. +Ambi gioveni siamo, e di bellezza, +che facilmente non troviamo pari. +Qual femina sarà che n'usi asprezza, +se contra i brutti ancor non han ripari? +Se beltà non varrà né giovinezza, +varranne almen l'aver con noi danari. +Non vo' che torni, che non abbi prima +di mille moglie altrui la spoglia opima. +La lunga assenza, il veder vari luoghi, +praticare altre femine di fuore, +par che sovente disacerbi e sfoghi +de l'amorose passioni il core. — +Lauda il parer, né vuol che si proròghi +il re l'andata; e fra pochissime ore, +con due scudieri, oltre alla compagnia +del cavallier roman, si mette in via. +Travestiti cercaro Italia, Francia, +le terre de' Fiaminghi e de l'Inglesi; +e quante ne vedean di bella guancia, +trovavan tutte ai prieghi lor cortesi. +Davano, e dato loro era la mancia; +e spesso rimetteano i danar spesi. +Da loro pregate foro molte, e foro +anch'altretante che pregaron loro. +In questa terra un mese, in quella dui +soggiornando, accertarsi a vera prova +che non men ne le lor, che ne l'altrui +femine, fede e castità si trova. +Dopo alcun tempo increbbe ad ambedui +di sempre procacciar di cosa nuova; +che mal poteano entrar ne l'altrui porte, +senza mettersi a rischio de la morte. +Gli è meglio una trovarne che di faccia +e di costumi ad ambi grata sia; +che lor communemente sodisfaccia, +e non n'abbin d'aver mai gelosia. +— E perché (dicea il re) vo' che mi spiaccia +aver più te ch'un altro in compagnia? +So ben ch'in tutto il gran femineo stuolo +una non è che stia contenta a un solo. +Una, senza sforzar nostro potere, +ma quando il natural bisogno inviti, +in festa goderemoci e in piacere, +che mai contese non avren né liti. +Né credo che si debba ella dolere: +che s'anco ogn'altra avesse duo mariti, +più ch'ad un solo, a duo saria fedele; +né forse s'udirian tante querele. — +Di quel che disse il re, molto contento +rimaner parve il giovine romano. +Dunque fermati in tal proponimento, +cercar molte montagne e molto piano: +trovaro al fin, secondo il loro intento, +una figliuola d'uno ostiero ispano, +che tenea albergo al porto di Valenza, +bella di modi e bella di presenza. +Era ancor sul fiorir di primavera +sua tenerella e quasi acerba etade. +Di molti figli il padre aggravat'era, +e nimico mortal di povertade; +sì ch'a disporlo fu cosa leggiera, +che desse lor la figlia in potestade; +ch'ove piacesse lor potesson trarla, +poi che promesso avean di ben trattarla. +Pigliano la fanciulla, e piacer n'hanno +or l'un or l'altro in caritade e in pace, +come a vicenda i mantici che danno, +or l'uno or l'altro, fiato alla fornace. +Per veder tutta Spagna indi ne vanno, +e passar poi nel regno di Siface; +e 'l dì che da Valenza si partiro, +ad albergare a Zattiva veniro. +I patroni a veder strade e palazzi +ne vanno, e lochi publici e divini; +ch'usanza han di pigliar simil solazzi +in ogni terra ove entran peregrini; +e la fanciulla resta coi ragazzi. +Altri i letti, altri acconciano i ronzini, +altri hanno cura che sia alla tornata +dei signor lor la cena apparecchiata. +Ne l'albergo un garzon stava per fante, +ch'in casa de la giovene già stette +a' servigi del padre, e d'essa amante +fu da' primi anni, e del suo amor godette. +Ben s'adocchiar, ma non ne fer sembiante, +ch'esser notato ognun di lor temette: +ma tosto ch'i patroni e la famiglia +lor dieron luogo, alzar tra lor le ciglia. +Il fante domandò dove ella gisse, +e qual dei duo signor l'avesse seco. +A punto la Fiammetta il fatto disse +(così avea nome, e quel garzone il Greco). +— Quando sperai che 'l tempo ohimè! venisse +(il Greco le dicea) di viver teco, +Fiammetta, anima mia, tu te ne vai, +e non so più di rivederti mai. +Fannosi i dolci miei disegni amari, +poi che sei d'altri, e tanto mi ti scosti. +Io disegnava, avendo alcun' danari +con gran fatica e gran sudor riposti, +ch'avanzato m'avea de' miei salari +e de le bene andate di molti osti, +di tornare a Valenza, e domandarti +al padre tuo per moglie, e di sposarti. — +La fanciulla negli omeri si stringe, +e risponde che fu tardo a venire. +Piange il Greco e sospira, e parte finge: +— Vuommi (dice) lasciar così morire? +Con le tuo braccia i fianchi almen mi cinge, +lasciami disfogar tanto desire: +ch'inanzi che tu parta, ogni momento +che teco io stia mi fa morir contento. — +La pietosa fanciulla rispondendo: +— Credi (dicea) che men di te nol bramo; +ma né luogo né tempo ci comprendo +qui, dove in mezzo di tanti occhi siamo. — +Il Greco soggiungea: — Certo mi rendo, +che s'un terzo ami me di quel ch'io t'amo, +in questa notte almen troverai loco +che ci potren godere insieme un poco. — +— Come potrò (diceagli la fanciulla), +che sempre in mezzo a duo la notte giaccio? +e meco or l'uno or l'altro si trastulla, +e sempre a l'un di lor mi trovo in braccio? — +— Questo ti fia (suggiunse il Greco) nulla; +che ben ti saprai tor di questo impaccio, +e uscir di mezzo lor, pur che tu voglia: +e déi voler, quando di me ti doglia. — +Pensa ella alquanto, e poi dice che vegna +quando creder potrà ch'ognuno dorma; +e pianamente come far convegna, +e de l'andare e del tornar l'informa. +Il Greco, sì come ella gli disegna, +quando sente dormir tutta la torma, +viene all'uscio e lo spinge, e quel gli cede: +entra pian piano, e va a tenton col piede. +Fa lunghi i passi, e sempre in quel di dietro +tutto si ferma, e l'altro par che muova +a guisa che di dar tema nel vetro, +non che 'l terreno abbia a calcar, ma l'uova; +e tien la mano inanzi simil metro, +va brancolando infin che 'l letto trova: +e di là dove gli altri avean le piante, +tacito si cacciò col capo inante. +Fra l'una e l'altra gamba di Fiammetta, +che supina giacea, diritto venne; +e quando le fu a par, l'abbracciò stretta, +e sopra lei sin presso al dì si tenne. +Cavalcò forte, e non andò a staffetta; +che mai bestia mutar non gli convenne: +che questa pare a lui che sì ben trotte, +che scender non ne vuol per tutta notte. +Avea Iocondo ed avea il re sentito +il calpestio che sempre il letto scosse; +e l'uno e l'altro, d'uno error schernito, +s'avea creduto che 'l compagno fosse. +Poi ch'ebbe il Greco il suo camin fornito, +sì come era venuto, anco tornosse. +Saettò il sol da l'orizzonte i raggi; +sorse Fiammetta, e fece entrare i paggi. +Il re disse al compagno motteggiando: +— Frate, molto camin fatto aver déi; +e tempo è ben che ti riposi, quando +stato a cavallo tutta notte sei. — +Iocondo a lui rispose di rimando, +e disse: — Tu di' quel ch'io a dire avrei. +A te tocca posare, e pro ti faccia, +che tutta notte hai cavalcato a caccia. — +— Anch'io (suggiunse il re) senza alcun fallo +lasciato avria il mio can correre un tratto, +se m'avessi prestato un po' il cavallo, +tanto che 'l mio bisogno avessi fatto. — +Iocondo replicò: — Son tuo vasallo, +e puoi far meco e rompere ogni patto: +sì che non convenia tal cenni usare; +ben mi potevi dir: lasciala stare. — +Tanto replica l'un, tanto soggiunge +l'altro, che sono a grave lite insieme. +Vengon da' motti ad un parlar che punge, +ch'ad amenduo l'esser beffato preme. +Chiaman Fiammetta (che non era lunge, +e de la fraude esser scoperta teme) +per fare in viso l'uno all'altro dire +quel che negando ambi parean mentire. +— Dimmi (le disse il re con fiero sguardo), +e non temer di me né di costui; +chi tutta notte fu quel sì gagliardo, +che ti godé senza far parte altrui? — +Credendo l'un provar l'altro bugiardo, +la risposta aspettavano ambedui. +Fiammetta a' piedi lor si gittò, incerta +di viver più, vedendosi scoperta. +Domandò lor perdono, che d'amore +ch'a un giovinetto avea portato, spinta, +e da pietà d'un tormentato core +che molto avea per lei patito, vinta, +caduta era la notte in quello errore; +e seguitò, senza dir cosa finta, +come tra lor con speme si condusse, +ch'ambi credesson che 'l compagno fusse. +Il re e Iocondo si guardaro in viso, +di maraviglia e di stupor confusi; +né d'aver anco udito lor fu aviso, +ch'altri duo fusson mai così delusi. +Poi scoppiaro ugualmente in tanto riso, +che con la bocca aperta e gli occhi chiusi, +potendo a pena il fiato aver del petto, +a dietro si lasciar cader sul letto. +Poi ch'ebbon tanto riso, che dolere +se ne sentiano il petto, e pianger gli occhi, +disson tra lor: — Come potremo avere +guardia, che la moglier non ne l'accocchi, +se non giova tra duo questa tenere, +e stretta sì, che l'uno e l'altro tocchi? +Se più che crini avesse occhi il marito, +non potria far che non fosse tradito. +Provate mille abbiamo, e tutte belle; +né di tante una è ancor che ne contraste. +Se provian l'altre, fian simili anch'elle; +ma per ultima prova costei baste. +Dunque possiamo creder che più felle +non sien le nostre, o men de l'altre caste: +e se son come tutte l'altre sono, +che torniamo a godercile fia buono. — +Conchiuso ch'ebbon questo, chiamar fero +per Fiammetta medesima il suo amante; +e in presenza di molti gli la diero +per moglie, e dote gli fu bastante. +Poi montaro a cavallo, e il lor sentiero +ch'era a ponente, volsero a levante; +ed alle mogli lor se ne tornaro, +di ch'affanno mai più non si pigliaro. — +L'ostier qui fine alla sua istoria pose, +che fu con molta attenzione udita. +Udilla il Saracin, né gli rispose +parola mai, fin che non fu finita. +Poi disse: — Io credo ben che de l'ascose +feminil frode sia copia infinita; +né si potria de la millesma parte +tener memoria con tutte le carte. — +Quivi era un uom d'età, ch'avea più retta +opinion degli altri, e ingegno e ardire; +e non potendo ormai, che sì negletta +ogni femina fosse, più patire, +si volse a quel ch'avea l'istoria detta, +e gli disse: — Assai cose udimo dire, +che veritade in sé non hanno alcuna: +e ben di queste è la tua favola una. +A chi te la narrò non do credenza, +s'evangelista ben fosse nel resto; +ch'opinione, più ch'esperienza +ch'abbia di donne, lo facea dir questo. +L'avere ad una o due malivolenza, +fa ch'odia e biasma l'altre oltre all'onesto; +ma se gli passa l'ira, io vo' tu l'oda, +più ch'ora biasmo, anco dar lor gran loda. +E se vorrà lodarne, avrà maggiore +il campo assai, ch'a dirne mal non ebbe: +di cento potrà dir degne d'onore +verso una trista che biasmar si debbe. +Non biasmar tutte, ma serbarne fuore +la bontà d'infinite si dovrebbe; +e se 'l Valerio tuo disse altrimente, +disse per ira, e non per quel che sente. +Ditemi un poco: è di voi forse alcuno +ch'abbia servato alla sua moglie fede? +che nieghi andar, quando gli sia oportuno, +all'altrui donna, e darle ancor mercede? +credete in tutto 'l mondo trovarne uno? +chi 'l dice, mente; e folle è ben chi 'l crede. +Trovatene vo' alcuna che vi chiami? +(non parlo de le publiche ed infami). +Conoscete alcun voi, che non lasciasse +la moglie sola, ancor che fosse bella, +per seguire altra donna, se sperasse +in breve e facilmente ottener quella? +Che farebbe egli, quando lo pregasse +o desse premio a lui donna o donzella? +Credo, per compiacere or queste or quelle, +che tutti lasciaremmovi la pelle. +Quelle che i lor mariti hanno lasciati, +le più volte cagione avuta n'hanno. +Del suo di casa, li veggon svogliati, +e che fuor, de l'altrui bramosi, vanno. +Dovriano amar, volendo essere amati, +e tor con la misura ch'a lor danno. +Io farei (se a me stesse il darla e torre) +tal legge, ch'uom non vi potrebbe opporre. +Saria la legge, ch'ogni donna colta +in adulterio, fosse messa a morte, +se provar non potesse ch'una volta +avesse adulterato il suo consorte: +se provar lo potesse, andrebbe asciolta, +né temeria il marito né la corte. +Cristo ha lasciato nei precetti suoi: +non far altrui quel che patir non vuoi. +La incontinenza è quanto mal si puote +imputar lor, non già a tutto lo stuolo. +Ma in questo chi ha di noi più brutte note? +che continente non si trova un solo. +E molto più n'ha ad arrossir le gote, +quando bestemmia, ladroneccio, dolo, +usura ed omicidio, e se v'è peggio, +raro, se non dagli uomini, far veggio. — +Appresso alle ragioni avea il sincero +e giusto vecchio in pronto alcuno esempio +di donne, che né in fatto né in pensiero +mai di lor castità patiron scempio. +Ma il Saracin, che fuggia udire il vero, +lo minacciò con viso crudo ed empio, +sì che lo fece per timor tacere; +ma già non lo mutò di suo parere. +Posto ch'ebbe alle liti e alle contese +termine il re pagan, lasciò la mensa; +indi nel letto per dormir si stese +fin al partir de l'aria scura e densa: +ma de la notte, a sospirar l'offese +più de la donna ch'a dormir, dispensa. +Quindi parte all'uscir del nuovo raggio, +e far disegna in nave il suo viaggio. +Però ch'avendo tutto quel rispetto +ch'a buon cavallo dee buon cavalliero, +a quel suo bello e buono, ch'a dispetto +tenea di Sacripante e di Ruggiero; +vedendo per duo giorni averlo stretto +più che non si dovria sì buon destriero, +lo pon, per riposarlo, e lo rassetta +in una barca, e per andar più in fretta. +Senza indugio al nocchier varar la barca, +e dar fa i remi all'acqua da la sponda. +Quella, non molto grande e poco carca, +se ne va per la Sonna giù a seconda. +Non fugge il suo pensier né se ne scarca +Rodomonte per terra né per onda: +lo trova in su la proda e in su la poppa; +e se cavalca, il porta dietro in groppa. +Anzi nel capo, o sia nel cor gli siede, +e di fuor caccia ogni conforto e serra. +Di ripararsi il misero non vede, +da poi che gli nimici ha ne la terra. +Non sa da chi sperar possa mercede, +se gli fanno i domestici suoi guerra: +la notte e 'l giorno e sempre è combattuto +da quel crudel che dovria dargli aiuto. +Naviga il giorno e la notte seguente +Rodomonte col cor d'affanni grave; +e non si può l'ingiuria tor di mente, +che da la donna e dal suo re avuto have; +e la pena e il dolor medesmo sente, +che sentiva a cavallo, ancora in nave: +né spegner può, per star ne l'acqua, il fuoco, +né può stato mutar, per mutar loco. +Come l'infermo, che dirotto e stanco +di febbre ardente, va cangiando lato; +o sia su l'uno o sia su l'altro fianco +spera aver, se si volge, miglior stato; +né sul destro riposa né sul manco, +e per tutto ugualmente è travagliato: +così il pagano al male ond'era infermo +mal trova in terra e male in acqua schermo. +Non puote in nave aver più pazienza, +e si fa porre in terra Rodomonte. +Lion passa e Vienna, indi Valenza +e vede in Avignone il ricco ponte; +che queste terre ed altre ubidienza, +che son tra il fiume e 'l celtibero monte, +rendean al re Agramante e al re di Spagna +dal dì che fur signor de la campagna. +Verso Acquamorta a man dritta si tenne +con animo in Algier passare in fretta; +e sopra un fiume ad una villa venne +e da Bacco e da Cerere diletta, +che per le spesse ingiurie, che sostenne +dai soldati, a votarsi fu costretta. +Quinci il gran mare, e quindi ne l'apriche +valli vede ondeggiar le bionde spiche. +Quivi ritrova una piccola chiesa +di nuovo sopra un monticel murata, +che poi ch'intorno era la guerra accesa, +i sacerdoti vota avean lasciata. +Per stanza fu da Rodomonte presa; +che pel sito, e perch'era sequestrata +dai campi, onde avea in odio udir novella, +gli piacque sì, che mutò Algieri in quella. +Mutò d'andare in Africa pensiero, +sì commodo gli parve il luogo e bello. +Famigli e carriaggi e il suo destriero +seco alloggiar fe' nel medesmo ostello. +Vicino a poche leghe a Mompoliero +e ad alcun altro ricco e buon castello +siede il villaggio allato alla riviera; +sì che d'avervi ogn'agio il modo v'era. +Standovi un giorno il Saracin pensoso +(come pur era il più del tempo usato), +vide venir per mezzo un prato erboso, +che d'un piccol sentiero era segnato, +una donzella di viso amoroso +in compagnia d'un monaco barbato; +e si traeano dietro un gran destriero +sotto una soma coperta di nero. +Chi la donzella, chi 'l monaco sia, +chi portin seco, vi debbe esser chiaro. +Conoscere Issabella si dovria, +che 'l corpo avea del suo Zerbino caro. +Lasciai che vêr Provenza ne venìa +sotto la scorta del vecchio preclaro, +che le avea persuaso tutto il resto +dicare a Dio del suo vivere onesto. +Come ch'in viso pallida e smarrita +sia la donzella ed abbia i crini inconti; +e facciano i sospir continua uscita +del petto acceso, e gli occhi sien duo fonti; +ed altri testimoni d'una vita +misera e grave in lei si veggan pronti; +tanto però di bello anco le avanza, +che con le Grazie Amor vi può aver stanza. +Tosto che 'l Saracin vide la bella +donna apparir, messe il pensiero al fondo, +ch'avea di biasmar sempre e d'odiar quella +schiera gentil che pur adorna il mondo. +E ben gli par dignissima Issabella, +in cui locar debba il suo amor secondo, +e spenger totalmente il primo, a modo +che da l'asse si trae chiodo con chiodo. +Incontra se le fece, e col più molle +parlar che seppe, e col miglior sembiante, +di sua condizione domandolle; +ed ella ogni pensier gli spiegò inante; +come era per lasciare il mondo folle, +e farsi amica a Dio con opre sante. +Ride il pagano altier ch'in Dio non crede, +d'ogni legge nimico e d'ogni fede. +E chiama intenzione erronea e lieve, +e dice che per certo ella troppo erra; +né men biasmar che l'avaro si deve, +che 'l suo ricco tesor metta sotterra: +alcuno util per sé non ne riceve, +e da l'uso degli altri uomini il serra. +Chiuder leon si denno, orsi e serpenti, +e non le cose belle ed innocenti. +Il monaco, ch'a questo avea l'orecchia, +e per soccorrer la giovane incauta, +che ritratta non sia per la via vecchia, +sedea al governo qual pratico nauta, +quivi di spiritual cibo apparecchia +tosto una mensa sontuosa e lauta. +Ma il Saracin, che con mal gusto nacque, +non pur la saporò, che gli dispiacque: +e poi ch'invano il monaco interroppe, +e non poté mai far sì che tacesse, +e che di pazienza il freno roppe, +le mani adosso con furor gli messe. +Ma le parole mie parervi troppe +potriano omai, se più se ne dicesse: +sì che finirò il canto; e mi fia specchio +quel che per troppo dire accade al vecchio. O degli uomini inferma e instabil mente! +come siàn presti a variar disegno! +Tutti i pensier mutamo facilmente, +più quei che nascon d'amoroso sdegno. +Io vidi dianzi il Saracin sì ardente +contra le donne, e passar tanto il segno, +che non che spegner l'odio, ma pensai +che non dovesse intiepidirlo mai. +Donne gentil, per quel ch'a biasmo vostro +parlò contra il dover, sì offeso sono, +che sin che col suo mal non gli dimostro +quanto abbia fatto error, non gli perdono. +Io farò sì con penna e con inchiostro, +ch'ognun vedrà che gli era utile e buono +aver taciuto, e mordersi anco poi +prima la lingua, che dir mal di voi. +Ma che parlò come ignorante e sciocco, +ve lo dimostra chiara esperienza. +Incontra tutte trasse fuor lo stocco +de l'ira, senza farvi differenza: +poi d'Issabella un sguardo sì l'ha tocco, +che subito gli fa mutar sentenza. +Già in cambio di quell'altra la disia, +l'ha vista a pena, e non sa ancor chi sia. +E come il nuovo amor lo punge e scalda, +muove alcune ragion di poco frutto, +per romper quella mente intera e salda +ch'ella avea fissa al Creator del tutto. +Ma l'eremita che l'è scudo e falda, +perché il casto pensier non sia distrutto, +con argumenti più validi e fermi, +quanto più può, le fa ripari e schermi. +Poi che l'empio pagan molto ha sofferto +con lunga noia quel monaco audace, +e che gli ha detto invan ch'al suo deserto +senza lei può tornar quando gli piace; +e che nuocer si vede a viso aperto, +e che seco non vuol triegua né pace: +la mano al mento con furor gli stese, +e tanto ne pelò, quanto ne prese. +E sì crebbe la furia, che nel collo +con man lo stringe a guisa di tanaglia; +e poi ch'una e due volte raggirollo, +da sé per l'aria e verso il mar lo scaglia. +Che n'avenisse, né dico né sollo: +varia fama è di lui, né si raguaglia. +Dice alcun che sì rotto a un sasso resta, +che 'l piè non si discerne da la testa; +ed altri, ch'a cadere andò nel mare, +ch'era più di tre miglia indi lontano, +e che morì per non saper notare, +fatti assai prieghi e orazioni invano; +altri, ch'un santo lo venne aiutare, +lo trasse al lito con visibil mano. +Di queste, qual si vuol, la vera sia: +di lui non parla più l'istoria mia. +Rodomonte crudel, poi che levato +s'ebbe da canto il garrulo eremita, +si ritornò con viso men turbato +verso la donna mesta e sbigottita; +e col parlar ch'è fra gli amanti usato, +dicea ch'era il suo core e la sua vita +e 'l suo conforto e la sua cara speme, +ed altri nomi tai che vanno insieme. +E si mostrò sì costumato allora, +che non le fece alcun segno di forza. +Il sembiante gentil che l'innamora, +l'usato orgoglio in lui spegne ed ammorza: +e ben che 'l frutto trar ne possa fuora, +passar non però vuole oltre a la scorza; +che non gli par che potesse esser buono, +quando da lei non lo accettasse in dono. +E così di disporre a poco a poco +a' suoi piaceri Issabella credea. +Ella, che in sì solingo e strano loco, +qual topo in piede al gatto si vedea, +vorria trovarsi inanzi in mezzo il fuoco; +e seco tuttavolta rivolgea +s'alcun partito, alcuna via fosse atta +a trarla quindi immaculata e intatta. +Fa ne l'animo suo proponimento +di darsi con sua man prima la morte, +che 'l barbaro crudel n'abbia il suo intento, +e che le sia cagion d'errar sì forte +contra quel cavallier ch'in braccio spento +l'avea crudele e dispietata sorte; +a cui fatto have col pensier devoto +de la sua castità perpetuo voto. +Crescer più sempre l'appetito cieco +vede del re pagan, né sa che farsi. +Ben sa che vuol venire all'atto bieco, +ove i contrasti suoi tutti fien scarsi. +Pur discorrendo molte cose seco, +il modo trovò al fin di ripararsi, +e di salvar la castità sua, come +io vi dirò, con lungo e chiaro nome. +Al brutto Saracin, che le venìa +già contra con parole e con effetti +privi di tutta quella cortesia +che mostrata le avea ne' primi detti: +— Se fate che con voi sicura io sia +del mio onor (disse) e ch'io non ne sospetti, +cosa all'incontro vi darò, che molto +più vi varrà, ch'avermi l'onor tolto. +Per un piacer di sì poco momento, +di che n'ha sì abondanza tutto 'l mondo, +non disprezzate un perpetuo contento, +un vero gaudio a nullo altro secondo. +Potrete tuttavia ritrovar cento +e mille donne di viso giocondo; +ma chi vi possa dar questo mio dono, +nessuno al mondo, o pochi altri ci sono. +Ho notizia d'un'erba, e l'ho veduta +venendo, e so dove trovarne appresso, +che bollita con elera e con ruta +ad un fuoco di legna di cipresso, +e fra mano innocenti indi premuta, +manda un liquor, che, chi si bagna d'esso +tre volte il corpo, in tal modo l'indura, +che dal ferro e dal fuoco l'assicura. +Io dico, se tre volte se n'immolla, +un mese invulnerabile si trova. +Oprar conviensi ogni mese l'ampolla; +che sua virtù più termine non giova. +Io so far l'acqua, ed oggi ancor farolla, +ed oggi ancor voi ne vedrete prova: +e vi può, s'io non fallo, esser più grata, +che d'aver tutta Europa oggi acquistata. +Da voi domando in guiderdon di questo, +che su la fede vostra mi giuriate +che né in detto né in opera molesto +mai più sarete alla mia castitate. — +Così dicendo, Rodomonte onesto +fe' ritornar; ch'in tanta voluntate +venne ch'inviolabil si facesse, +che più ch'ella non disse, le promesse: +e servaralle fin che vegga fatto +de la mirabil acqua esperienza; +e sforzerasse intanto a non fare atto, +a non far segno alcun di violenza. +Ma pensa poi di non tenere il patto, +perché non ha timor né riverenza +di Dio o di santi; e nel mancar di fede +tutta a lui la bugiarda Africa cede. +Ad Issabella il re d'Algier scongiuri +di non la molestar fe' più di mille, +pur ch'essa lavorar l'acqua procuri, +che far lo può qual fu già Cigno e Achille. +Ella per balze e per valloni oscuri +da le città lontana e da le ville +ricoglie di molte erbe; e il Saracino +non l'abandona, e l'è sempre vicino. +Poi ch'in più parti quant'era a bastanza +colson de l'erbe e con radici e senza, +tardi si ritornaro alla lor stanza; +dove quel paragon di continenza +tutta la notte spende, che l'avanza, +a bollir erbe con molta avertenza: +e a tutta l'opra e a tutti quei misteri +si trova ognor presente il re d'Algieri. +Che producendo quella notte in giuoco +con quelli pochi servi ch'eran seco, +sentia, per lo calor del vicin fuoco +ch'era rinchiuso in quello angusto speco, +tal sete, che bevendo or molto or poco, +duo baril votar pieni di greco, +ch'aveano tolto uno o duo giorni inanti +i suoi scudieri a certi viandanti. +Non era Rodomonte usato al vino, +perché la legge sua lo vieta e danna: +e poi che lo gustò, liquor divino +gli par, miglior che 'l nettare o la manna; +e riprendendo il rito saracino, +gran tazze e pieni fiaschi ne tracanna. +Fece il buon vino, ch'andò spesso intorno, +girare il capo a tutti come un torno. +La donna in questo mezzo la caldaia +dal fuoco tolse, ove quell'erbe cosse; +e disse a Rodomonte: — Acciò che paia +che mie parole al vento non ho mosse, +quella che 'l ver da la bugia dispaia, +e che può dotte far le genti grosse, +te ne farò l'esperienza ancora, +non ne l'altrui, ma nel mio corpo or ora. +Io voglio a far il saggio esser la prima +del felice liquor di virtù pieno, +acciò tu forse non facessi stima +che ci fosse mortifero veneno. +Di questo bagnerommi da la cima +del capo giù pel collo e per lo seno: +tu poi tua forza in me prova e tua spada, +se questo abbia vigor, se quella rada. — +Bagnossi, come disse, e lieta porse +all'incauto pagano il collo ignudo, +incauto, e vinto anco dal vino forse, +incontra a cui non vale elmo né scudo. +Quel uom bestial le prestò fede, e scorse +sì con la mano e sì col ferro crudo, +che del bel capo, già d'Amore albergo, +fe' tronco rimanere il petto e il tergo. +Quel fe' tre balzi; e funne udita chiara +voce, ch'uscendo nominò Zerbino, +per cui seguire ella trovò sì rara +via di fuggir di man del Saracino. +Alma, ch'avesti più la fede cara, +e 'l nome quasi ignoto e peregrino +al tempo nostro, de la castitade, +che la tua vita e la tua verde etade, +vattene in pace, alma beata e bella! +Così i miei versi avesson forza, come +ben m'affaticherei con tutta quella +arte che tanto il parlar orna e come, +perché mille e mill'anni e più, novella +sentisse il mondo del tuo chiaro nome. +Vattene in pace alla superna sede, +e lascia all'altre esempio di tua fede. +All'atto incomparabile e stupendo, +dal cielo il Creator giù gli occhi volse, +e disse: — Più di quella ti commendo, +la cui morte a Tarquinio il regno tolse; +e per questo una legge fare intendo +tra quelle mie, che mai tempo non sciolse, +la qual per le inviolabil'acque giuro +che non muterà seculo futuro. +Per l'avvenir vo' che ciascuna ch'aggia +il nome tuo, sia di sublime ingegno, +e sia bella, gentil, cortese e saggia, +e di vera onestade arrivi al segno: +onde materia agli scrittori caggia +di celebrare il nome inclito e degno; +tal che Parnasso, Pindo ed Elicone +sempre Issabella, Issabella risuone. — +Dio così disse, e fe' serena intorno +l'aria, e tranquillo il mar più che mai fusse. +Fe' l'alma casta al terzo ciel ritorno, +e in braccio al suo Zerbin si ricondusse. +Rimase in terra con vergogna e scorno +quel fier senza pietà nuovo Breusse; +che poi che 'l troppo vino ebbe digesto, +biasmò il suo errore, e ne restò funesto. +Placare o in parte satisfar pensosse +a l'anima beata d'Issabella, +se, poi ch'a morte il corpo le percosse, +desse almen vita alla memoria d'ella. +Trovò per mezzo, acciò che così fosse, +di convertirle quella chiesa, quella +dove abitava e dove ella fu uccisa, +in un sepolcro; e vi dirò in che guisa. +Di tutti i lochi intorno fa venire +mastri, chi per amore e chi per tema; +e fatto ben seimila uomini unire, +de' gravi sassi i vicin monti scema, +e ne fa una gran massa stabilire, +che da la cima era alla parte estrema +novanta braccia; e vi rinchiude dentro +la chiesa, che i duo amanti have nel centro. +Imita quasi la superba mole +che fe' Adriano all'onda tiberina. +Presso al sepolcro una torre alta vuole; +ch'abitarvi alcun tempo si destina. +Un ponte stretto e di due braccia sole +fece su l'acqua che correa vicina. +Lungo il ponte, ma largo era sì poco, +che dava a pena a duo cavalli loco; +a duo cavalli che venuti a paro, +o ch'insieme si fossero scontrati: +e non avea né sponda né riparo, +e si potea cader da tutti i lati. +Il passar quindi vuol che costi caro +a guerrieri o pagani o battezzati; +che de le spoglie lor mille trofei +promette al cimiterio di costei. +In dieci giorni e in manco fu perfetta +l'opra del ponticel che passa il fiume; +ma non fu già il sepolcro così in fretta, +né la torre condutta al suo cacume: +pur fu levata sì, ch'alla veletta +starvi in cima una guardia avea costume, +che d'ogni cavallier che venìa al ponte, +col corno facea segno a Rodomonte. +E quel s'armava, e se gli venìa a opporre +ora su l'una, ora su l'altra riva; +che se 'l guerrier venìa di vêr la torre, +su l'altra proda il re d'Algier veniva. +Il ponticello è il campo ove si corre; +e se 'l destrier poco del segno usciva, +cadea nel fiume, ch'alto era e profondo: +ugual periglio a quel non avea il mondo. +Aveasi imaginato il Saracino, +che, per gir spesso a rischio di cadere +dal ponticel nel fiume a capo chino, +dove gli converria molt'acqua bere, +del fallo a che l'indusse il troppo vino, +dovesse netto e mondo rimanere; +come l'acqua, non men che 'l vino, estingua +l'error che fa pel vino o mano o lingua. +Molti fra pochi dì vi capitaro: +alcuni la via dritta vi condusse, +ch'a quei che verso Italia o Spagna andaro +altra non era che più trita fusse; +altri l'ardire, e, più che vita caro, +l'onore, a farvi di sé prova indusse. +E tutti, ove acquistar credean la palma, +lasciavan l'arme, e molti insieme l'alma. +Di quelli ch'abbattea, s'eran pagani, +si contentava d'aver spoglie ed armi; +e di chi prima furo, i nomi piani +vi facea sopra, e sospendeale ai marmi: +ma ritenea in prigion tutti i cristiani; +e che in Algier poi li mandasse parmi. +Finita ancor non era l'opra, quando +vi venne a capitare il pazzo Orlando. +A caso venne il furioso conte +a capitar su questa gran riviera, +dove, come io vi dico, Rodomonte +fare in fretta facea, né finito era +la torre né il sepolcro, e a pena il ponte: +e di tutte arme, fuor che di visiera, +a quell'ora il pagan si trovò in punto, +ch'Orlando al fiume e al ponte è sopragiunto. +Orlando (come il suo furor lo caccia) +salta la sbarra e sopra il ponte corre. +Ma Rodomonte con turbata faccia, +a piè, com'era inanzi a la gran torre, +gli grida di lontano e gli minaccia, +né se gli degna con la spada opporre: +— Indiscreto villan, ferma le piante, +temerario, importuno ed arrogante! +Sol per signori e cavallieri è fatto +il ponte, non per te, bestia balorda. — +Orlando, ch'era in gran pensier distratto, +vien pur inanzi e fa l'orecchia sorda. +— Bisogna ch'io castighi questo matto — +disse il pagano; e con la voglia ingorda +venìa per traboccarlo giù ne l'onda, +non pensando trovar chi gli risponda. +In questo tempo una gentil donzella, +per passar sovra il ponte, al fiume arriva, +leggiadramente ornata e in viso bella, +e nei sembianti accortamente schiva. +Era (se vi ricorda, Signor) quella +che per ogni altra via cercando giva +di Brandimarte, il suo amator, vestigi, +fuor che, dove era, dentro da Parigi. +Ne l'arrivar di Fiordiligi al ponte +(che così la donzella nomata era), +Orlando s'attaccò con Rodomonte +che lo volea gittar ne la riviera. +La donna, ch'avea pratica del conte, +subito n'ebbe conoscenza vera: +e restò d'alta maraviglia piena, +de la follia che così nudo il mena. +Fermasi a riguardar che fine avere +debba il furor dei duo tanti possenti. +Per far del ponte l'un l'altro cadere +a por tutta lor forza sono intenti. +— Come è ch'un pazzo debba sì valere? — +seco il fiero pagan dice tra' denti; +e qua e là si volge e si raggira, +pieno di sdegno e di superbia e d'ira. +Con l'una e l'altra man va ricercando +far nuova presa, ove il suo meglio vede; +or tra le gambe, or fuor gli pone, quando +con arte il destro, e quando il manco piede. +Simiglia Rodomonte intorno a Orlando +lo stolido orso che sveller si crede +l'arbor onde è caduto; e come n'abbia +quello ogni colpa, odio gli porta e rabbia. +Orlando, che l'ingegno avea sommerso, +io non so dove, e sol la forza usava, +l'estrema forza a cui per l'universo +nessuno o raro paragon si dava, +cader del ponte si lasciò riverso +col pagano abbracciato come stava. +Cadon nel fiume e vanno al fondo insieme: +ne salta in aria l'onda, e il lito geme. +L'acqua gli fece distaccare in fretta. +Orlando è nudo, e nuota com'un pesce: +di qua le braccia, e di là i piedi getta, +e viene a proda; e come di fuor esce, +correndo va, né per mirare aspetta, +se in biasmo o in loda questo gli riesce. +Ma il pagan, che da l'arme era impedito, +tornò più tardo e con più affanno al lito. +Sicuramente Fiordiligi intanto +avea passato il ponte e la riviera; +e guardato il sepolcro in ogni canto, +se del suo Brandimarte insegna v'era, +poi che né l'arme sue vede né il manto, +di ritrovarlo in altra parte spera. +Ma ritorniamo a ragionar del conte, +che lascia a dietro e torre e fiume e ponte. +Pazzia sarà, se le pazzie d'Orlando +prometto raccontarvi ad una ad una; +che tante e tante fur, ch'io non so quando +finir: ma ve n'andrò scegliendo alcuna +solenne ed atta da narrar cantando, +e ch'all'istoria mi parrà oportuna; +né quella tacerò miraculosa, +che fu nei Pirenei sopra Tolosa. +Trascorso avea molto paese il conte, +come dal grave suo furor fu spinto; +ed al fin capitò sopra quel monte +per cui dal Franco è il Tarracon distinto; +tenendo tuttavia volta la fronte +verso là dove il sol ne viene estinto: +e quivi giunse in uno angusto calle, +che pendea sopra una profonda valle. +Si vennero a incontrar con esso al varco +duo boscherecci gioveni, ch'inante +avean di legna un loro asino carco; +e perché ben s'accorsero al sembiante, +ch'avea di cervel sano il capo scarco, +gli gridano con voce minacciante, +o ch'a dietro o da parte se ne vada, +e che si levi di mezzo la strada. +Orlando non risponde altro a quel detto, +se non che con furor tira d'un piede, +e giunge a punto l'asino nel petto +con quella forza che tutte altre eccede; +ed alto il leva, sì, ch'uno augelletto +che voli in aria, sembra a chi lo vede. +Quel va a cadere alla cima d'un colle, +ch'un miglio oltre la valle il giogo estolle. +Indi verso i duo gioveni s'aventa, +dei quali un, più che senno, ebbe aventura, +che da la balza, che due volte trenta +braccia cadea, si gittò per paura. +A mezzo il tratto trovò molle e lenta +una macchia di rubi e di verzura, +a cui bastò graffiargli un poco il volto: +del resto lo mandò libero e sciolto. +L'altro s'attacca ad un scheggion ch'usciva +fuor de la roccia, per salirvi sopra; +perché si spera, s'alla cima arriva, +di trovar via che dal pazzo lo cuopra. +Ma quel nei piedi (che non vuol che viva) +lo piglia, mentre di salir s'adopra: +e quanto più sbarrar puote le braccia, +le sbarra sì, ch'in duo pezzi lo straccia; +a quella guisa che veggiàn talora +farsi d'uno aeron, farsi d'un pollo, +quando si vuol de le calde interiora +che falcone o ch'astor resti satollo. +Quanto è bene accaduto che non muora +quel che fu a risco di fiaccarsi il collo! +ch'ad altri poi questo miracol disse, +sì che l'udì Turpino, e a noi lo scrisse. +E queste ed altre assai cose stupende +fece nel traversar de la montagna. +Dopo molto cercare, al fin discende +verso meriggie alla terra di Spagna; +e lungo la marina il camin prende, +ch'intorno a Taracona il lito bagna: +e come vuol la furia che lo mena, +pensa farsi uno albergo in quella arena, +dove dal sole alquanto si ricuopra; +e nel sabbion si caccia arrido e trito. +Stando così, gli venne a caso sopra +Angelica la bella e il suo marito, +ch'eran (sì come io vi narrai di sopra) +scesi dai monti in su l'ispano lito. +A men d'un braccio ella gli giunse appresso, +perché non s'era accorta ancora d'esso. +Che fosse Orlando, nulla le soviene: +troppo è diverso da quel ch'esser suole. +Da indi in qua che quel furor lo tiene, +è sempre andato nudo all'ombra e al sole: +se fosse nato all'aprica Siene, +o dove Ammone il Garamante cole, +o presso ai monti onde il gran Nilo spiccia, +non dovrebbe la carne aver più arsiccia. +Quasi ascosi avea gli occhi ne la testa, +la faccia macra, e come un osso asciutta, +la chioma rabuffata, orrida e mesta, +la barba folta, spaventosa e brutta. +Non più a vederlo Angelica fu presta, +che fosse a ritornar, tremando tutta: +tutta tremando, e empiendo il ciel di grida, +si volse per aiuto alla sua guida. +Come di lei s'accorse Orlando stolto, +per ritenerla si levò di botto: +così gli piacque il delicato volto, +così ne venne immantinente giotto. +D'averla amata e riverita molto +ogni ricordo era in lui guasto e rotto. +Gli corre dietro, e tien quella maniera +che terria il cane a seguitar la fera. +Il giovine che 'l pazzo seguir vede +la donna sua, gli urta il cavallo adosso, +e tutto a un tempo lo percuote e fiede, +come lo trova che gli volta il dosso. +Spiccar dal busto il capo se gli crede: +ma la pelle trovò dura come osso, +anzi via più ch'acciar; ch'Orlando nato +impenetrabile era ed affatato. +Come Orlando sentì battersi dietro, +girossi, e nel girare il pugno strinse, +e con la forza che passa ogni metro, +ferì il destrier che 'l Saracino spinse. +Feril sul capo, e come fosse vetro, +lo spezzò sì, che quel cavallo estinse: +e rivoltosse in un medesmo istante +dietro a colei che gli fuggiva inante. +Caccia Angelica in fretta la giumenta, +e con sferza e con spron tocca e ritocca; +che le parrebbe a quel bisogno lenta, +se ben volasse più che stral da cocca. +De l'annel c'ha nel dito si ramenta, +che può salvarla, e se lo getta in bocca: +e l'annel, che non perde il suo costume, +la fa sparir come ad un soffio il lume. +O fosse la paura, o che pigliasse +tanto disconcio nel mutar l'annello, +o pur, che la giumenta traboccasse, +che non posso affermar questo né quello; +nel medesmo momento che si trasse +l'annello in bocca e celò il viso bello, +levò le gambe ed uscì de l'arcione, +e si trovò riversa in sul sabbione. +Più corto che quel salto era dua dita, +aviluppata rimanea col matto, +che con l'urto le avria tolta la vita; +ma gran ventura l'aiutò a quel tratto. +Cerchi pur, ch'altro furto le dia aita +d'un'altra bestia, come prima ha fatto; +che più non è per riaver mai questa +ch'inanzi al paladin l'arena pesta. +Non dubitate già ch'ella non s'abbia +a provedere; e seguitiamo Orlando, +in cui non cessa l'impeto e la rabbia +perché si vada Angelica celando. +Segue la bestia per la nuda sabbia, +e se le vien più sempre approssimando: +già già la tocca, ed ecco l'ha nel crine, +indi nel freno, e la ritiene al fine. +Con quella festa il paladin la piglia, +ch'un altro avrebbe fatto una donzella: +le rassetta le redine e la briglia, +e spicca un salto ed entra ne la sella; +e correndo la caccia molte miglia, +senza riposo, in questa parte e in quella: +mai non le leva né sella né freno, +né le lascia gustare erba né fieno. +Volendosi cacciare oltre una fossa, +sozzopra se ne va con la cavalla. +Non nocque a lui, né sentì la percossa; +ma nel fondo la misera si spalla. +Non vede Orlando come trar la possa; +e finalmente se l'arreca in spalla, +e su ritorna, e va con tutto il carco, +quanto in tre volte non trarrebbe un arco. +Sentendo poi che gli gravava troppo, +la pose in terra, e volea trarla a mano. +Ella il seguia con passo lento e zoppo; +dicea Orlando: — Camina! — e dicea invano. +Se l'avesse seguito di galoppo, +assai non era al desiderio insano. +Al fin dal capo le levò il capestro, +e dietro la legò sopra il piè destro; +e così la strascina, e la conforta +che lo potrà seguir con maggior agio. +Qual leva il pelo, e quale il cuoio porta, +dei sassi ch'eran nel camin malvagio. +La mal condotta bestia restò morta +finalmente di strazio e di disagio. +Orlando non le pensa e non la guarda, +e via correndo il suo camin non tarda. +Di trarla, anco che morta, non rimase, +continoando il corso ad occidente; +e tuttavia saccheggia ville e case, +se bisogno di cibo aver si sente; +e frutte e carne e pan, pur ch'egli invase, +rapisce; ed usa forza ad ogni gente: +qual lascia morto e qual storpiato lassa; +poco si ferma, e sempre inanzi passa. +Avrebbe così fatto, o poco manco, +alla sua donna, se non s'ascondea; +perché non discernea il nero dal bianco, +e di giovar, nocendo si credea. +Deh maledetto sia l'annello ed anco +il cavallier che dato le l'avea! +che se non era, avrebbe Orlando fatto +di sé vendetta e di mill'altri a un tratto. +Né questa sola, ma fosser pur state +in man d'Orlando quante oggi ne sono; +ch'ad ogni modo tutte sono ingrate, +né si trova tra loro oncia di buono. +Ma prima che le corde rallentate +al canto disugual rendano il suono, +fia meglio differirlo a un'altra volta, +acciò men sia noioso a chi l'ascolta. Quando vincer da l'impeto e da l'ira +si lascia la ragion, né si difende, +e che 'l cieco furor sì inanzi tira +o mano o lingua, che gli amici offende; +se ben dipoi si piange e si sospira, +non è per questo che l'error s'emende. +Lasso! io mi doglio e affliggo invan di quanto +dissi per ira al fin de l'altro canto. +Ma simile son fatto ad uno infermo, +che dopo molta pazienza e molta, +quando contra il dolor non ha più schermo, +cede alla rabbia e a bestemmiar si volta. +Manca il dolor, né l'impeto sta fermo, +che la lingua al dir mal facea sì sciolta; +e si ravvede e pente e n'ha dispetto: +ma quel c'ha detto, non può far non detto. +Ben spero, donne, in vostra cortesia +aver da voi perdon, poi ch'io vel chieggio. +Voi scusarete, che per frenesia, +vinto da l'aspra passion, vaneggio. +Date la colpa alla nimica mia, +che mi fa star, ch'io non potrei star peggio, +e mi fa dir quel di ch'io son poi gramo: +sallo Idio, s'ella ha il torto; essa, s'io l'amo. +Non men son fuor di me, che fosse Orlando; +e non son men di lui di scusa degno, +ch'or per li monti, or per le piagge errando, +scorse in gran parte di Marsilio il regno, +molti dì la cavalla strascinando +morta, come era, senza alcun ritegno; +ma giunto ove un gran fiume entra nel mare, +gli fu forza il cadavero lasciare. +E perché sa nuotar come una lontra, +entra nel fiume, e surge all'altra riva. +Ecco un pastor sopra un cavallo incontra, +che per abeverarlo al fiume arriva. +Colui, ben che gli vada Orlando incontra, +perché egli è solo e nudo, non lo schiva. +— Vorrei del tuo ronzin (gli disse il matto) +con la giumenta mia far un baratto. +Io te la mostrerò di qui, se vuoi; +che morta là su l'altra ripa giace: +la potrai far tu medicar dipoi; +altro diffetto in lei non mi dispiace. +Con qualche aggiunta il ronzin dar mi puoi: +smontane in cortesia, perché mi piace. — +Il pastor ride, e senz'altra risposta +va verso il guado, e dal pazzo si scosta. +— Io voglio il tuo cavallo: olà non odi? — +suggiunse Orlando, e con furor si mosse. +Avea un baston con nodi spessi e sodi +quel pastor seco, e il paladin percosse. +La rabbia e l'ira passò tutti i modi +del conte; e parve fier più che mai fosse. +Sul capo del pastore un pugno serra, +che spezza l'osso, e morto il caccia in terra. +Salta a cavallo, e per diversa strada +va discorrendo, e molti pone a sacco. +Non gusta il ronzin mai fieno né biada, +tanto ch'in pochi dì ne riman fiacco: +ma non però ch'Orlando a piedi vada, +che di vetture vuol vivere a macco; +e quante ne trovò, tante ne mise +in uso, poi che i lor patroni uccise. +Capitò al fin a Malega, e più danno +vi fece, ch'egli avesse altrove fatto: +che oltre che ponesse a saccomanno +il popul sì, che ne restò disfatto, +né si poté rifar quel né l'altr'anno; +tanti n'uccise il periglioso matto, +vi spianò tante case e tante accese, +che disfe' più che 'l terzo del paese. +Quindi partito, venne ad una terra, +Zizera detta, che siede allo stretto +di Zibeltarro, o vuoi di Zibelterra, +che l'uno e l'altro nome le vien detto; +ove una barca che sciogliea da terra +vide piena di gente da diletto, +che solazzando all'aura matutina, +gìa per la tranquillissima marina. +Cominciò il pazzo a gridar forte: — Aspetta! — +che gli venne disio d'andare in barca. +Ma bene invano e i gridi e gli urli getta; +che volentier tal merce non si carca. +Per l'acqua il legno va con quella fretta +che va per l'aria irondine che varca. +Orlando urta il cavallo e batte e stringe, +e con un mazzafrusto all'acqua spinge. +Forza è ch'al fin nell'acqua il cavallo entre, +ch'invan contrasta, e spende invano ogni opra: +bagna i genocchi, e poi la groppa e 'l ventre, +indi la testa, e a pena appar di sopra. +Tornare a dietro non si speri, mentre +la verga tra l'orecchie se gli adopra. +Misero! o si convien tra via affogare, +o nel lito african passare il mare. +Non vede Orlando più poppe né sponde +che tratto in mar l'avean dal lito asciutto; +che son troppo lontane, e le nasconde +agli occhi bassi l'alto e mobil flutto: +e tuttavia il destrier caccia tra l'onde, +ch'andar di là dal mar dispone in tutto. +Il destrier, d'acqua pieno e d'alma voto, +finalmente finì la vita e il nuoto. +Andò nel fondo, e vi traea la salma, +se non si tenea Orlando in su le braccia. +Mena le gambe e l'una e l'altra palma, +e soffia, e l'onda spinge da la faccia. +Era l'aria soave e il mare in calma: +e ben vi bisognò più che bonaccia; +ch'ogni poco che 'l mar fosse più sorto, +restava il paladin ne l'acqua morto. +Ma la Fortuna, che dei pazzi ha cura, +del mar lo trasse nel lito di Setta, +in una spiaggia, lungi da le mura +quanto sarian duo tratti di saetta. +Lungo il mar molti giorni alla ventura +verso levante andò correndo in fretta; +fin che trovò, dove tendea sul lito +di nera gente esercito infinito. +Lasciamo il paladin ch'errando vada: +ben di parlar di lui tornerà tempo. +Quanto, Signore, ad Angelica accada +dopo ch'uscì di man del pazzo a tempo; +e come a ritornare in sua contrada +trovasse e buon navilio e miglior tempo, +e de l'India a Medor desse lo scettro, +forse altri canterà con miglior plettro. +Io sono a dir tante altre cose intento, +che di seguir più questa non mi cale. +Volger conviemmi il bel ragionamento +al Tartaro, che spinto il suo rivale, +quella bellezza si godea contento, +a cui non resta in tutta Europa uguale, +poscia che se n'è Angelica partita, +e la casta Issabella al ciel salita. +De la sentenza Mandricardo altiero, +ch'in suo favor la bella donna diede, +non può fruir tutto il diletto intero; +che contra lui son altre liti in piede. +L'una gli muove il giovene Ruggiero, +perché l'aquila bianca non gli cede; +l'altra il famoso re di Sericana, +che da lui vuol la spada Durindana. +S'affatica Agramante, né disciorre, +né Marsilio con lui, sa questo intrico: +né solamente non li può disporre +che voglia l'un de l'altro essere amico; +ma che Ruggiero a Mandricardo torre +lasci lo scudo del Troiano antico, +o Gradasso la spada non gli vieti, +tanto che questa o quella lite accheti. +Ruggier non vuol ch'in altra pugna vada +con lo suo scudo; né Gradasso vuole +che, fuor che contra sé porti la spada +che 'l glorioso Orlando portar suole. +— Al fin veggiamo in cui la sorte cada +(disse Agramante), e non sian più parole; +veggiàn quel che Fortuna ne disponga, +e sia preposto quel ch'ella preponga. +E se compiacer meglio mi volete, +onde d'aver ve n'abbia obligo ognora, +chi de' di voi combatter, sortirete; +ma con patto, ch'al primo ch'esca fuora, +amendue le querele in man porrete: +sì che, per sé vincendo, vinca ancora +pel compagno; e perdendo l'un di vui, +così perduto abbia per ambidui. +Tra Gradasso e Ruggier credo che sia +di valor nulla o poca differenza; +e di lor qual si vuol venga fuor pria, +so ch'in arme farà per eccellenza. +Poi la vittoria da quel canto stia, +che vorrà la divina providenza. +Il cavallier non avrà colpa alcuna, +ma il tutto imputerassi alla Fortuna. — +Steron taciti al detto d'Agramante +e Ruggiero e Gradasso; ed accordarsi +che qualunque di loro uscirà inante, +e l'una briga e l'altra abbia a pigliarsi. +Così in duo brevi, ch'avean simigliante +ed ugual forma, i nomi lor notarsi; +e dentro un'urna quelli hanno rinchiusi, +versati molto, e sozzopra confusi. +Un semplice fanciul nell'urna messe +la mano, e prese un breve; e venne a caso +ch'in questo il nome di Ruggier si lesse, +essendo quel del Serican rimaso. +Non si può dir quanta allegrezza avesse, +quando Ruggier si sentì trar del vaso, +e d'altra parte il Sericano doglia; +ma quel che manda il ciel, forza è che toglia. +Ogni suo studio il Sericano, ogni opra +a favorire, ad aiutar converte +perché Ruggiero abbia a restar di sopra: +e le cose in suo pro, ch'avea già esperte, +come or di spada, or di scudo si cuopra, +qual sien botte fallaci e qual sien certe, +quando tentar, quando schivar fortuna +si dee, gli torna a mente ad una ad una. +Il resto di quel dì, che da l'accordo +e dal trar de le sorti sopravanza, +è speso dagli amici in dar ricordo, +chi a l'un guerrier chi all'altro, come è usanza. +Il popul, di veder la pugna ingordo, +s'affretta a gara d'occupar la stanza: +né basta a molti inanzi giorno andarvi, +che voglion tutta notte anco veggiarvi. +La sciocca turba disiosa attende +ch'i duo buon cavallier vengano in prova; +che non mira più lungi né comprende +di quel ch'inanzi agli occhi si ritrova. +Ma Sobrino e Marsilio, e chi più intende +e vede ciò che nuoce e ciò che giova, +biasma questa battaglia, ed Agramante, +che voglia comportar che vada inante. +Né cessan raccordargli il grave danno +che n'ha d'avere il popul saracino, +muora Ruggiero o il tartaro tiranno, +quel che prefisso è dal suo fier destino: +d'un sol di lor via più bisogno avranno +per contrastare al figlio di Pipino, +che di dieci altri mila che ci sono, +tra' quai fatica è ritrovare un buono. +Conosce il re Agramante che gli è vero, +ma non può più negar ciò c'ha promesso. +Ben prega Mandricardo e il buon Ruggiero, +che gli ridonin quel c'ha lor concesso; +e tanto più che 'l lor litigio è un zero, +né degno in prova d'arme esser rimesso: +e s'in ciò pur nol vogliono ubbidire, +voglino almen la pugna differire. +Cinque o sei mesi il singular certame, +o meno o più, si differisca, tanto +che cacciato abbin Carlo del reame, +tolto lo scettro, la corona e il manto. +Ma l'un e l'altro, ancor che voglia e brame +il re ubbidir, pur sta duro da canto; +che tale accordo obbrobrioso stima +a chi 'l consenso suo vi darà prima. +Ma più del re, ma più d'ognun ch'invano +spenda a placare il Tartaro parole, +la bella figlia del re Stordilano +supplice il priega, e si lamenta e duole: +lo prega che consenta al re africano +e voglia quel che tutto il campo vuole; +si lamenta e si duol che per lui sia +timida sempre e piena d'angonia. +— Lassa! (dicea) che ritrovar poss'io +rimedio mai ch'a riposar mi vaglia, +s'or contra questo, or quel, nuovo disio +vi trarrà sempre a vestir piastra e maglia? +C'ha potuto giovare al petto mio +il gaudio che sia spenta la battaglia +per me da voi contra quell'altro presa, +se un'altra non minor se n'è già accesa? +Ohimè! ch'invano i' me n'andava altiera +ch'un re sì degno, un cavallier sì forte +per me volesse in perigliosa e fiera +battaglia porsi al risco de la morte; +ch'or veggo per cagion tanto leggiera +non meno esporvi alla medesma sorte. +Fu natural ferocità di core +ch'a quella v'istigò, più che 'l mio amore. +Ma se gli è ver che 'l vostro amor sia quello +che vi sforzate di mostrarmi ognora, +per lui vi prego, e per quel gran flagello +che mi percuote l'alma e che m'accora, +che non vi caglia se 'l candido augello +ha ne lo scudo quel Ruggiero ancora. +Utile o danno a voi non so ch'importi, +che lasci quella insegna o che la porti. +Poco guadagno, e perdita uscir molta +de la battaglia può, che per far sète: +quando abbiate a Ruggier l'aquila tolta, +poca mercé d'un gran travaglio avrete; +ma se Fortuna le spalle vi volta +(che non però nel crin presa tenete), +causate un danno, ch'a pensarvi solo +mi sento il petto già sparrar di duolo. +Quando la vita a voi per voi non sia +cara, e più amate un'aquila dipinta, +vi sia almen cara per la vita mia: +non sarà l'una senza l'altra estinta. +Non già morir con voi grave mi fia: +son di seguirvi in vita e in morte accinta; +ma non vorrei morir sì malcontenta +come io morrò, se dopo voi son spenta. — +Con tai parole e simili altre assai, +che le lacrime accompagnano e sospiri, +pregar non cessa tutta notte mai +perch'alla pace il suo amator ritiri; +e quel, suggendo dagli umidi rai +quel dolce pianto, e quei dolci martiri +da le vermiglie labra più che rose, +lacrimando egli ancor, così rispose: +— Deh, vita mia, non vi mettete affanno, +deh non, per Dio, di così lieve cosa; +che se Carlo e 'l re d'Africa, e ciò c'hanno +qui di gente moresca e di franciosa, +spiegasson le bandiere in mio sol danno, +voi pur non ne dovreste esser pensosa. +Ben mi mostrate in poco conto avere, +se per me un Ruggier sol vi fa temere. +E vi dovria pur ramentar che, solo +(e spada io non avea né scimitarra), +con un troncon di lancia a un grosso stuolo +d'armati cavallier tolsi la sbarra. +Gradasso, ancor che con vergogna e duolo +lo dica, pure, a chi 'l domanda, narra +che fu in Soria a un castel mio prigioniero; +ed è pur d'altra fama che Ruggiero. +Non niega similmente il re Gradasso, +e sallo Isolier vostro e Sacripante, +io dico Sacripante, il re circasso, +e 'l famoso Grifone ed Aquilante, +cent'altri e più, che pure a questo passo +stati eran presi alcuni giorni inante, +macometani e gente di battesmo, +che tutti liberai quel dì medesmo. +Non cessa ancor la maraviglia loro +de la gran prova ch'io feci quel giorno, +maggior, che se l'esercito del Moro +e del Franco inimici avessi intorno. +Ed or potrà Ruggier, giovine soro, +farmi da solo a solo o danno o scorno? +Ed or c'ho Durindana e l'armatura +d'Ettòr, vi de' Ruggier metter paura? +Deh, perché dianzi in prova non venni io, +se far di voi con l'arme io potea acquisto? +So che v'avrei sì aperto il valor mio, +ch'avresti il fin già di Ruggier previsto. +Asciugate le lacrime, e, per Dio, +non mi fate uno augurio così tristo; +e siate certa che 'l mio onor m'ha spinto, +non ne lo scudo il bianco augel dipinto. — +Così disse egli; e molto ben risposto +gli fu da la mestissima sua donna, +che non pur lui mutato di proposto, +ma di luogo avria mossa una colonna. +Ella era per dover vincer lui tosto, +ancor ch'armato, e ch'ella fosse in gonna; +e l'avea indutto a dir, se 'l re gli parla +d'accordo più, che volea contentarla. +E lo facea; se non, tosto ch'al Sole +la vaga Aurora fe' l'usata scorta, +l'animoso Ruggier, che mostrar vuole +che con ragion la bella aquila porta, +per non udir più d'atti e di parole +dilazion, ma far la lite corta, +dove circonda il popul lo steccato, +sonando il corno s'appresenta armato. +Tosto che sente il Tartaro superbo, +ch'alla battaglia il suono altier lo sfida, +non vuol più de l'accordo intender verbo, +ma si lancia del letto, ed arme grida; +e si dimostra sì nel viso acerbo, +che Doralice istessa non si fida +di dirgli più di pace né di triegua: +e forza è infin che la battaglia segua. +Subito s'arma, ed a fatica aspetta +da' suoi scudieri i debiti servigi; +poi monta sopra il buon cavallo in fretta, +che del gran difensor fu di Parigi; +e vien correndo invêr la piazza eletta +a terminar con l'arme i gran litigi. +Vi giunse il re e la corte allora allora; +sì ch'all'assalto fu poca dimora. +Posti lor furo ed allacciati in testa +i lucidi elmi, e date lor le lance. +Siegue la tromba a dare il segno presta, +che fece a mille impallidir le guance. +Posero l'aste i cavallieri in resta, +e i corridori punsero alle pance; +e venner con tale impeto a ferirsi, +che parve il ciel cader, la terra aprirsi. +Quinci e quindi venir si vede il bianco +augel che Giove per l'aria sostenne; +come ne la Tessalia si vide anco +venir più volte, ma con altre penne. +Quanto sia l'uno e l'altro ardito e franco, +mostra il portar de le massicce antenne; +e molto più, ch'a quello incontro duro, +quai torri ai venti, o scogli all'onde furo. +I tronchi fin al ciel ne sono ascesi: +scrive Turpin, verace in questo loco, +che dui o tre giù ne tornaro accesi, +ch'eran saliti alla sfera del fuoco. +I cavallieri i brandi aveano presi: +e come quei che si temeano poco, +si ritornaro incontra; e a prima giunta +ambi alla vista si ferir di punta. +Ferirsi alla visiera al primo tratto; +e non miraron, per mettersi in terra, +dare ai cavalli morte, ch'è mal atto, +perch'essi non han colpa de la guerra. +Chi pensa che tra lor fosse tal patto, +non sa l'usanza antiqua, e di molto erra: +senz'altro patto, era vergogna e fallo +e biasmo eterno a chi feria il cavallo. +Ferirsi alla visiera, ch'era doppia, +ed a pena anco a tanta furia resse. +L'un colpo appresso all'altro si raddoppia: +le botte più che grandine son spesse, +che spezza fronde e rami e grano e stoppia, +e uscir invan fa la sperata messe. +Se Durindana e Balisarda taglia, +sapete, e quanto in queste mani vaglia. +Ma degno di sé colpo ancor non fanno, +sì l'uno e l'altro ben sta su l'aviso. +Uscì da Mandricardo il primo danno, +per cui fu quasi il buon Ruggiero ucciso: +d'uno di quei gran colpi che far sanno, +gli fu lo scudo pel mezzo diviso, +e la corazza apertagli di sotto; +e fin sul vivo il crudel brando ha rotto. +L'aspra percossa agghiacciò il cor nel petto, +per dubbio di Ruggiero, ai circostanti, +nel cui favor si conoscea lo affetto +dei più inchinar, se non di tutti quanti. +E se Fortuna ponesse ad effetto +quel che la maggior parte vorria inanti, +già Mandricardo saria morto o preso: +sì che 'l suo colpo ha tutto il campo offeso. +Io credo che qualche agnol s'interpose +per salvar da quel colpo il cavalliero. +Ma ben senza più indugio gli rispose, +terribil più che mai fosse, Ruggiero. +La spada in capo a Mandricardo pose; +ma sì lo sdegno fu subito e fiero, +e tal fretta gli fe', ch'io men l'incolpo +se non mandò a ferir di taglio il colpo. +Se Balisarda lo giungea pel dritto, +l'elmo d'Ettorre era incantato invano. +Fu sì del colpo Mandricardo afflitto, +che si lasciò la briglia uscir di mano. +D'andar tre volte accenna a capo fitto, +mentre scorrendo va d'intorno il piano +quel Brigliador che conoscete al nome, +dolente ancor de le mutate some. +Calcata serpe mai tanto non ebbe, +né ferito leon, sdegno e furore, +quanto il Tartaro, poi che si riebbe +dal colpo che di sé lo trasse fuore. +E quanto l'ira e la superbia crebbe, +tanto e più crebbe in lui forza e valore: +fece spiccare a Brigliadoro un salto +verso Ruggiero, e alzò la spada in alto. +Levossi in su le staffe, ed all'elmetto +segnolli; e si credette veramente +partirlo a quella volta fin al petto: +ma fu di lui Ruggier più diligente; +che, pria che 'l braccio scenda al duro effetto, +gli caccia sotto la spada pungente, +e gli fa ne la maglia ampla finestra, +che sotto difendea l'ascella destra. +E Balisarda al suo ritorno trasse +di fuori il sangue tiepido e vermiglio, +e vietò a Durindana che calasse +impetuosa con tanto periglio; +ben che fin su la groppa si piegasse +Ruggiero, e per dolor strignesse il ciglio: +e s'elmo in capo avea di peggior tempre, +gli era quel colpo memorabil sempre. +Ruggier non cessa, e spinge il suo cavallo, +e Mandricardo al destro fianco trova. +Quivi scelta finezza di metallo +e ben condutta tempra poco giova +contra la spada che non scende in fallo, +che fu incantata non per altra prova, +che per far ch'a' suoi colpi nulla vaglia +piastra incantata ed incantata maglia. +Taglionne quanto ella ne prese, e insieme +lasciò ferito il Tartaro nel fianco, +che 'l ciel bestemmia, e di tant'ira freme, +che 'l tempestoso mare è orribil manco. +Or s'apparecchia a por le forze estreme: +lo scudo ove in azzurro è l'augel bianco, +vinto da sdegno, si gittò lontano, +e messe al brando e l'una e l'altra mano. +— Ah (disse a lui Ruggier), senza più basti +a mostrar che non merti quella insegna, +ch'or tu la getti, e dianzi la tagliasti; +né potrai dir mai più che ti convegna. — +Così dicendo, forza è che egli attasti +con quanta furia Durindana vegna; +che sì gli grava e sì gli pesa in fronte, +che più leggier potea cadervi un monte. +E per mezzo gli fende la visiera; +buon per lui che dal viso si discosta: +poi calò su l'arcion che ferrato era, +né lo difese averne doppia crosta: +giunse al fin su l'arnese, e come cera +l'aperse con la falda sopraposta; +e ferì gravemente ne la coscia +Ruggier, sì ch'assai stette a guarir poscia. +De l'un, come de l'altro, fatte rosse +il sangue l'arme avea con doppia riga; +tal che diverso era il parer, chi fosse +di lor, ch'avesse il meglio in quella briga. +Ma quel dubbio Ruggier tosto rimosse +con la spada che tanti ne castiga: +mena di punta, e drizza il colpo crudo +onde gittato avea colui lo scudo. +Fora de la corazza il lato manco, +e di venire al cor trova la strada, +che gli entra più d'un palmo sopra il fianco: +sì che convien che Mandricardo cada +d'ogni ragion che può ne l'augel bianco, +o che può aver ne la famosa spada; +e da la cara vita cada insieme, +che, più che spada e scudo, assai gli preme. +Non morì quel meschin senza vendetta; +ch'a quel medesmo tempo che fu colto, +la spada, poco sua, menò di fretta; +ed a Ruggier avria partito il volto, +se già Ruggier non gli avesse intercetta +prima la forza, e assai del vigor tolto: +di forza e di vigor troppo gli tolse +dianzi, che sotto il destro braccio il colse. +Da Mandricardo fu Ruggier percosso +nel punto ch'egli a lui tolse la vita; +tal ch'un cerchio di ferro, anco che grosso, +e una cuffia d'acciar ne fu partita. +Durindana tagliò cotenna ed osso, +e nel capo a Ruggiero entrò due dita. +Ruggier stordito in terra si riversa, +e di sangue un ruscel dal capo versa. +Il primo fu Ruggier, ch'andò per terra; +e dipoi stette l'altro a cader tanto, +che quasi crede ognun che de la guerra +riporti Mandricardo il pregio e il vanto: +e Doralice sua, che con gli altri erra, +e che quel dì più volte ha riso e pianto, +Dio ringraziò con mani al ciel supine, +ch'avesse avuta la pugna tal fine. +Ma poi ch'appare a manifesti segni +vivo chi vive, e senza vita il morto, +nei petti dei fautor mutano regni: +di là mestizia, e di qua vien conforto. +I re, i signori, i cavallier più degni, +con Ruggier ch'a fatica era risorto, +a rallegrarsi ed abbracciarsi vanno, +e gloria senza fine e onor gli danno. +Ognun s'allegra con Ruggiero, e sente +il medesmo nel cor, c'ha ne la bocca. +Sol Gradasso il pensiero ha differente +tutto da quel che fuor la lingua scocca: +mostra gaudio nel viso; e occultamente +del glorioso acquisto invidia il tocca; +e maledice o sia destino o caso, +il qual trasse Ruggier prima del vaso. +Che dirò del favor, che de le tante +carezze e tante, affettuose e vere, +che fece a quel Ruggiero il re Agramante, +senza il qual dare al vento le bandiere, +né volse muover d'Africa le piante, +né senza lui si fidò in tante schiere? +Or che del re Agricane ha spento il seme, +prezza più lui, che tutto il mondo insieme. +Né di tal volontà gli uomini soli +eran verso Ruggier, ma le donne anco, +che d'Africa e di Spagna fra gli stuoli +eran venute al tenitorio franco. +E Doralice istessa, che con duoli +piangea l'amante suo pallido e bianco, +forse con l'altre ita sarebbe in schiera, +se di vergogna un duro fren non era. +Io dico forse, non ch'io ve l'accerti, +ma potrebbe esser stato di leggiero: +tal la bellezza e tali erano i merti, +i costumi e i sembianti di Ruggiero. +Ella, per quel che già ne siamo esperti, +sì facile era a variar pensiero, +che per non si veder priva d'amore, +avria potuto in Ruggier porre il core. +Per lei buono era vivo Mandricardo: +ma che ne volea far dopo la morte? +Proveder le convien d'un che gagliardo +sia notte e dì ne' suoi bisogni, e forte. +Non era stato intanto a venir tardo +il più perito medico di corte, +che di Ruggier veduta ogni ferita, +già l'avea assicurato de la vita. +Con molta diligenza il re Agramante +fece colcar Ruggier ne le sue tende; +che notte e dì veder sel vuole inante: +sì l'ama, sì di lui cura si prende. +Lo scudo al letto e l'arme tutte quante, +che fur di Mandricardo, il re gli appende; +tutte le appende, eccetto Durindana, +che fu lasciata al re di Sericana. +Con l'arme l'altre spoglie a Ruggier sono +date di Mandricardo, e insieme dato +gli è Brigliador, quel destrier bello e buono, +che per furore Orlando avea lasciato. +Poi quello al re diede Ruggiero in dono, +che s'avide ch'assai gli saria grato. +Non più di questo; che tornar bisogna +a chi Ruggiero invan sospira e agogna. +Gli amorosi tormenti che sostenne +Bradamante aspettando, io v'ho da dire. +A Montalbano Ippalca a lei rivenne +e nuova le arrecò del suo desire. +Prima, di quanto di Frontin le avenne +con Rodomonte, l'ebbe a riferire; +poi di Ruggier, che ritrovò alla fonte +con Ricciardetto e' frati d'Agrismonte: +e che con esso lei s'era partito +con speme di trovare il Saracino, +e punirlo di quanto avea fallito +d'aver tolto a una donna il suo Frontino; +e che 'l disegno poi non gli era uscito, +perché diverso avea fatto il camino. +La cagione anco, perché non venisse +a Montalban Ruggier, tutta le disse; +e riferille le parole a pieno, +ch'in sua scusa Ruggier le avea commesse. +Poi si trasse la lettera di seno, +ch'egli le diè, perch'ella a lei la desse. +Con viso più turbato che sereno +prese la carta Bradamante, e lesse; +che, se non fosse la credenza stata +già di veder Ruggier, fôra più grata. +L'aver Ruggiero ella aspettato, e invece +di lui vedersi ora appagar d'un scritto, +del bel viso turbar l'aria le fece +di timor, di cordoglio e di despitto. +Baciò la carta diece volte e diece, +avendo a chi la scrisse il cor diritto. +Le lacrime vietar, che su vi sparse, +che con sospiri ardenti ella non l'arse. +Lesse la carta quattro volte e sei, +e volse ch'altretante l'imbasciata +replicata le fosse da colei +che l'una e l'altra avea quivi arrecata, +pur tuttavia piangendo: e crederei +che mai non si saria più racchetata, +se non avesse avuto pur conforto +di riveder il suo Ruggier di corto. +Termine a ritornar quindici o venti +giorni avea Ruggier tolto, ed affermato +l'avea ad Ippalca poi con giuramenti +da non temer che mai fosse mancato. +— Chi m'assicura, ohimè, degli accidenti +(ella dicea), c'han forza in ogni lato, +ma ne le guerre più, che non distorni +alcun tanto Ruggier, che più non torni? +Ohimè! Ruggiero, ohimè! chi arìa creduto +ch'avendoti amato io più di me stessa, +tu più di me, non ch'altri, ma potuto +abbi amar gente tua inimica espressa? +A chi opprimer dovresti, doni aiuto: +chi tu dovresti aitare, è da te oppressa. +Non so se biasmo o laude esser ti credi, +ch'al premiar e al punir sì poco vedi. +Fu morto da Troian (non so se 'l sai) +il padre tuo; ma fin ai sassi il sanno: +e tu del figlio di Troian cura hai +che non riceva alcun disnor né danno. +È questa la vendetta che ne fai, +Ruggiero? e a quei che vendicato l'hanno, +rendi tal premio, che del sangue loro +me fai morir di strazio e di martoro? — +Dicea la donna al suo Ruggiero assente +queste parole ed altre, lacrimando, +non una sola volta, ma sovente. +Ippalca la venìa pur confortando, +che Ruggier servarebbe interamente +sua fede, e ch'ella l'aspettasse, quando +altro far non potea, fin a quel giorno +ch'avea Ruggier prescritto al suo ritorno. +I conforti d'Ippalca, e la speranza +che degli amanti suole esser compagna, +alla tema e al dolor tolgon possanza +di far che Bradamante ognora piagna; +in Montalban senza mutar mai stanza +voglion che fin al termine rimagna, +fino al promesso termine e giurato, +che poi fu da Ruggier male osservato. +Ma ch'egli alla promessa sua mancasse +non però debbe aver la colpa affatto; +ch'una causa ed un'altra sì lo trasse, +che gli fu forza preterire il patto. +Convenne che nel letto si colcasse, +e più d'un mese si stesse di piatto +in dubbio di morir, sì il dolor crebbe +dopo la pugna che col Tartaro ebbe. +L'innamorata giovane l'attese +tutto quel giorno e desiollo invano, +né mai ne seppe, fuor quanto ne 'ntese +ora da Ippalca, e poi dal suo germano, +che le narrò che Ruggier lui difese, +e Malagigi liberò e Viviano. +Questa novella, ancor ch'avesse grata, +pur di qualche amarezza era turbata: +che di Marfisa in quel discorso udito +l'alto valore e le bellezze avea: +udì come Ruggier s'era partito +con esso lei, e che d'andar dicea +là dove con disagio in debol sito +malsicuro Agramante si tenea. +Sì degna compagnia la donna lauda +ma non che se n'allegri, o che l'applauda. +Né picciolo è il sospetto che la preme; +che se Marfisa è bella, come ha fama, +e che fin a quel dì sien giti insieme, +è maraviglia se Ruggier non l'ama. +Pur non vuol creder anco, e spera e teme: +e 'l giorno che la può far lieta e grama, +misera aspetta; e sospirando stassi, +da Montalban mai non movendo i passi. +Stando ella quivi, il principe, il signore +del bel castello, il primo de' suoi frati +(io non dico d'etade, ma d'onore, +che di lui prima dui n'erano nati), +Rinaldo, che di gloria e di splendore +gli ha, come il sol le stelle, illuminati, +giunse al castello un giorno in su la nona; +né, fuor ch'un paggio, era con lui persona. +Cagion del suo venir fu, che da Brava +ritornandosi un dì verso Parigi +(come v'ho detto che sovente andava +per ritrovar d'Angelica vestigi), +avea sentita la novella prava +del suo Viviano e del suo Malagigi, +ch'eran per essere dati al Maganzese; +e perciò ad Agrismonte la via prese. +Dove intendendo poi ch'eran salvati, +e gli aversari lor morti e distrutti, +e Marfisa e Ruggiero erano stati, +che gli aveano a quei termini ridutti; +e suoi fratelli e suoi cugin tornati +a Montalbano insieme erano tutti; +gli parve un'ora un anno di trovarsi +con esso lor là dentro ad abbracciarsi. +Venne Rinaldo a Montalbano, e quivi +madre, moglie abbracciò, figli e fratelli, +e i cugini che dianzi eran captivi; +e parve, quando egli arrivò tra quelli, +dopo gran fame irondine ch'arrivi +col cibo in bocca ai pargoletti augelli. +E poi ch'un giorno vi fu stato o dui, +partissi, e fe' partire altri con lui. +Ricciardo, Alardo, Ricciardetto, e d'essi +figli d'Amone, il più vecchio Guicciardo, +Malagigi e Vivian, si furon messi +in arme dietro al paladin gagliardo. +Bradamante aspettando che s'appressi +il tempo ch'al disio suo ne vien tardo, +inferma disse agli fratelli ch'era, +e non volse con lor venire in schiera. +E ben lor disse il ver, ch'ella era inferma, +ma non per febbre o corporal dolore: +era il disio che l'alma dentro inferma, +e le fa alterazion patir d'amore. +Rinaldo in Montalban più non si ferma, +e seco mena di sua gente il fiore. +Come a Parigi appropinquosse, e quanto +Carlo aiutò, vi dirà l'altro canto. Che dolce più, che più giocondo stato +saria di quel d'un amoroso core? +che viver più felice e più beato, +che ritrovarsi in servitù d'Amore? +se non fosse l'uom sempre stimulato +da quel sospetto rio, da quel timore, +da quel martìr, da quella frenesia, +da quella rabbia detta gelosia. +Però ch'ogni altro amaro che si pone +tra questa soavissima dolcezza, +è un augumento, una perfezione, +ed è un condurre amore a più finezza. +L'acque parer fa saporite e buone +la sete, e il cibo pel digiun s'apprezza: +non conosce la pace e non l'estima +chi provato non ha la guerra prima. +Se ben non veggon gli occhi ciò che vede +ognora il core, in pace si sopporta. +Lo star lontano, poi quando si riede, +quanto più lungo fu, più riconforta. +Lo stare in servitù senza mercede +(pur che non resti la speranza morta) +patir si può: che premio al ben servire +pur viene al fin, se ben tarda a venire. +Gli sdegni, le repulse, e finalmente +tutti i martìr d'amor, tutte le pene, +fan per lor rimembranza, che si sente +con miglior gusto un piacer quando viene. +Ma se l'infernal peste una egra mente +avvien ch'infetti, ammorbi ed avelene; +se ben segue poi festa ed allegrezza, +non la cura l'amante e non l'apprezza. +Questa è la cruda e avelenata piaga +a cui non val liquor, non vale impiastro, +né murmure, né imagine di saga, +né val lungo osservar di benigno astro, +né quanta esperienza d'arte maga +fece mai l'inventor suo Zoroastro: +piaga crudel che sopra ogni dolore +conduce l'uom, che disperato muore. +Oh incurabil piaga che nel petto +d'un amator sì facile s'imprime, +non men per falso che per ver sospetto! +piaga che l'uom sì crudelmente opprime, +che la ragion gli offusca e l'intelletto, +e lo tra' fuor de le sembianze prime! +Oh iniqua gelosia, che così a torto +levasti a Bradamante ogni conforto! +Non di questo ch'Ippalca e che 'l fratello +le avea nel core amaramente impresso, +ma dico d'uno annunzio crudo e fello +che le fu dato pochi giorni appresso. +Questo era nulla a paragon di quello +ch'io vi dirò, ma dopo alcun digresso. +Di Rinaldo ho da dir primieramente, +che vêr Parigi vien con la sua gente. +Scontraro il dì seguente invêr la sera +un cavallier ch'avea una donna al fianco, +con scudo e sopravesta tutta nera, +se non che per traverso ha un fregio bianco. +Sfidò alla giostra Ricciardetto, ch'era +dinanzi, e vista avea di guerrier franco: +e quel, che mai nessun ricusar volse, +girò la briglia e spazio a correr tolse. +Senza dir altro, o più notizia darsi +de l'esser lor, si vengono all'incontro. +Rinaldo e gli altri cavallier fermarsi +per veder come seguiria lo scontro. +— Tosto costui per terra ha da versarsi, +se in luogo fermo a mio modo lo incontro — +dicea tra sé medesmo Ricciardetto; +ma contrario al pensier seguì l'effetto: +però che lui sotto la vista offese +di tanto colpo il cavalliero istrano, +che lo levò di sella, e lo distese +più di due lance al suo destrier lontano. +Di vendicarlo incontinente prese +l'assunto Alardo, e ritrovossi al piano +stordito e male acconcio: sì fu crudo +lo scontro fier, che gli spezzò lo scudo. +Guicciardo pone incontinente in resta +l'asta, che vede i duo germani in terra, +ben che Rinaldo gridi: — Resta, resta; +che mia convien che sia la terza guerra: — +ma l'elmo ancor non ha allacciato in testa +sì che Guicciardo al corso si disserra; +né più degli altri si seppe tenere, +e ritrovossi subito a giacere. +Vuol Ricciardo, Viviano e Malagigi, +e l'un prima de l'altro essere in giostra: +ma Rinaldo pon fine ai lor litigi; +ch'inanzi a tutti armato si dimostra, +dicendo loro: — È tempo ire a Parigi; +e saria troppo la tardanza nostra, +s'io volesse aspettar fin che ciascuno +di voi fosse abbattuto ad uno ad uno. — +Dissel tra sé, ma non che fosse inteso, +che saria stato agli altri ingiuria e scorno. +L'uno e l'altro del campo avea già preso, +e si faceano incontra aspro ritorno. +Non fu Rinaldo per terra disteso, +che valea tutti gli altri ch'avea intorno; +le lance si fiaccar, come di vetro, +né i cavallier si piegar oncia a dietro. +L'uno e l'altro cavallo in guisa urtosse, +che gli fu forza in terra a por le groppe. +Baiardo immantinente ridrizzosse, +tanto ch'a pena il correre interroppe. +Sinistramente sì l'altro percosse, +che la spalla e la schena insieme roppe. +Il cavallier che 'l destrier morto vede, +lascia le staffe ed è subito in piede. +Ed al figlio d'Amon, che già rivolto +tornava a lui con la man vota, disse: +— Signore, il buon destrier che tu m'hai tolto, +perché caro mi fu mentre che visse, +mi faria uscir del mio debito molto, +se così invendicato si morisse: +sì che vientene, e fa ciò che tu puoi, +perché battaglia esser convien tra noi. — +Disse Rinaldo a lui: — Se 'l destrier morto, +e non altro ci de' porre a battaglia, +un de' miei ti darò, piglia conforto, +che men del tuo non crederò che vaglia. — +Colui soggiunse: — Tu sei malaccorto, +se creder vuoi che d'un destrier mi caglia. +Ma poi che non comprendi ciò ch'io voglio, +ti spiegherò più chiaramente il foglio. +Vo' dir che mi parria commetter fallo, +se con la spada non ti provassi anco, +e non sapessi s'in quest'altro ballo +tu mi sia pari, o se più vali o manco. +Come ti piace, o scendi, o sta a cavallo: +pur che le man tu non ti tegna al fianco, +io son contento ogni vantaggio darti: +tanto alla spada bramo di provarti. — +Rinaldo molto non lo tenne in lunga, +e disse: — La battaglia ti prometto; +e perché tu sia ardito, e non ti punga +di questi c'ho d'intorno alcun sospetto, +andranno inanzi fin ch'io gli raggiunga; +né meco resterà fuor ch'un valletto +che mi tenga il cavallo: — e così disse +alla sua compagnia che se ne gisse. +La cortesia del paladin gagliardo +commendò molto il cavalliero estrano. +Smontò Rinaldo, e del destrier Baiardo +diede al valletto le redine in mano: +e poi che più non vede il suo stendardo, +il qual di lungo spazio è già lontano, +lo scudo imbraccia e stringe il brando fiero, +e sfida alla battaglia il cavalliero. +E quivi s'incomincia una battaglia +di ch'altra mai non fu più fiera in vista. +Non crede l'un che tanto l'altro vaglia, +che troppo lungamente gli resista. +Ma poi che 'l paragon ben gli ragguaglia, +né l'un de l'altro più s'allegra o attrista, +pongon l'orgoglio ed il furor da parte, +ed al vantaggio loro usano ogn'arte. +S'odon lor colpi dispietati e crudi +intorno rimbombar con suono orrendo, +ora i canti levando a' grossi scudi, +schiodando or piastre, e quando maglie aprendo. +Né qui bisogna tanto che si studi +a ben ferir, quanto a parar, volendo +star l'uno a l'altro par; ch'eterno danno +lor può causar il primo error che fanno. +Durò l'assalto un'ora e più che 'l mezzo +d'un'altra; ed era il sol già sotto l'onde, +ed era sparso il tenebroso rezzo +de l'orizzon fin all'estreme sponde; +né riposato o fatto altro intermezzo +aveano alle percosse furibonde +questi guerrier, che non ira o rancore, +ma tratto all'arme avea disio d'onore. +Rivolve tuttavia tra sé Rinaldo +chi sia l'estrano cavallier sì forte, +che non pur gli sta contra ardito e saldo, +ma spesso il mena a risco de la morte; +e già tanto travaglio e tanto caldo +gli ha posto, che del fin dubita forte: +e volentier, se con suo onor potesse, +vorria che quella pugna rimanesse. +Da l'altra parte il cavallier estrano, +che similmente non avea notizia +che quel fosse il signor di Montalbano, +quel sì famoso in tutta la milizia, +che gli avea incontra con la spada in mano +condotto così poca nimicizia, +era certo che d'uom di più eccellenza +non potesson dar l'arme esperienza. +Vorrebbe de l'impresa esser digiuno, +ch'avea di vendicare il suo cavallo; +e se potesse senza biasmo alcuno, +si trarria fuor del periglioso ballo. +Il mondo era già tanto oscuro e bruno, +che tutti i colpi quasi ivano in fallo. +Poco ferire e men parar sapeano, +ch'a pena in man le spade si vedeano. +Fu quel da Montalbano il primo a dire +che far battaglia non denno allo scuro, +ma quella indugiar tanto e differire, +ch'avesse dato volta il pigro Arturo; +e che può intanto al padiglion venire, +ove di sé non sarà men sicuro, +ma servito, onorato e ben veduto, +quanto in loco ove mai fosse venuto. +Non bisognò a Rinaldo pregar molto, +che 'l cortese baron tenne lo 'nvito. +Ne vanno insieme ove il drappel raccolto +di Montalbano era in sicuro sito. +Rinaldo al suo scudiero avea già tolto +un bel cavallo e molto ben guernito, +a spada e a lancia e ad ogni prova buono, +ed a quel cavallier fattone dono. +Il guerrier peregrin conobbe quello +esser Rinaldo, che venìa con esso; +che prima che giungessero all'ostello, +venuto a caso era a nomar se stesso: +e perché l'un de l'altro era fratello, +si sentìr dentro di dolcezza oppresso, +e di pietoso affetto tocco il core; +e lacrimar per gaudio e per amore. +Questo guerriero era Guidon selvaggio, +che dianzi con Marfisa e Sansonetto +e' figli d'Olivier molto viaggio +avea fatto per mar, come v'ho detto. +Di non veder più tosto il suo lignaggio +il fellon Pinabel gli avea interdetto, +avendol preso e a bada poi tenuto +alla difesa del suo rio statuto. +Guidon, che questo esser Rinaldo udio, +famoso sopra ogni famoso duce, +ch'avuto avea più di veder disio, +che non ha il cieco la perduta luce, +con molto gaudio disse: — O signor mio, +qual fortuna a combatter mi conduce +con voi, che lungamente ho amato ed amo, +e sopra tutto il mondo onorar bramo? +Mi partorì Costanza ne le estreme +ripe del mar Eusino: io son Guidone, +concetto de lo illustre inclito seme, +come ancor voi, del generoso Amone. +Di voi vedere e gli altri nostri insieme +il desiderio è del venir cagione; +e dove mia intenzion fu d'onorarvi, +mi veggo esser venuto a ingiuriarvi. +Ma scusimi apo voi d'un error tanto, +ch'io non ho voi né gli altri conosciuto; +e s'emendar si può, ditemi quanto +far debbo, ch'in ciò far nulla rifiuto. — +Poi che si fu da questo e da quel canto +de' complessi iterati al fin venuto, +rispose a lui Rinaldo: — Non vi caglia +meco scusarvi più de la battaglia: +che per certificarne che voi sète +di nostra antiqua stirpe un vero ramo, +dar miglior testimonio non potete, +che 'l gran valor ch'in voi chiaro proviamo. +Se più pacifiche erano e quiete +vostre maniere, mal vi credevamo; +che la damma non genera il leone, +né le colombe l'aquila o il falcone. — +Non, per andar, di ragionar lasciando, +non di seguir, per ragionar, lor via, +vennero ai padiglioni; ove narrando +il buon Rinaldo alla sua compagnia +che questo era Guidon, che disiando +veder, tanto aspettato aveano pria, +molto gaudio apportò ne le sue squadre; +e parve a tutti assimigliarsi al padre. +Non dirò l'accoglienze che gli fero +Alardo, Ricciardetto e gli altri dui; +che gli fece Viviano ed Aldigiero, +e Malagigi, frati e cugin sui; +ch'ogni signor gli fece e cavalliero; +ciò ch'egli disse a loro, ed essi a lui: +ma vi concluderò che finalmente +fu ben veduto da tutta la gente. +Caro Guidone a' suoi fratelli stato +credo sarebbe in ogni tempo assai; +ma lor fu al gran bisogno ora più grato, +ch'esser potesse in altro tempo mai. +Poscia che 'l nuovo sole incoronato +del mare uscì di luminosi rai, +Guidon coi frati e coi parenti in schiera +se ne tornò sotto la lor bandiera. +Tanto un giorno ed un altro se n'andaro, +che di Parigi alle assediate porte +a men di dieci miglia s'accostaro +in ripa a Senna; ove per buona sorte +Grifone ed Aquilante ritrovaro, +i duo guerrier da l'armatura forte: +Grifone il bianco ed Aquilante il nero, +che partorì Gismonda d'Oliviero. +Con essi ragionava una donzella, +non già di vil condizione in vista, +che di sciamito bianco la gonnella +fregiata intorno avea d'aurata lista; +molto leggiadra in apparenza e bella, +fosse quantunque lacrimosa e trista: +e mostrava ne' gesti e nel sembiante +di cosa ragionar molto importante. +Conobbe i cavallier, come essi lui, +Guidon, che fu con lor pochi dì inanzi; +ed a Rinaldo disse: — Eccovi dui +a cui van pochi di valore inanzi; +e se per Carlo ne verran con nui, +non ne staranno i Saracini inanzi. — +Rinaldo di Guidon conferma il detto, +che l'uno e l'altro era guerrier perfetto. +Gli avea riconosciuti egli non manco; +però che quelli sempre erano usati, +l'un tutto nero, e l'altro tutto bianco +vestir su l'arme, e molto andare ornati. +Da l'altra parte essi conobbero anco +e salutar Guidon, Rinaldo e i frati; +ed abbracciar Rinaldo come amico, +messo da parte ogni lor odio antico. +S'ebbero un tempo in urta e in gran dispetto +per Truffaldin, che fôra lungo a dire; +ma quivi insieme con fraterno affetto +s'accarezzar, tutte obliando l'ire. +Rinaldo poi si volse a Sansonetto, +ch'era tardato un poco più a venire, +e lo raccolse col debito onore, +a pieno istrutto del suo gran valore. +Tosto che la donzella più vicino +vide Rinaldo, e conosciuto l'ebbe +(ch'avea notizia d'ogni paladino), +gli disse una novella che gl'increbbe; +e cominciò: — Signore, il tuo cugino, +a cui la Chiesa e l'alto Imperio debbe, +quel già sì saggio ed onorato Orlando, +è fatto stolto, e va pel mondo errando. +Onde causato così strano e rio +accidente gli sia, non so narrarte. +La sua spada e l'altr'arme ho vedute io, +che per li campi avea gittate e sparte; +e vidi un cavallier cortese e pio +che le andò raccogliendo da ogni parte, +e poi di tutte quelle un arbuscello +fe', a guisa di trofeo, pomposo e bello. +Ma la spada ne fu tosto levata +dal figliuol d'Agricane il dì medesmo. +Tu pòi considerar quanto sia stata +gran perdita alla gente del battesmo +l'essere un'altra volta ritornata +Durindana in poter del paganesmo. +Né Brigliadoro men, ch'errava sciolto +intorno all'arme, fu dal pagan tolto. +Son pochi dì ch'Orlando correr vidi +senza vergogna e senza senno, ignudo, +con urli spaventevoli e con gridi: +ch'è fatto pazzo in somma ti conchiudo; +e non avrei, fuor ch'a questi occhi fidi, +creduto mai sì acerbo caso e crudo. — +Poi narrò che lo vide giù dal ponte +abbracciato cader con Rodomonte. +— A qualunque io non creda esser nimico +d'Orlando (soggiungea) di ciò favello, +acciò ch'alcun di tanti a ch'io lo dico, +mosso a pietà del caso strano e fello, +cerchi o a Parigi o in altro luogo amico +ridurlo, fin che si purghi il cervello. +Ben so, se Brandimarte n'avrà nuova, +sarà per farne ogni possibil prova. — +Era costei la bella Fiordiligi, +più cara a Brandimarte che se stesso, +la qual, per lui trovar, venìa a Parigi: +e de la spada ella suggiunse appresso, +che discordia e contesa e gran litigi +tra il Sericano e 'l Tartaro avea messo; +e ch'avuta l'avea, poi fu casso, +di vita Mandricardo, al fin Gradasso. +Di così strano e misero accidente +Rinaldo senza fin si lagna e duole; +né il core intenerir men se ne sente, +che soglia intenerirsi il ghiaccio al sole: +e con disposta ed immutabil mente, +ovunque Orlando sia, cercar lo vuole, +con speme, poi che ritrovato l'abbia, +di farlo risanar di quella rabbia. +Ma già lo stuolo avendo fatto unire, +sia volontà del cielo o sia aventura, +vuol fare i Saracin prima fuggire, +e liberar le parigine mura. +Ma consiglia l'assalto differire, +che vi par gran vantaggio, a notte scura, +ne la terza vigilia o ne la quarta, +ch'avrà l'acqua di Lete il Sonno sparta. +Tutta la gente alloggiar fece al bosco, +e quivi la posò per tutto 'l giorno; +ma poi che 'l sol, lasciando il mondo fosco, +alla nutrice antiqua fe' ritorno, +ed orsi e capre e serpi senza tosco +e l'altre fere ebbeno il cielo adorno, +che state erano ascose al maggior lampo, +mosse Rinaldo il taciturno campo: +e venne con Grifon, con Aquilante, +con Vivian, con Alardo e con Guidone, +con Sansonetto, agli altri un miglio inante, +a cheti passi e senza alcun sermone. +Trovò dormir l'ascolta d'Agramante: +tutta l'uccise, e non ne fe' un prigione. +Indi arrivò tra l'altra gente Mora, +che non fu visto né sentito ancora. +Del campo d'infedeli a prima giunta +la ritrovata guardia all'improviso +lasciò Rinaldo sì rotta e consunta, +ch'un sol non ne restò, se non ucciso. +Spezzata che lor fu la prima punta, +i Saracin non l'avean più da riso, +che sonnolenti, timidi ed inermi, +poteano a tai guerrier far pochi schermi. +Fece Rinaldo per maggior spavento +dei Saracini, al mover de l'assalto, +a trombe e a corni dar subito vento, +e, gridando, il suo nome alzar in alto. +Spinse Baiardo, e quel non parve lento; +che dentro all'alte sbarre entrò d'un salto, +e versò cavallier, pestò pedoni, +ed atterrò trabacche e padiglioni. +Non fu sì ardito tra il popul pagano, +a cui non s'arricciassero le chiome, +quando sentì Rinaldo e Montalbano +sonar per l'aria, il formidato nome. +Fugge col campo d'Africa l'ispano, +né perde tempo a caricar le some; +ch'aspettar quella furia più non vuole, +ch'aver provata anco si piagne e duole. +Guidon lo segue, e non fa men di lui; +né men fanno i duo figli d'Oliviero, +Alardo e Ricciardetto, e gli altri dui: +col brando Sansonetto apre il sentiero: +Aldigiero e Vivian provar altrui +fan quanto in arme l'uno e l'altro è fiero. +Così fa ognun che segue lo stendardo +di Chiaramonte, da guerrier gagliardo. +Settecento con lui tenea Rinaldo +in Montalbano e intorno a quelle ville, +usati a portar l'arme al freddo e al caldo, +non già più rei dei Mirmidon d'Achille. +Ciascun d'essi al bisogno era sì saldo, +che cento insieme non fuggian per mille; +e se ne potean molti sceglier fuori, +che d'alcun dei famosi eran migliori. +E se Rinaldo ben non era molto +ricco né di città né di tesoro, +facea sì con parole e con buon volto, +e ciò ch'avea partendo ognor con loro, +ch'un di quel numer mai non gli fu tolto +per offerire altrui più somma d'oro. +Questi da Montalban mai non rimuove, +se non lo stringe un gran bisogno altrove. +Ed or, perch'abbia il Magno Carlo aiuto, +lasciò con poca guardia il suo castello. +Tra gli African questo drappel venuto, +questo drappel del cui valor favello, +ne fece quel che del gregge lanuto +sul falanteo Galeso il lupo fello, +o quel che soglia, del barbato, appresso +il barbaro Cinifio, il leon spesso. +Carlo, ch'aviso da Rinaldo avuto +avea che presso era a Parigi giunto, +e che la notte il campo sproveduto +volea assalir, stato era in arme e in punto; +e quando bisognò, venne in aiuto +coi paladini; e ai paladini aggiunto +avea il figliol del ricco Monodante, +di Fiordiligi il fido e saggio amante; +ch'ella più giorni per sì lunga via +cercato avea per tutta Francia invano. +Quivi all'insegne che portar solia, +fu da lei conosciuto di lontano. +Come lei Brandimarte vide pria, +lasciò la guerra, e tornò tutto umano, +e corse ad abbracciarla; e d'amor pieno, +mille volte baciolla o poco meno. +De le lor donne e de le lor donzelle +si fidar molto a quella antica etade. +Senz'altra scorta andar lasciano quelle +per piani e monti e per strane contrade; +ed al ritorno l'han per buone e belle, +né mai tra lor suspizione accade. +Fiordiligi narrò quivi al suo amante, +che fatto stolto era il signor d'Anglante. +Brandimarte sì strana e ria novella +credere ad altri a pena avria potuto; +ma lo credette a Fiordiligi bella, +a cui già maggior cose avea creduto. +Non pur d'averlo udito gli dice ella, +ma che con gli occhi propri l'ha veduto +(c'ha conoscenza e pratica d'Orlando, +quanto alcun altro), e dice dove e quando +E gli narra del ponte periglioso, +che Rodomonte ai cavallier difende, +ove un sepolcro adorna e fa pomposo +di sopraveste e d'arme di chi prende. +Narra c'ha visto Orlando furioso +far cose quivi orribili e stupende; +che nel fiume il pagan mandò riverso, +con gran periglio di restar summerso. +Brandimarte, che 'l conte amava quanto +si può compagno amar, fratello o figlio, +disposto di cercarlo, e di far tanto, +non ricusando affanno né periglio, +che per opra di medico o d'incanto +si ponga a quel furor qualche consiglio, +così come trovossi armato in sella, +si mise in via con la sua donna bella. +Verso la parte ove la donna il conte +avea veduto, il lor camin drizzaro, +di giornata in giornata, fin ch'al ponte +che guarda il re d'Algier, si ritrovaro. +La guardia ne fe' segno a Rodomonte; +e gli scudieri a un tempo gli arrecaro +l'arme e il cavallo: e quel si trovò in punto, +quando fu Brandimarte al passo giunto. +Con voce qual conviene al suo furore +il Saracino a Brandimarte grida: +— Qualunque tu ti sia, che, per errore +di via o di mente, qui tua sorte guida, +scendi e spogliati l'arme, e fanne onore +al gran sepolcro, inanzi ch'io t'uccida, +e che vittima all'ombre tu sia offerto: +ch'io 'l farò poi, né te n'avrò alcun merto. — +Non volse Brandimarte a quell'altiero +altra risposta dar, che de la lancia. +Sprona Batoldo, il suo gentil destriero, +e inverso quel con tanto ardir si lancia, +che mostra che può star d'animo fiero +con qual si voglia al mondo alla bilancia: +e Rodomonte, con la lancia in resta, +lo stretto ponte a tutta briglia pesta. +Il suo destrier ch'avea continuo uso +d'andarvi sopra, e far di quel sovente +quando uno e quando un altro cader giuso, +alla giostra correa sicuramente; +l'altro, del corso insolito confuso, +venìa dubbioso, timido e tremente. +Trema anco il ponte, e par cader ne l'onda, +oltre che stretto e che sia senza sponda. +I cavallier, di giostra ambi maestri, +che le lance avean grosse come travi, +tali qual fur nei lor ceppi silvestri, +si dieron colpi non troppo soavi. +Ai lor cavalli esser possenti e destri +non giovò molto agli aspri colpi e gravi; +che si versar di pari ambi sul ponte, +e seco i signor lor tutti in un monte. +Nel volersi levar con quella fretta +che lo spronar de' fianchi insta e richiede, +l'asse del ponticel lor fu sì stretta, +che non trovaro ove fermare il piede; +sì che una sorte uguale ambi li getta +ne l'acqua; e gran rimbombo al ciel ne riede, +simile a quel ch'uscì del nostro fiume, +quando ci cadde il mal rettor del lume. +I duo cavalli con tutto 'l pondo +dei cavallier, che steron fermi in sella, +a cercar la rivera insin al fondo, +se v'era ascosa alcuna ninfa bella. +Non è già il primo salto né 'l secondo, +che giù del ponte abbia il pagano in quella +onda spiccato col destrero audace; +però sa ben come quel fondo giace: +sa dove è saldo e sa dove è più molle, +sa dove è l'acqua bassa e dove è l'alta. +Dal fiume il capo e il petto e i fianchi estolle, +e Brandimarte a gran vantaggio assalta. +Brandimarte il corrente in giro tolle: +ne la sabbia il destrier, che 'l fondo smalta, +tutto si ficca, e non può riaversi, +con rischio di restarvi ambi sommersi. +L'onda si leva e li fa andar sozzopra, +e dove è più profonda li trasporta: +va Brandimarte sotto, e 'l destrier sopra. +Fiordiligi dal ponte afflitta e smorta +e le lacrime e i voti e i prieghi adopra: +— Ah Rodomonte, per colei che morta +tu riverisci, non esser sì fiero, +ch'affogar lasci un tanto cavalliero! +Deh, cortese signor, s'unque tu amasti, +di me, ch'amo costui, pietà ti vegna. +Di farlo tuo prigion, per Dio, ti basti; +che s'orni il sasso tuo di quella insegna, +di quante spoglie mai tu gli arrecasti, +questa fia la più bella e la più degna. — +E seppe sì ben dir, ch'ancor che fosse +sì crudo il re pagan, pur lo commosse; +e fe' che 'l suo amator ratto soccorse, +che sotto acqua il destrier tenea sepolto, +e de la vita era venuto in forse, +e senza sete avea bevuto molto. +Ma aiuto non però prima gli porse, +che gli ebbe il brando e dipoi l'elmo tolto. +De l'acqua mezzo morto il trasse, e porre +con molti altri lo fe' ne la sua torre. +Fu ne la donna ogni allegrezza spenta, +quando prigion vide il suo amante gire; +ma di questo pur meglio si contenta, +che di vederlo nel fiume perire. +Di se stessa, e non d'altri, si lamenta, +che fu cagion di farlo ivi venire, +per averli narrato ch'avea il conte +riconosciuto al periglioso ponte. +Quindi si parte, avendo già concetto +di menarvi Rinaldo paladino, +o il Selvaggio Guidone, o Sansonetto, +o altri de la corte di Pipino, +in acqua e in terra cavallier perfetto +da poter contrastar col Saracino; +se non più forte, almen più fortunato +che Brandimarte suo non era stato. +Va molti giorni, prima che s'abbatta +in alcun cavallier ch'abbia sembiante +d'esser come lo vuol, perché combatta +col Saracino e liberi il suo amante. +Dopo molto cercar di persona atta +al suo bisogno, un le vien pur avante, +che sopravesta avea ricca ed ornata, +a tronchi di cipressi ricamata. +Chi costui fosse, altrove ho da narrarvi; +che prima ritornar voglio a Parigi, +e de la gran sconfitta seguitarvi, +ch'a' Mori diè Rinaldo e Malagigi. +Quei che fuggiro io non saprei contarvi, +né quei che fur cacciati ai fiumi stigi. +Levò a Turpino il conto l'aria oscura, +che di contarli s'avea preso cura. +Nel primo sonno dentro al padiglione +dormia Agramante; e un cavallier lo desta, +dicendogli che fia fatto prigione, +se la fuga non è via più che presta. +Guarda il re intorno, e la confusione +vede dei suoi, che van senza far testa +chi qua chi là fuggendo inermi e nudi, +che non han tempo di pur tor gli scudi. +Tutto confuso e privo di consiglio +si facea porre indosso la corazza, +quando con Falsiron vi giunse il figlio, +Grandonio e Balugante e quella razza; +e al re Agramante mostrano il periglio +di restar morto o preso in quella piazza: +e che può dir, se salva la persona, +che Fortuna gli sia propizia e buona. +Così Marsilio e così il buon Sobrino, +e così dicon gli altri ad una voce, +ch'a sua distruzion tanto è vicino, +quanto a Rinaldo il qual ne vien veloce; +che s'aspetta che giunga il paladino +con tanta gente, e un uom tanto feroce, +render certo si può ch'egli e i suo' amici +rimarran morti, o in man degli nimici. +Ma ridur si può in Arli o sia in Narbona +con quella poca gente c'ha d'intorno; +che l'una e l'altra terra è forte e buona +da mantener la guerra più d'un giorno: +e quando salva sia la sua persona, +si potrà vendicar di questo scorno, +rifacendo l'esercito in un tratto, +onde al fin Carlo ne sarà disfatto. +Il re Agramante al parer lor s'attenne, +ben che 'l partito fosse acerbo e duro. +Andò verso Arli, e parve aver le penne, +per quel camin che più trovò sicuro. +Oltre alle guide, in gran favor gli venne +che la partita fu per l'aer scuro. +Ventimila tra d'Africa e di Spagna +fur, ch'a Rinaldo uscir fuor de la ragna. +Quei ch'egli uccise e quei che i suoi fratelli, +quei che i duo figli del signor di Vienna, +quei che provaro empi nimici e felli +i settecento a cui Rinaldo accenna, +e quei che spense Sansonetto, e quelli +che ne la fuga s'affogaro in Senna, +chi potesse contar, conteria ancora +ciò che sparge d'april Favonio e Flora. +Istima alcun che Malagigi parte +ne la vittoria avesse de la notte; +non che di sangue le campagne sparte +fosser per lui, né per lui teste rotte: +ma che gl'infernali angeli per arte +facesse uscir da le tartaree grotte, +e con tante bandiere e tante lance, +ch'insieme più non ne porrian due France; +e che facesse udir tanti metalli, +tanti tamburi e tanti varii suoni, +tanti anitriri in voce di cavalli, +tanti gridi e tumulti di pedoni, +che risonare e piani e monti e valli +dovean de le longique regioni: +ed ai Mori con questo un timor diede, +che li fece voltare in fuga il piede. +Non si scordò il re d'Africa Ruggiero, +ch'era ferito e stava ancora grave. +Quanto poté più acconcio s'un destriero +lo fece por, ch'avea l'andar soave; +e poi che l'ebbe tratto ove il sentiero +fu più sicuro, il fe' posar in nave, +e verso Arli portar commodamente, +dove s'avea a raccor tutta la gente. +Quei ch'a Rinaldo e a Carlo dier le spalle +(fur, credo, centomila o poco manco), +per campagne, per boschi e monte e valle +cercaro uscir di man del popul franco; +ma la più parte trovò chiuso il calle, +e fece rosso ov'era verde e bianco. +Così non fece il re di Sericana, +ch'avea da lor la tenda più lontana: +anzi, come egli sente che 'l signore +di Montalbano è questo che gli assalta, +gioisce di tal iubilo nel core, +che qua e là per allegrezza salta. +Loda e ringrazia il suo sommo Fattore, +che quella notte gli occorra tant'alta +e sì rara aventura d'acquistare +Baiardo, quel destrier che non ha pare. +Avea quel re gran tempo desiato +(credo ch'altrove voi l'abbiate letto) +d'aver la buona Durindana a lato, +e cavalcar quel corridor perfetto. +E già con più di centomila armato +era venuto in Francia a questo effetto; +e con Rinaldo già sfidato s'era +per quel cavallo alla battaglia fiera; +e sul lito del mar s'era condutto +ove dovea la pugna diffinire: +ma Malagigi a turbar venne il tutto, +che fe' il cugin, mal grado suo, partire, +avendol sopra un legno in mar ridutto. +Lungo saria tutta l'istoria dire. +Da indi in qua stimò timido e vile +sempre Gradasso il paladin gentile. +Or che Gradasso esser Rinaldo intende +costui ch'assale il campo, se n'allegra. +Si veste l'arme, e la sua alfana prende, +e cercando lo va per l'aria negra: +e quanti ne riscontra, a terra stende; +ed in confuso lascia afflitta ed egra +la gente, o sia di Libia o sia di Francia: +tutti li mena a un par la buona lancia. +Lo va di qua di là tanto cercando, +chiamando spesso e quanto può più forte, +e sempre a quella parte declinando, +ove più folte son le genti morte, +ch'al fin s'incontra in lui brando per brando +poi che le lance loro ad una sorte +eran salite in mille schegge rotte +sin al carro stellato de la Notte. +Quando Gradasso il paladin gagliardo +conosce, e non perché ne vegga insegna, +ma per gli orrendi colpi e per Baiardo, +che par che sol tutto quel campo tegna; +non è, gridando, a improverargli tardo +la prova che di sé fece non degna: +ch'al dato campo il giorno non comparse, +che tra lor la battaglia dovea farse. +Suggiunse poi: — Tu forse avevi speme, +se potevi nasconderti quel punto, +che non mai più per raccozzarci insieme +fossimo al mondo: or vedi ch'io t'ho giunto. +Sie certo, se tu andassi ne l'estreme +fosse di Stige, o fossi in cielo assunto, +ti seguirò, quando abbi il destrier teco, +ne l'alta luce e giù nel mondo cieco. +Se d'aver meco a far non ti dà il core, +e vedi già che non puoi starmi a paro, +e più stimi la vita che l'onore, +senza periglio ci puoi far riparo, +quando mi lasci in pace il corridore; +e viver puoi, se sì t'è il viver caro: +ma vivi a piè, che non merti cavallo, +s'alla cavalleria fai sì gran fallo. — +A quel parlar si ritrovò presente +con Ricciardetto il cavallier Selvaggio; +e le spade ambi trassero ugualmente, +per far parere il Serican mal saggio. +Ma Rinaldo s'oppose immantinente, +e non patì che se gli fêsse oltraggio, +dicendo: — Senza voi dunque non sono +a chi m'oltraggia per risponder buono? — +Poi se ne ritornò verso il pagano, +e disse: — Odi, Gradasso; io voglio farte, +e tu m'ascolti, manifesto e piano +ch'io venni alla marina a ritrovarte: +e poi ti sosterrò con l'arme in mano, +che t'avrò detto il vero in ogni parte; +e sempre che tu dica mentirai, +ch'alla cavalleria mancass'io mai. +Ma ben ti priego che prima che sia +pugna tra noi, che pianamente intenda +la giustissima e vera scusa mia, +acciò ch'a torto più non mi riprenda; +e poi Baiardo al termine di pria +tra noi vorrò ch'a piedi si contenda +da solo a solo in solitario lato, +sì come a punto fu da te ordinato. — +Era cortese il re di Sericana, +come ogni cor magnanimo esser suole; +ed è contento udir la cosa piana, +e come il paladin scusar si vuole. +Con lui ne viene in ripa alla fiumana, +ove Rinaldo in semplici parole +alla sua vera istoria trasse il velo, +e chiamò in testimonio tutto 'l cielo: +e poi chiamar fece il figliuol di Buovo, +l'uom che di questo era informato a pieno, +ch'a parte a parte replicò di nuovo +l'incanto suo, né disse più né meno. +Soggiunse poi Rinaldo: — Ciò ch'io provo +col testimonio, io vo' che l'arme sieno, +che ora e in ogni tempo che ti piace, +te n'abbiano a far prova più verace. — +Il re Gradasso, che lasciar non volle +per la seconda la querela prima, +le scuse di Rinaldo in pace tolle, +ma se son vere o false in dubbio stima. +Non tolgon campo più sul lito molle +di Barcelona, ove lo tolser prima; +ma s'accordaro per l'altra matina +trovarsi a una fontana indi vicina: +ove Rinaldo seco abbia il cavallo, +che posto sia communemente in mezzo: +se 'l re uccide Rinaldo o il fa vassallo, +se ne pigli il destrier senz'altro mezzo, +ma se Gradasso è quel che faccia fallo, +che sia condotto all'ultimo ribrezzo, +o, per più non poter, che gli si renda, +da lui Rinaldo Durindana prenda. +Con maraviglia molta e più dolore +(come v'ho detto) avea Rinaldo udito +da Fiordiligi bella, ch'era fuore +de l'intelletto il suo cugino uscito. +Avea de l'arme inteso anco il tenore, +e del litigio che n'era seguito; +e ch'in somma Gradasso avea quel brando +ch'ornò di mille e mille palme Orlando. +Poi che furon d'accordo, ritornosse +il re Gradasso ai servitori sui +ben che dal paladin pregato fosse +che ne venisse ad alloggiar con lui. +Come fu giorno, il re pagano armosse; +così Rinaldo: e giunsero ambedui +ove dovea non lungi alla fontana +combattersi Baiardo e Durindana. +De la battaglia che Rinaldo avere +con Gradasso dovea da solo a solo, +parean gli amici suoi tutti temere, +e inanzi il caso ne faceano il duolo. +Molto ardir, molta forza, alto sapere +avea Gradasso; ed or che del figliuolo +del gran Milone avea la spada al fianco, +di timor per Rinaldo era ognun bianco. +E più degli altri il frate di Viviano +stava di questa pugna in dubbio e in tema, +ed anco volentier vi porria mano +per farla rimaner d'effetto scema: +ma non vorria che quel da Montalbano +seco venisse a inimicizia estrema; +ch'anco avea di quell'altra seco sdegno, +che gli turbò, quando il levò sul legno. +Ma stiano gli altri in dubbio, in tema, in doglia: +Rinaldo se ne va lieto e sicuro, +sperando ch'ora il biasmo se gli toglia, +ch'avere a torto gli parea pur duro; +sì che quei da Pontieri e d'Altafoglia +faccia cheti restar, come mai furo. +Va con baldanza e sicurtà di core +di riportarne il trionfale onore. +Poi che l'un quinci e l'altro quindi giunto +fu quasi a un tempo in su la chiara fonte, +s'accarezzaro, e fero a punto a punto +così serena ed amichevol fronte, +come di sangue e d'amistà congiunto +fosse Gradasso a quel di Chiaramonte. +Ma come poi s'andassero a ferire, +vi voglio a un'altra volta differire. Soviemmi che cantar io vi dovea +(già lo promisi, e poi m'uscì di mente) +d'una sospizion che fatto avea +la bella donna di Ruggier dolente, +de l'altra più spiacevole e più rea, +e di più acuto e venenoso dente, +che per quel ch'ella udì da Ricciardetto, +a devorare il cor l'entrò nel petto. +Dovea cantarne, ed altro incominciai, +perché Rinaldo in mezzo sopravenne; +e poi Guidon mi diè che fare assai, +che tra camino a bada un pezzo il tenne. +D'una cosa in un'altra in modo entrai, +che mal di Bradamante mi sovenne: +sovienmene ora, e vo' narrarne inanti +che di Rinaldo e di Gradasso io canti. +Ma bisogna anco, prima ch'io ne parli, +che d'Agramante io vi ragioni un poco, +ch'avea ridutte le reliquie in Arli, +che gli restar del gran notturno fuoco, +quando a raccor lo sparso campo e a darli +soccorso e vettovaglie era atto il loco: +l'Africa incontra, e la Spagna ha vicina, +ed è in sul fiume assiso alla marina. +Per tutto 'l regno fa scriver Marsilio +gente a piedi e a cavallo, e trista e buona. +Per forza e per amore ogni navilio +atto a battaglia s'arma in Barcelona. +Agramante ogni dì chiama a concilio; +né a spesa né a fatica si perdona. +Intanto gravi esazioni e spesse +tutte hanno le città d'Africa oppresse. +Egli ha fatto offerire a Rodomonte, +perché ritorni (ed impetrar nol puote), +una cugina sua, figlia d'Almonte, +e 'l bel regno d'Oran dargli per dote. +Non si volse l'altier muover dal ponte, +ove tant'arme e tante selle vote +di quei che son già capitati al passo +ha ragunate, che ne cuopre il sasso. +Già non volse Marfisa imitar l'atto +di Rodomonte: anzi com'ella intese +ch'Agramante da Carlo era disfatto, +sue genti morte, saccheggiate e prese, +e che con pochi in Arli era ritratto, +senza aspettare invito, il camin prese: +venne in aiuto de la sua corona, +e l'aver gli proferse e la persona. +E gli menò Brunello, e gli ne fece +libero dono, il qual non avea offeso: +l'avea tenuto dieci giorni e diece +notti sempre in timor d'essere appeso; +e poi che né con forza né con prece +da nessun vide il patrocinio preso, +in sì sprezzato sangue non si volse +bruttar l'altiere mani, e lo disciolse. +Tutte l'antique ingiurie gli remesse, +e seco in Arli ad Agramante il trasse. +Ben dovete pensar che gaudio avesse +il re di lei ch'ad aiutarlo andasse: +e del gran conto ch'egli ne facesse, +volse che Brunel prova le mostrasse; +che quel di ch'ella gli avea fatto cenno, +di volerlo impiccar, fe' da buon senno. +Il manigoldo, in loco inculto ed ermo, +pasto di corvi e d'avoltoi lasciollo. +Ruggier ch'un'altra volta gli fu schermo, +e che 'l laccio gli avria tolto dal collo, +la giustizia di Dio fa ch'ora infermo +s'è ritrovato, ed aiutar non puollo: +e quando il seppe, era già il fatto occorso; +sì che restò Brunel senza soccorso. +Intanto Bradamante iva accusando +che così lunghi sian quei venti giorni, +li quai finiti, il termine era quando +a lei Ruggiero ed alla fede torni. +A chi aspetta di carcere o di bando +uscir, non par che 'l tempo più soggiorni +a dargli libertade, o de l'amata +patria vista gioconda e disiata. +In quel duro aspettare ella talvolta +pensa ch'Eto e Piròo sia fatto zoppo; +o sia la ruota guasta, ch'a dar volta +le par che tardi, oltr'all'usato, troppo. +Più lungo di quel giorno a cui, per molta +fede, nel cielo il giusto Ebreo fe' intoppo, +più de la notte ch'Ercole produsse, +parea lei ch'ogni notte, ogni dì fusse. +Oh quante volte da invidiar le diero +e gli orsi e i ghiri e i sonnacchiosi tassi! +che quel tempo voluto avrebbe intero +tutto dormir, che mai non si destassi; +né potere altro udir, fin che Ruggiero +dal pigro sonno lei non richiamassi. +Ma non pur questo non può far, ma ancora +non può dormir di tutta notte un'ora. +Di qua di là va le noiose piume +tutte premendo, e mai non si riposa. +Spesso aprir la finestra ha per costume, +per veder s'anco di Titon la sposa +sparge dinanzi al matutino lume +il bianco giglio e la vermiglia rosa: +non meno ancor, poi che nasciuto è 'l giorno, +brama vedere il ciel di stelle adorno. +Poi che fu quattro o cinque giorni appresso +il termine a finir, piena di spene +stava aspettando d'ora in ora il messo +che le apportasse: — Ecco Ruggier che viene. — +Montava sopra un'alta torre spesso, +ch'i folti boschi e le campagne amene +scopria d'intorno, e parte de la via +onde di Francia a Montalban si gìa. +Se di lontano o splendor d'arme vede, +o cosa tal ch'a cavallier simiglia, +che sia il suo disiato Ruggier crede, +e rasserena i begli occhi e le ciglia; +se disarmato o viandante a piede, +che sia messo di lui speranza piglia: +e se ben poi fallace la ritrova, +pigliar non cessa una ed un'altra nuova. +Credendolo incontrar, talora armossi, +scese dal monte e giù calò nel piano; +né lo trovando, si sperò che fossi +per altra strada giunto a Montalbano: +e col disir con ch'avea i piedi mossi +fuor del castel, ritornò dentro invano. +Né qua né là trovollo; e passò intanto +il termine aspettato da lei tanto. +Il termine passò d'uno, di dui, +di tre giorni, di sei, d'otto e di venti; +né vedendo il suo sposo, né di lui +sentendo nuova, incominciò lamenti +ch'avrian mosso a pietà nei regni bui +quelle Furie crinite di serpenti; +e fece oltraggio a' begli occhi divini, +al bianco petto, all'aurei crespi crini. +— Dunque fia ver (dicea) che mi convegna +cercare un che mi fugge e mi s'asconde? +Dunque debbo prezzare un che mi sdegna? +Debbo pregar chi mai non mi risponde? +Patirò che chi m'odia, il cor mi tegna? +un che sì stima sue virtù profonde, +che bisogno sarà che dal ciel scenda +immortal dea che 'l cor d'amor gli accenda. +Sa questo altier ch'io l'amo e ch'io l'adoro, +né mi vuol per amante né per serva. +Il crudel sa che per lui spasmo e moro, +e dopo morte a darmi aiuto serva. +E perché io non gli narri il mio martoro +atto a piegar la sua voglia proterva, +da me s'asconde, come aspide suole, +che, per star empio, il canto udir non vuole. +Deh, ferma, Amor, costui che così sciolto +dinanzi al lento mio correr s'affretta; +o tornami nel grado onde m'hai tolto +quando né a te né ad altri era suggetta! +Deh, come è il mio sperar fallace e stolto, +ch'in te con prieghi mai pietà si metta; +che ti diletti, anzi ti pasci e vivi +di trar dagli occhi lacrimosi rivi! +Ma di che debbo lamentarmi, ahi lassa +fuor che del mio desire irrazionale? +ch'alto mi leva, e sì ne l'aria passa, +ch'arriva in parte ove s'abbrucia l'ale; +poi non potendo sostener, mi lassa +dal ciel cader: né qui finisce il male; +che le rimette, e di nuovo arde: ond'io +non ho mai fine al precipizio mio. +Anzi via più che del disir, mi deggio +di me doler, che sì gli apersi il seno; +onde cacciata ha la ragion di seggio, +ed ogni mio poter può di lui meno. +Quel mi trasporta ognor di male in peggio, +né lo posso frenar, che non ha freno: +e mi fa certa che mi mena a morte, +perch'aspettando il mal noccia più forte. +Deh perché voglio anco di me dolermi? +Ch'error, se non d'amarti, unqua commessi? +Che maraviglia, se fragili e infermi +feminil sensi fur subito oppressi? +Perché dovev'io usar ripari e schermi +che la somma beltà non mi piacessi, +gli alti sembianti e le sagge parole? +Misero è ben chi veder schiva il sole! +Ed oltre al mio destino, io ci fui spinta +da le parole altrui degne di fede: +somma felicità mi fu dipinta, +ch'esser dovea di questo amor mercede. +Se la persuasione, ohimè! fu finta, +se fu inganno il consiglio che mi diede +Merlin, posso di lui ben lamentarmi, +ma non d'amar Ruggier posso ritrarmi. +Di Merlin posso e di Melissa insieme +dolermi, e mi dorrò d'essi in eterno, +che dimostrare i frutti del mio seme +mi fero dagli spirti de lo 'nferno, +per pormi sol con questa falsa speme +in servitù; né la cagion discerno, +se non ch'erano forse invidiosi +dei miei dolci, sicuri, almi riposi. — +Sì l'occupa il dolor, che non avanza +loco ove in lei conforto abbia ricetto; +ma, mal grado di quel, vien la speranza +e vi vuole alloggiare in mezzo il petto, +rifrescandole pur la rimembranza +di quel ch'al suo partir l'ha Ruggier detto: +e vuol, contra il parer degli altri affetti, +che d'ora in ora il suo ritorno aspetti. +Questa speranza dunque la sostenne, +finito i venti giorni, un mese appresso; +sì che il dolor sì forte non le tenne, +come tenuto avria, l'animo oppresso. +Un dì che per la strada se ne venne, +che per trovar Ruggier solea far spesso, +novella udì la misera, ch'insieme +fe' dietro all'altro ben fuggir la speme. +Venne a incontrare un cavallier guascone +che dal campo african venìa diritto, +ove era stato da quel dì prigione, +che fu inanzi a Parigi il gran conflitto. +Da lei fu molto posto per ragione, +fin che si venne al termine prescritto. +Domandò di Ruggiero, e in lui fermosse; +né fuor di questo segno più si mosse. +Il cavallier buon conto ne rendette, +che ben conoscea tutta quella corte: +e narrò di Ruggier, che contrastette +da solo a solo a Mandricardo forte; +e come egli l'uccise, e poi ne stette +ferito più d'un mese presso a morte: +e s'era la sua istoria qui conclusa, +fatto avria di Ruggier la vera escusa. +Ma come poi soggiunse, una donzella +esser nel campo, nomata Marfisa, +che men non era che gagliarda, bella, +né meno esperta d'arme in ogni guisa; +che lei Ruggiero amava e Ruggiero ella, +ch'egli da lei, ch'ella da lui divisa +si vedea raro, e ch'ivi ognuno crede +che s'abbiano tra lor data la fede; +e che come Ruggier si faccia sano, +il matrimonio publicar si deve; +e ch'ogni re, ogni principe pagano +gran piacere e letizia ne riceve, +che de l'uno e de l'altro sopraumano +conoscendo il valor, sperano in breve +far una razza d'uomini da guerra +la più gagliarda che mai fosse in terra; +credea il Guascon quel che dicea, non senza +cagion; che ne l'esercito de' Mori +openione e universal credenza, +e publico parlar n'era di fuori. +I molti segni di benivolenza +stati tra lor facean questi romori; +che tosto o buona o ria che la fama esce +fuor d'una bocca, in infinito cresce. +L'esser venuta a' Mori ella in aita +con lui, né senza lui comparir mai, +avea questa credenza stabilita; +ma poi l'avea accresciuta pur assai, +ch'essendosi del campo già partita +portandone Brunel (come io contai), +senza esservi d'alcuno richiamata, +sol per veder Ruggier v'era tornata. +Sol per lui visitar, che gravemente +languia ferito, in campo venuta era, +non una sola volta, ma sovente; +vi stava il giorno e si partia la sera: +e molto più da dir dava alla gente, +ch'essendo conosciuta così altiera, +che tutto 'l mondo a sé le parea vile, +solo a Ruggier fosse benigna e umile; +come il Guascon questo affermò per vero, +fu Bradamante da cotanta pena, +da cordoglio assalita così fiero, +che di quivi cader si tenne a pena. +Voltò, senza far motto, il suo destriero, +di gelosia, d'ira e di rabbia piena; +e da sé discacciata ogni speranza, +ritornò furibonda alla sua stanza. +E senza disarmarsi, sopra il letto, +col viso volta in giù, tutta si stese, +ove per non gridar, sì che sospetto +di sé facesse, i panni in bocca prese; +e ripetendo quel che l'avea detto +il cavalliero, in tal dolor discese, +che più non lo potendo sofferire, +fu forza a disfogarlo, e così a dire: +— Misera! a chi mai più creder debb'io? +Vo' dir ch'ognuno è perfido e crudele, +se perfido e crudel sei, Ruggier mio, +che sì pietoso tenni e sì fedele. +Qual crudeltà, qual tradimento rio +unqua s'udì per tragiche querele, +che non trovi minor, se pensar mai +al mio merto e al tuo debito vorai? +Perché, Ruggier, come di te non vive +cavallier di più ardir, di più bellezza, +né che a gran pezzo al tuo valore arrive, +né a' tuoi costumi, né a tua gentilezza; +perché non fai che fra tue illustri e dive +virtù, si dica ancor ch'abbi fermezza? +si dica ch'abbi inviolabil fede? +a chi ogn'altra virtù s'inchina e cede. +Non sai che non compar, se non v'è quella, +alcun valore, alcun nobil costume? +come né cosa (e sia quanto vuol bella) +si può vedere ove non splenda lume. +Facil ti fu ingannare una donzella +di cui tu signore eri, idolo e nume, +a cui potevi far con tue parole +creder che fosse oscuro e freddo il sole. +Crudel, di che peccato a doler t'hai, +se d'uccider chi t'ama non ti penti? +Se 'l mancar di tua fé sì leggier fai, +di ch'altro peso il cor gravar ti senti? +Come tratti il nimico, se tu dai +a me, che t'amo sì, questi tormenti? +Ben dirò che giustizia in ciel non sia, +s'a veder tardo la vendetta mia. +Se d'ogn'altro peccato assai più quello +de l'empia ingratitudine l'uomo grava, +e per questo dal ciel l'angel più bello +fu relegato in parte oscura e cava; +e se gran fallo aspetta gran flagello +quando debita emenda il cor non lava; +guarda ch'aspro flagello in te non scenda, +che mi se' ingrato e non vuoi farne emenda. +Di furto ancora, oltre ogni vizio rio, +di te, crudele, ho da dolermi molto. +Che tu mi tenga il cor, non ti dico io; +di questo io vo' che tu ne vada assolto: +dico di te, che t'eri fatto mio +e poi contra ragion mi ti sei tolto. +Renditi, iniquo, a me; che tu sai bene +che non si può salvar chi l'altrui tiene. +Tu m'hai, Ruggier, lasciata: io te non voglio, +né lasciarti volendo anco potrei; +ma per uscir d'affanno e di cordoglio, +posso e voglio, finire i giorni miei. +Di non morirti in grazia sol mi doglio; +che se concesso m'avessero i dei +ch'io fossi morta quando t'era grata, +morte non fu giamai tanto beata. — +Così dicendo, di morir disposta, +salta dal letto, e di rabbia infiammata +si pon la spada alla sinistra costa; +ma si ravvede poi che tutta è armata. +Il miglior spirto in questo le s'accosta, +e nel cor le ragiona: — O donna nata +di tant'alto lignaggio, adunque vuoi +finir con sì gran biasmo i giorni tuoi? +Non è meglio ch'al campo tu ne vada, +ove morir si può con laude ognora? +Quivi, s'avvien ch'inanzi a Ruggier cada, +del morir tuo si dorrà forse ancora: +ma s'a morir t'avvien per la sua spada, +chi sarà mai che più contenta muora? +Ragione è ben che di vita ti privi, +poi ch'è cagion ch'in tanta pena vivi. +Verrà forse anco che prima che muori +farai vendetta di quella Marfisa +che t'ha con fraudi e disonesti amori, +da te Ruggiero alienando, uccisa. — +Questi pensieri parveno migliori +alla donzella; e tosto una divisa +si fe' su l'arme, che volea inferire +disperazione e voglia di morire. +Era la sopraveste del colore +in che riman la foglia che s'imbianca +quando del ramo è tolta, o che l'umore +che facea vivo l'arbore le manca. +Ricamata a tronconi era, di fuore, +di cipresso che mai non si rinfranca, +poi ch'ha sentita la dura bipenne; +l'abito al suo dolor molto convenne. +Tolse il destrier ch'Astolfo aver solea, +e quella lancia d'or, che, sol toccando, +cader di sella i cavallier facea. +Perché la le diè Astolfo, e dove e quando, +e da chi prima avuta egli l'avea, +non credo che bisogni ir replicando. +Ella la tolse, non però sapendo +che fosse del valor ch'era, stupendo. +Senza scudiero e senza compagnia +scese dal monte, e si pose in camino +verso Parigi alla più dritta via, +ove era dianzi il campo saracino; +che la novella ancora non s'udia, +che l'avesse Rinaldo paladino, +aiutandolo Carlo e Malagigi, +fatto tor da l'assedio di Parigi. +Lasciati avea i Cadurci e la cittade +di Caorse alle spalle, e tutto 'l monte +ove nasce Dordona, e le contrade +scopria di Monferrante e di Clarmonte, +quando venir per le medesme strade +vide una donna di benigna fronte, +ch'uno scudo all'arcione avea attaccato; +e le venian tre cavallieri a lato. +Altre donne e scudier venivano anco, +qual dietro e qual dinanzi, in lunga schiera. +Domandò ad un che le passò da fianco, +la figlia d'Amon, chi la donna era; +e quel le disse: — Al re del popul franco +questa donna, mandata messaggera +fin di là dal polo artico, è venuta +per lungo mar da l'Isola Perduta. +Altri Perduta, altri ha nomata Islanda +l'isola, donde la regina d'essa, +di beltà sopra ogni beltà miranda, +dal ciel non mai, se non a lei, concessa, +lo scudo che vedete, a Carlo manda; +ma ben con patto e condizione espressa, +ch'al miglior cavallier lo dia, secondo +il suo parer, ch'oggi si trovi al mondo. +Ella, come si stima, e come in vero +è la più bella donna che mai fosse, +così vorria trovare un cavalliero +che sopra ogn'altro avesse ardire e posse: +perché fondato e fisso è il suo pensiero, +da non cader per centomila scosse, +che sol chi terrà in arme il primo onore, +abbia d'esser suo amante e suo signore. +Spera ch'in Francia, alla famosa corte +di Carlo Magno, il cavallier si trove, +che d'esser più d'ogn'altro ardito e forte +abbia fatto veder con mille prove. +I tre che son con lei come sue scorte, +re sono tutti, e dirovvi anco dove: +uno in Svezia, uno in Gotia, in Norvegia uno, +che pochi pari in arme hanno o nessuno. +Questi tre, la cui terra non vicina, +ma men lontana è all'Isola Perduta +(detta così, perché quella marina +da pochi naviganti è conosciuta), +erano amanti, e son, de la regina, +e a gara per moglier l'hanno voluta; +e per aggradir lei, cose fatt'hanno, +che, fin che giri il ciel, dette saranno. +Ma né questi ella, né alcun altro vuole, +ch'al mondo in arme esser non creda il primo. +— Ch'abbiate fatto prove (lor dir suole) +in questi luoghi appresso, poco istimo; +e s'un di voi, qual fra le stelle il sole, +fra gli altri duo sarà, ben lo sublimo: +ma non però che tenga il vanto parme +del miglior cavallier ch'oggi port'arme. +A Carlo Magno, il quale io stimo e onoro +pel più savio signor ch'al mondo sia, +son per mandare un ricco scudo d'oro, +con patto e condizion ch'esso lo dia +al cavalliero il quale abbia fra loro +il vanto e il primo onor di gagliardia. +Sia il cavalliero o suo vasallo o d'altri, +il parer di quel re vo' che mi scaltri. +Se, poi che Carlo avrà lo scudo avuto, +e l'avrà dato a quel sì ardito e forte, +che d'ogn'altro migliore abbia creduto, +che 'n sua si trovi o in alcun'altra corte, +uno di voi sarà, che con l'aiuto +di sua virtù lo scudo mi riporte; +porrò in quello ogni amore, ogni disio, +e quel sarà il marito e 'l signor mio. — +Queste parole han qui fatto venire +questi tre re dal mar tanto discosto, +che riportarne lo scudo, o morire +per man di chi l'avrà, s'hanno proposto. — +Ste' molto attenta Bradamante a udire +quanto le fu da lo scudier risposto; +il qual poi l'entrò inanzi, e così punse +il suo cavallo, che i compagni giunse. +Dietro non gli galoppa né gli corre +ella; ch'adagio il suo camin dispensa, +e molte cose tuttavia discorre, +che son per accadere: e in somma pensa +che questo scudo di Francia sia per porre +discordia e rissa e nimicizia immensa +fra paladini ed altri, se vuol Carlo +chiarir chi sia il miglior, e a colui darlo. +Le preme il cor questo pensier; ma molto +più le lo preme e strugge in peggior guisa +quel ch'ebbe prima, di Ruggier, che tolto +il suo amor le abbia e datolo a Marfisa. +Ogni suo senso in questo è sì sepolto, +che non mira la strada, né divisa +ove arrivar, né se troverà inanzi +commodo albergo ove la notte stanzi. +Come nave, che vento da la riva, +o qualch'altro accidente abbia disciolta, +va di nochiero e di governo priva +ove la porti o meni il fiume in volta; +così l'amante giovane veniva, +tutta a pensare al suo Ruggier rivolta, +ove vuol Rabican; che molte miglia +lontano è il cor che de' girar la briglia. +Leva al fin gli occhi, e vede il sol che 'l tergo +avea mostrato alle città di Bocco, +e poi s'era attuffato, come il mergo, +in grembo alla nutrice oltr'a Marocco: +e se disegna che la frasca albergo +le dia ne' campi, fa pensier di sciocco; +che soffia un vento freddo, e l'aria grieve +pioggia la notte le minaccia o nieve. +Con maggior fretta fa movere il piede +al suo cavallo; e non fece via molta, +che lasciar le campagne a un pastor vede, +che s'avea la sua gregge inanzi tolta. +La donna lui con molta istanza chiede +che le 'nsegni ove possa esser raccolta +o ben o mal; che mal sì non s'alloggia, +che non sia peggio star fuori alla pioggia. +Disse il pastore: — Io non so loco alcuno +ch'io vi sappia insegnar, se non lontano +più di quattro o di sei leghe, for ch'uno +che si chiama la rocca di Tristano. +Ma d'alloggiarvi non succede a ognuno; +perché bisogna, con la lancia in mano +che se l'acquisti e che se la difenda +il cavallier che d'alloggiarvi intenda. +Se, quando arriva un cavallier, si trova +vota la stanza, il castellan l'accetta; +ma vuol se sopravien poi gente nuova, +ch'uscir fuori alla giostra gli prometta. +Se non vien, non accade che si mova: +se vien, forza è che l'arme si rimetta +e con lui giostri, e chi di lor val meno, +ceda l'albergo ed esca al ciel sereno. +Se duo, tre, quattro o più guerrieri a un tratto +vi giungon prima, in pace albergo v'hanno; +e chi di poi vien solo, ha peggior patto, +perché seco giostrar quei più lo fanno. +Così, se prima un sol si sarà fatto +quivi alloggiar, con lui giostrar voranno +in duo, tre, quattro o più che verran dopo; +sì che, s'avrà valor, gli fia a grande uopo. +Non men, se donna capita o donzella, +accompagnata o sola a questa rocca, +e poi v'arrivi un'altra, alla più bella +l'albergo, ed alla men star di fuor tocca. — +Domanda Bradamante ove sia quella; +e il buon pastor non pur dice con bocca, +ma le dimostra il loco anco con mano, +da cinque o da sei miglia indi lontano. +La donna, ancor che Rabican ben trotte, +solecitar però non lo sa tanto +per quelle vie tutte fangose e rotte +da la stagion ch'era piovosa alquanto, +che prima arrivi, che la cieca notte +fatt'abbia oscuro il mondo in ogni canto. +Trovò chiusa la porta; e a chi n'avea +la guardia disse ch'alloggiar volea. +Rispose quel, ch'era occupato il loco +da donne e da guerrier che venner dianzi, +e stavano aspettando intorno al fuoco +che posta fosse lor la cena inanzi. +— Per lor non credo l'avrà fatta il cuoco, +s'ella v'è ancor, né l'han mangiata inanzi +(disse la donna): or va, che qui gli attendo; +che so l'usanza, e di servarla intendo. — +Parte la guardia, e porta l'imbasciata +là dove i cavallier stanno a grand'agio, +la qual non poté lor troppo esser grata, +ch'all'aer li fa uscir freddo e malvagio; +ed era una gran pioggia incomminciata. +Si levan pure, e piglian l'arme adagio: +restano gli altri; e quei non troppo in fretta +escono insieme ove la donna aspetta. +Eran tre cavallier che valean tanto, +che pochi al mondo valean più di loro; +ed eran quei che 'l dì medesmo a canto +veduti a quella messaggiera foro; +quei ch'in Islanda s'avean dato vanto +di Francia riportar lo scudo d'oro: +e perché avean meglio i cavalli punti, +prima di Bradamante eran giunti. +Di loro in arme pochi erano migliori, +ma di quei pochi ella sarà ben l'una; +ch'a nessun patto rimaner di fuori +quella notte intendea molle e digiuna. +Quei dentro alle finestre e ai corridori +miran la giostra al lume de la luna, +che mal grado de' nugoli lo spande +e fa veder, ben che la pioggia è grande. +Come s'allegra un bene acceso amante +ch'ai dolci furti per entrar si trova, +quando al fin senta dopo indugie tante, +che 'l taciturno chiavistel si muova; +così volontarosa Bradamante +di far di sé coi cavallieri prova, +s'allegrò quando udì le porte aprire, +calare il ponte, e fuor li vide uscire. +Tosto che fuor del ponte i guerrier vede +uscire insieme o con poco intervallo, +si volge a pigliar campo, e di poi riede +cacciando a tutta briglia il buon cavallo, +e la lancia arrestando, che le diede +il suo cugin, che non si corre in fallo, +che fuor di sella è forza che trabocchi, +se fosse Marte, ogni guerrier che tocchi. +Il re di Svezia, che primier si mosse, +fu primier anco a riversciarsi al piano: +con tanta forza l'elmo gli percosse +l'asta che mai non fu abbassata invano. +Poi corse il re di Gotia, e ritrovosse +coi piedi in aria al suo destrier lontano. +Rimase il terzo sottosopra volto, +ne l'acqua e nel pantan mezzo sepolto. +Tosto ch'ella ai tre colpi tutti gli ebbe +fatto andar coi piedi alti e i capi bassi, +alla rocca ne va, dove aver debbe +la notte albergo; ma prima che passi, +v'è chi la fa giurar che n'uscirebbe, +sempre ch'a giostrar fuori altri chiamassi. +Il signor de là dentro, che 'l valore +ben n'ha veduto, le fa grande onore. +Così le fa la donna che venuta +era con quegli tre quivi la sera, +come io dicea, da l'Isola Perduta, +mandata al re di Francia messaggiera. +Cortesemente a lei che la saluta, +sì come graziosa e affabil era, +si leva incontra, e con faccia serena +piglia per mano, e seco al fuoco mena. +La donna, cominciando a disarmarsi, +s'avea lo scudo e dipoi l'elmo tratto; +quando una cuffia d'oro, in che celarsi +soleano i capei lunghi e star di piatto, +uscì con l'elmo; onde caderon sparsi +giù per le spalle, e la scopriro a un tratto +e la feron conoscer per donzella, +non men che fiera in arme, in viso bella. +Quale al cader de le cortine suole +parer fra mille lampade la scena, +d'archi e di più d'una superba mole, +d'oro e di statue e di pitture piena; +o come suol fuor de la nube il sole +scoprir la faccia limpida e serena: +così, l'elmo levandosi dal viso, +mostrò la donna aprisse il paradiso. +Già son cresciute e fatte lunghe in modo +le belle chiome che tagliolle il frate, +che dietro al capo ne può fare un nodo, +ben che non sian come son prima state. +Che Bradamante sia, tien fermo e sodo +(che ben l'avea veduta altre fiate) +il signor de la rocca; e più che prima +or l'accarezza e mostra farne stima. +Siedono al fuoco, e con giocondo e onesto +ragionamento dan cibo all'orecchia, +mentre, per ricreare ancora il resto +del corpo, altra vivanda s'apparecchia. +La donna all'oste domandò se questo +modo d'albergo è nuova usanza o vecchia, +e quando ebbe principio, e chi la pose; +e 'l cavalliero a lei così rispose: +— Nel tempo che regnava Fieramonte, +Clodione, il figliuolo, ebbe una amica +leggiadra e bella e di maniere conte +quant'altra fosse a quella etade antica; +la quale amava tanto, che la fronte +non rivolgea da lei, più che si dica +che facesse da Ione il suo pastore, +perch'avea ugual la gelosia all'amore. +Qui la tenea; che 'l luogo avuto in dono +avea dal padre, e raro egli n'uscia; +e con lui dieci cavallier ci sono, +e dei miglior di Francia tuttavia. +Qui stando, venne a capitarci il buono +Tristano, ed una donna in compagnia, +liberata da lui poch'ore inante, +che traea presa a forza un fier gigante. +Tristano ci arrivò che 'l sol già volto +avea le spalle ai liti di Siviglia; +e domandò qui dentro esser raccolto, +perché non c'è altra stanza a dieci miglia. +Ma Clodion, che molto amava e molto +era geloso, in somma si consiglia +che forestier, sia chi si voglia, mentre +ci stia la bella donna, qui non entre. +Poi che con lunghe ed iterate preci +non poté aver qui albergo il cavalliero: +— Or quel che far con prieghi io non ti feci, +che 'l facci (disse) tuo mal grado, spero, — +E sfidò Clodion con tutti i dieci +che tenea appresso, e con un grido altiero +se gli offerse con lancia e spada in mano +provar che discortese era e villano; +con patto, che se fa che con lo stuolo +suo cada in terra, ed ei stia in sella forte, +ne la rocca alloggiar vuole egli solo, +e vuol gli altri serrar fuor de le porte. +Per non patir quest'onta, va il figliuolo +del re di Francia a rischio de la morte; +ch'aspramente percosso cade in terra, +e cadon gli altri, e Tristan fuor li serra. +Entrato ne la rocca, trova quella +la qual v'ho detta a Clodion sì cara, +e ch'avea, a par d'ogn'altra, fatto bella +Natura, a dar bellezze così avara. +Con lei ragiona: intanto arde e martella +di fuor l'amante aspra passione amara; +il qual non differisce a mandar prieghi +al cavallier, che dar non gli la nieghi. +Tristano, ancor che lei molto non prezze, +né prezzar, fuor ch'Isotta, altra potrebbe +(ch'altra né ch'ami vuol né ch'accarezze +la pozion che già incantata bebbe), +pur, perché vendicarsi de l'asprezze +che Clodion gli ha usate si vorebbe: +— Di far gran torto mi parria (gli disse) +che tal bellezza del suo albergo uscisse. +E quando a Clodion dormire incresca +solo alla frasca, e compagnia domandi, +una giovane ho meco bella e fresca, +non però di bellezze così grandi. +Questa sarò contento che fuor esca, +e ch'ubbidisca a tutti i suoi comandi; +ma la più bella mi par dritto e giusto +che stia con quel di noi ch'è più robusto. — +Escluso Clodione e malcontento, +andò sbuffando tutta notte in volta, +come s'a quei che ne l'alloggiamento +dormiano ad agio, fêsse egli l'ascolta; +e molto più che del freddo e del vento, +si dolea de la donna che gli è tolta. +La mattina Tristano a cui ne 'ncrebbe, +gli la rendé, donde il dolor fin ebbe: +perché gli disse, e lo fe' chiaro e certo, +che qual trovolla, tal gli la rendea; +e ben che degno era d'ogni onta in merto +de la discortesia ch'usata avea, +pur contentar d'averlo allo scoperto +fatto star tutta notte si volea: +né l'escusa accettò, che fosse Amore +stato cagion di così grave errore; +ch'Amor de' far gentile un cor villano, +e non far d'un gentil contrario effetto. +Partito che si fu di qui Tristano, +Clodion non ste' molto a mutar tetto; +ma prima consegnò la rocca in mano +a un cavallier, che molto gli era accetto, +con patto ch'egli e chi da lui venisse, +quest'uso in albergar sempre seguisse: +che 'l cavallier ch'abbia maggior possanza, +e la donna beltà, sempre ci alloggi; +e chi vinto riman, voti la stanza, +dorma sul prato, o altrove scenda e poggi. +E finalmente ci fe' por l'usanza +che vedete durar fin al dì d'oggi. — +Or, mentre il cavallier questo dicea, +lo scalco por la mensa fatto avea. +Fatto l'avea ne la gran sala porre, +di che non era al mondo la più bella; +indi con torchi accesi venne a torre +le belle donne, e le condusse in quella. +Bradamante, all'entrar, con gli occhi scorre, +e similmente fa l'altra donzella; +e tutte piene le superbe mura +veggon di nobilissima pittura. +Di sì belle figure è adorno il loco, +che per mirarle oblian la cena quasi, +ancor che ai corpi non bisogni poco, +pel travaglio del dì lassi rimasi, +e lo scalco si doglia e doglia il coco, +che i cibi lascin raffreddar nei vasi. +Pur fu chi disse: — Meglio fia che voi +pasciate prima il ventre, e gli occhi poi. — +S'erano assisi, e porre alle vivande +voleano man, quando il signor s'avide +che l'alloggiar due donne è un error grande: +l'una ha da star, l'altra convien che snide. +Stia la più bella, e la men fuor si mande, +dove la pioggia bagna e 'l vento stride. +Perché non vi son giunte amendue a un'ora, +l'una ha a partire, e l'altra a far dimora. +Chiama duo vecchi, e chiama alcune sue +donne di casa, a tal giudizio buone; +e le donzelle mira, e di lor due +chi la più bella sia, fa paragone. +Finalmente parer di tutti fue +ch'era più bella la figlia d'Amone; +e non men di beltà l'altra vincea, +che di valore i guerrier vinti avea. +Alla donna d'Islanda, che non sanza +molta sospizion stava di questo, +il signor disse: — Che serviàn l'usanza, +non v'ha, donna, a parer se non onesto. +A voi convien procacciar d'altra stanza, +quando a noi tutti è chiaro e manifesto +che costei di bellezze e di sembianti, +ancor ch'inculta sia, vi passa inanti. — +Come si vede in un momento oscura +nube salir d'umida valle al cielo, +che la faccia che prima era sì pura +cuopre del sol con tenebroso velo; +così la donna alla sentenza dura +che fuor la caccia ove è la pioggia e 'l gielo, +cangiar si vide, e non parer più quella +che fu pur dianzi sì gioconda e bella. +S'impallidisce e tutta cangia in viso, +che tal sentenza udir poco le aggrada. +Ma Bradamante con un saggio aviso, +che per pietà non vuol che se ne vada, +rispose: — A me non par che ben deciso, +né che ben giusto alcun giudicio cada, +ove prima non s'oda quanto nieghi +la parte o affermi, e sue ragioni alleghi. +Io ch'a difender questa causa toglio, +dico: o più bella o men ch'io sia di lei, +non venni come donna qui, né voglio +che sian di donna ora i progressi miei. +Ma chi dirà, se tutta non mi spoglio, +s'io sono o s'io non son quel ch'è costei? +E quel che non si sa non si de' dire, +e tanto men, quando altri n'ha a patire. +Ben son degli altri ancor, c'hanno le chiome +lunghe, com'io, né donne son per questo. +Se come cavallier la stanza, o come +donna acquistata m'abbia, è manifesto: +perché dunque volete darmi nome +di donna, se di maschio è ogni mio gesto? +La legge vostra vuol che ne sian spinte +donne da donne, e non da guerrier vinte. +Poniamo ancor, che, come a voi pur pare, +io donna sia (che non però il concedo), +ma che la mia beltà non fosse pare +a quella di costei; non però credo +che mi vorreste la mercé levare +di mia virtù, se ben di viso io cedo. +Perder per men beltà giusto non parmi +quel c'ho acquistato per virtù con l'armi. +E quando ancor fosse l'usanza tale, +che chi perde in beltà ne dovesse ire, +io ci vorrei restare, o bene o male +che la mia ostinazion dovesse uscire. +Per questo, che contesa diseguale +è tra me e questa donna, vo' inferire +che, contendendo di beltà, può assai +perdere, e meco guadagnar non mai. +E se guadagni e perdite non sono +in tutto pari, ingiusto è ogni partito: +sì ch'a lei per ragion, sì ancor per dono +spezial, non sia l'albergo proibito. +E s'alcuno di dir che non sia buono +e dritto il mio giudizio sarà ardito, +sarò per sostenergli a suo piacere, +che 'l mio sia vero, e falso il suo parere. — +La figliuola d'Amon, mossa a pietade +che questa gentil donna debba a torto +esser cacciata ove la pioggia cade, +ove né tetto, ove né pure è un sporto, +al signor de l'albergo persuade +con ragion molte e con parlare accorto, +ma molto più con quel ch'al fin concluse, +che resti cheto e accetti le sue scuse. +Qual sotto il più cocente ardore estivo, +quando di ber più desiosa è l'erba, +il fior ch'era vicino a restar privo +di tutto quell'umor ch'in vita il serba, +sente l'amata pioggia e si fa vivo; +così, poi che difesa sì superba +si vide apparecchiar la messaggera, +lieta e bella tornò come prim'era. +La cena, stata lor buon pezzo avante, +né ancor pur tocca, al fin godersi in festa, +senza che più di cavalliero errante +nuova venuta fosse lor molesta. +La goder gli altri, ma non Bradamante, +pure all'usanza addolorata e mesta; +che quel timor, che quel sospetto ingiusto +che sempre avea nel cor, le tollea il gusto. +Finita ch'ella fu (che saria forse +stata più lunga, se 'l desir non era +di cibar gli occhi), Bradamante sorse, +e sorse appresso a lei la messaggera. +Accennò quel signore ad un che corse +e prestamente allumò molta cera, +che splender fe' la sala in ogni canto. +Quel che seguì dirò ne l'altro canto. Timagora, Parrasio, Polignoto, +Protogene, Timante, Apollodoro, +Apelle, più di tutti questi noto, +e Zeusi, e gli altri ch'a quei tempi foro; +di quai la fama (mal grado di Cloto, +che spinse i corpi e dipoi l'opre loro) +sempre starà, fin che si legga e scriva, +mercé degli scrittori, al mondo viva: +e quei che furo a' nostri dì, o sono ora, +Leonardo, Andrea Mantegna, Gian Bellino, +duo Dossi, e quel ch'a par sculpe e colora, +Michel, più che mortale, angel divino; +Bastiano, Rafael, Tizian, ch'onora +non men Cador, che quei Venezia e Urbino; +e gli altri di cui tal l'opra si vede, +qual de la prisca età si legge e crede: +questi che noi veggiàn pittori, e quelli +che già mille e mill'anni in pregio furo, +le cose che son state, coi pennelli +fatt'hanno, altri su l'asse, altri sul muro. +Non però udiste antiqui, né novelli +vedeste mai dipingere il futuro: +e pur si sono istorie anco trovate, +che son dipinte inanzi che sian state. +Ma di saperlo far non si dia vanto +pittore antico né pittor moderno; +e ceda pur quest'arte al solo incanto, +del qual trieman gli spirti de lo 'nferno. +La sala ch'io dicea ne l'altro canto, +Merlin col libro, o fosse al lago Averno, +o fosse sacro alle Nursine grotte, +fece far dai demonii in una notte. +Quest'arte, con che i nostri antiqui fenno +mirande prove, a nostra etade è estinta. +Ma ritornando ove aspettar mi denno +quei che la sala hanno a veder dipinta, +dico ch'a uno scudier fu fatto cenno, +ch'accese i torchi; onde la notte, vinta +dal gran splendor, si dileguò d'intorno; +né più vi si vedria, se fosse giorno. +Quel signor disse lor: — Vo' che sappiate, +che de le guerre che son qui ritratte, +fin al dì d'oggi poche ne son state; +e son prima dipinte, che sian fatte. +Chi l'ha dipinte, ancor l'ha indovinate. +Quando vittoria avran, quando disfatte +in Italia saran le genti nostre, +potrete qui veder come si mostre. +Le guerre ch'i Franceschi da far hanno +di là da l'Alpe, o bene o mal successe, +dal tempo suo fin al millesim'anno, +Merlin profeta in questa sala messe; +il qual mandato fu dal re britanno +al franco re ch'a Marcomir successe: +e perché lo mandassi, e perché fatto +da Merlin fu il lavor, vi dirò a un tratto. +Re Fieramonte, che passò primiero +con l'esercito franco in Gallia il Reno, +poi che quella occupò, facea pensiero +di porre alla superba Italia il freno. +Faceal perciò, che più 'l romano Impero +vedea di giorno in giorno venir meno: +e per tal causa col britanno Arturo +volse far lega; ch'ambi a un tempo furo. +Artur, ch'impresa ancor senza consiglio +del profeta Merlin non fece mai, +di Merlin, dico, del demonio figlio, +che del futuro antivedeva assai, +per lui seppe, e saper fece il periglio +a Fieramonte, a che di molti guai +porrà sua gente, s'entra ne la terra +ch'Apenin parte, e il mare e l'Alpe serra. +Merlin gli fe' veder che quasi tutti +gli altri che poi di Francia scettro avranno, +o di ferro gli eserciti distrutti, +o di fame o di peste si vedranno; +e che brevi allegrezze e lunghi lutti, +poco guadagno ed infinito danno +riporteran d'Italia; che non lice +che 'l Giglio in quel terreno abbia radice. +Re Fieramonte gli prestò tal fede, +ch'altrove disegnò volger l'armata; +e Merlin, che così la cosa vede, +ch'abbia a venir, come se già sia stata, +avere a' prieghi di quel re si crede +la sala per incanto istoriata, +ove dei Franchi ogni futuro gesto, +come già stato sia, fa manifesto. +Acciò chi poi succederà, comprenda +che, come ha d'acquistar vittoria e onore, +qualor d'Italia la difesa prenda +incontra ogn'altro barbaro furore; +così, s'avvien ch'a danneggiarla scenda, +per porle il giogo e farsene signore, +comprenda, dico, e rendasi ben certo +ch'oltre a quei monti avrà il sepulcro aperto. — +Così disse; e menò le donne dove +incomincian l'istorie: e Singiberto +fa lor veder, che per tesor si muove, +che gli ha Maurizio imperatore offerto. +— Ecco che scende dal monte di Giove +nel pian da l'Ambra e dal Ticino aperto. +Vedete Eutar, che non pur l'ha respinto, +ma volto in fuga e fracassato e vinto. +Vedete Clodoveo, ch'a più di cento +mila persone fa passare il monte: +vedete il duca là di Benevento, +che con numer dispar vien loro a fronte. +Ecco finge lasciar l'alloggiamento, +e pon gli aguati: ecco, con morti ed onte, +al vin lombardo la gente francesca +corre, e riman come la lasca all'esca. +Ecco in Italia Childiberto quanta +gente di Francia e capitani invia; +né più che Clodoveo, si gloria e vanta +ch'abbia spogliata o vinta Lombardia; +che la spada del ciel scende con tanta +strage de' suoi, che n'è piena ogni via, +morti di caldo e di profluvio d'alvo; +sì che di dieci un non ne torna salvo. — +Mostra Pipino, e mostra Carlo appresso, +come in Italia un dopo l'altro scenda, +e v'abbia questo e quel lieto successo, +che venuto non v'è perché l'offenda; +ma l'uno, acciò il pastor Stefano oppresso, +l'altro Adriano, e poi Leon difenda: +l'un doma Aistulfo, e l'altro vince e prende +il successore, e al papa il suo onor rende. +Lor mostra appresso un giovene Pipino, +che con sua gente par che tutto cuopra +da le Fornaci al lito pelestino; +e faccia con gran spesa e con lung'opra +il ponte a Malamocco, e che vicino +giunga a Rialto, e vi combatta sopra. +Poi fuggir sembra, e che i suoi lasci sotto +l'acque; che 'l ponte il vento e 'l mar gli han rotto. +— Ecco Luigi Borgognon, che scende +là dove par che resti vinto e preso, +e che giurar gli faccia chi lo prende, +che più da l'arme sue non sarà offeso. +Ecco che 'l giuramento vilipende; +ecco di nuovo cade al laccio teso; +ecco vi lascia gli occhi, e come talpe +lo riportano i suoi di qua da l'Alpe. +Vedete un Ugo d'Arli far gran fatti, +e che d'Italia caccia i Berengari; +e due o tre volte gli ha rotti e disfatti, +or dagli Unni rimessi, or dai Bavari. +Poi da più forza è stretto di far patti +con l'inimico, e non sta in vita guari; +né guari dopo lui vi sta l'erede, +e 'l regno intero a Berengario cede. +Vedete un altro Carlo, che a' conforti +del buon Pastor fuoco in Italia ha messo; +e in due fiere battaglie ha duo re morti, +Manfredi prima, e Coradino appresso. +Poi la sua gente, che con mille torti +sembra tenere il nuovo regno oppresso, +di qua e di là per le città divisa, +vedete a un suon di vespro tutta uccisa. — +Lor mostra poi (ma vi parea intervallo +di molti e molti, non ch'anni, ma lustri) +scender dai monti un capitano Gallo, +e romper guerra ai gran Visconti illustri; +e con gente francesca a piè e a cavallo +par ch'Alessandria intorno cinga e lustri; +e che 'l duca il presidio dentro posto, +e fuor abbia l'aguato un po' discosto; +e la gente di Francia malaccorta, +tratta con arte ove la rete è tesa, +col conte Armeniaco, la cui scorta +l'avea condotta all'infelice impresa, +giaccia per tutta la campagna morta, +parte sia tratta in Alessandria presa: +e di sangue non men che d'acqua grosso, +il Tanaro si vede il Po far rosso. +Un, detto de la Marca, e tre Angioini +mostra l'un dopo l'altro, e dice: — Questi +a Bruci, a Dauni, a Marsi, a Salentini +vedete come son spesso molesti. +Ma né de' Franchi val né de' Latini +aiuto sì, ch'alcun di lor vi resti: +ecco li caccia fuor del regno, quante +volte vi vanno, Alfonso e poi Ferrante. +Vedete Carlo ottavo, che discende +da l'Alpe, e seco ha il fior di tutta Francia, +che passa il Liri e tutto 'l regno prende +senza mai stringer spada o abbassar lancia, +fuor che lo scoglio ch'a Tifeo si stende +su le braccia, sul petto e su la pancia; +che del buon sangue d'Avalo al contrasto +la virtù trova d'Inico del Vasto. — +Il signor de la rocca, che venìa +quest'istoria additando a Bradamante, +mostrato che l'ebbe Ischia, disse: — Pria +ch'a vedere altro più vi meni avante, +io vi dirò quel ch'a me dir solia +il bisavolo mio, quand'io era infante, +e quel che similmente mi dicea +che da suo padre udito anch'esso avea; +e 'l padre suo da un altro, o padre o fosse +avolo, e l'un da l'altro sin a quello +ch'a udirlo da quel proprio ritrovosse, +che l'imagini fe' senza pennello, +che qui vedete bianche, azzurre e rosse: +udì che, quando al re mostrò il castello +ch'or mostro a voi su quest'altiero scoglio, +gli disse quel ch'a voi riferir voglio. +Udì che gli dicea ch'in in questo loco +di quel buon cavallier che lo difende +con tanto ardir, che par disprezzi il fuoco +che d'ogn'intorno e sino al Faro incende, +nascer debbe in quei tempi o dopo poco +(e ben gli disse l'anno e le calende) +un cavalliero, a cui sarà secondo +ogn'altro che sin qui sia stato al mondo. +Non fu Nireo sì bel, non sì eccellente +di forze Achille, e non sì ardito Ulisse, +non sì veloce Lada, non prudente +Nestor, che tanto seppe e tanto visse, +non tanto liberal, tanto clemente, +l'antica fama Cesare descrisse; +che verso l'uom ch'in Ischia nascer deve, +non abbia ogni lor vanto a restar lieve. +E se si gloriò l'antiqua Creta, +quando il nipote in lei nacque di Celo, +se Tebe fece Ercole e Bacco lieta, +se si vantò dei duo gemelli Delo; +né questa isola avrà da starsi cheta, +che non s'esalti e non si levi in cielo, +quando nascerà in lei quel gran marchese +ch'avrà sì d'ogni grazia il ciel cortese. +Merlin gli disse, e replicògli spesso, +ch'era serbato a nascere all'etade +che più il romano Imperio saria oppresso, +acciò per lui tornasse in libertade. +Ma perché alcuno de' suoi gesti appresso +vi mostrerò, predirli non accade. — +Così disse; e tornò all'istoria dove +di Carlo si vedean l'inclite prove. +— Ecco (dicea) si pente Ludovico +d'aver fatto in Italia venir Carlo; +che sol per travagliar l'emulo antico +chiamato ve l'avea, non per cacciarlo; +e se gli scuopre al ritornar nimico +con Veneziani in lega, e vuol pigliarlo. +Ecco la lancia il re animoso abbassa, +apre la strada e, lor mal grado, passa. +Ma la sua gente ch'a difesa resta +del nuovo regno, ha ben contraria sorte; +che Ferrante, con l'opra che gli presta +il signor mantuan, torna sì forte, +ch'in pochi mesi non ne lascia testa, +o in terra o in mar, che non sia messa a morte: +poi per un uom che gli è con fraude estinto, +non par che senta il gaudio d'aver vinto. — +Così dicendo, mostragli il marchese +Alfonso di Pescara, e dice: — Dopo +che costui comparito in mille imprese +sarà più risplendente che piropo, +ecco qui ne l'insidie che gli ha tese +con un trattato doppio il rio Etiopo, +come scannato di saetta cade +il miglior cavallier di quella etade. +Poi mostra ove il duodecimo Luigi +passa con scorta italiana i monti, +e svelto il Moro, pon la Fiordaligi +nel fecondo terren già de' Visconti. +Indi manda sua gente pei vestigi +di Carlo, a far sul Garigliano i ponti; +la quale appresso andar rotta e dispersa +si vede, e morta e nel fiume summersa. +Vedete in Puglia non minor macello +de l'esercito franco in fuga volto; +e Consalvo Ferrante ispano è quello +che due volte alla trappola l'ha colto. +E come qui turbato, così bello +mostra Fortuna al re Luigi il volto +nel ricco pian che, fin dove Adria stride, +tra l'Apenino e l'Alpe il Po divide. — +Così dicendo, se stesso riprende +che quel ch'avea a dir prima abbia lasciato; +e torna a dietro, e mostra uno che vende +il castel che 'l signor suo gli avea dato; +mostra il perfido Svizzero che prende +colui ch'a sua difesa l'ha assoldato: +le quai due cose, senza abbassar lancia, +han dato la vittoria al re di Francia. +Poi mostra Cesar Borgia col favore +di questo re farsi in Italia grande; +ch'ogni baron di Roma, ogni signore +suggietto a lei, par ch'in esilio mande. +Poi mostra il re che di Bologna fuore +leva la Sega, e vi fa entrar le Giande; +poi come volge i Genovesi in fuga +fatti ribelli, e la città suggiuga. +— Vedete (dice poi) di gente morta +coperta in Giaradada la campagna. +Par ch'apra ogni cittade al re la porta, +e che Venezia a pena vi rimagna. +Vedete come al papa non comporta +che, passati i confini di Romagna, +Modana al duca di Ferrara toglia, +né qui si fermi, e 'l resto tor gli voglia: +e fa, all'incontro, a lui Bologna torre; +che v'entra la Bentivola famiglia. +Vedete il campo de' Francesi porre +a sacco Brescia, poi che la ripiglia; +e quasi a un tempo Felsina soccorre, +e 'l campo ecclesiastico sgombiglia: +e l'uno e l'altro poi nei luoghi bassi +par si riduca del lito de Chiassi. +Di qua la Francia, e di là il campo ingrossa +la gente ispana; e la battaglia è grande. +Cader si vede e far la terra rossa +la gente d'arme in amendua le bande. +Piena di sangue uman pare ogni fossa: +Marte sta in dubbio u' la vittoria mande. +Per virtù d'un Alfonso al fin si vede +che resta il Franco, e che l'Ispano cede, +e che Ravenna saccheggiata resta. +Si morde il papa per dolor le labbia, +e fa da' monti, a guisa di tempesta, +scendere in fretta una tedesca rabbia, +ch'ogni Francese, senza mai far testa, +di qua da l'Alpe par che cacciat'abbia, +e che posto un rampollo abbia del Moro +nel giardino onde svelse i Gigli d'oro. +Ecco torna il Francese: eccolo rotto +da l'infedele Elvezio ch'in suo aiuto +con troppo rischio ha il giovine condotto, +del quale il padre avea preso e venduto. +Vedete poi l'esercito, che sotto +la ruota di Fortuna era caduto, +creato il novo re, che si prepara +de l'onta vendicar ch'ebbe a Novara: +e con migliore auspizio ecco ritorna. +Vedete il re Francesco inanzi a tutti, +che così rompe a' Svizzeri le corna, +che poco resta a non gli aver distrutti: +sì che 'l titolo mai più non gli adorna, +ch'usurpato s'avran quei villan brutti, +che domator de' principi, e difesa +si nomeran de la cristiana Chiesa. +Ecco, mal grado de la lega, prende +Milano, e accorda il giovene Sforzesco. +Ecco Borbon che la città difende +pel re di Francia dal furor tedesco. +Eccovi poi, che mentre altrove attende +ad altre magne imprese il re Francesco, +né sa quanta superbia e crudeltade +usino i suoi, gli è tolta la cittade. +Ecco un altro Francesco ch'assimiglia +di virtù all'avo, e non di nome solo; +che, fatto uscirne i Galli, si ripiglia +col favor de la Chiesa il patrio suolo. +Francia anco torna, ma ritien la briglia, +né scorre Italia, come suole, a volo; +che 'l bon duca di Mantua sul Ticino +le chiude il passo, e le taglia il camino. +Federico, ch'ancor non ha la guancia +de' primi fiori sparsa, si fa degno +di gloria eterna, ch'abbia con la lancia, +ma più con diligenza e con ingegno, +Pavia difesa dal furor di Francia, +e del Leon del mar rotto il disegno. +Vedete duo marchesi, ambi terrore +di nostre genti, ambi d'Italia onore; +ambi d'un sangue, ambi in un nido nati. +Di quel marchese Alfonso il primo è figlio, +il qual tratto dal Negro negli aguati, +vedeste il terren far di sé vermiglio. +Vedete quante volte son cacciati +d'Italia i Franchi pel costui consiglio. +L'altro di sì benigno e lieto aspetto +il Vasto signoreggia, e Alfonso è detto. +Questo è il buon cavallier, di cui dicea, +quando l'isola d'Ischia vi mostrai, +che già profetizzando detto avea +Merlino a Fieramonte cose assai: +che diferire a nascere dovea +nel tempo che d'aiuto più che mai +l'afflitta Italia, la Chiesa e l'Impero +contra ai barbari insulti avria mistiero. +Costui dietro al cugin suo di Pescara +con l'auspicio di Prosper Colonnese, +vedete come la Bicocca cara +fa parere all'Elvezio e più al Francese. +Ecco di nuovo Francia si prepara +di ristaurar le mal successe imprese: +scende il re con un campo in Lombardia, +un altro per pigliar Napoli invia. +Ma quella che di noi fa come il vento +d'arida polve, che l'aggira in volta, +la leva fin al cielo, e in un momento +a terra la ricaccia, onde l'ha tolta; +fa ch'intorno a Pavia crede di cento +mila persone aver fatto raccolta +il re, che mira a quel che di man gli esce, +non se la gente sua si scema o cresce. +Così per colpa de' ministri avari, +e per bontà del re che se ne fida, +sotto l'insegne si raccoglion rari, +quando la notte il campo all'arme grida, +che si vede assalir dentro ai ripari +dal sagace Spagnuol, che con la guida +di duo del sangue d'Avalo ardiria +farsi nel cielo e ne lo 'nferno via. +Vedete il meglio de la nobiltade +di tutta Francia alla campagna estinto. +Vedete quante lance e quante spade +han d'ogn'intorno il re animoso cinto; +vedete che 'l destrier sotto gli cade: +né per questo si rende o chiama vinto, +ben ch'a lui solo attenda, a lui sol corra +lo stuol nimico, e non è chi 'l soccorra. +Il re gagliardo si difende a piede, +e tutto de l'ostil sangue si bagna: +ma virtù al fine a troppa forza cede. +Ecco il re preso, ed eccolo in Ispagna: +ed a quel di Pescara dar si vede, +ed a chi mai da lui non si scompagna, +a quel del Vasto, le prime corone +del campo rotto e del gran re prigione. +Rotto a Pavia l'un campo, l'altro ch'era, +per dar travaglio a Napoli, in camino, +restar si vede, come, se la cera +gli manca o l'oglio, resta il lumicino. +Ecco che 'l re ne la prigione ibera +lascia i figliuoli, e torna al suo domìno: +ecco fa a un tempo egli in Italia guerra; +ecco altri la fa a lui ne la sua terra. +Vedete gli omicidi e le rapine +in ogni parte far Roma dolente; +e con incendi e stupri le divine +e le profane cose ire ugualmente. +Il campo de la lega le ruine +mira d'appresso, e 'l pianto e 'l grido sente; +e dove ir dovria inanzi, torna indietro, +e prender lascia il successor di Pietro. +Manda Lotrecco il re con nuove squadre, +non più per fare in Lombardia l'impresa, +ma per levar de le mani empie e ladre +il capo e l'altre membra de la Chiesa; +che tarda sì, che trova al Santo Padre +non esser più la libertà contesa. +Assedia la cittade ove sepolta +è la sirena, e tutto il regno volta. +Ecco l'armata imperial si scioglie +per dar soccorso alla città assediata; +ed ecco il Doria che la via le toglie, +e l'ha nel mar sommersa, arsa e spezzata. +Ecco Fortuna come cangia voglie, +sin qui a' Francesi sì propizia stata; +che di febbre gli uccide, e non di lancia, +sì che di mille un non ne torna in Francia. — +La sala queste ed altre istorie molte, +che tutte saria lungo riferire, +in vari e bei colori avea raccolte; +ch'era ben tal che le potea capire. +Tornano a rivederle due e tre volte, +né par che se ne sappiano partire; +e rilegon più volte quel ch'in oro +si vedea scritto sotto il bel lavoro. +Le belle donne e gli altri quivi stati +mirando e ragionando insieme un pezzo, +fur dal signore a riposar menati, +ch'onorar gli osti suoi molt'era avezzo. +Già sendo tutti gli altri addormentati, +Bradamante a corcar si va da sezzo, +e si volta or su questo or su quel fianco, +né può dormir sul destro né sul manco. +Pur chiude alquanto appresso all'alba i lumi, +e di veder le pare il suo Ruggiero, +il qual le dica: — Perché ti consumi, +dando credenza a quel che non è vero? +Tu vedrai prima all'erta andare i fiumi, +ch'ad altri mai, ch'a te, volga il pensiero. +S'io non amassi te, né il cor potrei +né le pupille amar degli occhi miei. — +E par che le suggiunga: — Io son venuto +per battezzarmi e far quanto ho promesso; +e s'io son stato tardi, m'ha tenuto +altra ferita, che d'amore, oppresso. — +Fuggesi in questo il sonno, né veduto +è più Ruggier che se ne va con esso. +Rinuova allora i pianti la donzella, +e ne la mente sua così favella: +— Fu quel che piacque, un falso sogno; e questo +che mi tormenta, ahi lassa! è un veggiar vero. +Il ben fu sogno a dileguarsi presto, +ma non è sogno il martire aspro e fiero. +Perch'or non ode e vede il senso desto +quel ch'udire e veder parve al pensiero? +A che condizione, occhi miei, sete, +che chiusi il ben, e aperti il mal vedete? +Il dolce sonno mi promise pace, +ma l'amaro veggiar mi torna in guerra: +il dolce sonno è ben stato fallace, +ma l'amaro veggiare, ohimè! non erra. +Se 'l vero annoia, e il falso sì mi piace, +non oda o vegga mai più vero in terra: +se 'l dormir mi dà gaudio, e il veggiar guai, +possa io dormir senza destarmi mai. +O felice animal ch'un sonno forte +sei mesi tien senza mai gli occhi aprire! +Che s'assimigli tal sonno alla morte, +tal veggiare alla vita, io non vo' dire; +ch'a tutt'altre contraria la mia sorte +sente morte a veggiar, vita a dormire: +ma s'a tal sonno morte s'assimiglia, +deh, Morte, or ora chiudimi le ciglia! — +De l'orizzonte il sol fatte avea rosse +l'estreme parti, e dileguato intorno +s'eran le nubi, e non parea che fosse +simile all'altro il cominciato giorno; +quando svegliata Bradamante armosse +per fare a tempo al suo camin ritorno, +rendute avendo grazie a quel signore +del buono albergo e de l'avuto onore. +E trovò che la donna messaggera, +con damigelle sue, con suoi scudieri +uscita de la rocca, venut'era +là dove l'attendean quei tre guerrieri; +quei che con l'asta d'oro essa la sera +fatto avea riversar giù dei destrieri, +e che patito avean con gran disagio +la notte l'acqua e il vento e il ciel malvagio. +Arroge a tanto mal, ch'a corpo voto +ed essi e i lor cavalli eran rimasi, +battendo i denti e calpestando il loto: +ma quasi lor più incresce, e senza quasi +incresce e preme più, che farà noto +la messaggera, appresso agli altri casi, +alla sua donna, che la prima lancia +gli abbia abbattuti, c'han trovata in Francia. +E presti o di morire, o di vendetta +subito far del ricevuto oltraggio, +acciò la messaggera, che fu detta +Ullania, che nomata più non aggio, +la mala opinion ch'avea concetta +forse di lor, si tolga del coraggio, +la figliuola d'Amon sfidano a giostra, +tosto che fuor del ponte ella si mostra; +non pensando però che sia donzella, +che nessun gesto di donzella avea. +Bradamante ricusa, come quella +ch'in fretta gìa, né soggiornar volea. +Pur tanto e tanto fur molesti, ch'ella, +che negar senza biasmo non potea, +abbassò l'asta, ed a tre colpi in terra +li mandò tutti; e qui finì la guerra: +che senza più voltarsi mostrò loro +lontan le spalle, e dileguossi tosto. +Quei che, per guadagnar lo scudo d'oro, +di paese venian tanto discosto, +poi che senza parlar ritti si foro, +che ben l'avean con ogni ardir deposto, +stupefatti parean di maraviglia, +né verso Ullania ardian d'alzar le ciglia; +che con lei molte volte per camino +dato s'avean troppo orgogliosi vanti: +che non è cavallier né paladino +ch'al minor di lor tre durasse avanti. +La donna, perché ancor più a capo chino +vadano, e più non sian così arroganti, +fa lor saper che fu femina quella, +non paladin, che li levò di sella. +— Or che dovete (diceva ella), quando +così v'abbia una femina abbattuti, +pensar che sia Rinaldo o che sia Orlando, +non senza causa in tant'onore avuti? +S'un d'essi avrà lo scudo, io vi domando +se migliori di quel che siate suti +contra una donna, contra lor sarete? +Non credo io già, né voi forse il credete. +Questo vi può bastar; né vi bisogna +del valor vostro aver più chiara prova: +e quel di voi che temerario aggogna +far di sé in Francia esperienza nuova, +cerca giungere il danno alla vergogna +in che ieri ed oggi s'è trovato e trova; +se forse egli non stima utile e onore, +qualor per man di tai guerrier si muore. — +Poi che ben certi i cavallieri fece +Ullania, che quell'era una donzella, +la qual fatto avea nera più che pece +la fama lor, ch'esser solea sì bella; +e dove una bastava, più di diece +persone il detto confermar di quella; +essi fur per voltar l'arme in se stessi, +da tal dolor, da tanta rabbia oppressi. +E da lo sdegno e da la furia spinti, +l'arme si spoglian, quante n'hanno indosso; +né si lascian la spada onde eran cinti, +e del castel la gittano nel fosso: +e giuran, poi che gli ha una donna vinti, +e fatto sul terren battere il dosso, +che, per purgar sì grave error, staranno +senza mai vestir l'arme intero un anno; +e che n'andranno a piè pur tuttavia, +o sia la strada piana, o scenda e saglia; +né, poi che l'anno anco finito sia, +saran per cavalcare o vestir maglia, +s'altr'arme, altro destrier da lor non fia +guadagnato per forza di battaglia. +Così senz'arme, per punir lor fallo, +essi a piè se n'andar, gli altri a cavallo. +Bradamante la sera ad un castello +ch'alla via di Parigi si ritrova, +di Carlo e di Rinaldo suo fratello, +ch'avean rotto Agramante, udì la nuova. +Quivi ebbe buona mensa e buono ostello: +ma questo ed ogn'altro agio poco giova; +che poco mangia e poco dorme, e poco, +non che posar, ma ritrovar può loco. +Non però di costei voglio dir tanto, +ch'io non ritorni a quei duo cavallieri +che d'accordo legato aveano a canto +la solitaria fonte i duo destrieri. +La pugna lor, di che vo' dirvi alquanto, +non è per acquistar terre né imperi, +ma perché Durindana il più gagliardo +abbia ad avere, e a cavalcar Baiardo. +Senza che tromba o segno altro accennasse +quando a muover s'avean, senza maestro +che lo schermo e 'l ferir lor ricordasse, +e lor pungesse il cor d'animoso estro, +l'uno e l'altro d'accordo il ferro trasse, +e si venne a trovare agile e destro. +I spessi e gravi colpi a farsi udire +incominciaro, ed a scaldarsi l'ire. +Due spade altre non so per prova elette +ad esser ferme e solide e ben dure, +ch'a tre colpi di quei si fosser rette, +ch'erano fuor di tutte le misure: +ma quelle fur di tempre sì perfette, +per tante esperienze sì sicure, +che ben poteano insieme riscontrarsi +con mille colpi e più, senza spezzarsi. +Or qua Rinaldo, or là mutando il passo, +con gran destrezza e molta industria ed arte +fuggia di Durindana il gran fracasso, +che sa ben come spezza il ferro e parte. +Ferìa maggior percosse il re Gradasso; +ma quasi tutte al vento erano sparte: +se coglieva talor, coglieva in loco +ove potea gravare e nuocer poco. +L'altro con più ragion sua spada inchina, +e fa spesso al pagan stordir le braccia; +e quando ai fianchi e quando ove confina +la corazza con l'elmo, gli la caccia: +ma trova l'armatura adamantina, +sì ch'una maglia non ne rompe o straccia. +Se dura e forte la ritrova tanto, +avvien perch'ella è fatta per incanto. +Senza prender riposo erano stati +gran pezzo tanto alla battaglia fisi, +che volti gli occhi in nessun mai de' lati +aveano, fuor che nei turbati visi; +quando da un'altra zuffa distornati, +e da tanto furor furon divisi. +Ambi voltaro a un gran strepito il ciglio, +e videro Baiardo in gran periglio. +Vider Baiardo a zuffa con un mostro +ch'era più di lui grande, ed era augello: +avea più lungo di tre braccia il rostro; +l'altre fattezze avea di vipistrello; +avea la piuma negra come inchiostro; +avea l'artiglio grande, acuto e fello; +occhi di fuoco, e sguardo avea crudele; +l'ale avea grandi, che parean due vele. +Forse era vero augel, ma non so dove +o quando un altro ne sia stato tale. +Non ho veduto mai, né letto altrove, +fuor ch'in Turpin, d'un sì fatto animale: +questo rispetto a credere mi muove, +che l'augel fosse un diavolo infernale +che Malagigi in quella forma trasse, +acciò che la battaglia disturbasse. +Rinaldo il credette anco, e gran parole +e sconce poi con Malagigi n'ebbe. +Egli già confessar non glielo vuole; +e perché tor di colpa si vorrebbe, +giura pel lume che dà lume al sole, +che di questo imputato esser non debbe. +Fosse augello o demonio, il mostro scese +sopra Baiardo, e con l'artiglio il prese. +Le redine il destrier, ch'era possente, +subito rompe, e con sdegno e con ira +contra l'augello i calci adopra e 'l dente; +ma quel veloce in aria si ritira: +indi ritorna, e con l'ugna pungente +lo va battendo, e d'ogn'intorno aggira. +Baiardo offeso, e che non ha ragione +di schermo alcun, ratto a fuggir si pone. +Fugge Baiardo alla vicina selva, +e va cercando le più spesse fronde. +Segue di sopra la pennuta belva +con gli occhi fisi ove la via seconde; +ma pure il buon destrier tanto s'inselva, +ch'al fin sotto una grotta si nasconde. +Poi che l'alato ne perde la traccia, +ritorna in cielo, e cerca nuova caccia. +Rinaldo e 'l re Gradasso, che partire +veggono la cagion de la lor pugna, +restan d'accordo quella differire +fin che Baiardo salvino da l'ugna +che per la scura selva il fa fuggire; +con patto, che qual d'essi lo raggiugna, +a quella fonte lo restituisca, +ove la lite lor poi si finisca. +Seguendo, si partir da la fontana, +l'erbe novellamente in terra peste. +Molto da lor Baiardo s'allontana, +ch'ebbon le piante in seguir lui mal preste. +Gradasso, che non lungi avea l'alfana, +sopra vi salse, e per quelle foreste +molto lontano il paladin lasciosse, +tristo e peggio contento che mai fosse. +Rinaldo perdé l'orme in pochi passi +del suo destrier, che fe' strano viaggio; +ch'andò rivi cercando, arbori e sassi, +il più spinoso luogo, il più selvaggio, +acciò che da quella ugna si celassi, +che cadendo dal ciel gli facea oltraggio. +Rinaldo, dopo la fatica vana, +ritornò ad aspettarlo alla fontana, +se da Gradasso vi fosse condutto, +sì come tra lor dianzi si convenne. +Ma poi che far si vide poco frutto, +dolente e a piedi in campo se ne venne. +Or torniamo a quell'altro, al quale in tutto +diverso da Rinaldo il caso avvenne. +Non per ragion, ma per suo gran destino +sentì anitrire il buon destrier vicino; +e lo trovò ne la spelonca cava, +da l'avuta paura anco sì oppresso, +ch'uscire allo scoperto non osava: +perciò l'ha in suo potere il pagan messo. +Ben de la convenzion si raccordava, +ch'alla fonte tornar dovea con esso; +ma non è più disposto d'osservarla, +e così in mente sua tacito parla: +— Abbial chi aver lo vuol con lite e guerra: +io d'averlo con pace più disio. +Da l'uno all'altro capo de la terra +già venni, e sol per far Baiardo mio. +Or ch'io l'ho in mano, ben vaneggia ed erra +chi crede che depor lo volesse io. +Se Rinaldo lo vuol, non disconviene, +come io già in Francia, or s'egli in India viene. +Non men sicura a lui fia Sericana, +che già due volte Francia a me sia stata. — +Così dicendo, per la via più piana +ne venne in Arli, e vi trovò l'armata; +e quindi con Baiardo e Durindana +si partì sopra una galea spalmata. +Ma questo a un'altra volta; ch'or Gradasso, +Rinaldo e tutta Francia a dietro lasso. +Voglio Astolfo seguir, ch'a sella e a morso, +a uso facea andar di palafreno +l'ippogrifo per l'aria a sì gran corso, +che l'aquila e il falcon vola assai meno. +Poi che de' Galli ebbe il paese scorso +da un mare a l'altro e da Pirene al Reno, +tornò verso ponente alla montagna +che separa la Francia da la Spagna. +Passò in Navarra, ed indi in Aragona, +lasciando a chi 'l vedea gran maraviglia. +Restò lungi a sinistra Taracona, +Biscaglia a destra, ed arrivò in Castiglia. +Vide Gallizia e 'l regno d'Ulisbona, +poi volse il corso a Cordova e Siviglia; +né lasciò presso al mar né fra campagna +città, che non vedesse tutta Spagna. +Vide le Gade e la meta che pose +ai primi naviganti Ercole invitto. +Per l'Africa vagar poi si dispose +dal mar d'Atlante ai termini d'Egitto. +Vide le Baleariche famose, +e vide Eviza appresso al camin dritto. +Poi volse il freno, e tornò verso Arzilla +sopra 'l mar che da Spagna dipartilla. +Vide Marocco, Feza, Orano, Ippona, +Algier, Buzea, tutte città superbe, +c'hanno d'altre città tutte corona, +corona d'oro, e non di fronde o d'erbe. +Verso Biserta e Tunigi poi sprona: +vide Capisse e l'isola d'Alzerbe +e Tripoli e Bernicche e Tolomitta, +sin dove il Nilo in Asia si tragitta. +Tra la marina e la silvosa schena +del fiero Atlante vide ogni contrada. +Poi diè le spalle ai monti di Carena, +e sopra i Cirenei prese la strada; +e traversando i campi de l'arena, +venne a' confin di Nubia in Albaiada. +Rimase dietro il cimiter di Batto +e l'gran tempio d'Amon, ch'oggi è disfatto. +Indi giunse ad un'altra Tremisenne, +che di Maumetto pur segue lo stilo. +Poi volse agli altri Etiopi le penne, +che contra questi son di là dal Nilo. +Alla città di Nubia il camin tenne +tra Dobada e Coalle in aria a filo. +Questi cristiani son, quei saracini; +e stan con l'arme in man sempre a' confini. +Senapo imperator de la Etiopia, +ch'in loco tien di scettro in man la croce, +di gente, di cittadi e d'oro ha copia +quindi fin là dove il mar Rosso ha foce; +e serva quasi nostra fede propia, +che può salvarlo da l'esilio atroce. +Gli è, s'io non piglio errore, in questo loco +ove al battesmo loro usano un fuoco. +Dismontò il duca Astolfo alla gran corte +dentro di Nubia, e visitò il Senapo. +Il castello è più ricco assai che forte, +ove dimora d'Etiopia il capo. +Le catene dei ponti e de le porte, +gangheri e chiavistei da piedi a capo, +e finalmente tutto quel lavoro +che noi di ferro usiamo, ivi usan d'oro. +Ancor che del finissimo metallo +vi sia tale abondanza, è pur in pregio. +Colonnate di limpido cristallo +son le gran logge del palazzo regio. +Fan rosso, bianco, verde, azzurro e giallo +sotto i bei palchi un relucente fregio, +divisi tra proporzionati spazi, +rubin, smeraldi, zafiri e topazi. +In mura, in tetti, in pavimenti sparte +eran le perle, eran le ricche gemme. +Quivi il balsamo nasce; e poca parte +n'ebbe appo questi mai Ierusalemme. +Il muschio ch'a noi vien, quindi si parte; +quindi vien l'ambra, e cerca altre maremme: +vengon le cose in somma da quel canto, +che nei paesi nostri vaglion tanto. +Si dice che 'l soldan, re de l'Egitto, +a quel re dà tributo e sta suggetto, +perch'è in poter di lui dal camin dritto +levare il Nilo, e dargli altro ricetto, +e per questo lasciar subito afflitto +di fame il Cairo e tutto quel distretto. +Senapo detto è dai sudditi suoi; +gli diciàn Presto o Preteianni noi. +Di quanti re mai d'Etiopia foro, +il più ricco fu questi e il più possente; +ma con tutta sua possa e suo tesoro, +gli occhi perduti avea miseramente. +E questo era il minor d'ogni martoro: +molto era più noioso e più spiacente, +che, quantunque ricchissimo si chiame, +cruciato era da perpetua fame. +Se per mangiare o ber quello infelice +venìa cacciato dal bisogno grande, +tosto apparia l'infernal schiera ultrice, +le mostruose arpie brutte e nefande, +che col griffo e con l'ugna predatrice +spargeano i vasi, e rapian le vivande; +e quel che non capia lor ventre ingordo, +vi rimanea contaminato e lordo. +E questo, perch'essendo d'anni acerbo, +e vistosi levato in tanto onore, +che, oltre alle ricchezze, di più nerbo +era di tutti gli altri e di più core; +divenne, come Lucifer, superbo, +e pensò muover guerra al suo Fattore. +Con la sua gente la via prese al dritto +al monte onde esce il gran fiume d'Egitto. +Inteso avea che su quel monte alpestre, +ch'oltre alle nubi e presso al ciel si leva, +era quel paradiso che terrestre +si dice, ove abitò già Adamo ed Eva. +Con camelli, elefanti, e con pedestre +esercito, orgoglioso si moveva +con gran desir, se v'abitava gente, +di farla alle sue leggi ubbidiente. +Dio gli ripresse il temerario ardire, +e mandò l'angel suo tra quelle frotte, +che centomila ne fece morire, +e condannò lui di perpetua notte. +Alla sua mensa poi fece venire +l'orrendo mostro da l'infernal grotte, +che gli rapisce e contamina i cibi, +né lascia che ne gusti o ne delibi. +Ed in desperazion continua il messe +uno che già gli avea profetizzato +che le sue mense non sariano oppresse +da la rapina e da l'odore ingrato, +quando venir per l'aria si vedesse +un cavallier sopra un cavallo alato. +Perché dunque impossibil parea questo, +privo d'ogni speranza vivea mesto. +Or che con gran stupor vede la gente +sopra ogni muro e sopra ogn'alta torre +entrare il cavalliero, immantinente +è chi a narrarlo al re di Nubia corre, +a cui la profezia ritorna a mente; +ed obliando per letizia torre +la fedel verga, con le mani inante +vien brancolando al cavallier volante. +Astolfo ne la piazza del castello +con spaziose ruote in terra scese. +Poi che fu il re condotto inanzi a quello, +inginochiossi, e le man giunte stese, +e disse: — Angel di Dio, Messi novello, +s'io non merto perdono a tante offese, +mira che proprio è a noi peccar sovente, +a voi perdonar sempre a chi si pente. +Del mio error consapevole, non chieggio +né chiederti ardirei gli antiqui lumi. +Che tu lo possa far, ben creder deggio, +che sei de' cari a Dio beati numi. +Ti basti il gran martìr ch'io non ci veggio, +senza ch'ognor la fame mi consumi: +almen discaccia le fetide arpie, +che non rapiscan le vivande mie. +E di marmore un tempio ti prometto +edificar de l'alta regia mia, +che tutte d'oro abbia le porte e 'l tetto, +e dentro e fuor di gemme ornato sia; +e dal tuo santo nome sarà detto, +e del miracol tuo scolpito fia. — +Così dicea quel re che nulla vede, +cercando invan baciare al duca il piede. +Rispose Astolfo: — Né l'angel di Dio, +né son Messia novel, né dal cielo vegno; +ma son mortale e peccatore anch'io, +di tanta grazia a me concessa indegno. +Io farò ogn'opra acciò che 'l mostro rio, +per morte o fuga, io ti levi del regno. +S'io il fo, me non, ma Dio ne loda solo, +che per tuo aiuto qui mi drizzò il volo. +Fa questi voti a Dio, debiti a lui; +a lui le chiese edifica e gli altari. — +Così parlando, andavano ambidui +verso il castello fra i baron preclari. +Il re commanda ai servitori sui +che subito il convito si prepari, +sperando che non debba essergli tolta +la vivanda di mano a questa volta. +Dentro una ricca sala immantinente +apparecchiossi il convito solenne. +Col Senapo s'assise solamente +il duca Astolfo, e la vivanda venne. +Ecco per l'aria lo stridor si sente, +percossa intorno da l'orribil penne; +ecco venir l'arpie brutte e nefande, +tratte dal cielo a odor de le vivande. +Erano sette in una schiera, e tutte +volto di donne avean, pallide e smorte, +per lunga fame attenuate e asciutte, +orribili a veder più che la morte. +L'alaccie grandi avean, deformi e brutte; +le man rapaci, e l'ugne incurve e torte; +grande e fetido il ventre, e lunga coda, +come di serpe che s'aggira e snoda. +Si sentono venir per l'aria, e quasi +si veggon tutte a un tempo in su la mensa +rapire i cibi e riversare i vasi: +e molta feccia il ventre lor dispensa, +tal che gli è forza d'atturare i nasi; +che non si può patir la puzza immensa. +Astolfo, come l'ira lo sospinge, +contra gli ingordi augelli il ferro stringe. +Uno sul collo, un altro su la groppa +percuote, e chi nel petto, e chi ne l'ala; +ma come fera in su 'n sacco di stoppa, +poi langue il colpo, e senza effetto cala: +e quei non vi lasciar piatto né coppa +che fosse intatta, né sgombrar la sala, +prima che le rapine e il fiero pasto +contaminato il tutto avesse e guasto. +Avuto avea quel re ferma speranza +nel duca, che l'arpie gli discacciassi; +ed or che nulla ove sperar gli avanza, +sospira e geme, e disperato stassi. +Viene al duca del corno rimembranza, +che suole aitarlo ai perigliosi passi; +e conchiude tra sé, che questa via +per discacciare i mostri ottima sia. +E prima fa che 'l re con suoi baroni +di calda cera l'orecchia si serra, +acciò che tutti, come il corno suoni, +non abbiano a fuggir fuor de la terra. +Prende la briglia, e salta sugli arcioni +de l'ippogrifo, ed il bel corno afferra; +e con cenni allo scalco poi commanda +che riponga la mensa e la vivanda. +E così in una loggia s'apparecchia +con altra mensa altra vivanda nuova. +Ecco l'arpie che fan l'usanza vecchia: +Astolfo il corno subito ritrova. +Gli augelli, che non han chiusa l'orecchia, +udito il suon, non puon stare alla prova; +ma vanno in fuga pieni di paura, +né di cibo né d'altro hanno più cura. +Subito il paladin dietro lor sprona: +volando esce il destrier fuor de la loggia, +e col castel la gran città abandona, +e per l'aria, cacciando i mostri, poggia. +Astolfo il corno tuttavolta suona: +fuggon l'arpie verso la zona roggia, +tanto che sono all'altissimo monte +ove il Nilo ha, se in alcun luogo ha, fonte. +Quasi de la montagna alla radice +entra sotterra una profonda grotta, +che certissima porta esser si dice +di ch'allo 'nferno vuol scender talotta. +Quivi s'è quella turba predatrice, +come in sicuro albergo, ricondotta, +e giù sin di Cocito in su la proda +scesa, e più là, dove quel suon non oda. +All'infernal caliginosa buca +ch'apre la strada a chi abandona il lume, +finì l'orribil suon l'inclito duca, +e fe' raccorre al suo destrier le piume. +Ma prima che più inanzi io lo conduca, +per non mi dipartir dal mio costume, +poi che da tutti i lati ho pieno il foglio, +finire il canto, e riposar mi voglio. Oh famelice, inique e fiere arpie +ch'all'accecata Italia e d'error piena, +per punir forse antique colpe rie, +in ogni mensa alto giudicio mena! +Innocenti fanciulli e madri pie +cascan di fame, e veggon ch'una cena +di questi mostri rei tutto divora +ciò che del viver lor sostegno fôra. +Troppo fallò chi le spelonche aperse, +che già molt'anni erano state chiuse; +onde il fetore e l'ingordigia emerse, +ch'ad ammorbare Italia si diffuse. +Il bel vivere allora si summerse; +e la quiete in tal modo s'escluse, +ch'in guerre, in povertà sempre e in affanni +è dopo stata, ed è per star molt'anni: +fin ch'ella un giorno ai neghitosi figli +scuota la chioma, e cacci fuor di Lete, +gridando lor: — Non fia chi rassimigli +alla virtù di Calai e di Zete? +che le mense dal puzzo e dagli artigli +liberi, e torni a lor mondizia liete, +come essi già quelle di Fineo, e dopo +fe' il paladin quelle del re etiopo. — +Il paladin col suono orribil venne +le brutte arpie cacciando in fuga e in rotta, +tanto ch'a piè d'un monte si ritenne, +ove esse erano entrate in una grotta. +L'orecchie attente allo spiraglio tenne, +e l'aria ne sentì percossa e rotta +da pianti e d'urli e da lamento eterno: +segno evidente quivi esser lo 'nferno. +Astolfo si pensò d'entrarvi dentro, +e veder quei c'hanno perduto il giorno, +e penetrar la terra fin al centro, +e le bolge infernal cercare intorno. +— Di che debbo temer (dicea) s'io v'entro, +che mi posso aiutar sempre col corno? +Farò fuggir Plutone e Satanasso, +e 'l can trifauce leverò dal passo. — +De l'alato destrier presto discese, +e lo lasciò legato a un arbuscello: +poi si calò ne l'antro, e prima prese +il corno, avendo ogni sua speme in quello. +Non andò molto inanzi, che gli offese +il naso e gli occhi un fumo oscuro e fello, +più che di pece grave e che di zolfo: +non sta d'andar per questo inanzi Astolfo. +Ma quando va più inanzi, più s'ingrossa +il fumo e la caligine, e gli pare +ch'andare inanzi più troppo non possa; +che sarà forza a dietro ritornare. +Ecco, non sa che sia, vede far mossa +da la volta di sopra, come fare +il cadavero appeso al vento suole, +che molti dì sia stato all'acqua e al sole. +Sì poco, e quasi nulla era di luce +in quella affumicata e nera strada, +che non comprende e non discerne il duce +chi questo sia che sì per l'aria vada; +e per notizia averne si conduce +a dargli uno o due colpi de la spada. +Stima poi ch'un spirto esser quel debbia; +che gli par di ferir sopra la nebbia. +Allor sentì parlar con voce mesta: +— Deh, senza fare altrui danno, giù cala! +Pur troppo il negro fumo mi molesta, +che dal fuoco infernal qui tutto esala. — +Il duca stupefatto allor s'arresta, +e dice all'ombra: — Se Dio tronchi ogni ala +al fumo, sì ch'a te più non ascenda, +non ti dispiaccia che 'l tuo stato intenda. +E se vuoi che di te porti novella +nel mondo su, per satisfarti sono. — +L'ombra rispose: — Alla luce alma e bella +tornar per fama ancor sì mi par buono, +che le parole è forza che mi svella +il gran desir c'ho d'aver poi tal dono, +e che 'l mio nome e l'esser mio ti dica, +ben che 'l parlar mi sia noia e fatica. — +E cominciò: — Signor, Lidia sono io, +del re di Lidia in grande altezza nata, +qui dal giudicio altissimo di Dio +al fumo eternamente condannata, +per esser stata al fido amante mio, +mentre io vissi, spiacevole ed ingrata. +D'altre infinite è questa grotta piena, +poste per simil fallo in simil pena. +Sta la cruda Anassarete più al basso, +ove è maggiore il fumo e più martire. +Restò converso al mondo il corpo in sasso +e l'anima qua giù venne a patire, +poi che veder per lei l'afflitto e lasso +suo amante appeso poté sofferire. +Qui presso è Dafne, ch'or s'avvede quanto +errasse a fare Apollo correr tanto. +Lungo saria se gl'infelici spirti +de le femine ingrate, che qui stanno, +volesse ad uno ad uno riferirti; +che tanti son, ch'in infinito vanno. +Più lungo ancor saria gli uomini dirti, +a' quai l'essere ingrato ha fatto danno, +e che puniti sono in peggior loco, +ove il fumo gli accieca, e cuoce il fuoco. +Perché le donne più facili e prone +a creder son, di più supplicio è degno +chi lor fa inganno. Il sa Teseo e Iasone +e chi turbò a Latin l'antiquo regno; +sallo ch'incontra sé il frate Absalone +per Tamar trasse a sanguinoso sdegno; +ed altri ed altre: che sono infiniti, +che lasciato han chi moglie e chi mariti. +Ma per narrar di me più che d'altrui, +e palesar l'error che qui mi trasse, +bella, ma altiera più, sì in vita fui, +che non so s'altra mai mi s'aguagliasse: +né ti saprei ben dir, di questi dui, +s'in me l'orgoglio o la beltà avanzasse; +quantunque il fasto o l'alterezza nacque +da la beltà ch'a tutti gli occhi piacque. +Era in quel tempo in Tracia un cavalliero +estimato il miglior del mondo in arme, +il qual da più d'un testimonio vero +di singular beltà sentì lodarme; +tal che spontaneamente fe' pensiero +di volere il suo amor tutto donarme, +stimando meritar per suo valore, +che caro aver di lui dovessi il core. +In Lidia venne; e d'un laccio più forte +vinto restò, poi che veduta m'ebbe. +Con gli altri cavallier si messe in corte +del padre mio, dove in gran fama crebbe. +L'alto valore e le più d'una sorte +prodezze che mostrò, lungo sarebbe +a raccontarti, e il suo merto infinito, +quando egli avesse a più grato uom servito. +Panfilia e Caria e il regno de' Cilici +per opra di costui mio padre vinse; +che l'esercito mai contra i nimici, +se non quanto volea costui, non spinse. +Costui, poi che gli parve i benefici +suoi meritarlo, un dì col re si strinse +a domandargli in premio de le spoglie +tante arrecate, ch'io fossi sua moglie. +Fu repulso dal re, ch'in grande stato +maritar disegnava la figliuola, +non a costui che cavallier privato +altro non tien che la virtude sola: +e 'l padre mio troppo al guadagno dato, +e all'avarizia, d'ogni vizio scuola, +tanto apprezza costumi, o virtù ammira, +quanto l'asino fa il suon de la lira. +Alceste, il cavallier di ch'io ti parlo +(che così nome avea), poi che si vede +repulso da chi più gratificarlo +era più debitor, commiato chiede; +e lo minaccia, nel partir, di farlo +pentir che la figliuola non gli diede. +Se n'andò al re d'Armenia, emulo antico +del re di Lidia e capital nimico; +e tanto stimulò, che lo dispose +a pigliar l'arme e far guerra a mio padre. +Esso per l'opre sue chiare e famose +fu fatto capitan di quelle squadre. +Pel re d'Armenia tutte l'altre cose +disse ch'acquisteria: sol le leggiadre +e belle membra mie volea per frutto +de l'opra sua, vinto ch'avesse il tutto. +Io non ti potre' esprimere il gran danno +ch'Alceste al padre mio fa in quella guerra. +Quattro eserciti rompe, e in men d'un anno +lo mena a tal, che non gli lascia terra, +fuor ch'un castel ch'alte pendici fanno +fortissimo; e là dentro il re si serra +con la famiglia che più gli era accetta, +e col tesor che trar vi puote in fretta. +Quivi assedionne Alceste; ed in non molto +termine a tal disperazion ne trasse, +che per buon patto avria mio padre tolto +che moglie e serva ancor me gli lasciasse +con la metà del regno, s'indi assolto +restar d'ogni altro danno si sperasse. +Vedersi in breve de l'avanzo privo +era ben certo, e poi morir captivo. +Tentar, prima ch'accada, si dispone +ogni rimedio che possibil sia; +e me, che d'ogni male era cagione, +fuor de la rocca, ov'era Alceste invia. +Io vo ad Alceste con intenzione +di dargli in preda la persona mia, +e pregar che la parte che vuol tolga +del regno nostro, e l'ira in pace volga. +Come ode Alceste ch'io vo a ritrovarlo, +mi viene incontra pallido e tremante: +di vinto e di prigione, a riguardarlo, +più che di vincitore, have sembiante. +Io che conosco ch'arde, non gli parlo +sì come avea già disegnato inante: +vista l'occasion, fo pensier nuovo +conveniente al grado in ch'io lo trovo. +A maledir comincio l'amor d'esso, +e di sua crudeltà troppo a dolermi, +ch'iniquamente abbia mio padre oppresso, +e che per forza abbia cercato avermi; +che con più grazia gli saria successo +indi a non molti dì, se tener fermi +saputo avesse i modi cominciati, +ch'al re ed a tutti noi sì furon grati. +E se ben da principio il padre mio +gli avea negata la domanda onesta +(però che di natura è un poco rio, +né mai si piega alla prima richiesta), +farsi per ciò di ben servir restio +non doveva egli, e aver l'ira sì presta; +anzi, ognor meglio oprando, tener certo +venire in breve al desiato merto. +E quando anco mio padre a lui ritroso +stato fosse, io l'avrei tanto pregato, +ch'avria l'amante mio fatto mio sposo. +Pur, se veduto io l'avessi ostinato, +avrei fatto tal opra di nascoso, +che di me Alceste si saria lodato. +Ma poi ch'a lui tentar parve altro modo, +io di mai non l'amar fisso avea il chiodo. +E se ben era a lui venuta, mossa +da la pietà ch'al mio padre portava, +sia certo che non molto fruir possa +il piacer ch'al dispetto mio gli dava; +ch'era per far di me la terra rossa, +tosto ch'io avessi alla sua voglia prava +con questa mia persona satisfatto +di quel che tutto a forza saria fatto. +Queste parole e simili altre usai, +poi che potere in lui mi vidi tanto; +e 'l più pentito lo rendei, che mai +si trovasse ne l'eremo alcun santo. +Mi cadde a' piedi, e supplicommi assai, +che col coltel che si levò da canto +(e volea in ogni modo ch'io 'l pigliassi) +di tanto fallo suo mi vendicassi. +Poi ch'io lo trovo tale, io fo disegno +la gran vittoria insin al fin seguire: +gli do speranza di farlo anco degno +che la persona mia potrà fruire, +s'emendando il suo error, l'antiquo regno +al padre mio farà restituire; +e nel tempo a venir vorrà acquistarme +servendo, amando, e non mai più per arme. +Così far mi promesse, e ne la rocca +intatta mi mandò, come a lui venni, +né di baciarmi pur s'ardì la bocca: +vedi s'al collo il giogo ben gli tenni; +vedi se bene Amor per me lo tocca, +se convien che per lui più strali impenni. +Al re d'Armenia andò, di cui dovea +esser per patto ciò che si prendea: +e con quel miglior modo ch'usar puote, +lo priega ch'al mio padre il regno lassi, +del qual le terre ha depredate e vote, +ed a goder l'antiqua Armenia passi. +Quel re, d'ira infiammando ambe le gote, +disse ad Alceste che non vi pensassi; +che non si volea tor da quella guerra, +fin che mio padre avea palmo di terra. +E s'Alceste è mutato alle parole +d'una vil feminella, abbiasi il danno. +Già a' prieghi esso di lui perder non vuole +quel ch'a fatica ha preso in tutto un anno. +Di nuovo Alceste il priega, e poi si duole +che seco effetto i prieghi suoi non fanno. +All'ultimo s'adira, e lo minaccia +che vuol, per forza o per amor, lo faccia. +L'ira multiplicò sì, che li spinse +da le male parole ai peggior fatti. +Alceste contra il re la spada strinse +fra mille ch'in suo aiuto s'eran tratti, +e mal grado lor tutti, ivi l'estinse; +e quel dì ancor gli Armeni ebbe disfatti, +con l'aiuto de' Cilici e de' Traci +che pagava egli, e d'altri suoi seguaci. +Seguitò la vittoria, ed a sue spese, +senza dispendio alcun del padre mio, +ne rendé tutto il regno in men d'un mese. +Poi per ricompensarne il danno rio, +oltr'alle spoglie che ne diede, prese +in parte, e gravò in parte di gran fio +Armenia e Capadocia che confina, +e scorse Ircania fin su la marina. +In luogo di trionfo, al suo ritorno, +facemmo noi pensier dargli la morte. +Restammo poi, per non ricever scorno; +che lo veggiàn troppo d'amici forte. +Fingo d'amarlo, e più di giorno in giorno +gli do speranza d'essergli consorte; +ma prima contra altri nimici nostri +dico voler che sua virtù dimostri. +E quando sol, quando con poca gente +lo mando a strane imprese e perigliose, +da farne morir mille agevolmente: +ma lui successer ben tutte le cose; +che tornò con vittoria, e fu sovente +con orribil persone e mostruose, +con Griganti a battaglia e Lestrigoni, +ch'erano infesti a nostre regioni. +Non fu da Euristeo mai, non fu mai tanto +da la matrigna esercitato Alcide +in Lerna, in Nemea, in Tracia, in Erimanto, +alle valli d'Etolia, alle Numide, +sul Tevre, su l'Ibero e altrove; quanto +con prieghi finti e con voglie omicide +esercitato fu da me il mio amante, +cercando io pur di torlomi davante. +Né potendo venire al primo intento, +vengone ad un di non minore effetto: +gli fo quei tutti ingiuriar, ch'io sento +che per lui sono, e a tutti in odio il metto. +Egli che non sentia maggior contento +che d'ubbidirmi, senza alcun rispetto +le mani ai cenni miei sempre avea pronte, +senza guardare un più d'un altro in fronte. +Poi che mi fu, per questo mezzo, aviso +spento aver del mio padre ogni nimico, +e per lui stesso Alceste aver conquiso, +che non si avea, per noi, lasciato amico; +quel ch'io gli avea con simulato viso +celato fin allor, chiaro gli esplico: +che grave e capitale odio gli porto, +e pur tuttavia cerco che sia morto. +Considerando poi, s'io lo facessi, +ch'in publica ignominia ne verrei +(sapeasi troppo quanto io gli dovessi, +e crudel detta sempre ne sarei), +mi parve fare assai ch'io gli togliessi +di mai venir più inanzi agli occhi miei. +Né veder né parlar mai più gli volsi, +né messo udi', né lettera ne tolsi. +Questa mia ingratitudine gli diede +tanto martìr, ch'al fin dal dolor vinto, +e dopo un lungo domandar mercede, +infermo cadde, e ne rimase estinto. +Per pena ch'al fallir mio si richiede, +or gli occhi ho lacrimosi, e il viso tinto +del negro fumo: e così avrò in eterno; +che nulla redenzione è ne l'inferno. — +Poi che non parla più Lidia infelice, +va il duca per saper s'altri vi stanzi: +ma la caligine alta ch'era ultrice +de l'opre ingrate, si gl'ingrossa inanzi, +ch'andare un palmo sol più non gli lice; +anzi a forza tornar gli conviene, anzi, +perché la vita non gli sia intercetta +dal fumo, i passi accelerar con fretta. +Il mutar spesso de le piante ha vista +di corso, e non di chi passeggia o trotta. +Tanto, salendo inverso l'erta, acquista, +che vede dove aperta era la grotta; +e l'aria, già caliginosa e trista, +dal lume cominciava ad esser rotta. +Al fin con molto affanno e grave ambascia +esce de l'antro, e dietro il fumo lascia. +E perché del tornar la via sia tronca +a quelle bestie c'han sì ingorde l'epe, +raguna sassi, e molti arbori tronca, +che v'eran qual d'amomo e qual di pepe; +e come può, dinanzi alla spelonca +fabrica di sua man quasi una siepe: +e gli succede così ben quell'opra, +che più l'arpie non torneran di sopra. +Il negro fumo de la scura pece, +mentre egli fu ne la caverna tetra, +non macchiò sol quel ch'apparia, ed infece, +ma sotto i panni ancora entra e penètra; +sì che per trovare acqua andar lo fece +cercando un pezzo; e al fin fuor d'una pietra +vide una fonte uscir ne la foresta, +ne la qual si lavò dal piè alla testa. +Poi monta il volatore, e in aria s'alza +per giunger di quel monte in su la cima, +che non lontan con la superna balza +dal cerchio de la luna esser si stima. +Tanto è il desir che di veder lo 'ncalza, +ch'al cielo aspira, e la terra non stima. +De l'aria più e più sempre guadagna, +tanto ch'al giogo va de la montagna. +Zafir, rubini, oro, topazi e perle, +e diamanti e crisoliti e iacinti +potriano i fiori assimigliar, che per le +liete piaggie v'avea l'aura dipinti: +sì verdi l'erbe, che possendo averle +qua giù, ne fôran gli smeraldi vinti; +né men belle degli arbori le frondi, +e di frutti e di fior sempre fecondi. +Cantan fra i rami gli augelletti vaghi +azzurri e bianchi e verdi e rossi e gialli. +Murmuranti ruscelli e cheti laghi +di limpidezza vincono i cristalli. +Una dolce aura che ti par che vaghi +a un modo sempre e dal suo stil non falli, +facea sì l'aria tremolar d'intorno, +che non potea noiar calor del giorno: +e quella ai fiori, ai pomi e alla verzura +gli odor diversi depredando giva, +e di tutti faceva una mistura +che di soavità l'alma notriva. +Surgea un palazzo in mezzo alla pianura, +ch'acceso esser parea di fiamma viva: +tanto splendore intorno e tanto lume +raggiava, fuor d'ogni mortal costume. +Astolfo il suo destrier verso il palagio +che più di trenta miglia intorno aggira, +a passo lento fa muovere ad agio, +e quinci e quindi il bel paese ammira; +e giudica, appo quel, brutto e malvagio, +e che sia al ciel ed a natura in ira +questo ch'abitian noi fetido mondo: +tanto è soave quel, chiaro e giocondo. +Come egli è presso al luminoso tetto, +attonito riman di maraviglia; +che tutto d'una gemma è 'l muro schietto, +più che carbonchio lucida e vermiglia. +O stupenda opra, o dedalo architetto! +Qual fabrica tra noi le rassimiglia? +Taccia qualunque le mirabil sette +moli del mondo in tanta gloria mette. +Nel lucente vestibulo di quella +felice casa un vecchio al duca occorre, +che 'l manto ha rosso, e bianca la gonnella, +che l'un può al latte, e l'altro al minio opporre. +I crini ha bianchi, e bianca la mascella +di folta barba ch'al petto discorre; +ed è sì venerabile nel viso, +ch'un degli eletti par del paradiso. +Costui con lieta faccia al paladino, +che riverente era d'arcion disceso, +disse: — O baron, che per voler divino +sei nel terrestre paradiso asceso; +come che né la causa del camino, +né il fin del tuo desir da te sia inteso; +pur credi che non senza alto misterio +venuto sei da l'artico emisperio. +Per imparar come soccorrer déi +Carlo, e la santa fé tor di periglio +venuto meco a consigliar ti sei +per così lunga via, senza consiglio. +Né a tuo saper, né a tua virtù vorrei +ch'esser qui giunto attribuissi, o figlio; +che né il tuo corno, né il cavallo alato +ti valea, se da Dio non t'era dato. +Ragionerem più ad agio insieme poi, +e ti dirò come a procedere hai: +ma prima vienti a ricrear con noi; +che 'l digiun lungo de' noiarti ormai. — +Continuando il vecchio i detti suoi, +fece meravigliare il duca assai, +quando scoprendo il nome suo, gli disse +esser colui che l'evangelio scrisse: +quel tanto al Redentor caro Giovanni, +per cui il sermone tra i fratelli uscìo, +che non dovea per morte finir gli anni; +sì che fu causa che 'l figliuol di Dio +a Pietro disse: — Perché pur t'affanni, +s'io vo' che così aspetti il venir mio? — +Ben che non disse: egli non de' morire, +si vede pur che così volse dire. +Quivi fu assunto, e trovò compagnia, +che prima Enoch, il patriarca, v'era; +eravi insieme il gran profeta Elia, +che non han vista ancor l'ultima sera; +e fuor de l'aria pestilente e ria +si goderan l'eterna primavera, +fin che dian segno l'angeliche tube, +che torni Cristo in su la bianca nube. +Con accoglienza grata il cavalliero +fu dai santi alloggiato in una stanza; +fu provisto in un'altra al suo destriero +di buona biada, che gli fu a bastanza. +De' frutti a lui del paradiso diero, +di tal sapor, ch'a suo giudicio, sanza +scusa non sono i duo primi parenti, +se per quei fur sì poco ubbidienti. +Poi ch'a natura il duca aventuroso +satisfece di quel che se le debbe, +come col cibo, così col riposo, +che tutti e tutti i commodi quivi ebbe; +lasciando già l'Aurora il vecchio sposo, +ch'ancor per lunga età mai non l'increbbe, +si vide incontra ne l'uscir del letto +il discipul da Dio tanto diletto; +che lo prese per mano, e seco scorse +di molte cose di silenzio degne: +e poi disse: — Figliuol, tu non sai forse +che in Francia accada, ancor che tu ne vegne. +Sappi che 'l vostro Orlando, perché torse +dal camin dritto le commesse insegne, +è punito da Dio, che più s'accende +contra chi egli ama più, quando s'offende. +Il vostro Orlando, a cui nascendo diede +somma possanza Dio con sommo ardire, +e fuor de l'uman uso gli concede +che ferro alcun non lo può mai ferire; +perché a difesa di sua santa fede +così voluto l'ha costituire, +come Sansone incontra a' Filistei +costituì a difesa degli Ebrei: +renduto ha il vostro Orlando al suo Signore +di tanti benefici iniquo merto; +che quanto aver più lo dovea in favore, +n'è stato il fedel popul più deserto. +Sì accecato l'avea l'incesto amore +d'una pagana, ch'avea già sofferto +due volte e più venire empio e crudele, +per dar la morte al suo cugin fedele. +E Dio per questo fa ch'egli va folle, +e mostra nudo il ventre, il petto e il fianco; +e l'intelletto sì gli offusca e tolle, +che non può altrui conoscere, e sé manco. +A questa guisa si legge che volle +Nabuccodonosor Dio punir anco, +che sette anni il mandò il furor pieno, +sì che, qual bue, pasceva l'erba e il fieno. +Ma perch'assai minor del paladino, +che di Nabucco, è stato pur l'eccesso, +sol di tre mesi dal voler divino +a purgar questo error termine è messo. +Né ad altro effetto per tanto camino +salir qua su t'ha il Redentor concesso, +se non perché da noi modo tu apprenda, +come ad Orlando il suo senno si renda. +Gli è ver che ti bisogna altro viaggio +far meco, e tutta abbandonar la terra. +Nel cerchio de la luna a menar t'aggio, +che dei pianeti a noi più prossima erra, +perché la medicina che può saggio +rendere Orlando, là dentro si serra. +Come la luna questa notte sia +sopra noi giunta, ci porremo in via. — +Di questo e d'altre cose fu diffuso +il parlar de l'apostolo quel giorno. +Ma poi che 'l sol s'ebbe nel mar rinchiuso, +e sopra lor levò la luna il corno, +un carro apparecchiòsi, ch'era ad uso +d'andar scorrendo per quei cieli intorno: +quel già ne le montagne di Giudea +da' mortali occhi Elia levato avea. +Quattro destrier via più che fiamma rossi +al giogo il santo evangelista aggiunse; +e poi che con Astolfo rassettossi, +e prese il freno, inverso il ciel li punse. +Ruotando il carro, per l'aria levossi, +e tosto in mezzo il fuoco eterno giunse; +che 'l vecchio fe' miracolosamente, +che, mentre lo passar, non era ardente. +Tutta la sfera varcano del fuoco, +ed indi vanno al regno de la luna. +Veggon per la più parte esser quel loco +come un acciar che non ha macchia alcuna; +e lo trovano uguale, o minor poco +di ciò ch'in questo globo si raguna, +in questo ultimo globo de la terra, +mettendo il mar che la circonda e serra. +Quivi ebbe Astolfo doppia meraviglia: +che quel paese appresso era sì grande, +il quale a un picciol tondo rassimiglia +a noi che lo miriam da queste bande; +e ch'aguzzar conviengli ambe le ciglia, +s'indi la terra e 'l mar ch'intorno spande, +discerner vuol; che non avendo luce, +l'imagin lor poco alta si conduce. +Altri fiumi, altri laghi, altre campagne +sono là su, che non son qui tra noi; +altri piani, altre valli, altre montagne, +c'han le cittadi, hanno i castelli suoi, +con case de le quai mai le più magne +non vide il paladin prima né poi: +e vi sono ample e solitarie selve, +ove le ninfe ognor cacciano belve. +Non stette il duca a ricercar il tutto; +che là non era asceso a quello effetto. +Da l'apostolo santo fu condutto +in un vallon fra due montagne istretto, +ove mirabilmente era ridutto +ciò che si perde o per nostro diffetto, +o per colpa di tempo o di Fortuna: +ciò che si perde qui, là si raguna. +Non pur di regni o di ricchezze parlo, +in che la ruota instabile lavora; +ma di quel ch'in poter di tor, di darlo +non ha Fortuna, intender voglio ancora. +Molta fama è là su, che, come tarlo, +il tempo al lungo andar qua giù divora: +là su infiniti prieghi e voti stanno, +che da noi peccatori a Dio si fanno. +Le lacrime e i sospiri degli amanti, +l'inutil tempo che si perde a giuoco, +e l'ozio lungo d'uomini ignoranti, +vani disegni che non han mai loco, +i vani desideri sono tanti, +che la più parte ingombran di quel loco: +ciò che in somma qua giù perdesti mai, +là su salendo ritrovar potrai. +Passando il paladin per quelle biche, +or di questo or di quel chiede alla guida. +Vide un monte di tumide vesiche, +che dentro parea aver tumulti e grida; +e seppe ch'eran le corone antiche +e degli Assiri e de la terra lida, +e de' Persi e de' Greci, che già furo +incliti, ed or n'è quasi il nome oscuro. +Ami d'oro e d'argento appresso vede +in una massa, ch'erano quei doni +che si fan con speranza di mercede +ai re, agli avari principi, ai patroni. +Vede in ghirlande ascosi lacci; e chiede, +ed ode che son tutte adulazioni. +Di cicale scoppiate imagine hanno +versi ch'in laude dei signor si fanno. +Di nodi d'oro e di gemmati ceppi +vede c'han forma i mal seguiti amori. +V'eran d'aquile artigli; e che fur, seppi, +l'autorità ch'ai suoi danno i signori. +I mantici ch'intorno han pieni i greppi, +sono i fumi dei principi e i favori +che danno un tempo ai ganimedi suoi, +che se ne van col fior degli anni poi. +Ruine di cittadi e di castella +stavan con gran tesor quivi sozzopra. +Domanda, e sa che son trattati, e quella +congiura che sì mal par che si cuopra. +Vide serpi con faccia di donzella, +di monetieri e di ladroni l'opra: +poi vide bocce rotte di più sorti, +ch'era il servir de le misere corti. +Di versate minestre una gran massa +vede, e domanda al suo dottor ch'importe. +— L'elemosina è (dice) che si lassa +alcun, che fatta sia dopo la morte. — +Di vari fiori ad un gran monte passa, +ch'ebbe già buono odore, or putia forte. +Questo era il dono (se però dir lece) +che Costantino al buon Silvestro fece. +Vide gran copia di panie con visco, +ch'erano, o donne, le bellezze vostre. +Lungo sarà, se tutte in verso ordisco +le cose che gli fur quivi dimostre; +che dopo mille e mille io non finisco, +e vi son tutte l'occurrenze nostre: +sol la pazzia non v'è poca né assai; +che sta qua giù, né se ne parte mai. +Quivi ad alcuni giorni e fatti sui, +ch'egli già avea perduti, si converse; +che se non era interprete con lui, +non discernea le forme lor diverse. +Poi giunse a quel che par sì averlo a nui, +che mai per esso a Dio voti non ferse; +io dico il senno: e n'era quivi un monte, +solo assai più che l'altre cose conte. +Era come un liquor suttile e molle, +atto a esalar, se non si tien ben chiuso; +e si vedea raccolto in varie ampolle, +qual più, qual men capace, atte a quell'uso. +Quella è maggior di tutte, in che del folle +signor d'Anglante era il gran senno infuso; +e fu da l'altre conosciuta, quando +avea scritto di fuor: Senno d'Orlando. +E così tutte l'altre avean scritto anco +il nome di color di chi fu il senno. +Del suo gran parte vide il duca franco; +ma molto più maravigliar lo fenno +molti ch'egli credea che dramma manco +non dovessero averne, e quivi dénno +chiara notizia che ne tenean poco; +che molta quantità n'era in quel loco. +Altri in amar lo perde, altri in onori, +altri in cercar, scorrendo il mar, ricchezze; +altri ne le speranze de' signori, +altri dietro alle magiche sciocchezze; +altri in gemme, altri in opre di pittori, +ed altri in altro che più d'altro aprezze. +Di sofisti e d'astrologhi raccolto, +e di poeti ancor ve n'era molto. +Astolfo tolse il suo; che gliel concesse +lo scrittor de l'oscura Apocalisse. +L'ampolla in ch'era al naso sol si messe, +e par che quello al luogo suo ne gisse: +e che Turpin da indi in qua confesse +ch'Astolfo lungo tempo saggio visse; +ma ch'uno error che fece poi, fu quello +ch'un'altra volta gli levò il cervello. +La più capace e piena ampolla, ov'era +il senno che solea far savio il conte, +Astolfo tolle; e non è sì leggiera, +come stimò, con l'altre essendo a monte. +Prima che 'l paladin da quella sfera +piena di luce alle più basse smonte, +menato fu da l'apostolo santo +in un palagio ov'era un fiume a canto; +ch'ogni sua stanza avea piena di velli +di lin, di seta, di coton, di lana, +tinti in vari colori e brutti e belli. +Nel primo chiostro una femina cana +fila a un aspo traea da tutti quelli, +come veggiàn l'estate la villana +traer dai bachi le bagnate spoglie, +quando la nuova seta si raccoglie. +V'è chi, finito un vello, rimettendo +ne viene un altro, e chi ne porta altronde: +un'altra de le filze va scegliendo +il bel dal brutto che quella confonde. +— Che lavor si fa qui, ch'io non l'intendo? — +dice a Giovanni Astolfo; e quel risponde: +— Le vecchie son le Parche, che con tali +stami filano vite a voi mortali. +Quanto dura un de' velli, tanto dura +l'umana vita, e non di più un momento. +Qui tien l'occhio e la Morte e la Natura, +per saper l'ora ch'un debba esser spento. +Sceglier le belle fila ha l'altra cura, +perché si tesson poi per ornamento +del paradiso; e dei più brutti stami +si fan per li dannati aspri legami. — +Di tutti i velli ch'erano già messi +in aspo, e scelti a farne altro lavoro, +erano in brevi piastre i nomi impressi, +altri di ferro, altri d'argento o d'oro: +e poi fatti n'avean cumuli spessi, +de' quali, senza mai farvi ristoro, +portarne via non si vedea mai stanco +un vecchio, e ritornar sempre per anco. +Era quel vecchio sì espedito e snello, +che per correr parea che fosse nato; +e da quel monte il lembo del mantello +portava pien del nome altrui segnato. +Ove n'andava, e perché facea quello, +ne l'altro canto vi sarà narrato, +se d'averne piacer segno farete +con quella grata udienza che solete. Chi salirà per me, madonna, in cielo +a riportarne il mio perduto ingegno? +che, poi ch'uscì da' bei vostri occhi il telo +che 'l cor mi fisse, ognor perdendo vegno. +Né di tanta iattura mi querelo, +pur che non cresca, ma stia a questo segno; +ch'io dubito, se più si va scemando, +di venir tal, qual ho descritto Orlando. +Per riaver l'ingegno mio m'è aviso +che non bisogna che per l'aria io poggi +nel cerchio de la luna o in paradiso; +che 'l mio non credo che tanto alto alloggi. +Ne' bei vostri occhi e nel sereno viso, +nel sen d'avorio e alabastrini poggi +se ne va errando; ed io con queste labbia +lo corrò, se vi par ch'io lo riabbia. +Per gli ampli tetti andava il paladino +tutte mirando le future vite, +poi ch'ebbe visto sul fatal molino +volgersi quelle ch'erano già ordite: +e scorse un vello che più che d'or fino +splender parea; né sarian gemme trite, +s'in filo si tirassero con arte, +da comparargli alla millesma parte. +Mirabilmente il bel vello gli piacque, +che tra infiniti paragon non ebbe; +e di sapere alto disio gli nacque, +quando sarà tal vita, e a chi si debbe. +L'evangelista nulla gliene tacque: +che venti anni principio prima avrebbe +che col .M. e col .D. fosse notato +l'anno corrente dal Verbo incarnato, +E come di splendore e di beltade +quel vello non avea simile o pare, +così saria la fortunata etade +che dovea uscirne al mondo singulare; +perché tutte le grazie inclite e rade +ch'alma Natura, o proprio studio dare, +o benigna Fortuna ad uomo puote, +avrà in perpetua ed infallibil dote. +— Del re de' fiumi tra l'altiere corna +or siede umil (diceagli) e piccol borgo: +dinanzi il Po, di dietro gli soggiorna +d'alta palude un nebuloso gorgo; +che, volgendosi gli anni, la più adorna +di tutte le città d'Italia scorgo, +non pur di mura e d'ampli tetti regi, +ma di bei studi e di costumi egregi. +Tanta esaltazione e così presta, +non fortuìta o d'aventura casca; +ma l'ha ordinata il ciel, perché sia questa +degna in che l'uom di ch'io ti parlo, nasca: +che, dove il frutto ha da venir, s'inesta +e con studio si fa crescer la frasca; +e l'artefice l'oro affinar suole, +in che legar gemma di pregio vuole. +Né sì leggiadra né sì bella veste +unque ebbe altr'alma in quel terrestre regno; +e raro è sceso e scenderà da queste +sfere superne un spirito sì degno, +come per farne Ippolito da Este +n'have l'eterna mente alto disegno. +Ippolito da Este sarà detto +l'uom a chi Dio sì ricco dono ha eletto. +Quegli ornamenti che divisi in molti, +a molti basterian per tutti ornarli, +in suo ornamento avrà tutti raccolti +costui, di c'hai voluto ch'io ti parli. +Le virtudi per lui, per lui soffolti +saran gli studi; e s'io vorrò narrar li +alti suoi merti, al fin son sì lontano, +ch'Orlando il senno aspetterebbe invano. — +Così venìa l'imitator di Cristo +ragionando col duca: e poi che tutte +le stanze del gran luogo ebbono visto, +onde l'umane vite eran condutte, +sul fiume usciro, che d'arena misto +con l'onde discorrea turbide e brutte; +e vi trovar quel vecchio in su la riva, +che con gl'impressi nomi vi veniva. +Non so se vi sia a mente, io dico quello +ch'al fin de l'altro canto vi lasciai, +vecchio di faccia, e sì di membra snello, +che d'ogni cervio è più veloce assai. +Degli altrui nomi egli si empìa il mantello; +scemava il monte, e non finiva mai: +ed in quel fiume che Lete si noma, +scarcava, anzi perdea la ricca soma. +Dico che, come arriva in su la sponda +del fiume, quel prodigo vecchio scuote +il lembo pieno, e ne la turbida onda +tutte lascia cader l'impresse note. +Un numer senza fin se ne profonda, +ch'un minimo uso aver non se ne puote; +e di cento migliaia che l'arena +sul fondo involve, un se ne serva a pena. +Lungo e d'intorno quel fiume volando +givano corvi ed avidi avoltori, +mulacchie e vari augelli, che gridando +facean discordi strepiti e romori; +ed alla preda correan tutti, quando +sparger vedean gli amplissimi tesori: +e chi nel becco, e chi ne l'ugna torta +ne prende; ma lontan poco li porta. +Come vogliono alzar per l'aria i voli, +non han poi forza che 'l peso sostegna; +sì che convien che Lete pur involi +de' ricchi nomi la memoria degna. +Fra tanti augelli son duo cigni soli, +bianchi, Signor, come è la vostra insegna, +che vengon lieti riportando in bocca +sicuramente il nome che lor tocca. +Così contra i pensieri empi e maligni +del vecchio che donar li vorria al fiume, +alcuno ne salvan gli augelli benigni: +tutto l'avanzo oblivion consume. +Or se ne van notando i sacri cigni, +ed or per l'aria battendo le piume, +fin che presso alla ripa del fiume empio +trovano un colle, e sopra il colle un tempio. +All'Immortalitade il luogo è sacro, +ove una bella ninfa giù del colle +viene alla ripa del leteo lavacro, +e di bocca dei cigni i nomi tolle; +e quelli affige intorno al simulacro +ch'in mezzo il tempio una colonna estolle, +quivi li sacra, e ne fa tal governo, +che vi si pôn veder tutti in eterno. +Chi sia quel vecchio, e perché tutti al rio +senza alcun frutto i bei nomi dispensi, +e degli augelli, e di quel luogo pio +onde la bella ninfa al fiume viensi, +aveva Astolfo di saper desio +i gran misteri e gl'incogniti sensi; +e domandò di tutte queste cose +l'uomo di Dio, che così gli rispose: +— Tu déi saper che non si muove fronda +là giù che segno qui non se ne faccia. +Ogni effetto convien che corrisponda +in terra e in ciel, ma con diversa faccia. +Quel vecchio, la cui barba il petto inonda, +veloce sì che mai nulla l'impaccia, +gli effetti pari e la medesima opra +che 'l Tempo fa là giù, fa qui di sopra. +Volte che son le fila in su la ruota, +là giù la vita umana arriva al fine. +La fama là, qui ne riman la nota; +ch'immortali sariano ambe e divine, +se non che qui quel da la irsuta gota, +e là giù il Tempo ognor ne fa rapine. +Questi le getta, come vedi, al rio; +e quel l'immerge ne l'eterno oblio. +E come qua su i corvi e gli avoltori +e le mulacchie e gli altri varii augelli +s'affaticano tutti per trar fuori +de l'acqua i nomi che veggion più belli: +così là giù ruffiani, adulatori, +buffon, cinedi, accusatori, e quelli +che viveno alle corti e che vi sono +più grati assai che 'l virtuoso e 'l buono, +e son chiamati cortigian gentili, +perché sanno imitar l'asino e 'l ciacco; +de' lor signor, tratto che n'abbia i fili +la giusta Parca, anzi Venere e Bacco, +questi di ch'io ti dico, inerti e vili, +nati solo ad empir di cibo il sacco, +portano in bocca qualche giorno il nome; +poi ne l'oblio lascian cader le some. +Ma come i cigni che cantando lieti +rendeno salve le medaglie al tempio, +così gli uomini degni da' poeti +son tolti da l'oblio, più che morte empio. +Oh bene accorti principi e discreti, +che seguite di Cesare l'esempio, +e gli scrittor vi fate amici, donde +non avete a temer di Lete l'onde! +Son, come i cigni, anco i poeti rari, +poeti che non sian del nome indegni; +sì perché il ciel degli uomini preclari +non pate mai che troppa copia regni, +sì per gran colpa dei signori avari +che lascian mendicare i sacri ingegni; +che le virtù premendo, ed esaltando +i vizi, caccian le buone arti in bando. +Credi che Dio questi ignoranti ha privi +de lo 'ntelletto, e loro offusca i lumi; +che de la poesia gli ha fatto schivi, +acciò che morte il tutto ne consumi. +Oltre che del sepolcro uscirian vivi, +ancor ch'avesser tutti i rei costumi, +pur che sapesson farsi amica Cirra, +più grato odore avrian che nardo o mirra. +Non sì pietoso Enea, né forte Achille +fu, come è fama, né sì fiero Ettorre; +e ne son stati e mille e mille e mille +che lor si puon con verità anteporre: +ma i donati palazzi e le gran ville +dai descendenti lor, gli ha fatto porre +in questi senza fin sublimi onori +da l'onorate man degli scrittori. +Non fu sì santo né benigno Augusto +come la tuba di Virgilio suona. +L'aver avuto in poesia buon gusto +la proscrizion iniqua gli perdona. +Nessun sapria se Neron fosse ingiusto, +né sua fama saria forse men buona, +avesse avuto e terra e ciel nimici, +se gli scrittor sapea tenersi amici. +Omero Agamennòn vittorioso, +e fe' i Troian parer vili ed inerti; +e che Penelopea fida al suo sposo +dai Prochi mille oltraggi avea sofferti. +E se tu vuoi che 'l ver non ti sia ascoso, +tutta al contrario l'istoria converti: +che i Greci rotti, e che Troia vittrice, +e che Penelopea fu meretrice. +Da l'altra parte odi che fama lascia +Elissa, ch'ebbe il cor tanto pudico; +che riputata viene una bagascia, +solo perché Maron non le fu amico. +Non ti maravigliar ch'io n'abbia ambascia, +e se di ciò diffusamente io dico. +Gli scrittori amo, e fo il debito mio; +ch'al vostro mondo fui scrittore anch'io. +E sopra tutti gli altri io feci acquisto +che non mi può levar tempo né morte: +e ben convenne al mio lodato Cristo +rendermi guidardon di sì gran sorte. +Duolmi di quei che sono al tempo tristo, +quando la cortesia chiuso ha le porte; +che con pallido viso e macro e asciutto +la notte e 'l dì vi picchian senza frutto. +Sì che continuando il primo detto, +sono i poeti e gli studiosi pochi; +che dove non han pasco né ricetto, +insin le fere abbandonano i lochi. — +Così dicendo il vecchio benedetto +gli occhi infiammò, che parveno duo fuochi; +poi volto al duca con un saggio riso +tornò sereno il conturbato viso. +Resti con lo scrittor de l'evangelo +Astolfo ormai, ch'io voglio far un salto, +quanto sia in terra a venir fin dal cielo; +ch'io non posso più star su l'ali in alto. +Torno alla donna a cui con grave telo +mosso avea gelosia crudele assalto. +Io la lasciai ch'avea con breve guerra +tre re gittati, un dopo l'altro, in terra; +e che giunta la sera ad un castello +ch'alla via di Parigi si ritrova, +d'Agramante, che rotto dal fratello +s'era ridotto in Arli, ebbe la nuova. +Certa che 'l suo Ruggier fosse con quello, +tosto ch'apparve in ciel la luce nuova, +verso Provenza, dove ancora intese +che Carlo lo seguia, la strada prese. +Verso Provenza per la via più dritta +andando, s'incontrò in una donzella, +ancor che fosse lacrimosa e afflitta, +bella di faccia e di maniere bella. +Questa era quella sì d'amor traffitta +per lo figliuol di Monodante, quella +donna gentil ch'avea lasciato al ponte +l'amante suo prigion di Rodomonte. +Ella venìa cercando un cavalliero, +ch'a far battaglia usato, come lontra, +in acqua e in terra fosse, e così fiero, +che lo potesse al pagan porre incontra. +La sconsolata amica di Ruggiero, +come quest'altra sconsolata incontra, +cortesemente la saluta, e poi +le chiede la cagion dei dolor suoi. +Fiordiligi lei mira, e veder parle +un cavallier ch'al suo bisogno fia; +e comincia del ponte a ricontarle, +ove impedisce il re d'Algier la via; +e ch'era stato appresso di levarle +l'amante suo: non che più forte sia; +ma sapea darsi il Saracino astuto +col ponte stretto e con quel fiume aiuto. +— Se sei (dicea) sì ardito e sì cortese, +come ben mostri l'uno e l'altro in vista, +mi vendica, per Dio, di chi mi prese +il mio signore, e mi fa gir sì trista; +o consigliami almeno in che paese +possa io trovare un ch'a colui resista, +e sappia tanto d'arme e di battaglia, +che 'l fiume e 'l ponte al pagan poco vaglia. +Oltre che tu farai quel che conviensi +ad uom cortese e a cavalliero errante, +in beneficio il tuo valor dispensi +del più fedel d'ogni fedele amante. +De l'altre sue virtù non appertiensi +a me narrar; che sono tante e tante, +che chi non n'ha notizia, si può dire +che sia del veder privo e de l'udire. — +La magnanima donna, a cui fu grata +sempre ogni impresa che può farla degna +d'esser con laude e gloria nominata, +subito al ponte di venir disegna: +ed ora tanto più, ch'è disperata, +vien volentier, quando anco a morir vegna; +che credendosi, misera! esser priva +del suo Ruggiero, ha in odio d'esser viva. +— Per quel ch'io vaglio, giovane amorosa +(rispose Bradamante), io m'offerisco +di far l'impresa dura e perigliosa, +per altre cause ancor, ch'io preterisco; +ma più, che del tuo amante narri cosa +che narrar di pochi uomini avvertisco, +che sia in amor fedel; ch'a fé ti giuro +ch'in ciò pensai ch'ognun fosse pergiuro. — +Con un sospir quest'ultime parole +finì, con un sospir ch'uscì dal core; +poi disse: — Andiamo; — e nel seguente sole +giunsero al fiume, al passo pien d'orrore. +Scoperte da la guardia che vi suole +farne segno col corno al suo signore, +il pagan s'arma; e quale è 'l suo costume, +sul ponte s'apparecchia in ripa al fiume: +e come vi compar quella guerriera, +di porla a morte subito minaccia, +quando de l'arme e del destrier su ch'era, +al gran sepolcro oblazion non faccia. +Bradamante che sa l'istoria vera, +come per lui morta Issabella giaccia, +che Fiordiligi detto le l'avea, +al Saracin superbo rispondea: +— Perché vuoi tu, bestial, che gli innocenti +facciano penitenza del tuo fallo? +Del sangue tuo placar costei convienti: +tu l'uccidesti, e tutto 'l mondo sallo. +Sì che di tutte l'arme e guernimenti +di tanti che gittati hai da cavallo, +oblazione e vittima più accetta +avrà, ch'io te l'uccida in sua vendetta. +E di mia man le fia più grato il dono, +quando, come ella fu, son donna anch'io: +né qui venuta ad altro effetto sono, +ch'a vendicarla; e questo sol disio. +Ma far tra noi prima alcun patto è buono, +che 'l tuo valor si compari col mio. +S'abbattuta sarò, di me farai +quel che degli altri tuoi prigion fatt'hai: +ma s'io t'abbatto, come io credo e spero, +guadagnar voglio il tuo cavallo e l'armi, +e quelle offerir sole al cimitero, +e tutte l'altre distaccar da' marmi; +e voglio che tu lasci ogni guerriero. — +Rispose Rodomonte: — Giusto parmi +che sia come tu di'; ma i prigion darti +già non potrei, ch'io non gli ho in queste parti. +Io gli ho al mio regno in Africa mandati: +ma ti prometto, e ti do ben la fede, +che se m'avvien per casi inopinati +che tu stia in sella e ch'io rimanga a piede, +farò che saran tutti liberati +in tanto tempo quanto si richiede +di dare a un messo ch'in fretta si mandi +e far quel che, s'io perdo, mi commandi. +Ma s'a te tocca star di sotto, come +piu si conviene, e certo so che fia, +non vo' che lasci l'arme, né il tuo nome, +come di vinta, sottoscritto sia: +al tuo bel viso, a' begli occhi, alle chiome, +che spiran tutti amore e leggiadria, +voglio donar la mia vittoria; e basti +che ti disponga amarmi, ove m'odiasti. +Io son di tal valor, son di tal nerbo, +ch'aver non déi d'andar di sotto a sdegno. — +Sorrise alquanto, ma d'un riso acerbo +che fece d'ira, più che d'altro, segno, +la donna, né rispose a quel superbo; +ma tornò in capo al ponticel di legno, +spronò il cavallo, e con la lancia d'oro +venne a trovar quell'orgoglioso Moro. +Rodomonte alla giostra s'apparecchia: +viene a gran corso; ed è sì grande il suono +che rende il ponte, ch'intronar l'orecchia +può forse a molti che lontan ne sono. +La lancia d'oro fe' l'usanza vecchia; +che quel pagan, sì dianzi in giostra buono, +levò di sella, e in aria lo sospese, +indi sul ponte a capo in giù lo stese. +Nel trapassar ritrovò a pena loco +ove entrar col destrier quella guerriera; +e fu a gran risco, e ben vi mancò poco, +ch'ella non traboccò ne la riviera: +ma Rabicano, il quale il vento e 'l fuoco +concetto avean, sì destro ed agil era, +che nel margine estremo trovò strada; +e sarebbe ito anco su 'n fil di spada. +Ella si volta, e contra l'abbattuto +pagan ritorna; e con leggiadro motto: +— Or puoi (disse) veder chi abbia perduto, +e a chi di noi tocchi di star di sotto. — +Di maraviglia il pagan resta muto, +ch'una donna a cader l'abbia condotto; +e far risposta non poté o non volle, +e fu come uom pien di stupore e folle. +Di terra si levò tacito e mesto; +e poi ch'andato fu quattro o sei passi, +lo scudo e l'elmo, e de l'altre arme il resto +tutto si trasse, e gittò contra i sassi; +e solo e a piè fu a dileguarsi presto: +non che commission prima non lassi +a un suo scudier, che vada a far l'effetto +dei prigion suoi, secondo che fu detto. +Partissi; e nulla poi più se n'intese, +se non che stava in una grotta scura. +Intanto Bradamante avea sospese +di costui l'arme all'alta sepoltura, +e fattone levar tutto l'arnese, +il qual dei cavallieri, alla scrittura, +conobbe de la corte esser di Carlo; +non levò il resto, e non lasciò levarlo. +Oltr'a quel del figliuol di Monodante, +v'è quel di Sansonetto e d'Oliviero, +che per trovare il principe d'Anglante, +quivi condusse il più dritto sentiero. +Quivi fur presi, e furo il giorno inante +mandati via dal Saracino altiero. +Di questi l'arme fe' la donna torre +da l'alta mole, e chiuder ne la torre. +Tutte l'altre lasciò pender dai sassi, +che fur spogliate ai cavallier pagani. +V'eran l'arme d'un re, del quale i passi +per Frontalatte mal fur spesi e vani: +io dico l'arme del re de' Circassi, +che dopo lungo errar per colli e piani, +venne quivi a lasciar l'altro destriero; +e poi senz'arme andossene leggiero. +S'era partito disarmato e a piede +quel re pagan dal periglioso ponte, +sì come gli altri ch'eran di sua fede, +partir da sé lasciava Rodomonte. +Ma di tornar più al campo non gli diede +il cor; ch'ivi apparir non avria fronte: +che per quel che vantossi, troppo scorno +gli saria farvi in tal guisa ritorno. +Di pur cercar nuovo desir lo prese +colei che sol avea fissa nel core. +Fu l'aventura sua, che tosto intese +(io non vi saprei dir chi ne fu autore) +ch'ella tornava verso il suo paese: +onde esso, come il punge e sprona Amore, +dietro alla pesta subito si pone. +Ma tornar voglio alla figlia d'Amone. +Poi che narrato ebbe con altro scritto +come da lei fu liberato il passo; +a Fiordiligi ch'avea il core afflitto, +e tenea il viso lacrimoso e basso, +domandò umanamente ov'ella dritto +volea che fosse, indi partendo, il passo. +Rispose Fiordiligi: — Il mio camino +vo' che sia in Arli al campo saracino, +ove navilio e buona compagnia +spero trovar da gir ne l'altro lito. +Mai non mi fermerò fin ch'io non sia +venuta al mio signore e mio marito. +Voglio tentar, perché in prigion non stia, +più modi e più; che se mi vien fallito +questo che Rodomonte t'ha promesso, +ne voglio avere uno ed un altro appresso. — +— Io m'offerisco (disse Bradamante) +d'accompagnarti un pezzo de la strada, +tanto che tu ti vegga Arli davante, +ove per amor mio vo' che tu vada +a trovar quel Ruggier del re Agramante, +che del suo nome ha piena ogni contrada; +e che gli rendi questo buon destriero, +onde abbattuto ho il Saracino altiero. +Voglio ch'a punto tu gli dica questo: +— Un cavallier che di provar si crede, +e fare a tutto 'l mondo manifesto +che contra lui sei mancator di fede; +acciò ti trovi apparecchiato e presto, +questo destrier, perch'io tel dia, mi diede. +Dice che trovi tua piastra e tua maglia, +e che l'aspetti a far teco battaglia. — +Digli questo, e non altro; e se quel vuole +saper da te ch'io son, di' che nol sai. — +Quella rispose umana come suole: +— Non sarò stanca in tuo servizio mai, +spender la vita, non che le parole; +che tu ancora per me così fatto hai. — +Grazie le rende Bradamante, e piglia +Frontino, e le lo porge per la briglia. +Lungo il fiume le belle e pellegrine +giovani vanno a gran giornate insieme, +tanto che veggono Arli, e le vicine +rive odon risonar del mar che freme. +Bradamante si ferma alle confine +quasi de' borghi ed alle sbarre estreme, +per dare a Fiordiligi atto intervallo, +che condurre a Ruggier possa il cavallo. +Vien Fiordiligi, ed entra nel rastrello, +nel ponte e ne la porta; e seco prende +chi le fa compagnia fin all'ostello +ove abita Ruggiero, e quivi scende; +e, secondo il mandato, al damigello +fa l'imbasciata, e il buon Frontin gli rende: +indi va, che risposta non aspetta, +ad eseguire il suo bisogno in fretta. +Ruggier riman confuso e in pensier grande, +e non sa ritrovar capo né via +di saper chi lo sfide, e chi gli mande +a dire oltraggio e a fargli cortesia. +Che costui senza fede lo domande, +o possa domandar uomo che sia, +non sa veder né imaginare; e prima, +ch'ogn'altro sia che Bradamante, istima. +Che fosse Rodomonte, era più presto +ad aver, che fosse altri, opinione; +e perché ancor da lui debba udir questo, +pensa, né imaginar può la cagione. +Fuor che con lui, non sa di tutto 'l resto +del mondo, con chi lite abbia e tenzone. +Intanto la donzella di Dordona +chiede battaglia, e forte il corno suona. +Vien la nuova a Marsilio e ad Agramante, +ch'un cavallier di fuor chiede battaglia. +A caso Serpentin loro era avante, +ed impetrò di vestir piastra e maglia, +e promesse pigliar questo arrogante. +Il popul venne sopra la muraglia; +né fanciullo restò, né restò veglio, +che non fosse a veder chi fêsse meglio. +Con ricca sopravesta e bello arnese +Serpentin da la Stella in giostra venne. +Al primo scontro in terra si distese: +il destrier aver parve a fuggir penne. +Dietro gli corse la donna cortese, +e per la briglia al Saracin lo tenne, +e disse: — Monta, e fa che 'l tuo signore +mi mandi un cavallier di te migliore. — +Il re african, ch'era con gran famiglia +sopra le mura alla giostra vicino, +del cortese atto assai si maraviglia, +ch'usato ha la donzella a Serpentino. +— Di ragion può pigliarlo, e non lo piglia, — +diceva, udendo il popul saracino. +Serpentin giunge, e come ella commanda, +un miglior da sua parte al re domanda. +Grandonio di Volterna furibondo, +il più superbo cavallier di Spagna, +pregando fece sì, che fu il secondo, +ed uscì con minacce alla campagna. +— Tua cortesia nulla ti vaglia al mondo; +che, quando da me vinto tu rimagna, +al mio signor menar preso ti voglio: +ma qui morrai, s'io posso, come soglio. — +La donna disse lui: — Tua villania +non vo' che men cortese far mi possa, +ch'io non ti dica che tu torni pria +che sul duro terren ti doglian l'ossa. +Ritorna, e di' al tuo re da parte mia, +che per simile a te non mi son mossa; +ma per trovar guerrier che 'l pregio vaglia, +son qui venuta a domandar battaglia. — +Il mordace parlare, acre ed acerbo, +gran fuoco al cor del Saracino attizza; +sì che senza poter replicar verbo, +volta il destrier con colera e con stizza. +Volta la donna, e contra quel superbo +la lancia d'oro e Rabicano drizza. +Come l'asta fatal lo scudo tocca, +coi piedi al cielo il Saracin trabocca. +Il destrier la magnanima guerriera +gli prese, e disse: — Pur tel prediss'io, +che far la mia imbasciata meglio t'era, +che de la giostra aver tanto disio. +Di', al re, ti prego, che fuor de la schiera +elegga un cavallier che sia par mio; +né voglia con voi altri affaticarme, +ch'avete poca esperienza d'arme. — +Quei da le mura, che stimar non sanno +chi sia il guerriero in su l'arcion sì saldo, +quei più famosi nominando vanno, +che tremar li fan spesso al maggior caldo. +Che Brandimarte sia, molti detto hanno: +la più parte s'accorda esser Rinaldo: +molti su Orlando avrian fatto disegno; +ma il suo caso sapean di pietà degno. +La terza giostra il figlio di Lanfusa +chiedendo, disse: — Non che vincer speri, +ma perché di cader più degna scusa +abbian, cadendo anch'io, questi guerrieri. — +E poi di tutto quel ch'in giostra s'usa +si messe in punto; e di cento destrieri +che tenea in stalla, d'un tolse l'eletta, +ch'avea il correre acconcio, e di gran fretta. +Contra la donna per giostrar si fece; +ma prima salutolla, ed ella lui. +Disse la donna: — Se saper mi lece, +ditemi in cortesia che siate vui. — +Di questo Ferraù le satisfece, +ch'usò di rado di celarsi altrui. +Ella soggiunse: — Voi già non rifiuto, +ma avria più volentieri altri voluto. — +— E chi? — Ferraù disse. Ella rispose: +— Ruggiero; — e a pena il poté proferire, +e sparse d'un color come di rose +la bellissima faccia in questo dire. +Soggiunse al detto poi: — Le cui famose +lode a tal prova m'han fatto venire. +Altro non bramo, e d'altro non mi cale, +che di provar come egli in giostra vale. — +Semplicemente disse le parole +che forse alcuno ha già prese a malizia. +Rispose Ferraù: — Prima si vuole +provar tra noi chi sa più di milizia. +Se di me avvien quel che di molti suole, +poi verrà ad emendar la mia tristizia +quel gentil cavallier che tu dimostri +aver tanto desio che teco giostri. — +Parlando tuttavolta la donzella +teneva la visiera alta dal viso. +Mirando Ferraù la faccia bella, +si sente rimaner mezzo conquiso, +e taciturno dentro a sé favella: +— Questo un angel mi par del paradiso; +e ancor che con la lancia non mi tocchi, +abbattuto son già da' suoi begli occhi. — +Preson del campo; e come agli altri avvenne, +Ferraù se n'uscì di sella netto. +Bradamante il destrier suo gli ritenne, +e disse: — Torna, e serva quel c'hai detto. — +Ferraù vergognoso se ne venne, +e ritrovò Ruggier ch'era al cospetto +del re Agramante; e gli fece sapere +ch'alla battaglia il cavallier lo chere. +Ruggier non conoscendo ancor chi fosse +chi a sfidar lo mandava alla battaglia, +quasi certo di vincere, allegrosse; +e le piastre arrecar fece e la maglia: +né l'aver visto alle gravi percosse, +che gli altri sian caduti, il cor gli smaglia. +Come s'armasse, e come uscisse, e quanto +poi ne seguì, lo serbo all'altro canto. Convien ch'ovunque sia, sempre cortese +sia un cor gentil, ch'esser non può altrimente; +che per natura e per abito prese +quel che di mutar poi non è possente. +Convien ch'ovunque sia, sempre palese +un cor villan si mostri similmente. +Natura inchina al male, e viene a farsi +l'abito poi difficile a mutarsi. +Di cortesia, di gentilezza esempi +fra gli antiqui guerrier si vider molti, +e pochi fra i moderni; ma degli empi +costumi avvien ch'assai ne vegga e ascolti +in quella guerra, Ippolito, che i tempi +di segni ornaste agli nimici tolti, +e che traeste lor galee captive +di preda carche alle paterne rive. +Tutti gli atti crudeli ed inumani +ch'usasse mai Tartaro o Turco o Moro, +(non già con volontà de' Veneziani, +che sempre esempio di giustizia foro), +usaron l'empie e scelerate mani +di rei soldati, mercenari loro. +Io non dico or di tanti accesi fuochi +ch'arson le ville e i nostri ameni lochi: +ben che fu quella ancor brutta vendetta, +massimamente contra voi, ch'appresso +Cesare essendo, mentre Padua stretta +era d'assedio, ben sapea che spesso +per voi più d'una fiamma fu interdetta, +e spento il fuoco ancor, poi che fu messo, +da villaggi e da templi, come piacque, +all'alta cortesia che con voi nacque. +Io non parlo di questo né di tanti +altri lor discortesi e crudeli atti; +ma sol di quel che trar dai sassi i pianti +debbe poter, qual volta se ne tratti: +quel dì, Signor, che la famiglia inanti +vostra mandaste là dove ritratti +dai legni lor con importuni auspici +s'erano in luogo forte gl'inimici. +Qual Ettorre ed Enea sin dentro ai flutti, +per abbruciar le navi greche, andaro; +un Ercol vidi e un Alessandro, indutti +da troppo ardir, partirsi a paro a paro, +e spronando i destrier, passarci tutti, +e i nemici turbar fin nel riparo, +e gir sì inanzi, ch'al secondo molto +aspro fu il ritornare, e al primo tolto. +Salvossi il Ferruffin, restò il Cantelmo. +Che cor, duca di Sora, che consiglio +fu allora il tuo, che trar vedesti l'elmo +fra mille spade al generoso figlio, +e menar preso a nave, e sopra un schelmo +troncargli il capo? Ben mi maraviglio +che darti morte lo spettacol solo +non poté, quanto il ferro a tuo figliuolo. +Schiavon crudele, onde hai tu il modo appreso +de la milizia? In qual Scizia s'intende +ch'uccider si debba un, poi che gli è preso, +che rende l'arme, e più non si difende? +Dunque uccidesti lui, perché ha difeso +la patria? Il sole a torto oggi risplende, +crudel seculo, poi che pieno sei +di Tiesti, di Tantali e di Atrei. +Festi, barbar crudel, del capo scemo +il più ardito garzon che di sua etade +fosse da un polo e l'altro, e da l'estremo +lito degl'Indi a quello ove il sol cade. +Potea in Antropofàgo, in Polifemo +la beltà e gli anni suoi trovar pietade; +ma non in te, più crudo e più fellone +d'ogni Ciclope e d'ogni Lestrigone. +Simile esempio non credo che sia +fra gli antiqui guerrier, di quai li studi +tutti fur gentilezza e cortesia; +né dopo la vittoria erano crudi. +Bradamante non sol non era ria +a quei ch'avea, toccando lor gli scudi, +fatto uscir de la sella, ma tenea +loro i cavalli, e rimontar facea. +Di questa donna valorosa e bella +io vi dissi di sopra, che abbattuto +avea Serpentin quel da la Stella, +Grandonio di Volterna e Ferrauto, +e ciascun d'essi poi rimesso in sella; +e dissi ancor che 'l terzo era venuto, +da lei mandato a disfidar Ruggiero, +là dove era stimata un cavalliero. +Ruggier tenne lo 'nvito allegramente, +e l'armatura sua fece venire. +Or mentre che s'armava al re presente, +tornaron quei signor di nuovo a dire +chi fosse il cavallier tanto eccellente, +che di lancia sapea sì ben ferire; +e Ferraù, che parlato gli avea, +fu domandato se lo conoscea. +Rispose Ferraù: — Tenete certo +che non è alcun di quei ch'avete detto. +A me parea, ch'il vidi a viso aperto, +il fratel di Rinaldo giovinetto: +ma poi ch'io n'ho l'alto valore esperto, +e so che non può tanto Ricciardetto, +penso che sia la sua sorella, molto +(per quel ch'io n'odo) a lui simil di volto. +Ella ha ben fama d'esser forte a pare +del suo Rinaldo e d'ogni paladino; +ma, per quanto io ne veggo oggi, mi pare +che val più del fratel, più del cugino. — +Come Ruggier lei sente ricordare, +del vermiglio color che 'l matutino +sparge per l'aria, si dipinge in faccia, +e nel cor triema, e non sa che si faccia. +A questo annunzio, stimulato e punto +da l'amoroso stral, dentro infiammarse, +e per l'ossa sentì tutto in un punto +correre un giaccio che 'l timor vi sparse, +timor ch'un nuovo sdegno abbia consunto +quel grande amor che già per lui sì l'arse. +Di ciò confuso non si risolveva, +s'incontra uscirle, o pur restar doveva. +Or quivi ritrovandosi Marfisa, +che d'uscire alla giostra avea gran voglia, +ed era armata, perché in altra guisa +è raro, o notte o dì, che tu la coglia; +sentendo che Ruggier s'arma, s'avisa +che di quella vittoria ella si spoglia +se lascia che Ruggiero esca fuor prima: +pensa ire inanzi, e averne il pregio stima. +Salta a cavallo, e vien spronando in fretta +ove nel campo la figlia d'Amone +con palpitante cor Ruggiero aspetta, +desiderosa farselo prigione, +e pensa solo ove la lancia metta, +perché del colpo abbia minor lesione. +Marfisa se ne vien fuor de la porta, +e sopra l'elmo una fenice porta; +o sia per sua superbia, dinotando +se stessa unica al mondo in esser forte, +o pur sua casta intenzion lodando +di viver sempremai senza consorte. +La figliuola d'Amon la mira; e quando +le fattezze ch'amava non ha scorte, +come si nomi le domanda, ed ode +esser colei che del suo amor si gode; +o per dir meglio, esser colei che crede +che goda del suo amor, colei che tanto +ha in odio e in ira, che morir si vede, +se sopra lei non vendica il suo pianto. +Volta il cavallo, e con gran furia riede, +non per desir di porla in terra, quanto +di passarle con l'asta in mezzo il petto, +e libera restar d'ogni suspetto. +Forza è a Marfisa ch'a quel colpo vada +a provar se 'l terreno è duro o molle; +e cosa tanto insolita le accada, +ch'ella n'è per venir di sdegno folle. +Fu in terra a pena, che trasse la spada, +e vendicar di quel cader si volle. +La figliuola d'Amon non meno altiera +gridò: — Che fai? tu sei mia prigioniera. +Se bene uso con gli altri cortesia, +usar teco, Marfisa, non la voglio, +come a colei che d'ogni villania +odo che sei dotata e d'ogni orgoglio. — +Marfisa a quel parlar fremer s'udia +come un vento marino in uno scoglio. +Grida, ma sì per rabbia si confonde, +che non può esprimer fuor quel che risponde. +Mena la spada, e più ferir non mira +lei, che 'l destrier, nel petto e ne la pancia: +ma Bradamante al suo la briglia gira, +e quel da parte subito si lancia; +e tutto a un tempo con isdegno ed ira +la figliuola d'Amon spinge la lancia, +e con quella Marfisa tocca a pena, +che la fa riversar sopra l'arena. +A pena ella fu in terra, che rizzosse, +cercando far con la spada mal'opra. +Di nuovo l'asta Bradamante mosse, +e Marfisa di nuovo andò sozzopra. +Ben che possente Bradamante fosse, +non però sì a Marfisa era di sopra, +che l'avesse ogni colpo riversata; +ma tal virtù ne l'asta era incantata. +Alcuni cavallieri in questo mezzo, +alcuni, dico, de la parte nostra, +se n'erano venuti dove, in mezzo +l'un campo e l'altro, si facea la giostra +(che non eran lontani un miglio e mezzo), +veduta la virtù che 'l suo dimostra; +il suo che non conoscono altrimente +che per un cavallier de la lor gente. +Questi vedendo il generoso figlio +di Troiano alle mura approssimarsi, +per ogni caso, per ogni periglio +non volse sproveduto ritrovarsi; +e fe' che molti all'arme dier di piglio, +e che fuor dei ripari appresentarsi. +Tra questi fu Ruggiero, a cui la fretta +di Marfisa la giostra avea intercetta. +L'inamorato giovene mirando +stava il successo, e gli tremava il core, +de la sua cara moglie dubitando; +che di Marfisa ben sapea il valore. +Dubitò, dico, nel principio, quando +si mosse l'una e l'altra con furore; +ma visto poi come successe il fatto, +restò maraviglioso e stupefatto: +e poi che fin la lite lor non ebbe, +come avean l'altre avute, al primo incontro, +nel cor profundamente gli ne 'ncrebbe, +dubbioso pur di qualche strano incontro. +De l'una egli e de l'altra il ben vorrebbe; +ch'ama amendue: non che da porre incontro +sien questi amori: è l'un fiamma e furore, +l'altro benivolenza più ch'amore. +Partita volentier la pugna avria, +se con suo onor potuto avesse farlo. +Ma quei ch'egli avea seco in compagnia, +perché non vinca la parte di Carlo, +che già lor par che superior ne sia, +saltan nel campo, e vogliono turbarlo. +Da l'altra parte i cavallier cristiani +si fanno inanzi, e son quivi alle mani. +Di qua di là gridar si sente all'arme, +come usati eran far quasi ogni giorno. +Monti chi è a piè, chi non è armato s'arme, +alla bandiera ognun faccia ritorno! +dicea con chiaro e bellicoso carme +più d'una tromba che scorrea d'intorno: +e come quelle svegliano i cavalli, +svegliano i fanti i timpani e i taballi. +La scaramuccia fiera e sanguinosa, +quanto si possa imaginar, si mesce. +La donna di Dordona valorosa, +a cui mirabilmente aggrava e incresce +che quel di ch'era tanto disiosa, +di por Marfisa a morte, non riesce; +di qua di là si volge e si raggira, +se Ruggier può veder, per cui sospira. +Lo riconosce all'aquila d'argento +c'ha nello scudo azzurro il giovinetto. +Ella con gli occhi e col pensiero intento +si ferma a contemplar le spalle e 'l petto, +le leggiadre fattezze, e 'l movimento +pieno di grazia; e poi con gran dispetto, +imaginando ch'altra ne gioisse, +da furore assalita così disse: +— Dunque baciar sì belle e dolce labbia +deve altra, se baciar non le poss'io? +Ah non sia vero già ch'altra mai t'abbia; +che d'altra esser non déi, se non sei mio. +Più tosto che morir sola di rabbia, +che meco di mia man mori, disio; +che se ben qui ti perdo, almen l'inferno +poi mi ti renda, e stii meco in eterno. +Se tu m'occidi, è ben ragion che deggi +darmi de la vendetta anco conforto; +che voglion tutti gli ordini e le leggi, +che chi dà morte altrui debba esser morto. +Né par ch'anco il tuo danno il mio pareggi; +che tu mori a ragione, io moro a torto. +Farò morir chi brama, ohimè! ch'io muora; +ma tu, crudel, chi t'ama e chi t'adora. +Perché non déi tu, mano, essere ardita +d'aprir col ferro al mio nimico il core? +che tante volte a morte m'ha ferita +sotto la pace in sicurtà d'amore, +ed or può consentir tormi la vita, +né pur aver pietà del mio dolore. +Contra questo empio ardisci, animo forte: +vendica mille mie con la sua morte. — +Gli sprona contra in questo dir, ma prima: +— Guardati (grida), perfido Ruggiero: +tu non andrai, s'io posso, de la opima +spoglia del cor d'una donzella altiero. — +Come Ruggiero ode il parlare, estima +che sia la moglie sua, com'era in vero, +la cui voce in memoria sì bene ebbe, +ch'in mille riconoscer la potrebbe. +Ben pensa quel che le parole denno +volere inferir più; ch'ella l'accusa +che la convenzion ch'insieme fenno, +non le osservava: onde per farne iscusa, +di volerle parlar le fece cenno: +ma quella già con la visiera chiusa +venìa dal dolor spinta e da la rabbia, +per porlo, e forse ove non era sabbia. +Quando Ruggier la vede tanto accesa, +si ristringe ne l'arme e ne la sella: +la lancia arresta; ma la tien sospesa, +piegata in parte ove non nuoccia a quella. +La donna, ch'a ferirlo e a fargli offesa +venìa con mente di pietà rubella, +non poté sofferir, come fu appresso, +di porlo in terra e fargli oltraggio espresso. +Così lor lance van d'effetto vote +a quello incontro; e basta ben s'Amore +con l'un giostra e con l'altro, e gli percuote +d'una amorosa lancia in mezzo il core. +Poi che la donna sofferir non puote +di far onta a Ruggier, volge il furore +che l'arde il petto, altrove; e vi fa cose +che saran, fin che giri il ciel, famose. +In poco spazio ne gittò per terra +trecento e più con quella lancia d'oro. +Ella sola quel dì vinse la guerra, +messe ella sola in fuga il popul Moro. +Ruggier di qua di là s'aggira ed erra +tanto, che se le accosta e dice: — Io moro, +s'io non ti parlo: ohimè! che t'ho fatto io, +che mi debbi fuggire? Odi, per Dio! — +Come ai meridional tiepidi venti, +che spirano dal mare il fiato caldo, +le nievi si disciolveno e i torrenti, +e il ghiaccio che pur dianzi era sì saldo; +così a quei prieghi, a quei brevi lamenti +il cor de la sorella di Rinaldo +subito ritornò pietoso e molle, +che l'ira, più che marmo, indurar volle. +Non vuol dargli, o non puote, altra risposta; +ma da traverso sprona Rabicano, +e quanto può dagli altri si discosta, +ed a Ruggiero accenna con la mano. +Fuor de la moltitudine in reposta +valle si trasse, ov'era un piccol piano +ch'in mezzo avea un boschetto di cipressi +che parean d'una stampa, tutti impressi. +In quel boschetto era di bianchi marmi +fatta di nuovo un'alta sepoltura. +Chi dentro giaccia, era con brevi carmi +notato a chi saperlo avesse cura. +Ma quivi giunta Bradamante, parmi +che già non pose mente alla scrittura. +Ruggier dietro il cavallo affretta e punge +tanto, ch'al bosco e alla donzella giunge. +Ma ritorniamo a Marfisa che s'era +in questo mezzo in sul destrier rimessa, +e venìa per trovar quella guerriera +che l'avea al primo scontro in terra messa: +e la vide partir fuor de la schiera, +e partir Ruggier vide e seguir essa; +né si pensò che per amor seguisse, +ma per finir con l'arme ingiurie e risse. +Urta il cavallo, e vien dietro alla pesta +tanto, ch'a un tempo con lor quasi arriva. +Quanto sua giunta ad ambi sia molesta, +chi vive amando, il sa, senza ch'io 'l scriva. +Ma Bradamante offesa più ne resta, +che colei vede, onde il suo mal deriva. +Chi le può tor che non creda esser vero +che l'amor ve la sproni di Ruggiero? +E perfido Ruggier di nuovo chiama. +— Non ti bastava, perfido (disse ella), +che tua perfidia sapessi per fama, +se non mi facevi anco veder quella? +Di cacciarmi da te veggo c'hai brama: +e per sbramar tua voglia iniqua e fella, +io vo' morir; ma sforzerommi ancora +che muora meco chi è cagion ch'io mora. — +Sdegnosa più che vipera, si spicca, +così dicendo, e va contra Marfisa; +ed allo scudo l'asta sì le appicca, +che la fa a dietro riversare in guisa, +che quasi mezzo l'elmo in terra ficca; +né si può dir che sia colta improvisa: +anzi fa incontra ciò che far si puote; +e pure in terra del capo percuote. +La figliuola d'Amon, che vuol morire +o dar morte a Marfisa, è in tanta rabbia, +che non ha mente di nuovo a ferire +con l'asta, onde a gittar di nuovo l'abbia; +ma le pensa dal busto dipartire +il capo mezzo fitto ne la sabbia: +getta da sé la lancia d'oro, e prende +la spada, e del destrier subito scende. +Ma tarda è la sua giunta; che si trova +Marfisa incontra, e di tanta ira piena +(poi che s'ha vista alla seconda prova +cader sì facilmente su l'arena), +che pregar nulla, e nulla gridar giova +a Ruggier che di questo avea gran pena: +sì l'odio e l'ira le guerriere abbaglia, +che fan da disperate la battaglia. +A mezzo spada vengono di botto; +e per la gran superbia che l'ha accese, +van pur inanzi, e si son già sì sotto, +ch'altro non puon che venire alle prese. +Le spade, il cui bisogno era interrotto, +lascian cadere, e cercan nuove offese. +Priega Ruggiero e supplica amendue, +ma poco frutto han le parole sue. +Quando pur vede che 'l pregar non vale, +di partirle per forza si dispone: +leva di mano ad amendua il pugnale, +ed al piè d'un cipresso li ripone. +Poi che ferro non han più da far male, +con prieghi e con minaccie s'interpone: +ma tutto è invan; che la battaglia fanno +a pugni e a calci, poi ch'altro non hanno. +Ruggier non cessa: or l'una or l'altra prende +per le man, per le braccia, e la ritira; +e tanto fa, che di Marfisa accende +contra di sé, quanto si può più, l'ira. +Quella che tutto il mondo vilipende, +alla amicizia di Ruggier non mira. +Poi che da Bradamante si distacca, +corre alla spada, e con Ruggier s'attacca. +— Tu fai da discortese e da villano, +Ruggiero, a disturbar la pugna altrui; +ma ti farò pentir con questa mano +che vo' che basti a vincervi ambedui. — +Cerca Ruggier con parlar molto umano +Marfisa mitigar; ma contra lui +la trova in modo disdegnosa e fiera, +ch'un perder tempo ogni parlar seco era. +All'ultimo Ruggier la spada trasse, +poi che l'ira anco lui fe' rubicondo. +Non credo che spettacolo mirasse +Atene o Roma o luogo altro del mondo, +che così a' riguardanti dilettasse, +come dilettò questo e fu giocondo +alla gelosa Bradamante, quando +questo le pose ogni sospetto in bando. +La sua spada avea tolta ella di terra, +e tratta s'era a riguardar da parte; +e le parea veder che 'l dio di guerra +fosse Ruggiero alla possanza e all'arte. +Una furia infernal quando si sferra +sembra Marfisa, se quel sembra Marte. +Vero è ch'un pezzo il giovene gagliardo +di non far il potere ebbe riguardo. +Sapea ben la virtù de la sua spada; +che tante esperienze n'ha già fatto. +Ove giunge, convien che se ne vada +l'incanto, o nulla giovi, e stia di piatto: +sì che ritien che 'l colpo suo non cada +di taglio o punta, ma sempre di piatto. +Ebbe a questo Ruggier lunga avvertenza: +ma perdé pure un tratto la pazienza; +perché Marfisa una percossa orrenda +gli mena per dividergli la testa. +Leva lo scudo che 'l capo difenda +Ruggiero, e 'l colpo in su l'aquila pesta. +Vieta lo 'ncanto che lo spezzi o fenda; +ma di stordir non però il braccio resta: +e s'avea altr'arme che quelle d'Ettorre, +gli potea il fiero colpo il braccio torre: +e saria sceso indi alla testa, dove +disegnò di ferir l'aspra donzella. +Ruggiero il braccio manco a pena muove, +a pena più sostien l'aquila bella. +Per questo ogni pietà da sé rimuove; +par che negli occhi avampi una facella: +e quanto può cacciar, caccia una punta. +Marfisa, mal per te, se n'eri giunta! +Io non vi so ben dir come si fosse: +la spada andò a ferire in un cipresso, +e un palmo e più ne l'arbore cacciosse: +in modo era piantato il luogo spesso. +In quel momento il monte e il piano scosse +un gran tremuoto; e si sentì con esso +da quell'avel ch'in mezzo il bosco siede, +gran voce uscir, ch'ogni mortale eccede. +Grida la voce orribile: — Non sia +lite tra voi: gli è ingiusto ed inumano +ch'alla sorella il fratel morte dia, +o la sorella uccida il suo germano. +Tu, mio Ruggiero, e tu, Marfisa mia, +credete al mio parlar che non è vano: +in un medesimo utero d'un seme +foste concetti, e usciste al mondo insieme. +Concetti foste da Ruggier secondo: +vi fu Galaciella genitrice, +i cui fratelli avendole dal mondo +cacciato il genitor vostro infelice, +senza guardar ch'avesse in corpo il pondo +di voi, ch'usciste pur di lor radice, +la fer, perché s'avesse ad affogare, +s'un debol legno porre in mezzo al mare. +Ma Fortuna che voi, ben che non nati, +avea già eletti a gloriose imprese, +fece che 'l legno ai liti inabitati +sopra le Sirti a salvamento scese; +ove, poi che nel mondo v'ebbe dati, +l'anima eletta al paradiso ascese. +Come Dio volse e fu vostro destino, +a questo caso io mi trovai vicino. +Diedi alla madre sepoltura onesta, +qual potea darsi in sì deserta arena; +e voi teneri avolti ne la vesta +meco portai sul monte di Carena; +e mansueta uscir de la foresta +feci e lasciare i figli una leena, +de le cui poppe dieci mesi e dieci +ambi nutrir con molto studio feci. +Un giorno che d'andar per la contrada +e da la stanza allontanar m'occorse, +vi sopravenne a caso una masnada +d'Arabi (e ricordarvene de' forse), +che te, Marfisa, tolser ne la strada, +ma non poter Ruggier, che meglio corse. +Restai de la tua perdita dolente, +e di Ruggier guardian più diligente. +Ruggier, se ti guardò, mentre che visse, +il tuo maestro Atlante, tu lo sai. +Di te senti' predir le stelle fisse, +che tra' cristiani a tradigion morrai; +e perché il male influsso non seguisse, +tenertene lontan m'affaticai: +né ostare al fin potendo alla tua voglia, +infermo caddi, e mi mori' di doglia. +Ma inanzi a morte, qui dove previdi +che con Marfisa aver pugna dovevi, +feci raccor con infernal sussidi +a formar questa tomba i sassi grevi; +ed a Caron dissi con alti gridi: +— Dopo morte non vo' lo spirto levi +di questo bosco, fin che non ci giugna +Ruggier con la sorella per far pugna. — +Così lo spirto mio per le belle ombre +ha molti dì aspettato il venir vostro: +sì che mai gelosia più non t'ingombre, +o Bradamante, ch'ami Ruggier nostro. +Ma tempo è ormai che de la luce io sgombre, +e mi conduca al tenebroso chiostro. — +Qui si tacque; e a Marfisa ed alla figlia +d'Amon lasciò e a Ruggier gran maraviglia. +Riconosce Marfisa per sorella +Ruggier con molto gaudio, ed ella lui; +e ad abbracciarsi, senza offender quella +che per Ruggiero ardea, vanno ambidui: +e rammentando de l'età novella +alcune cose: i' feci, io dissi, io fui; +vengon trovando con più certo effetto, +tutto esser ver quel c'ha lo spirto detto. +Ruggiero alla sorella non ascose +quanto avea nel cor fissa Bradamante; +e narrò con parole affettuose +de le obligazion che le avea tante: +e non cessò, ch'in grand'amor compose +le discordie ch'insieme ebbono avante; +e fe', per segno di pacificarsi, +ch'umanamente andaro ad abbracciarsi. +A domandar poi ritornò Marfisa +chi stato fosse, e di che gente il padre; +e chi l'avesse morto, ed a che guisa, +s'in campo chiuso o fra l'armate squadre; +e chi commesso avea che fosse uccisa +dal mar atroce la misera madre: +che se già l'avea udito da fanciulla, +or ne tenea poca memoria o nulla. +Ruggiero incominciò, che da' Troiani +per la linea d'Ettorre erano scesi; +che poi che Astianatte de le mani +campò d'Ulisse e da li aguati tesi, +avendo un de' fanciulli coetani +per lui lasciato, uscì di quei paesi; +e dopo un lungo errar per la marina, +venne in Sicilia e dominò Messina. +— I descendenti suoi di qua dal Faro +signoreggiar de la Calabria parte; +e dopo più successioni andaro +ad abitar ne la città di Marte. +Più d'uno imperatore e re preclaro +fu di quel sangue in Roma e in altra parte, +cominciando a Costante e a Costantino, +sino a re Carlo figlio de Pipino. +Fu Ruggier primo e Gianbaron di questi, +Buovo, Rambaldo, al fin Ruggier secondo, +che fe', come d'Atlante udir potesti, +di nostra madre l'utero fecondo. +De la progenie nostra i chiari gesti +per l'istorie vedrai celebri al mondo. — +Seguì poi, come venne il re Agolante +con Almonte e col padre d'Agramante; +e come menò seco una donzella +ch'era sua figlia, tanto valorosa, +che molti paladin gittò di sella; +e di Ruggiero al fin venne amorosa, +e per suo amor del padre fu ribella, +e battezzossi, e diventògli sposa. +Narrò come Beltramo traditore +per la cognata arse d'incesto amore; +e che la patria e 'l padre e duo fratelli +tradì, così sperando acquistar lei; +aperse Risa agli nimici, e quelli +fer di lor tutti i portamenti rei; +come Agolante e i figli iniqui e felli +poser Galaciella, che di sei +mesi era grave, in mar senza governo, +quando fu tempestoso al maggior verno. +Stava Marfisa con serena fronte +fisa al parlar che 'l suo german facea: +ed esser scesa da la bella fonte +ch'avea sì chiari rivi, si godea. +Quindi Mongrana e quindi Chiaramonte +le due progenie derivar sapea, +ch'al mondo fu molti e molt'anni e lustri +splendide, e senza par d'uomini illustri. +Poi che 'l fratello al fin le venne a dire +che 'l padre d'Agramante e l'avo e 'l zio +Ruggiero a tradigion feron morire, +e posero la moglie a caso rio; +non lo poté più la sorella udire, +che lo 'nterroppe, e disse: — Fratel mio +(salva tua grazia), avuto hai troppo torto +a non ti vendicar del padre morto. +Se in Almonte e in Troian non ti potevi +insanguinar, ch'erano morti inante, +dei figli vendicar tu ti dovevi. +Perché, vivendo tu, vive Agramante? +Questa è una macchia che mai non ti levi +dal viso; poi che dopo offese tante +non pur posto non hai questo re a morte, +ma vivi al soldo suo ne la sua corte. +Io fo ben voto a Dio (ch'adorar voglio +Cristo Dio vero, ch'adorò mio padre) +che di questa armatura non mi spoglio, +fin che Ruggier non vendico e mia madre. +E vo' dolermi, e fin ora mi doglio, +di te, se più ti veggo fra le squadre +del re Agramante o d'altro signor Moro, +se non col ferro in man per danno loro. — +Oh come a quel parlar leva la faccia +la bella Bradamante, e ne gioisce! +E conforta Ruggier che così faccia +come Marfisa sua ben l'ammonisce; +e venga a Carlo, e conoscer si faccia, +che tanto onora, lauda e riverisce +del suo padre Ruggier la chiara fama, +ch'ancor guerrier senza alcun par lo chiama. +Ruggiero accortamente le rispose +che da principio questo far dovea; +ma per non bene aver note le cose, +come ebbe poi, tardato troppo avea. +Ora, essendo Agramante che gli pose +la spada al fianco, farebbe opra rea +dandogli morte, e saria traditore; +che già tolto l'avea per suo signore. +Ben, come a Bradamante già promesse, +promettea a lei di tentare ogni via, +tanto ch'occasione, onde potesse +levarsi con suo onor, nascer faria. +E se già fatto non l'avea, non desse +la colpa a lui, m'al re di Tartaria, +dal qual ne la battaglia che seco ebbe, +lasciato fu, come saper si debbe. +Ed ella ch'ogni dì gli venìa al letto, +buon testimon, quanto alcun altro, n'era. +Fu sopra questo assai risposto e detto +da l'una e da l'altra inclita guerriera. +L'ultima conclusion, l'ultimo effetto +è che Ruggier ritorni alla bandiera +del suo signor, fin che cagion gli accada, +che giustamente a Carlo se ne vada. +— Lascialo pur andar (dicea Marfisa +a Bradamante), e non aver timore: +fra pochi giorni io farò bene in guisa +che non gli fia Agramante più signore. — +Così dice ella, né però devisa +quanto di voler fare abbia nel core. +Tolta da lor licenza, al fin Ruggiero +per tornare al suo re volgea il destriero; +quando un pianto s'udì da le vicine +valli sonar, che li fe' tutti attenti. +A quella voce fan l'orecchie chine, +che di femina par che si lamenti. +Ma voglio questo canto abbia qui fine, +e di quel che voglio io, siate contenti; +che miglior cose vi prometto dire, +s'all'altro canto mi verrete a udire. Se, come in acquistar qualch'altro dono +che senza industria non può dar Natura, +affaticate notte e dì si sono +con somma diligenza e lunga cura +le valorose donne, e se con buono +successo n'è uscit'opra non oscura; +così si fosson poste a quelli studi +ch'immortal fanno le mortal virtudi; +e che per sé medesime potuto +avesson dar memoria alle sue lode, +non mendicar dagli scrittori aiuto, +ai quali astio ed invidia il cor sì rode, +che 'l ben che ne puon dir, spesso è taciuto, +e 'l mal, quanto ne san, per tutto s'ode; +tanto il lor nome sorgeria, che forse +viril fama a tal grado unqua non sorse. +Non basta a molti di prestarsi l'opra +in far l'un l'altro glorioso al mondo, +ch'anco studian di far che si discuopra +ciò che le donne hanno fra lor d'immondo. +Non le vorrian lasciar venir di sopra, +e quanto puon, fan per cacciarle al fondo: +dico gli antiqui; quasi l'onor debbia +d'esse il lor oscurar, come il sol nebbia. +Ma non ebbe e non ha mano né lingua, +formando in voce o discrivendo in carte +(quantunque il mal, quanto può, accresce e impingua, +e minuendo il ben va con ogni arte), +poter però, che de le donne estingua +la gloria sì, che non ne resti parte; +ma non già tal, che presso al segno giunga, +né ch'anco se gli accosti di gran lunga: +ch'Arpalice non fu, non fu Tomiri, +non fu chi Turno, non chi Ettor soccorse; +non chi seguita da Sidoni e Tiri +andò per lungo mare in Libia a porse; +non Zenobia, non quella che gli Assiri, +i Persi e gl'Indi con vittoria scorse: +non fur queste e poch'altre degne sole, +di cui per arme eterna fama vole. +E di fedeli e caste e sagge e forti +stato ne son, non pur in Grecia e in Roma, +ma in ogni parte ove fra gl'Indi e gli Orti +de le Esperide il Sol spiega la chioma: +de le quai sono i pregi agli onor morti, +sì ch'a pena di mille una si noma; +e questo, perché avuto hanno ai lor tempi +gli scrittori bugiardi, invidi ed empi. +Non restate però, donne, a cui giova +il bene oprar, di seguir vostra via; +né da vostra alta impresa vi rimuova +tema che degno onor non vi si dia: +che, come cosa buona non si trova +che duri sempre, così ancor né ria. +Se le carte sin qui state e gl'inchiostri +per voi non sono, or sono a' tempi nostri. +Dianzi Marullo ed il Pontan per vui +sono, e duo Strozzi, il padre e 'l figlio, stati: +c'è il Bembo, c'è il Capel, c'è chi, qual lui +vediamo, ha tali i cortigian formati: +c'è un Luigi Alaman: ce ne son dui, +di par da Marte e da le Muse amati, +ambi del sangue che regge la terra +che 'l Menzo fende e d'alti stagni serra. +Di questi l'uno, oltre che 'l proprio istinto +ad onorarvi e a riverirvi inchina, +e far Parnasso risonare e Cinto +di vostra laude, e porla al ciel vicina; +l'amor, la fede, il saldo e non mai vinto +per minacciar di strazi e di ruina, +animo ch'Issabella gli ha dimostro, +lo fa, assai più che di se stesso, vostro: +sì che non è per mai trovarsi stanco +di farvi onor nei suoi vivaci carmi: +e s'altri vi dà biasmo, non è ch'anco +sia più pronto di lui per pigliar l'armi: +e non ha il mondo cavallier che manco +la vita sua per la virtù rispiarmi. +Dà insieme egli materia ond'altri scriva, +e fa la gloria altrui, scrivendo, viva. +Ed è ben degno che sì ricca donna, +ricca di tutto quel valor che possa +esser fra quante al mondo portin gonna, +mai non si sia di sua costanza mossa; +e sia stata per lui vera colonna, +sprezzando di Fortuna ogni percossa: +di lei degno egli, e degna ella di lui; +né meglio s'accoppiaro unque altri dui. +Nuovi trofei pon su la riva d'Oglio; +ch'in mezzo a ferri, a fuochi, a navi, a ruote +ha sparso alcun tanto ben scritto foglio, +che 'l vicin fiume invidia aver gli puote. +Appresso a questo un Ercol Bentivoglio +fa chiaro il vostro onor con chiare note, +e Renato Trivulcio, e 'l mio Guidetto, +e 'l Molza, a dir di voi da Febo eletto. +C'è 'l duca de' Carnuti Ercol, figliuolo +del duca mio, che spiega l'ali come +canoro cigno, e va cantando a volo, +e fin al cielo udir fa il vostro nome. +C'è il mio signor del Vasto, a cui non solo +di dare a mille Atene e a mille Rome +di sé materia basta, ch'anco accenna +volervi eterne far con la sua penna. +Ed oltre a questi ed altri ch'oggi avete, +che v'hanno dato gloria e ve la danno, +voi per voi stesse dar ve la potete; +poi che molte, lasciando l'ago e 'l panno, +son con le Muse a spegnersi la sete +al fonte d'Aganippe andate, e vanno; +e ne ritornan tai, che l'opra vostra +è più bisogno a noi, ch'a voi la nostra. +Se chi sian queste, e di ciascuna voglio +render buon conto, e degno pregio darle, +bisognerà ch'io verghi più d'un foglio, +e ch'oggi il canto mio d'altro non parle: +e s'a lodarne cinque o sei ne toglio, +io potrei l'altre offendere e sdegnarle. +Che farò dunque? Ho da tacer d'ognuna, +o pur fra tante sceglierne sol una? +Sceglieronne una; e sceglierolla tale, +che superato avrà l'invidia in modo, +che nessun'altra potrà avere a male, +se l'altre taccio, e se lei sola lodo. +Quest'una ha non pur sé fatta immortale +col dolce stil di che il meglior non odo; +ma può qualunque di cui parli o scriva, +trar del sepolcro, e far ch'eterno viva. +Come Febo la candida sorella +fa più di luce adorna, e più la mira, +che Venere o che Maia o ch'altra stella +che va col cielo o che da sé si gira: +così facundia, più ch'all'altre, a quella +di ch'io vi parlo, e più dolcezza spira; +e dà tal forza all'alte sue parole, +ch'orna a' dì nostri il ciel d'un altro sole. +Vittoria è 'l nome; e ben conviensi a nata +fra le vittorie, ed a chi, o vada o stanzi, +di trofei sempre e di trionfi ornata, +la vittoria abbia seco, o dietro o inanzi. +Questa è un'altra Artemisia, che lodata +fu di pietà verso il suo Mausolo; anzi +tanto maggior, quanto è più assai bell'opra, +che por sotterra un uom, trarlo di sopra. +Se Laodamìa se la moglier di Bruto, +s'Arria, s'Argia, s'Evadne, e s'altre molte +meritar laude per aver voluto, +morti i mariti, esser con lor sepolte; +quanto onore a Vittoria è più dovuto, +che di Lete e del rio che nove volte +l'ombre circonda, ha tratto il suo consorte, +mal grado de le Parche e de la Morte! +S'al fiero Achille invidia de la chiara +meonia tromba il Macedonico ebbe, +quanto, invitto Francesco di Pescara, +maggior a te, se vivesse or, l'avrebbe! +che sì casta mogliere e a te sì cara +canti l'eterno onor che ti si debbe, +e che per lei sì 'l nome tuo rimbombe, +che da bramar non hai più chiare trombe. +Se quanto dir se ne potrebbe, o quanto +io n'ho desir, volessi porre in carte, +ne direi lungamente; ma non tanto, +ch'a dir non ne restasse anco gran parte: +e di Marfisa e dei compagni intanto +la bella istoria rimarria da parte, +la quale io vi promisi di seguire, +s'in questo canto mi verreste a udire. +Ora essendo voi qui per ascoltarmi, +ed io per non mancar de la promessa, +serberò a maggior ozio di provarmi +ch'ogni laude di lei sia da me espressa; +non perch'io creda bisognar miei carmi +a chi se ne fa copia da se stessa; +ma sol per satisfare a questo mio, +c'ho d'onorarla e di lodar, disio. +Donne, io conchiudo in somma, ch'ogni etate +molte ha di voi degne d'istoria avute; +ma per invidia di scrittori state +non sete dopo morte conosciute: +il che più non sarà, poi che voi fate +per voi stesse immortal vostra virtute. +Se far le due cognate sapean questo, +si sapria meglio ogni lor degno gesto. +Di Bradamante e di Marfisa dico, +le cui vittoriose inclite prove +di ritornare in luce m'affatico; +ma de le diece mancanmi le nove. +Queste ch'io so, ben volentieri esplìco; +sì perché ogni bell'opra si de', dove +occulta sia, scoprir, sì perché bramo +a voi, donne, aggradir, ch'onoro ed amo. +Stava Ruggier, com'io vi dissi, in atto +di partirsi, ed avea commiato preso, +e dall'arbore il brando già ritratto, +che, come dianzi, non gli fu conteso; +quando un gran pianto, che non lungo tratto +era lontan, lo fe' restar sospeso; +e con le donne a quella via si mosse, +per aiutar, dove bisogno fosse. +Spingonsi inanzi, e via più chiaro il suon ne +viene, e via più son le parole intese. +Giunti ne la vallea, trovan tre donne +che fan quel duolo, assai strane in arnese; +che fin all'ombilico ha lor le gonne +scorciate non so chi poco cortese: +e per non saper meglio elle celarsi, +sedeano in terra, e non ardian levarsi. +Come quel figlio di Vulcan, che venne +fuor de la polve senza madre in vita, +e Pallade nutrir fe' con solenne +cura d'Aglauro, al veder troppo ardita, +sedendo, ascosi i brutti piedi tenne +su la quadriga da lui prima ordita; +così quelle tre giovani le cose +secrete lor tenean, sedendo, ascose. +Lo spettacolo enorme e disonesto +l'una e l'altra magnanima guerriera +fe' del color che nei giardin di Pesto +esser la rosa suol da primavera. +Riguardò Bradamante, e manifesto +tosto le fu ch'Ullania una d'esse era, +Ullania che da l'Isola Perduta +in Francia messaggera era venuta: +e riconobbe non men l'altre due; +che dove vide lei, vide esse ancora. +Ma se n'andaron le parole sue +a quella de le tre ch'ella più onora; +e le domanda chi sì iniquo fue, +e sì di legge e di costumi fuora, +che quei segreti agli occhi altrui riveli, +che, quanto può, par che Natura celi. +Ullania che conosce Bradamante, +non meno ch'alle insegne, alla favella, +esser colei che pochi giorni inante +avea gittati i tre guerrier di sella, +narra che ad un castel poco distante +una ria gente e di pietà ribella, +oltre all'ingiuria di scorciarle i panni, +l'avea battuta e fattol'altri danni. +Né le sa dir che de lo scudo sia, +né dei tre re che per tanti paesi +fatto le avean sì lunga compagnia: +non sa se morti, o sian restati presi; +e dice c'ha pigliata questa via, +ancor ch'andare a piè molto le pesi, +per richiamarsi de l'oltraggio a Carlo, +sperando che non sia per tolerarlo. +Alle guerriere ed a Ruggier, che meno +non han pietosi i cor, ch'audaci e forti, +de' bei visi turbò l'aer sereno +l'udire, e più il veder sì gravi torti: +et obliando ogn'altro affar che avieno, +e senza che li prieghi o che gli esorti +la donna afflitta a far la sua vendetta, +piglian la via verso quel luogo in fretta. +Di commune parer le sopraveste, +mosse da gran bontà, s'aveano tratte, +ch'a ricoprir le parti meno oneste +di quelle sventurate assai furo atte. +Bradamante non vuol ch'Ullania peste +le strade a piè, ch'avea a piede anco fatte, +e se la leva in groppa del destriero; +l'altra Marfisa, l'altra il buon Ruggiero. +Ullania a Bradamante che la porta, +mostra la via che va al castel più dritta: +Bradamante all'incontro lei conforta, +che la vendicherà di chi l'ha afflitta. +Lascian la valle, e per via lunga e torta +sagliono un colle or a man manca or ritta; +e prima il sol fu dentro il mare ascoso, +che volesser tra via prender riposo. +Trovaro una villetta che la schena +d'un erto colle, aspro a salir, tenea; +ove ebbon buono albergo e buona cena, +quale avere in quel loco si potea. +Si mirano d'intorno, e quivi piena +ogni parte di donne si vedea, +quai giovani, quai vecchie; e in tanto stuolo +faccia non v'apparia d'un uomo solo. +Non più a Iason di maraviglia denno, +né agli Argonauti che venian con lui, +le donne che i mariti morir fenno +e i figli e i padri coi fratelli sui, +sì che per tutta l'isola di Lenno +di viril faccia non si vider dui; +che Ruggier quivi, e chi con Ruggier era +maraviglia ebbe all'alloggiar la sera. +Fero ad Ullania ed alle damigelle +che venivan con lei, le due guerriere +la sera proveder di tre gonnelle, +se non così polite, almeno intere. +A sé chiama Ruggiero una di quelle +donne ch'abitan quivi, e vuol sapere +ove gli uomini sian, ch'un non ne vede; +ed ella a lui questa risposta diede: +— Questa che forse è maraviglia a voi, +che tante donne senza uomini siamo, +è grave e intolerabil pena a noi, +che qui bandite misere viviamo. +E perché il duro esilio più ci annoi, +padri, figli e mariti, che sì amiamo, +aspro e lungo divorzio da noi fanno, +come piace al crudel nostro tiranno. +Da le sue terre, le quai son vicine +a noi due leghe, e dove noi siàn nate, +qui ci ha mandato il barbaro in confine, +prima di mille scorni ingiuriate; +ed ha gli uomini nostri e noi meschine +di morte e d'ogni strazio minacciate, +se quelli a noi verranno, o gli fia detto +che noi diàn lor, venendoci, ricetto. +Nimico è sì costui del nostro nome, +che non ci vuol, più ch'io vi dico, appresso, +né ch'a noi venga alcun de' nostri, come +l'odor l'ammorbi del femineo sesso. +Già due volte l'onor de le lor chiome +s'hanno spogliato gli alberi e rimesso, +da indi in qua che 'l rio signor vaneggia +in furor tanto: e non è chi 'l correggia; +che 'l populo ha di lui quella paura +che maggior aver può l'uom de la morte; +ch'aggiunto al mal voler gli ha la natura +una possanza fuor d'umana sorte. +Il corpo suo di gigantea statura +è più, che di cent'altri insieme, forte. +Né pure a noi sue suddite è molesto, +ma fa alle strane ancor peggio di questo. +Se l'onor vostro, e queste tre vi sono +punto care, ch'avete in compagnia, +più vi sarà sicuro, utile e buono +non gir più inanzi, e trovar altra via. +Questa al castel de l'uom di ch'io ragiono, +a provar mena la costuma ria +che v'ha posta il crudel con scorno e danno +di donne e di guerrier che di là vanno. +Marganor il fellon (così si chiama +il signore, il tiran di quel castello), +del qual Nerone, o s'altri è ch'abbia fama +di crudeltà, non fu più iniquo e fello, +il sangue uman, ma 'l feminil più brama, +che 'l lupo non lo brama de l'agnello. +Fa con onta scacciar le donne tutte +da lor ria sorte a quel castel condutte. — +Perché quell'empio in tal furor venisse, +volson le donne intendere e Ruggiero: +pregar colei, ch'in cortesia seguisse, +anzi che cominciasse il conto intero. +— Fu il signor del castel (la donna disse) +sempre crudel, sempre inumano e fiero; +ma tenne un tempo il cor maligno ascosto, +né si lasciò conoscer così tosto: +che mentre duo suoi figli erano vivi, +molto diversi dai paterni stili, +ch'amavan forestieri, ed eran schivi +di crudeltade e degli altri atti vili; +quivi le cortesie fiorivan, quivi +i bei costumi e l'opere gentili: +che 'l padre mai, quantunque avaro fosse, +da quel che lor piacea non li rimosse. +Le donne e i cavallier che questa via +facean talor, venian sì ben raccolti, +che si partian de l'alta cortesia +dei duo germani inamorati molti. +Amendui questi di cavalleria +parimente i santi ordini avean tolti: +Cilandro l'un, l'altro Tanacro detto, +gagliardi, arditi e di reale aspetto. +Ed eran veramente, e sarian stati +sempre di laude degni e d'ogni onore, +s'in preda non si fossino sì dati +a quel desir che nominiamo amore; +per cui dal buon sentier fur traviati +al labirinto ed al camin d'errore; +e ciò che mai di buono aveano fatto, +restò contaminato e brutto a un tratto. +Capitò quivi un cavallier di corte +del greco imperator, che seco avea +una sua donna di maniere accorte, +bella quanto bramar più si potea. +Cilandro in lei s'inamorò sì forte, +che morir, non l'avendo, gli parea: +gli parea che dovesse, alla partita +di lei, partire insieme la sua vita. +E perché i prieghi non v'avriano loco, +di volerla per forza si dispose. +Armossi, e dal castel lontano un poco, +ove passar dovean, cheto s'ascose. +L'usata audacia e l'amoroso fuoco +non gli lasciò pensar troppo le cose: +sì che vedendo il cavallier venire, +l'andò lancia per lancia ad assalire. +Al primo incontro credea porlo in terra, +portar la donna e la vittoria indietro: +ma 'l cavallier, che mastro era di guerra, +l'osbergo gli spezzò come di vetro. +Venne la nuova al padre ne la terra, +che lo fe' riportar sopra un ferètro; +e ritrovandol morto, con gran pianto +gli diè sepulcro agli antiqui avi a canto. +Né più però né manco si contese +l'albergo e l'accoglienza a questo e a quello, +perché non men Tanacro era cortese, +né meno era gentil di suo fratello. +L'anno medesmo di lontan paese +con la moglie un baron venne al castello, +a maraviglia egli gagliardo, ed ella, +quanto si possa dir, leggiadra e bella; +né men che bella, onesta e valorosa, +e degna veramente d'ogni loda: +il cavallier, di stirpe generosa, +di tanto ardir, quanto più d'altri s'oda. +E ben conviensi a tal valor, che cosa +di tanto prezzo e sì eccellente goda. +Olindro il cavallier da Lungavilla, +la donna nominata era Drusilla. +Non men di questa il giovene Tanacro +arse, che 'l suo fratel di quella ardesse, +che gli fe' gustar fine acerbo ed acro +del desiderio ingiusto ch'in lei messe. +Non men di lui di violar del sacro +e santo ospizio ogni ragione ellesse, +più tosto che patir che 'l duro e forte +nuovo desir lo conducesse a morte. +Ma perch'avea dinanzi agli occhi il tema +del suo fratel che n'era stato morto, +pensa di torla in guisa, che non tema +ch'Olindro s'abbia a vendicar del torto. +Tosto s'estingue in lui, non pur si scema +quella virtù su che solea star sorto; +ché non lo sommergean dei vizi l'acque, +de le quai sempre al fondo il padre giacque. +Con gran silenzio fece quella notte +seco raccor da vent'uomini armati; +e lontan dal castel, fra certe grotte +che si trovan tra via, messe gli aguati. +Quivi ad Olindro il dì le strade rotte, +e chiusi i passi fur da tutti i lati; +e ben che fe' lunga difesa e molta, +pur la moglie e la vita gli fu tolta. +Ucciso Olindro, ne menò captiva +la bella donna, addolorata in guisa, +ch'a patto alcun restar non volea viva, +e di grazia chiedea d'essere uccisa. +Per morir si gittò giù d'una riva +che vi trovò sopra un vallone assisa; +e non poté morir, ma con la testa +rotta rimase, e tutta fiacca e pesta. +Altrimente Tanacro riportarla +a casa non poté che s'una bara. +Fece con diligenza medicarla; +che perder non volea preda sì cara. +E mentre che s'indugia a risanarla, +di celebrar le nozze si prepara: +ch'aver sì bella donna e sì pudica +debbe nome di moglie, e non d'amica. +Non pensa altro Tanacro, altro non brama, +d'altro non cura, e d'altro mai non parla. +Si vede averla offesa, e se ne chiama +in colpa, e ciò che può, fa d'emendarla. +Ma tutto è invano: quanto egli più l'ama, +quanto più s'affatica di placarla, +tant'ella odia più lui, tanto è più forte, +tanto è più ferma in voler porlo a morte. +Ma non però quest'odio così ammorza +la conoscenza in lei, che non comprenda +che, se vuol far quanto disegna, è forza +che simuli, ed occulte insidie tenda; +e che 'l desir sotto contraria scorza +(il quale è sol come Tanacro offenda) +veder gli faccia; e che si mostri tolta +dal primo amore, e tutto a lui rivolta. +Simula il viso pace; ma vendetta +chiama il cor dentro, e ad altro non attende. +Molte cose rivolge, alcune accetta, +altre ne lascia, ed altre in dubbio appende. +Le par che quando essa a morir si metta, +avrà il suo intento; e quivi al fin s'apprende. +E dove meglio può morire, o quando, +che 'l suo caro marito vendicando? +Ella si mostra tutta lieta, e finge +di queste nozze aver sommo disio; +e ciò che può indugiarle, a dietro spinge, +non ch'ella mostri averne il cor restio. +Più de l'altre s'adorna e si dipinge: +Olindro al tutto par messo in oblio. +Ma che sian fatte queste nozze vuole, +come ne la sua patria far si suole. +Non era però ver che questa usanza +che dir volea, ne la sua patria fosse: +ma, perché in lei pensier mai non avanza, +che spender possa altrove, imaginosse +una bugia, la qual le diè speranza +di far morir chi 'l suo signor percosse: +e disse di voler le nozze a guisa +de la sua patria, e 'l modo gli devisa. +— La vedovella che marito prende, +deve, prima (dicea) ch'a lui s'appresse, +placar l'alma del morto ch'ella offende, +facendo celebrargli offici e messe, +in remission de le passate mende, +nel tempio ove di quel son l'ossa messe; +e dato fin ch'al sacrificio sia, +alla sposa l'annel lo sposo dia: +ma ch'abbia in questo mezzo il sacerdote +sul vino ivi portato a tale effetto +appropriate orazion devote, +sempre il liquor benedicendo, detto; +indi che 'l fiasco in una coppa vote, +e dia alli sposi il vino benedetto: +ma portare alla sposa il vino tocca, +ed esser prima a porvi su la bocca. — +Tanacro, che non mira quanto importe +ch'ella le nozze alla sua usanza faccia, +le dice: — Pur che 'l termine si scorte +d'essere insieme, in questo si compiaccia. — +Né s'avede il meschin ch'essa la morte +d'Olindro vendicar così procaccia, +e sì la voglia ha in uno oggetto intensa, +che sol di quello, e mai d'altro non pensa. +Avea seco Drusilla una sua vecchia, +che seco presa, seco era rimasa. +A sé chiamolla, e le disse all'orecchia, +sì che non poté udire uomo di casa: +— Un subitano tosco m'apparecchia, +qual so che sai comporre, e me lo invasa; +c'ho trovato la via di vita torre +il traditor figliuol di Marganorre. +E me so come, e te salvar non meno: +ma diferisco a dirtelo più ad agio. — +Andò la vecchia, e apparecchiò il veneno, +ed acconciollo, e ritornò al palagio. +Di vin dolce di Candia un fiasco pieno +trovò da por con quel succo malvagio, +e lo serbò pel giorno de le nozze; +ch'omai tutte l'indugie erano mozze. +Lo statuito giorno al tempio venne, +di gemme ornata e di leggiadre gonne, +ove d'Olindro, come gli convenne, +fatto avea l'arca alzar su due colonne. +Quivi l'officio si cantò solenne: +trasseno a udirlo tutti, uomini e donne, +e lieto Marganor più de l'usato, +venne col figlio e con gli amici a lato. +Tosto ch'al fin le sante esequie foro, +e fu col tosco il vino benedetto, +il sacerdote in una coppa d'oro +lo versò, come avea Drusilla detto. +Ella ne bebbe quanto al suo decoro +si conveniva, e potea far l'effetto: +poi diè allo sposo con viso giocondo +il nappo; e quel gli fe' apparire il fondo. +Renduto il nappo al sacerdote, lieto +per abbracciar Drusilla apre le braccia. +Or quivi il dolce stile e mansueto +in lei si cangia e quella gran bonaccia. +Lo spinge a dietro, e gli ne fa divieto, +e par ch'arda negli occhi e ne la faccia; +e con voce terribile e incomposta +gli grida: — Traditor, da me ti scosta! +Tu dunque avrai da me solazzo e gioia, +io lagrime da te, martìri e guai? +Io vo' per le mie man ch'ora tu muoia: +questo è stato venen, se tu nol sai. +Ben mi duol c'hai troppo onorato boia, +che troppo lieve e facil morte fai; +che mani e pene io non so sì nefande, +che fosson pari al tuo peccato grande. +Mi duol di non vedere in questa morte +il sacrificio mio tutto perfetto: +che s'io 'l poteva far di quella sorte +ch'era il disio, non avria alcun difetto. +Di ciò mi scusi il dolce mio consorte: +riguardi al buon volere, e l'abbia accetto; +che non potendo come avrei voluto, +io t'ho fatto morir come ho potuto. +E la punizion che qui, secondo +il desiderio mio, non posso darti, +spero l'anima tua ne l'altro mondo +veder patire; ed io starò a mirarti. — +Poi disse, alzando con viso giocondo +i turbidi occhi alle superne parti: +— Questa vittima, Olindro, in tua vendetta +col buon voler de la tua moglie accetta; +ed impetra per me dal Signor nostro +grazia, ch'in paradiso oggi io sia teco. +Se ti dirà che senza merto al vostro +regno anima non vien, di' ch'io l'ho meco; +che di questo empio e scelerato mostro +le spoglie opime al santo tempio arreco. +E che merti esser puon maggior di questi, +spegner sì brutte e abominose pesti? — +Finì il parlare insieme con la vita; +e morta anco parea lieta nel volto +d'aver la crudeltà così punita +di chi il caro marito le avea tolto. +Non so se prevenuta, o se seguita +fu da lo spirto di Tanacro sciolto: +fu prevenuta, credo; ch'effetto ebbe +prima il veneno in lui, perché più bebbe. +Marganor che cader vede il figliuolo, +e poi restar ne le sue braccia estinto, +fu per morir con lui, dal grave duolo +ch'alla sprovista lo trafisse, vinto. +Duo n'ebbe un tempo, or si ritrova solo: +due femine a quel termine l'han spinto. +La morte a l'un da l'una fu causata; +e l'altra all'altro di sua man l'ha data. +Amor, pietà, sdegno, dolore ed ira, +disio di morte e di vendetta insieme +quell'infelice ed orbo padre aggira, +che, come il mar che turbi il vento, freme. +Per vendicarsi va a Drusilla, e mira +che di sua vita ha chiuse l'ore estreme; +e come il punge e sferza l'odio ardente, +cerca offendere il corpo che non sente. +Qual serpe che ne l'asta ch'alla sabbia +la tenga fissa, indarno i denti metta; +o qual mastin ch'al ciottolo che gli abbia +gittato il viandante, corra in fretta, +e morda invano con stizza e con rabbia, +né se ne voglia andar senza vendetta: +tal Marganor d'ogni mastin, d'ogni angue +via più crudel, fa contra il corpo esangue. +E poi che per stracciarlo e farne scempio +non si sfoga il fellon né disacerba, +vien fra le donne di che è pieno il tempio, +né più l'una de l'altra ci riserba; +ma di noi fa col brando crudo ed empio +quel che fa con la falce il villan d'erba. +Non vi fu alcun ripar, ch'in un momento +trenta n'uccise, e ne ferì ben cento. +Egli da la sua gente è sì temuto, +ch'uomo non fu ch'ardisse alzar la testa. +Fuggon le donne col popul minuto +fuor de la chiesa, e chi può uscir, non resta. +Quel pazzo impeto al fin fu ritenuto +dagli amici con prieghi e forza onesta, +e lasciando ogni cosa in pianto al basso, +fatto entrar ne la rocca in cima al sasso. +E tuttavia la colera durando, +di cacciar tutte per partito prese; +poi che gli amici e 'l populo pregando, +che non ci uccise a fatto, gli contese: +e quel medesmo dì fe' andare un bando, +che tutte gli sgombrassimo il paese; +e darci qui gli piacque le confine. +Misera chi al castel più s'avvicine! +Da le mogli così furo i mariti, +da le madri così i figli divisi. +S'alcuni sono a noi venire arditi, +nol sappia già chi Marganor n'avisi; +che di multe gravissime puniti +n'ha molti, e molti crudelmente uccisi. +Al suo castello ha poi fatto una legge, +di cui peggior non s'ode né si legge. +Ogni donna che trovin ne la valle, +la legge vuol (ch'alcuna pur vi cade) +che percuotan con vimini alle spalle, +e la faccian sgombrar queste contrade: +ma scorciar prima i panni, e mostrar falle +quel che Natura asconde ed Onestade; +e s'alcuna vi va, ch'armata scorta +abbia di cavallier, vi resta morta. +Quelle c'hanno per scorta cavallieri, +son da questo nimico di pietate, +come vittime, tratte ai cimiteri +dei morti figli, e di sua man scannate. +Leva con ignominia arme e destrieri, +e poi caccia in prigion chi l'ha guidate: +e lo può far; che sempre notte e giorno +si trova più di mille uomini intorno. +E dir di più vi voglio ancora, ch'esso, +s'alcun ne lascia, vuol che prima giuri +su l'ostia sacra, che 'l femineo sesso +in odio avrà fin che la vita duri. +Se perder queste donne e voi appresso +dunque vi pare, ite a veder quei muri +ove alberga il fellone, e fate prova +s'in lui più forza o crudeltà si trova. — +Così dicendo, le guerriere mosse +prima a pietade, e poscia a tanto sdegno, +che se, come era notte, giorno fosse, +sarian corse al castel senza ritegno. +La bella compagnia quivi pososse; +e tosto che l'Aurora fece segno +che dar dovesse al Sol loco ogni stella, +ripigliò l'arme e si rimesse in sella. +Già sendo in atto di partir, s'udiro +le strade risonar dietro le spalle +d'un lungo calpestio, che gli occhi in giro +fece a tutti voltar giù ne la valle. +E lungi quanto esser potrebbe un tiro +di mano, andar per uno istretto calle +vider da forse venti armati in schiera, +di che parte in arcion, parte a pied'era; +e che traean con lor sopra un cavallo +donna ch'al viso aver parea molt'anni, +a guisa che si mena un che per fallo +a fuoco o a ceppo o a laccio si condanni: +la qual fu, non ostante l'intervallo, +tosto riconosciuta al viso e ai panni. +La riconobber queste de la villa +esser la cameriera di Drusilla: +la cameriera che con lei fu presa +dal rapace Tanacro, come ho detto, +ed a chi fu dipoi data l'impresa +di quel venen che fe' 'l crudele effetto. +Non era entrata ella con l'altre in chiesa; +che di quel che seguì stava in sospetto: +anzi in quel tempo, de la villa uscita, +ove esser sperò salva, era fugita. +Avuto Marganor poi di lei spia, +la qual s'era ridotta in Ostericche, +non ha cessato mai di cercar via +come in man l'abbia, acciò l'abruci o impicche: +e finalmente l'Avarizia ria, +mossa da doni e da proferte ricche, +ha fatto ch'un baron, ch'assicurata +l'avea in sua terra, a Marganor l'ha data: +e mandata glie l'ha fin a Costanza +sopra un somier, come la merce s'usa, +legata e stretta, e toltole possanza +di far parole, e in una cassa chiusa: +onde poi questa gente l'ha ad istanza +de l'uom ch'ogni pietade ha da sé esclusa, +quivi condotta con disegno ch'abbia +l'empio a sfogar sopra di lei sua rabbia. +Come il gran fiume che di Vesulo esce, +quanto più inanzi e verso il mar discende, +e che con lui Lambra e Ticin si mesce, +ed Ada e gli altri onde tributo prende, +tanto più altiero e impetuoso cresce; +così Ruggier, quante più colpe intende +di Marganor, così le due guerriere +se gli fan contra più sdegnose e fiere. +Elle fur d'odio, elle fur d'ira tanta +contra il crudel, per tante colpe, accese, +che di punirlo, mal grado di quanta +gente egli avea, conclusion si prese. +Ma dargli presta morte troppo santa +pena lor parve e indegna a tante offese; +ed era meglio fargliela sentire, +fra strazio prolungandola e martìre. +Ma prima liberar la donna è onesto, +che sia condotta da quei birri a morte. +Lentar di briglia col calcagno presto +fece a' presti destrier far le vie corte. +Non ebbon gli assaliti mai di questo +uno incontro più acerbo né più forte; +sì che han di grazia di lasciar gli scudi +e la donna e l'arnese, e fuggir nudi: +sì come il lupo che di preda vada +carco alla tana, e quando più si crede +d'esser sicur, dal cacciator la strada +e da' suoi cani attraversar si vede, +getta la soma, e dove appar men rada +la scura macchia inanzi, affretta il piede. +Già men presti non fur quelli a fuggire, +che li fusson quest'altri ad assalire. +Non pur la donna e l'arme vi lasciaro, +ma de' cavalli ancor lasciaron molti, +e da rive e da grotte si lanciaro, +parendo lor così d'esser più sciolti. +Il che alle donne ed a Ruggier fu caro; +che tre di quei cavalli ebbono tolti +per portar quelle tre che 'l giorno d'ieri +feron sudar le groppe ai tre destrieri. +Quindi espediti segueno la strada +verso l'infame e dispietata villa. +Voglion che seco quella vecchia vada, +per veder la vendetta di Drusilla. +Ella che teme che non ben le accada, +lo niega indarno, e piange e grida e strilla; +ma per forza Ruggier la leva in groppa +del buon Frontino, e via con lei galoppa. +Giunseno in somma onde vedeano al basso +di molte case un ricco borgo e grosso, +che non serrava d'alcun lato il passo, +perché né muro intorno avea né fosso. +Avea nel mezzo un rilevato sasso +ch'un'alta rocca sostenea sul dosso. +A quella si drizzar con gran baldanza, +ch'esser sapean di Marganor la stanza. +Tosto che son nel borgo, alcuni fanti +che v'erano alla guardia de l'entrata, +dietro chiudon la sbarra, e già davanti +veggion che l'altra uscita era serrata: +ed ecco Marganorre, e seco alquanti +a piè e a cavallo, e tutta gente armata; +che con brevi parole, ma orgogliose, +la ria costuma di sua terra espose. +Marfisa, la qual prima avea composta +con Bradamante e con Ruggier la cosa, +gli spronò incontro in cambio di risposta; +e com'era possente e valorosa, +senza ch'abbassi lancia, o che sia posta +in opra quella spada sì famosa, +col pugno in guisa l'elmo gli martella, +che lo fa tramortir sopra la sella. +Con Marfisa la giovane di Francia +spinge a un tempo il destrier, né Ruggier resta +ma con tanto valor corre la lancia, +che sei, senza levarsela di resta, +n'uccide, uno ferito ne la pancia, +duo nel petto, un nel collo, un ne la testa: +nel sesto che fuggia l'asta si roppe, +ch'entrò alle schene e riuscì alle poppe. +La figliuola d'Amon quanti ne tocca +con la sua lancia d'or, tanti n'atterra: +fulmine par, che 'l cielo ardendo scocca, +che ciò ch'incontra, spezza e getta a terra. +Il popul sgombra, chi verso la rocca, +chi verso il piano; altri si chiude e serra, +chi ne le chiese e chi ne le sue case; +né, fuor che morti, in piazza uomo rimase. +Marfisa Marganorre avea legato +intanto con le man dietro alle rene, +ed alla vecchia di Drusilla dato, +ch'appagata e contenta se ne tiene. +D'arder quel borgo poi fu ragionato, +s'a penitenza del suo error non viene: +levi la legge ria di Marganorre, +e questa accetti, ch'essa vi vuol porre. +Non fu già d'ottener questo fatica; +con quella gente, oltre al timor ch'avea +che più faccia Marfisa che non dica, +ch'uccider tutti ed abbruciar volea, +di Marganorre affatto era nimica +e de la legge sua crudele e rea. +Ma 'l populo facea come i più fanno, +ch'ubbidiscon più a quei che più in odio hanno. +Però che l'un de l'altro non si fida, +e non ardisce conferir sua voglia, +lo lascian ch'un bandisca, un altro uccida, +a quel l'avere, a questo l'onor toglia. +Ma il cor che tace qui, su nel ciel grida, +fin che Dio e santi alla vendetta invoglia; +la qual, se ben tarda a venir, compensa +l'indugio poi con punizione immensa. +Or quella turba d'ira e d'odio pregna +con fatti e con mal dir cerca vendetta: +com'è in proverbio, ognun corre a far legna +all'arbore che 'l vento in terra getta. +Sia Marganorre esempio di chi regna; +che chi mal opra, male al fine aspetta. +Di vederlo punir de' suoi nefandi +peccati, avean piacer piccioli e grandi. +Molti a chi fur le mogli o le sorelle +o le figlie o le madri da lui morte, +non più celando l'animo ribelle, +correan per dargli di lor man la morte: +e con fatica lo difeser quelle +magnanime guerriere e Ruggier forte; +che disegnato avean farlo morire +d'affanno, di disagio e di martire. +A quella vecchia che l'odiava quanto +femina odiare alcun nimico possa, +nudo in mano lo dier, legato tanto, +che non si scioglierà per una scossa; +ed ella, per vendetta del suo pianto, +gli andò facendo la persona rossa +con un stimulo aguzzo ch'un villano, +che quivi si trovò, le pose in mano. +La messaggera e le sue giovani anco, +che quell'onta non son mai per scordarsi, +non s'hanno più a tener le mani al fianco, +né meno che la vecchia, a vendicarsi; +ma sì è il desir d'offenderlo, che manco +viene il potere, e pur vorrian sfogarsi: +chi con sassi il percuote, chi con l'unge; +altra lo morde, altra cogli aghi il punge. +Come torrente che superbo faccia +lunga pioggia talvolta o nievi sciolte, +va ruinoso, e giù da' monti caccia +gli arbori e i sassi e i campi e le ricolte; +vien tempo poi, che l'orgogliosa faccia +gli cade, e sì le forze gli son tolte, +ch'un fanciullo, una femina per tutto +passar lo puote, e spesso a piede asciutto: +così già fu che Marganorre intorno +fece tremar, dovunque udiasi il nome; +or venuto è chi gli ha spezzato il corno +di tanto orgoglio, e sì le forze dome, +che gli puon far sin a' bambini scorno, +chi pelargli la barba e chi le chiome. +Quindi Ruggiero e le donzelle il passo +alla rocca voltar, ch'era sul sasso. +La diè senza contrasto in poter loro +chi v'era dentro, e così i ricchi arnesi, +ch'in parte messi a sacco, in parte foro +dati ad Ullania ed a' compagni offesi. +Ricovrato vi fu lo scudo d'oro, +e quei tre re ch'avea il tiranno presi, +li quai venendo quivi, come parmi +d'avervi detto, erano a piè senz'armi; +perché dal dì che fur tolti di sella +da Bradamante, a piè sempre eran iti +senz'arme, in compagnia de la donzella +la qual venìa da sì lontani liti. +Non so se meglio o peggio fu di quella, +che di lor armi non fusson guerniti. +Era ben meglio esser da lor difesa; +ma peggio assai, se ne perdean l'impresa: +perché stata saria, com'eran tutte +quelle ch'armate avean seco le scorte, +al cimitero misere condutte +dei due fratelli, e in sacrificio morte. +Gli è pur men che morir, mostrar le brutte +e disoneste parti, duro e forte; +e sempre questo e ogn'altro obbrobrio amorza +il poter dir che le sia fatto a forza. +Prima ch'indi si partan le guerriere, +fan venir gli abitanti a giuramento, +che daranno i mariti alle mogliere +de la terra e del tutto il reggimento; +e castigato con pene severe +sarà chi contrastare abbia ardimento. +In somma quel ch'altrove è del marito, +che sia qui de la moglie è statuito. +Poi si feccion promettere ch'a quanti +mai verrian quivi, non darian ricetto, +o fosson cavallieri, o fosson fanti, +né 'ntrar li lascerian pur sotto un tetto, +se per Dio non giurassino e per santi, +o s'altro giuramento v'è più stretto, +che sarian sempre de le donne amici, +e dei nimici lor sempre nimici; +e s'avranno in quel tempo, e se saranno, +tardi o più tosto, mai per aver moglie, +che sempre a quelle sudditi saranno, +e ubbidienti a tutte le lor voglie. +Tornar Marfisa, prima ch'esca l'anno, +disse, e che perdan gli arbori le foglie; +e se la legge in uso non trovasse, +fuoco e ruina il borgo s'aspettasse. +Né quindi si partir, che de l'immondo +luogo dov'era, fer Drusilla torre, +e col marito in uno avel, secondo +ch'ivi potean più riccamente porre. +La vecchia facea intanto rubicondo +con lo stimulo il dosso a Marganorre: +sol si dolea di non aver tal lena, +che potesse non dar triegua alla pena. +L'animose guerriere a lato un tempio +videno quivi una colonna in piazza, +ne la qual fatt'avea quel tiranno empio +scriver la legge sua crudele e pazza. +Elle, imitando d'un trofeo l'esempio, +lo scudo v'attaccaro e la corazza +di Marganorre e l'elmo; e scriver fenno +la legge appresso, ch'esse al loco denno. +Quivi s'indugiar tanto, che Marfisa +fe' por la legge sua ne la colonna, +contraria a quella che già v'era incisa +a morte ed ignominia d'ogni donna. +Da questa compagnia restò divisa +quella d'Islanda, per rifar la gonna; +che comparire in corte obbrobrio stima, +se non si veste ed orna come prima. +Quivi rimase Ullania; e Marganorre +di lei restò in potere: ed essa poi, +perché non s'abbia in qualche modo a sciorre, +e le donzelle un'altra volta annoi, +lo fe' un giorno saltar giù d'una torre, +che non fe' il maggior salto a' giorni suoi. +Non più di lei, né più dei suoi si parli, +ma de la compagnia che va verso Arli. +Tutto quel giorno, e l'altro fin appresso +l'ora di terza andaro; e poi che furo +giunti dove in due strade è il camin fesso +(l'una va al campo, e l'altra d'Arli al muro), +tornar gli amanti ad abbracciarsi, e spesso +a tor commiato, e sempre acerbo e duro. +Al fin le donne in campo, e in Arli è gito +Ruggiero; ed io il mio canto ho qui finito. Cortesi donne, che benigna udienza +date a' miei versi, io vi veggo al sembiante, +che quest'altra sì subita partenza +che fa Ruggier da la sua fida amante, +vi dà gran noia, e avete displicenza +poco minor ch'avesse Bradamante; +e fate anco argumento ch'esser poco +in lui dovesse l'amoroso fuoco. +Per ogni altra cagion ch'allontanato +contra la voglia d'essa se ne fusse, +ancor ch'avesse più tesor sperato +che Creso o Crasso insieme non ridusse, +io crederia con voi, che penetrato +non fosse al cor lo stral che lo percusse; +ch'un almo gaudio, un così gran contento +non potrebbe comprare oro né argento. +Pur, per salvar l'onor, non solamente +d'escusa, ma di laude è degno ancora; +per salvar, dico, in caso ch'altrimente +facendo, biasmo ed ignominia fôra: +e se la donna fosse renitente +ed ostinata in fargli far dimora, +darebbe di sé indizio e chiaro segno +o d'amar poco o d'aver poco ingegno. +Che se l'amante de l'amato deve +la vita amar più de la propria, o tanto +(io parlo d'uno amante a cui non lieve +colpo d'Amor passò più là del manto); +al piacer tanto più, ch'esso riceve, +l'onor di quello antepor deve, quanto +l'onore è di più pregio che la vita, +ch'a tutti altri piaceri è preferita. +Fece Ruggiero il debito a seguire +il suo signor, che non se ne potea, +se non con ignominia, dipartire; +che ragion di lasciarlo non avea. +E s'Almonte gli fe' il padre morire, +tal colpa in Agramante non cadea; +ch'in molti effetti avea con Ruggier poi +emendato ogni error dei maggior suoi. +Farà Ruggiero il debito a tornare +al suo signore; ed ella ancor lo fece, +che sforzar non lo volse di restare, +come potea, con iterata prece. +Ruggier potrà alla donna satisfare +a un altro tempo, s'or non satisfece: +ma all'onor, chi gli manca d'un momento, +non può in cento anni satisfar né in cento. +Torna Ruggiero in Arli, ove ha ritratta +Agramante la gente che gli avanza. +Bradamante e Marfisa, che contratta +col parentado avean grande amistanza, +andaro insieme ove re Carlo fatta +la maggior prova avea di sua possanza, +sperando, o per battaglia o per assedio, +levar di Francia così lungo tedio. +Di Bradamante, poi che conosciuta +in campo fu, si fe' letizia e festa: +ognun la riverisce e la saluta; +ed ella a questo e a quel china la testa. +Rinaldo, come udì la sua venuta, +le venne incontra; né Ricciardo resta +né Ricciardetto od altri di sua gente, +e la raccoglion tutti allegramente. +Come s'intese poi che la compagna +era Marfisa, in arme sì famosa, +che dal Cataio ai termini di Spagna +di mille chiare palme iva pomposa; +non è povero o ricco che rimagna +nel padiglion: la turba disiosa +vien quinci e quindi, e s'urta, storpia e preme +sol per veder sì bella coppia insieme. +A Carlo riverenti appresentarsi. +Questo fu il primo dì (scrive Turpino) +che fu vista Marfisa inginocchiarsi; +che sol le parve il figlio di Pipino +degno, a cui tanto onor dovesse farsi, +tra quanti, o mai nel popul saracino +o nel cristiano, imperatori e regi +per virtù vide o per ricchezza egregi. +Carlo benignamente la raccolse, +e le uscì incontra fuor dei padiglioni; +e che sedesse a lato suo poi volse +sopra tutti re, principi e baroni. +Si diè licenza a chi non se la tolse; +sì che tosto restaro in pochi e buoni: +restaro i paladini e i gran signori; +la vilipesa plebe andò di fuori. +Marfisa cominciò con grata voce: +— Eccelso, invitto e glorioso Augusto, +che dal mar Indo alla Tirinzia foce, +dal bianco Scita all'Etiope adusto +riverir fai la tua candida croce, +né di te regna il più saggio o 'l più giusto; +tua fama, ch'alcun termine non serra, +qui tratto m'ha fin da l'estrema terra. +E, per narrarti il ver, sola mi mosse +invidia, e sol per farti guerra io venni, +acciò che sì possente un re non fosse, +che non tenesse la legge ch'io tenni. +Per questo ho fatto le campagne rosse +del cristian sangue; ed altri fieri cenni +era per farti da crudel nimica, +se non cadea chi mi t'ha fatto amica. +Quando nuocer pensai più alle tue squadre, +io trovo (e come sia dirò più adagio) +che 'l bon Ruggier di Risa fu mio padre, +tradito a torto dal fratel malvagio. +Portommi in corpo mia misera madre +di là dal mare, e nacqui in gran disagio. +Nutrimmi un mago infin al settimo anno, +a cui gli Arabi poi rubata m'hanno. +E mi vendero in Persia per ischiava +a un re che poi cresciuta io posi a morte; +che mia virginità tor mi cercava. +Uccisi lui con tutta la sua corte; +tutta cacciai la sua progenie prava, +e presi il regno; e tal fu la mia sorte, +che diciotto anni d'uno o di due mesi +io non passai, che sette regni presi. +E di tua fama invidiosa, come +io t'ho già detto, avea fermo nel core +la grande altezza abbatter del tuo nome: +forse il faceva, o forse era in errore. +Ma ora avvien che questa voglia dome, +e faccia cader l'ale al mio furore, +l'aver inteso, poi che qui son giunta, +come io ti son d'affinità congiunta. +E come il padre mio parente e servo +ti fu, ti son parente e serva anch'io: +e quella invidia e quell'odio protervo +il qual io t'ebbi un tempo, or tutto oblio; +anzi contra Agramante io lo riservo, +e contra ogn'altro che sia al padre o al zio +di lui stato parente, che fur rei +di porre a morte i genitori miei. — +E seguitò, voler cristiana farsi, +e dopo ch'avrà estinto il re Agramante, +voler piacendo a Carlo, ritornarsi +a battezzare il suo regno in Levante; +ed indi contra tutto il mondo armarsi, +ove Macon s'adori e Trivigante; +e con promission, ch'ogni suo acquisto +sia de l'Impero e de la fé di Cristo. +L'imperator, che non meno eloquente +era, che fosse valoroso e saggio, +molto esaltando la donna eccellente, +e molto il padre e molto il suo lignaggio, +rispose ad ogni parte umanamente, +e mostrò in fronte aperto il suo coraggio; +e conchiuse ne l'ultima parola, +per parente accettarla e per figliuola. +E qui si leva, e di nuovo l'abbraccia, +e, come figlia, bacia ne la fronte. +Vengono tutti con allegra faccia +quei di Mongrana e quei di Chiaramonte. +Lungo a dir fôra, quanto onor le faccia +Rinaldo, che di lei le prove conte +vedute avea più volte al paragone, +quando Albracca assediar col suo girone. +Lungo a dir fôra, quanto il giovinetto +Guidon s'allegri di veder costei, +Aquilante e Grifone e Sansonetto +ch'alla città crudel furon con lei; +Malagigi e Viviano e Ricciardetto, +ch'all'occision de' Maganzesi rei +e di quei venditori empi di Spagna +l'aveano avuta sì fedel compagna. +Apparecchiar per lo seguente giorno, +ed ebbe cura Carlo egli medesmo, +che fosse un luogo riccamente adorno, +ove prendesse Marfisa battesmo. +I vescovi e gran chierici d'intorno, +che le leggi sapean del cristianesmo, +fece raccorre, acciò da lor in tutta +la santa fé fosse Marfisa istrutta. +Venne in pontificale abito sacro +l'arcivesco Turpino, e battizzolla: +Carlo dal salutifero lavacro +con cerimonie debite levolla. +Ma tempo è ormai ch'al capo voto e macro +di senno si soccorra con l'ampolla, +con che dal ciel più basso ne venìa +il duca Astolfo sul carro d'Elia. +Sceso era Astolfo dal giro lucente +alla maggiore altezza de la terra, +con la felice ampolla che la mente +dovea sanare al gran mastro di guerra. +Un'erba quivi di virtù eccellente +mostra Giovanni al duca d'Inghilterra: +con essa vuol ch'al suo ritorno tocchi +al re di Nubia e gli risani gli occhi; +acciò per questi e per li primi merti +gente gli dia con che Biserta assaglia. +E come poi quei populi inesperti +armi ed acconci ad uso di battaglia, +e senza danno passi pei deserti +ove l'arena gli uomini abbarbaglia, +a punto a punto l'ordine che tegna, +tutto il vecchio santissimo gl'insegna. +Poi lo fe' rimontar su quello alato +che di Ruggiero, e fu prima d'Atlante. +Il paladin lasciò, licenziato +da San Giovanni, le contrade sante; +e secondando il Nilo a lato a lato, +tosto i Nubi apparir si vide inante; +e ne la terra che del regno è capo +scese da l'aria, e ritrovò il Senapo. +Molto fu il gaudio e molta fu la gioia +che portò a quel signor nel suo ritorno; +che ben si raccordava de la noia +che gli avea tolta, de l'arpie, d'intorno. +Ma poi che la grossezza gli discuoia +di quello umor che già gli tolse il giorno, +e che gli rende la vista di prima, +l'adora e cole, e come un Dio sublima: +sì che non pur la gente che gli chiede +per muover guerra al regno di Biserta, +ma centomila sopra gli ne diede, +e gli fe' ancor di sua persona offerta. +La gente a pena, ch'era tutta a piede, +potea capir ne la campagna aperta; +che di cavalli ha quel paese inopia, +ma d'elefanti e de camelli copia. +La notte inanzi il dì che a suo camino +l'esercito di Nubia dovea porse, +montò su l'ippogrifo il paladino, +e verso mezzodì con fretta corse, +tanto che giunse al monte che l'austrino +vento produce e spira contra l'Orse. +Trovò la cava, onde per stretta bocca, +quando si desta, il furioso scocca. +E come raccordògli il suo maestro, +avea seco arrecato un utre voto, +il qual, mentre ne l'antro oscuro e alpestro, +affaticato dorme il fiero Noto, +allo spiraglio pon tacito e destro: +ed è l'aguato in modo al vento ignoto, +che, credendosi uscir fuor la dimane, +preso e legato in quello utre rimane. +Di tanta preda il paladino allegro, +ritorna in Nubia, e la medesma luce +si pone a caminar col popul negro, +e vettovaglia dietro si conduce. +A salvamento con lo stuolo integro +verso l'Atlante il glorioso duce +pel mezzo vien de la minuta sabbia, +senza temer che 'l vento a nuocer gli abbia. +E giunto poi di qua dal giogo, in parte +onde il pian si discuopre e la marina, +Astolfo elegge la più nobil parte +del campo, e la meglio atta a disciplina; +e qua e là per ordine la parte +a piè d'un colle, ove nel pian confina. +Quivi la lascia, e su la cima ascende +in vista d'uom ch'a gran pensieri intende. +Poi che, inchinando le ginocchia, fece +al santo suo maestro orazione, +sicuro che sia udita la sua prece, +copia di sassi a far cader si pone. +Oh quanto a chi ben crede in Cristo, lece! +I sassi, fuor di natural ragione +crescendo, si vedean venire in giuso, +e formar ventre e gambe e collo e muso: +e con chiari anitrir giù per quei calli +venian saltando, e giunti poi nel piano +scuotean le groppe, e fatti eran cavalli, +chi baio e chi leardo e chi rovano. +La turba ch'aspettando ne le valli +stava alla posta, lor dava di mano: +sì che in poche ore fur tutti montati; +che con sella e con freno erano nati. +Ottantamila cento e dua in un giorno +fe', di pedoni, Astolfo cavallieri. +Con questi tutta scorse Africa intorno, +facendo prede, incendi e prigionieri. +Posto Agramante avea fin al ritorno +il re di Fersa e 'l re degli Algazeri, +col re Branzardo a guardia del paese: +e questi si fer contra al duca inglese; +prima avendo spacciato un suttil legno, +ch'a vele e a remi andò battendo l'ali, +ad Agramante aviso, come il regno +patia dal re de' Nubi oltraggi e mali. +Giorno e notte andò quel senza ritegno, +tanto che giunse ai liti provenzali; +e trovò in Arli il suo re mezzo oppresso, +che 'l campo avea di Carlo un miglio appresso. +Sentendo il re Agramante a che periglio, +per guadagnare il regno di Pipino, +lasciava il suo, chiamar fece a consiglio +principi e re del popul saracino. +E poi ch'una o due volte girò il ciglio +quinci a Marsilio e quindi al re Sobrino, +i quai d'ogni altro fur, che vi venisse, +i duo più antiqui e saggi, così disse: +— Quantunque io sappia come mal convegna +a un capitano dir: non mel pensai, +pur lo dirò; che quando un danno vegna +da ogni discorso uman lontano assai, +a quel fallir par che sia escusa degna: +e qui si versa il caso mio; ch'errai +a lasciar d'arme l'Africa sfornita, +se da li Nubi esser dovea assalita. +Ma chi pensato avria, fuor che Dio solo, +a cui non è cosa futura ignota, +che dovesse venir con sì gran stuolo +a farne danno gente sì remota? +tra i quali e noi giace l'instabil suolo +di quella arena ognor da' venti mota. +Pur è venuta ad assediar Biserta, +ed ha in gran parte l'Africa deserta. +Or sopra ciò vostro consiglio chieggio: +se partirmi di qui senza far frutto, +o pur seguir tanto l'impresa deggio, +che prigion Carlo meco abbi condutto; +o come insieme io salvi il nostro seggio, +e questo imperial lasci distrutto. +S'alcun di voi sa dir, priego nol taccia, +acciò si trovi il meglio, e quel si faccia. — +Così disse Agramante; e volse gli occhi +al re di Spagna, che gli sedea appresso, +come mostrando di voler che tocchi +di quel c'ha detto, la risposta ad esso. +E quel, poi che surgendo ebbe i ginocchi +per riverenza, e così il capo flesso, +nel suo onorato seggio si raccolse; +indi la lingua a tai parole sciolse: +— O bene o mal che la Fama ci apporti, +signor, di sempre accrescere ha in usanza. +Perciò non sarà mai ch'io mi sconforti, +o mai più del dover pigli baldanza +per casi o buoni o rei, che sieno sorti: +ma sempre avrò di par tema e speranza +ch'esser debban minori, e non del modo +ch'a noi per tante lingue venir odo. +E tanto men prestar gli debbo fede, +quanto più al verisimile s'oppone. +Or se gli è verisimile si vede, +ch'abbia con tanto numer di persone +posto ne la pugnace Africa il piede +un re di sì lontana regione, +traversando l'arene a cui Cambise +con male augurio il popul suo commise. +Crederò ben, che sian gli Arabi scesi +da le montagne, ed abbian dato il guasto, +e saccheggiato, e morti uomini e presi, +ove trovato avran poco contrasto; +e che Branzardo che di quei paesi +luogotenente e viceré è rimasto, +per le decine scriva le migliaia, +acciò la scusa sua più degna paia. +Vo' concedergli ancor che sieno i Nubi +per miracol dal ciel forse piovuti: +o forse ascosi venner ne le nubi; +poi che non fur mai per camin veduti. +Temi tu che tal gente Africa rubi, +se ben di più soccorso non l'aiuti? +Il tuo presidio avria ben trista pelle, +quando temesse un populo sì imbelle. +Ma se tu mandi ancor che poche navi, +pur che si veggan gli stendardi tuoi, +non scioglieran di qua sì tosto i cavi, +che fuggiranno nei confini suoi +questi, o sien Nubi o sieno Arabi ignavi, +ai quali il ritrovarti qui con noi, +separato pel mar da la tua terra, +ha dato ardir di romperti la guerra. +Or piglia il tempo che, per esser senza +il suo nipote Carlo, hai di vendetta: +poi ch'Orlando non c'è, far resistenza +non ti può alcun de la nimica setta. +Se per non veder lasci, o negligenza, +l'onorata vittoria che t'aspetta, +volterà il calvo, ove ora il crin ne mostra, +con molto danno e lunga infamia nostra. — +Con questo ed altri detti accortamente +l'Ispano persuader vuol nel concilio +che non esca di Francia questa gente, +fin che Carlo non sia spinto in esilio. +Ma il re Sobrin, che vide apertamente +il camino a che andava il re Marsilio, +che più per l'util proprio queste cose, +che pel commun dicea, così rispose: +— Quando io ti confortava a stare in pace, +fosse io stato, signor, falso indovino; +o tu, se io dovea pure esser verace, +creduto avessi al tuo fedel Sobrino, +e non più tosto a Rodomonte audace, +a Marbalusto, a Alzirdo e a Martasino, +li quali ora vorrei qui avere a fronte: +ma vorrei più degli altri Rodomonte, +per rinfacciargli che volea di Francia +far quel che si faria d'un fragil vetro, +e in cielo e ne lo 'nferno la tua lancia +seguire, anzi lasciarsela di dietro; +poi nel bisogno si gratta la pancia +ne l'ozio immerso abominoso e tetro: +ed io, che per predirti il vero allora +codardo detto fui, son teco ancora; +e sarò sempremai, fin ch'io finisca +questa vita ch'ancor che d'anni grave, +porsi incontra ogni dì per te s'arrisca +a qualunque di Francia più nome have. +Né sarà alcun, sia chi si vuol, ch'ardisca +di dir che l'opre mie mai fosser prave: +e non han più di me fatto, né tanto, +molti che si donar di me più vanto. +Dico così, per dimostrar che quello +ch'io dissi allora, e che ti voglio or dire, +né da viltade vien né da cor fello, +ma d'amor vero e da fedel servire. +Io ti conforto ch'al paterno ostello, +più tosto che tu pòi, vogli redire; +che poco saggio si può dir colui +che perde il suo per acquistar l'altrui. +S'acquisto c'è, tu 'l sai. Trentadui fummo +re tuoi vassalli a uscir teco del porto: +or, se di nuovo il conto ne rassummo, +c'è a pena il terzo, e tutto 'l resto è morto. +Che non ne cadan più, piaccia a Dio summo: +ma se tu vuoi seguir, temo di corto, +che non ne rimarrà quarto né quinto; +e 'l miser popul tuo fia tutto estinto. +Ch'Orlando non ci sia, ne aiuta; ch'ove +siàn pochi, forse alcun non ci saria. +Ma per questo il periglio non rimuove, +se ben prolunga nostra sorte ria. +Ecci Rinaldo, che per molte prove +mostra che non minor d'Orlando sia: +c'è il suo lignaggio e tutti i paladini, +timore eterno a' nostri Saracini. +Ed hanno appresso quel secondo Marte +(ben che i nimici al mio dispetto lodo), +io dico il valoroso Brandimarte, +non men d'Orlando ad ogni prova sodo; +del qual provata ho la virtude in parte, +parte ne veggo all'altrui spese ed odo. +Poi son più dì che non c'è Orlando stato; +e più perduto abbiàn che guadagnato. +Se per adietro abbiàn perduto, io temo +che da qui inanzi perderen più in grosso. +Del nostro campo Mandricardo è scemo: +Gradasso il suo soccorso n'ha rimosso: +Marfisa n'ha lasciata al punto estremo, +e così il re d'Algier, di cui dir posso +che, se fosse fedel come gagliardo, +poco uopo era Gradasso o Mandricardo. +Ove sono a noi tolti questi aiuti, +e tante mila son dei nostri morti; +e quei ch'a venir han, son già venuti, +né s'aspetta altro legno che n'apporti: +quattro son giunti a Carlo, non tenuti +manco d'Orlando o di Rinaldo forti; +e con ragion; che da qui sino a Battro +potresti mal trovar tali altri quattro. +Non so se sai chi sia Guidon Selvaggio +e Sansonetto e i figli d'Oliviero. +Di questi fo più stima e più tema aggio, +che d'ogni altro lor duca e cavalliero +che di Lamagna o d'altro stran linguaggio +sia contra noi per aiutar l'Impero: +ben ch'importa anco assai la gente nuova +ch'a' nostri danni in campo si ritrova. +Quante volte uscirai alla campagna, +tanto avrai la peggiore, o sarai rotto. +Se spesso perdé il campo Africa e Spagna, +quando siàn stati sedici per otto, +che sarà poi ch'Italia e che Lamagna +con Francia è unita, e 'l populo anglo e scotto, +e che sei contra dodici saranno? +Ch'altro si può sperar, che biasmo e danno? +La gente qui, là perdi a un tempo il regno, +s'in questa impresa più duri ostinato; +ove, s'al ritornar muti disegno, +l'avanzo di noi servi con lo stato. +Lasciar Marsilio è di te caso indegno, +ch'ognun te ne terrebbe molto ingrato: +ma c'è rimedio, far con Carlo pace; +ch'a lui deve piacer, se a te pur piace. +Pur se ti par che non ci sia il tuo onore, +se tu, che prima offeso sei, la chiedi; +e la battaglia più ti sta nel core, +che, come sia fin qui successa, vedi; +studia almen di restarne vincitore: +il che forse averrà, se tu mi credi; +se d'ogni tua querela a un cavalliero +darai l'assunto, e se quel fia Ruggiero. +Io 'l so, e tu 'l sai che Ruggier nostro è tale, +che già da solo a sol con l'arme in mano +non men d'Orlando o di Rinaldo vale, +né d'alcun altro cavallier cristiano. +Ma se tu vuoi far guerra universale, +ancor che 'l valor suo sia sopraumano, +egli però non sarà più ch'un solo, +ed avrà di par suoi contra uno stuolo. +A me par, s'a te par, ch'a dir si mandi +al re cristian, che per finir le liti, +e perché cessi il sangue che tu spandi +ognor de' suoi, egli de' tuo' infiniti; +che contra un tuo guerrier tu gli domandi +che metta in campo uno dei suoi più arditi; +e faccian questi duo tutta la guerra, +fin che l'un vinca, e l'altro resti in terra: +con patto, che qual d'essi perde, faccia +che 'l suo re all'altro re tributo dia. +Questa condizion non credo spiaccia +a Carlo, ancor che sul vantaggio sia. +Mi fido sì ne le robuste braccia +poi di Ruggier, che vincitor ne fia; +e ragion tanta è da la nostra parte, +che vincerà, s'avesse incontra Marte. — +Con questi ed altri più efficaci detti +fece Sobrin sì che 'l partito ottenne; +e gl'interpreti fur quel giorno eletti, +e quel dì a Carlo l'imbasciata venne. +Carlo ch'avea tanti guerrier perfetti, +vinta per sé quella battaglia tenne, +di cui l'impresa al buon Rinaldo diede, +in ch'avea, dopo Orlando, maggior fede. +Di questo accordo lieto parimente +l'uno esercito e l'altro si godea; +che 'l travaglio del corpo e de la mente +tutti avea stanchi e a tutti rincrescea. +Ognun di riposare il rimanente +de la sua vita disegnato avea; +ognun maledicea l'ire e i furori +ch'a risse e a gare avean lor desti i cori. +Rinaldo che esaltar molto si vede, +che Carlo in lui di quel che tanto pesa, +via più ch'in tutti gli altri, ha avuto fede, +lieto si mette all'onorata impresa. +Ruggier non stima; e veramente crede +che contra sé non potrà far difesa: +che suo pari esser possa non gli è aviso, +se ben in campo ha Mandricardo ucciso. +Ruggier da l'altra parte, ancor che molto +onor gli sia che 'l suo re l'abbia eletto, +e pel miglior di tutti i buoni tolto, +a cui commetta un sì importante effetto; +pur mostra affanno e gran mestizia in volto, +non per paura che gli turbi il petto; +che non ch'un sol Rinaldo, ma non teme +se fosse con Rinaldo Orlando insieme: +ma perché vede esser di lui sorella +la sua cara e fidissima consorte +ch'ognor scrivendo stimula e martella, +come colei ch'è ingiuriata forte. +Or s'alle vecchie offese aggiunge quella +d'entrare in campo a porle il frate a morte, +se la farà, d'amante, così odiosa, +ch'a placarla mai più fia dura cosa. +Se tacito Ruggier s'affligge ed ange +de la battaglia che mal grado prende, +la sua cara moglier lacrima e piange, +come la nuova indi a poche ore intende. +Batte il bel petto, e l'auree chiome frange, +e le guance innocenti irriga e offende; +e chiama con ramarichi e querele +Ruggiero ingrato, e il suo destin crudele. +D'ogni fin che sortisca la contesa, +a lei non può venir altro che doglia. +Ch'abbia a morir Ruggiero in questa impresa, +pensar non vuol; che par che 'l cor le toglia. +Quando anco, per punir più d'una offesa, +la ruina di Francia Cristo voglia, +oltre che sarà morto il suo fratello, +seguirà un danno a lei più acerbo e fello: +che non potrà, se non con biasmo e scorno, +e nimicizia di tutta sua gente, +fare al marito suo mai più ritorno, +sì che lo sappia ognun publicamente, +come s'avea, pensando notte e giorno, +più volte disegnato ne la mente: +e tra lor era la promessa tale, +che 'l ritrarsi e il pentir più poco vale. +Ma quella usata ne le cose avverse +di non mancarle di soccorsi fidi, +dico Melissa maga, non sofferse +udirne il pianto e i dolorosi gridi; +e venne a consolarla, e le proferse, +quando ne fosse il tempo, alti sussidi, +e disturbar quella pugna futura +di ch'ella piange e si pon tanta cura. +Rinaldo intanto e l'inclito Ruggiero +apparechiavan l'arme alla tenzone, +di cui dovea l'eletta al cavalliero +che del romano Imperio era campione: +e come quel, che poi che 'l buon destriero +perdé Baiardo, andò sempre pedone, +si elesse a piè, coperto a piastra e a maglia, +con l'azza e col pugnal far la battaglia. +O fosse caso, o fosse pur ricordo +di Malagigi suo provido e saggio, +che sapea quanto Balisarda ingordo +il taglio avea di fare all'arme oltraggio; +combatter senza spada fur d'accordo +l'uno e l'altro guerrier, come detto aggio. +Del luogo s'accordar presso alle mura +de l'antiquo Arli, in una gran pianura. +A pena avea la vigilante Aurora +da l'ostel di Titon fuor messo il capo, +per dare al giorno terminato, e all'ora +ch'era prefissa alla battaglia, capo; +quando di qua e di là vennero fuora +i deputati; e questi in ciascun capo +degli steccati i padiglion tiraro, +appresso ai quali ambi un altar fermaro. +Non molto dopo, istrutto a schiera a schiera, +si vide uscir l'esercito pagano. +In mezzo armato e suntuoso v'era +di barbarica pompa il re africano; +e s'un baio corsier di chioma nera, +di fronte bianca, e di duo piè balzano, +a par a par con lui venìa Ruggiero, +a cui servir non è Marsilio altiero. +L'elmo, che dianzi con travaglio tanto +trasse di testa al re di Tartaria, +l'elmo, che celebrato in maggior canto +portò il troiano Ettòr mill'anni pria, +gli porta il re Marsilio a canto a canto: +altri principi ed altra baronia +s'hanno partite l'altr'arme fra loro, +ricche di gioie e ben fregiate d'oro. +Da l'altra parte fuor dei gran ripari +re Carlo uscì con la sua gente d'arme, +con gli ordini medesmi e modi pari +che terria se venisse al fatto d'arme. +Cingonlo intorno i suoi famosi pari; +e Rinaldo è con lui con tutte l'arme, +fuor che l'elmo che fu del re Mambrino, +che porta Ugier Danese paladino. +E di due azze ha il duca Namo l'una, +e l'altra Salamon re di Bretagna. +Carlo da un lato i suoi tutti raguna; +da l'altro son quei d'Africa e di Spagna. +Nel mezzo non appar persona alcuna: +voto riman gran spazio di campagna, +che per bando commune a chi vi sale, +eccetto ai duo guerrieri, è capitale. +Poi che de l'arme la seconda eletta +si diè al campion del populo pagano, +duo sacerdoti, l'un de l'una setta, +l'altro de l'altra, uscir coi libri in mano. +In quel del nostro è la vita perfetta +scritta di Cristo; e l'altro è l'Alcorano. +Con quel de l'Evangelio si fe' inante +l'imperator, con l'altro il re Agramante. +Giunto Carlo all'altar che statuito +i suoi gli aveano, al ciel levò le palme, +e disse: — O Dio, c'hai di morir patito +per redimer da morte le nostr'alme; +o Donna, il cui valor fu sì gradito, +che Dio prese da te l'umane salme, +e nove mesi fu nel tuo santo alvo, +sempre serbando il fior virgineo salvo: +siatemi testimoni, ch'io prometto +per me e per ogni mia successione +al re Agramante, ed a chi dopo eletto +sarà al governo di sua regione, +dar venti some ogni anno d'oro schietto, +s'oggi qui riman vinto il mio campione; +e ch'io prometto subito la triegua +incominciar, che poi perpetua segua: +e se 'n ciò manco, subito s'accenda +la formidabil ira d'ambidui, +la qual me solo e i miei figliuoli offenda, +non alcun altro che sia qui con nui; +sì che in brevissima ora si comprenda +che sia il mancar de la promessa a vui. — +Così dicendo, Carlo sul Vangelo +tenea la mano, e gli occhi fissi al cielo. +Si levan quindi, e poi vanno all'altare +che riccamente avean pagani adorno; +ove giurò Agramante, ch'oltre al mare +con l'esercito suo faria ritorno, +ed a Carlo daria tributo pare, +se restasse Ruggier vinto quel giorno; +e perpetua tra lor triegua saria, +coi patti ch'avea Carlo detti pria. +E similmente con parlar non basso, +chiamando in testimonio il gran Maumette, +sul libro ch'in man tiene il suo papasso, +ciò che detto ha, tutto osservar promette. +Poi del campo si partono a gran passo, +e tra i suoi l'uno e l'altro si rimette: +poi quel par di campioni a giurar venne; +e 'l giuramento lor questo contenne: +Ruggier promette, se de la tenzone +il suo re viene o manda a disturbarlo, +che né suo guerrier più, né suo barone +esser mai vuol, ma darsi tutto a Carlo. +Giura Rinaldo ancor, che se cagione +sarà del suo signor quindi levarlo, +fin che non resti vinto egli o Ruggiero, +si farà d'Agramante cavalliero. +Poi che le cerimonie finite hanno, +si ritorna ciascun da la sua parte; +né v'indugiano molto, che lor danno +le chiare trombe segno al fiero marte. +Or gli animosi a ritrovar si vanno, +con senno i passi dispensando ed arte. +Ecco si vede incominciar l'assalto, +sonar il ferro, or girar basso, or alto. +Or inanzi col calce, or col martello +accennan quando al capo e quando al piede, +con tal destrezza e con modo sì snello, +ch'ogni credenza il raccontarlo eccede. +Ruggier che combattea contro il fratello +di chi la misera alma gli possiede, +a ferir lo venìa con tal riguardo, +che stimato ne fu manco gagliardo. +Era a parar, più ch'a ferire, intento, +e non sapea egli stesso il suo desire: +spegner Rinaldo saria malcontento, +né vorria volentieri egli morire. +Ma ecco giunto al termine mi sento, +ove convien l'istoria diferire. +Ne l'altro canto il resto intenderete, +s'udir ne l'altro canto mi vorrete. L'affanno di Ruggier ben veramente +è sopra ogn'altro duro, acerbo e forte, +di cui travaglia il corpo, e più la mente, +poi che di due fuggir non può una morte; +o da Rinaldo, se di lui possente +fia meno, o se fia più, da la consorte: +che se 'l fratel le uccide, sa ch'incorre +ne l'odio suo, che più che morte aborre. +Rinaldo, che non ha simil pensiero, +in tutti i modi alla vittoria aspira: +mena de l'azza dispettoso e fiero; +quando alle braccia e quando al capo mira. +Volteggiando con l'asta il buon Ruggiero +ribatte il colpo, e quinci e quindi gìra; +e se percuote pur, disegna loco +ove possa a Rinaldo nuocer poco. +Alla più parte dei signor pagani +troppo par disegual esser la zuffa: +troppo è Ruggier pigro a menar le mani, +troppo Rinaldo il giovine ribuffa. +Smarrito in faccia il re degli Africani +mira l'assalto, e ne sospira e sbuffa: +ed accusa Sobrin, da cui procede +tutto l'error, che 'l mal consiglio diede. +Melissa in questo tempo, ch'era fonte +di quanto sappia incantatore o mago, +avea cangiata la feminil fronte, +e del gran re d'Algier presa l'imago: +sembrava al viso, ai gesti Rodomonte, +e parea armata di pelle di drago; +e tal lo scudo e tal la spada al fianco +avea, quale usava egli, e nulla manco. +Spinse il demonio inanzi al mesto figlio +del re Troiano, in forma di cavallo; +e con gran voce e con turbato ciglio +disse: — Signor, questo è pur troppo fallo, +ch'un giovene inesperto a far periglio, +contra un sì forte e sì famoso Gallo +abbiate eletto in cosa di tal sorte, +che 'l regno e l'onor d'Africa n'importe. +Non si lassi seguir questa battaglia, +che ne sarebbe in troppo detrimento. +Su Rodomonte sia, né ve ne caglia, +l'avere il patto rotto e 'l giuramento. +Dimostri ognun come sua spada taglia: +poi ch'io ci sono, ognun di voi val cento. — +Poté questo parlar sì in Agramante, +che senza più pensar si cacciò inante. +Il creder d'aver seco il re d'Algieri +fece che si curò poco del patto; +e non avria di mille cavallieri +giunti in suo aiuto sì gran stima fatto. +Perciò lance abbassar, spronar destrieri +di qua di là veduto fu in un tratto. +Melissa, poi che con sue finte larve +la battaglia attaccò, subito sparve. +I duo campion che vedeno turbarsi +contra ogni accordo, contra ogni promessa, +senza più l'un con l'altro travagliarsi, +anzi ogni ingiuria avendosi rimessa, +fede si dàn né qua né là impacciarsi, +fin che la cosa non sia meglio espressa, +chi stato sia che i patti ha rotto inante, +o 'l vecchio Carlo, o 'l giovene Agramante. +E replican con nuovi giuramenti +d'esser nimici a chi mancò di fede. +Sozzopra se ne van tutte le genti: +chi porta inanzi e chi ritorna il piede. +Chi sia fra i vili, e chi tra i più valenti +in un atto medesimo si vede: +son tutti parimente al correr presti; +ma quei corrono inanzi, e indietro questi. +Come levrier che la fugace fera +correre intorno ed aggirarsi mira, +né può con gli altri cani andare in schiera, +che 'l cacciator lo tien, si strugge d'ira, +si tormenta, s'affligge e si dispera, +schiattisce indarno, e si dibatte e tira; +così sdegnosa infin allora stata +Marfisa era quel dì con la cognata. +Fin a quell'ora avean quel dì vedute +sì ricche prede in spazioso piano; +e che fosser dal patto ritenute +di non poter seguirle e porvi mano, +ramaricate s'erano e dolute, +e n'avean molto sospirato invano. +Or che i patti e le triegue vider rotte, +liete saltar ne l'africane frotte. +Marfisa cacciò l'asta per lo petto +al primo che scontrò, due braccia dietro: +poi trasse il brando, e in men che non l'ho detto, +spezzò quattro elmi, che sembrar di vetro. +Bradamante non fe' minore effetto; +ma l'asta d'or tenne diverso metro: +tutti quei che toccò, per terra mise; +duo tanti fur, né però alcuno uccise. +Questo sì presso l'una all'altra fero, +che testimonie se ne fur tra loro; +poi si scostaro, ed a ferir si diero, +ove le trasse l'ira, il popul Moro. +Chi potrà conto aver d'ogni guerriero +ch'a terra mandi quella lancia d'oro? +o d'ogni testa che tronca o divisa +sia da la orribil spada di Marfisa? +Come al soffiar de' più benigni venti, +quando Apennin scuopre l'erbose spalle, +muovonsi a par duo turbidi torrenti +che nel cader fan poi diverso calle; +svellono i sassi e gli arbori eminenti +da l'alte ripe, e portan ne la valle +le biade e i campi; e quasi a gara fanno +a chi far può nel suo camin più danno: +così le due magnanime guerriere, +scorrendo il campo per diversa strada, +gran strage fan ne l'africane schiere, +l'una con l'asta, e l'altra con la spada. +Tiene Agramante a pena alle bandiere +la gente sua, ch'in fuga non ne vada. +Invan domanda, invan volge la fronte; +né può saper che sia di Rodomonte. +A conforto di lui rotto avea il patto +(così credea) che fu solennemente, +i dei chiamando in testimonio, fatto; +poi s'era dileguato sì repente. +Né Sobrin vede ancor: Sobrin ritratto +in Arli s'era, e dettosi innocente; +perché di quel pergiuro aspra vendetta +sopra Agramante il dì medesmo aspetta. +Marsilio anco è fuggito ne la terra: +sì la religion gli preme il core. +Perciò male Agramante il passo serra +a quei che mena Carlo imperatore, +d'Italia, di Lamagna e d'Inghilterra, +che tutte gente son d'alto valore; +ed hanno i paladin sparsi tra loro, +come le gemme in un riccamo d'oro: +e presso ai paladini alcun perfetto +quanto esser possa al mondo cavalliero, +Guidon Selvaggio, l'intrepido petto, +e i duo famosi figli d'Oliviero. +Io non voglio ridir, ch'io l'ho già detto, +di quel par di donzelle ardito e fiero. +Questi uccidean di genti saracine +tanto, che non v'è numero né fine. +Ma differendo questa pugna alquanto, +io vo' passar senza navilio il mare. +Non ho con quei di Francia da far tanto, +ch'io non m'abbia d'Astolfo a ricordare. +La grazia che gli diè l'apostol santo +io v'ho già detto, e detto aver mi pare, +che 'l re Branzardo e il re de l'Algazera +per girli incontra armasse ogni sua schiera. +Furon di quei ch'aver poteano in fretta, +le schiere di tutta Africa raccolte, +non men d'inferma età che di perfetta; +quasi ch'ancor le femine fur tolte. +Agramante ostinato alla vendetta +avea già vota l'Africa due volte. +Poche genti rimase erano, e quelle +esercito facean timido e imbelle. +Ben lo mostrar; che gli nimici a pena +vider lontan, che se n'andaron rotti. +Astolfo, come pecore, li mena +dinanzi ai suoi di guerreggiar più dotti, +e fa restarne la campagna piena: +pochi a Biserta se ne son ridotti. +Prigion rimase Bucifar gagliardo; +salvossi ne la terra il re Branzardo, +via più dolente sol di Bucifaro, +che se tutto perduto avesse il resto. +Biserta è grande, e farle gran riparo +bisogna, e senza lui mal può far questo: +poterlo riscattar molto avria caro. +Mentre vi pensa e ne sta afflitto e mesto, +gli viene in mente come tien prigione +già molti mesi il paladin Dudone. +Lo prese sotto a Monaco in riviera +il re di Sarza nel primo passaggio. +Da indi in qua prigion sempre stato era +Dudon che del Danese fu lignaggio. +Mutar costui col re de l'Algazera +pensò Branzardo, e ne mandò messaggio +al capitan de' Nubi, perché intese +per vera spia, ch'egli era Astolfo inglese. +Essendo Astolfo paladin, comprende +che dee aver caro un paladino sciorre. +Il gentil duca, come il caso intende, +col re Branzardo in un voler concorre. +Liberato Dudon, grazie ne rende +al duca, e seco si mette a disporre +le cose che appertengono alla guerra, +così quelle da mar, come da terra. +Avendo Astolfo esercito infinito +da non gli far sette Afriche difesa; +e rammentando come fu ammonito +dal santo vecchio che gli diè l'impresa +di tor Provenza e d'Acquamorta il lito +di man di Saracin che l'avean presa; +d'una gran turba fece nuova eletta, +quella ch'al mar gli parve manco inetta. +Ed avendosi piene ambe le palme, +quanto potean capir, di varie fronde +a lauri, a cedri tolte, a olive, a palme, +venne sul mare, e le gittò ne l'onde. +Oh felici, e dal ciel ben dilette alme! +Grazia che Dio raro a' mortali infonde! +Oh stupendo miracolo che nacque +di quelle frondi, come fur ne l'acque! +Crebbero in quantità fuor d'ogni stima; +si feron curve e grosse e lunghe e gravi; +le vene ch'attraverso aveano prima, +mutaro in dure spranghe e in grosse travi: +e rimanendo acute inver la cima, +tutte in un tratto diventaro navi +di differenti qualitadi, e tante, +quante raccolte fur da varie piante. +Miracol fu veder le fronde sparte +produr fuste, galee, navi da gabbia. +Fu mirabile ancor, che vele e sarte +e remi avean, quanto alcun legno n'abbia. +Non mancò al duca poi chi avesse l'arte +di governarsi alla ventosa rabbia; +che di Sardi e di Corsi non remoti, +nocchier, padron, pennesi ebbe e piloti. +Quelli che entraro in mar, contati foro +ventiseimila, e gente d'ogni sorte. +Dudon andò per capitano loro, +cavallier saggio, e in terra e in acqua forte. +Stava l'armata ancora al lito moro, +miglior vento aspettando, che la porte, +quando un navilio giunse a quella riva, +che di presi guerrier carco veniva. +Portava quei ch'al periglioso ponte, +ove alla giostre il campo era sì stretto, +pigliato avea l'audace Rodomonte, +come più volte io v'ho di sopra detto. +Il cognato tra questi era del conte, +e 'l fedel Brandimarte e Sansonetto, +ed altri ancor, che dir non mi bisogna, +d'Alemagna, d'Italia e di Guascogna. +Quivi il nocchier, ch'ancor non s'era accorto +degli inimici, entrò con la galea, +lasciando molte miglia a dietro il porto +d'Algieri, ove calar prima volea, +per un vento gagliardo ch'era sorto, +e spinto oltre il dover la poppa avea. +Venir tra i suoi credette e in loco fido, +come vien Progne al suo loquace nido. +Ma come poi l'imperiale augello, +i gigli d'oro e i pardi vide appresso, +restò pallido in faccia, come quello +che 'l piede incauto d'improviso ha messo +sopra il serpente venenoso e fello, +dal pigro sonno in mezzo l'erbe oppresso; +che spaventato e smorto si ritira, +fuggendo quel, ch'è pien di tosco e d'ira. +Già non poté fuggir quindi il nocchiero, +né tener seppe i prigion suoi di piatto. +Con Brandimarte fu, con Oliviero, +con Sansonetto e con molti altri tratto +ove dal duca e dal figliuol d'Uggiero +fu lieto viso agli suo' amici fatto; +e per mercede lui che li condusse, +volson che condannato al remo fusse. +Come io vi dico, dal figliuol d'Otone +i cavallier cristian furon ben visti, +e di mensa onorati al padiglione, +d'arme e di ciò che bisognò provisti. +Per amor d'essi differì Dudone +l'andata sua; che non minori acquisti +di ragionar con tai baroni estima, +che d'esser gito uno o duo giorni prima. +In che stato, in che termine si trove +e Francia e Carlo, istruzion vera ebbe; +e dove più sicuramente, e dove, +per far miglior effetto, calar debbe. +Mentre da lor venìa intendendo nuove, +s'udì un rumor che tuttavia più crebbe; +e un dar all'arme ne seguì sì fiero, +che fece a tutti far più d'un pensiero. +Il duca Astolfo e la compagnia bella, +che ragionando insieme si trovaro, +in un momento armati furo e in sella, +e verso il maggior grido in fretta andaro, +di qua di là cercando pur novella +di quel romore; e in loco capitaro, +ove videro un uom tanto feroce, +che nudo e solo a tutto 'l campo nuoce. +Menava un suo baston di legno in volta, +che era sì duro e sì grave e sì fermo, +che declinando quel, facea ogni volta +cader in terra un uom peggio ch'infermo. +Già a più di cento avea la vita tolta; +né più se gli facea riparo o schermo, +se non tirando di lontan saette: +d'appresso non è alcun già che l'aspette. +Dudone, Astolfo, Brandimarte, essendo +corsi in fretta al romore, ed Oliviero, +de la gran forza e del valor stupendo +stavan maravigliosi di quel fiero; +quando venir s'un palafren correndo +videro una donzella in vestir nero, +che corse a Brandimarte e salutollo, +e gli alzò a un tempo ambe le braccia al collo. +Questa era Fiordiligi, che sì acceso +avea d'amor per Brandimarte il core, +che quando al ponte stretto il lasciò preso, +vicina ad impazzar fu di dolore. +Di là dal mare era passata, inteso +avendo dal pagan che ne fu autore, +che mandato con molti cavallieri +era prigion ne la città d'Algieri. +Quando fu per passare, avea trovato +a Marsilia una nave di Levante, +ch'un vecchio cavalliero avea portato +de la famiglia del re Monodante; +il qual molte province avea cercato, +quando per mar, quando per terra errante, +per trovar Brandimarte; che nuova ebbe +tra via di lui, ch'in Francia il troverebbe. +Ed ella, conosciuto che Bardino +era costui, Bardino che rapito +al padre Brandimarte piccolino, +ed a Rocca Silvana avea notrito, +e la cagione intesa del camino, +seco fatto l'avea scioglier dal lito, +avendogli narrato in che maniera +Brandimarte passato in Africa era. +Tosto che furo a terra, udir le nuove, +ch'assediata d'Astolfo era Biserta: +che seco Brandimarte si ritrove +udito avean, ma non per cosa certa. +Or Fiordiligi in tal fretta si muove, +come lo vede, che ben mostra aperta +quella allegrezza ch'i precessi guai +le fero la maggior ch'avesse mai. +Il gentil cavallier, non men giocondo +di veder la diletta e fida moglie +ch'amava più che cosa altra del mondo, +l'abraccia e stringe e dolcemente accoglie: +né per saziare al primo né al secondo +né al terzo bacio era l'accese voglie; +se non ch'alzando gli occhi ebbe veduto +Bardin che con la donna era venuto. +Stese le mani, ed abbracciar lo volle, +e insieme domandar perché venìa; +ma di poterlo far tempo gli tolle +il campo ch'in disordine fuggia +dinanzi a quel baston che 'l nudo folle +menava intorno, e gli facea dar via. +Fiordiligi mirò quel nudo in fronte, +e gridò a Brandimarte: — Eccovi il conte! — +Astolfo tutto a un tempo, ch'era quivi, +che questo Orlando fosse, ebbe palese +per alcun segno che dai vecchi divi +su nel terrestre paradiso intese. +Altrimente restavan tutti privi +di cognizion di quel signor cortese; +che per lungo sprezzarsi, come stolto, +avea di fera, più che d'uomo, il volto. +Astolfo per pietà che gli traffisse +il petto e il cor, si volse lacrimando; +ed a Dudon (che gli era appresso) disse, +ed indi ad Oliviero: — Eccovi Orlando! — +Quei gli occhi alquanto e le palpèbre fisse +tenendo in lui, l'andar raffigurando; +e 'l ritrovarlo in tal calamitade, +gli empì di meraviglie e di pietade. +Piangeano quei signor per la più parte: +sì lor ne dolse, e lor ne 'ncrebbe tanto. +— Tempo è (lor disse Astolfo) trovar arte +di risanarlo, e non di fargli il pianto. — +E saltò a piedi, e così Brandimarte, +Sansonetto, Oliviero e Dudon santo; +e s'aventaro al nipote di Carlo +tutti in un tempo; che volean pigliarlo. +Orlando che si vide fare il cerchio, +menò il baston da disperato e folle; +ed a Dudon che si facea coperchio +al capo de lo scudo ed entrar volle, +fe' sentir ch'era grave di soperchio: +e se non che Olivier col brando tolle +parte del colpo, avria il bastone ingiusto +rotto lo scudo, l'elmo, il capo e il busto. +Lo scudo roppe solo, e su l'elmetto +tempestò sì, che Dudon cadde in terra. +Menò la spada a un tempo Sansonetto; +e del baston più di duo braccia afferra +con valor tal, che tutto il taglia netto. +Brandimarte ch'addosso se gli serra, +gli cinge i fianchi, quanto può, con ambe +le braccia, e Astolfo il piglia ne le gambe. +Scuotesi Orlando, e lungi dieci passi +da sé l'Inglese fe' cader riverso: +non fa però che Brandimarte il lassi, +che con più forza l'ha preso a traverso. +Ad Olivier che troppo inanzi fassi, +menò un pugno sì duro e sì perverso, +che lo fe' cader pallido ed esangue, +e dal naso e dagli occhi uscirgli il sangue. +E se non era l'elmo più che buono, +ch'avea Olivier, l'avria quel pugno ucciso: +cadde però, come se fatto dono +avesse de lo spirto al paradiso. +Dudone e Astolfo che levati sono, +ben che Dudone abbia gonfiato il viso, +e Sansonetto che 'l bel colpo ha fatto, +adosso a Orlando son tutti in un tratto. +Dudon con gran vigor dietro l'abbraccia, +pur tentando col piè farlo cadere: +Astolfo e gli altri gli han prese le braccia, +né lo puon tutti insieme anco tenere. +C'ha visto toro a cui si dia la caccia, +e ch'alle orecchie abbia le zanne fiere, +correr mugliando, e trarre ovunque corre +i cani seco, e non potersi sciorre; +imagini ch'Orlando fosse tale, +che tutti quei guerrier seco traea. +In quel tempo Olivier di terra sale, +là dove steso il gran pugno l'avea; +e visto che così si potea male +far di lui quel ch'Astolfo far volea, +si pensò un modo, ed ad effetto il messe, +di far cader Orlando, e gli successe. +Si fe' quivi arrecar più d'una fune, +e con nodi correnti adattò presto; +ed alle gambe ed alle braccia alcune +fe' porre al conte, ed a traverso il resto. +Di quelle i capi poi partì in commune, +e li diede a tenere a quello e a questo. +Per quella via che maniscalco atterra +cavallo o bue, fu tratto Orlando in terra. +Come egli è in terra, gli son tutti adosso, +e gli legan più forte e piedi e mani. +Assai di qua di là s'è Orlando scosso, +ma sono i suoi risforzi tutti vani. +Commanda Astolfo che sia quindi mosso, +che dice voler far che si risani. +Dudon ch'è grande, il leva in su le schene, +e porta al mar sopra l'estreme arene. +Lo fa lavar Astolfo sette volte; +e sette volte sotto acqua l'attuffa; +sì che dal viso e da le membra stolte +leva la brutta rugine e la muffa: +poi con certe erbe, a questo effetto colte, +la bocca chiuder fa, che soffia e buffa; +che non volea ch'avesse altro meato +onde spirar, che per lo naso, il fiato. +Aveasi Astolfo apparecchiato il vaso +in che il senno d'Orlando era rinchiuso; +e quello in modo appropinquogli al naso, +che nel tirar che fece il fiato in suso, +tutto il votò: maraviglioso caso! +che ritornò la mente al primier uso; +e ne' suoi bei discorsi l'intelletto +rivenne, più che mai lucido e netto. +Come chi da noioso e grave sonno, +ove o vedere abominevol forme +di mostri che non son, né ch'esser ponno, +o gli par cosa far strana ed enorme, +ancor si maraviglia, poi che donno +è fatto de' suoi sensi, e che non dorme; +così, poi che fu Orlando d'error tratto, +restò maraviglioso e stupefatto. +E Brandimarte, e il fratel d'Aldabella, +e quel che 'l senno in capo gli ridusse, +pur pensando riguarda, e non favella, +come egli quivi e quando si condusse. +Girava gli occhi in questa parte e in quella, +né sapea imaginar dove si fusse. +Si maraviglia che nudo si vede, +e tante funi ha da le spalle al piede. +Poi disse, come già disse Sileno +a quei che lo legar nel cavo speco: +_Solvite me_, con viso sì sereno, +con guardo sì men de l'usato bieco, +che fu slegato; e de' panni ch'avieno +fatti arrecar participaron seco, +consolandolo tutti del dolore, +che lo premea, di quel passato errore. +Poi che fu all'esser primo ritornato +Orlando più che mai saggio e virile, +d'amor si trovò insieme liberato; +sì che colei, che sì bella e gentile +gli parve dianzi, e ch'avea tanto amato, +non stima più se non per cosa vile. +Ogni suo studio, ogni disio rivolse +a racquistar quanto già amor gli tolse. +Narrò Bardino intanto a Brandimarte, +che morto era il suo padre Monodante; +e che a chiamarlo al regno egli da parte +veniva prima del fratel Gigliante, +poi de le genti ch'abitan le sparte +isole in mare, e l'ultime in Levante; +di che non era un altro regno al mondo +sì ricco, populoso, o sì giocondo. +Disse, tra più ragion che dovea farlo, +che dolce cosa era la patria; e quando +si disponesse di voler gustarlo, +avria poi sempre in odio andare errando. +Brandimarte rispose voler Carlo +servir per tutta questa guerra e Orlando; +e se potea vederne il fin, che poi +penseria meglio sopra i casi suoi. +Il d�� seguente la sua armata spinse +verso Provenza il figlio del Danese. +Indi Orlando col duca si ristrinse, +ed in che stato era la guerra, intese: +tutta Biserta poi d'assedio cinse, +dando però l'onore al duca inglese +d'ogni vittoria; ma quel duca il tutto +facea, come dal conte venìa istrutto. +Ch'ordine abbian tra lor, come s'assaglia +la gran Biserta, e da che lato e quando, +come fu presa alla prima battaglia, +chi ne l'onor parte ebbe con Orlando, +s'io non vi séguito ora, non vi caglia; +ch'io non me ne vo molto dilungando. +In questo mezzo di saper vi piaccia, +come dai Franchi i Mori hanno la caccia. +Fu quasi il re Agramante abbandonato +nel pericol maggior di quella guerra; +che con molti pagani era tornato +Marsilio e 'l re Sobrin dentro alla terra, +poi su l'armata è questo e quel montato, +che dubbio avean di non salvarsi in terra; +e duci e cavallier del popul Moro +molti seguito avean l'esempio loro. +Pure Agramante la pugna sostiene; +e quando finalmente più non puote, +volta le spalle, e la via dritta tiene +alle porte non troppo indi remote. +Rabican dietro in gran fretta gli viene, +che Bradamante stimola e percuote: +d'ucciderlo era disiosa molto; +che tante volte il suo Ruggier le ha tolto. +Il medesmo desir Marfisa avea, +per far del padre suo tarda vendetta; +e con gli sproni, quanto più potea, +facea il destrier sentir ch'ella avea fretta. +Ma né l'una né l'altra vi giungea +sì a tempo, che la via fosse intercetta +al re d'entrar ne la città serrata, +ed indi poi salvarsi in su l'armata. +Come due belle e generose parde +che fuor del lascio sien di pari uscite, +poscia ch'i cervi o le capre gagliarde +indarno aver si veggano seguite, +vergognandosi quasi, che fur tarde, +sdegnose se ne tornano e pentite; +così tornar le due donzelle, quando +videro il pagan salvo, sospirando. +Non però si fermar; ma ne la frotta +degli altri che fuggivano, cacciarsi, +di qua di là facendo ad ogni botta +molti cader senza mai più levarsi. +A mal partito era la gente rotta, +che per fuggir non potea ancor salvarsi; +ch'Agramante avea fatto per suo scampo +chiuder la porta ch'uscia verso il campo, +e fatto sopra il Rodano tagliare +i ponti tutti. Ah sfortunata plebe, +che dove del tiranno utile appare, +sempre è in conto di pecore e di zebe! +Chi s'affoga nel fiume e chi nel mare, +chi sanguinose fa di sé le glebe. +Molti perir, pochi restar prigioni; +che pochi a farsi taglia erano buoni. +De la gran moltitudine ch'uccisa +fu da ogni parte in questa ultima guerra +(ben che la cosa non fu ugual divisa; +ch'assai più andar dei Saracin sotterra +per man di Bradamante e di Marfisa), +se ne vede ancor segno in quella terra; +che presso ad Arli, ove il Rodano stagna, +piena di sepolture è la campagna. +Fatto avea intanto il re Agramante sciorre +e ritirar in alto i legni gravi, +lasciando alcuni, e i più leggieri, a torre +quei che volean salvarsi in su le navi. +Vi ste' duo dì per chi fuggia raccorre, +e perché venti eran contrari e pravi. +Fece lor dar le vele il terzo giorno; +ch'in Africa credea di far ritorno. +Il re Marsilio che sta in gran paura +ch'alla sua Spagna il fio pagar non tocche, +e la tempesta orribilmente oscura +sopra suoi campi all'ultimo non scocche; +si fe' porre a Valenza, e con gran cura +cominciò a riparar castella e rocche, +e preparar la guerra che fu poi +la sua ruina e degli amici suoi. +Verso Africa Agramante alzò le vele +de' legni male armati, e voti quasi; +d'uomini voti, e pieni di querele, +perch'in Francia i tre quarti eran rimasi. +Chi chiama il re superbo, chi crudele, +chi stolto; e come avviene in simil casi, +tutti gli voglion mal ne' lor secreti; +ma timor n'hanno, e stan per forza cheti. +Pur duo talora o tre schiudon le labbia, +ch'amici sono, e che tra lor s'han fede, +e sfogano la colera e la rabbia; +e 'l misero Agramante ancor si crede +ch'ognun gli porti amore, e pietà gli abbia: +e questo gl'intervien, perché non vede +mai visi se non finti, e mai non ode +se non adulazion, menzogne e frode. +Erasi consigliato il re africano +di non smontar nel porto di Biserta, +però ch'avea del popul nubiano, +che quel lito tenea, novella certa; +ma tenersi di sopra sì lontano, +che non fosse acre la discesa ed erta; +mettersi in terra, e ritornare al dritto +a dar soccorso al suo populo afflitto. +Ma il suo fiero destin che non risponde +a quella intenzion provida e saggia, +vuol che l'armata che nacque di fronde +miracolosamente ne la spiaggia, +e vien solcando inverso Francia l'onde, +con questa ad incontrar di notte s'aggia, +a nubiloso tempo, oscuro e tristo, +perché sia in più disordine sprovisto. +Non ha avuto Agramante ancora spia, +ch'Astolfo mandi una armata sì grossa; +né creduto anco a chi 'l dicesse, avria, +che cento navi un ramuscel far possa: +e vien senza temer ch'intorno sia +che contra lui s'ardisca di far mossa; +né pone guardie né veletta in gabbia, +che di ciò che si scuopre avisar abbia. +Sì che i navili che d'Astolfo avuti +avea Dudon, di buona gente armati, +e che la sera avean questi veduti, +ed alla volta lor s'eran drizzati, +assalir gli nimici sproveduti, +gittaro i ferri, e sonsi incatenati, +poi ch'al parlar certificati foro, +ch'erano Mori e gli nimici loro. +Ne l'arrivar i gran navili fenno +(spirando il vento a' lor desir secondo), +nei Saracin con tale impeto denno, +che molti legni ne cacciaro al fondo. +Poi cominciaro oprar le mani e il senno, +e ferro e fuoco e sassi di gran pondo +tirar con tanta e sì fiera tempesta, +che mai non ebbe il mar simile a questa. +Quei di Dudone, a cui possanza e ardire +più del solito è lor dato di sopra +(che venuto era il tempo di punire +i Saracin di più d'una mal'opra), +sanno appresso e lontan sì ben ferire, +che non trova Agramante ove si cuopra. +Gli cade sopra un nembo di saette; +da lato ha spade e graffi e picche e accette. +D'alto cader sente gran sassi e gravi +da machine cacciati e da tormenti; +e prore e poppe fraccassar de navi, +ed aprire usci al mar larghi e patenti; +e 'l maggior danno è de l'incendi pravi, +a nascer presti, ad ammorzarsi lenti. +La sfortunata ciurma si vuol torre +del gran periglio, e via più ognor vi corre. +Altri che 'l ferro e l'inimico caccia, +nel mar si getta, e vi s'affoga e resta: +altri che muove a tempo piedi e braccia, +va per salvarsi o in quella barca o in questa; +ma quella, grave oltre il dover, lo scaccia, +e la man, per salir troppo molesta, +fa restare attaccata ne la sponda: +ritorna il resto a far sanguigna l'onda. +Altri che spera in mar salvar la vita, +o perderlavi almen con minor pena, +poi che notando non ritrova aita, +e mancar sente l'animo e la lena, +alla vorace fiamma c'ha fuggita, +la tema di annegarsi anco rimena: +s'abbraccia a un legno ch'arde, e per timore +c'ha di due morte, in ambe se ne muore. +Altri per tema di spiedo o d'accetta +che vede appresso, al mar ricorre invano, +perché dietro gli vien pietra o saetta +che non lo lascia andar troppo lontano. +Ma saria forse, mentre che diletta +il mio cantar, consiglio utile e sano +di finirlo, più tosto che seguire +tanto, che v'annoiasse il troppo dire. Lungo sarebbe, se i diversi casi +volessi dir di quel naval conflitto; +e raccontarlo a voi mi parria quasi, +magnanimo figliuol d'Ercole invitto, +portar, come si dice, a Samo vasi, +nottole Atene, e crocodili a Egitto; +che quanto per udita io ve ne parlo, +Signor, miraste, e feste altrui mirarlo. +Ebbe lungo spettacolo il fedele +vostro popul la notte e 'l dì che stette, +come in teatro, l'inimiche vele +mirando in Po tra ferro e fuoco astrette. +Che gridi udir si possano e querele, +ch'onde veder di sangue umano infette, +per quanti modi in tal pugna si muora, +vedeste, e a molti il dimostraste allora. +Nol vide io già, ch'era sei giorni inanti, +mutando ogn'ora altre vetture, corso +con molta fretta e molta ai piedi santi +del gran Pastore a domandar soccorso: +poi né cavalli bisognar né fanti; +ch'intanto al Leon d'or l'artiglio e 'l morso +fu da voi rotto sì, che più molesto +non l'ho sentito da quel giorno a questo. +Ma Alfonsin Trotto il qual si trovò in fatto, +Annibal e Pier Moro e Afranio e Alberto, +e tre Ariosti, e il Bagno e il Zerbinatto +tanto me ne contar, ch'io ne fui certo: +me ne chiarir poi le bandiere affatto, +vistone al tempio il gran numero offerto, +e quindice galee ch'a queste rive +con mille legni star vidi captive. +Chi vide quelli incendi e quei naufragi, +le tante uccisioni e sì diverse, +che, vendicando i nostri arsi palagi, +fin che fu preso ogni navilio, ferse; +potrà, veder le morti anco e i disagi +che 'l miser popul d'Africa sofferse +col re Agramante in mezzo l'onde salse, +la scura notte che Dudon l'assalse. +Era la notte, e non si vedea lume, +quando s'incominciar l'aspre contese: +ma poi che 'l zolfo e la pece e 'l bitume +sparso in gran copia, ha prore e sponde accese, +e la vorace fiamma arde e consume +le navi e le galee poco difese; +sì chiaramente ognun si vedea intorno, +che la notte parea mutata in giorno. +Onde Agramante che per l'aer scuro, +non avea l'inimico in sì gran stima, +né aver contrasto si credea sì duro, +che, resistendo, al fin non lo reprima; +poi che rimosse le tenèbre furo, +e vide quel che non credeva in prima, +che le navi nimiche eran duo tante, +fece pensier diverso a quel d'avante. +Smonta con pochi, ove in più lieve barca +ha Brigliadoro e l'altre cose care. +Tra legno e legno taciturno varca, +fin che si trova in più sicuro mare +da' suoi lontan, che Dudon preme e carca, +e mena a condizioni acri ed amare. +Gli arde il foco, il mar sorbe, il ferro strugge: +egli che n'è cagion, via se ne fugge. +Fugge Agramante ed ha con lui Sobrino, +con cui si duol di non gli aver creduto, +quando previde con occhio divino, +e 'l mal gli annunziò, ch'or gli è avvenuto. +Ma torniamo ad Orlando paladino, +che, prima che Biserta abbia altro aiuto, +consiglia Astolfo che la getti in terra, +sì che a Francia mai più non faccia guerra. +E così fu publicamente detto +che 'l campo in arme al terzo dì sia istrutto. +Molti navili Astolfo a questo effetto +tenuti avea, né Dudon n'ebbe il tutto; +di quai diede il governo a Sansonetto, +sì buon guerrier al mar come all'asciutto: +e quel si pose, in su l'ancore sorto, +contra a Biserta, un miglio appresso al porto. +Come veri cristiani Astolfo e Orlando, +che senza Dio non vanno a rischio alcuno, +ne l'esercito fan publico bando, +che sieno orazion fatte e digiuno; +e che si trovi il terzo giorno, quando +si darà il segno, apparecchiato ognuno +per espugnar Biserta, che data hanno, +vinta che s'abbia, a fuoco e a saccomanno. +E così, poi che le astinenze e i voti +devotamente celebrati foro, +parenti, amici, e gli altri insieme noti +si cominciaro a convitar tra loro. +Dato restauro a' corpi esausti e voti, +abbracciandosi insieme lacrimoro, +tra loro usando i modi e le parole +che tra i più cari al dipartir si suole. +Dentro a Biserta i sacerdoti santi +supplicando col populo dolente, +battonsi il petto, e con dirotti pianti +chiamano il lor Macon che nulla sente. +Quante vigilie, quante offerte, quanti +doni promessi son privatamente! +quanto in publico templi, statue, altari, +memoria eterna de' lor casi amari! +E poi che dal Cadì fu benedetto, +prese il populo l'arme, e tornò al muro. +Ancor giacea col suo Titon nel letto +la bella Aurora, ed era il cielo oscuro, +quando Astolfo da un canto, e Sansonetto +da un altro, armati agli ordini lor furo: +e poi che 'l segno che diè il conte udiro, +Biserta con grande impeto assaliro. +Avea Biserta da duo canti il mare, +sedea dagli altri duo nel lito asciutto. +Con fabrica eccellente e singulare +fu antiquamente il suo muro costrutto. +Poco altro ha che l'aiuti o la ripare; +che poi che 'l re Branzardo fu ridutto +dentro da quella, pochi mastri, e poco +poté aver tempo a riparare il loco. +Astolfo dà l'assunto al re de' Neri, +che faccia a' merli tanto nocumento +con falariche, fonde e con arcieri, +che levi d'affacciarsi ogni ardimento; +sì che passin pedoni e cavallieri +fin sotto la muraglia a salvamento, +che vengon, chi di pietre e chi di travi, +chi d'asce e chi d'altra materia gravi. +Chi questa cosa e chi quell'altra getta +dentro alla fossa, e vien di mano in mano; +di cui l'acqua il dì inanzi fu intercetta, +sì che in più parti si scopria il pantano. +Ella fu piena ed atturata in fretta, +e fatto uguale insin al muro il piano. +Astolfo, Orlando ed Olivier procura +di far salir i fanti in su le mura. +I Nubi d'ogni indugio impazienti, +da la speranza del guadagno tratti, +non mirando a' pericoli imminenti, +coperti da testuggini e da gatti, +con arieti e loro altri istrumenti +a forar torri, e porte rompere atti, +tosto si fero alla città vicini; +né trovaro sprovisti i Saracini: +che ferro e fuoco e merli e tetti gravi +cader facendo a guisa di tempeste, +per forza aprian le tavole e le travi +de le machine in lor danno conteste. +Ne l'aria oscura e nei principi pravi +molto patir le battezzate teste; +ma poi che 'l sole uscì del ricco albergo, +voltò Fortuna ai Saracini il tergo. +Da tutti i canti risforzar l'assalto +fe' il conte Orlando e da mare e da terra. +Sansonetto ch'avea l'armata in alto, +entrò nel porto e s'accostò alla terra; +e con frombe e con archi facea d'alto, +e con vari tormenti estrema guerra; +e facea insieme espedir lance e scale, +ogni apparecchio e munizion navale. +Facea Oliviero, Orlando e Brandimarte, +e quel che fu sì dianzi in aria ardito, +aspra e fiera battaglia da la parte +che lungi al mare era più dentro al lito. +Ciascun d'essi venìa con una parte +de l'oste che s'avean quadripartito. +Quale a mur, quale a porte, e quale altrove, +tutti davan di sé lucide prove. +Il valor di ciascun meglio si puote +veder così, che se fosser confusi: +chi sia degno di premio e chi di note, +appare inanzi a mill'occhi non chiusi. +Torri di legno trannosi con ruote, +e gli elefanti altre ne portano usi, +che su lor dossi così in alto vanno, +che i merli sotto a molto spazio stanno. +Vien Brandimarte, e pon la scala a' muri, +e sale, e di salir altri conforta: +lo seguon molti intrepidi e sicuri; +che non può dubitar chi l'ha in sua scorta. +Non è chi miri, o chi mirar si curi, +se quella scala il gran peso comporta. +Sol Brandimarte agli nimici attende; +pugnando sale, e al fine un merlo prende. +E con mano e con piè quivi s'attacca, +salta sui merli, e mena il brando in volta, +urta, riversa e fende e fora e ammacca, +e di sé mostra esperienza molta. +Ma tutto a un tempo la scala si fiacca, +che troppa soma e di soperchio ha tolta: +e for che Brandimarte, giù nel fosso +vanno sozzopra, e l'uno all'altro adosso. +Per ciò non perde il cavallier l'ardire, +né pensa riportare a dietro il piede; +ben che de' suoi non vede alcun seguire, +ben che berzaglio alla città si vede. +Pregavan molti (e non volse egli udire) +che ritornasse; ma dentro si diede: +dico che giù ne la città d'un salto +dal muro entrò, che trenta braccia era alto. +Come trovato avesse o piume o paglia, +presse il duro terren senza alcun danno; +e quei c'ha intorno affrappa e fora e taglia, +come s'affrappa e taglia e fora il panno. +Or contra questi or contra quei si scaglia; +e quelli e questi in fuga se ne vanno. +Pensano quei di fuor, che l'han veduto +dentro saltar, che tardo fia ogni aiuto. +Per tutto 'l campo alto rumor si spande +di voce in voce, e 'l mormorio e 'l bisbiglio. +La vaga Fama intorno si fa grande, +e narra, ed accrescendo va il periglio. +Ove era Orlando (perché da più bande +si dava assalto), ove d'Otone il figlio, +ove Olivier, quella volando venne, +senza posar mai le veloci penne. +Questi guerrier, e più di tutti Orlando, +ch'amano Brandimarte e l'hanno in pregio, +udendo che se van troppo indugiando, +perderanno un compagno così egregio, +piglian le scale, e qua e là montando, +mostrano a gara animo altiero e regio, +con sì audace sembiante e sì gagliardo, +che i nimici tremar fan con lo sguardo. +Come nel mar che per tempesta freme, +assaglion l'acque il temerario legno, +ch'or da la prora, or da le parti estreme +cercano entrar con rabbia e con isdegno; +il pallido nocchier sospira e geme, +ch'aiutar deve, e non ha cor né ingegno; +una onda viene al fin, ch'occupa il tutto, +e dove quella entrò, segue ogni flutto: +così dipoi ch'ebbono presi i muri +questi tre primi, fu sì largo il passo, +che gli altri ormai seguir ponno sicuri, +che mille scale hanno fermate al basso. +Aveano intanto gli arieti duri +rotto in più lochi, e con sì gran fraccasso, +che si poteva in più che in una parte +soccorrer l'animoso Brandimarte. +Con quel furor che 'l re de' fiumi altiero, +quando rompe talvolta argini e sponde, +e che nei campi Ocnei s'apre il sentiero, +e i grassi solchi e le biade feconde, +e con le sue capanne il gregge intero, +e coi cani i pastor porta ne l'onde; +guizzano i pesci agli olmi in su la cima, +ove solean volar gli augelli in prima: +con quel furor l'impetuosa gente, +là dove avea in più parti il muro rotto, +entrò col ferro e con la face ardente +a distruggere il popul mal condotto. +Omicidio, rapina e man violente +nel sangue e ne l'aver, trasse di botto +la ricca e trionfal città a ruina, +che fu di tutta l'Africa regina. +D'uomini morti pieno era per tutto; +e de le innumerabili ferite +fatto era un stagno più scuro e più brutto +di quel che cinge la città di Dite. +Di casa in casa un lungo incendio indutto +ardea palagi, portici e meschite. +Di pianti e d'urli e di battuti petti +suonano i voti e depredati tetti. +I vincitori uscir de le funeste +porte vedeansi di gran preda onusti, +chi con bei vasi e chi con ricche veste, +chi con rapiti argenti a' dei vetusti: +chi traea i figli, e chi le madri meste: +fur fatti stupri e mille altri atti ingiusti, +dei quali Orlando una gran parte intese, +né lo poté vietar, né 'l duca inglese. +Fu Bucifar de l'Algazera morto +con esso un colpo da Olivier gagliardo. +Perduta ogni speranza, ogni conforto, +s'uccise di sua mano il re Branzardo, +con tre ferite, onde morì di corto, +fu preso Folvo dal duca dal Pardo. +Questi eran tre ch'al suo partir lasciato +avea Agramante a guardia de lo stato. +Agramante ch'intanto avea deserta +l'armata, e con Sobrin n'era fuggito, +pianse da lungi e sospirò Biserta, +veduto sì gran fiamma arder sul lito. +Poi più d'appresso ebbe novella certa +come de la sua terra il caso era ito: +e d'uccider se stesso in pensier venne, +e lo facea; ma il re Sobrin lo tenne. +Dicea Sobrin: — Che più vittoria lieta, +signor, potrebbe il tuo inimico avere, +che la tua morte udire, onde quieta +si speraria poi l'Africa godere? +Questo contento il viver tuo gli vieta: +quindi avrà cagion sempre di temere. +Sa ben che lungamente Africa sua +esser non può, se non per morte tua. +Tutti i sudditi tuoi, morendo, privi +de la speranza, un ben che sol ne resta. +Spero che n'abbi a liberar, se vivi, +e trar d'affanno e ritornarne in festa. +So che, se muori, siàn sempre captivi, +Africa sempre tributaria e mesta. +Dunque, s'in util tuo viver non vuoi, +vivi, signor, per non far danno ai tuoi. +Dal soldano d'Egitto, tuo vicino, +certo esser puoi d'aver danari e gente: +malvolentieri il figlio di Pipino +in Africa vedrà tanto potente. +Verrà con ogni sforzo Norandino +per ritornarti in regno, il tuo parente: +Armeni, Turchi, Persi, Arabi e Medi, +tutti in soccorso avrai, se tu li chiedi. — +Con tali e simil detti il vecchio accorto +studia tornare il suo signore in speme +di racquistarsi l'Africa di corto; +ma nel suo cor forse il contrario teme: +sa ben quanto è a mal termine e a mal porto, +e come spesso invan sospira e geme +chiunque il regno suo si lascia torre, +e per soccorso a' barbari ricorre. +Annibal e Iugurta di ciò foro +buon testimoni, ed altri al tempo antico: +al tempo nostro Ludovico il Moro, +dato in poter d'un altro Ludovico. +Vostro fratello Alfonso da costoro +ben ebbe esempio (a voi, Signor mio, dico), +che sempre ha riputato pazzo espresso +chi più si fida in altri ch'in se stesso. +E però ne la guerra che gli mosse +del pontifice irato un duro sdegno, +ancor che ne le deboli sue posse +non potessi egli far molto disegno, +e chi lo difendea, d'Italia fosse +spinto, e n'avesse il suo nimico il regno; +né per minacce mai né per promesse +s'indusse che lo stato altrui cedesse. +Il re Agramante all'oriente avea +volta la prora, e s'era spinto in alto, +quando da terra una tempesta rea +mosse da banda impetuoso assalto. +Il nocchier ch'al governo vi sedea: +— Io veggo (disse alzando gli occhi ad alto) +una procella apparecchiar sì grave, +che contrastar non le potrà la nave. +S'attendete, signori, al mio consiglio, +qui da man manca ha un'isola vicina, +a cui mi par ch'abbiamo a dar di piglio, +fin che passi il furor de la marina. — +Consentì il re Agramante; e di periglio +uscì, pigliando la spiaggia mancina, +che per salute de' nocchier giace +tra gli Afri e di Vulcan l'alta fornace. +D'abitazioni è l'isoletta vota, +piena d'umil mortelle e di ginepri, +ioconda solitudine e remota +a cervi, a daini, a capriuoli, a lepri; +e fuor ch'a piscatori, è poco nota, +ove sovente a rimondati vepri +sospendon, per seccar, l'umide reti: +dormeno intanto i pesci in mar quieti. +Quivi trovar che s'era un altro legno, +cacciato da fortuna, già ridutto: +il gran guerrier ch'in Sericana ha regno, +levato d'Arli, avea quivi condutto. +Con modo riverente e di sé degno +l'un re con l'altro s'abbracciò all'asciutto; +ch'erano amici, e poco inanzi furo +compagni d'arme al parigino muro. +Con molto dispiacer Gradasso intese +del re Agramante le fortune avverse: +poi confortollo, e come re cortese, +con la propria persona se gli offerse: +ma che egli andasse all'infedel paese +d'Egitto, per aiuto, non sofferse. +— Che vi sia (disse) periglioso gire, +dovria Pompeio i profugi ammonire. +E perché detto m'hai che con l'aiuto +degli Etiopi, sudditi al Senapo, +Astolfo a torti l'Africa è venuto, +e ch'arsa ha la città che n'era capo; +e ch'Orlando è con lui, che diminuto +poco inanzi di senno aveva il capo; +mi pare al tutto un ottimo rimedio +aver pensato a farti uscir di tedio. +Io piglierò per amor tuo l'impresa +d'entrar col conte a singular certame. +Contra me so che non avrà difesa, +se tutto fosse di ferro o di rame. +Morto lui, stimo la cristiana Chiesa, +quel che l'agnelle il lupo ch'abbia fame. +Ho poi pensato (e mi fia cosa lieve) +di fare i Nubi uscir d'Africa in breve. +Farò che gli altri Nubi che da loro +il Nilo parte e la diversa legge, +e gli Arabi e i Macrobi, questi d'oro +ricchi e di gente, e quei d'equino gregge, +Persi e Caldei (perché tutti costoro +con altri molti il mio scettro corregge); +farò ch'in Nubia lor faran tal guerra, +che non si fermeran ne la tua terra. — +Al re Agramante assai parve oportuna +del re Gradasso la seconda offerta; +e si chiamò obligato alla Fortuna, +che l'avea tratto all'isola deserta: +ma non vuol torre a condizione alcuna, +se racquistar credesse indi Biserta, +che battaglia per lui Gradasso prenda; +che 'n ciò gli par che l'onor troppo offenda. +— S'a disfidar s'ha Orlando, son quell'io +(rispose) a cui la pugna più conviene: +e pronto vi sarò; poi faccia Dio +di me, come gli pare, o male o bene. — +— Facciàn (disse Gradasso) al modo mio, +a un nuovo modo ch'in pensier mi viene: +questa battaglia pigliamo ambedui +incontra Orlando, e un altro sia con lui. — +— Pur ch'io non resti fuor, non me ne lagno +(disse Agramante), o sia primo o secondo: +ben so ch'in arme ritrovar compagno +di te miglior non si può in tutto 'l mondo. — +— Ed io (disse Sobrin) dove rimagno? +E se vecchio vi paio, vi rispondo +ch'io debbo esser più esperto, e nel periglio +presso alla forza è buono aver consiglio. — +D'una vecchiezza valida e robusta +era Sobrino, e di famosa prova; +e dice ch'in vigor l'età vetusta +si sente pari alla già verde e nuova. +Stimata fu la sua domanda giusta; +e senza indugio un messo si ritrova, +il qual si mandi agli africani lidi, +e da lor parte il conte Orlando sfidi; +che s'abbia a ritrovar con numer pare +di cavallieri armati in Lipadusa. +Una isoletta è questa, che dal mare +medesmo che li cinge, è circonfusa. +Non cessa il messo a vela e a remi andare, +come quel che prestezza al bisogno usa, +che fu a Biserta; e trovò Orlando quivi, +ch'a suoi le spoglie dividea e i captivi. +Lo 'nvito di Gradasso e d'Agramante +e di Sobrino in publico fu espresso, +tanto giocondo al principe d'Anglante, +che d'ampli doni onorar fece il messo. +Avea dai suoi compagni udito inante, +che Durindana al fianco s'avea messo +il re Gradasso: onde egli, per desire +di racquistarla, in India volea gire, +stimando non aver Gradasso altrove, +poi ch'udì che di Francia era partito. +Or più vicin gli è offerto luogo, dove +spera che 'l suo gli fia restituito. +Il bel corno d'Almonte anco lo muove +ad accettar sì volentier lo 'nvito, +e Brigliador non men; che sapea in mano +esser venuti al figlio di Troiano. +Per compagno s'elegge alla battaglia +il fedel Brandimarte e 'l suo cognato. +Provato ha quanto l'uno e l'altro vaglia; +sa che da trambi è sommamente amato. +Buon destrier, buona piastra e buona maglia, +e spade cerca e lance in ogni lato +a sé e a' compagni: che sappiate parme, +che nessun d'essi avea le solite arme. +Orlando (come io v'ho detto più volte) +de le sue sparse per furor la terra: +agli altri ha Rodomonte le lor tolte, +ch'or alta torre in ripa un fiume serra. +Non se ne può per Africa aver molte; +sì perché in Francia avea tratto alla guerra +il re Agramante ciò ch'era di buono, +sì perché poche in Africa ne sono. +Ciò che di ruginoso e di brunito +aver si può, fa ragunare Orlando; +e coi compagni intanto va pel lito +de la futura pugna ragionando. +Gli avvien ch'essendo fuor del campo uscito +più di tre miglia, e gli occhi al mare alzando, +vide calar con le vele alte un legno +verso il lito african senza ritegno. +Senza nocchieri e senza naviganti, +sol come il vento e sua fortuna il mena, +venìa con le vele alte il legno avanti, +tanto che se ritenne in su l'arena. +Ma prima che di questo più vi canti, +l'amor ch'a Ruggier porto mi rimena +alla sua istoria, e vuol ch'io vi racconte +di lui e del guerrier di Chiaramonte. +Di questi duo guerrier dissi che tratti +s'erano fuor del marziale agone, +viste convenzion rompere e patti, +e turbarsi ogni squadra e legione. +Chi prima i giuramenti abbia disfatti, +e stato sia di tanto mal cagione, +o l'imperator Carlo, o il re Agramante, +studian saper da chi lor passa avante. +Un servitor intanto di Ruggiero, +ch'era fedele e pratico ed astuto, +né pel conflitto dei duo campi fiero +avea di vista il patron mai perduto, +venne a trovarlo, e la spada e 'l destriero +gli diede, perché a' suoi fosse in aiuto. +Montò Ruggiero e la sua spada tolse, +ma ne la zuffa entrar non però volse. +Quindi si parte; ma prima rinuova +la convenzion che con Rinaldo avea; +che se pergiuro il suo Agramante trova, +lo lascierà con la sua setta rea. +Per quel giorno Ruggier fare altra prova +d'arme non volse; ma solo attendea +a fermar questo e quello, e a domandarlo +chi prima roppe, o 'l re Agramante, o Carlo. +Ode da tutto 'l mondo, che la parte +del re Agramante fu, che roppe prima. +Ruggiero ama Agramante, e se si parte +da lui per questo, error non lieve stima. +Fur le gente africane e rotte e sparte +(questo ho già detto inanzi), e da la cima +de la volubil ruota tratte al fondo, +come piacque a colei ch'aggira il mondo. +Tra sé volve Ruggiero e fa discorso, +se restar deve, o il suo signor seguire. +Gli pon l'amor de la sua donna un morso +per non lasciarlo in Africa più gire: +lo volta e gira, ed a contrario corso +lo sprona, e lo minaccia di punire, +se l' patto e 'l giuramento non tien saldo, +che fatto avea col paladin Rinaldo. +Non men da l'altra parte sferza e sprona +la vigilante e stimulosa cura, +che s'Agramante in quel caso abbandona, +a viltà gli sia ascritto ed a paura. +Se del restar la causa parrà buona +a molti, a molti ad accettar fia dura. +Molti diran che non si de' osservare +quel ch'era ingiusto e illicito a giurare. +Tutto quel giorno e la notte seguente +stette solingo, e così l'altro giorno, +pur travagliando la dubbiosa mente, +se partir deve o far quivi soggiorno. +Pel signor suo conclude finalmente +di fargli dietro in Africa ritorno. +Potea in lui molto il coniugale amore, +ma vi potea più il debito e l'onore. +Torna verso Arli; che trovarvi spera +l'armata ancor, ch'in Africa il trasporti: +né legno in mar né dentro alla rivera, +né Saracini vede, se non morti. +Seco al partire ogni legno che v'era +trasse Agramante, e 'l resto arse nei porti. +Fallitogli il pensier, prese il camino +verso Marsilia pel lito marino. +A qualche legno pensa dar di piglio, +ch'a prieghi o forza il porti all'altra riva. +Già v'era giunto del Danese il figlio +con l'armata de' barbari captiva. +Non si avrebbe potuto un gran di miglio +gittar ne l'acqua: tanto la copriva +la spessa moltitudine de navi, +di vincitori e di prigioni, gravi. +Le navi de' pagani, ch'avanzaro +dal fuoco e dal naufragio quella notte, +eccetto poche ch'in fuga n'andaro, +tutte a Marsilia avea Dudon condotte. +Sette di quei ch'in Africa regnaro, +che, poi che le lor genti vider rotte, +con sette legni lor s'eran renduti, +stavan dolenti, lacrimosi e muti. +Era Dudon sopra la spiaggia uscito, +ch'a trovar Carlo andar volea quel giorno; +e de' captivi e de lor spoglie ordito +con lunga pompa avea un trionfo adorno. +Eran tutti i prigion stesi nel lito, +e i Nubi vincitori allegri intorno, +che faceano del nome di Dudone +intorno risonar la regione. +Venne in speranza di lontan Ruggiero, +che questa fosse armata d'Agramante; +e, per saperne il vero, urtò il destriero: +ma riconobbe, come fu più inante, +il re de Nasamona prigionero, +Bambirago, Agricalte e Farurante, +Manilardo e Balastro e Rimedonte, +che piangendo tenean bassa la fronte. +Ruggier che gli ama, sofferir non puote +che stian ne la miseria in che li trova. +Quivi sa ch'a venir con le man vote, +senza usar forza, il pregar poco giova. +La lancia abbassa, e chi li tien percuote; +e fa del suo valor l'usata prova; +stringe la spada, e in un piccol momento +ne fa cadere intorno più di cento. +Dudone ode il rumor, la strage vede +che fa Ruggier, ma chi sia non conosce. +Vede i suoi c'hanno in fuga volto il piede +con gran timor, con pianto e con angosce. +Presto il destrier, lo scudo e l'elmo chiede; +che già avea armato e petto e braccia e cosce: +salta a cavallo e si fa dar la lancia, +e non oblia ch'è paladin di Francia. +Grida che si ritiri ognun da canto, +spinge il cavallo e fa sentir gli sproni. +Ruggier cent'altri n'avea uccisi intanto, +e gran speranza dato a quei prigioni: +e come venir vide Dudon santo +solo a cavallo, e gli altri esser pedoni, +stimò che capo e che signor lor fosse; +e contra lui con gran desir si mosse. +Già mosso prima era Dudon; ma quando +senza lancia Ruggier vide venire, +lunge da sé la sua gittò, sdegnando +con tal vantaggio il cavallier ferire. +Ruggiero, al cortese atto riguardando, +disse fra sé: — Costui non può mentire, +ch'uno non sia di quei guerrier perfetti +che paladin di Francia sono detti. +S'impetrar lo potrò, vo' che 'l suo nome, +inanzi che segua altro, mi palese; — +e così domandollo: e seppe come +era Dudon figliuol d'Uggier danese. +Dudon gravò Ruggier poi d'ugual some, +e parimente lo trovò cortese. +Poi che i nomi tra lor s'ebbono detti, +si disfidaro, e vennero agli effetti. +Avea Dudon quella ferrata mazza +ch'in mille imprese gli diè eterno onore: +con essa mostra ben ch'egli è di razza +di quel Danese pien d'alto valore. +La spada ch'apre ogni elmo, ogni corazza, +di che non era al mondo la migliore, +trasse Ruggiero, e fece paragone +di sua virtude al paladin Dudone. +Ma perché in mente ognora avea di meno +offender la sua donna, che potea; +ed era certo, se spargea il terreno +del sangue di costui, che la offendea +(de le case di Francia istrutto a pieno, +la madre di Dudone esser sapea +Armelina sorella di Beatrice, +ch'era di Bradamante genitrice): +per questo mai di punta non gli trasse, +e di taglio rarissimo ferìa. +Schermiasi, ovunque la mazza calasse, +or ribattendo, or dandole la via. +Crede Turpin che per Ruggier restasse, +che Dudon morto in pochi colpi avria: +né mai, qualunque volta si scoperse, +ferir, se non di piatto, lo sofferse. +Di piatto usar potea, come di taglio, +Ruggier la spada sua ch'avea gran schena; +e quivi a strano giuoco di sonaglio +sopra Dudon con tanta forza mena, +che spesso agli occhi gli pon tal barbaglio, +che si ritien di non cadere a pena. +Ma per esser più grato a chi mi ascolta, +io differisco il canto a un'altra volta. L'odor ch'è sparso in ben notrita e bella +o chioma o barba o delicata vesta +di giovene leggiadro o di donzella, +ch'Amor sovente lacrimando desta, +se spira e fa sentir di sé novella, +e dopo molti giorni ancora resta; +mostra con chiaro ed evidente effetto, +come a principio buono era e perfetto. +L'almo liquor che ai meditori suoi +fece Icaro gustar con suo gran danno, +e che si dice che già Celte e Boi +fe' passar l'Alpe e non sentir l'affanno; +mostra che dolce era a principio, poi +che si serva ancor dolce al fin de l'anno. +L'arbor ch'al tempo rio foglia non perde, +mostra ch'a primavera era ancor verde. +L'inclita stirpe che per tanti lustri +mostrò di cortesia sempre gran lume, +e par ch'ognor più ne risplenda e lustri, +fa che con chiaro indizio si presume, +che chi progenerò gli Estensi illustri, +dovea d'ogni laudabile costume +che sublimar al ciel gli uomini suole, +splender non men che fra le stelle il sole. +Ruggier, come in ciascun suo degno gesto, +d'alto valor, di cortesia solea +dimostrar chiaro segno e manifesto, +e sempre più magnanimo apparea; +così verso Dudon lo mostrò in questo, +col qual (come di sopra io vi dicea) +dissimulato avea quanto era forte, +per pietà che gli avea di porlo a morte. +Avea Dudon ben conosciuto certo, +ch'ucciderlo Ruggier non l'ha voluto; +perch'or s'ha ritrovato allo scoperto, +or stanco sì, che più non ha potuto. +Poi che chiaro comprende, e vede aperto +che gli ha rispetto, e che va ritenuto; +quando di forza e di vigor val meno, +di cortesia non vuol cedergli almeno. +— Per Dio (dice), signor, pace facciamo; +ch'esser non può più la vittoria mia: +esser non può più mia; che già mi chiamo +vinto e prigion de la tua cortesia. — +Ruggier rispose: — Ed io la pace bramo +non men di te; ma che con patto sia, +che questi sette re c'hai qui legati, +lasci ch'in libertà mi sieno dati. — +E gli mostrò quei sette re ch'io dissi +che stavano legati a capo chino; +e gli soggiunse che non gli impedissi +pigliar con essi in Africa il camino. +E così furo in libertà remissi +quei re; che gliel concesse il paladino; +e gli concesse ancor ch'un legno tolse, +quel ch'a lui parve, e verso Africa sciolse. +Il legno sciolse, e fe' scioglier la vela, +e se diè al vento perfido in possanza, +che da principio la gonfiata tela +drizzò a camino, e diè al nocchier baldanza. +Il lito fugge, e in tal modo si cela, +che par che ne sia il mar rimaso sanza. +Ne l'oscurar del giorno fece il vento +chiara la sua perfidia e 'l tradimento. +Mutossi da la poppa ne le sponde, +indi alla prora, e qui non rimase anco: +ruota la nave, ed i nocchier confonde; +ch'or di dietro or dinanzi or loro è al fianco. +Surgono altiere e minacciose l'onde: +mugliando sopra il mar va il gregge bianco. +Di tante morti in dubbio e in pena stanno, +quanto son l'acque ch'a ferir li vanno. +Or da fronte or da tergo il vento spira; +e questo inanzi, e quello a dietro caccia: +un altro da traverso il legno aggira; +e ciascun pur naufragio gli minaccia. +Quel che siede al governo, alto sospira +pallido e sbigottito ne la faccia; +e grida invano, e invan con mano accenna +or di voltare, or di calar l'antenna. +Ma poco il cenno, e 'l gridar poco vale: +tolto è 'l veder da la piovosa notte. +La voce, senza udirsi, in aria sale, +in aria che ferìa con maggior botte +de' naviganti il grido universale, +e 'l fremito de l'onde insieme rotte: +e in prora e in poppa e in amendue le bande +non si può cosa udir, che si commande. +Da la rabbia del vento che si fende +ne le ritorte, escono orribil suoni: +di spessi lampi l'aria si raccende, +risuona 'l ciel di spaventosi tuoni. +V'è chi corre al timon, chi i remi prende; +van per uso agli uffici a che son buoni: +chi s'affatica a sciorre e chi a legare; +vota altri l'acqua, e torna il mar nel mare. +Ecco stridendo l'orribil procella +che 'l repentin furor di borea spinge, +la vela contra l'arbore flagella: +il mar si leva, e quasi il cielo attinge. +Frangonsi i remi; e di fortuna fella +tanto la rabbia impetuosa stringe, +che la prora si volta, e verso l'onda +fa rimaner la disarmata sponda. +Tutta sotto acqua va la destra banda, +e sta per riversar di sopra il fondo. +Ognun, gridando, a Dio si raccomanda; +che più che certi son gire al profondo. +D'uno in un altro mal fortuna manda: +il primo scorre, e vien dietro il secondo. +Il legno vinto in più parti si lassa, +e dentro l'inimica onda vi passa. +Muove crudele e spaventoso assalto +da tutti i lati il tempestoso verno. +Veggon talvolta il mar venir tant'alto, +che par ch'arrivi insin al ciel superno. +Talor fan sopra l'onde in su tal salto, +ch'a mirar giù par lor veder lo 'nferno. +O nulla o poca speme è che conforte; +e sta presente inevitabil morte. +Tutta la notte per diverso mare +scorsero errando ove cacciolli il vento; +il fiero vento che dovea cessare +nascendo il giorno, e ripigliò augumento. +Ecco dinanzi un nudo scoglio appare: +voglion schivarlo, e non v'hanno argumento. +Li porta, lor mal grado, a quella via +il crudo vento e la tempesta ria. +Tre volte e quattro il pallido nocchiero +mette vigor perché 'l timon sia volto +e trovi più sicuro altro sentiero; +ma quel si rompe, e poi dal mar gli è tolto. +Ha sì la vela piena il vento fiero, +che non si può calar poco né molto: +né tempo han di riparo o di consiglio; +che troppo appresso è quel mortal periglio. +Poi che senza rimedio si comprende +la irreparabil rotta de la nave, +ciascuno al suo privato utile attende, +ciascun salvar la vita sua cura have. +Chi può più presto al palischermo scende; +ma quello è fatto subito sì grave +per tanta gente che sopra v'abbonda, +che poco avanza a gir sotto la sponda. +Ruggier che vide il comite e 'l padrone +e gli altri abbandonar con fretta il legno, +come senz'arme si trovò in giubbone, +campar su quel battel fece disegno: +ma lo trovò sì carco di persone, +e tante venner poi, che l'acque il segno +passaro in guisa, che per troppo pondo +con tutto il carco andò il legnetto al fondo: +del mare al fondo: e seco trasse quanti +lasciaro a sua speranza il maggior legno. +Allor s'udì con dolorosi pianti +chiamar soccorso dal celeste regno: +ma quelle voci andaro poco inanti, +che venne il mar pien d'ira e di disdegno, +e subito occupò tutta la via +onde il lamento e il flebil grido uscia. +Altri là giù, senza apparir più, resta; +altri risorge e sopra l'onde sbalza; +chi vien nuotando e mostra fuor la testa, +chi mostra un braccio, e chi una gamba scalza. +Ruggier che 'l minacciar de la tempesta +temer non vuol, dal fondo al sommo s'alza, +e vede il nudo scoglio non lontano, +ch'egli e i compagni avean fuggito invano. +Spera, per forza di piedi e di braccia +nuotando, di salir sul lito asciutto. +Soffiando viene, e lungi da la faccia +l'onda respinge e l'importuno flutto. +Il vento intanto e la tempesta caccia +il legno voto, e abbandonato in tutto +da quelli che per lor pessima sorte +il disio di campar trasse alla morte. +Oh fallace degli uomini credenza! +campò la nave che dovea perire; +quando il padrone e i galleotti senza +governo alcun l'avean lasciata gire. +Parve che si mutasse di sentenza +il vento, poi che ogni uom vide fuggire: +fece che 'l legno a miglior via si torse, +né toccò terra, e in sicura onda corse. +E dove col nocchier tenne via incerta, +poi che non l'ebbe, andò in Africa al dritto, +e venne a capitar presso a Biserta +tre miglia o due, dal lato verso Egitto; +e ne l'arena sterile e deserta +restò, mancando il vento e l'acqua, fitto. +Or quivi sopravenne, a spasso andando, +come di sopra io vi narrava, Orlando. +E disioso di saper se fusse +la nave sola, e fusse o vota o carca, +con Brandimarte a quella si condusse +e col cognato, in su una lieve barca. +Poi che sotto coverta s'introdusse, +tutta la ritrovò d'uomini scarca: +vi trovò sol Frontino il buon destriero, +l'armatura e la spada di Ruggiero; +di cui fu per campar tanto la fretta, +ch'a tor la spada non ebbe pur tempo. +Conobbe quella il paladin, che detta +fu Balisarda, e che già sua fu un tempo. +So che tutta l'istoria avete letta, +come la tolse a Falerina, al tempo +che le distrusse anco il giardin sì bello, +e come a lui poi la rubò Brunello; +e come sotto il monte di Carena +Brunel ne fe' a Ruggier libero dono. +Di che taglio ella fosse e di che schena, +n'avea già fatto esperimento buono; +io dico Orlando: e però n'ebbe piena +letizia, e ringrazionne il sommo Trono; +e si credette (e spesso il disse dopo), +che Dio gliele mandasse a sì grande uopo: +a sì grande uopo, come era, dovendo +condursi col signor di Sericana; +ch'oltre che di valor fosse tremendo, +sapea ch'avea Baiardo e Durindana. +L'altra armatura, non la conoscendo, +non apprezzò per cosa sì soprana, +come chi ne fe' prova apprezzò quella, +per buona sì, ma per più ricca e bella. +E perché gli facean poco mestiero +l'arme (ch'era inviolabile e affatato), +contento fu che l'avesse Oliviero; +il brando no, che sel pose egli a lato: +a Brandimarte consegnò il destriero. +Così diviso ed ugualmente dato +volse che fosse a ciaschedun compagno +ch'insieme si trovar, di quel guadagno. +Pel dì de la battaglia ogni guerriero +studia aver ricco e nuovo abito indosso. +Orlando riccamar fa nel quartiero +l'alto Babel dal fulmine percosso. +Un can d'argento aver vuole Oliviero, +che giaccia, e che la lassa abbia sul dosso, +con un motto che dica: Fin che vegna: +e vuol d'oro la vesta e di sé degna. +Fece disegno Brandimarte, il giorno +de la battaglia, per amor del padre, +e per suo onor, di non andare adorno +se non di sopraveste oscure ed adre. +Fiordiligi le fe' con fregio intorno, +quanto più seppe far, belle e leggiadre. +Di ricche gemme il fregio era contesto; +d'un schietto drappo e tutto nero il resto. +Fece la donna di sua man le sopra— +vesti a cui l'arme converrian più fine, +de' quai l'osbergo il cavallier si cuopra, +e la groppa al cavallo e 'l petto e 'l crine. +Ma da quel dì che cominciò quest'opra, +continuando a quel che le diè fine, +e dopo ancora, mai segno di riso +far non poté, né d'allegrezza in viso. +Sempre ha timor nel cor, sempre tormento +che Brandimarte suo non le sia tolto. +Già l'ha veduto in cento lochi e cento +in gran battaglie e perigliose avvolto; +né mai, come ora, simile spavento +le agghiacciò il sangue e impallidille il volto: +e questa novità d'aver timore +le fa tremar di doppia tema il core. +Poi che son d'arme e d'ogni arnese in punto, +alzano al vento i cavallier le vele. +Astolfo e Sansonetto con l'assunto +riman del grande esercito fedele. +Fiordiligi col cor di timor punto, +empiendo il ciel di voti e di querele, +quanto con vista seguitar le puote, +segue le vele in alto mar remote. +Astolfo a gran fatica e Sansonetto +poté levarla dal mirar ne l'onda +e ritrarla al palagio, ove sul letto +la lasciaro affannata e tremebonda. +Portava intanto il bel numero eletto +dei tre buon cavallier l'aura seconda. +Andò il legno a trovar l'isola al dritto, +ove far si dovea tanto conflitto. +Sceso nel lito il cavallier d'Anglante, +il cognato Oliviero e Brandimarte, +col padiglione il lato di levante +primi occupar; né forse il fer senz'arte. +Giunse quel dì medesimo Agramante, +e s'accampò da la contraria parte; +ma perché molto era inchinata l'ora, +differir la battaglia ne l'aurora. +Di qua e di là sin alla nuova luce +stanno alla guardia i servitori armati. +La sera Brandimarte si conduce +là dove i Saracin sono alloggiati, +e parla, con licenza del suo duce, +al re african; ch'amici erano stati: +e Brandimarte già con la bandiera +del re Agramante in Francia passato era. +Dopo i saluti e 'l giunger mano a mano, +molte ragion, sì come amico, disse +il fedel cavalliero al re pagano, +perché a questa battaglia non venisse: +e di riporgli ogni cittade in mano, +che sia tra 'l Nilo e 'l segno ch'Ercol fisse, +con volontà d'Orlando gli offeria, +se creder volea al Figlio di Maria. +— Perché sempre v'ho amato ed amo molto, +questo consiglio (gli dicea) vi dono; +e quando già, signor, per me l'ho tolto, +creder potete ch'io l'estimo buono. +Cristo conobbi Dio, Maumette stolto; +e bramo voi por ne la via in ch'io sono: +ne la via di salute, signor, bramo +che siate meco, e tutti gli altri ch'amo. +Qui consiste il ben vostro; né consiglio +altro potete prender, che vi vaglia; +e men di tutti gli altri, se col figlio +di Milon vi mettete alla battaglia; +che 'l guadagno del vincere al periglio +de la perdita grande non si agguaglia. +Vincendo voi, poco acquistar potete; +ma non perder già poco, se perdete. +Quando uccidiate Orlando, e noi venuti +qui per morire o vincere con lui, +io non veggo per questo che i perduti +domini a racquistar s'abbian per vui. +Né dovete sperar che sì si muti +lo stato de le cose, morti nui, +ch'uomini a Carlo manchino da porre +quivi a guardar fin all'estrema torre. — +Così parlava Brandimarte, ed era +per suggiungere ancor molte altre cose; +ma fu con voce irata e faccia altiera +dal pagano interrotto, che rispose: +— Temerità per certo e pazzia vera +è la tua, e di qualunque che si pose +a consigliar mai cosa o buona o ria, +ove chiamato a consigliar non sia. +E che 'l consiglio che mi dai, proceda +da ben che m'hai voluto e vuommi ancora, +io non so, a dire il ver, come io tel creda, +quando qui con Orlando ti veggo ora. +Crederò ben, tu che ti vedi in preda +di quel dragon che l'anime devora, +che brami teco nel dolore eterno +tutto 'l mondo poter trarre all'inferno. +Ch'io vinca o perda, o debba nel mio regno +tornare antiquo, o sempre starne in bando, +in mente sua n'ha Dio fatto disegno, +il qual né io, né tu, né vede Orlando. +Sia quel che vuol, non potrà ad atto indegno +di re inchinarmi mai timor nefando. +S'io fossi certo di morir, vo' morto +prima restar, ch'al sangue mio far torto. +Or ti puoi ritornar; che se migliore +non sei dimani in questo campo armato, +che tu mi sia paruto oggi oratore, +mal troverassi Orlando accompagnato. — +Queste ultime parole usciron fuore +del petto acceso d'Agramante irato. +Ritornò l'uno e l'altro, e ripososse, +fin che del mare il giorno uscito fosse. +Nel biancheggiar de la nuova alba armati, +e in un momento fur tutti a cavallo. +Pochi sermon si son tra loro usati: +non vi fu indugio, non vi fu intervallo, +che i ferri de le lance hanno abbassati. +Ma mi parria, Signor, far troppo fallo, +se, per voler di costor dir, lasciassi +tanto Ruggier nel mar, che v'affogassi. +Il giovinetto con piedi e con braccia +percotendo venìa l'orribil onde. +Il vento e la tempesta gli minaccia; +ma più la coscienza lo confonde. +Teme che Cristo ora vendetta faccia; +che, poi che battezzar ne l'acque monde, +quando ebbe tempo, sì poco gli calse, +or si battezzi in queste amare e salse. +Gli ritornano a mente le promesse +che tante volte alla sua donna fece; +quel che giurato avea quando si messe +contra Rinaldo, e nulla satisfece. +A Dio, ch'ivi punir non lo volesse, +pentito disse quattro volte e diece; +e fece voto di core e di fede +d'esser cristian, se ponea in terra il piede: +e mai più non pigliar spada né lancia +contra ai fedeli in aiuto de' Mori; +ma che ritorneria subito in Francia, +e a Carlo renderia debiti onori; +né Bradamante più terrebbe a ciancia, +e verria a fine onesto dei suo' amori. +Miracol fu, che sentì al fin del voto +crescersi forza e agevolarsi il nuoto. +Cresce la forza e l'animo indefesso: +Ruggier percuote l'onde e le respinge, +l'onde che seguon l'una all'altra presso, +di che una il leva, un'altra lo sospinge. +Così montando e discendendo spesso +con gran travaglio, al fin l'arena attinge; +e da la parte onde s'inchina il colle +più verso il mar, esce bagnato e molle. +Fur tutti gli altri che nel mar si diero, +vinti da l'onde, e al fin restar ne l'acque. +Nel solitario scoglio uscì Ruggiero, +come all'alta Bontà divina piacque. +Poi che fu sopra il monte inculto e fiero +sicur dal mar, nuovo timor gli nacque +d'avere esilio in sì strette confine, +e di morirvi di disagio al fine. +Ma pur col core indomito, e costante +di patir quanto è in ciel di lui prescritto, +pei duri sassi l'intrepide piante +mosse, poggiando invêr la cima al dritto. +Non era cento passi andato inante, +che vide d'anni e d'astinenze afflitto +uom ch'avea d'eremita abito e segno, +di molta riverenza e d'onor degno; +che, come gli fu presso: — Saulo, Saulo, +(gridò), perché persegui la mia fede? +(come allor il Signor disse a san Paulo, +che 'l colpo salutifero gli diede). +Passar credesti il mar, né pagar naulo, +e defraudare altrui de la mercede. +Vedi che Dio, c'ha lunga man, ti giunge +quando tu gli pensasti esser più lunge. — +E seguitò il santissimo eremita, +il qual la notte inanzi avuto avea +in vision da Dio, che con sua aita +allo scoglio Ruggier giunger dovea: +e di lui tutta la passata vita, +e la futura, e ancor la morte rea, +figli e nipoti ed ogni discendente +gli avea Dio rivelato interamente. +Seguitò l'eremita riprendendo +prima Ruggiero; e al fin poi confortollo. +Lo riprendea ch'era ito differendo +sotto il soave giogo a porre il collo; +e quel che dovea far, libero essendo, +mentre Cristo pregando a sé chiamollo, +fatto avea poi con poca grazia, quando +venir con sferza il vide minacciando. +Poi confortollo che non niega il cielo +tardi o per tempo Cristo a chi gliel chiede; +e di quelli operarii del Vangelo +narrò, che tutti ebbono ugual mercede. +Con caritade e con devoto zelo +lo venne ammaestrando ne la fede, +verso la cella sua con lento passo, +ch'era cavata a mezzo il duro sasso. +Di sopra siede alla devota cella +una piccola chiesa che risponde +all'oriente, assai commoda e bella: +di sotto un bosco scende sin all'onde, +di lauri e di ginepri e di mortella, +e di palme fruttifere e feconde; +che riga sempre una liquida fonte, +che mormorando cade giù dal monte. +Eran degli anni ormai presso a quaranta +che su lo scoglio il fraticel si messe; +ch'a menar vita solitaria e santa +luogo oportuno il Salvator gli elesse. +Di frutte colte or d'una or d'altra pianta, +e d'acqua pura la sua vita resse, +che valida e robusta e senza affanno +era venuta all'ottantesimo anno. +Dentro la cella il vecchio accese il fuoco, +e la mensa ingombrò di vari frutti, +ove si ricreò Ruggiero un poco, +poscia ch'i panni e i capelli ebbe asciutti. +Imparò poi più ad agio in questo loco +de nostra fede i gran misteri tutti; +ed alla pura fonte ebbe battesmo +il dì seguente dal vecchio medesmo. +Secondo il luogo, assai contento stava +quivi Ruggier; che 'l buon servo di Dio +fra pochi giorni intenzion gli dava +di rimandarlo ove più avea disio. +Di molte cose intanto ragionava +con lui sovente, or al regno di Dio, +or agli propri casi appertinenti, +or del suo sangue alle future genti. +Avea il Signor, che 'l tutto intende e vede, +rivelato al santissimo eremita, +che Ruggier da quel dì ch'ebbe la fede, +dovea sette anni, e non più, stare in vita; +che per la morte che sua donna diede +a Pinabel, ch'a lui fia attribuita, +saria, e per quella ancor di Bertolagi, +morto dai Maganzesi empi e malvagi. +E che quel tradimento andrà sì occulto, +che non se n'udirà di fuor novella; +perché nel proprio loco fia sepulto +ove anco ucciso da la gente fella: +per questo tardi vendicato ed ulto +fia da la moglie e da la sua sorella. +E che col ventre pien per lunga via +da la moglie fedel cercato fia. +Fra l'Adice e la Brenta a piè de' colli +ch'al troiano Antenòr piacqueno tanto, +con le sulfuree vene e rivi molli, +con lieti solchi e prati ameni a canto, +che con l'alta Ida volentier mutolli, +col sospirato Ascanio e caro Xanto, +a parturir verrà ne le foreste +che son poco lontane al frigio Ateste. +E ch'in bellezza ed in valor cresciuto +il parto suo, che pur Ruggier fia detto, +e del sangue troian riconosciuto +da quei Troiani, in lor signor fia elletto; +e poi da Carlo, a cui sarà in aiuto +incontra i Longobardi giovinetto, +dominio giusto avrà del bel paese, +e titolo onorato di marchese. +E perché dirà Carlo in latino: — _Este_ +signori qui, — quando faragli il dono, +nel secolo futur nominato Este +sarà il bel luogo con augurio buono; +e così lascierà il nome d'Ateste +de le due prime note il vecchio suono. +Avea Dio ancora al servo suo predetta +di Ruggier la futura aspra vendetta: +ch'in visione alla fedel consorte +apparirà dinanzi al giorno un poco; +e le dirà chi l'avrà messo a morte, +e, dove giacerà, mostrerà il loco: +onde ella poi con la cognata forte +distruggerà Pontieri a ferro e a fuoco; +né farà a' Maganzesi minor danni +il figlio suo Ruggiero, ov'abbia gli anni. +D'Azzi, d'Alberti, d'Obici discorso +fatto gli aveva, e di lor stirpe bella, +insino a Nicolò, Leonello, Borso, +Ercole, Alfonso, Ippolito e Issabella. +Ma il santo vecchio, ch'alla lingua ha il morso, +non di quanto egli sa però favella: +narra a Ruggier quel che narrar conviensi; +e quel ch'in sé de' ritener, ritiensi. +In questo tempo Orlando e Brandimarte +e 'l marchese Olivier col ferro basso +vanno a trovare il saracino Marte +(che così nominar si può Gradasso) +e gli altri duo che da contraria parte +han mosso i buon destrier più che di passo; +io dico il re Agramante e 'l re Sobrino: +rimbomba al corso il lito e 'l mar vicino. +Quando allo scontro vengono a trovarsi, +e in tronchi vola al ciel rotta ogni lancia, +del gran rumor fu visto il mar gonfiarsi, +del gran rumor che s'udì sino in Francia. +Venne Orlando e Gradasso a riscontrarsi; +e potea stare ugual questa bilancia, +se non era il vantaggio di Baiardo, +che fe' parer Gradasso più gagliardo. +Percosse egli il destrier di minor forza, +ch'Orlando avea, d'un urto così strano, +che lo fece piegare a poggia e ad orza, +e poi cader, quanto era lungo, al piano. +Orlando di levarlo si risforza +tre volte e quattro, e con sproni e con mano; +e quando al fin nol può levar, ne scende, +lo scudo imbraccia, e Balisarda prende. +Scontrossi col re d'Africa Oliviero; +e fur di quello incontro a paro a paro. +Brandimarte restar senza destriero +fece Sobrin: ma non si seppe chiaro +se v'ebbe il destrier colpa o il cavalliero; +ch'avezzo era cader Sobrin di raro. +O del destriero o suo pur fosse il fallo, +Sobrin si ritrovò giù del cavallo. +Or Brandimarte che vide per terra +il re Sobrin, non l'assalì altrimente, +ma contra il re Gradasso si disserra, +ch'avea abbattuto Orlando parimente. +Tra il marchese e Agramante andò la guerra +come fu cominciata primamente: +poi che si roppon l'aste negli scudi, +s'eran tornati incontra a stocchi ignudi. +Orlando, che Gradasso in atto vede, +che par ch'a lui tornar poco gli caglia; +né tornar Brandimarte gli concede, +tanto lo stringe e tanto lo travaglia; +si volge intorno, e similmente a piede +vede Sobrin che sta senza battaglia. +Vêr lui s'aventa; e al muover de le piante +fa il ciel tremar del suo fiero sembiante. +Sobrin che di tanto uom vede l'assalto, +stretto ne l'arme s'apparecchia tutto: +come nocchiero a cui vegna a gran salto +muggendo incontra il minaccioso flutto, +drizza la prora; e quando il mar tant'alto +vede salire, esser vorria all'asciutto. +Sobrin lo scudo oppone alla ruina +che da la spada vien di Falerina. +Di tal finezza è quella Balisarda, +che l'arme le puon far poco riparo; +in man poi di persona sì gagliarda, +in man d'Orlando, unico al mondo o raro, +taglia lo scudo; e nulla la ritarda, +perché cerchiato sia tutto d'acciaro: +taglia lo scudo e sino al fondo fende, +e sotto a quello in su la spalla scende. +Scende alla spalla; e perché la ritrovi +di doppia lama e di maglia coperta, +non vuol però che molto ella le giovi, +che di gran piaga non la lasci aperta. +Mena Sobrin; ma indarno è che si provi +ferire Orlando, a cui per grazia certa +diede il Motor del cielo e de le stelle, +che mai forar non se gli può la pelle. +Radoppia il colpo il valoroso conte, +e pensa da le spalle il capo torgli. +Sobrin che sa il valor di Chiaramonte, +e che poco gli val lo scudo opporgli, +s'arretra, ma non tanto, che la fronte +non venisse anco Balisarda a corgli. +Di piatto fu, ma il colpo tanto fello, +ch'amaccò l'elmo, e gl'intronò il cervello. +Cadde Sobrin del fiero colpo in terra, +onde a gran pezzo poi non è risorto. +Crede finita aver con lui la guerra +il paladino, e che si giaccia morto; +e verso il re Gradasso si disserra, +che Brandimarte non meni a mal porto: +che 'l pagan d'arme e di spada l'avanza +e di destriero, e forse di possanza. +L'ardito Brandimarte in su Frontino, +quel buon destrier che di Ruggier fu dianzi, +si porta così ben col Saracino, +che non par già che quel troppo l'avanzi: +e s'egli avesse osbergo così fino +come il pagan, gli staria meglio inanzi; +ma gli convien (che mal si sente armato) +spesso dar luogo or d'uno or d'altro lato. +Altro destrier non è che meglio intenda +di quel Frontino il cavalliero a cenno: +par che dovunque Durindana scenda, +or quinci or quindi abbia a schivarla senno. +Agramante e Olivier battaglia orrenda +altrove fanno, e giudicar si denno +per duo guerrier di pari in arme accorti, +e pochi differenti in esser forti. +Avea lasciato, come io dissi, Orlando +Sobrino in terra; e contra il re Gradasso, +soccorrer Brandimarte disiando, +come si trovò a piè, venìa a gran passo. +Era vicin per assalirlo, quando +vide in mezzo del campo andare a spasso +il buon cavallo onde Sobrin fu spinto; +e per averlo, presto si fu accinto. +Ebbe il destrier, che non trovò contesa, +e levò un salto, ed entrò ne la sella. +Ne l'una man la spada tien sospesa, +mette l'altra alla briglia ricca e bella. +Gradasso vede Orlando, e non gli pesa, +ch'a lui ne viene, e per nome l'appella. +Ad esso e a Brandimarte e all'altro spera +far parer notte, e che non sia ancor sera. +Voltasi al conte, e Brandimarte lassa, +e d'una punta lo trova al camaglio: +fuor che la carne, ogni altra cosa passa: +per forar quella è vano ogni travaglio. +Orlando a un tempo Balisarda abbassa: +non vale incanto ov'ella mette il taglio. +L'elmo, lo scudo, l'osbergo e l'arnese, +venne fendendo in giù ciò ch'ella prese; +e nel volto e nel petto e ne la coscia +lasciò ferito il re di Sericana, +di cui non fu mai tratto sangue, poscia +ch'ebbe quell'arme: or gli par cosa strana +che quella spada (e n'ha dispetto e angoscia) +le tagli or sì; né pur è Durindana. +E se più lungo il colpo era o più appresso, +l'avria dal capo insino al ventre fesso. +Non bisogna più aver ne l'arme fede, +come avea dianzi; che la prova è fatta. +Con più riguardo e più ragion procede, +che non solea; meglio al parar si adatta. +Brandimarte ch'Orlando entrato vede, +che gli ha di man quella battaglia tratta, +si pone in mezzo all'una e all'altra pugna, +perché in aiuto, ove è bisogno, giugna. +Essendo la battaglia in tale istato, +Sobrin, ch'era giaciuto in terra molto, +si levò, poi ch'in sé fu ritornato; +e molto gli dolea la spalla e 'l volto: +alzò la vista e mirò in ogni lato; +poi dove vide il suo signor, rivolto, +per dargli aiuto i lunghi passi torse +tacito sì, ch'alcun non se n'accorse. +Vien dietro ad Olivier che tenea gli occhi +al re Agramante e poco altro attendea; +e gli ferì nei deretan ginocchi +il destrier di percossa in modo rea, +che senza indugio è forza che trabocchi. +Cade Olivier, né 'l piede aver potea, +il manco piè, ch'al non pensato caso +sotto il cavallo in staffa era rimaso. +Sobrin radoppia il colpo, e di riverso +gli mena, e se gli crede il capo torre; +ma lo vieta l'acciar lucido e terso, +che temprò già Vulcan, portò già Ettorre. +Vede il periglio Brandimarte, e verso +il re Sobrino a tutta briglia corre; +e lo fere in sul capo, e gli dà d'urto; +ma il fiero vecchio è tosto in piè risurto; +e torna ad Olivier per dargli spaccio, +sì ch'espedito all'altra vita vada; +o non lasciare almen ch'esca d'impaccio, +ma che si stia sotto 'l cavallo a bada. +Olivier c'ha di sopra il miglior braccio, +sì che si può difender con la spada, +di qua di là tanto percuote e punge, +che, quanta è lunga, fa Sobrin star lunge. +Spera, s'alquanto il tien da sé rispinto, +in poco spazio uscir di quella pena. +Tutto di sangue il vede molle e tinto, +e che ne versa tanto in su l'arena, +che gli par ch'abbia tosto a restar vinto: +debole è sì, che si sostiene a pena. +Fa per levarsi Olivier molte prove, +né da dosso il destrier però si muove. +Trovato ha Brandimarte il re Agramante, +e cominciato a tempestargli intorno: +or con Frontin gli è al fianco, or gli è davante, +con quel Frontin che gira come un torno. +Buon cavallo ha il figliuol di Monodante: +non l'ha peggiore il re di Mezzogiorno; +ha Brigliador che gli donò Ruggiero +poi che lo tolse a Mandricardo altiero. +Vantaggio ha bene assai de l'armatura; +a tutta prova l'ha buona e perfetta. +Brandimarte la sua tolse a ventura, +qual poté avere a tal bisogno in fretta: +ma sua animosità sì l'assicura, +ch'in miglior tosto di cangiarla aspetta; +come che 'l re african d'aspra percossa +la spalla destra gli avea fatta rossa; +e serbi da Gradasso anco nel fianco +piaga da non pigliar però da giuoco. +Tanto l'attese al varco il guerrier franco, +che di cacciar la spada trovò loco. +Spezzò lo scudo, e ferì il braccio manco, +e poi ne la man destra il toccò un poco. +Ma questo un scherzo si può dire e un spasso +verso quel che fa Orlando e 'l re Gradasso. +Gradasso ha mezzo Orlando disarmato; +l'elmo gli ha in cima e da dui lati rotto, +e fattogli cader lo scudo al prato, +osbergo e maglia apertagli di sotto: +non l'ha ferito già, ch'era affatato. +Ma il paladino ha lui peggio condotto: +in faccia, ne la gola, in mezzo il petto +l'ha ferito, oltre a quel che già v'ho detto. +Gradasso disperato, che si vede +del proprio sangue tutto molle e brutto, +e ch'Orlando del suo dal capo al piede +sta dopo tanti colpi ancora asciutto; +leva il brando a due mani, e ben si crede +partirgli il capo, il petto, il ventre e 'l tutto: +e a punto, come vuol, sopra la fronte +percuote a mezza spada il fiero conte. +E s'era altro ch'Orlando, l'avria fatto, +l'avria sparato fin sopra la sella: +ma, come colto l'avesse di piatto, +la spada ritornò lucida e bella. +De la percossa Orlando stupefatto, +vide, mirando in terra, alcuna stella: +lasciò la briglia, e 'l brando avria lasciato; +ma di catena al braccio era legato. +Del suon del colpo fu tanto smarrito +il corridor ch'Orlando avea sul dorso, +che discorrendo il polveroso lito, +mostrando gìa quanto era buono al corso. +De la percossa il conte tramortito, +non ha valor di ritenergli il morso. +Segue Gradasso, e l'avria tosto giunto, +poco più che Baiardo avesse punto. +Ma nel voltar degli occhi, il re Agramante +vide condotto all'ultimo periglio: +che ne l'elmo il figliuol di Monodante +col braccio manco gli ha dato di piglio; +e glie l'ha dislacciato già davante, +e tenta col pugnal nuovo consiglio: +né gli può far quel re difesa molta, +perché di man gli ha ancor la spada tolta. +Volta Gradasso, e più non segue Orlando, +ma, dove vede il re Agramante, accorre. +L'incauto Brandimarte, non pensando +ch'Orlando costui lasci da sé torre, +non gli ha né gli occhi né 'l pensiero, instando +il coltel ne la gola al pagan porre. +Giunge Gradasso, e a tutto suo potere +con la spada a due man l'elmo gli fere. +Padre del ciel, dà fra gli eletti tuoi +spiriti luogo al martir tuo fedele, +che giunto al fin de' tempestosi suoi +viaggi, in porto ormai lega le vele. +Ah Durindana, dunque esser tu puoi +al tuo signore Orlando sì crudele, +che la più grata compagnia e più fida +ch'egli abbia al mondo, inanzi tu gli uccida? +Di ferro un cerchio grosso era duo dita +intorno all'elmo, e fu tagliato e rotto +dal gravissimo colpo, e fu partita +la cuffia de l'acciar ch'era di sotto. +Brandimarte con faccia sbigottita +giù del destrier si riversciò di botto; +e fuor del capo fe' con larga vena +correr di sangue un fiume in su l'arena. +Il conte si risente, e gli occhi gira, +ed ha il suo Brandimarte in terra scorto; +e sopra in atto il Serican gli mira, +che ben conoscer può che glie l'ha morto. +Non so se in lui poté più il duolo o l'ira; +ma da piangere il tempo avea sì corto, +che restò il duolo, e l'ira uscì più in fretta. +Ma tempo è ormai che fine al canto io metta. +Qual duro freno o qual ferrigno nodo, +qual, s'esser può, catena di diamante +farà che l'ira servi ordine e modo, +che non trascorra oltre al prescritto inante, +quando persona che con saldo chiodo +t'abbia già fissa Amor nel cor costante, +tu vegga o per violenza o per inganno +patire o disonore o mortal danno? +E s'a crudel, s'ad inumano effetto +quell'impeto talor l'animo svia, +merita escusa, perché allor del petto +non ha ragione imperio né balìa. +Achille, poi che sotto il falso elmetto +vide Patròclo insanguinar la via, +d'uccider chi l'uccise non fu sazio, +se nol traea, se non ne facea strazio. +Invitto Alfonso, simile ira accese +la vostra gente il dì che vi percosse +la fronte il grave sasso, e sì v'offese, +ch'ognun pensò che l'alma gita fosse: +l'accese in tal furor, che non difese +vostri inimici argini o mura o fosse, +che non fossino insieme tutti morti, +senza lasciar chi la novella porti. +Il vedervi cader causò il dolore +che i vostri a furor mosse e a crudeltade. +S'eravate in piè voi, forse minore +licenza avriano avute le lor spade. +Eravi assai, che la Bastia in manche ore +v'aveste ritornata in potestade, +che tolta in giorni a voi non era stata +da gente cordovese e di Granata. +Forse fu da Dio vindice permesso +che vi trovaste a quel caso impedito, +acciò che 'l crudo e scelerato eccesso +che dianzi fatto avean, fosse punito: +che, poi ch'in lor man vinto si fu messo +il miser Vestidel, lasso e ferito, +senz'arme fu tra cento spade ucciso +dal popul la più parte circonciso. +Ma perch'io vo' concludere, vi dico +che nessun'altra quell'ira pareggia, +quando signor, parente, o sozio antico +dinanzi agli occhi ingiuriar ti veggia. +Dunque è ben dritto per sì caro amico, +che subit'ira il cor d'Orlando feggia; +che de l'orribil colpo che gli diede +il re Gradasso, morto in terra il vede. +Quel nomade pastor che vedut'abbia +fuggir strisciando l'orrido serpente +che il figliuol che giocava ne la sabbia, +ucciso gli ha col venenoso dente, +stringe il baston con colera e con rabbia; +tal la spada d'ogni altra più tagliente +stringe con ira il cavallier d'Anglante: +il primo che trovò, fu 'l re Agramante; +che sanguinoso e de la spada privo, +con mezzo scudo e con l'elmo disciolto, +e ferito in più parti ch'io non scrivo, +s'era di man di Brandimarte tolto, +come di piè all'astor sparvier mal vivo, +a cui lasciò alla coda invido o stolto. +Orlando giunse, e messe il colpo giusto +ove il capo si termina col busto. +Sciolto era l'elmo e disarmato il collo, +sì che lo tagliò netto come un giunco. +Cadde, e diè nel sabbion l'ultimo crollo +del regnator di Libia il grave trunco. +Corse lo spirto all'acque, onde tirollo +Caron nel legno suo col graffio adunco. +Orlando sopra lui non si ritarda, +ma trova il Serican con Balisarda. +Come vide Gradasso d'Agramante +cadere il busto dal capo diviso; +quel ch'accaduto mai non gli era inante, +tremò nel core e si smarrì nel viso; +e all'arrivar del cavallier d'Anglante, +presago del suo mal, parve conquiso. +Per schermo suo partito alcun non prese, +quando il colpo mortal sopra gli scese. +Orlando lo ferì nel destro fianco +sotto l'ultima costa; e il ferro, immerso +nel ventre, un palmo uscì dal lato manco, +di sangue sin all'elsa tutto asperso. +Mostrò ben che di man fu del più franco +e del meglior guerrier de l'universo +il colpo ch'un signor condusse a morte, +di cui non era in Pagania il più forte. +Di tal vittoria non troppo gioioso, +presto di sella il paladin si getta; +e col viso turbato e lacrimoso +a Brandimarte suo corre a gran fretta. +Gli vede intorno il campo sanguinoso: +l'elmo che par ch'aperto abbia una accetta, +se fosse stato fral più che di scorza, +difeso non l'avria con minor forza. +Orlando l'elmo gli levò dal viso, +e ritrovò che 'l capo sino al naso +fra l'uno e l'altro ciglio era diviso: +ma pur gli è tanto spirto anco rimaso, +che de' suoi falli al Re del paradiso +può domandar perdono anzi l'occaso; +e confortare il conte, che le gote +sparge di pianto, a pazienza puote; +e dirgli: — Orlando, fa che ti raccordi +di me ne l'orazion tue grate a Dio; +né men ti raccomando la mia Fiordi... — +ma dir non poté: — ... ligi —, e qui finio. +E voci e suoni d'angeli concordi +tosto in aria s'udir, che l'alma uscìo; +la qual disciolta dal corporeo velo +fra dolce melodia salì nel cielo. +Orlando, ancor che far dovea allegrezza +di sì devoto fine, e sapea certo +che Brandimarte alla suprema altezza +salito era (che 'l ciel gli vide aperto); +pur da la umana volontade, avezza +coi fragil sensi, male era sofferto +ch'un tal più che fratel gli fosse tolto, +e non aver di pianto umido il volto. +Sobrin che molto sangue avea perduto, +che gli piovea sul fianco e su le gote, +riverso già gran pezzo era caduto, +e aver ne dovea ormai le vene vote. +Ancor giacea Olivier, né riavuto +il piede avea, né riaver lo puote +se non ismosso, e de lo star che tanto +gli fece il destrier sopra, mezzo infranto: +e se 'l cognato non venìa ad aitarlo +(sì come lacrimoso era e dolente), +per sé medesmo non potea ritrarlo; +e tanta doglia e tal martìr ne sente, +che ritratto che l'ebbe, né a mutarlo +né a fermarvisi sopra era possente; +e n'ha insieme la gamba sì stordita, +che muover non si può, se non si aita. +De la vittoria poco rallegrosse +Orlando; e troppo gli era acerbo e duro +veder che morto Brandimarte fosse, +né del cognato molto esser sicuro. +Sobrin, che vivea ancora, ritrovosse, +ma poco chiaro avea con molto oscuro; +che la sua vita per l'uscito sangue +era vicina a rimanere esangue. +Lo fece tor, che tutto era sanguigno, +il conte, e medicar discretamente; +e confortollo con parlar benigno, +come se stato gli fosse parente; +che dopo il fatto nulla di maligno +in sé tenea, ma tutto era clemente. +Fece dei morti arme e cavalli torre; +del resto a' servi lor lasciò disporre. +Qui de la istoria mia, che non sia vera, +Federigo Fulgoso è in dubbio alquanto; +che con l'armata avendo la riviera +di Barberia trascorsa in ogni canto, +capitò quivi, e l'isola sì fiera, +montuosa e inegual ritrovò tanto, +che non è, dice, in tutto il luogo strano, +ove un sol piè si possa metter piano: +né verisimil tien che ne l'alpestre +scoglio sei cavallieri, il fior del mondo, +potesson far quella battaglia equestre. +Alla quale obiezion così rispondo: +ch'a quel tempo una piazza de le destre, +che sieno a questo, avea lo scoglio al fondo; +ma poi, ch'un sasso che 'l tremuoto aperse, +le cadde sopra, e tutta la coperse. +Sì che, o chiaro fulgor de la Fulgosa +stirpe, o serena, o sempre viva luce, +se mai mi riprendeste in questa cosa, +e forse inanti a quello invitto duce +per cui la vostra patria or si riposa, +lascia ogni odio, e in amor tutta s'induce; +vi priego che non siate a dirgli tardo, +ch'esser può che né in questo io sia bugiardo. +In questo tempo, alzando gli occhi al mare, +vide Orlando venire a vela in fretta +un navilio leggier, che di calare +facea sembiante sopra l'isoletta. +Di chi si fosse, io non voglio or contare, +perc'ho più d'uno altrove che m'aspetta. +Veggiamo in Francia, poi che spinto n'hanno +i Saracin, se mesti o lieti stanno. +Veggiàn che fa quella fedele amante +che vede il suo contento ir sì lontano; +dico la travagliata Bradamante, +poi che ritrova il giuramento vano, +ch'avea fatto Ruggier pochi dì inante, +udendo il nostro e l'altro stuol pagano. +Poi ch'in questo ancor manca, non le avanza +in ch'ella debba più metter speranza. +E ripetendo i pianti e le querele +che pur troppo domestiche le furo, +tornò a sua usanza a nominar crudele +Ruggiero, e 'l suo destin spietato e duro. +Indi sciogliendo al gran dolor le vele, +il ciel, che consentia tanto pergiuro, +né fatto n'avea ancor segno evidente, +ingiusto chiama, debole e impotente. +Ad accusar Melissa si converse, +e maledir l'oracol de la grotta; +ch'a lor mendace suasion s'immerse +nel mar d'amore, ov'è a morir condotta. +Poi con Marfisa ritornò a dolerse +del suo fratel che le ha la fede rotta: +con lei grida e si sfoga, e le domanda, +piangendo, aiuto, e se le raccomanda. +Marfisa si ristringe ne le spalle, +e, quel sol che pò far, le dà conforto; +né crede che Ruggier mai così falle, +ch'a lei non debba ritornar di corto. +E se non torna pur, sua fede dalle, +ch'ella non patirà sì grave torto; +o che battaglia piglierà con esso, +o gli farà osservar ciò c'ha promesso. +Così fa ch'ella un poco il duol raffrena; +ch'avendo ove sfogarlo, è meno acerbo. +Or ch'abbiam vista Bradamante in pena, +chiamar Ruggier pergiuro, empio e superbo; +veggiamo ancor, se miglior vita mena +il fratel suo che non ha polso o nerbo, +osso o medolla che non senta caldo +de le fiamme d'amor; dico Rinaldo. +dico Rinaldo, il qual, come sapete, +Angelica la bella amava tanto; +né l'avea tratto all'amorosa rete +sì la beltà di lei, come l'incanto. +Aveano gli altri paladin quiete, +essendo ai Mori ogni vigore affranto: +tra i vincitori era rimaso solo +egli captivo in amoroso duolo. +Cento messi a cercar che di lei fusse +avea mandato, e cerconne egli stesso. +Al fine a Malagigi si ridusse, +che nei bisogni suoi l'aiutò spesso. +A narrar il suo amor se gli condusse +col viso rosso e col ciglio demesso; +indi lo priega che gli insegni dove +la desiata Angelica si trove. +Gran maraviglia di sì strano caso +va rivolgendo a Malagigi il petto. +Sa che sol per Rinaldo era rimaso +d'averla cento volte e più nel letto: +ed egli stesso, acciò che persuaso +fosse di questo, avea assai fatto e detto +con prieghi e con minacce per piegarlo; +né mai avuto avea poter di farlo: +e tanto più, ch'allor Rinaldo avrebbe +tratto fuor Malagigi di prigione. +Fare or spontaneamente lo vorrebbe, +che nulla giova, e n'ha minor cagione. +Poi priega lui che ricordar si debbe +pur quanto ha offeso in questo oltr'a ragione; +che per negargli già, vi mancò poco +di non farlo morire in scuro loco. +Ma quanto a Malagigi le domande +di Rinaldo importune più pareano, +tanto, che l'amor suo fosse più grande, +indizio manifesto gli faceano. +I prieghi che con lui vani non spande, +fan che subito immerge ne l'oceano +ogni memoria de la ingiuria vecchia, +e che a dargli soccorso s'apparecchia. +Termine tolse alla risposta, e spene +gli diè, che favorevol gli saria, +e che gli saprà dir la via che tiene +Angelica, o sia in Francia o dove sia. +E quindi Malagigi al luogo viene +ove i demoni scongiurar solia, +ch'era fra monti inaccessibil grotta: +apre il libro, e li spirti chiama in frotta. +Poi ne sceglie un che de' casi d'amore +avea notizia, e da lui saper volle, +come sia che Rinaldo ch'avea il core +dianzi sì duro, or l'abbia tanto molle: +e di quelle due fonti ode il tenore, +di che l'una dà il fuoco, e l'altra il tolle; +e al mal che l'una fa, nulla soccorre, +se non l'altra acqua che contraria corre. +Ed ode come avendo già di quella +che l'amor caccia, beuto Rinaldo, +ai lunghi prieghi d'Angelica bella +si dimostrò così ostinato e saldo; +e che poi giunto per sua iniqua stella +a ber ne l'altra l'amoroso caldo, +tornò ad amar, per forza di quelle acque, +lei che pur dianzi oltr'al dover gli spiacque. +Da iniqua stella e fier destin fu giunto +a ber la fiamma in quel ghiacciato rivo; +perché Angelica venne quasi a un punto +a ber ne l'altro di dolcezza privo, +che d'ogni amor le lasciò il cor sì emunto, +ch'indi ebbe lui più che le serpi a schivo: +egli amò lei, e l'amor giunse al segno +in ch'era già di lei l'odio e lo sdegno. +Del caso strano di Rinaldo a pieno +fu Malagigi dal demonio istrutto, +che gli narrò d'Angelica non meno, +ch'a un giovine african si donò in tutto; +e come poi lasciato avea il terreno +tutto d'Europa, e per l'instabil flutto +verso India sciolto avea dai liti ispani +su l'audaci galee de' Catallani. +Poi che venne il cugin per la risposta, +molto gli disuase Malagigi +di più Angelica amar, che s'era posta +d'un vilissimo barbaro ai servigi; +ed ora sì da Francia si discosta, +che mal seguir se ne potria i vestigi: +ch'era oggimai più là ch'a mezza strada, +per andar con Medoro in sua contrada. +La partita d'Angelica non molto +sarebbe grave all'animoso amante; +né pur gli avria turbato il sonno, o tolto +il pensier di tornarsene in Levante: +ma sentendo ch'avea del suo amor colto +un Saracino le primizie inante, +tal passione e tal cordoglio sente, +che non fu in vita sua, mai, più dolente. +Non ha poter d'una risposta sola; +triema il cor dentro, e trieman fuor le labbia; +non può la lingua disnodar parola; +la bocca ha amara, e par che tosco v'abbia. +Da Malagigi subito s'invola; +e come il caccia la gelosa rabbia, +dopo gran pianto e gran ramaricarsi, +verso Levante fa pensier tornarsi. +Chiede licenza al figlio di Pipino: +e trova scusa che 'l destrier Baiardo, +che ne mena Gradasso saracino +contra il dover di cavallier gagliardo, +lo muove per suo onore a quel camino, +acciò che vieti al Serican bugiardo +di mai vantarsi che con spada o lancia +l'abbia levato a un paladin di Francia. +Lasciollo andar con sua licenza Carlo, +ben che ne fu con tutta Francia mesto; +ma finalmente non seppe negarlo, +tanto gli parve il desiderio onesto. +Vuol Dudon, vuol Guidone accompagnarlo; +ma lo niega Rinaldo a quello e a questo. +Lascia Parigi, e se ne va via solo, +pien di sospiri e d'amoroso duolo. +Sempre ha in memoria, e mai non se gli tolle, +ch'averla mille volte avea potuto, +e mille volte avea ostinato e folle +di sì rara beltà fatto rifiuto; +e di tanto piacer ch'aver non volle, +sì bello e sì buon tempo era perduto: +ed ora eleggerebbe un giorno corto +averne solo, e rimaner poi morto. +Ha sempre in mente, e mai non se ne parte, +come esser puote ch'un povero fante +abbia del cor di lei spinto da parte +merito e amor d'ogni altro primo amante. +Con tal pensier che 'l cor gli straccia e parte, +Rinaldo se ne va verso Levante; +e dritto al Reno e a Basilea si tiene, +fin che d'Ardenna alla gran selva viene. +Poi che fu dentro a molte miglia andato +il paladin pel bosco aventuroso, +da ville e da castella allontanato, +ove aspro era più il luogo e periglioso, +tutto in un tratto vide il ciel turbato, +sparito il sol tra nuvoli nascoso, +ed uscir fuor d'una caverna oscura +un strano mostro in feminil figura. +Mill'occhi in capo avea senza palpèbre; +non può serrarli, e non credo che dorma: +non men che gli occhi, avea l'orecchie crebre; +avea in loco de crin serpi a gran torma. +Fuor de le diaboliche tenèbre +nel mondo uscì la spaventevol forma. +Un fiero e maggior serpe ha per la coda, +che pel petto si gira e che l'annoda. +Quel ch'a Rinaldo in mille e mille imprese +più non avvenne mai, quivi gli avviene; +che come vede il mostro ch'all'offese +se gli apparecchia, e ch'a trovar lo viene, +tanta paura, quanta mai non scese +in altri forse, gli entra ne le vene: +ma pur l'usato ardir simula e finge, +e con trepida man la spada stringe. +S'acconcia il mostro in guisa al fiero assalto, +che si può dir che sia mastro di guerra: +vibra il serpente venenoso in alto, +e poi contra Rinaldo si disserra; +di qua di là gli vien sopra a gran salto. +Rinaldo contra lui vaneggia ed erra: +colpi a dritto e a riverso tira assai, +ma non ne tira alcun che fera mai. +Il mostro al petto il serpe ora gli appicca, +che sotto l'arme e sin nel cor l'agghiaccia; +ora per la visiera gliele ficca, +e fa ch'erra pel collo e per la faccia. +Rinaldo da l'impresa si dispicca, +e quanto può con sproni il destrier caccia: +ma la Furia infernal già non par zoppa, +che spicca un salto, e gli è subito in groppa. +Vada al traverso, al dritto, ove si voglia, +sempre ha con lui la maledetta peste; +né sa modo trovar, che se ne scioglia, +ben che 'l destrier di calcitrar non reste. +Triema a Rinaldo il cor come una foglia: +non ch'altrimente il serpe lo moleste; +ma tanto orror ne sente e tanto schivo, +che stride e geme, e duolsi ch'egli è vivo. +Nel più tristo sentier, nel peggior calle +scorrendo va, nel più intricato bosco, +ove ha più asprezza il balzo, ove la valle +è più spinosa, ov'è l'aer più fosco, +così sperando torsi da le spalle +quel brutto, abominoso, orrido tosco; +e ne saria mal capitato forse, +se tosto non giungea chi lo soccorse. +Ma lo soccorse a tempo un cavalliero +di bello armato e lucido metallo, +che porta un giogo rotto per cimiero, +di rosse fiamme ha pien lo scudo giallo; +così trapunto il suo vestire altiero, +così la sopravesta del cavallo: +la lancia ha in pugno, e la spada al suo loco, +e la mazza all'arcion, che getta foco. +Piena d'un foco eterno è quella mazza, +che senza consumarsi ognora avampa: +né per buon scudo o tempra di corazza +o per grossezza d'elmo se ne scampa. +Dunque si debbe il cavallier far piazza, +giri ove vuol l'inestinguibil lampa: +né manco bisognava al guerrier nostro, +per levarlo di man del crudel mostro. +E come cavallier d'animo saldo, +ove ha udito il rumor, corre e galoppa, +tanto che vede il mostro che Rinaldo +col brutto serpe in mille nodi agroppa, +e sentir fagli a un tempo freddo e caldo; +che non ha via di torlosi di groppa. +Va il cavalliero, e fere il mostro al fianco, +e lo fa trabboccar dal lato manco. +Ma quello è a pena in terra che si rizza, +e il lungo serpe intorno aggira e vibra. +Quest'altro più con l'asta non l'attizza; +ma di farla col fuoco si delibra. +La mazza impugna, e dove il serpe guizza, +spessi come tempesta i colpi libra; +né lascia tempo a quel brutto animale, +che possa farne un solo o bene o male: +e mentre a dietro il caccia o tiene a bada, +e lo percuote, e vendica mille onte, +consiglia il paladin che se ne vada +per quella via che s'alza verso il monte. +Quel s'appiglia al consiglio ed alla strada; +e senza dietro mai volger la fronte, +non cessa, che di vista se gli tolle, +ben che molto aspro era a salir quel colle. +Il cavallier, poi ch'alla scura buca +fece tornare il mostro da l'inferno, +ove rode se stesso e si manuca, +e da mille occhi versa il pianto eterno; +per esser di Rinaldo guida e duca +gli salì dietro, e sul giogo superno +gli fu alle spalle, e si mise con lui +per trarlo fuor de' luoghi oscuri e bui. +Come Rinaldo il vide ritornato, +gli disse che gli avea grazia infinita, +e ch'era debitore in ogni lato +di porre a beneficio suo la vita. +Poi lo domanda come sia nomato, +acciò dir sappia chi gli ha dato aita, +e tra guerrieri possa e inanzi a Carlo +de l'alta sua bontà sempre esaltarlo. +Rispose il cavallier: — Non ti rincresca +se 'l nome mio scoprir non ti vogli'ora: +ben tel dirò prima ch'un passo cresca +l'ombra; che ci sarà poca dimora. — +Trovaro, andando insieme, un'acqua fresca +che col suo mormorio facea talora +pastori e viandanti al chiaro rio +venire, e berne l'amoroso oblio. +Signor, queste eran quelle gelide acque, +quelle che spengon l'amoroso caldo; +di cui bevendo, ad Angelica nacque +l'odio ch'ebbe di poi sempre a Rinaldo. +E s'ella un tempo a lui prima dispiacque, +e se ne l'odio il ritrovò sì saldo, +non derivò, Signor, la causa altronde, +se non d'aver beuto di queste onde. +Il cavallier che con Rinaldo viene, +come si vede inanzi al chiaro rivo, +caldo per la fatica il destrier tiene, +e dice: — Il posar qui non fia nocivo. — +— Non fia (disse Rinaldo) se non bene; +ch'oltre che prema il mezzogiorno estivo, +m'ha così il brutto mostro travagliato, +che 'l riposar mi fia commodo e grato. — +L'un e l'altro smontò del suo cavallo, +e pascer lo lasciò per la foresta; +e nel fiorito verde a rosso e a giallo +ambi si trasson l'elmo de la testa. +Corse Rinaldo al liquido cristallo, +spinto da caldo e da sete molesta, +e cacciò, a un sorso del freddo liquore, +dal petto ardente e la sete e l'amore. +Quando lo vide l'altro cavalliero +la bocca sollevar de l'acqua molle, +e ritrarne pentito ogni pensiero +di quel desir ch'ebbe d'amor sì folle; +si levò ritto, e con sembiante altiero +gli disse quel che dianzi dir non volle: +— Sappi, Rinaldo, il nome mio è lo Sdegno, +venuto sol per sciorti il giogo indegno. — +Così dicendo, subito gli sparve, +e sparve insieme il suo destrier con lui. +Questo a Rinaldo un gran miracol parve; +s'aggirò intorno, e disse: — Ove è costui? — +Stimar non sa se sian magiche larve, +che Malagigi un de' ministri sui +gli abbia mandato a romper la catena +che lungamente l'ha tenuto in pena: +o pur che Dio da l'alta ierarchia +gli abbia per ineffabil sua bontade +mandato, come già mandò a Tobia, +un angelo a levar di cecitade. +Ma buono o rio demonio, o quel che sia, +che gli ha renduta la sua libertade, +ringrazia e loda; e da lui sol conosce +che sano ha il cor da l'amorose angosce. +Gli fu nel primier odio ritornata +Angelica; e gli parve troppo indegna +d'esser, non che sì lungi seguitata, +ma che per lei pur mezza lega vegna. +Per Baiardo riaver tutta fiata +verso India in Sericana andar disegna, +sì perché l'onor suo lo stringe a farlo, +sì per averne già parlato a Carlo. +Giunse il giorno seguente a Basilea, +ove la nuova era venuta inante, +che 'l conte Orlando aver pugna dovea +contra Gradasso e contro il re Agramante. +Né questo per aviso si sapea, +ch'avesse dato il cavallier d'Anglante; +ma di Sicilia in fretta venut'era +chi la novella v'apportò per vera. +Rinaldo vuol trovarsi con Orlando +alla battaglia, e se ne vede lunge. +Di dieci in dieci miglia va mutando +cavalli e guide, e corre e sferza e punge. +Passa il Reno a Costanza, e in su volando, +traversa l'Alpe, ed in Italia giunge. +Verona a dietro, a dietro Mantua lassa; +sul Po si trova, e con gran fretta il passa. +Già s'inchinava il sol molto alla sera, +e già apparia nel ciel la prima stella, +quando Rinaldo in ripa alla riviera +stando in pensier s'avea da mutar sella, +o tanto soggiornar, che l'aria nera +fuggisse inanzi all'altra aurora bella, +venir si vede un cavalliero inanti +cortese ne l'aspetto e nei sembianti. +Costui, dopo il saluto, con bel modo +gli domandò s'aggiunto a moglie fosse. +Disse Rinaldo: — Io son nel giugal nodo: — +ma di tal domandar maravigliosse. +Soggiunse quel: — Che sia così, ne godo. — +Poi, per chiarir perché tal detto mosse, +disse: — Io ti priego che tu sia contento +ch'io ti dia questa sera alloggiamento; +che ti farò veder cosa che debbe +ben volentieri veder chi ha moglie a lato. — +Rinaldo, sì perché posar vorrebbe, +ormai di correr tanto affaticato; +sì perché di vedere e d'udire ebbe +sempre aventure un desiderio innato; +accettò l'offerir del cavalliero, +e dietro gli pigliò nuovo sentiero. +Un tratto d'arco fuor di strada usciro, +e inanzi un gran palazzo si trovaro, +onde scudieri in gran frotta veniro +con torchi accesi, e fero intorno chiaro. +Entrò Rinaldo, e voltò gli occhi in giro, +e vide loco il qual si vede raro, +di gran fabrica e bella e bene intesa; +né a privato uom convenia tanta spesa. +Di serpentin, di porfido le dure +pietre fan de la porta il ricco volto. +Quel che chiude è di bronzo, con figure +che sembrano spirar, muovere il volto. +Sotto un arco poi s'entra, ove misture +di bel musaico ingannan l'occhio molto. +Quindi si va in un quadro ch'ogni faccia +de le sue logge ha lunga cento braccia. +La sua porta ha per sé ciascuna loggia, +e tra la porta e sé ciascuna ha un arco: +d'ampiezza pari son, ma varia foggia +fe' d'ornamenti il mastro lor non parco. +Da ciascuno arco s'entra, ove si poggia +sì facil, ch'un somier vi può gir carco. +Un altro arco di su trova ogni scala; +e s'entra per ogni arco in una sala. +Gli archi di sopra escono fuor del segno +tanto, che fan coperchio alle gran porte; +e ciascun due colonne ha per sostegno, +altre di bronzo, altre di pietra forte. +Lungo sarà, se tutti vi disegno +gli ornati alloggiamenti de la corte; +e oltr'a quel ch'appar, quanti agi sotto +la cava terra il mastro avea ridotto. +L'alte colonne e i capitelli d'oro, +da che i gemmati palchi eran suffulti, +i peregrini marmi che vi foro +da dotta mano in varie forme sculti, +pitture e getti, e tant'altro lavoro +(ben che la notte agli occhi il più ne occulti), +mostran che non bastaro a tanta mole +di duo re insieme le ricchezze sole. +Sopra gli altri ornamenti ricchi e belli, +ch'erano assai ne la gioconda stanza, +v'era una fonte che per più ruscelli +spargea freschissime acque in abondanza. +Poste le mense avean quivi i donzelli; +ch'era nel mezzo per ugual distanza: +vedeva, e parimente veduta era +da quattro porte de la casa altiera. +Fatta da mastro diligente e dotto +la fonte era con molta e suttil opra, +di loggia a guisa, o padiglion ch'in otto +facce distinto, intorno adombri e cuopra. +Un ciel d'oro, che tutto era di sotto +colorito di smalto, le sta sopra; +ed otto statue son di marmo bianco, +che sostengon quel ciel col braccio manco. +Ne la man destra il corno d'Amaltea +sculto aveva lor l'ingenioso mastro, +onde con grato murmure cadea +l'acqua di fuore in vaso d'alabastro; +ed a sembianza di gran donna avea +ridutto con grande arte ogni pilastro. +Son d'abito e di faccia differente, +ma grazia hanno e beltà tutte ugualmente. +Fermava il piè ciascuno di questi segni +sopra due belle imagini più basse, +che con la bocca aperta facean segni +che 'l canto e l'armonia lor dilettasse; +e quell'atto in che son, par che disegni +che l'opra e studio lor tutto lodasse +le belle donne che sugli omeri hanno, +se fosser quei di cu' in sembianza stanno. +I simulacri inferiori in mano +avean lunghe ed amplissime scritture, +ove facean con molta laude piano +i nomi de le più degne figure; +e mostravano ancor poco lontano +i propri loro in note non oscure. +Mirò Rinaldo a lume di doppieri +le donne ad una ad una e i cavallieri. +La prima iscrizion ch'agli occhi occorre, +con lungo onor Lucrezia Borgia noma, +la cui bellezza ed onestà preporre +debbe all'antiqua la sua patria Roma. +I duo che voluto han sopra sé torre +tanto eccellente ed onorata soma, +noma lo scritto, Antonio Tebaldeo, +Ercole Strozza: un Lino ed uno Orfeo. +Non men gioconda statua né men bella +si vede appresso, e la scrittura dice: +— Ecco la figlia d'Ercole, Issabella, +per cui Ferrara si terrà felice +via più, perché in lei nata sarà quella, +che d'altro ben che prospera e fautrice +e benigna Fortuna dar le deve, +volgendo gli anni nel suo corso lieve. — +I duo che mostran disiosi affetti +che la gloria di lei sempre risuone, +Gian Iacobi ugualmente erano detti, +l'uno Calandra, e l'altro Bardelone. +Nel terzo e quarto loco ove per stretti +rivi l'acqua esce fuor del padiglione, +due donne son, che patria, stirpe, onore +hanno di par, di par beltà e valore. +Elissabetta l'una e Leonora +nominata era l'altra: e fia, per quanto +narrava il marmo sculto, d'esse ancora +sì gloriosa la terra di Manto, +che di Vergilio, che tanto l'onora, +più che di queste, non si darà vanto. +Avea la prima a piè del sacro lembo +Iacobo Sadoletto e Pietro Bembo. +Uno elegante Castiglione, e un culto +Muzio Arelio de l'altra eran sostegni. +Di questi nomi era il bel marmo sculto, +ignoti allora, or sì famosi e degni. +Veggon poi quella a cui dal cielo indulto +tanta virtù sarà, quanta ne regni, +o mai regnata in alcun tempo sia, +versata da Fortuna or buona or ria. +Lo scritto d'oro esser costei dichiara +Lucrezia Bentivoglia; e fra le lode +pone di lei, che 'l duca di Ferrara +d'esserle padre si rallegra e gode. +Di costei canta con soave e chiara +voce un Camil che 'l Reno e Felsina ode +con tanta attenzion, tanto stupore, +con quanta Anfriso udì già il suo pastore; +ed un per cui la terra, ove l'Isauro +le sue dolci acque insala in maggior vase, +nominata sarà da l'Indo al Mauro, +e da l'austrine all'iperboree case, +via più che per pesare il romano auro, +di che perpetuo nome le rimase; +Guido Postumo, a cui doppia corona +Pallade quinci, e quindi Febo dona. +L'altra che segue in ordine, è Diana. +— Non guardar (dice il marmo scritto) ch'ella +sia altiera in vista; che nel core umana +non sarà però men ch'in viso bella. — +Il dotto Celio Calcagnin lontana +farà la gloria e 'l bel nome di quella +nel regno di Monese, in quel di Iuba, +in India e Spagna udir con chiara tuba: +ed un Marco Cavallo, che tal fonte +farà di poesia nascer d'Ancona, +qual fe' il cavallo alato uscir del monte, +non so se di Parnasso o d'Elicona. +Beatrice appresso a questo alza la fronte, +di cui lo scritto suo così ragiona: +— Beatrice bea, vivendo, il suo consorte, +e lo lascia infelice alla sua morte; +anzi tutta l'Italia, che con lei +fia triunfante, e senza lei, captiva. — +Un signor di Coreggio di costei +con alto stil par che cantando scriva, +e Timoteo, l'onor de' Bendedei: +ambi faran tra l'una e l'altra riva +fermare al suon de' lor soavi plettri +il fiume ove sudar gli antiqui elettri. +Tra questo loco e quel de la colonna +che fu sculpita in Borgia, com'è detto, +formata in alabastro una gran donna +era di tanto e sì sublime aspetto, +che sotto puro velo, in nera gonna, +senza oro e gemme, in un vestire schietto, +tra le più adorne non parea men bella, +che sia tra l'altre la ciprigna stella. +Non si potea, ben contemplando fiso, +conoscer se più grazia o più beltade, +o maggior maestà fosse nel viso, +o più indizio d'ingegno o d'onestade. +— Chi vorrà di costei (dicea l'inciso +marmo) parlar, quanto parlar n'accade, +ben torrà impresa più d'ogn'altra degna; +ma non però ch'a fin mai se ne vegna. — +Dolce quantunque e pien di grazia tanto +fosse il suo bello e ben formato segno, +parea sdegnarsi che con umil canto +ardisse lei lodar sì rozzo ingegno, +com'era quel che sol, senz'altri a canto +(non so perché), le fu fatto sostegno. +Di tutto 'l resto erano i nomi sculti; +sol questi due l'artefice avea occulti. +Fanno le statue in mezzo un luogo tondo, +che 'l pavimento asciutto ha di corallo, +di freddo soavissimo giocondo, +che rendea il puro e liquido cristallo, +che di fuor cade in un canal fecondo, +che 'l prato verde, azzurro, bianco e giallo +rigando, scorre per vari ruscelli, +grato alle morbide erbe e agli arbuscelli. +Col cortese oste ragionando stava +il paladino a mensa; e spesso spesso, +senza più differir, gli ricordava +che gli attenesse quanto avea promesso: +e ad or ad or mirandolo, osservava +ch'avea di grande affanno il core oppresso; +che non può star momento che non abbia +un cocente sospiro in su le labbia. +Spesso la voce dal disio cacciata +viene a Rinaldo sin presso alla bocca +per domandarlo; e quivi, raffrenata +di cortese modestia, fuor non scocca. +Ora essendo la cena terminata, +ecco un donzello a chi l'ufficio tocca, +pon su la mensa un bel nappo d'or fino, +di fuor di gemme, e dentro pien di vino. +Il signor de la casa allora alquanto +sorridendo, a Rinaldo levò il viso; +ma chi ben lo notava, più di pianto +parea ch'avesse voglia che di riso. +Disse: — Ora a quel che mi ricordi tanto, +che tempo sia di sodisfar m'è aviso; +mostrarti un paragon ch'esser de' grato +di vedere a ciascun c'ha moglie allato. +Ciascun marito, a mio giudizio, deve +sempre spiar se la sua donna l'ama; +saper s'onore o biasmo ne riceve, +se per lei bestia, o se pur uom si chiama. +L'incarco de le corna è lo più lieve +ch'al mondo sia, se ben l'uom tanto infama: +lo vede quasi tutta l'altra gente; +e chi l'ha in capo, mai non se lo sente. +Se tu sai che fedel la moglie sia, +hai di più amarla e d'onorar ragione, +che non ha quel che la conosce ria, +o quel che ne sta in dubbio e in passione. +Di molte n'hanno a torto gelosia +i lor mariti, che son caste e buone: +molti di molte anco sicuri stanno, +che con le corna in capo se ne vanno. +Se vuoi saper se la tua sia pudica +(come io credo che credi, e creder déi; +ch'altrimente far credere è fatica, +se chiaro già per prova non ne sei), +tu per te stesso, senza ch'altri il dica, +te n'avvedrai, s'in questo vaso bei; +che per altra cagion non è qui messo, +che per mostrarti quanto io t'ho promesso. +Se béi con questo, vedrai grande effetto; +che se porti il cimier di Cornovaglia, +il vin ti spargerai tutto sul petto, +né gocciola sarà ch'in bocca saglia: +ma s'hai moglie fedel, tu berai netto. +Or di veder tua sorte ti travaglia. — +Così dicendo, per mirar tien gli occhi, +ch'in seno il vin Rinaldo si trabbocchi. +Quasi Rinaldo di cercar suaso +quel che poi ritrovar non vorria forse, +messa la mano inanzi, e preso il vaso, +fu presso di volere in prova porse: +poi, quanto fosse periglioso il caso +a porvi i labri, col pensier discorse. +Ma lasciate, Signor, ch'io mi ripose; +poi dirò quel che 'l paladin rispose. +O esecrabile Avarizia, o ingorda +fame d'avere, io non mi maraviglio +ch'ad alma vile e d'altre macchie lorda, +sì facilmente dar possi di piglio; +ma che meni legato in una corda, +e che tu impiaghi del medesmo artiglio +alcun, che per altezza era d'ingegno, +se te schivar potea, d'ogni onor degno. +Alcun la terra e 'l mare e 'l ciel misura, +e render sa tutte le cause a pieno +d'ogni opra, d'ogni effetto di Natura, +e poggia sì ch'a Dio riguarda in seno; +e non può aver più ferma e maggior cura, +morso dal tuo mortifero veleno, +ch'unir tesoro: e questo sol gli preme, +e ponvi ogni salute, ogni sua speme. +Rompe eserciti alcuno, e ne le porte +si vede entrar di bellicose terre, +ed esser primo a porre il petto forte, +ultimo a trarre, in perigliose guerre; +e non può riparar che sino a morte +tu nel tuo cieco carcere nol serre. +Altri d'altre arti e d'altri studi industri, +oscuri fai, che sarian chiari e illustri. +Che d'alcune dirò belle e gran donne +ch'a bellezza, a virtù de fidi amanti, +a lunga servitù, più che colonne +io veggo dure, immobili e costanti? +Veggo venir poi l'Avarizia, e ponne +far sì, che par che subito le incanti: +in un dì, senza amor (chi fia che 'l creda?) +a un vecchio, a un brutto, a un mostro le dà in preda. +Non è senza cagion s'io me ne doglio: +intendami chi può, che m'intend'io. +Né però di proposito mi toglio, +né la materia del mio canto oblio; +ma non più a quel c'ho detto, adattar voglio, +ch'a quel ch'io v'ho da dire, il parlar mio. +Or torniamo a contar del paladino +ch'ad assaggiare il vaso fu vicino. +Io vi dicea ch'alquanto pensar volle, +prima ch'ai labri il vaso s'appressasse. +Pensò, e poi disse: — Ben sarebbe folle +chi quel che non vorria trovar, cercasse. +Mia donna è donna, ed ogni donna è molle: +lasciàn star mia credenza come stasse. +Sin qui m'ha il creder mio giovato, e giova: +che poss'io megliorar per farne prova? +Potria poco giovare e nuocer molto; +che 'l tentar qualche volta Idio disdegna. +Non so s'in questo io mi sia saggio o stolto; +ma non vo' più saper, che mi convegna. +Or questo vin dinanzi mi sia tolto: +sete non n'ho, né vo' che me ne vegna; +che tal certezza ha Dio più proibita, +ch'al primo padre l'arbor de la vita. +Che come Adam, poi che gustò del pomo +che Dio con propria bocca gl'interdisse, +da la letizia al pianto fece un tomo, +onde in miseria poi sempre s'afflisse; +così, se de la moglie sua vuol l'uomo +tutto saper quanto ella fece e disse, +cade de l'allegrezze in pianti e in guai, +onde non può più rilevarsi mai. — +Così dicendo il buon Rinaldo, e intanto +respingendo da sé l'odiato vase, +vide abondare un gran rivo di pianto +dagli occhi del signor di quelle case, +che disse, poi che racchetossi alquanto: +— Sia maledetto chi mi persuase +ch'io facesse la prova, ohimè! di sorte, +che mi levò la dolce mia consorte. +Perché non ti conobbi già dieci anni, +sì che io mi fossi consigliato teco, +prima che cominciassero gli affanni, +e 'l lungo pianto onde io son quasi cieco? +Ma vo' levarti da la scena i panni; +che 'l mio mal vegghi, e te ne dogli meco: +e ti dirò il principio e l'argumento +del mio non comparabile tormento. +Qua su lasciasti una città vicina, +a cui fa intorno un chiaro fiume laco, +che poi si stende e in questo Po declina, +e l'origine sua vien di Benaco. +Fu fatta la città, quando a ruina +le mura andar de l'agenoreo draco. +Quivi nacque io di stirpe assai gentile, +ma in pover tetto e in facultade umile. +Se Fortuna di me non ebbe cura +sì che mi desse al nascer mio ricchezza, +al diffetto di lei supplì Natura, +che sopra ogni mio ugual mi diè bellezza. +Donne e donzelle già di mia figura +arder più d'una vidi in giovanezza; +ch'io ci seppi accoppiar cortesi modi; +ben che stia mal che l'uom se stesso lodi. +Ne la nostra cittade era un uom saggio, +di tutte l'arti oltre ogni creder dotto, +che quando chiuse gli occhi al febeo raggio, +contava gli anni suoi cento e ventotto. +Visse tutta sua età solo e selvaggio, +se non l'estrema; che d'Amor condotto, +con premio ottenne una matrona bella, +e n'ebbe di nascosto una cittella. +E per vietar che simil la figliuola +alla matre non sia, che per mercede +vendé sua castità che valea sola +più che quanto oro al mondo si possiede, +fuor del commercio popular la invola; +ed ove più solingo il luogo vede, +questo amplo e bel palagio e ricco tanto +fece fare a' demoni per incanto. +A vecchie donne e caste fe' nutrire +la figlia qui, ch'in gran beltà poi venne; +né che potesse altr'uom veder, né udire +pur ragionarne in quella età, sostenne. +E perch'avesse esempio da seguire, +ogni pudica donna che mai tenne +contra illicito amor chiuse le sbarre, +ci fe' d'intaglio o di color ritrarre: +non quelle sol che di virtude amiche +hanno sì il mondo all'età prisca adorno; +di quai la fama per l'istorie antiche +non è per veder mai l'ultimo giorno: +ma nel futuro ancora altre pudiche +che faran bella Italia d'ogn'intorno, +ci fe' ritrarre in lor fattezze conte, +come otto che ne vedi a questa fonte. +Poi che la figlia al vecchio par matura +sì, che ne possa l'uom cogliere i frutti; +o fosse mia disgrazia o mia aventura, +eletto fui degno di lei fra tutti. +I lati campi oltre alle belle mura, +non meno i pescarecci, che gli asciutti, +che ci son d'ogn'intorno a venti miglia, +mi consegnò per dote de la figlia. +Ella era bella e costumata tanto, +che più desiderar non si potea. +Di bei trapunti e di riccami, quanto +mai ne sapesse Pallade, sapea. +Vedila andare, odine il suono e 'l canto: +celeste e non mortal cosa parea. +E in modo all'arti liberali attese, +che, quanto il padre, o poco men n'intese. +Con grande ingegno, e non minor bellezza +che fatta l'avria amabil fin ai sassi, +era giunto un amore, una dolcezza, +che par ch'a rimembrarne il cor mi passi. +Non aveva più piacer né più vaghezza, +che d'esser meco ov'io mi stessi o andassi. +Senza aver lite mai stemmo gran pezzo: +l'avemmo poi, per colpa mia, da sezzo. +Morto il suocero mio dopo cinque anni +ch'io sottoposi il collo al giugal nodo, +non stero molto a cominciar gli affanni +ch'io sento ancora, e ti dirò in che modo. +Mentre mi rinchiudea tutto coi vanni +l'amor di questa mia che sì ti lodo, +una femina nobil del paese, +quanto accender si può, di me s'accese. +Ella sapea d'incanti e di malie +quel che saper ne possa alcuna maga: +rendea la notte chiara, oscuro il die +fermava il sol, facea la terra vaga. +Non potea trar però le voglie mie, +che le sanassin l'amorosa piaga +col rimedio che dar non le potria +senza alta ingiuria de la donna mia. +Non perché fosse assai gentile e bella, +né perché sapess'io che sì me amassi, +né per gran don, né per promesse ch'ella +mi fêsse molte, e di continuo instassi, +ottener poté mai ch'una fiammella, +per darla a lei, del primo amor levassi; +ch'a dietro ne traea tutte mie voglie +il conoscermi fida la mia moglie. +La speme, la credenza, la certezza +che de la fede di mia moglie avea, +m'avria fatto sprezzar quanta bellezza +avesse mai la giovane ledea, +o quanto offerto mai senno e ricchezza +fu al gran pastor de la montagna Idea. +Ma le repulse mie non valean tanto, +che potesson levarmela da canto. +Un dì che mi trovò fuor del palagio +la maga, che nomata era Melissa, +e mi poté parlare a suo grande agio, +modo trovò da por mia pace in rissa, +e con lo spron di gelosia malvagio +cacciar del cor la fé che v'era fissa. +Comincia a comendar la intenzion mia, +ch'io sia fedele a chi fedel mi sia. +— Ma che ti sia fedel, tu non puoi dire, +prima che di sua fé prova non vedi. +S'ella non falle, e che potria fallire, +che sia fedel, che sia pudica credi. +Ma se mai senza te non la lasci ire, +se mai vedere altr'uom non le concedi, +onde hai questa baldanza, che tu dica +e mi vogli affermar che sia pudica? +Scostati un poco, scostati da casa; +fa che le cittadi odano e i villaggi, +che tu sia andato, e ch'ella sia rimasa; +agli amanti dà commodo e ai messaggi. +S'a prieghi, a doni non fia persuasa +di fare al letto maritale oltraggi, +e che, facendol, creda che si cele, +allora dir potrai che sia fedele. — +Con tal parole e simili non cessa +l'incantatrice, fin che mi dispone +che de la donna mia la fede espressa +veder voglia, e provare a paragone. +— Ora pogniamo (le soggiungo) ch'essa +sia qual non posso averne opinione: +come potrò di lei poi farmi certo +che sia di punizion degna o di merto? — +Disse Melissa: — Io ti darò un vasello +fatto da ber, di virtù rara e strana; +qual già per fare accorto il suo fratello +del fallo di Genevra, fe' Morgana. +Chi la moglie ha pudica, bee con quello: +ma non vi può già ber chi l'ha puttana; +che 'l vin, quando lo crede in bocca porre, +tutto si sparge, e fuor nel petto scorre. +Prima che parti, ne farai la prova, +e per lo creder mio tu berai netto; +che credo ch'ancor netta si ritrova +la moglie tua: pur ne vedrai l'effetto. +Ma s'al ritorno esperienza nuova +poi ne farai, non t'assicuro il petto: +che se tu non lo immolli, e netto bèi, +d'ogni marito il più felice sei. — +L'offerta accetto; il vaso ella mi dona: +ne fo la prova, e mi succede a punto; +che, com'era il disio, pudica e buona +la cara moglie mia trovo a quel punto. +Dice Melissa: — Un poco l'abbandona; +per un mese o per duo stanne disgiunto: +poi torna; poi di nuovo il vaso tolli; +prova se bevi, o pur se 'l petto immolli. — +A me duro parea pur di partire; +non perché di sua fe' sì dubitassi, +come ch'io non potea duo dì patire, +né un'ora pur, che senza me restassi. +Disse Melissa: — Io ti farò venire +a conoscere il ver con altri passi. +Vo' che muti il parlare e i vestimenti, +e sotto viso altrui te l'appresenti. — +Signor, qui presso una città difende +il Po fra minacciose e fiere corna; +la cui iuridizion di qui si stende +fin dove il mar fugge dal lito e torna. +Cede d'antiquità, ma ben contende +con le vicine in esser ricca e adorna. +Le reliquie troiane la fondaro, +che dal flagello d'Attila camparo. +Astringe e lenta a questa terra il morso +un cavallier giovene, ricco e bello, +che dietro un giorno a un suo falcone iscorso, +essendo capitato entro il mio ostello, +vide la donna, e sì nel primo occorso +gli piacque, che nel cor portò il suggello; +né cessò molte pratiche far poi, +per inchinarla ai desideri suoi. +Ella gli fece dar tante repulse, +che più tentarla al fine egli non volse; +ma la beltà di lei, ch'Amor vi sculse, +di memoria però non se gli tolse. +Tanto Melissa allosingommi e mulse, +ch'a tor la forma di colui mi volse; +e mi mutò (né so ben dirti come) +di faccia, di parlar, d'occhi e di chiome. +Già con mia moglie avendo simulato +d'esser partito e gitone in Levante, +nel giovene amator così mutato +l'andar, la voce, l'abito e 'l sembiante, +me ne ritorno, ed ho Melissa a lato, +che s'era trasformata, e parea un fante; +e le più ricche gemme avea con lei, +che mai mandassin gl'Indi o gli Eritrei. +Io che l'uso sapea del mio palagio, +entro sicuro e vien Melissa meco; +e madonna ritrovo a sì grande agio, +che non ha né scudier né donna seco. +I miei prieghi le espongo, indi il malvagio +stimulo inanzi del mal far le arreco: +i rubini, i diamanti e gli smeraldi, +che mosso arebbon tutti i cor più saldi. +E le dico che poco è questo dono +verso quel che sperar da me dovea: +de la commodità poi le ragiono, +che, non v'essendo il suo marito, avea: +e le ricordo che gran tempo sono +stato suo amante, com'ella sapea; +e che l'amar mio lei con tanta fede +degno era avere al fin qualche mercede. +Turbossi nel principio ella non poco, +divenne rossa, ed ascoltar non volle; +ma il veder fiammeggiar poi, come fuoco, +le belle gemme, il duro cor fe' molle: +e con parlar rispose breve e fioco, +quel che la vita a rimembrar mi tolle; +che mi compiaceria, quando credesse +ch'altra persona mai nol risapesse. +Fu tal risposta un venenato telo +di che me ne senti' l'alma traffissa: +per l'ossa andommi e per le vene un gelo; +ne le fauci restò la voce fissa. +Levando allora del suo incanto il velo, +ne la mia forma mi tornò Melissa. +Pensa di che color dovesse farsi, +ch'in tanto error da me vide trovarsi. +Divenimmo ambi di color di morte, +muti ambi, ambi restiàn con gli occhi bassi. +Potei la lingua a pena aver sì forte, +e tanta voce a pena, ch'io gridassi: +— Me tradiresti dunque tu, consorte, +quando tu avessi chi 'l mio onor comprassi? — +Altra risposta darmi ella non puote, +che di rigar di lacrime le gote. +Ben la vergogna è assai, ma più lo sdegno +ch'ella ha, da me veder farsi quella onta; +e multiplica sì senza ritegno, +ch'in ira al fine e in crudele odio monta. +Da me fuggirsi tosto fa disegno; +e ne l'ora che 'l Sol del carro smonta, +al fiume corre, e in una sua barchetta +si fa calar tutta la notte in fretta: +e la matina s'appresenta avante +al cavallier che l'avea un tempo amata, +sotto il cui viso, sotto il cui sembiante +fu contra l'onor mio da me tentata. +A lui che n'era stato ed era amante, +creder si può che fu la giunta grata. +Quindi ella mi fe' dir ch'io non sperassi +che mai più fosse mia, né più m'amassi. +Ah lasso! da quel dì con lui dimora +in gran piacere, e di me prende giuoco; +ed io del mal che procacciammi allora, +ancor languisco, e non ritrovo loco. +Cresce il mal sempre, e giusto è ch'io ne muora; +e resta omai da consumarci poco. +Ben credo che 'l primo anno sarei morto, +se non mi dava aiuto un sol conforto. +Il conforto ch'io prendo, è che di quanti +per dieci anni mai fur sotto al mio tetto +(ch'a tutti questo vaso ho messo inanti), +non ne trovo un che non s'immolli il petto. +Aver nel caso mio compagni tanti +mi dà fra tanto mal qualche diletto. +Tu tra infiniti sol sei stato saggio, +che far negasti il periglioso saggio. +Il mio voler cercare oltre alla meta +che de la donna sua cercar si deve, +fa che mai più trovare ora quieta +non può la vita mia, sia lunga o breve. +Di ciò Melissa fu a principio lieta: +ma cessò tosto la sua gioia lieve; +ch'essendo causa del mio mal stata ella, +io l'odiai sì, che non potea vedella. +Ella d'esser odiata impaziente +da me che dicea amar più che sua vita, +ove donna restarne immantinente +creduto avea, che l'altra ne fosse ita; +per non aver sua doglia sì presente, +non tardò molto a far di qui partita; +e in modo abbandonò questo paese, +che dopo mai per me non se n'intese. — +Così narrava il mesto cavalliero: +e quando fine alla sua istoria pose, +Rinaldo alquanto ste' sopra pensiero, +da pietà vinto, e poi così rispose: +— Mal consiglio ti diè Melissa in vero, +che d'attizzar le vespe ti propose; +e tu fusti a cercar poco avveduto +quel che tu avresti non trovar voluto. +Se d'avarizia la tua donna vinta +a voler fede romperti fu indutta, +non t'ammirar; né prima ella né quinta +fu de le donne prese in sì gran lutta; +e mente via più salda ancora è spinta +per minor prezzo a far cosa più brutta. +Quanti uomini odi tu, che già per oro +han traditi padroni e amici loro? +Non dovevi assalir con sì fiere armi, +se bramavi veder farle difesa. +Non sai tu, contra l'oro, che né i marmi +né 'l durissimo acciar sta alla contesa? +Che più fallasti tu a tentarla parmi, +di lei che così tosto restò presa. +Se te altretanto avesse ella tentato, +non so se tu più saldo fossi stato. — +Qui Rinaldo fe' fine, e da la mensa +levossi a un tempo, e domandò dormire; +che riposare un poco, e poi si pensa +inanzi al dì d'un'ora o due partire. +Ha poco tempo, e 'l poco c'ha, dispensa +con gran misura, e invan nol lascia gire. +Il signor di là dentro, a suo piacere, +disse, che si potea porre a giacere; +ch'apparecchiata era la stanza e 'l letto: +ma che se volea far per suo consiglio, +tutta notte dormir potria a diletto, +e dormendo avanzarsi qualche miglio. +— Acconciar ti farò (disse) un legnetto, +con che volando, e senz'alcun periglio +tutta notte dormendo vo' che vada, +e una giornata avanzi de la strada. — +La proferta a Rinaldo accettar piacque, +e molto ringraziò l'oste cortese: +poi senza indugio là, dove ne l'acque +da' naviganti era aspettato, scese. +Quivi a grande agio riposato giacque, +mentre il corso del fiume il legno prese, +che da sei remi spinto, lieve e snello +pel fiume andò, come per l'aria augello. +Così tosto come ebbe il capo chino, +il cavallier di Francia adormentosse; +imposto avendo già, come vicino +giungea a Ferrara, che svegliato fosse. +Restò Melara nel lito mancino; +nel lito destro Sermide restosse: +Figarolo e Stellata il legno passa, +ove le corna il Po iracondo abbassa. +De le due corna il nocchier prese il destro, +e lasciò andar verso Vinegia il manco; +passò il Bondeno: e già il color cilestro +si vedea in oriente venir manco, +che votando di fior tutto il canestro, +l'Aurora vi facea vermiglio e bianco; +quando, lontan scoprendo di Tealdo +ambe le rocche, il capo alzò Rinaldo. +— O città bene aventurosa (disse), +di cui già Malagigi, il mio cugino, +contemplando le stelle erranti e fisse, +e costringendo alcun spirto indovino, +nei secoli futuri mi predisse +(già ch'io facea con lui questo camino) +ch'ancor la gloria tua salirà tanto, +ch'avrai di tutta Italia il pregio e 'l vanto. — +Così dicendo, e pur tuttavia in fretta +su quel battel che parea aver le penne, +scorrendo il re de' fiumi, all'isoletta +ch'alla cittade è più propinqua, venne: +e ben che fosse allora erma e negletta, +pur s'allegrò di rivederla, e fenne +non poca festa; che sapea quanto ella, +volgendo gli anni, saria ornata e bella. +Altra fiata che fe' questa via, +udì da Malagigi, il qual seco era, +che settecento volte che si sia +girata col monton la quarta sfera, +questa la più ioconda isola fia +di quante cinga mar, stagno o riviera; +sì che, veduta lei, non sarà ch'oda +dar più alla patria di Nausicaa loda. +Udì che di bei tetti posta inante +sarebbe a quella sì a Tiberio cara; +che cederian l'Esperide alle piante +ch'avria il bel loco, d'ogni sorte rara; +che tante spezie d'animali, quante +vi fien, né in mandra Circe ebbe né in hara; +che v'avria con le Grazie e con Cupido +Venere stanza, e non più in Cipro o in Gnido: +e che sarebbe tal per studio e cura +di chi al sapere ed al potere unita +la voglia avendo, d'argini e di mura +avria sì ancor la sua città munita, +che contra tutto il mondo star sicura +potria, senza chiamar di fuori aita: +e che d'Ercol figliuol, d'Ercol sarebbe +padre il signor che questo e quel far debbe. +Così venìa Rinaldo ricordando +quel che già il suo cugin detto gli avea, +de le future cose divinando, +che spesso conferir seco solea. +E tuttavia l'umil città mirando: +— Come esser può ch'ancor (seco dicea) +debban così fiorir queste paludi +de tutti i liberali e degni studi? +e crescer abbia di sì piccol borgo +ampla cittade e di sì gran bellezza? +e ciò ch'intorno è tutto stagno e gorgo, +sien lieti e pieni campi di ricchezza? +Città, sin ora a riverire assorgo +l'amor, la cortesia, la gentilezza +de' tuoi signori, e gli onorati pregi +dei cavallier, dei cittadini egregi. +L'ineffabil bontà del Redentore, +de' tuoi principi il senno e la iustizia, +sempre con pace, sempre con amore +ti tenga in abondanza ed in letizia; +e ti difenda contra ogni furore +de' tuoi nimici, e scuopra lor malizia: +del tuo contento ogni vicino arrabbi, +più tosto che tu invidia ad alcuno abbi. — +Mentre Rinaldo così parla, fende +con tanta fretta il suttil legno l'onde, +che con maggiore a logoro non scende +falcon ch'al grido del padron risponde. +Del destro corno il destro ramo prende +quindi il nocchiero, e mura e tetti asconde: +San Georgio a dietro, a dietro s'allontana +la torre e de la Fossa e di Gaibana. +Rinaldo, come accade ch'un pensiero +un altro dietro, e quello un altro mena, +si venne a ricordar del cavalliero +nel cui palagio fu la sera a cena; +che per questa cittade, a dire il vero, +avea giusta cagion di stare in pena: +e ricordossi del vaso da bere, +che mostra altrui l'error de la mogliere; +e ricordossi insieme de la prova +che d'aver fatta il cavallier narrolli; +che di quanti avea esperti, uomo non trova +che bea nel vaso, e 'l petto non s'immolli. +Or si pente, or tra sé dice: — E' mi giova +ch'a tanto paragon venir non volli. +Riuscendo, accertava il creder mio; +non riuscendo, a che partito era io? +Gli è questo creder mio, come io l'avessi +ben certo, e poco accrescer lo potrei: +sì che, s'al paragon mi succedessi, +poco il meglio saria ch'io ne trarrei; +ma non già poco il mal, quando vedessi +quel di Clarice mia, ch'io non vorrei. +Metter saria mille contra uno a giuoco; +che perder si può molto, e acquistar poco. — +Stando in questo pensoso il cavalliero +di Chiaramonte, e non alzando il viso, +con molta attenzion fu da un nocchiero +che gli era incontra, riguardato fiso: +e perché di veder tutto il pensiero +che l'occupava tanto, gli fu aviso, +come uom che ben parlava ed avea ardire, +a seco ragionar lo fece uscire. +La somma fu del lor ragionamento, +che colui malaccorto era ben stato, +che ne la moglie sua l'esperimento +maggior che può far donna, avea tentato; +che quella che da l'oro e da l'argento +difende il cor di pudicizia armato, +tra mille spade via più facilmente +difenderallo, e in mezzo al fuoco ardente. +Il nocchier suggiungea: — Ben gli dicesti, +che non dovea offerirle sì gran doni; +che contrastare a questi assalti e a questi +colpi non sono tutti i petti buoni. +Non so se d'una giovane intendesti +(ch'esser pò che tra voi se ne ragioni), +che nel medesmo error vide il consorte, +di ch'esso avea lei condannata a morte. +Dovea in memoria avere il signor mio, +che l'oro e 'l premio ogni durezza inchina; +ma, quando bisognò, l'ebbe in oblio, +ed ei si procacciò la sua ruina. +Così sapea lo esempio egli, com'io, +che fu in questa città di qui vicina, +sua patria e mia, che 'l lago e la palude +del rifrenato Menzo intorno chiude: +d'Adonio voglio dir, che 'l ricco dono +fe' alla moglie del giudice, d'un cane. — +— Di questo (disse il paladino) il suono +non passa l'Alpe, e qui tra voi rimane; +perché né in Francia, né dove ito sono, +parlar n'udi' ne le contrade estrane: +sì che dì pur, se non t'incresce il dire; +che volentieri io mi t'acconcio a udire. — +Il nocchier cominciò: — Già fu di questa +terra un Anselmo di famiglia degna, +che la sua gioventù con lunga vesta +spese in saper ciò ch'Ulpiano insegna +e di nobil progenie, bella e onesta +moglie cercò, ch'al grado suo convegna; +e d'una terra quindi non lontana +n'ebbe una di bellezza sopraumana; +e di bei modi e tanto graziosi, +che parea tutto amore e leggiadria; +e di molto più forse, ch'ai riposi, +ch'allo stato di lui non convenia. +Tosto che l'ebbe, quanti mai gelosi +al mondo fur, passò di gelosia: +non già ch'altra cagion gli ne desse ella, +che d'esser troppo accorta e troppo bella. +Ne la città medesma un cavalliero +era d'antiqua e d'onorata gente, +che discendea da quel lignaggio altiero +ch'uscì d'una mascella di serpente, +onde già Manto, e chi con essa fero +la patria mia, disceser similmente. +Il cavallier, ch'Adonio nominosse, +di questa bella donna inamorosse. +E per venire a fin di questo amore, +a spender cominciò senza ritegno +in vestire, in conviti, in farsi onore, +quanto può farsi un cavallier più degno. +Il tesor di Tiberio imperatore +non saria stato a tante spese al segno. +Io credo ben che non passar duo verni, +ch'egli uscì fuor di tutti i ben paterni. +La casa ch'era dianzi frequentata +matina e sera tanto dagli amici, +sola restò, tosto che fu privata +di starne, di fagian, di coturnici. +Egli che capo fu de la brigata, +rimase dietro, e quasi fra mendici. +Pensò, poi ch'in miseria era venuto, +d'andare ove non fosse conosciuto. +Con questa intenzione una mattina, +senza far motto altrui, la patria lascia; +e con sospiri e lacrime camina +lungo lo stagno che le mura fascia. +La donna che del cor gli era regina, +già non oblia per la seconda ambascia. +Ecco un'alta aventura che lo viene +di sommo male a porre in sommo bene. +Vede un villan che con un gran bastone +intorno alcuni sterpi s'affatica. +Quivi Adonio si ferma, e la cagione +di tanto travagliar vuol che gli dica. +Disse il villan, che dentro a quel macchione +veduto avea una serpe molto antica, +di che più lunga e grossa a' giorni suoi +non vide, né credea mai veder poi; +e che non si voleva indi partire, +che non l'avesse ritrovata e morta. +Come Adonio lo sente così dire, +con poca pazienza lo sopporta. +Sempre solea le serpi favorire; +che per insegna il sangue suo le porta +in memoria ch'uscì sua prima gente +de' denti seminati di serpente. +e disse e fece col villano in guisa +che, suo mal grado, abbandonò l'impresa; +sì che da lui non fu la serpe uccisa, +né più cercata, né altrimenti offesa. +Adonio ne va poi dove s'avisa +che sua condizion sia meno intesa; +e dura con disagio e con affanno +fuor de la patria appresso al settimo anno. +Né mai per lontananza, né strettezza +del viver, che i pensier non lascia ir vaghi, +cessa Amor che sì gli ha la mano avezza, +ch'ognor non li arda il core, ognor impiaghi. +È forza al fin che torni alla bellezza +che son di riveder sì gli occhi vaghi. +Barbuto, afflitto, e assai male in arnese, +là donde era venuto, il camin prese. +In questo tempo alla mia patria accade +mandare uno oratore al Padre santo, +che resti appresso alla sua Santitade +per alcun tempo e non fu detto quanto. +Gettan la sorte, e nel giudice cade. +Oh giorno a lui cagion sempre di pianto! +Fe' scuse, pregò assai, diede e promesse +per non partirsi; e al fin sforzato cesse. +Non gli parea crudele e duro manco +a dover sopportar tanto dolore, +che se veduto aprir s'avesse il fianco, +e vedutosi trar con mano il core. +Di geloso timor pallido e bianco +per la sua donna, mentre staria fuore, +lei con quei modi che giovar si crede, +supplice priega a non mancar di fede: +dicendole ch'a donna né bellezza, +né nobiltà, né gran fortuna basta, +sì che di vero onor monti in altezza, +se per nome e per opre non è casta; +e che quella virtù via più si prezza, +che di sopra riman quando contrasta, +e ch'or gran campo avria per questa assenza, +di far di pudicizia esperienza. +Con tai le cerca ed altre assai parole +persuader ch'ella gli sia fedele. +De la dura partita ella si duole, +con che lacrime, oh Dio! con che querele! +E giura che più tosto oscuro il sole +vedrassi, che gli sia mai sì crudele, +che rompa fede; e che vorria morire +più tosto ch'aver mai questo desire. +Ancor ch'a sue promesse e a suoi scongiuri +desse credenza e si achetasse alquanto, +non resta che più intender non procuri, +e che materia non procacci al pianto. +Avea uno amico suo, che dei futuri +casi predir teneva il pregio e 'l vanto; +e d'ogni sortilegio e magica arte, +o il tutto, o ne sapea la maggior parte. +Diegli, pregando di vedere assunto, +se la sua moglie, nominata Argia, +nel tempo che da lei starà disgiunto, +fedele e casta, o pel contario fia. +Colui da prieghi vinto, tolle il punto, +il ciel figura come par che stia. +Anselmo il lascia in opra, e l'altro giorno +a lui per la risposta fa ritorno. +L'astrologo tenea le labra chiuse, +per non dire al dottor cosa che doglia, +e cerca di tacer con molte scuse. +Quando pur del suo mal vede c'ha voglia, +che gli romperà fede gli concluse, +tosto ch'egli abbia il piè fuor de la soglia, +non da bellezza né da prieghi indotta, +ma da guadagno e da prezzo corrotta. +Giunte al timore, al dubbio ch'avea prima, +queste minacce dei superni moti, +come gli stesse il cor, tu stesso stima, +se d'amor gli accidenti ti son noti. +E sopra ogni mestizia che l'opprima, +e che l'afflitta mente aggiri e arruoti, +è 'l saper come, vinta d'avarizia, +per prezzo abbia a lasciar sua pudicizia. +Or per far quanti potea far ripari +da non lasciarla in quel error cadere +(perché il bisogno a dispogliar gli altari +tra' l'uom talvolta, che sel trova avere), +ciò che tenea di gioie e di danari +(che n'avea somma) pose in suo potere: +rendite e frutti d'ogni possessione, +e ciò c'ha al mondo, in man tutto le pone. +— Con facultade (disse) che ne' tuoi +non sol bisogni te li goda e spenda, +ma che ne possi far ciò che ne vuoi, +li consumi, li getti, e doni e venda; +altro conto saper non ne vo' poi, +pur che, qual ti lascio or, tu mi ti renda: +pur che, come or tu sei, mi sie rimasa, +fa che io non trovi né poder né casa. — +La prega che non faccia, se non sente +ch'egli ci sia, ne la città dimora; +ma ne la villa, ove più agiatamente +viver potrà d'ogni commercio fuora. +Questo dicea, però che l'umil gente +che nel gregge o ne' campi gli lavora, +non gli era aviso che le caste voglie +contaminar potessero alla moglie. +Tenendo tuttavia le belle braccia +al timido marito al collo Argia, +e di lacrime empiendogli la faccia, +ch'un fiumicel dagli occhi le n'uscia; +s'attrista che colpevole la faccia, +come di fé mancata già gli sia; +che questa sua sospizion procede, +perché non ha ne la sua fede fede. +Troppo sarà, s'io voglio ir rimembrando +ciò ch'al partir da tramendua fu detto. +— Il mio onor (dice al fin) ti raccomando: — +piglia licenza, e partesi in effetto; +e ben si sente veramente, quando +volge il cavallo, uscire il cor del petto. +Ella lo segue, quanto seguir puote, +con gli occhi che le rigano le gote. +Adonio intanto misero e tapino, +e (come io dissi) pallido e barbuto, +verso la patria avea preso il camino, +sperando di non esser conosciuto. +Sul lago giunse alla città vicino, +là dove avea dato alla biscia aiuto, +ch'era assediata entro la macchia forte +da quel villan che por la volea a morte. +Quivi arrivando in su l'aprir del giorno, +ch'ancor splendea nel cielo alcuna stella, +si vede in peregrino abito adorno +venir pel lito incontra una donzella +in signoril sembiante, ancor ch'intorno +non l'apparisse né scudier né ancella. +Costei con grata vista lo raccolse, +e poi la lingua a tai parole sciolse: +— Se ben non mi conosci, o cavalliero, +son tua parente, e grande obligo t'aggio: +parente son, perché da Cadmo fiero +scende d'amenduo noi l'alto lignaggio. +Io son la fata Manto, che 'l primiero +sasso messi a fondar questo villaggio; +e dal mio nome (come ben forse hai +contare udito) Mantua la nomai. +De le fate io son una; ed il fatale +stato per farti anco saper ch'importe, +nascemo a un punto, che d'ogn'altro male +siamo capaci, fuor che de la morte. +Ma giunto è con questo essere immortale +condizion non men del morir forte; +ch'ogni settimo giorno ogniuna è certa +che la sua forma in biscia si converta. +Il vedersi coprir del brutto scoglio, +e gir serpendo, è cosa tanto schiva, +che non è pare al mondo altro cordoglio; +tal che bestemmia ogniuna d'esser viva. +E l'obbligo ch'io t'ho (perché ti voglio +insiememente dire onde deriva), +tu saprai che quel dì, per esser tali, +siamo a periglio d'infiniti mali. +Non è sì odiato altro animale in terra, +come la serpe; e noi, che n'abbiàn faccia, +patimo da ciascuno oltraggio e guerra; +che chi ne vede, ne percuote e caccia. +Se non troviamo ove tornar sotterra, +sentiamo quanto pesa altrui le braccia. +Meglio saria poter morir, che rotte +e storpiate restar sotto le botte. +L'obligo ch'io t'ho grande, è ch'una volta +che tu passavi per quest'ombre amene, +per te di mano fui d'un villan tolta, +che gran travagli m'avea dati e pene. +Se tu non eri, io non andava asciolta, +ch'io non portassi rotto e capo e schene, +e che sciancata non restassi e storta, +se ben non vi potea rimaner morta: +perché quei giorni che per terra il petto +traemo avvolte in serpentile scorza, +il ciel ch'in altri tempi è a noi suggetto, +niega ubbidirci, e prive siàn di forza. +In altri tempi ad un sol nostro detto +il sol si ferma e la sua luce ammorza; +l'immobil terra gira e muta loco; +s'infiamma il ghiaccio, e si congela il fuoco. +Ora io son qui per renderti mercede +del beneficio che mi festi allora. +Nessuna grazia indarno or mi si chiede +ch'io son del manto viperino fuora. +Tre volte più che di tuo padre erede +non rimanesti, io ti fo ricco or ora: +né vo' che mai più povero diventi, +ma quanto spendi più, che più augumenti. +E perché so che ne l'antiquo nodo, +in che già Amor t'avinse, anco ti trovi, +voglioti dimostrar l'ordine e 'l modo +ch'a disbramar tuoi desideri giovi. +Io voglio, or che lontano il marito odo, +che senza indugio il mio consiglio provi; +vadi a trovar la donna che dimora +fuori alla villa, e sarò teco io ancora. — +E seguitò narrandogli in che guisa +alla sua donna vuol che s'appresenti; +dico come vestir, come precisa— +mente abbia a dir, come la prieghi e tenti; +e che forma essa vuol pigliar, devisa; +che, fuor che 'l giorno ch'erra tra serpenti, +in tutti gli altri si può far, secondo +che più le pare, in quante forme ha il mondo. +Messe in abito lui di peregrino +il qual per Dio di porta in porta accatti: +mutosse ella in un cane, il più piccino +di quanti mai n'abbia Natura fatti, +di pel lungo, più bianco ch'armellino, +di grato aspetto e di mirabili atti. +Così trasfigurato, entraro in via +verso la casa de la bella Argia: +e dei lavoratori alle capanne +prima ch'altrove, il giovene fermosse; +e cominciò a sonar certe sue canne, +al cui suono danzando il can rizzosse. +La voce e 'l grido alla padrona vanne, +e fece sì, che per veder si mosse. +Fece il romeo chiamar ne la sua corte, +sì come del dottor traea la sorte. +E quivi Adonio a comandare al cane +incominciò, ed il cane a ubbidir lui, +e far danze nostral, farne d'estrane, +con passi e continenze e modi sui, +e finalmente con maniere umane +far ciò che comandar sapea colui, +con tanta attenzion, che chi lo mira, +non batte gli occhi, e a pena il fiato spira. +Gran maraviglia, ed indi gran desire +venne alla donna di quel can gentile; +e ne fa per la balia proferire +al cauto peregrin prezzo non vile. +— S'avessi più tesor, che mai sitire +potesse cupidigia feminile +(colui rispose), non saria mercede +di comprar degna del mio cane un piede. — +E per mostrar che veri i detti foro, +con la balia in un canto si ritrasse, +e disse al cane, ch'una marca d'oro +a quella donna in cortesia donasse. +Scossesi il cane, e videsi il tesoro. +Disse Adonio alla balia, che pigliasse, +soggiungendo: — Ti par che prezzo sia, +per cui sì bello e util cane io dia? +Cosa, qual vogli sia, non gli domando, +di ch'io ne torni mai con le man vote; +e quando perle, e quando annella, e quando +leggiadra veste e di gran prezzo scuote. +Pur di' a madonna, che fia al suo comando; +per oro no, ch'oro pagar nol puote: +ma se vuol ch'una notte seco io giaccia, +abbiasi il cane, e 'l suo voler ne faccia. — +Così dice: e una gemma allora nata +le dà, ch'alla padrona l'appresenti. +Pare alla balia averne più derata, +che di pagar dieci ducati o venti. +Torna alla donna, e le fa l'imbasciata; +e la conforta poi, che si contenti +d'acquistare il bel cane; ch'acquistarlo +per prezzo può, che non si perde a darlo. +La bella Argia sta ritrosetta in prima; +parte, che la sua fé romper non vuole, +parte, ch'esser possibile non stima +tutto ciò che ne suonan le parole. +La balia le ricorda, e rode e lima, +che tanto ben di rado avvenir suole; +e fe' che l'agio un altro dì si tolse, +che 'l can veder senza tanti occhi volse. +Quest'altro comparir ch'Adonio fece, +fu la ruina e del dottor la morte. +Facea nascer le doble a diece a diece, +filze di perle, e gemme d'ogni sorte: +sì che il superbo cor mansuefece, +che tanto meno a contrastar fu forte, +quanto poi seppe che costui ch'inante +gli fa partito, è 'l cavallier suo amante. +De la puttana sua balia i conforti, +i prieghi de l'amante e la presenza, +il veder che guadagno se l'apporti, +del misero dottor la lunga assenza, +lo sperar ch'alcun mai non lo rapporti, +fero ai casti pensier tal violenza, +ch'ella accettò il bel cane, e per mercede +in braccio e in preda al suo amator si diede. +Adonio lungamente frutto colse +de la sua bella donna, a cui la fata +grande amor pose, e tanto le ne volse, +che sempre star con lei si fu ubligata. +Per tutti i segni il sol prima si volse, +ch'al giudice licenza fosse data: +al fin tornò, ma pien di gran sospetto +per quel che già l'astrologo avea detto. +Fa, giunto ne la patria, il primo volo +a casa de l'astrologo, e gli chiede, +se la sua donna fatto inganno e dolo, +o pur servato gli abbia amore e fede. +Il sito figurò colui del polo, +ed a tutti i pianeti il luogo diede: +poi rispose che quel ch'avea temuto, +come predetto fu, gli era avvenuto; +che da doni grandissimi corrotta, +data ad altri s'avea la donna in preda. +Questa al dottor nel cor fu sì gran botta, +che lancia e spiedo io vo' che ben le ceda. +Per esserne più certo, ne va allotta +(ben che pur troppo allo indivino creda) +ov'è la balia, e la tira da parte, +e per saperne il certo usa grande arte. +Con larghi giri circondando prova +or qua or là di ritrovar la traccia; +e da principio nulla ne ritrova, +con ogni diligenza che ne faccia; +ch'ella, che non avea tal cosa nuova, +stava negando con immobil faccia; +e come bene istrutta, più d'un mese +tra il dubbio e 'l certo il suo patron sospese. +Quanto dovea parergli il dubio buono, +se pensava il dolor ch'avria del certo! +Poi ch'indarno provò con priego e dono, +che da la balia il ver gli fosse aperto, +né toccò tasto ove sentisse suono +altro che falso; come uom ben esperto, +aspettò che discordia vi venisse; +ch'ove femine son, son liti e risse. +E come egli aspettò, così gli avvenne; +ch'al primo sdegno che tra loro nacque, +senza suo ricercar, la balia venne +il tutto a ricontargli, e nulla tacque. +Lungo a dir fôra ciò che 'l cor sostenne, +come la mente costernata giacque +del giudice meschin, che fu sì oppresso, +che stette per uscir fuor di se stesso: +e si dispose al fin, da l'ira vinto, +morir, ma prima uccider la sua moglie; +e che d'amendue i sangui un ferro tinto +levassi lei di biasmo, e sé di doglie. +Ne la città se ne ritorna, spinto +da così furibonde e cieche voglie; +indi alla villa un suo fidato manda, +e quanto esequir debba, gli commanda. +Commanda al servo, ch'alla moglie Argia +torni alla villa, e in nome suo le dica +ch'egli è da febbre oppresso così ria, +che di trovarlo vivo avrà fatica; +sì che, senza aspettar più compagnia, +venir debba con lui, s'ella gli è amica +(verrà: sa ben che non farà parola); +e che tra via le seghi egli la gola. +A chiamar la patrona andò il famiglio, +per far di lei quanto il signor commesse. +Dato prima al suo cane ella di piglio, +montò a cavallo ed a camin si messe. +L'avea il cane avisata del periglio, +ma che d'andar per questo ella non stesse; +ch'avea ben disegnato e proveduto +onde nel gran bisogno avrebbe aiuto. +Levato il servo del camino s'era; +e per diverse e solitarie strade +a studio capitò su una riviera +che d'Apennino in questo fiume cade; +ov'era bosco e selva oscura e nera, +lungi da villa e lungi da cittade. +Gli parve loco tacito e disposto +per l'effetto crudel che gli fu imposto. +Trasse la spada e alla padrona disse +quanto commesso il suo signor gli avea; +sì che chiedesse, prima che morisse, +perdono a Dio d'ogni colpa rea. +Non ti so dir com'ella si coprisse: +quando il servo ferirla si credea, +più non la vide, e molto d'ogn'intorno +l'andò cercando, e al fin restò con scorno. +Torna al patron con gran vergogna ed onta, +tutto attonito in faccia e sbigottito; +e l'insolito caso gli racconta, +ch'egli non sa come si sia seguito. +Ch'a' suoi servigi abbia la moglie pronta +la fata Manto, non sapea il marito; +che la balia onde il resto avea saputo, +questo, non so perché, gli avea taciuto. +Non sa che far; che né l'oltraggio grave +vendicato ha, né le sue pene ha sceme. +Quel ch'era una festuca, ora è una trave, +tanto gli pesa, tanto al cor gli preme. +L'error che sapean pochi, or sì aperto have, +che senza indugio si palesi, teme. +Potea il primo celarsi; ma il secondo, +publico in breve fia per tutto il mondo. +Conosce ben che, poi che 'l cor fellone +avea scoperto il misero contra essa, +ch'ella, per non tornargli in suggezione, +d'alcun potente in man si sarà messa; +il qual se la terrà con irrisione +ed ignominia del marito espressa; +e forse anco verrà d'alcuno in mano, +che ne fia insieme adultero e ruffiano. +Sì che, per rimediarvi, in fretta manda +intorno messi e lettere a cercarne: +ch'in quel loco, ch'in questo ne domanda +per Lombardia, senza città lasciarne. +Poi va in persona, e non si lascia banda +ove o non vada o mandivi a spiarne: +né mai può ritrovar capo né via +di venire a notizia, che ne sia. +Al fin chiama quel servo a chi fu imposta +l'opra crudel che poi non ebbe effetto, +e fa che lo conduce ove nascosta +se gli era Argia, sì come gli avea detto; +che forse in qualche macchia il dì reposta, +la notte si ripara ad alcun tetto. +Lo guida il servo ove trovar si crede +la folta selva, e un gran palagio vede. +Fatto avea farsi alla sua fata intanto +la bella Argia con subito lavoro +d'alabastri un palagio per incanto, +dentro e di fuor tutto fregiato d'oro. +Né lingua dir, né cor pensar può quanto +avea beltà di fuor, dentro tesoro. +Quel che iersera sì ti parve bello, +del mio signor, saria un tugurio a quello. +E di panni di razza, e di cortine +tessute riccamente e a varie fogge, +ornate eran le stalle e le cantine, +non sale pur, non pur camere e logge; +vasi d'oro e d'argento senza fine, +gemme cavate, azzurre e verdi e rogge, +e formate in gran piatti e in coppe e in nappi, +e senza fin d'oro e di seta drappi. +Il giudice, sì come io vi dicea, +venne a questo palagio a dar di petto, +quando né una capanna si credea +di ritrovar, ma solo il bosco schietto. +Per l'alta maraviglia che n'avea, +esser si credea uscito d'intelletto: +non sapea se fosse ebbro o se sognassi, +o pur se 'l cervel scemo a volo andassi. +Vede inanzi alla porta uno Etiopo +con naso e labri grossi; e ben gli è avviso +che non vedesse mai, prima né dopo, +un così sozzo e dispiacevol viso; +poi di fattezze, qual si pinge Esopo, +d'attristar, se vi fosse, il paradiso; +bisunto e sporco, e d'abito mendico: +né a mezzo ancor di sua bruttezza io dico. +Anselmo che non vede altro da cui +possa saper di chi la casa sia, +a lui s'accosta, e ne domanda a lui; +ed ei risponde: — Questa casa è mia. — +Il giudice è ben certo che colui +lo beffi e che gli dica la bugia: +ma con scongiuri il negro ad affermare +che sua è la casa, e ch'altri non v'ha a fare; +e gli offerisce, se la vuol vedere, +che dentro vada, e cerchi come voglia; +e se v'ha cosa che gli sia in piacere +o per sé o per gli amici, se la toglia. +Diede il cavallo al servo suo a tenere +Anselmo, e messe il piè dentro alla soglia; +e per sale e per camere condutto, +da basso e d'alto andò mirando il tutto. +La forma, il sito, il ricco e bel lavoro +va contemplando, e l'ornamento regio; +e spesso dice: — Non potria quant'oro +è sotto il sol pagare il loco egregio. — +A questo gli risponde il brutto Moro, +e dice: — E questo ancor trova il suo pregio: +se non d'oro o d'argento, nondimeno +pagar lo può quel che vi costa meno. — +E gli fa la medesima richiesta +ch'avea già Adonio alla sua moglie fatta. +De la brutta domanda e disonesta, +persona lo stimò bestiale e matta. +Per tre repulse e quattro egli non resta; +e tanti modi a persuaderlo adatta, +sempre offerendo in merito il palagio, +che fe' inchinarlo al suo voler malvagio. +La moglie Argia che stava appresso ascosa, +poi che lo vide nel suo error caduto, +saltò fuora gridando: — Ah degna cosa +che io veggo di dottor saggio tenuto! — +Trovato in sì mal'opra e viziosa, +pensa se rosso far si deve e muto. +O terra, acciò ti si gettassi dentro, +perché allor non t'apristi insino al centro? +La donna in suo discarco, ed in vergogna +d'Anselmo, il capo gl'intronò di gridi, +dicendo: — Come te punir bisogna +di quel che far con sì vil uom ti vidi, +se per seguir quel che natura agogna, +me, vinta a' prieghi del mio amante, uccidi? +ch'era bello e gentile; e un dono tale +mi fe', ch'a quel nulla il palagio vale. +S'io ti parvi esser degna d'una morte, +conosci che ne sei degno di cento: +e ben ch'in questo loco io sia sì forte, +ch'io possa di te fare il mio talento; +pure io non vo' pigliar di peggior sorte +altra vendetta del tuo fallimento. +Di par l'avere e 'l dar, marito, poni; +fa, com'io a te, che tu a me ancor perdoni: +e sia la pace e sia l'accordo fatto, +ch'ogni passato error vada in oblio; +né ch'in parole io possa mai né in atto +ricordarti il tuo error, né a me tu il mio. — +Il marito ne parve aver buon patto, +né dimostrossi al perdonar restio. +Così a pace e concordia ritornaro, +e sempre poi fu l'uno all'altro caro. — +Così disse il nocchiero; e mosse a riso +Rinaldo al fin de la sua istoria un poco; +e diventar gli fece a un tratto il viso, +per l'onta del dottor, come di fuoco. +Rinaldo Argia molto lodò, ch'avviso +ebbe d'alzare a quello augello un gioco +ch'alla medesma rete fe' cascallo, +in che cadde ella, ma con minor fallo. +Poi che più in alto il sole il camin prese, +fe' il paladino apparecchiar la mensa, +ch'avea la notte il Mantuan cortese +provista con larghissima dispensa. +Fugge a sinistra intanto il bel paese, +ed a man destra la palude immensa: +viene e fuggesi Argenta e 'l suo girone +col lito ove Santerno il capo pone. +Allora la Bastia credo non v'era, +di che non troppo si vantar Spagnuoli +d'avervi su tenuta la bandiera; +ma più da pianger n'hanno i Romagniuoli. +E quindi a filo alla dritta riviera +cacciano il legno, e fan parer che voli. +Lo volgon poi per una fossa morta, +ch'a mezzodì presso a Ravenna il porta. +Ben che Rinaldo con pochi danari +fosse sovente, pur n'avea sì alora, +che cortesia ne fece a' marinari, +prima che li lasciasse alla buon'ora. +Quindi mutando bestie e cavallari, +Arimino passò la sera ancora; +né in Montefiore aspetta il matutino, +e quasi a par col sol giunge in Urbino. +Quivi non era Federico allora, +né l'Issabetta, né 'l buon Guido v'era, +né Francesco Maria, né Leonora, +che con cortese forza e non altiera +avesse astretto a far seco dimora +sì famoso guerrier più d'una sera; +come fer già molti anni, ed oggi fanno +a donne e a cavallier che di là vanno. +Poi che quivi alla briglia alcun nol prende, +smonta Rinaldo a Cagli alla via dritta. +Pel monte che 'l Metauro o il Gauno fende, +passa Apennino e più non l'ha a man ritta; +passa gli Ombri e gli Etrusci, e a Roma scende; +da Roma ad Ostia; e quindi si tragitta +per mare alla cittade a cui commise +il pietoso figliuol l'ossa d'Anchise. +Muta ivi legno, e verso l'isoletta +di Lipadusa fa ratto levarsi; +quella che fu dai combattenti eletta, +ed ove già stati erano a trovarsi. +Insta Rinaldo, e gli nocchieri affretta, +ch'a vela e a remi fan ciò che può farsi; +ma i venti avversi e per lui mal gagliardi, +lo fecer, ma di poco, arrivar tardi. +Giunse ch'a punto il principe d'Anglante +fatta avea l'utile opra e gloriosa: +avea Gradasso ucciso ed Agramante, +ma con dura vittoria e sanguinosa. +Morto n'era il figliuol di Monodante; +e di grave percossa e perigliosa +stava Olivier languendo in su l'arena, +e del piè guasto avea martìre e pena. +Tener non poté il conte asciutto il viso, +quando abbracciò Rinaldo, e che narrolli +che gli era stato Brandimarte ucciso, +che tanta fede e tanto amor portolli. +Né men Rinaldo, quando sì diviso +vide il capo all'amico, ebbe occhi molli: +poi quindi ad abbracciar si fu condotto +Olivier che sedea col piede rotto. +La consolazion che seppe, tutta +diè lor, ben che per sé tor non la possa; +che giunto si vedea quivi alle frutta, +anzi poi che la mensa era rimossa. +Andaro i servi alla città distrutta, +e di Gradasso e d'Agramante l'ossa +ne le ruine ascoser di Biserta, +e quivi divulgar la cosa certa. +De la vittoria ch'avea avuto Orlando, +s'allegrò Astolfo e Sansonetto molto; +non sì però, come avrian fatto, quando +non fosse a Brandimarte il lume tolto. +Sentir lui morto il gaudio va scemando +sì, che non ponno asserenare il volto. +Or chi sarà di lor, ch'annunzio voglia +a Fiordiligi dar di sì gran doglia? +La notte che precesse a questo giorno, +Fiordiligi sognò che quella vesta +che, per mandarne Brandimarte adorno, +avea trapunta e di sua man contesta, +vedea per mezzo sparsa e d'ogn'intorno +di gocce rosse, a guisa di tempesta: +parea che di sua man così l'avesse +riccamata ella, e poi se ne dogliessse. +E parea dir: — Pur hammi il signor mio +commesso ch'io la faccia tutta nera: +or perché dunque riccamata holl'io +contra sua voglia in sì strana maniera? — +Di questo sogno fe' giudicio rio; +poi la novella giunse quella sera: +ma tanto Astolfo ascosa le la tenne, +ch'a lei con Sansonetto se ne venne. +Tosto ch'entraro, e ch'ella loro il viso +vide di gaudio in tal vittoria privo; +senz'altro annunzio sa, senz'altro avviso, +che Brandimarte suo non è più vivo. +Di ciò le resta il cor così conquiso, +e così gli occhi hanno la luce a schivo, +e così ogn'altro senso se le serra, +che come morta andar si lascia in terra. +Al tornar de lo spirto, ella alle chiome +caccia le mani; ed alle belle gote, +indarno ripetendo il caro nome, +fa danno ed onta più che far lor puote: +straccia i capelli e sparge; e grida, come +donna talor che 'l demon rio percuote, +o come s'ode che già a suon di corno +Menade corse, ed aggirossi intorno. +Or questo or quel pregando va, che porto +le sia un coltel, sì che nel cor si fera: +or correr vuol là dove il legno in porto +dei duo signor defunti arrivato era, +e de l'uno e de l'altro così morto +far crudo strazio e vendetta acra e fiera: +or vuol passare il mare, e cercar tanto, +che possa al suo signor morire a canto. +— Deh perché, Brandimarte, ti lasciai +senza me andare a tanta impresa? (disse). +Vedendoti partir, non fu più mai +che Fiordiligi tua non ti seguisse. +T'avrei giovato, s'io veniva, assai, +ch'avrei tenute in te le luci fisse; +e se Gradasso avessi dietro avuto, +con un sol grido io t'avrei dato aiuto; +o forse esser potrei stata sì presta, +ch'entrando in mezzo, il colpo t'avrei tolto: +fatto scudo t'avrei con la mia testa; +che morendo io, non era il danno molto. +Ogni modo io morrò; né fia di questa +dolente morte alcun profitto colto, +che, quando io fossi morta in tua difesa, +non potrei meglio aver la vita spesa. +Se pur ad aiutarti i duri fati +avessi avuti e tutto il cielo avverso, +gli ultimi baci almeno io t'avrei dati, +almen t'avrei di pianto il viso asperso; +e prima che con gli angeli beati +fosse lo spirto al suo Fattor converso, +detto gli avrei: Va in pace, e là m'aspetta; +ch'ovunque sei, son per seguirti in fretta. +È questo, Brandimarte, è questo il regno +di che pigliar lo scettro ora dovevi? +Or così teco a Dammogire io vegno? +così nel real seggio mi ricevi? +Ah Fortuna crudel, quanto disegno +mi rompi! oh che speranze oggi mi levi! +Deh, che cesso io, poi c'ho perduto questo +tanto mio ben, ch'io non perdo anco il resto? — +Questo ed altro dicendo, in lei risorse +il furor con tanto impeto e la rabbia, +ch'a stracciare il bel crin di nuovo corse, +come il bel crin tutta la colpa n'abbia. +Le mani insieme si percosse e morse, +nel sen si cacciò l'ugne e ne le labbia. +Ma torno a Orlando ed a' compagni, intanto +ch'ella si strugge e si consuma in pianto. +Orlando, col cognato che non poco +bisogno avea di medico e di cura, +ed altretanto, perché in degno loco +avesse Brandimarte sepultura, +verso il monte ne va che fa col fuoco +chiara la notte, e il dì di fumo oscura. +Hanno propizio il vento, e a destra mano +non è quel lito lor molto lontano. +Con fresco vento ch'in favor veniva, +sciolser la fune al declinar del giorno, +mostrando lor la taciturna diva +la dritta via col luminoso corno; +e sorser l'altro dì sopra la riva +ch'amena giace ad Agringento intorno. +Quivi Orlando ordinò per l'altra sera +ciò ch'a funeral pompa bisogno era. +Poi che l'ordine suo vide essequito, +essendo omai del sole il lume spento, +fra molta nobiltà ch'era allo 'nvito +de' luoghi intorno corsa in Agringento, +d'accesi torchi tutto ardendo 'l lito, +e di grida sonando e di lamento, +tornò Orlando ove il corpo fu lasciato, +che vivo e morto avea con fede amato. +Quivi Bardin di soma d'anni grave +stava piangendo alla bara funèbre, +che pel gran pianto ch'avea fatto in nave, +dovrìa gli occhi aver pianti e le palpèbre. +Chiamando il ciel crudel, le stelle prave, +ruggia come un leon ch'abbia la febre. +Le mani erano intanto empie e ribelle +ai crin canuti e alla rugosa pelle. +Levossi, al ritornar del paladino, +maggiore il grido, e raddoppiossi il pianto. +Orlando, fatto al corpo più vicino, +senza parlar stette a mirarlo alquanto, +pallido come colto al matutino +è da sera il ligustro o il molle acanto; +e dopo un gran sospir, tenendo fisse +sempre le luci in lui, così gli disse: +— O forte, o caro, o mio fedel compagno, +che qui sei morto, e so che vivi in cielo, +e d'una vita v'hai fatto guadagno, +che non ti può mai tor caldo né gielo, +perdonami, se ben vedi ch'io piagno; +perché d'esser rimaso mi querelo, +e ch'a tanta letizia io non son teco; +non già perché qua giù tu non sia meco. +Solo senza te son; né cosa in terra +senza te posso aver più, che mi piaccia. +Se teco era in tempesta e teco in guerra, +perché non anco in ozio ed in bonaccia? +Ben grande e 'l mio fallir, poi che mi serra +di questo fango uscir per la tua traccia. +Se negli affanni teco fui, perch'ora +non sono a parte del guadagno ancora? +Tu guadagnato, e perdita ho fatto io: +sol tu all'acquisto, io non son solo al danno. +Partecipe fatto è del dolor mio +l'Italia, il regno franco e l'alemanno. +Oh quanto, quanto il mio signore e zio, +oh quanto i paladin da doler s'hanno! +quanto l'Imperio e la cristiana Chiesa, +che perduto han la sua maggior difesa! +Oh quanto si torrà per la tua morte +di terrore a' nimici e di spavento! +Oh quanto Pagania sarà più forte! +quanto animo n'avrà, quanto ardimento! +Oh come star ne dee la tua consorte! +Sin qui ne veggo il pianto, e 'l grido sento. +So che m'accusa, e forse odio mi porta, +che per me teco ogni sua speme è morta. +Ma, Fiordiligi, almen resti un conforto +a noi che siàn di Brandimarte privi; +ch'invidiar lui con tanta gloria morto +denno tutti i guerrier ch'oggi son vivi. +Quei Deci, e quel nel roman foro absorto, +quel sì lodato Codro dagli Argivi, +non con più altrui profitto e più suo onore +a morte si donar, del tuo signore. — +Queste parole ed altre dicea Orlando. +Intanto i bigi, i bianchi, i neri frati, +e tutti gli altri chierci, seguitando +andavan con lungo ordine accoppiati, +per l'alma del defunto Dio pregando, +che gli donasse requie tra' beati. +Lumi inanzi e per mezzo e d'ogn'intorno, +mutata aver parean la notte in giorno. +Levan la bara, ed a portarla foro +messi a vicenda conti e cavallieri. +Purpurea seta la copria, che d'oro +e di gran perle avea compassi altieri: +di non men bello e signoril lavoro +avean gemmati e splendidi origlieri; +e giacea quivi il cavallier con vesta +di color pare, e d'un lavor contesta. +Trecento agli altri eran passati inanti, +de' più poveri tolti de la terra, +parimente vestiti tutti quanti +di panni negri e lunghi sin a terra. +Cento paggi seguian sopra altretanti +grossi cavalli e tutti buoni a guerra; +e i cavalli coi paggi ivano il suolo +radendo col lor abito di duolo. +Molte bandiere inanzi e molte dietro, +che di diverse insegne eran dipinte, +spiegate accompagnavano il ferètro; +le quai già tolte a mille schiere vinte, +e guadagnate a Cesare ed a Pietro +avean le forze ch'or giaceano estinte. +Scudi v'erano molti, che di degni +guerrieri, a chi fur tolti, aveano i segni. +Venian cento e cent'altri a diversi usi +de l'esequie ordinati; ed avean questi, +come anco il resto, accesi torchi; e chiusi, +più che vestiti, eran di nere vesti. +Poi seguia Orlando, e ad or ad or suffusi +di lacrime avea gli occhi e rossi e mesti; +né più lieto di lui Rinaldo venne: +il piè Olivier, che rotto avea, ritenne. +Lungo sarà s'io vi vo' dire in versi +le cerimonie, e raccontarvi tutti +i dispensati manti oscuri e persi, +gli accesi torchi che vi furon strutti. +Quindi alla chiesa catedral conversi, +dovunque andar, non lasciaro occhi asciutti: +sì bel, sì buon, sì giovene a pietade +mosse ogni sesso, ogni ordine, ogni etade. +Fu posto in chiesa; e poi che da le donne +di lacrime e di pianti inutil opra, +e che dai sacerdoti ebbe eleisonne +e gli altri santi detti avuto sopra, +in una arca il serbar su due colonne: +e quella vuole Orlando che si cuopra +di ricco drappo d'or, sin che reposto +in un sepulcro sia di maggior costo. +Orlando di Sicilia non si parte, +che manda a trovar porfidi e alabastri. +Fece fare il disegno, e di quell'arte +inarrar con gran premio i miglior mastri. +Fe' le lastre, venendo in questa parte, +poi drizzar Fiordiligi, e i gran pilastri; +che quivi (essendo Orlando già partito) +si fe' portar da l'africano lito. +E vedendo le lacrime indefesse, +ed ostinati a uscir sempre i sospiri, +né per far sempre dire uffici e messe, +mai satisfar potendo a' suoi disiri; +di non partirsi quindi in cor si messe, +fin che del corpo l'anima non spiri: +e nel sepolcro fe' fare una cella, +e vi si chiuse, e fe' sua vita in quella. +Oltre che messi e lettere le mande, +vi va in persona Orlando per levarla. +Se viene in Francia, con pension ben grande +compagna vuol di Galerana farla: +quando tornare al padre anco domande, +sin alla Lizza vuole accompagnarla: +edificar le vuole un monastero, +quando servire a Dio faccia pensiero. +Stava ella nel sepulcro; e quivi attrita +da penitenza, orando giorno e notte, +non durò lunga età, che di sua vita +da la Parca le fur le fila rotte. +Già fatto avea da l'isola partita, +ove i Ciclopi avean l'antique grotte, +i tre guerrier di Francia, afflitti e mesti +che 'l quarto lor compagno a dietro resti. +Non volean senza medico levarsi, +che d'Olivier s'avesse a pigliar cura; +la qual, perché a principio mal pigliarsi +poté, fatt'era faticosa e dura: +e quello udiano in modo lamentarsi, +che del suo caso avean tutti paura. +Tra lor di ciò parlando, al nocchier nacque +un pensiero, e lo disse; e a tutti piacque. +Disse ch'era di là poco lontano +in un solingo scoglio uno eremita, +a cui ricorso mai non s'era invano, +o fosse per consiglio o per aita; +e facea alcuno effetto soprumano, +dar lume a ciechi, e tornar morti a vita, +fermare il vento ad un segno di croce, +e far tranquillo il mar quando è più atroce: +e che non denno dubitare, andando +a ritrovar quel uomo a Dio sì caro, +che lor non renda Olivier sano, quando +fatto ha di sua virtù segno più chiaro. +Questo consiglio sì piacque ad Orlando, +che verso il santo loco si drizzaro; +né mai piegando dal camin la prora, +vider lo scoglio al sorger de l'aurora. +Scorgendo il legno uomini in acqua dotti, +sicuramente s'accostaro a quello. +Quivi aiutando servi e galeotti, +declinano il marchese nel battello: +e per le spumose onde fur condotti +nel duro scoglio, ed indi al santo ostello; +al santo ostello, a quel vecchio medesmo, +per le cui mani ebbe Ruggier battesmo. +Il servo del Signor del paradiso +raccolse Orlando ed i compagni suoi, +e benedilli con giocondo viso, +e de' lor casi dimandolli poi; +ben che de lor venuta avuto avviso +avesse prima dai celesti eroi. +Orlando gli rispose esser venuto +per ritrovare al suo Oliviero aiuto; +ch'era, pugnando per la fé di Cristo, +a periglioso termine ridutto. +Levògli il santo ogni sospetto tristo, +e gli promisse di sanarlo in tutto. +Né d'unguento trovandosi provisto, +né d'altra umana medicina istrutto, +andò alla chiesa, ed orò al Salvatore; +ed indi uscì con gran baldanza fuore: +e in nome de le eterne tre Persone, +Padre e Figliuolo e Spirto Santo, diede +ad Olivier la sua benedizione. +Oh virtù che dà Cristo a chi gli crede! +Cacciò dal cavalliero ogni passione, +e ritornolli a sanitade il piede, +più fermo e più espedito che mai fosse: +e presente Sobrino a ciò trovosse. +Giunto Sobrin de le sue piaghe a tanto, +che star peggio ogni giorno se ne sente, +tosto che vede del monaco santo +il miracolo grande ed evidente, +si dispon di lasciar Macon da canto, +e Cristo confessar vivo e potente: +e domanda con cor di fede attrito, +d'iniciarsi al nostro sacro rito. +Così l'uom giusto lo battezza, ed anco +gli rende, orando, ogni vigor primiero. +Orlando e gli altri cavallier non manco +di tal conversion letizia fero, +che di veder che liberato e franco +del periglioso mal fosse Oliviero. +Maggior gaudio degli altri Ruggier ebbe; +e molto in fede e in devozione accrebbe. +Era Ruggier dal dì che giunse a nuoto +su questo scoglio, poi statovi ognora. +Fra quei guerrieri il vecchiarel devoto +sta dolcemente, e li conforta ed ora +a voler, schivi di pantano e loto, +mondi passar per questa morta gora +c'ha nome vita, che sì piace a' sciocchi; +ed alla via del ciel sempre aver gli occhi. +Orlando un suo mandò sul legno, e trarne +fece pane e buon vin, cacio e persutti; +e l'uom di Dio, ch'ogni sapor di starne +pose in oblio, poi ch'avvezzossi a' frutti, +per carità mangiar fecero carne, +e ber del vino, e far quel che fer tutti. +Poi ch'alla mensa consolati foro, +di molte cose ragionar tra loro. +E come accade nel parlar sovente, +ch'una cosa vien l'altra dimostrando, +Ruggier riconosciuto finalmente +fu da Rinaldo, da Olivier, da Orlando, +per quel Ruggiero in arme sì eccellente, +il cui valor s'accorda ognun lodando: +né Rinaldo l'avea raffigurato +per quel che provò già ne lo steccato. +Ben l'avea il re Sobrin riconosciuto, +tosto che 'l vide col vecchio apparire; +ma volse inanzi star tacito e muto, +che porsi in aventura di fallire. +Poi ch'a notizia agli altri fu venuto +che questo era Ruggier, di cui l'ardire, +la cortesia e 'l valore alto e profondo +si facea nominar per tutto il mondo; +e sapendosi già ch'era cristiano, +tutti con lieta e con serena faccia +vengono a lui: chi gli tocca la mano, +e chi lo bacia, e chi lo stringe e abbraccia. +Sopra gli altri il signor di Montalbano +d'accarezzarlo e fargli onor procaccia. +Perch'esso più degli altri, io 'l serbo a dire +ne l'altro canto, se 'l vorrete udire. +Spesso in poveri alberghi e in picciol tetti, +ne le calamitadi e nei disagi, +meglio s'aggiungon d'amicizia i petti, +che fra ricchezze invidiose ed agi +de le piene d'insidie e di sospetti +corti regali e splendidi palagi, +ove la caritade è in tutto estinta, +né si vede amicizia, se non finta. +Quindi avvien che tra principi e signori +patti e convenzion son sì frali. +Fan lega oggi re, papi e imperatori; +doman saran nimici capitali: +perché, qual l'apparenze esteriori, +non hanno i cor, non han gli animi tali; +che non mirando al torto più ch'al dritto, +attendon solamente al lor profitto. +Questi, quantunque d'amicizia poco +sieno capaci, perché non sta quella +ove per cose gravi, ove per giuoco +mai senza finzion non si favella; +pur, se talor gli ha tratti in umil loco +insieme una fortuna acerba e fella, +in poco tempo vengono a notizia +(quel che in molto non fer) de l'amicizia. +Il santo vecchiarel ne la sua stanza +giunger gli ospiti suoi con nodo forte +ad amor vero meglio ebbe possanza, +ch'altri non avria fatto in real corte. +Fu questo poi di tal perseveranza, +che non si sciolse mai fin alla morte. +Il vecchio li trovò tutti benigni, +candidi più nel cor, che di fuor cigni. +Trovolli tutti amabili e cortesi, +non de la iniquità ch'io v'ho dipinta +di quei che mai non escono palesi, +ma sempre van con apparenza finta. +Di quanto s'eran per adietro offesi +ogni memoria fu tra loro estinta; +e se d'un ventre fossero e d'un seme, +non si potriano amar più tutti insieme. +Sopra gli altri il signor di Montalbano +accarezzava e riveria Ruggiero; +sì perché già l'avea con l'arme in mano +provato quanto era animoso e fiero, +sì per trovarlo affabile ed umano +più che mai fosse al mondo cavalliero: +ma molto più, che da diverse bande +si conoscea d'avergli obligo grande. +Sapea che di gravissimo periglio +egli avea liberato Ricciardetto, +quando il re ispano gli fe' dar di piglio +e con la figlia prendere nel letto; +e ch'avea tratto l'uno e l'altro figlio +del duca Buovo (com'io v'ho detto) +di man dei Saracini e dei malvagi +ch'eran col maganzese Bertolagi. +Questo debito a lui parea di sorte, +ch'ad amar lo stringeano e ad onorarlo; +e gli ne dolse e gli ne 'ncrebbe forte, +che prima non avea potuto farlo, +quando era l'un ne l'africana corte, +e l'altro agli servigi era di Carlo. +Or che fatto cristian quivi lo trova, +quel che non fece prima, or far gli giova. +Proferte senza fine, onore e festa +fece a Ruggiero il paladin cortese. +Il prudente eremita, come questa +benivolenza vide, adito prese. +Entrò dicendo: — A fare altro non resta +(e lo spero ottener senza contese), +che come l'amicizia è tra voi fatta, +tra voi sia ancora affinità contratta; +acciò che de le due progenie illustri +che non han par di nobiltade al mondo, +nasca un lignaggio che più chiaro lustri, +che 'l chiaro sol, per quanto gira a tondo; +e come andran più inanzi ed anni e lustri, +sarà più bello, e durerà (secondo +che Dio m'ispira, acciò ch'a voi nol celi) +fin che terran l'usato corso i cieli. — +E seguitando il suo parlar più inante, +fa il santo vecchio sì, che persuade +che Rinaldo a Ruggier dia Bradamante, +ben che pregar né l'un né l'altro accade. +Loda Olivier col principe d'Anglante, +che far si debba questa affinitade; +il che speran ch'approvi Amone e Carlo, +e debba tutta Francia commendarlo. +Così dicean; ma non sapean ch'Amone, +con voluntà del figlio di Pipino, +n'avea dato in quei giorni intenzione +all'imperator greco Costantino, +che gliele domandava per Leone +suo figlio e successor nel gran domìno. +Se n'era, pel valor che n'avea inteso, +senza vederla, il giovinetto acceso. +Risposto gli avea Amon, che da sé solo +non era per concludere altramente, +né pria che ne parlasse col figliuolo +Rinaldo, da la corte allora assente; +il qual credea che vi verrebbe a volo, +e che di grazia avria sì gran parente: +pur, per molto rispetto che gli avea, +risolver senza lui non si volea. +Or Rinaldo lontan dal padre, quella +pratica imperial tutta ignorando, +quivi a Ruggier promette la sorella +di suo parere, e di parer d'Orlando +e degli altri ch'avea seco alla cella, +ma sopra tutti l'eremita instando: +e crede veramente che piacere +debba ad Amon quel parentado avere. +Quel dì e la notte, e del seguente giorno +steron gran parte col monaco saggio, +quasi obliando al legno far ritorno, +ben che il vento spirasse al lor viaggio. +Ma i lor nocchieri, a cui tanto soggiorno +increscea omai, mandar più d'un messaggio, +che sì li stimular de la partita, +ch'a forza li spiccar da l'eremita. +Ruggier che stato era in esilio tanto, +né da lo scoglio avea mai mosso il piede, +tolse licenza da quel mastro santo +ch'insegnata gli avea la vera fede. +La spada Orlando gli rimesse a canto, +l'arme d'Ettorre, e il buon Frontin gli diede; +sì per mostrar del suo amor segno espresso, +sì per saper che dianzi erano d'esso. +E quantunque miglior ne l'incantata +spada ragione avesse il paladino, +che con pena e travaglio già levata +l'avea dal formidabile giardino, +che non avea Ruggiero a cui donata +dal ladro fu, che gli diè ancor Frontino; +pur volentier gliele donò col resto +de l'arme, tosto che ne fu richiesto. +Fur benedetti dal vecchio devoto, +e sul navilio al fin si ritornaro. +I remi all'acqua, e dier le vele al Noto; +e fu lor sì sereno il tempo e chiaro, +che non vi bisognò priego né voto, +fin che nel porto di Marsilia entraro. +Ma quivi stiano tanto, ch'io conduca +insieme Astolfo, il glorioso duca. +Poi che de la vittoria Astolfo intese, +che sanguinosa e poco lieta s'ebbe; +vedendo che sicura da l'offese +d'Africa oggimai Francia esser potrebbe, +pensò che 'l re de' Nubi in suo paese +con l'esercito suo rimanderebbe +per la strada medesima che tenne +quando contra Biserta se ne venne. +L'armata che i pagan roppe ne l'onde, +già rimandata avea il figliuol d'Ugiero; +di cui, nuovo miracolo, le sponde +(tosto che ne fu uscito il popul nero) +e le poppe e le prore mutò in fronde, +e ritornolle al suo stato primiero: +poi venne il vento, e come cosa lieve +levolle in aria, e fe' sparire in breve. +Chi a piedi e chi in arcion tutte partita +d'Africa fer le nubiane schiere. +Ma prima Astolfo si chiamò infinita +grazia al Senapo ed immortale avere; +che gli venne in persona a dare aita +con ogni sforzo ed ogni suo potere. +Astolfo lor ne l'uterino claustro +a portar diede il fiero e turbido austro. +Negli utri, dico, il vento diè lor chiuso, +ch'uscir di mezzodì suol con tal rabbia, +che muove a guisa d'onde, e leva in suso, +e ruota fin in ciel l'arrida sabbia; +acciò se lo portassero a lor uso, +che per camino a far danno non abbia; +e che poi, giunti ne la lor regione, +avessero a lassar fuor di prigione. +Scrive Turpino, come furo ai passi +de l'alto Atlante, che i cavalli loro +tutti in un tempo diventaron sassi; +sì che, come venir, se ne tornoro. +Ma tempo è omai ch'Astolfo in Francia passi; +e così, poi che del paese moro +ebbe provisto ai luoghi principali, +all'ippogrifo suo fe' spiegar l'ali. +Volò in Sardigna in un batter di penne, +e di Sardigna andò nel lito corso; +e quindi sopra il mar la strada tenne, +torcendo alquanto a man sinistra il morso. +Ne le maremme all'ultimo ritenne +de la ricca Provenza il leggier corso; +dove seguì de l'ippogrifo quanto +gli disse già l'evangelista santo. +Hagli commesso il santo evangelista, +che più, giunto in Provenza, non lo sproni; +e ch'all'impeto fier più non resista +con sella e fren, ma libertà gli doni. +Già avea il più basso ciel che sempre acquista +del perder nostro, al corno tolti i suoni; +che muto era restato, non che roco, +tosto ch'entrò 'l guerrier nel divin loco. +Venne Astolfo a Marsilia, e venne a punto +il dì che v'era Orlando ed Oliviero +e quel da Montalbano insieme giunto +col buon Sobrino e col meglior Ruggiero. +La memoria del sozio lor defunto +vietò che i paladini non potero +insieme così a punto rallegrarsi, +come in tanta vittoria dovea farsi. +Carlo avea di Sicilia avuto avviso +dei duo re morti e di Sobrino preso, +e ch'era stato Brandimarte ucciso; +poi di Ruggiero avea non meno inteso: +e ne stava col lor lieto e col viso +d'aver gittato intolerabil peso, +che gli fu sopra gli omeri sì greve, +che starà un pezzo pria che si rileve. +Per onorar costor ch'eran sostegno +del santo Imperio e la maggior colonna, +Carlo mandò la nobiltà del regno +ad incontrarli fin sopra la Sonna. +Egli uscì poi col suo drappel più degno +di re e di duci, e con la propria donna, +fuor de le mura, in compagnia di belle +e ben ornate e nobili donzelle. +L'imperator con chiara e lieta fronte, +i paladini e gli amici e i parenti, +la nobiltà, la plebe fanno al conte +ed agli altri d'amor segni evidenti: +gridar s'ode Mongrana e Chiaramonte. +Sì tosto non finir gli abbracciamenti, +Rinaldo e Orlando insieme ed Oliviero +al signor loro appresentar Ruggiero; +e gli narrar che di Ruggier di Risa +era figliuol, di virtù uguale al padre: +se sia animoso e forte, ed a che guisa +sappia ferir, san dir le nostre squadre. +Con Bradamante in questo vien Marfisa, +le due compagne nobili e leggiadre: +ad abbracciar Ruggier vien la sorella; +con più rispetto sta l'altra donzella. +L'imperator Ruggier fa risalire, +ch'era per riverenza sceso a piede, +e lo fa a par a par seco venire, +e di ciò ch'a onorarlo si richiede, +un punto sol non lassa preterire. +Ben sapea che tornato era alla fede; +che tosto che i guerrier furo all'asciutto, +certificato avean Carlo del tutto. +Con pompa trionfal, con festa grande +tornaro insieme dentro alla cittade, +che di frondi verdeggia e di ghirlande: +coperte a panni son tutte le strade: +nembo d'erbe e di fior d'alto si spande, +e sopra e intorno ai vincitori cade, +che da verroni e da finestre amene +donne e donzelle gittano a man piene. +Al volgersi dei canti in vari lochi +trovano archi e trofei subito fatti, +che di Biserta le ruine e i fochi +mostran dipinti, ed altri degni fatti; +altrove palchi con diversi giuochi +e spettacoli e mimmi e scenici atti: +ed è per tutti i canti il titol vero +scritto: — Ai liberatori de l'Impero. — +Fra il suon d'argute trombe e di canore +pifare e d'ogni musica armonia, +fra riso e plauso, iubilo e favore +del populo ch'a pena vi capia, +smontò al palazzo il magno imperatore, +ove più giorni quella compagnia +con torniamenti, personaggi e farse, +danze e conviti attese a dilettarse. +Rinaldo un giorno al padre fe' sapere +che la sorella a Ruggier dar volea; +ch'in presenza d'Orlando per mogliere, +e d'Olivier, promessa glie l'avea; +li quali erano seco d'un parere, +che parentado far non si potea +per nobiltà di sangue e per valore, +che fosse a questo par, non che migliore. +Ode Amone il figliuol con qualche sdegno, +che, senza conferirlo seco, gli osa +la figlia maritar, ch'esso ha disegno +che del figliuol di Costantin sia sposa, +non di Ruggier, il qual non ch'abbi regno, +ma non può al mondo dir: questa è mia cosa; +né sa che nobiltà poco si prezza, +e men virtù, se non v'è ancor ricchezza. +Ma più d'Amon la moglie Beatrice +biasma il figliuolo e chiamalo arrogante; +e in segreto e in palese contradice +che di Ruggier sia moglie Bradamante: +a tutta sua possanza imperatrice +ha disegnato farla di Levante. +Sta Rinaldo ostinato che non vuole +che manchi un iota de le sue parole. +La madre, ch'aver crede alle sue voglie +la magnanima figlia, la conforta +che dica che, più tosto ch'esser moglie +d'un pover cavallier, vuole esser morta; +né mai più per figliuola la raccoglie, +se questa ingiuria dal fratel sopporta: +nieghi pur con audacia, e tenga saldo; +che per sforzar non la sarà Rinaldo. +Sta Bradamante tacita, né al detto +de la madre s'arrisca a contradire; +che l'ha in tal riverenza e in tal rispetto, +che non potria pensar non l'ubbidire. +Da l'altra parte terria gran difetto, +se quel che non vuol far, volesse dire. +Non vuol, perché non può; che 'l poco e 'l molto +poter di sé disporre Amor le ha tolto. +Né negar, né mostrarsene contenta +s'ardisce; e sol sospira, e non risponde: +poi quando è in luogo ch'altri non la senta, +versan lacrime gli occhi a guisa d'onde; +e parte del dolor che la tormenta, +sentir fa al petto ed alle chiome bionde, +che l'un percuote, e l'altro straccia e frange; +e così parla, e così seco piange: +— Ahimè! vorrò quel che non vuol chi deve +poter del voler mio più che poss'io? +Il voler di mia madre avrò in sì lieve +stima, ch'io lo posponga al voler mio? +Deh! qual peccato puote esser sì grieve +a una donzella, qual biasmo sì rio, +come questo sarà, se, non volendo +chi sempre ho da ubbidir, marito prendo? +Avrà, misera me! dunque possanza +la materna pietà, ch'io t'abandoni, +o mio Ruggiero, e ch'a nuova speranza, +a desir nuovo, a nuovo amor mi doni? +O pur la riverenza e l'osservanza +ch'ai buoni padri denno i figli buoni, +porrò da parte, e solo avrò rispetto +al mio bene, al mio gaudio, al mio diletto? +So quanto, ahi lassa! debbo far, so quanto +di buona figlia al debito conviensi; +io 'l so: ma che mi val, se non può tanto +la ragion, che non possino più i sensi? +s'Amor la caccia e la far star da canto, +né lassa ch'io disponga, né ch'io pensi +di me dispor, se non quanto a lui piaccia, +e sol, quanto egli detti, io dica e faccia? +Figlia d'Amone e di Beatrice sono, +e son, misera me! serva d'Amore. +Dai genitori miei trovar perdono +spero e pietà, s'io caderò in errore: +ma s'io offenderò Amor, chi sarà buono +a schivarmi con prieghi il suo furore, +che sol voglia una di mie scuse udire, +e non mi faccia subito morire? +Ohimè! con lunga ed ostinata prova +ho cercato Ruggier trarre alla fede; +ed hollo tratto al fin: ma che mi giova, +se 'l mio ben fare in util d'altri cede? +Così, ma non per sé, l'ape rinuova +il mele ogni anno, e mai non lo possiede. +Ma vo' prima morir, che mai sia vero, +ch'io pigli altro marito, che Ruggiero. +S'io non sarò al mio padre ubbidiente, +né alla mia madre, io sarò al mio fratello, +che molto e molto è più di lor prudente, +né gli ha la troppa età tolto il cervello. +E a questo che Rinaldo vuol, consente +Orlando ancora; e per me ho questo e quello: +li quali duo più onora il mondo e teme, +che l'altra nostra gente tutta insieme. +Se questi il fior, se questi ognuno stima +la gloria e lo splendor di Chiaramonte; +se sopra gli altri ognun gli alza e sublima +più che non è del piede alta la fronte; +perché debbo voler che di me prima +Amon disponga, che Rinaldo e 'l conte? +Voler nol debbo, tanto men, che messa +in dubbio al Greco, e a Ruggier fui promessa. — +Se la donna s'affligge e si tormenta, +né di Ruggier la mente è più quieta; +ch'ancor che di ciò nuova non si senta +per la città, pur non è a lui segreta. +Seco di sua fortuna si lamenta, +la qual fruir tanto suo ben gli vieta, +poi che ricchezze non gli ha date e regni, +di che è stata sì larga a mille indegni. +Di tutti gli altri beni, o che concede +Natura al mondo, o proprio studio acquista, +aver tanta e tal parte egli si vede, +qual e quanta altri aver mai s'abbia vista; +ch'a sua bellezza ogni bellezza cede, +ch'a sua possanza è raro chi resista: +di magnanimità, di splendor regio +a nessun, più ch'a lui, si debbe il pregio. +Ma il volgo, nel cui arbitrio son gli onori, +che, come pare a lui, li leva e dona +(né dal nome del volgo voglio fuori, +eccetto l'uom prudente, trar persona; +che né papi né re né imperatori +non ne tra' scettro, mitra né corona; +ma la prudenza, ma il giudizio buono, +grazie che dal ciel date a pochi sono); +questo volgo (per dir quel ch'io vo' dire) +ch'altro non riverisce che ricchezza, +né vede cosa al mondo, che più ammire, +e senza, nulla cura e nulla apprezza, +sia quanto voglia la beltà, l'ardire, +la possanza del corpo, la destrezza, +la virtù, il senno, la bontà; e più in questo +di ch'ora vi ragiono, che nel resto. +Dicea Ruggier: — Se pur è Amon disposto +che la figliuola imperatrice sia, +con Leon non concluda così tosto: +almen termine un anno anco mi dia; +ch'io spero intanto, che da me deposto +Leon col padre de l'imperio fia; +e poi che tolto avrò lor le corone, +genero indegno non sarò d'Amone. +Ma se fa senza indugio, come ha detto, +suocero de la figlia Costantino; +s'alla promessa non avrà rispetto +di Rinaldo e d'Orlando suo cugino, +fattami inanzi al vecchio benedetto, +al marchese Uliviero, al re Sobrino, +che farò? vo' patir sì grave torto? +o, prima che patirlo, esser pur morto? +Deh che farò? farò dunque vendetta +contra il padre di lei di questo oltraggio? +Non miro ch'io non son per farlo in fretta, +o s'in tentarlo io mi sia stolto o saggio. +Ma voglio presupor ch'a morte io metta +l'iniquo vecchio e tutto il suo lignaggio: +questo non mi farà però contento; +anzi in tutto sarà contra il mio intento. +E fu sempre il mio intento, ed è, che m'ami +la bella donna, e non che mi sia odiosa: +ma, quando Amone uccida, o facci o trami +cosa al fratello o agli altri suoi dannosa, +non le do iusta causa che mi chiami +nimico, e più non voglia essermi sposa? +Che debbo dunque far? debbol patire? +Ah non, per Dio! più tosto io vo' morire. +Anzi non vo' morir; ma vo' che muoia +con più ragion questo Leone Augusto, +venuto a disturbar tanta mia gioia: +o vo' che muoia egli e 'l suo padre ingiusto. +Elena bella all'amator di Troia +non costò sì, né a tempo più vetusto +Proserpina a Piritoo, come voglio +ch'al padre e al figlio costi il mio cordoglio. +Può esser, vita mia, che non ti doglia +lasciare il tuo Ruggier per questo Greco? +Potrà tuo padre far che tu lo toglia, +ancor ch'avesse i tuoi fratelli seco? +Ma sto in timor, ch'abbi più tosto voglia +d'esser d'accordo con Amon, che meco; +e che ti paia assai miglior partito +Cesare aver, ch'un privato uom marito. +Sarà possibil mai che nome regio, +titolo imperial, grandezza e pompa, +di Bradamante mia l'animo egregio, +il gran valor, l'alta virtù corrompa? +sì ch'abbia da tenere in minor pregio +la data fede, e le promesse rompa? +né più tosto d'Amon farsi nimica, +che quel che detto m'ha, sempre non dica? — +Diceva queste ed altre cose molte +ragionando fra sé Ruggiero; e spesso +le dicea in guisa ch'erano raccolte +da chi talor se gli trovava appresso: +sì che il tormento suo più di due volte +era a colei per cui pativa, espresso, +a cui non dolea meno il sentir lui +così doler, che i propri affanni sui. +Ma più d'ogni altro duol che le sia detto, +che tormenti Ruggier, di questo ha doglia, +ch'intende che s'affligge per sospetto +ch'ella lui lasci, e che quel Greco voglia. +Onde, acciò si conforti, e che del petto +questa credenza e questo error si toglia, +per una di sue fide cameriere +gli fe' queste parole un dì sapere: +— Ruggier, qual sempre fui, tal esser voglio +fin alla morte, e più, se più si puote. +O siami Amor benigno o m'usi orgoglio, +o me Fortuna in alto o in basso ruote, +immobil son di vera fede scoglio +che d'ogn'intorno il vento e il mar percuote: +né già mai per bonaccia né per verno +luogo mutai, né muterò in eterno. +Scarpello si vedrà di piombo o lima +formare in varie imagini diamante, +prima che colpo di Fortuna, o prima +ch'ira d'Amor rompa il mio cor costante; +e si vedrà tornar verso la cima +de l'alpe il fiume turbido e sonante, +che per nuovi accidenti, o buoni o rei, +faccino altro viaggio i pensier miei. +A voi, Ruggier, tutto il dominio ho dato +di me, che forse è più ch'altri non crede. +So ben ch'a nuovo principe giurato +non fu di questa mai la maggior fede. +So che né al mondo il più sicuro stato +di questo, re né imperator possiede. +Non vi bisogna far fossa né torre, +per dubbio ch'altri a voi lo venga a torre. +Che, senza ch'assoldiate altra persona, +non verrà assalto a cui non si resista. +Non è ricchezza ad espugnarmi buona, +né sì vil prezzo un cor gentile acquista. +Né nobiltà, né altezza di corona, +ch'al sciocco volgo abbagliar suol la vista, +non beltà, ch'in lieve animo può assai, +vedrò, che più di voi mi piaccia mai. +Non avete a temer ch'in forma nuova +intagliare il mio cor mai più si possa: +sì l'imagine vostra si ritrova +sculpita in lui, ch'esser non può rimossa. +Che 'l cor non ho di cera, è fatto prova; +che gli diè cento, non ch'una percossa, +Amor, prima che scaglia ne levasse, +quando all'imagin vostra lo ritrasse. +Avorio e gemma ed ogni pietra dura +che meglio da l'intaglio si difende, +romper si può; ma non ch'altra figura +prenda, che quella ch'una volta prende. +Non è il mio cor diverso alla natura +del marmo o d'altro ch'al ferro contende. +Prima esser può che tutto Amor lo spezze, +che lo possa sculpir d'altre bellezze. — +Suggiunse a queste altre parole molte, +piene d'amor, di fede e di conforto, +da ritornarlo in vita mille volte, +se stato mille volte fosse morto. +Ma quando più de la tempesta tolte +queste speranze esser credeano in porto, +da un nuovo turbo impetuoso e scuro +rispinte in mar, lungi dal lito, furo: +però che Bradamante, ch'eseguire +vorria molto più ancor, che non ha detto, +rivocando nel cor l'usato ardire, +e lasciando ir da parte ogni rispetto, +s'appresenta un dì a Carlo, e dice: — Sire, +s'a vostra Maestade alcuno effetto +io feci mai, che le paresse buono, +contenta sia di non negarmi un dono. +E prima che più espresso io le lo chieggia, +su la real sua fede mi prometta +farmene grazia; e vorrò poi, che veggia +che sarà iusta la domanda e retta. — +— Merta la tua virtù che dar ti deggia +ciò che domandi, o giovane diletta +(rispose Carlo); e giuro, se ben parte +chiedi del regno mio, di contentarte. — +— Il don ch'io bramo da l'Altezza vostra, +è che non lasci mai marito darme +(disse la damigella), se non mostra +che più di me sia valoroso in arme. +Con qualunche mi vuol, prima o con giostra +o con la spada in mano ho da provarme. +Il primo che mi vinca, mi guadagni: +chi vinto sia, con altra s'accompagni. — +Disse l'imperator con viso lieto, +che la domanda era di lei ben degna; +e che stesse con l'animo quieto, +che farà a punto quanto ella disegna. +Non è questo parlar fatto in segreto +sì, ch'a notizia altrui tosto non vegna; +e quel giorno medesimo alla vecchia +Beatrice e al vecchio Amon corre all'orecchia. +Li quali parimente arser di grande +sdegno contro alla figlia, e di grand'ira; +che vider ben con queste sue domande, +ch'ella a Ruggier più ch'a Leone aspira: +e presti per vietar che non si mande +questo ad effetto, a ch'ella intende e mira, +la levaro con fraude de la corte, +e la menaron seco a Roccaforte. +Quest'era una fortezza ch'ad Amone +donato Carlo avea pochi dì inante, +tra Pirpignano assisa e Carcassone, +in loco a ripa il mar, molto importante. +Quivi la ritenean come in prigione +con pensier di mandarla un dì in Levante; +sì ch'ogni modo, voglia ella o non voglia, +lasci Ruggier da parte, e Leon toglia. +La valorosa donna, che non meno +era modesta, ch'animosa e forte; +ancor che posto guardia non l'avieno, +e potea entrare e uscir fuor de le porte; +pur stava ubbidiente sotto il freno +del padre: ma patir prigione e morte, +ogni martìre e crudeltà più tosto +che mai lasciar Ruggier, s'avea proposto. +Rinaldo, che si vide la sorella +per astuzia d'Amon tolta di mano, +e che dispor non potrà più di quella, +e ch'a Ruggier l'avrà promessa invano; +si duol del padre, e contra a lui favella, +posto il rispetto filial lontano. +Ma poco cura Amon di tai parole, +e di sua figlia a modo suo far vuole. +Ruggier, che questo sente, ed ha timore +di rimaner de la sua donna privo, +e che l'abbia o per forza o per amore +Leon, se resta lungamente vivo; +senza parlarne altrui si mette in core +di far che muoia, e sia d'Augusto, Divo; +e tor, se non l'inganna la sua speme, +al padre e a lui la vita e 'l regno insieme. +L'arme che fur già del troiano Ettorre, +e poi di Mandricardo, si riveste, +e fa la sella al buon Frontino porre, +e cimier muta, scudo e sopraveste. +A questa impresa non gli piacque torre +l'aquila bianca nel color celeste, +ma un candido liocorno, come giglio, +vuol ne lo scudo, e 'l campo abbia vermiglio. +Sceglie de' suoi scudieri il più fedele, +e quel vuole e non altri in compagnia; +e gli fa commission, che non rivele +in alcun loco mai, che Ruggier sia. +Passa la Mosa e 'l Reno, e passa de le +contrade d'Ostericche, in Ungheria; +e lungo l'Istro per la destra riva +tanto cavalca, ch'a Belgrado arriva. +Ove la Sava nel Danubio scende, +e verso il mar maggior con lui dà volta, +vede gran gente in padiglioni e tende +sotto l'insegne imperial raccolta; +che Costantino ricovrare intende +quella città che i Bulgari gli han tolta. +Costantin v'è in persona, e 'l figliuol seco +con quanto può tutto l'imperio greco. +Dentro a Belgrado, e fuor per tutto il monte, +e giù fin dove il fiume il piè gli lava, +l'esercito del Bulgari gli è a fronte; +e l'uno e l'altro a ber viene alla Sava. +Sul fiume il Greco per gittare il ponte, +il Bulgar per vietarlo armato stava, +quando Ruggier vi giunse; e zuffa grande +attaccata trovò fra le due bande. +I Greci son quattro contr'uno, ed hanno +navi coi ponti da gittar ne l'onda; +e di voler fiero sembiante fanno +passar per forza alla sinistra sponda. +Leone intanto, con occulto inganno +dal fiume discostandosi, circonda +molto paese, e poi vi torna, e getta +ne l'altra ripa i ponti, e passa in fretta: +e con gran gente, chi in arcion, chi a piede +(che non n'avea di ventimila un manco), +cavalcò lungo la riviera, e diede +con fiero assalto agl'inimici al fianco. +L'imperator, tosto che 'l figlio vede +sul fiume comparirsi al lato manco, +ponte aggiungendo a ponte e nave a nave, +passa di là con quanto esercito have. +Il capo, il re de' Bulgari Vatrano, +animoso e prudente e pro' guerriero, +di qua e di là s'affaticava invano +per riparare a un impeto sì fiero; +quando cingendol con robusta mano +Leon, gli fe' cader sotto il destriero: +e poi che dar prigion mai non si volse, +con mille spade la vita gli tolse. +I Bulgari sin qui fatto avean testa; +ma quando il lor signor si vider tolto, +e crescer d'ogn'intorno la tempesta, +voltar le spalle ove avean prima il volto. +Ruggier, che misto vien fra i Greci, e questa +sconfitta vede, senza pensar molto, +i Bulgari soccorrer si dispone, +perch'odia Costantino e più Leone. +Sprona Frontin che sembra al corso un vento, +e inanzi a tutti i corridori passa; +e tra la gente vien, che per spavento +al monte fugge, e la pianura lassa. +Molti ne ferma, e fa voltare il mento +contra i nimici, e poi la lancia abassa; +e con sì fier sembiante il destrier muove, +che fin nel ciel Marte ne teme e Giove. +Dinanzi agli altri un cavalliero adocchia, +che riccamato nel vestir vermiglio +avea d'oro e di seta una pannocchia +con tutto il garbo, che parea di miglio; +nipote a Costantin per la sirocchia, +ma che non gli era men caro, che figlio: +gli spezza scudo e osbergo, come vetro, +e fa la lancia un palmo apparir dietro. +Lascia quel morto, e Balisarda stringe +verso uno stuol che più si vede appresso; +e contra a questo e contra a quel si spinge, +ed a chi tronco ed a chi il capo ha fesso: +a chi nel petto, a chi nel fianco tinge +il brando, e a chi l'ha ne la gola messo: +taglia busti, anche, braccia, mani e spalle; +e il sangue, come un rio, corre alla valle. +Non è, visti quei colpi, chi gli faccia +contrasto più, così n'è ognun smarrito; +sì che si cangia subito la faccia +de la battaglia; che tornando ardito, +il petto volge, e ai Greci dà la caccia +il Bulgaro che dianzi era fuggito: +in un momento ogni ordine disciolto +si vede, e ogni stendardo a fuggir volto. +Leone Augusto s'un poggio eminente, +vedendo i suoi fuggir, s'era ridutto; +e sbigottito e mesto ponea mente +(perch'era in loco che scopriva il tutto) +al cavallier ch'uccidea tanta gente, +che per lui sol quel campo era distrutto: +e non può far, se ben n'è offeso tanto, +che non lo lodi e gli dia in arme il vanto. +Ben comprende all'insegne e sopravesti, +all'arme luminose e ricche d'oro, +che quantunque il guerrier dia aiuto a questi +nimici suoi, non sia però di loro. +Stupido mira i soprumani gesti, +e talor pensa che dal sommo coro +sia per punire i Greci un agnol sceso, +che tante e tante volte hanno Dio offeso. +E come uom d'alto e di sublime core, +ove l'avrian molt'altri in odio avuto, +egli s'innamorò del suo valore, +né veder fargli oltraggio avria voluto: +gli sarebbe per un de' suoi che muore, +vederne morir sei manco spiaciuto, +e perder anco parte del suo regno, +che veder morto un cavallier sì degno. +Come bambin, se ben la cara madre +iraconda lo batte e da sé caccia, +non ha ricorso alla sorella o al padre, +ma a lei ritorna, e con dolcezza abbraccia; +così Leon, se ben le prime squadre +Ruggier gli uccide, e l'altre gli minaccia, +non lo può odiar, perch'all'amor più tira +l'alto valor, che quella offesa all'ira. +Ma se Leon Ruggiero ammira ed ama, +mi par che duro cambio ne riporte; +che Ruggiero odia lui, né cosa brama +più che di dargli di sua man la morte. +Molto con gli occhi il cerca, ed alcun chiama, +che gliele mostri; ma la buona sorte +e la prudenza de l'esperto Greco +non lasciò mai che s'affrontasse seco. +Leone, acciò che la sua gente affatto +non fosse uccisa, fe' sonar raccolta; +ed all'imperatore un messo ratto +a pregarlo mandò, che desse volta +e ripassasse il fiume; e che buon patto +n'avrebbe, se la via non gli era tolta: +ed esso con non molti che raccolse, +al ponte ond'era entrato, i passi volse. +Molti in poter de' Bulgari restaro +per tutto il monte, e sin al fiume uccisi; +e vi restavan tutti, se 'l riparo +non gli avesse del rio tosto divisi. +Molti cader dai ponti e s'affogaro; +e molti, senza mai volgere i visi, +quindi lontano iro a trovare il guado; +e molti fur prigion tratti in Belgrado. +Finita la battaglia di quel giorno, +ne la qual, poi che il lor signor fu estinto, +danno i Bulgari avriano avuto e scorno, +se per lor non avesse il guerrier vinto, +il buon guerrier che 'l candido liocorno +ne lo scudo vermiglio avea dipinto; +a lui si trasson tutti, da cui questa +vittoria conoscean, con gioia e festa. +Uno il saluta, un altro se gl'inchina, +altri la mano, altri gli bacia il piede: +ognun, quanto più può, se gli avvicina, +e beato si tien chi appresso il vede, +e più chi 'l tocca; che toccar divina +e sopranatural cosa si crede. +Lo pregan tutti, e vanno al ciel le grida, +che sia lor re, lor capitan, lor guida. +Ruggier rispose lor, che capitano +e re sarà, quel che fia lor più a grado; +ma né a baston né a scettro ha da por mano, +né per quel giorno entrar vuole in Belgrado: +che prima che si faccia più lontano +Leon Augusto, e che ripassi il guado, +lo vuol seguir, né torsi da la traccia, +fin che nol giunga e che morir nol faccia; +che mille miglia e più, per questo solo +era venuto, e non per altro effetto. +Così senza indugiar lascia lo stuolo, +e si volge al camin che gli vien detto, +che verso il ponte fa Leone a volo, +forse per dubbio che gli sia intercetto. +Gli va dietro per l'orma in tanta fretta, +che 'l suo scudier non chiama e non aspetta. +Leone ha nel fuggir tanto vantaggio +(fuggir si può ben dir, più che ritrarse), +che trova aperto e libero il passaggio; +poi rompe il ponte, e lascia le navi arse. +Non v'arriva Ruggier, ch'ascoso il raggio +era del sol, né sa dove alloggiarse. +Cavalca inanzi, che lucea la luna, +né mai trova castel né villa alcuna. +Perché non sa dove si por, camina +tutta la notte, né d'arcion mai scende. +Ne lo spuntar del nuovo sol vicina +a man sinistra una città comprende; +ove di star tutto quel dì destina, +acciò l'ingiuria al suo Frontino emende, +a cui, senza posarlo o trargli briglia, +la notte fatto avea far tante miglia. +Ungiardo era signor di quella terra, +suddito e caro a Costantino molto, +ove avea per cagion di quella guerra +da cavallo e da piè buon numer tolto. +Quivi ove altrui l'entrata non si serra, +entra Ruggiero, e v'è sì ben raccolto, +che non gli accade di passar più avante +per aver miglior loco e più abondante. +Nel medesimo albergo in su la sera +un cavallier di Romania alloggiosse, +che si trovò ne la battaglia fiera, +quando Ruggier pei Bulgari si mosse, +ed a pena di man fuggito gli era, +ma spaventato più ch'altri mai fosse; +sì ch'ancor triema, e pargli ancora intorno +avere il cavallier dal liocorno. +Conosce, tosto che lo scudo vede, +che 'l cavallier che quella insegna porta, +è quel che la sconfitta ai Greci diede, +per le cui mani è tanta gente morta. +Corre al palazzo, ed udienza chiede, +per dire a quel signor cosa ch'importa; +e subito intromesso, dice quanto +io mi riserbo a dir ne l'altro canto. +Quanto più su l'instabil ruota vedi +di Fortuna ire in alto il miser uomo, +tanto più tosto hai da vedergli i piedi +ove ora ha il capo, e far cadendo il tomo. +Di questo esempio è Policràte, e il re di +Lidia, e Dionigi, ed altri ch'io non nomo, +che ruinati son da la suprema +gloria in un dì ne la miseria estrema. +Così all'incontro, quanto più depresso, +quanto è più l'uom di questa ruota al fondo, +tanto a quel punto più si trova appresso, +ch'a da salir, se de' girarsi in tondo. +Alcun sul ceppo quasi il capo ha messo, +che l'altro giorno ha dato legge al mondo. +Servio e Mario e Ventidio l'hanno mostro +al tempo antico, e il re Luigi al nostro: +il re Luigi, suocero del figlio +del duca mio; che rotto a Santo Albino, +e giunto al suo nimico ne l'artiglio, +a restar senza capo fu vicino. +Scorse di questo anco maggior periglio, +non molto inanzi, il gran Matia Corvino. +Poi l'un, de' Franchi passato quel punto, +l'altro al regno degli Ungari fu assunto. +Si vede per gli esempi di che piene +sono l'antiche e le moderne istorie, +che 'l ben va dietro al male, e 'l male al bene, +e fin son l'un de l'altro e biasmi e glorie; +e che fidarsi a l'uom non si conviene +in suo tesor, suo regno e sue vittorie, +né disperarsi per Fortuna avversa, +che sempre la sua ruota in giro versa. +Ruggier per la vittoria ch'avea avuto +di Leone e del padre imperatore, +in tanta confidenza era venuto +di sua fortuna e di suo gran valore, +che senza compagnia, senz'altro aiuto, +di poter egli sol gli dava il core +fra cento a piè e a cavallo armate squadre +uccider di sua mano il figlio e il padre. +Ma quella, che non vuol che si prometta +alcun di lei, gli mostrò in pochi giorni, +come tosto alzi e tosto al basso metta, +e tosto avversa e tosto amica torni. +Lo fe' conoscer quivi da chi in fretta +a procacciargli andò disagi e scorni, +dal cavallier che ne la pugna fiera +di man fuggito a gran fatica gli era. +Costui fece ad Ungiardo saper, come +quivi il guerrier ch'avea le genti rotte +di Costantino e per molt'anni dome, +stato era il giorno, e vi staria la notte; +e che Fortuna presa per le chiome, +senza che più travagli o che più lotte, +darà al suo re, se fa costui prigione; +ch'a' Bulgari, lui preso, il giogo pone. +Ungiardo da la gente, che fuggita +de la battaglia, a lui s'era ridutta +(ch'a parte a parte v'arrivò infinita, +perch'al ponte passar non potea tutta), +sapea come la strage era seguita, +che la metà de' Greci avea distrutta; +e come un cavallier solo era stato, +ch'un campo rotto, e l'altro avea salvato: +e che sia da se stesso senza caccia +venuto a dar del capo ne la rete, +si maraviglia, e mostra che gli piaccia, +con viso e gesti e con parole liete. +Aspetta che Ruggier dormendo giaccia; +poi manda le sue gente chete chete, +e fa il buon cavallier, ch'alcun sospetto +di questo non avea, prender nel letto. +Accusato Ruggier dal proprio scudo, +ne la città di Novengrado resta +prigion d'Ungiardo, il più d'ogni altro crudo, +che fa di ciò maravigliosa festa. +E che può far Ruggier, poi che gli è nudo, +ed è legato già, quando si desta? +Ungiardo un suo corrier spaccia a staffetta +a dar la nuova a Costantino in fretta. +Avea levato Costantin la notte +da le ripe di Sava ogni sua schiera; +e seco a Beleticche avea ridotte, +che città del cognato Androfilo era, +padre di quello a cui forate e rotte +(come se state fossino di cera) +al primo incontro l'arme avea il gagliardo +cavallier, or prigion del fiero Ungiardo. +Quivi fortificar facea le mura +l'imperatore, e riparar le porte; +che de' Bulgari ben non s'assicura, +che con la guida d'un guerrier sì forte +non gli faccino peggio che paura, +e 'l resto ponghin di sua gente a morte. +Or che l'ode prigion, né quelli teme, +né se con lor sia il mondo tutto insieme. +L'imperator nuota in un mar di latte, +né per letizia sa quel che si faccia. +— Ben son le genti bulgare disfatte, — +dice con lieta e con sicura faccia. +Come de la vittoria, chi combatte, +se troncasse al nimico ambe le braccia, +certo saria, così n'è certo, e gode +l'imperator, poi che 'l guerrier preso ode. +Non ha minor cagion di rallegrarsi +del padre il figlio; ch'oltre che si spera +di racquistar Belgrado, e soggiugarsi +ogni contrada che de' Bulgari era; +disegna anco il guerriero amico farsi +con benefici, e seco averlo in schiera. +Né Rinaldo né Orlando a Carlo Magno +ha da invidiar, se gli è costui compagno. +Da questa voglia è ben diversa quella +di Teodora, a chi 'l figliuolo uccise +Ruggier con l'asta che da la mammella +passò alle spalle, e un palmo fuor si mise. +A Costantin, del quale era sorella, +costei si gittò a' piedi, e gli conquise +e intenerigli il cor d'alta pietade +col largo pianto che nel sen le cade. +— Io non mi leverò da questi piedi +(diss'ella), signor mio, se del fellone +ch'uccise il mio figliuol, non mi conciedi +di vendicare, or che l'abbiàn prigione. +Oltre che stato t'è nipote, vedi +quanto t'amò, vedi quant'opre buone +ha per te fatto, e vedi s'avrai torto +di non lo vendicar di chi l'ha morto. +Vedi che per pietà del nostro duolo +ha Dio fatto levar da la campagna +questo crudele, e come augello a volo, +a dar ce l'ha condotto ne la ragna, +acciò in ripa di Stige il mio figliuolo +molto senza vendetta non rimagna. +Dammi costui, signore, e sii contento +ch'io disacerbi il mio col suo tormento. — +Così ben piange, e così ben si duole, +e così bene ed efficace parla; +né dai piedi levar mai se gli vuole, +ben che tre volte e quattro per levarla +usasse Costantino atti e parole; +ch'egli è forzato al fin di contentarla: +e così comandò che si facesse +colui condurre, e in man di lei si desse. +E per non fare in ciò lunga dimora, +condotto hanno il guerrier del liocorno, +e dato in mano alla crudel Teodora, +che non vi fu intervallo più d'un giorno. +Il far che sia squartato vivo, e muora +publicamente con obbrobrio e scorno, +poca pena le pare, e studia e pensa +altra trovarne inusitata e immensa. +La femina crudel lo fece porre, +incatenato e mani e piedi e collo, +nel tenebroso fondo d'una torre, +ove mai non entrò raggio d'Apollo. +Fuor ch'un poco di pan muffato, torre +gli fe' ogni cibo, e senza ancor lassollo +duo dì talora; e lo diè in guardia a tale, +ch'era di lei più pronto a fargli male. +Oh! se d'Amon la valorosa e bella +figlia, oh se la magnanima Marfisa +avesse avuto di Ruggier novella, +ch'in prigion tormentasse a questa guisa; +per liberarlo saria questa e quella +postasi al rischio di restarne uccisa; +né Bradamante avria, per dargli aiuto, +a Beatrice o Amon rispetto avuto. +Re Carlo intanto avendo la promessa +a costei fatta in mente, che consorte +dar non le lascierà, che sia men d'essa +al paragon de l'arme ardito e forte; +questa sua voluntà con trombe espressa +non solamente fe' ne la sua corte, +ma in ogni terra al suo imperio soggetta; +onde la fama andò pel mondo in fretta. +Questa condizion contiene il bando: +chi la figlia d'Amon per moglie vuole, +star con lei debba a paragon del brando +da l'apparire al tramontar del sole; +e fin a questo termine durando, +e non sia vinto, senz'altre parole +la donna da lui vinta esser s'intenda, +né possa ella negar che non lo prenda; +e che l'eletta ella de l'arme dona, +senza mirar chi sia di lor, che chiede. +E lo potea ben far, perch'era buona +con tutte l'arme, o sia a cavallo o a piede. +Amon, che contrastar con la Corona +non può né vuole, al fin sforzato cede; +e ritornare a corte si consiglia, +dopo molti discorsi, egli e la figlia. +Ancor che sdegno e colera la madre +contra la figlia avea, pur per suo onore +vesti le fece far ricche e leggiadre +a varie fogge e di più d'un colore. +Bradamante alla corte andò col padre; +e quando quivi non trovò il suo amore, +più non le parve quella corte, quella +che le solea parer già così bella. +Come chi visto abbia, l'aprile o il maggio, +giardin di frondi e di bei fiori adorno, +e lo rivegga poi che 'l sol il raggio +all'austro inchina, e lascia breve il giorno, +lo trova deserto, orrido e selvaggio; +così pare alla donna al suo ritorno, +che da Ruggier la corte abandonata +quella non sia, ch'avea al partir lasciata. +Domandar non ardisce che ne sia, +acciò di sé non dia maggior sospetto; +ma pon l'orecchia, e cerca tuttavia +che senza domandar le ne sia detto. +Si sa ch'egli è partito, ma che via +pres'abbia, non fa alcun vero concetto; +perché partendo ad altri non fe' motto, +ch'allo scudier che seco avea condotto. +Oh come ella sospira! oh come teme, +sentendo che se n'è come fuggito! +Oh come sopra ogni timor le preme, +che per porla in oblio se ne sia gito! +che vistosi Amon contra, ed ogni speme +perduta mai più d'esserle marito, +si sia fatto da lei lontano, forse +così sperando dal suo amor disciorse; +e che fatt'abbia ancor qualche disegno, +per più tosto levarsela dal core, +d'andar cercando d'uno in altro regno +donna per cui si scordi il primo amore, +come si dice che si suol d'un legno +talor chiodo con chiodo cacciar fuore. +Nuovo pensier ch'a questo poi succede, +le dipinge Ruggier pieno di fede; +e lei, che dato orecchie abbia, riprende, +a tanta iniqua suspizione e stolta. +E così l'un pensier Ruggier difende, +l'altro l'accusa: ed ella amenduo ascolta, +e quando a questo e quando a quel s'apprende, +né risoluta a questo o a quel si volta. +Pur all'opinion più tosto corre, +che più le giova, e la contraria aborre. +E talor anco che le torna a mente +quel che più volte il suo Ruggier le ha detto, +come di grave error, si duole e pente, +ch'avuto n'abbia gelosia e sospetto; +e come fosse al suo Ruggier presente, +chiamasi in colpa, e se ne batte il petto. +— Ho fatto error (dice ella), e me n'aveggio; +ma chi n'è causa, è causa ancor di peggio. +Amor n'è causa, che nel cor m'ha impresso +la forma tua così leggiadra e bella; +e posto ci ha l'ardir, l'ingegno appresso, +e la virtù di che ciascun favella; +ch'impossibil mi par, ch'ove concesso +ne sia il veder, ch'ogni donna e donzella +non ne sia accesa, e che non usi ogni arte +di sciorti dal mio amore e al suo legarte. +Deh avesse Amor così nei pensier miei +il tuo pensier, come ci ha il viso sculto! +Io son ben certa che lo troverei +palese tal, qual io lo stimo occulto; +e che sì fuor di gelosia sarei, +ch'ad or ad or non mi farebbe insulto; +e dove a pena or è da me respinta, +rimarria morta, non che rotta e vinta. +Son simile all'avar c'ha il cor sì intento +al suo tesoro, e sì ve l'ha sepolto, +che non ne può lontan viver contento, +né non sempre temer che gli sia tolto. +Ruggiero, or può, ch'io non ti veggo e sento, +in me, più de la speme, il timor molto, +il qual ben che bugiardo e vano io creda, +non posso far di non mi dargli in preda. +Ma non apparirà il lume sì tosto +agli occhi miei del tuo viso giocondo, +contra ogni mia credenza a me nascosto, +non so in qual parte, o Ruggier mio, del mondo, +come il falso timor sarà deposto +da la vera speranza e messo al fondo. +Deh torna a me, Ruggier, torna, e conforta +la speme che 'l timor quasi m'ha morta! +Come al partir del sol si fa maggiore +l'ombra, onde nasce poi vana paura; +e come all'apparir del suo splendore +vien meno l'ombra, e 'l timido assicura: +così senza Ruggier sento timore; +se Ruggier veggo, in me timor non dura. +Deh torna a me, Ruggier, deh torna prima +che 'l timor la speranza in tutto opprima! +Come la notte ogni fiammella è viva, +e riman spenta subito ch'aggiorna; +così, quando il mio sol di sé mi priva, +mi leva incontra il rio timor le corna: +ma non sì tosto all'orizzonte arriva, +che 'l timor fugge, e la speranza torna. +Deh torna a me, deh torna, o caro lume, +e scaccia il rio timor che mi consume! +Se 'l sol si scosta, e lascia i giorni brevi, +quanto di bello avea la terra asconde; +fremono i venti, e portan ghiacci e nievi; +non canta augel, né fior si vede o fronde: +così, qualora avvien che da me levi, +o mio bel sol, le tue luci gioconde, +mille timori, e tutti iniqui, fanno +un aspro verno in me più volte l'anno. +Deh torna a me, mio sol, torna, e rimena +la desiata dolce primavera! +Sgombra i ghiacci e le nievi, e rasserena +la mente mia sì nubilosa e nera. — +Qual Progne si lamenta o Filomena +ch'a cercar esca ai figliolini ita era, +e trova il nido voto; o qual si lagna +turture c'ha perduto la compagna: +tal Bradamante si dolea, che tolto +le fosse stato il suo Ruggier temea, +di lacrime bagnando spesso il volto, +ma più celatamente che potea. +Oh quanto, quanto si dorria più molto, +s'ella sapesse quel che non sapea, +che con pena e con strazio il suo consorte +era in prigion, dannato a crudel morte! +La crudeltà ch'usa l'iniqua vecchia +contra il buon cavallier che preso tiene, +e che di dargli morte s'apparecchia +con nuovi strazi e non usate pene, +la superna Bontà fa ch'all'orecchia +del cortese figliuol di Cesar viene; +e che gli mette in cor, come l'aiute, +e non lasci perir tanta virtute. +Il cortese Leon che Ruggiero ama +(non che sappi però che Ruggier sia), +mosso da quel valor ch'unico chiama, +e che gli par che soprumano sia, +molto fra sé discorre, ordisce e trama, +e di salvarlo al fin trova la via, +in guisa che da lui la zia crudele +offesa non si tenga e si querele. +Parlò in secreto a chi tenea la chiave +de la prigione; e che volea, gli disse, +vedere il cavallier pria che sì grave +sentenza, contra lui data, seguisse. +Giunta la notte, un suo fedel seco have +audace e forte, ed atto a zuffe e a risse; +e fa che 'l castellan, senz'altrui dire +ch'egli fosse Leon, gli viene aprire. +Il castellan, senza ch'alcun de' sui +seco abbia, occultamente Leon mena +col compagno alla torre ove ha colui +che si serba all'estrema d'ogni pena. +Giunti là dentro, gettano amendui +al castellan che volge lor la schena +per aprir lo sportello, al collo un laccio, +e subito gli dan l'ultimo spaccio. +Apron la cataratta, onde sospeso +al canape, ivi a tal bisogno posto, +Leon si cala, e in mano ha un torchio acceso, +là dove era Ruggier dal sol nascosto. +Tutto legato, e s'una grata steso +lo trova, all'acqua un palmo e men discosto. +L'avria in un mese e in termine più corto, +per sé, senz'altro aiuto, il luogo morto. +Leon Ruggier con gran pietade abbraccia, +e dice: — Cavallier, la tua virtude +indissolubilmente a te m'allaccia +di voluntaria eterna servitute; +e vuol che più il tuo ben, che 'l mio, mi piaccia, +né curi per la tua la mia salute, +e che la tua amicizia al padre e a quanti +parenti io m'abbia al mondo, io metta inanti. +Io son Leone, acciò tu intenda, figlio +di Costantin, che vengo a darti aiuto, +come vedi, in persona, con periglio +(se mai dal padre mio sarà saputo) +d'esser cacciato, o con turbato ciglio +perpetuamente esser da lui veduto; +che per la gente la qual rotta e morta +da te gli fu a Belgrado, odio ti porta. — +E seguitò, più cose altre dicendo +da farlo ritornar da morte a vita; +e lo vien tuttavolta disciogliendo. +Ruggier gli dice: — Io v'ho grazia infinita; +e questa vita ch'or mi date, intendo +che sempremai vi sia restituita, +che la vogliate riavere, ed ogni +volta che per voi spenderla bisogni. — +Ruggier fu tratto di quel loco oscuro, +e in vece sua morto il guardian rimase; +né conosciuto egli né gli altri furo. +Leon menò Ruggiero alle sue case, +ove a star seco tacito e sicuro +per quattro o per sei dì gli persuase; +che riaver l'arme e 'l destrier gagliardo +gli faria intanto, che gli tolse Ungiardo. +Ruggier fuggito, il suo guardian strozzato +si trova il giorno, e aperta la prigione. +Chi quel, chi questo pensa che sia stato; +ne parla ognun, né però alcun s'appone. +Ben di tutti gli altri uomini pensato +più tosto si saria, che di Leone; +che pare a molti ch'avria causa avuto +di farne strazio, e non di dargli aiuto. +Riman di tanta cortesia Ruggiero +confuso sì, sì pien di maraviglia, +e tramutato sì da quel pensiero +che quivi tratto l'avea tante miglia, +che mettendo il secondo col primiero, +né a questo quel, né questo a quel simiglia. +Il primo tutto era odio, ira e veneno; +di pietade è il secondo e d'amor pieno. +Molto la notte e molto il giorno pensa, +d'altro non cura ed altro non disia, +che da l'obbligazion che gli avea immensa, +sciorsi con pari e maggior cortesia. +Gli par, se tutta sua vita dispensa +in lui servire, o breve o lunga sia, +e se s'espone a mille morti certe, +non gli può tanto far, che più non merte. +Venuta quivi intanto era la nuova +del bando ch'avea fatto il re di Francia, +che chi vuol Bradamante, abbia a far prova +con lei di forza, con spada e con lancia. +Questo udir a Leon sì poco giova, +che se gli vede impallidir la guancia; +perché, come uom che le sue forze ha note, +sa ch'a lei pare in arme esser non puote. +Fra sé discorre, e vede che supplire +può con l'ingegno, ove il vigor sia manco, +facendo con sue insegne comparire +questo guerrier di cui non sa il nome anco; +che di possanza iudica e d'ardire +poter star contra a qualsivoglia Franco: +e crede ben, s'a lui ne dà l'impresa, +che ne fia vinta Bradamante e presa. +Ma due cose ha da far: l'una, disporre +il cavallier, che questa impresa accetti; +l'altra, nel campo in vece sua lui porre +in modo che non sia chi ne sospetti. +A sé lo chiama, e 'l caso gli discorre, +e pregal poi con efficaci detti, +ch'egli sia quel ch'a questa pugna vegna +col nome altrui, sotto mentita insegna. +L'eloquenza del Greco assai potea; +ma più de l'eloquenza potea molto +l'obbligo grande che Ruggier gli avea, +da mai non ne dovere essere isciolto: +sì che quantunque duro gli parea, +e non possibil quasi; pur con volto, +più che con cor giocondo, gli rispose +ch'era per far per lui tutte le cose. +Ben che da fier dolor, tosto che questa +parola ha detta, il cor ferir si senta, +che giorno e notte e sempre lo molesta, +sempre l'affligge e sempre lo tormenta, +e vegga la sua morte manifesta; +pur è mai per dir che se ne penta; +che prima ch'a Leon non ubbidire, +mille volte, non ch'una, è per morire. +Ben certo è di morir; perché, se lascia +la donna, ha da lasciar la vita ancora: +o che l'accorerà il duolo e l'ambascia; +o se 'l duolo e l'ambascia non l'accora, +con le man proprie squarcerà la fascia +che cinge l'alma, e ne la trarrà fuora; +ch'ogni altra cosa più facil gli fia, +che poter lei veder, che sua non sia. +Gli è di morir disposto; ma che sorte +di morte voglia far, non sa dir anco. +Pensa talor di fingersi men forte, +e porger nudo alla donzella il fianco; +che non fu mai la più beata morte, +che se per man di lei venisse manco. +Poi vede, se per lui resta che moglie +sia di Leon, che l'obbligo non scioglie: +perché ha promesso contra Bradamante +entrare in campo a singular battaglia; +non simulare, e farne sol sembiante, +sì che Leon di lui poco si vaglia. +Dunque starà nel detto suo costante; +e ben che or questo or quel pensier l'assaglia, +tutti li scaccia, e solo a questo cede, +il qual l'esorta a non mancar di fede. +Avea già fatto apparecchiar Leone, +con licenza del patre Costantino, +arme e cavalli, e un numer di persone +qual gli convenne, e entrato era in camino; +e seco avea Ruggiero, a cui le buone +arme avea fatto rendere e Frontino: +e tanto un giorno e un altro e un altro andaro +ch'in Francia ed a Parigi si trovaro. +Non volse entrar Leon ne la cittate, +e i padiglioni alla campagna tese; +e fe' il medesmo dì per imbasciate, +che di sua giunta il re di Francia intese. +L'ebbe il re caro; e gli fu più fiate, +donando e visitandolo, cortese. +De la venuta sua la cagion disse +Leone, e lo pregò che l'espedisse: +ch'entrar facesse in campo la donzella +che marito non vuol di lei men forte; +quando venuto era per fare o ch'ella +moglier gli fosse, o che gli desse morte. +Carlo tolse l'assunto, e fece quella +comparir l'altro dì fuor de le porte, +ne lo steccato che la notte sotto +all'alte mura fu fatto di botto. +La notte ch'andò inanzi al terminato +giorno de la battaglia, Ruggiero ebbe +simile a quella che suole il dannato +aver, che la matina morir debbe. +Eletto avea combatter tutto armato, +perch'esser conosciuto non vorrebbe; +né lancia né destriero adoprar volse, +né, fuor che 'l brando, arme d'offesa tolse. +Lancia non tolse; non perché temesse +di quella d'or, che fu de l'Argalia, +e poi d'Astolfo a cui costei successe, +che far gli arcion votar sempre solia: +perché nessun, ch'ella tal forza avesse, +o fosse fatta per negromanzia, +avea saputo, eccetto quel re solo +che far la fece e la donò al figliuolo. +Anzi Astolfo e la donna, che portata +l'aveano poi, credean che non l'incanto, +ma la propria possanza fosse stata, +che dato loro in giostra avesse il vanto; +e che con ogni altra asta ch'incontrata +fosse da lor, farebbono altretanto. +La cagion sola, che Ruggier non giostra, +è per non far del suo Frontino mostra: +che lo potria la donna facilmente +conoscer, se da lei fosse veduto; +però che cavalcato, e lungamente +in Montalban l'avea seco tenuto. +Ruggier che solo studia e solo ha mente +come da lei non sia riconosciuto, +né vuol Frontin, né vuol cos'altra avere, +che di far di sé indizio abbia potere. +A questa impresa un'altra spada volle; +che ben sapea che contra a Balisarda +saria ogn'osbergo, come pasta, molle; +ch'alcuna tempra quel furor non tarda: +e tutto 'l taglio anco a quest'altra tolle +con un martello, e la fa men gagliarda. +Con quest'arme Ruggiero al primo lampo +ch'apparve all'orizzonte, entrò nel campo. +E per parer Leon, le sopraveste +che dianzi ebbe Leon, s'ha messe indosso; +e l'aquila de l'or con le due teste +porta dipinta ne lo scudo rosso. +E facilmente si potean far queste +finzion; ch'era ugualmente grande e grosso +l'un come l'altro. Appresentossi l'uno; +l'altro non si lasciò veder d'alcuno. +Era la voluntà de la donzella +da quest'altra diversa di gran lunga; +che, se Ruggier su la spada martella +per rintuzzarla, che non tagli o punga, +la sua la donna aguzza, e brama ch'ella +entri nel ferro, e sempre al vivo giunga, +anzi ogni colpo sì ben tagli e fore, +che vada sempre a ritrovargli il core. +Qual su le mosse il barbaro si vede, +che 'l cenno del partir fugoso attende, +né qua né là poter fermare il piede, +gonfiar le nare, e che l'orecchie tende; +tal l'animosa donna che non crede +che questo sia Ruggier con chi contende, +aspettando la tromba, par che fuoco +ne le vene abbia, e non ritrovi loco. +Qual talor, dopo il tuono, orrido vento +subito segue, che sozzopra volve +l'ondoso mare, e leva in un momento +da terra fin al ciel l'oscura polve; +fuggon le fiere, e col pastor l'armento; +l'aria in grandine e in pioggia si risolve; +udito il segno la donzella, tale +stringe la spada, e 'l suo Ruggiero assale. +Ma non più quercia antica, o grosso muro +di ben fondata torre a borea cede, +né più all'irato mar lo scoglio duro, +che d'ogni intorno il dì e la notte il fiede; +che sotto l'arme il buon Ruggier sicuro, +che già al troiano Ettòr Vulcano diede, +ceda all'odio e al furor che lo tempesta +or ne' fianchi, or nel petto, or ne la testa. +Quando di taglio la donzella, quando +mena di punta; e tutta intenta mira +ove cacciar tra ferro e ferro il brando, +sì che si sfoghi e disacerbi l'ira. +Or da un lato, or da un altro il va tentando; +quando di qua, quando di là s'aggira; +e si rode e si duol che non le avegna +mai fatta alcuna cosa che disegna. +Come chi assedia una città che forte +sia di buon fianchi e di muraglia grossa, +spesso l'assalta, or vuol batter le porte, +or l'alte torri, or atturar la fossa; +e pone indarno le sue genti a morte, +né via sa ritrovar ch'entrar vi possa: +così molto s'affanna e si travaglia, +né può la donna aprir piastra né maglia. +Quando allo scudo e quando al buon elmetto, +quando all'osbergo fa gittar scintille +con colpi ch'alle braccia, al capo, al petto +mena dritti e riversi, e mille e mille, +e spessi più, che sul sonante tetto +la grandine far soglia de le ville. +Ruggier sta su l'avviso, e si difende +con gran destrezza, e lei mai non offende. +Or si ferma, or volteggia, or si ritira, +e con la man spesso accompagna il piede. +Porge or lo scudo, ed or la spada gira +ove girar la man nimica vede. +O lei non fere, o se la fere, mira +ferirla in parte ove men nuocer crede. +La donna, prima che quel dì s'inchine, +brama di dare alla battaglia fine. +Si ricordò del bando, e si ravvide +del suo periglio, se non era presta; +che se in un dì non prende o non uccide +il suo domandator, presa ella resta. +Era già presso ai termini d'Alcide +per attuffar nel mar Febo la testa, +quando ella cominciò di sua possanza +a difidarsi, e perder la speranza. +Quanto mancò più la speranza, crebbe +tanto più l'ira, e radoppiò le botte; +che pur quell'arme rompere vorrebbe, +ch'in tutto un dì non avea ancora rotte: +come colui ch'al lavorio che debbe, +sia stato lento, e già vegga esser notte, +s'affretta indarno, si travaglia e stanca, +fin che la forza a un tempo e il dì gli manca. +O misera donzella, se costui +tu conoscessi, a cui dar morte brami, +se lo sapessi esser Ruggier, da cui +de la tua vita pendono li stami; +so ben ch'uccider te, prima che lui, +vorresti; che di te so che più l'ami: +e quando lui Ruggiero esser saprai, +di questi colpi ancor, so, ti dorrai. +Carlo e molt'altri seco, che Leone +esser costui credeansi, e non Ruggiero, +veduto come in arme, al paragone +di Bradamante, forte era e leggiero; +e, senza offender lei, con che ragione +difender si sapea; mutan pensiero, +e dicon: — Ben convengono amendui; +ch'egli è di lei ben degno, ella di lui. — +Poi che Febo nel mar tutt'è nascoso, +Carlo, fatta partir quella battaglia, +giudica che la donna per suo sposo +prenda Leon, né ricusar lo vaglia. +Ruggier, senza pigliar quivi riposo, +senz'elmo trarsi o alleggierirsi maglia, +sopra un picciol ronzin torna in gran fretta +ai padiglioni ove Leon l'aspetta. +Gittò Leone al cavallier le braccia +duo volte e più fraternamente al collo; +e poi, trattogli l'elmo da la faccia, +di qua e di là con grande amor baciollo. +— Vo' (disse) che di me sempre tu faccia +come ti par; che mai trovar satollo +non mi potrai, che me e lo stato mio +spender tu possa ad ogni tuo disio. +Né veggo ricompensa che mai questa +obligazion ch'io t'ho, possi disciorre; +e non, s'ancora io mi levi di testa +la mia corona, e a te la venghi a porre. — +Ruggier, di cui la mente ange e molesta +alto dolore, e che la vita aborre, +poco risponde, e l'insegne gli rende, +che n'avea aute, e 'l suo liocorno prende. +E stanco dimostrandosi e svogliato, +più tosto che poté, da lui levosse; +ed al suo alloggiamento ritornato, +poi che fu mezzanotte, tutto armosse; +e sellato il destrier, senza commiato, +e senza che d'alcun sentito fosse, +sopra vi salse, e si drizzò al camino +che più piacer gli parve al suo Frontino. +Frontino or per via dritta or per via torta, +quando per selve e quando per campagna +il suo signor tutta la notte porta, +che non cessa un momento che non piagna: +chiama la morte, e in quella si conforta, +che l'ostinata doglia sola fragna; +né vede, altro che morte, chi finire +possa l'insopportabil suo martire. +— Di chi mi debbo, ohimè! (dicea) dolere, +che così m'abbia a un punto ogni ben tolto? +Deh, s'io non vo' l'ingiuria sostenere +senza vendetta, incontra a cui mi volto? +Fuor che me stesso, altri non so vedere, +che m'abbia offeso ed in miseria volto. +Io m'ho dunque di me contra a me stesso +da vendicar, c'ho tutto il mal commesso. +Pur, quando io avessi fatto solamente +a me l'ingiuria, a me forse potrei +donar perdon, se ben difficilmente; +anzi vo' dir che far non lo vorrei: +or quanto, poi che Bradamante sente +meco l'ingiuria ugual, men lo farei? +Quando bene a me ancora io perdonassi, +lei non convien ch'invendicata lassi. +Per vendicar lei dunque debbo e voglio +ogni modo morir, né ciò mi pesa; +ch'altra cosa non so ch'al mio cordoglio, +fuor che la morte, far possa difesa. +Ma sol, ch'allora io non mori', mi doglio, +che fatto ancora io non le aveva offesa. +Oh me felice, s'io moriva allora +ch'era prigion de la crudel Teodora! +Se ben m'avesse ucciso, tormentato +prima ad arbitrio di sua crudeltade, +da Bradamante almeno avrei sperato +di ritrovare al mio caso pietade. +Ma quando ella saprà ch'avrò più amato +Leon di lei, e di mia volontade +io me ne sia, perch'egli l'abbia, privo; +avrà ragion d'odiarmi e morto e vivo. — +Questo dicendo e molte altre parole +che sospiri accompagnano e singulti, +si trova all'apparir del nuovo sole +fra scuri boschi, in luoghi strani e inculti; +e perché è disperato, e morir vuole, +e, più che può, che 'l suo morir s'occulti, +questo luogo gli par molto nascosto, +ed atto a far quant'ha di sé disposto. +Entra nel folto bosco, ove più spesse +l'ombrose frasche e più intricate vede; +ma Frontin prima al tutto sciolto messe +da sé lontano, e libertà gli diede. +— O mio Frontin (gli disse), s'a me stesse +di dare a' merti tuoi degna mercede, +avresti a quel destrier da invidiar poco, +che volò al cielo, e fra le stelle ha loco. +Cillaro, so, non fu, non fu Arione +di te miglior, né meritò più lode; +né alcun altro destrier di cui menzione +fatta da' Greci o da' Latini s'ode. +Se ti fur par ne l'altre parti buone, +di questa so ch'alcun di lor non gode, +di potersi vantar ch'avuto mai +abbia il pregio e l'onor che tu avuto hai; +poi ch'alla più che mai sia stata o sia +donna gentile e valorosa e bella +sì caro stato sei, che ti nutria, +e di sua man ti ponea freno e sella. +Caro eri alla mia donna: ah perché mia +la dirò più, se mia non è più quella? +s'io l'ho donata ad altri? Ohimè! che cesso +di volger questa spada ora in me stesso? — +Se Ruggier qui s'affligge e si tormenta, +e le fere e gli augelli a pietà muove +(ch'altri non è che questi gridi senta +né vegga il pianto che nel sen gli piove), +non dovete pensar che più contenta +Bradamante in Parigi si ritrove, +poi che scusa non ha che la difenda, +o più l'indugi, che Leon non prenda. +Ella, prima ch'avere altro consorte +che 'l suo Ruggier, vuol far ciò che può farsi; +mancar del detto suo; Carlo e la corte, +i parenti e gli amici inimicarsi: +e quando altro non possa, al fin la morte +o col veneno o con la spada darsi; +che le par meglio assai non esser viva, +che, vivendo, restar di Ruggier priva. +— Deh, Ruggier mio (dicea), dove sei gito? +Puote esser che tu sia tanto discosto, +che tu non abbi questo bando udito, +a nessun altro, fuor ch'a te, nascosto? +Se tu 'l sapesse, io so che comparito +nessun altro saria di te più tosto. +Misera me! ch'altro pensar mi deggio, +se non quel che pensar si possa peggio? +Come è, Ruggier, possibil che tu solo +non abbi quel che tutto il mondo ha inteso? +Se inteso l'hai, né sei venuto a volo, +come esser può che non sii morto o preso? +Ma chi sapesse il ver, questo figliuolo +di Costantin t'avrà alcun laccio teso; +il traditor t'avrà chiusa la via, +acciò prima di lui tu qui non sia. +Da Carlo impetrai grazia, ch'a nessuno +men di me forte avessi ad esser data, +con credenza che tu fossi quell'uno +a cui star contra io non potessi armata. +Fuor che te solo, io non stimava alcuno: +ma de l'audacia mia m'ha Dio pagata; +poi che costui che mai più non fe' impresa +d'onore in vita sua, così m'ha presa. +Se però presa son per non avere +uccider lui né prenderlo potuto; +il che non mi par giusto; né al parere +mai son per star, ch'in questo ha Carlo avuto. +So ch'incostante io mi farò tenere, +se da quel c'ho già detto ora mi muto; +ma né la prima son né la sezzaia, +la qual paruta sia incostante, e paia. +Basti che nel servar fede al mio amante, +d'ogni scoglio più salda mi ritrovi, +e passi in questo di gran lunga quante +mai furo ai tempi antichi, o sieno ai nuovi. +Che nel resto mi dichino incostante, +non curo, pur che l'incostanza giovi: +pur ch'io non sia di costui torre astretta, +volubil più che foglia anco sia detta. — +Queste parole ed altre, ch'interrotte +da sospiri e da pianti erano spesso, +seguì dicendo tutta quella notte +ch'all'infelice giorno venne appresso. +Ma poi che dentro alle cimerie grotte +con l'ombre sue Notturno fu rimesso, +il ciel, ch'eternamente avea voluto +farla di Ruggier moglie, le diè aiuto. +Fe' la mattina la donzella altiera +Marfisa inanzi a Carlo comparire, +dicendo ch'al fratel suo Ruggier era +fatto gran torto, e nol volea patire, +che gli fosse levata la mogliera, +né pure una parola gliene dire: +e contra chi si vuol di provar toglie, +che Bradamante di Ruggiero è moglie. +E inanzi agli altri, a lei provar lo vuole, +quando pur di negarlo fosse ardita, +ch'in sua presenza ella ha quelle parole +dette a Ruggier, che fa chi si marita; +e con la cerimonia che si suole, +già sì tra lor la cosa è stabilita, +che più di sé non possono disporre, +né l'un l'altro lasciar, per altri torre. +Marfisa, o 'l vero o 'l falso che dicesse, +pur lo dicea, ben credo con pensiero, +perché Leon più tosto interrompesse +a dritto e a torto, che per dire il vero, +e che di volontade lo facesse +di Bradamante, che a riaver Ruggiero +ed escluder Leon, né la più onesta +né la più breve via vedea di questa. +Turbato il re di questa cosa molto, +Bradamante chiamar fa immantinente; +e quanto di provar Marfisa ha tolto, +le fa sapere, ed ecci Amon presente. +Tien Bradamante chino a terra il volto, +e confusa non niega né consente, +in guisa che comprender di leggiero +si può che Marfisa abbia detto il vero. +Piace a Rinaldo, e piace a quel d'Anglante +tal cosa udir, ch'esser potrà cagione +che 'l parentado non andrà più inante, +che già conchiuso aver credea Leone; +e pur Ruggier la bella Bradamante +mal grado avrà de l'ostinato Amone; +e potran senza lite, e senza trarla +di man per forza al padre, a Ruggier darla. +Che se tra lor queste parole stanno, +la cosa è ferma, e non andrà per terra, +così atterràn quel che promesso gli hanno, +più onestamente e senza nuova guerra. +— Questo è (diceva Amon), questo è un inganno +contra me ordito: ma 'l pensier vostro erra; +ch'ancor che fosse ver quanto voi finto +tra voi v'avete, io non son però vinto. +Che prosupposto (che né ancor confesso, +né vo' credere ancor) ch'abbia costei +scioccamente a Ruggier così promesso, +come voi dite, e Ruggiero abbia a lei; +quando e dove fu questo? che più espresso, +più chiaro e piano intenderlo vorrei. +Stato so che non è, se non è stato +prima che Ruggier fosse battezzato. +Ma se gli è stato inanzi che cristiano +fosse Ruggier, non vo' che me ne caglia; +ch'essendo ella fedele, egli pagano, +non crederò che 'l matrimonio vaglia. +Non si debbe per questo essere invano +posto al risco Leon de la battaglia; +né il nostro imperator credo vogli anco +venir del detto suo per questo manco. +Quel ch'or mi dite, era da dirmi quando +era intera la cosa, né ancor fatto +a prieghi costei Carlo avea il bando +che qui Leone alla battaglia ha tratto. — +Così contra Rinaldo e contra Orlando +Amon dicea, per rompere il contratto +fra quei duo amanti; e Carlo stava a udire, +né per l'un né per l'altro volea dire. +Come si senton, s'austro o borea spira, +per l'alte selve murmurar le fronde; +o come soglion, s'Eolo s'adira +contra Nettunno, al lito fremer l'onde: +così un rumor che corre e che s'aggira, +e che per tutta Francia si difonde, +di questo dà da dire e da udir tanto, +ch'ogni altra cosa è muta in ogni canto. +Chi parla per Ruggier, chi per Leone; +ma la più parte è con Ruggiero in lega: +son dieci e più per un che n'abbia Amone. +L'imperator né qua né là si piega; +ma la causa rimette alla ragione, +ed al suo parlamento la delega. +Or vien Marfisa, poi ch'è diferito +lo sponsalizio, e pon nuovo partito; +e dice: — Con ciò sia ch'esser non possa +d'altri costei, fin che 'l fratel mio vive; +se Leon la vuol pur, suo ardire e possa +adopri sì, che lui di vita prive: +e chi manda di lor l'altro alla fossa, +senza rivale al suo contento arrive. — +Tosto Carlo a Leon fa intender questo, +come anco intender gli avea fatto il resto. +Leon che, quando seco il cavalliero +del liocorno sia, si tien sicuro +di riportar vittoria di Ruggiero, +né gli abbia alcun assunto a parer duro; +non sappiendo che l'abbia il dolor fiero +tratto nel bosco solitario e oscuro, +ma che, per tornar tosto, uno o due miglia +sia andato a spasso, il mal partito piglia. +Ben se ne pente in breve; che colui +del qual più del dover si promettea, +non comparve quel dì, né gli altri dui +che lo seguir, né nuova se n'avea; +e tor questa battaglia senza lui +contra Ruggier, sicur non gli parea: +mandò, per schivar dunque danno e scorno, +per trovar il guerrier dal liocorno. +Per cittadi mandò, ville e castella, +d'appresso e da lontan, per ritrovarlo; +né contento di questo, montò in sella +egli in persona, e si pose a cercarlo. +Ma non n'avrebbe avuto già novella, +né l'avria avuta uom di quei di Carlo, +se non era Melissa che fe' quanto +mi serbo a farvi udir ne l'altro canto. +Or, se mi mostra la mia carta il vero, +non è lontano a discoprirsi il porto; +sì che nel lito i voti scioglier spero +a chi nel mar per tanta via m'ha scorto; +ove, o di non tornar col legno intero, +o d'errar sempre, ebbi già il viso smorto. +Ma mi par di veder, ma veggo certo, +veggo la terra, e veggo il lito aperto. +Sento venir per allegrezza un tuono +che fremer l'aria e rimbombar fa l'onde: +odo di squille, odo di trombe un suono +che l'alto popular grido confonde. +Or comincio a discernere chi sono +questi che empion del porto ambe le sponde. +Par che tutti s'allegrino ch'io sia +venuto a fin di così lunga via. +Oh di che belle e sagge donne veggio, +oh di che cavallieri il lito adorno! +Oh di ch'amici, a chi in eterno deggio +per la letizia c'han del mio ritorno! +Mamma e Ginevra e l'altre da Correggio +veggo del molo in su l'estremo corno: +Veronica da Gambera è con loro, +sì grata a Febo e al santo aonio coro. +Veggo un'altra Genevra, pur uscita +del medesmo sangue, e Iulia seco; +veggo Ippolita Sforza, e la notrita +Damigella rivulzia al sacro speco: +veggo te, Emilia Pia, te, Margherita, +ch'Angela Borgia e Graziosa hai teco. +Con Ricciarda da Este ecco le belle +Bianca e Diana, e l'altre lor sorelle. +Ecco la bella, ma più saggia e onesta, +Barbara Turca, e la compagna è Laura: +non vede il sol di più bontà di questa +coppia da l'Indo all'estrema onda maura. +Ecco Genevra che la Malatesta +casa col suo valor sì ingemma e inaura, +che mai palagi imperiali o regi +non ebbon più onorati e degni fregi. +S'a quella etade ella in Arimino era, +quando superbo de la Gallia doma +Cesar fu in dubbio, s'oltre alla riviera +dovea passando inimicarsi Roma; +crederò che piegata ogni bandiera, +e scarca di trofei la ricca soma, +tolto avria leggi e patti a voglia d'essa, +né forse mai la libertade oppressa. +Del mio signor di Bozolo la moglie, +la madre, le sirocchie e le cugine, +e le Torelle con le Bentivoglie, +e le Visconte e le Palavigine; +ecco qui a quante oggi ne sono, toglie, +e a quante o greche o barbere o latine +ne furon mai, di quai la fama s'oda, +di grazia e di beltà la prima loda, +Iulia Gonzaga, che dovunque il piede +volge, e dovunque i sereni occhi gira, +non pur ogn'altra di beltà le cede, +ma, come scesa dal ciel dea, l'ammira. +La cognata è con lei, che di sua fede +non mosse mai, perché l'avesse in ira +Fortuna che le fe' lungo contrasto. +Ecco Anna d'Aragon, luce del Vasto; +Anna, bella, gentil, cortese e saggia, +di castità, di fede e d'amor tempio. +La sorella è con lei, ch'ove ne irraggia +l'alta beltà, ne pate ogn'altra scempio. +Ecco chi tolto ha da la scura spiaggia +di Stige, e fa con non più visto esempio, +mal grado de le Parche e de la Morte, +splender nel ciel l'invitto suo consorte. +Le Ferrarese mie qui sono, e quelle +de la corte d'Urbino; e riconosco +quelle di Mantua, e quante donne belle +ha Lombardia, quante il paese tosco. +Il cavallier che tra lor viene, e ch'elle +onoran sì, s'io non ho l'occhio losco, +da la luce offuscato de' bei volti, +è 'l gran lume aretin, l'Unico Accolti. +Benedetto, il nipote, ecco là veggio, +c'ha purpureo il capel, purpureo il manto, +col cardinal di Mantua e col Campeggio, +gloria e splendor del consistorio santo: +e ciascun d'essi noto (o ch'io vaneggio) +al viso e ai gesti rallegrarsi tanto +del mio ritorno, che non facil parmi +ch'io possa mai di tanto obligo trarmi. +Con lor Lattanzio e Claudio Tolomei, +e Paulo Pansa e 'l Dresino e Latino +Iuvenal parmi, e i Capilupi miei, +e 'l Sasso e 'l Molza e Florian Montino; +e quel che per guidarci ai rivi ascrei +mostra piano e più breve altro camino, +Iulio Camillo; e par ch'anco io ci scerna, +Marco Antonio Flaminio, il Sanga, il Berna. +Ecco Alessandro, il mio signor, Farnese: +oh dotta compagnia che seco mena! +Fedro, Capella, Porzio, il bolognese +Filippo, il Volterano, il Madalena, +Blosio, Pierio, il Vida cremonese, +d'alta facondia inessicabil vena, +e Lascari e Mussuro e Navagero, +e Andrea Marone e 'l monaco Severo. +Ecco altri duo Alessandri in quel drappello, +dagli Orologi l'un, l'altro il Guarino. +Ecco Mario d'Olvito, ecco il flagello +de' principi, il divin Pietro Aretino. +Duo Ieronimi veggo, l'uno è quello +di Veritade, e l'altro il Cittadino. +Veggo il Mainardo, veggo il Leoniceno, +il Pannizzato, e Celio e il Teocreno. +Là Bernardo Capel, là veggo Pietro +Bembo, che 'l puro e dolce idioma nostro, +levato fuor del volgare uso tetro, +quale esser dee, ci ha col suo esempio mostro. +Guasparro Obizi è quel che gli vien dietro, +ch'ammira e osserva il sì ben speso inchiostro. +Io veggo il Fracastorio, il Bevazano, +Trifon Gabriele, e il Tasso più lontano. +Veggo Nicolò Tiepoli, e con esso +Nicolò Amanio in me affissar le ciglia; +Anton Fulgoso ch'a vedermi appresso +al lito mostra gaudio e maraviglia. +Il mio Valerio è quel che là s'è messo +fuor de le donne; e forse si consiglia +col Barignan c'ha seco, come, offeso +sempre da lor, non ne sia sempre acceso. +Veggo sublimi e soprumani ingegni +di sangue e d'amor giunti, il Pico e il Pio. +Colui che con lor viene, e da' più degni +ha tanto onor, mai più non conobbi io; +ma, se me ne fur dati veri segni, +è l'uom che di veder tanto desio, +Iacobo Sanazar, ch'alle Camene +lasciar fa i monti ed abitar l'arene. +Ecco il dotto, il fedele, il diligente +secretario Pistofilo, ch'insieme +con gli Acciaiuoli e con l'Angiar mio sente +piacer, che più del mar per me non teme. +Annibal Malaguzzo, il mio parente, +veggo con l'Adoardo, che gran speme +mi dà, ch'ancor del mio nativo nido +udir farà da Calpe agli Indi il grido. +Fa Vittor Fausto, fa il Tancredi festa +di rivedermi, e la fanno altri cento. +Veggo le donne e gli uomini di questa +mia ritornata ognun parer contento. +Dunque, a finir la breve via che resta, +non sia più indugio, or ch'ho propizio il vento; +e torniamo a Melissa, e con che aita +salvò, diciamo, al buon Ruggier la vita. +Questa Melissa, come so che detto +v'ho molte volte, avea sommo desire +che Bradamante con Ruggier di stretto +nodo s'avesse in matrimonio a unire; +e d'ambi il bene e il male avea sì a petto, +che d'ora in ora ne volea sentire. +Per questo spirti avea sempre per via, +che, quando andava l'un, l'altro venìa. +In preda del dolor tenace e forte +Ruggier tra le scure ombre vide posto, +il qual di non gustar d'alcuna sorte +mai più vivanda fermo era e disposto, +e col digiun si volea dar la morte: +ma fu l'aiuto di Melissa tosto; +che, del suo albergo uscita, la via tenne +ove in Leone ad incontrar si venne: +il qual mandato, l'uno a l'altro appresso, +sua gente avea per tutti i luoghi intorno; +e poscia era in persona andato anch'esso +per trovare il guerrier dal liocorno. +La saggia incantatrice, la qual messo +freno e sella a uno spirto avea quel giorno, +e l'avea sotto in forma di ronzino, +trovò questo figliuol di Costantino. +— Se de l'animo è tal la nobiltate, +qual fuor, signor (diss'ella), il viso mostra; +se la cortesia dentro e la bontade +ben corrisponde alla presenza vostra, +qualche conforto, qualche aiuto date +al miglior cavallier de l'età nostra; +che s'aiuto non ha tosto e conforto, +non è molto lontano a restar morto. +Il miglior cavallier, che spada a lato +e scudo in braccio mai portassi o porti; +il più bello e gentil ch'al mondo stato +mai sia di quanti ne son vivi o morti, +sol per un'alta cortesia c'ha usato, +sta per morir, se non ha chi 'l conforti. +Per Dio, signor, venite, e fate prova +s'allo suo scampo alcun consiglio giova. — +Ne l'animo a Leon subito cade +che 'l cavallier di chi costei ragiona, +sia quel che per trovar fa le contrade +cercare intorno, e cerca egli in persona; +sì ch'a lei dietro, che gli persuade +sì pietosa opra, in molta fretta sprona: +la qual lo trasse (e non fer gran camino) +ove alla morte era Ruggier vicino. +Lo ritrovar che senza cibo stato +era tre giorni, e in modo lasso e vinto, +ch'in piè a fatica si saria levato, +per ricader, se ben non fosse spinto. +Giacea disteso in terra tutto armato, +con l'elmo in testa, e de la spada cinto; +e guancial de lo scudo s'avea fatto, +in che 'l bianco liocorno era ritratto. +Quivi pensando quanta ingiuria egli abbia +fatto alla donna, e quanto ingrato e quanto +isconoscente le sia stato, arrabbia, +non pur si duole; e se n'affligge tanto, +che si morde le man, morde le labbia, +sparge le guance di continuo pianto; +e per la fantasia che v'ha sì fissa, +né Leon venir sente né Melissa; +né per questo interrompe il suo lamento, +né cessano i sospir, né il pianto cessa. +Leon si ferma, e sta ad udire intento; +poi smonta del cavallo, e se gli appressa. +Amore esser cagion di quel tormento +conosce ben; ma la persona espressa +non gli è, per cui sostien tanto martire; +ch'anco Ruggier non glie l'ha fatto udire. +Più inanzi, e poi più inanzi i passi muta, +tanto che se gli accosta a faccia a faccia; +e con fraterno affetto lo saluta, +e se gli china a lato, e al collo abbraccia. +Io non so quanto ben questa venuta +di Leone improvisa a Ruggier piaccia; +che teme che lo turbi e gli dia noia, +e se gli voglia oppor, perché non muoia. +Leon con le più dolci e più soavi +parole che sa dir, con quel più amore +che può mostrar, gli dice: — Non ti gravi +d'aprirmi la cagion del tuo dolore; +che pochi mali al mondo son sì pravi, +che l'uomo trar non se ne possa fuore, +se la cagion si sa; né debbe privo +di speranza esser mai, fin che sia vivo. +Ben mi duol che celar t'abbi voluto +da me, che sai s'io ti son vero amico, +non sol dipoi ch'io ti son sì tenuto, +che mai dal nodo tuo non mi districo, +ma fin allora ch'avrei causa avuto +d'esserti sempre capital nimico; +e dèi sperar ch'io sia per darti aita +con l'aver, con gli amici e con la vita. +Di meco conferir non ti rincresca +il tuo dolore, e lasciami far prova, +se forza, se lusinga, acciò tu n'esca, +se gran tesor, s'arte, s'astuzia giova. +Poi, quando l'opra mia non ti riesca, +la morte sia ch'al fin te ne rimuova: +ma non voler venir prima a quest'atto, +che ciò che si può far, non abbi fatto. — +E seguitò con sì efficaci prieghi, +e con parlar sì umano e sì benigno, +che non può far Ruggier che non si pieghi; +che né di ferro ha il cor né di macigno, +e vede, quando la risposta nieghi, +che farà discortese atto e maligno. +Risponde; ma due volte o tre s'incocca +prima il parlar, ch'uscir voglia di bocca. +— Signor mio (disse al fin), quando saprai +colui ch'io son (che son per dirtel ora), +mi rendo certo che di me sarai +non men contento, e forse più, ch'io muora. +Sappi ch'io son colui che sì in odio hai: +io son Ruggier ch'ebbi te in odio ancora; +e che con intenzion di porti a morte, +già son più giorni, usci' di questa corte; +acciò per te non mi vedessi tolta +Bradamante, sentendo esser d'Amone +la voluntade a tuo favor rivolta. +Ma perché ordina l'uomo, e Dio dispone, +venne il bisogno ove mi fe' la molta +tua cortesia mutar d'opinione; +e non pur l'odio ch'io t'avea, deposi, +ma fe' ch'esser tuo sempre io mi disposi. +Tu mi pregasti, non sapendo ch'io +fossi Ruggier, ch'io ti facessi avere +la donna; ch'altretanto saria il mio +cor fuor del corpo, o l'anima volere. +Se sodisfar più tosto al tuo disio, +ch'al mio, ho voluto, t'ho fatto vedere. +Tua fatta è Bradamante; abbila in pace: +molto più che 'l mio bene, il tuo mi piace. +Piaccia a te ancora, se privo di lei +mi son, ch'insieme io sia di vita privo; +che più tosto senz'anima potrei, +che senza Bradamante restar vivo. +Appresso, per averla tu non sei +mai legitimamente, fin ch'io vivo: +che tra noi sposalizio è già contratto, +né duo mariti ella può avere a un tratto. — +Riman Leon sì pien di maraviglia, +quando Ruggiero esser costui gli è noto, +che senza muover bocca o batter ciglia +o mutar piè, come una statua, è immoto: +a statua, più ch'ad uomo, s'assimiglia, +che ne le chiese alcun metta per voto. +Ben sì gran cortesia questa gli pare, +che non ha avuto e non avrà mai pare. +E conosciutol per Ruggier, non solo +non scema il ben che gli voleva pria; +ma sì l'accresce, che non men del duolo +di Ruggiero egli, che Ruggier, patia. +Per questo, e per mostrarsi che figliuolo +d'imperator meritamente sia, +non vuol, se ben nel resto a Ruggier cede, +ch'in cortesia gli metta inanzi il piede. +E dice: — Se quel dì, Ruggier, ch'offeso +fu il campo mio dal valor tuo stupendo, +ancor ch'io t'avea in odio, avessi inteso +che tu fossi Ruggier, come ora intendo; +così la tua virtù m'avrebbe preso, +come fece anco allor, non lo sapendo; +e così spinto dal cor l'odio, e tosto +questo amor ch'io ti porto, v'avria posto. +Che prima il nome di Ruggiero odiassi, +ch'io sapessi che tu fosse Ruggiero, +non negherò: ma ch'or più inanzi passi +l'odio ch'io t'ebbi, t'esca del pensiero. +E se, quando di carcere io ti trassi, +n'avesse, come or n'ho, saputo il vero; +il medesimo avrei fatto anco allora, +ch'a benefizio tuo son per far ora. +E s'allor volentier fatto l'avrei, +ch'io non t'era, come or sono, obligato; +quant'or più farlo debbo, che sarei, +non lo facendo, il più d'ogn'altro ingrato; +poi che negando il tuo voler, ti sei +privo d'ogni tuo bene, e a me l'hai dato. +Ma te lo rendo, e più contento sono +renderlo a te, ch'aver io avuto il dono. +Molto più a te, ch'a me, costei conviensi, +la qual, ben ch'io per li suoi merit'ami, +non è però, s'altri l'avrà, ch'io pensi, +come tu, al viver mio romper li stami. +Non vo' che la tua morte mi dispensi, +che possi, sciolto ch'ella avrà i legami +che son del matrimonio ora fra voi, +per legitima moglie averla io poi. +Non che di lei, ma restar privo voglio +di ciò c'ho al mondo, e de la vita appresso, +prima che s'oda mai ch'abbia cordoglio +per mia cagion tal cavalliero oppresso. +De la tua difidenza ben mi doglio; +che tu che puoi, non men che di te stesso, +di me dispor, più tosto abbi voluto +morir di duol, che da me avere aiuto. — +Queste parole ed altre suggiungendo, +che tutte saria lungo riferire, +e sempre le ragion redarguendo, +ch'in contrario Ruggier gli potea dire; +fe' tanto, ch'al fin disse: — Io mi ti rendo, +e contento sarò di non morire. +Ma quando ti sciorrò l'obligo mai, +ché due volte la vita dato m'hai? — +Cibo soave e precioso vino +Melissa ivi portar fece in un tratto; +e confortò Ruggier, ch'era vicino, +non s'aiutando, a rimaner disfatto. +Sentito in questo tempo avea Frontino +cavalli quivi, e v'era accorso ratto. +Leon pigliar da li scudieri suoi +lo fe' e sellare, ed a Ruggier dar poi; +il qual con gran fatica, ancor ch'aiuto +avesse da Leon, sopra vi salse: +così quel vigor manco era venuto, +che pochi giorni inanzi in modo valse, +che vincer tutto un campo avea potuto, +e far quel che fe' poi con l'arme false. +Quindi partiti, giunser, che più via +non fer di mezza lega, a una badia: +ove posaro il resto di quel giorno, +e l'altro appresso, e l'altro tutto intero, +tanto che 'l cavallier dal liocorno +tornato fu nel suo vigor primiero. +Poi con Melissa e con Leon ritorno +alla città real fece Ruggiero, +e vi trovò che la passata sera +l'imbasciaria de' Bulgari giunt'era. +Che quella nazion, la qual s'avea +Ruggiero eletto re, quivi a chiamarlo +mandava questi suoi, che si credea +d'averlo in Francia appresso al magno Carlo: +perché giurargli fedeltà volea, +e dar di sé dominio, e coronarlo. +Lo scudier di Ruggier, che si ritrova +con questa gente, ha di lui dato nuova. +De la battaglia ha detto, ch'in favore +de' Bulgari a Belgrado egli avea fatta, +ove Leon col padre imperatore +vinto, e sua gente avea morta e disfatta; +e per questo l'avean fatto signore, +messo da parte ogni uomo di sua schiatta: +e come a Novengrado era poi stato +preso da Ungiardo, e a Teodora dato: +e che venuta era la nuova certa, +che 'l suo guardian s'era trovato ucciso, +e lui fuggito, e la prigione aperta: +che poi ne fosse, non v'era altro avviso. +Entrò Ruggier per via molto coperta +ne la città, né fu veduto in viso. +La seguente mattina egli e 'l compagno +Leone appresentossi a Carlo Magno. +S'appresentò Ruggier con l'augel d'oro +che nel campo vermiglio avea due teste, +e come disegnato era fra loro, +con le medesme insegne e sopraveste +che, come dianzi ne la pugna foro, +eran tagliate ancor, forate e peste; +sì che tosto per quel fu conosciuto, +ch'avea con Bradamante combattuto. +Con ricche vesti e regalmente ornato +Leon senz'arme a par con lui venìa; +e dinanzi e di dietro e d'ogni lato +avea onorata e degna compagnia. +A Carlo s'inchinò, che già levato +se gli era incontra; e avendo tuttavia +Ruggier per man, nel qual intente e fisse +ognuno avea le luci, così disse: +— Questo è il buon cavalliero il qual difeso +s'è dal nascer del giorno al giorno estinto; +e poi che Bradamante o morto o preso +o fuor non l'ha de lo steccato spinto, +magnanimo signor, se bene inteso +ha il vostro bando, è certo d'aver vinto, +e d'aver lei per moglie guadagnata; +e così viene, acciò che gli sia data. +Oltre che di ragion, per lo tenore +del bando, non v'ha altr'uom da far disegno: +se s'ha da meritarla per valore, +qual cavallier più di costui n'è degno? +s'aver la dee chi più le porta amore, +non è chi 'l passi o ch'arrivi al suo segno. +Ed è qui presto contra a chi s'oppone, +per difender con l'arme sua ragione. — +Carlo e tutta la corte stupefatta, +questo udendo, restò; ch'avea creduto +che Leon la battaglia avesse fatta, +non questo cavallier non conosciuto. +Marfisa, che con gli altri quivi tratta +s'era ad udire, e ch'a pena potuto +avea tacer fin che Leon finisse +il suo parlar, si fece inanzi e disse: +— Poi che non c'è Ruggier, che la contesa +de la moglier fra sé e costui discioglia; +acciò per mancamento di difesa +così senza rumor non se gli toglia, +io che gli son sorella, questa impresa +piglio contra a ciascun, sia chi si voglia, +che dica aver ragione in Bradamante, +o di merto a Ruggiero andare inante. — +E con tant'ira e tanto sdegno espresse +questo parlar, che molti ebber sospetto, +che senza attender Carlo che le desse +campo, ella avesse a far quivi l'effetto. +Or non parve a Leon che più dovesse +Ruggier celarsi, e gli cavò l'elmetto; +e rivolto a Marfisa: — Ecco lui pronto +a rendervi di sé (disse) buon conto. — +Quale il canuto Egeo rimase, quando +si fu alla mensa scelerata accorto, +che quello era il suo figlio, al quale, instando +l'iniqua moglie, avea il veneno porto; +e poco più che fosse ito indugiando +di conoscer la spada, l'avria morto: +tal fu Marfisa, quando il cavalliero +ch'odiato avea, conobbe esser Ruggiero. +E corse senza indugio ad abbracciarlo, +né dispiccar se gli sapea dal collo. +Rinaldo, Orlando, e di lor prima Carlo +di qua e di là con grand'amor baciollo. +Né Dudon né Olivier d'accarezzarlo, +né 'l re Sobrin si può veder satollo. +Dei paladini e dei baron nessuno +di far festa a Ruggier restò digiuno. +Leone, il qual sapea molto ben dire, +finiti che si fur gli abbracciamenti, +cominciò inanzi a Carlo a riferire, +udendo tutti quei ch'eran presenti, +come la gagliardia, come l'ardire +(ancor che con gran danno di sue genti) +di Ruggier, ch'a Belgrado avea veduto, +più d'ogni offesa avea di sé potuto; +sì ch'essendo di poi preso e condutto +a colei ch'ogni strazio n'avria fatto, +di prigione egli, mal grado di tutto +il parentado suo, l'aveva tratto; +e come il buon Ruggier, per render frutto +e mercede a Leon del suo riscatto, +fe' l'alta cortesia che sempre a quante +ne furo o saran mai, passarà inante. +E seguendo narrò di punto in punto +ciò che per lui fatto Ruggiero avea; +e come poi da gran dolor compunto, +che di lasciar la moglie gli premea, +s'era disposto di morire; e giunto +v'era vicin, se non si soccorrea. +E con sì dolci affetti il tutto espresse, +che quivi occhio non fu ch'asciutto stesse. +Rivolse poi con sì efficaci preghi +le sue parole all'ostinato Amone, +che non sol che lo muova, che lo pieghi, +che lo faccia mutar d'opinione; +ma fa ch'egli in persona andar non nieghi +a supplicar Ruggier che gli perdone, +e per padre e per suocero l'accette; +e così Bradamante gli promette. +A cui là dove, de la vita in forse, +piangea i suoi casi in camera segreta, +con lieti gridi in molta fretta corse +per più d'un messo la novella lieta: +onde il sangue ch'al cor, quando lo morse +prima il dolor, fu tratto da la pieta, +a questo annunzio il lasciò solo in guisa, +che quasi il gaudio ha la donzella uccisa. +Ella riman d'ogni vigor sì vota, +che di tenersi in piè non ha balìa; +ben che di quella forza ch'esser nota +vi debbe, e di quel grande animo sia. +Non più di lei, chi a ceppo, a laccio, a ruota +sia condannato o ad altra morte ria, +e che già agli occhi abbia la benda negra, +gridar sentendo grazia, si rallegra. +Si rallegra Mongrana e Chiaramonte, +di nuovo nodo i dui raggiunti rami: +altretanto si duol Gano col conte +Anselmo, e con Falcon Gini e Ginami; +ma pur coprendo sotto un'altra fronte +van lor pensieri invidiosi e grami; +e occasione attendon di vendetta, +come la volpe al varco il lepre aspetta. +Oltre che già Rinaldo e Orlando ucciso +molti in più volte avean di quei malvagi; +ben che l'ingiurie fur con saggio avviso +dal re acchetate, ed i commun disagi; +avea di nuovo lor levato il riso +l'ucciso Pinabello e Bertolagi: +ma pur la fellonia tenean coperta, +dissimulando aver la cosa certa. +Gli imbasciatori bulgari che in corte +di Carlo eran venuti, come ho detto, +con speme di trovare il guerrier forte +del liocorno, al regno loro eletto; +sentendol quivi, chiamar buona sorte +la lor, che dato avea alla speme effetto; +e riverenti ai piè se gli gittaro, +e che tornassi in Bulgheria il pregaro; +ove in Adrianopoli servato +gli era lo scettro e la real corona: +ma venga egli a difendersi lo stato; +ch'a danni lor di nuovo si ragiona +che più numer di gente apparecchiato +ha Costantino, e torna anco in persona: +ed essi, se 'l suo re ponno aver seco, +speran di torre a lui l'imperio greco. +Ruggiero accettò il regno, e non contese +ai preghi loro, e in Bulgheria promesse +di ritrovarsi dopo il terzo mese, +quando Fortuna altro di lui non fêsse. +Leone Augusto che la cosa intese, +disse a Ruggier, ch'alla sua fede stesse, +che, poi ch'egli de' Bulgari ha il domìno, +la pace è tra lor fatta e Costantino: +né da partir di Francia s'avrà in fretta, +per esser capitan de le sue squadre; +che d'ogni terra ch'abbiano suggetta, +far la rinunzia gli farà dal padre. +Non è virtù che di Ruggier sia detta, +ch'a muover sì l'ambiziosa madre +di Bradamante, e far che 'l genero ami, +vaglia, come ora udir, che re si chiami. +Fansi le nozze splendide e reali, +convenienti a chi cura ne piglia: +Carlo ne piglia cura, e le fa quali +farebbe, maritando una sua figlia. +I merti de la donna erano tali, +oltre a quelli di tutta sua famiglia, +ch'a quel signor non parria uscir del segno, +se spendesse per lei mezzo il suo regno. +Libera corte fa bandire intorno, +ove sicuro ognun possa venire; +e campo franco sin al nono giorno +concede a chi contese ha da partire. +Fe' alla campagna l'apparato adorno +di rami intesti e di bei fiori ordire, +d'oro e di seta poi, tanto giocondo, +che 'l più bel luogo mai non fu nel mondo. +Dentro a Parigi non sariano state +l'innumerabil genti peregrine, +povere e ricche e d'ogni qualitate, +che v'eran, greche, barbare e latine. +Tanti signori, e imbascierie mandate +di tutto 'l mondo, non aveano fine: +erano in padiglion, tende e frascati +con gran commodità tutti alloggiati. +Con eccellente e singulare ornato +la notte inanzi avea Melissa maga +il maritale albergo apparecchiato, +di ch'era stata già gran tempo vaga. +Già molto tempo inanzi desiato +questa copula avea quella presaga: +de l'avvenir presaga, sapea quanta +bontade uscir dovea da la lor pianta. +Posto avea il genial letto fecondo +in mezzo un padiglione amplo e capace, +il più ricco, il più ornato, il più giocondo +che già mai fosse o per guerra o per pace, +o prima o dopo, teso in tutto 'l mondo; +e tolto ella l'avea dal lito trace: +l'avea di sopra a Costantin levato, +ch'a diporto sul mar s'era attendato. +Melissa di consenso di Leone, +o pi�� tosto per dargli maraviglia, +e mostrargli de l'arte paragone, +ch'al gran vermo infernal mette la briglia, +e che di lui, come a lei par, dispone, +e de la a Dio nimica empia famiglia; +fe' da Costantinopoli a Parigi +portare il padiglion dai messi stigi. +Di sopra a Costantin ch'avea l'impero +di Grecia, lo levò da mezzo giorno, +con le corde e col fusto, e con l'intero +guernimento ch'avea dentro e d'intorno: +lo fe' portar per l'aria, e di Ruggiero +quivi lo fece alloggiamento adorno. +Poi, finite le nozze, anco tornollo +miraculosamente onde levollo. +Eran degli anni appresso che duo milia +che fu quel ricco padiglion trapunto. +Una donzella de la terra d'Ilia, +ch'avea il furor profetico congiunto, +con studio di gran tempo e con vigilia +lo fece di sua man di tutto punto. +Cassandra fu nomata, ed al fratello +inclito Ettòr fece un bel don di quello. +Il più cortese cavallier che mai +dovea del ceppo uscir del suo germano +(ben che sapea, da la radice assai +che quel per molti rami era lontano) +ritratto avea nei bei ricami gai +d'oro e di varia seta, di sua mano. +L'ebbe, mentre che visse, Ettorre in pregio +per chi lo fece, e pel lavoro egregio. +Ma poi ch'a tradimento ebbe la morte, +e fu 'l popul troian da' Greci afflitto; +che Sinon falso aperse lor le porte, +e peggio seguitò, che non è scritto; +Menelao ebbe il padiglione in sorte, +col quale a capitar venne in Egitto, +ove al re Proteo lo lasciò, se volse +la moglie aver, che quel tiran gli tolse. +Elena nominata era colei +per cui lo padiglione a Proteo diede; +che poi successe in man de' Tolomei, +tanto che Cleopatra ne fu erede. +Da le genti d'Agrippa tolto a lei +nel mar Leucadio fu con altre prede: +in man d'Augusto e di Tiberio venne, +e in Roma sin a Costantin si tenne; +quel Costantin di cui doler si debbe +la bella Italia, fin che gir il cielo. +Costantin, poi che 'l Tevero gl'increbbe, +portò in Bisanzio il prezioso velo: +da un altro Costantin Melissa l'ebbe. +Oro le corde, avorio era lo stelo; +tutto trapunto con figure belle, +più che mai con pennel facesse Apelle. +Quivi le Grazie in abito giocondo +una regina aiutavano al parto: +sì bello infante n'apparia, che 'l mondo +non ebbe un tal dal secol primo al quarto. +Vedeasi Iove, e Mercurio facondo, +Venere e Marte, che l'avevano sparto +a man piene e spargean d'eterei fiori, +di dolce ambrosia e di celesti odori. +Ippolito diceva una scrittura +sopra le fasce in lettere minute. +In età poi più ferma l'Aventura +l'avea per mano, e inanzi era Virtute. +Mostrava nove genti la pittura +con veste e chiome lunghe, che venute +a domandar la parte di Corvino +erano al padre il tenero bambino. +Da Ercole partirsi riverente +si vede, e da la madre Leonora; +e venir sul Danubio, ove la gente +corre a vederlo, e come un Dio l'adora. +Vedesi il re degli Ungari prudente, +che 'l maturo sapere ammira e onora +in non matura età tenera e molle, +e sopra tutti i suoi baron l'estolle. +V'è che negli infantili e teneri anni +lo scettro di Strigonia in man gli pone: +sempre il fanciullo se gli vede a' panni, +sia nel palagio, sia nel padiglione: +o contra Turchi, o contra gli Alemanni +quel re possente faccia espedizione, +Ippolito gli è appresso, e fiso attende +a' magnanimi gesti, e virtù apprende. +Quivi si vede, come il fior dispensi +de' suoi primi anni in disciplina ed arte. +Fusco gli è appresso, che gli occulti sensi +chiari gli espone de l'antiche carte. +— Questo schivar, questo seguir conviensi, +se immortal brami e glorioso farte, — +par che gli dica: così avea ben finti +i gesti lor chi già gli avea dipinti. +Poi cardinale appar, ma giovinetto, +sedere in Vaticano a consistoro, +e con facondia aprir l'alto intelletto, +e far di sé stupir tutto quel coro. +— Qual fia dunque costui d'età perfetto? +(parean con maraviglia dir tra loro). +Oh se di Pietro mai gli tocca il manto, +che fortunata età! che secol santo! — +In altra parte i liberali spassi +erano e i giuochi del giovene illustre. +Or gli orsi affronta sugli alpini sassi, +ora i cingiali in valle ima e palustre: +or s'un gianetto par che 'l vento passi, +seguendo o caprio o cerva multilustre, +che giunta par che bipartita cada +in parti uguali a un sol colpo di spada. +Di filosofi altrove e di poeti +si vede in mezzo un'onorata squadra. +Quel gli dipinge il corso de' pianeti, +questi la terra, quello il ciel gli squadra: +questi meste elegie, quel versi lieti, +quel canta eroici, o qualche oda leggiadra. +Musici ascolta, e vari suoni altrove; +né senza somma grazia un passo muove. +In questa prima parte era dipinta +del sublime garzon la puerizia. +Cassandra l'altra avea tutta distinta +di gesti di prudenza, di iustizia, +di valor, di modestia, e de la quinta +che tien con lor strettissima amicizia, +dico de la virtù che dona e spende; +de le qual tutte illuminato splende. +In questa parte il giovene si vede +col duca sfortunato degl'Insubri, +ch'ora in pace a consiglio con lui siede, +or armato con lui spiega i colubri; +e sempre par d'una medesma fede, +o ne' felici tempi o nei lugubri: +ne la fuga lo segue, lo conforta +ne l'afflizion, gli è nel periglio scorta. +Si vede altrove a gran pensieri intento +per salute d'Alfonso e di Ferrara; +che va cercando per strano argumento, +e trova, e fa veder per cosa chiara +al giustissimo frate il tradimento +che gli usa la famiglia sua più cara: +e per questo si fa del nome erede, +che Roma a Ciceron libera diede. +Vedesi altrove in arme relucente, +ch'ad aiutar la Chiesa in fretta corre; +e con tumultuaria e poca gente +a un esercito istrutto si va opporre; +e solo il ritrovarsi egli presente +tanto agli Ecclesiastici soccorre, +che 'l fuoco estingue pria ch'arder comince: +sì che può dir, che viene e vede e vince. +Vedesi altrove da la patria riva +pugnar incontra la più forte armata, +che contra Turchi o contra gente argiva +da' Veneziani mai fosse mandata: +la rompe e vince, ed al fratel captiva +con la gran preda l'ha tutta donata; +né per sé vedi altro serbarsi lui, +che l'onor sol, che non può dare altrui. +Le donne e i cavallier mirano fisi, +senza trarne costrutto, le figure; +perché non hanno appresso che gli avvisi +che tutte quelle sien cose future. +Prendon piacere a riguardare i visi +belli e ben fatti, e legger le scritture. +Sol Bradamante da Melissa istrutta +gode tra sé; che sa l'istoria tutta. +Ruggiero, ancor ch'a par di Bradamante +non ne sia dotto, pur gli torna a mente +che fra i nipoti suoi gli solea Atlante +commendar questo Ippolito sovente. +Chi potria in versi a pieno dir le tante +cortesie che fa Carlo ad ogni gente? +Di vari giochi è sempre festa grande, +e la mensa ognor piena di vivande. +Vedesi quivi chi è buon cavalliero; +che vi son mille lance il giorno rotte: +fansi battaglie a piedi e a destriero, +altre accoppiate, altre confuse in frotte. +Più degli altri valor mostra Ruggiero, +che vince sempre, e giostra il dì e la notte; +e così in danza, in lotta ed in ogni opra +sempre con molto onor resta di sopra. +L'ultimo dì, ne l'ora che 'l solenne +convito era a gran festa incominciato; +che Carlo a man sinistra Ruggier tenne, +e Bradamante avea dal destro lato; +di verso la campagna in fretta venne +contra le mense un cavalliero armato, +tutto coperto egli e 'l destrier di nero, +di gran persona, e di sembiante altiero. +Quest'era il re d'Algier, che per lo scorno +che gli fe' sopra il ponte la donzella, +giurato avea di non porsi arme intorno, +né stringer spada, né montare in sella, +fin che non fosse un anno, un mese e un giorno +stato, come eremita, entro una cella. +Così a quel tempo solean per se stessi +punirsi i cavallier di tali eccessi. +Se ben di Carlo in questo mezzo intese +e del re suo signore ogni successo; +per non disdirsi, non più l'arme prese, +che se non pertenesse il fatto ad esso. +Ma poi che tutto l'anno e tutto 'l mese +vede finito, e tutto 'l giorno appresso +con nuove arme e cavallo e spada e lancia +alla corte or ne vien quivi in Francia. +Senza smontar, senza chinar la testa, +e senza segno alcun di riverenza, +mostra Carlo sprezzar con la sua gesta, +e de tanti signor l'alta presenza. +Maraviglioso e attonito ognun resta, +che si pigli costui tanta licenza. +Lasciano i cibi e lascian le parole +per ascoltar ciò che 'l guerrier dir vuole. +Poi che fu a Carlo ed a Ruggiero a fronte, +con alta voce ed orgoglioso grido: +— Son (disse) il re di Sarza, Rodomonte, +che te, Ruggiero, alla battaglia sfido; +e qui ti vo', prima che 'l sol tramonte, +provar ch'al tuo signor sei stato infido; +e che non merti, che sei traditore, +fra questi cavallieri alcun onore. +Ben che tua fellonia si vegga aperta, +perché essendo cristian non pòi negarla; +pur per farla apparere anco più certa, +in questo campo vengoti a provarla: +e se persona hai qui che faccia offerta +di combatter per te, voglio accettarla. +Se non basta una, e quattro e sei n'accetto; +e a tutte manterrò quel ch'io t'ho detto. — +Ruggiero a quel parlar ritto levosse, +e con licenza rispose di Carlo, +che mentiva egli, e qualunqu'altro fosse, +che traditor volesse nominarlo; +che sempre col suo re così portosse, +che giustamente alcun non può biasmarlo; +e ch'era apparecchiato sostenere +che verso lui fe' sempre il suo dovere: +e ch'a difender la sua causa era atto, +senza torre in aiuto suo veruno; +e che sperava di mostrargli in fatto, +ch'assai n'avrebbe e forse troppo d'uno. +Quivi Rinaldo, quivi Orlando tratto, +quivi il marchese, e 'l figlio bianco e 'l bruno, +Dudon, Marfisa, contra il pagan fiero +s'eran per la difesa di Ruggiero; +mostrando ch'essendo egli nuovo sposo, +non dovea conturbar le proprie nozze. +Ruggier rispose lor: — State in riposo; +che per me fôran queste scuse sozze. — +L'arme che tolse al Tartaro famoso, +vennero, e fur tutte le lunghe mozze. +Gli sproni il conte Orlando a Ruggier strinse, +e Carlo al fianco la spada gli cinse. +Bradamante e Marfisa la corazza +posta gli aveano, e tutto l'altro arnese. +Tenne Astolfo il destrier di buona razza, +tenne la staffa il figlio del Danese. +Feron d'intorno far subito piazza +Rinaldo, Namo ed Olivier marchese: +cacciaro in fretta ognun de lo steccato +a tal bisogni sempre apparecchiato. +Donne e donzelle con pallida faccia +timide a guisa di columbe stanno, +che da' granosi paschi ai nidi caccia +rabbia de' venti che fremendo vanno +con tuoni e lampi, e 'l nero aer minaccia +grandine e pioggia, e a' campi strage e danno: +timide stanno per Ruggier; che male +a quel fiero pagan lor parea uguale. +Così a tutta la plebe e alla più parte +dei cavallieri e dei baron parea; +che di memoria ancor lor non si parte +quel ch'in Parigi il pagan fatto avea; +che, solo, a ferro e a fuoco una gran parte +n'avea distrutta, e ancor vi rimanea, +e rimarrà per molti giorni il segno: +né maggior danno altronde ebbe quel regno. +Tremava, più ch'a tutti gli altri, il core +a Bradamante; non ch'ella credesse +che 'l Saracin di forza, e del valore +che vien dal cor, più di Ruggier potesse; +né che ragion, che spesso dà l'onore +a chi l'ha seco, Rodomonte avesse: +pur stare ella non può senza sospetto; +che di temere, amando, ha degno effetto. +Oh quanto volentier sopra sé tolta +l'impresa avria di quella pugna incerta, +ancor che rimaner di vita sciolta +per quella fosse stata più che certa! +Avria eletto a morir più d'una volta, +se può più d'una morte esser sofferta, +più tosto che patir che 'l suo consorte +si ponesse a pericol de la morte. +Ma non sa ritrovar priego che vaglia, +perché Ruggiero a lei l'impresa lassi. +A riguardare adunque la battaglia +con mesto viso e cor trepido stassi. +Quinci Ruggier, quindi il pagan si scaglia, +e vengonsi a trovar coi ferri bassi. +Le lance all'incontrar parver di gielo; +i tronchi, augelli a salir verso il cielo. +La lancia del pagan, che venne a corre +lo scudo a mezzo, fe' debole effetto: +tanto l'acciar, che pel famoso Ettorre +temprato avea Vulcano, era perfetto. +Ruggier la lancia parimente a porre +gli andò allo scudo, e gliele passò netto; +tutto che fosse appresso un palmo grosso, +dentro e di fuor d'acciaro, e in mezzo d'osso. +E se non che la lancia non sostenne +il grave scontro, e mancò al primo assalto, +e rotta in schegge e in tronchi aver le penne +parve per l'aria, tanto volò in alto; +l'osbergo aprìa (si furiosa venne), +se fosse stato adamantino smalto, +e finìa la battaglia; ma si roppe: +posero in terra ambi i destrier le groppe. +Con briglia e sproni i cavallieri instando, +risalir feron subito i destrieri; +e donde gittar l'aste, preso il brando, +si tornaro a ferir crudeli e fieri: +di qua di là con maestria girando +gli animosi cavalli atti e leggieri, +con le pungenti spade incominciaro +a tentar dove il ferro era più raro. +Non si trovò lo scoglio del serpente, +che fu sì duro, al petto Rodomonte, +né di Nembrotte la spada tagliente, +né 'l solito elmo ebbe quel dì alla fronte; +che l'usate arme, quando fu perdente +contra la donna di Dordona al ponte, +lasciato avea sospese ai sacri marmi, +come di sopra avervi detto parmi. +Egli avea un'altra assai buona armatura, +non come era la prima già perfetta: +ma né questa né quella né più dura +a Balisarda si sarebbe retta; +a cui non osta incanto né fattura, +né finezza d'acciar né tempra eletta. +Ruggier di qua di là sì ben lavora, +ch'al pagan l'arme in più d'un loco fora. +Quando si vide in tante parti rosse +il pagan l'arme, e non poter schivare +che la più parte di quelle percosse +non gli andasse la carne a ritrovare; +a maggior rabbia, a più furor si mosse, +ch'a mezzo il verno il tempestoso mare: +getta lo scudo, e a tutto suo potere +su l'elmo di Ruggiero a due man fere. +Con quella estrema forza che percuote +la machina ch'in Po sta su due navi, +e levata con uomini e con ruote +cader si lascia su le aguzze travi; +fere il pagan Ruggier, quanto più puote, +con ambe man sopra ogni peso gravi: +giova l'elmo incantato; che senza esso, +lui col cavallo avria in un colpo fesso. +Ruggiero andò due volte a capo chino, +e per cadere e braccia e gambe aperse. +Raddoppia il fiero colpo il Saracino, +che quel non abbia tempo a riaverse: +poi vien col terzo ancor; ma il brando fino +sì lungo martellar più non sofferse; +che volò in pezzi, ed al crudel pagano +disarmata lasciò di sé la mano. +Rodomonte per questo non s'arresta, +ma s'aventa a Ruggier che nulla sente; +in tal modo intronata avea la testa, +in tal modo offuscata avea la mente. +Ma ben dal sonno il Saracin lo desta: +gli cinge il collo col braccio possente; +e con tal nodo e tanta forza afferra, +che de l'arcion lo svelle, e caccia in terra. +Non fu in terra sì tosto, che risorse, +via più che d'ira, di vergogna pieno; +però che a Bradamante gli occhi torse, +e turbar vide il bel viso sereno. +Ella al cader di lui rimase in forse, +e fu la vita sua per venir meno. +Ruggiero ad emendar presto quell'onta, +stringe la spada, e col pagan s'affronta. +Quel gli urta il destrier contra, ma Ruggiero +lo cansa accortamente, e si ritira, +e nel passare, al fren piglia il destriero +con la man manca, e intorno lo raggira; +e con la destra intanto al cavalliero +ferire il fianco o il ventre o il petto mira; +e di due punte fe' sentirgli angoscia, +l'una nel fianco, e l'altra ne la coscia. +Rodomonte, ch'in mano ancor tenea +il pome e l'elsa de la spada rotta, +Ruggier su l'elmo in guisa percotea, +che lo potea stordire all'altra botta. +Ma Ruggier ch'a ragion vincer dovea, +gli prese il braccio, e tirò tanto allotta, +aggiungendo alla destra l'altra mano, +che fuor di sella al fin trasse il pagano. +Sua forza o sua destrezza vuol che cada +il pagan sì, ch'a Ruggier resti al paro: +vo dir che cadde in piè; che per la spada +Ruggiero averne il meglio giudicaro. +Ruggier cerca il pagan tenere a bada +lungi da sé, né di accostarsi ha caro: +per lui non fa lasciar venirsi adosso +un corpo così grande e così grosso. +E insanguinargli pur tuttavia il fianco +vede e la coscia e l'altre sue ferite. +Spera che venga a poco a poco manco, +sì che al fin gli abbia a dar vinta la lite. +L'elsa e 'l pome avea in mano il pagan anco, +e con tutte le forze insieme unite +da sé scagliolli, e sì Ruggier percosse, +che stordito ne fu più che mai fosse. +Ne la guancia de l'elmo, e ne la spalla +fu Ruggier colto, e sì quel colpo sente, +che tutto ne vacilla e ne traballa, +e ritto se sostien difficilmente. +Il pagan vuole entrar, ma il piè gli falla, +che per la coscia offesa era impotente: +e 'l volersi affrettar più del potere, +con un ginocchio in terra il fa cadere. +Ruggier non perde il tempo, e di grande urto +lo percuote nel petto e ne la faccia; +e sopra gli martella, e tien sì curto, +che con la mano in terra anco lo caccia. +Ma tanto fa il pagan che gli è risurto; +si stringe con Ruggier sì, che l'abbraccia: +l'uno e l'altro s'aggira, e scuote e preme, +arte aggiungendo alle sue forze estreme. +Di forza a Rodomonte una gran parte +la coscia e 'l fianco aperto aveano tolto. +Ruggiero avea destrezza, avea grande arte, +era alla lotta esercitato molto: +sente il vantaggio suo, né se ne parte; +e donde il sangue uscir vede più sciolto, +e dove più ferito il pagan vede, +puon braccia e petto, e l'uno e l'altro piede. +Rodomonte pien d'ira e di dispetto +Ruggier nel collo e ne le spalle prende: +or lo tira, or lo spinge, or sopra il petto +sollevato da terra lo sospende, +quinci e quindi lo ruota, e lo tien stretto, +e per farlo cader molto contende. +Ruggier sta in sé raccolto, e mette in opra +senno e valor, per rimaner di sopra. +Tanto le prese andò mutando il franco +e buon Ruggier, che Rodomonte cinse: +calcogli il petto sul sinistro fianco, +e con tutta sua forza ivi lo strinse. +La gamba destra a un tempo inanzi al manco +ginocchio e all'altro attraversogli e spinse; +e da la terra in alto sollevollo, +e con la testa in giù steso tornollo. +Del capo e de le schene Rodomonte +la terra impresse; e tal fu la percossa, +che da le piaghe sue, come da fonte, +lungi andò il sangue a far la terra rossa. +Ruggier, c'ha la Fortuna per la fronte, +perché levarsi il Saracin non possa, +l'una man col pugnal gli ha sopra gli occhi, +l'altra alla gola, al ventre gli ha i ginocchi. +Come talvolta, ove si cava l'oro +là tra' Pannoni o ne le mine ibere, +se improvisa ruina su coloro +che vi condusse empia avarizia, fere, +ne restano sì oppressi, che può il loro +spirto a pena, onde uscire, adito avere: +così fu il Saracin non meno oppresso +dal vincitor, tosto ch'in terra messo. +Alla vista de l'elmo gli appresenta +la punta del pugnal ch'avea già tratto; +e che si renda, minacciando, tenta, +e di lasciarlo vivo gli fa patto. +Ma quel, che di morir manco paventa, +che di mostrar viltade a un minimo atto, +si torce e scuote, e per por lui di sotto +mette ogni suo vigor, né gli fa motto. +Come mastin sotto il feroce alano +che fissi i denti ne la gola gli abbia, +molto s'affanna e si dibatte invano +con occhi ardenti e con spumose labbia, +e non può uscire al predator di mano, +che vince di vigor, non già di rabbia: +così falla al pagano ogni pensiero +d'uscir di sotto al vincitor Ruggiero. +Pur si torce e dibatte sì, che viene +ad espedirsi col braccio migliore; +e con la destra man che 'l pugnal tiene, +che trasse anch'egli in quel contrasto fuore, +tenta ferir Ruggier sotto le rene: +ma il giovene s'accorse de l'errore +in che potea cader, per differire +di far quel empio Saracin morire. +E due e tre volte ne l'orribil fronte, +alzando, più ch'alzar si possa, il braccio, +il ferro del pugnale a Rodomonte +tutto nascose, e si levò d'impaccio. +Alle squalide ripe d'Acheronte, +sciolta dal corpo più freddo che giaccio, +bestemmiando fuggì l'alma sdegnosa, +che fu sì altiera al mondo e sì orgogliosa. \ No newline at end of file