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Migranti, l'sos della Vos Thalassa e il mistero della protesta a bordo
Tra gli elementi che la Procura di Trapani si ritroverà a valutare nelle prossime ore prima di decidere eventuali provvedimenti a carico dei presunti "facinorosi" tra i migranti recuperati dalla Vos Thalassa ci sono anche le dichiarazioni di Cristiano Vattuone, portavoce della Vroon, la società olandese proprietaria della nave che lavora nel servizio di sorveglianza di una piattaforma petrolifera Total. "Nessuna insurrezione a bordo, la situazione è stata ingigantita dai giornali, non c'è stato nessun ammutinamento e nessuno è stato pestato", dice a "La Verità". Parole, quelle di Vattuone, che alimentano il giallo su quello che è veramente successo nel Mediterraneo tra domenica e lunedì e che, in mancanza di informazioni tempestive che ormai da settimane vengono negate dalla Guardia costiera italiana ai mass media, è stato ricostruito sulla scorta delle mail intercorse in quelle ore tra la nave Vos Thalassa, la sala operativa di Roma e la sede della società armatrice. Che, pur accollandosi la responsabilità di quella richiesta di aiuto volta a favorire un rapido intervento risolutivo della Guardia costiera italiana, nega che a bordo della Vos Thalassa sia accaduto qualcosa di così grave da far ipotizzare una situazione di ammutinamento a bordo o peggio ancora di dirottamento, per utilizzare le parole del ministro Salvini. E sulla questione interviene su Twitter anche Roberto Saviano: "Una montatura, oro che cola per il ministro della Mala Vita Matteo Salvini che si sarà forse chiesto quanto poteva salire nei sondaggi se invece dei suoi selfie avesse postato foto di migranti in manette". Nessun ammutinamento sulla Vos Thalassa.Una montatura,oro che cola per il Ministro della Mala Vita @matteosalvinimi che si sarà forse chiesto quanto poteva salire nei sondaggi se invece dei suoi selfie avesse postato foto di migranti in manette.I senza scrupoli non vincono sempre pic.twitter.com/jVkC0DjdQ1 — Roberto Saviano (@robertosaviano) 12 luglio 2018 "A bordo ci sono stati momenti di tensione, di confusione - spiega il portavoce dell'armatore - Ovviamente la tensione saliva anche perché siamo stati due giorni e mezzo in attesa e i migranti non volevano essere riconsegnati ai libici che poi non si sa cosa ne facciano. Ma non non ci sono state rivolte, non ci sono stati pestaggi e non è stato picchiato nessuno". Insomma, la richiesta di aiuto alla sala operativa di Roma c'è stata ma sarebbe stata una "soluzione" adottata per cercare di risolvere la fase di stallo e giustificare l'intervento della Guardia costiera per prevenire una situazione di rischio che, con il passare delle ore, sarebbe potuta diventare ingestibile. Un escamotage, se si vuole, utilizzato da sempre dalle navi mercantili che, negli ultimi anni, si sono ritrovate a dover operare dei soccorsi ma che non per questo sono disposte a perdere giorni di lavoro e soldi rimanendo ostaggio delle dinamiche politiche. Come sarebbe successo anche in questo caso se il Comando generale della Capitanerie di porto, a questo punto con le mani libere dovendo intervenire a tutela della sicurezza di una nave italiana, non avesse ordinato il trasbordo dei migranti sulla nave Diciotti, prendendo in contropiede il ministro dell'Interno.
ilgiornale
Vaticano, i segreti dello Stato più piccolo del mondo
CITTA' DEL VATICANO - Il più piccolo Stato al mondo, ma anche il più "potente" dal punto di vista morale e religioso. Distribuito in appena 44 ettari racchiusi in un perimetro di 3.420 metri, è certamente il Paese tra i più conosciuti e tra i più rispettati: non c'è leader politico, capo di Stato, sovrani regnanti e non, che non l'abbiano visitato anche più volte, ricevuti solennemente dal Pontefice o in udienze riservate. Ma, pur essendo meta continua di milioni di pellegrini e turisti, viandanti e fedeli di qualsiasi orientamento religioso, sociale e culturale, è anche lo Stato ritenuto tra i più misteriosi e meno accessibili per l'esclusività dei suoi ambienti pubblici e privati. Ecco la Città del Vaticano, il centro della cristianità, la sede del Papa di Roma, Vicario di Cristo e successore di San Pietro, il sito che per tutto l'anno giubilare della Misericordia attirerà una affluenza di visitatori che, stando alle previsioni, dovrebbero toccare, se non superare, i 30 milioni. Un mare di moderni pellegrini on the road che dall'8 dicembre prossimo inizieranno a varcare dalle 9,30 la Porta Santa della basilica vaticana dopo la solenne inaugurazione di papa Francesco. Rito che sarà ripetuto anche con le aperture delle Porte Sante delle altre tre grandi basiliche romane Il 13 dicembre alle 9,30 a San Giovanni in Laterano e nel pomeriggio alle 17 a San Paolo Fuori le Mura, in contemporanea ai vescovi di tutto il mondo che alla stessa ora faranno l'analoga inaugurazione giubilare nelle proprie cattedrali. Ancora a Roma, il primo gennaio 2016, alle 17 apertura della Porta Santa di Santa Maria Maggiore, la più grande e più antica basilica del mondo dedicata al culto della Madonna. Ma al di là della consistenza di cifre, pellegrinaggi e celebrazioni giubilari dentro e fuori le Sacre Mura, quando si parla del Vaticano si indica il polo religioso per eccellenza, lo Stato con la più alta concentrazione artistico-spirituale, ammirata da fedeli e semplici turisti che ogni giorno visitano la tomba di San Pietro restando sempre colpiti dagli spazi architettonici della basilica, dalla maestà del Cupolone e dalle bellezze artistiche dei Musei e della Cappella Sistina, non a caso concepiti dal genio di Michelangelo Buonarroti e dai più grandi architetti e artisti del Rinascimento da Bramante a Bernini, da Raffaello a Giuliano e Antonio da Sangallo, Peruzzi, Maderno, Botticelli, Perugini. Suggestioni che prendono forma appena arrivati in piazza San Pietro, nell'emiciclo dell'imponente colonnato progettato da Gianluigi Bernini nel 1637 davanti alla basilica come due grandi braccia sempre pronte ad accogliere credenti, non credenti, diversamente credenti, ma in primo luogo la cristianità intera. Il gigantesco colonnato ellittico è posto a corollario della facciata pietrina - realizzata dal Maderno che riprese in gran parte l'originario disegno di Michelangelo - dai cui lati partono le due braccia che delimitano la piazza con una quadruplice fila di 284 colonne e 88 pilastri con un effetto prospettico reso ancora più imponente e suggestivo dalle162 statue di santi, martiri e beati collocate lungo il vertice dello stesso colonnato, con gli sguardi rivolti verso il Cristo Risorto posto al centro della parte alta della facciata circondato dai 12 apostoli, realizzate da allievi del Bernini che in più soggetti intervenne direttamente, come nel caso del Cristo Risorto. Altrettanto imponenti le statue di San Pietro con le chiavi in mano e di San Paolo, l'apostolo delle genti, collocate a destra e a sinistra del sagrato come a voler "invitare" pellegrini e visitatori a entrare in basilica, ubicata tra il colle Vaticano e il colle Gianicolo, in un'area compresa in epoca romana tra il Circo di Nerone, la via Cornelia e una vasta zona cimiteriale chiamata Necropoli Vaticana dove fu sepolto S. Pietro dopo il martirio nel vicino circo neroniano. Suggestioni che iniziano a prendere forma appena lo sguardo si posa lungo il colonnato per concentrarsi sul gigantesco obelisco egizio di granito rosso - alto 25,31 metri su un basamento di 8,25 metri - voluto al centro della piazza da Sisto V. Una piazza unica nel suo genere - da sempre sede di grandi raduni e dei più importanti riti papali - incastonata tra due simbolici poli, la facciata di S. Pietro e via della Conciliazione, l'imponente rettilinea che collega il Tevere con piazza San Pietro realizzata, dopo lo sventramento dell'antico Borgo, dal 1936 per "celebrare" i Patti Lateranensi firmati l'11 febbraio 1929 e inaugurata da Pio XII nell'Anno Santo del 1950. Il Vaticano, dunque, una mini Città-Stato tra le più celebrate, ma non per questo tra le più conosciute, avendo al suo interno angoli di storia rimasti in penombra, testimonianze artistico-architettoniche di grandissimo livello di epoca romana, medievale, rinascimentale e contemporanea (come l'aula Paolo VI realizzata da uno dei più grandi architetti del Novecento, Pierluigi Nervi o la piccola chiesa di S. Anna, la parrocchia del Vaticano) quasi "oscurate" dai grandi tesori rinascimentali esposti nei Musei e in basilica, e dalla presenza del papa nelle solenni celebrazioni in piazza S. Pietro o sull'altare della Cattedra sormontato dal Baldacchino con le 4 gigantesche colonne bronzee alte 29 metri realizzate dal Bernini. La basilica - il più grande tempio della cristianità con 15.160 metri quadrati di superficie, 211 metri di lunghezza, compreso il Portico, e 44 metri di altezza - fu consacrata il 18 novembre 1626 da Urbano VIII, che commissionò al Bernini la realizzazione del Baldacchino, a "protezione" del luogo sottostante dove è sepolto S. Pietro, consacrandolo il 29 giugno 1633. Il "nuovo San Pietro" fu edificato sulle ceneri della vecchia basilica costantiniana su decisione di papa Giulio II. Visitarla - ieri come oggi - è sempre una emozione continua, al di là dei sentimenti di fede che ognuno vi può provare. Ogni suo angolo, anche il più piccolo, "parla" di cristianesimo e di arte, ai massimi livelli. Intorno all'altare della Cattedra ruota un infinito mondo di immagini sacre, opere d'arte, cappelle modellate in uno spazio a forma di croce greca che, su progettazione di Michelangelo, dette il perimetro definitivo alla basilica. Prima della Tomba di San Pietro, tra le soste praticamente "obbligate", la suggestione dell'atrio di ingresso che nel Giubileo sarà particolarmente "frequentato" da quanti entreranno in basilica attraversando la Porta Santa che sarà aperta da papa Francesco l'8 dicembre prossimo. Come pure l'emozione che si prova al cospetto della statua della Pietà di Michelangelo posta all'inizio della navata di destra, e negli ultimi anni gli altari dove riposano le spoglie di due tra i più grandi ed amati pontefici degli ultimi anni, Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII, santificati entrambi lo scorso anno da Bergoglio. Ma dietro alla maestà della basilica, alla imponente scenografia della piazza o al fascino dei tesori artistici dei Musei, c'è un mondo quasi sconosciuto ai più, fatto di palazzi d'epoca, vie risalenti ad antichi tracciati storici, monumenti, giardini, fontane, abitazioni, condomini; i palazzi delle Congregazioni (i "ministeri" della Santa Sede), o i servizi come le poste, la tipografia, la farmacia, la banca, i mercati generali, il tribunale, la Radio Vaticana, la redazione dell'Osservatore Romano: vale a dire tutte quelle tipiche strutture sociali che garantiscono il funzionamento di una qualsiasi città. Strutture in gran parte di indubbio valore storico-architettonico, messe in secondo piano dal fascino della basilica o dalla suggestione della Cappella Sistina (malgrado il primo novembre 2013 abbia compiuto 500 anni di età, portati del resto benissimo). Volendo, però, visitare la cittadella vaticana, gli itinerari suggeriti possono partire dai due ingressi ai lati della piazza berniniana, il Portone di Sant'Anna lungo via di Porta Angelica e l'Arco delle Campane, a sinistra di San Pietro, o attraverso il cancello che dà su piazza del Sant'Uffizio. Nel colonnato di destra c'è un terzo accesso, riservato solo alle autorità, ai dipendenti della Curia e a chi è munito di uno specifico permesso per accedere nel Palazzo Apostolico, sede al terzo piano della residenza del Papa e al secondo del cardinale segretario di Stato della Santa Sede. E' il Portone di Bronzo attraverso il quale si accede nello scenografico scalone michelangiolesco, che porta ai piani alti della Curia, dell'Apsa, della Prefettura e permette l'accesso al cortile di San Damaso. Un altro ingresso, non riservato al grande pubblico, ma a invitati e a personalità, è il Portone del Perugino, lungo via Gregorio VII, diventato però molto più "frequentato" per la vicina sede dell'Ospizio di Santa Marta, la residenza di papa Francesco. In definitiva, non è per niente azzardato immaginare che appena entrati in Vaticano, sia attraverso i grandi Portoni d'accesso controllati sempre da drappelli di Guardie Svizzere - l'esercito del Papa - che in piazza San Pietro, nessuno resti indifferente al fascino artistico-religioso che si respira all'ombra del Cupolone, da oltre 500 anni silenzioso testimone di piccole e grandi storie di papi, di vescovi e cardinali, di uomini, artisti e tesori d'arte noti e meno noti, che fanno del più piccolo Stato del mondo la quotidiana meta privilegiata da migliaia di visitatori. E il Giubileo di papa Francesco sarà sicuramente un valore aggiunto.
ilgiornale
Un «bolide» super comodo E il divano pare la Cadillac
Collezioni moderne e innovative che nascono dall'esigenza di creare un prodotto su misura attraverso competenza e creatività in collaborazione con designer, architetti e tecnici specializzati. Un impegno comune e costante per assicurare la perfetta esecuzione dei progetti, dall'ideazione alla lavorazione fino alla realizzazione finale. È questa la filosofia che anima l'azienda Rugiano Interiors Decoration (con sede a Mariano Comense) e la sua divisione Contract, la cui storia è da sempre legata alla personalità di Luigi Rugiano, imprenditore dinamico e attento alla continua evoluzione del mondo del mobile. Qualità personali che, unite alla sua innata passione per lo stile, hanno motivato l'azienda ad essere in continua competizione con i mercati di tutto il mondo. Una realtà solida e concreta quella di Rugiano, che utilizza le migliori tecniche di lavorazione e si avvale di personale altamente qualificato, consentendo all'azienda di crescere in termini di marketing e immagine e di collocarsi a pieno diritto tra le eccellenze italiane del settore. Ed ecco che design ed eleganza garantiscono risultati innovativi in qualsiasi contesto abitativo: non solo nelle dimore private ma anche nei locali pubblici, nelle sedi di rappresentanza, negli hotels o sugli yacht. Perché qualunque sia l'ambiente, il punto di forza è unico, ossia la produzione propria che si dedica alla cura dei prodotti grazie alla preziosa collaborazione dei migliori artigiani, all'impiego di apparecchiature di precisione e al sapiente utilizzo di materiali quali pergamena, cuoio, marmo, acciaio, cristallo, pelle e rivestimenti in foglia argento e foglia oro. Materiali che vengono poi impiegati per la realizzazione di ambienti completi e arredi finiti di grande stile, gran parte dei quali sono in esposizione all'interno dell'elegante show room di Milano, aperto con successo nel 2005 nella centrale via Moscova. Così come grande successo hanno ottenuto gli ultimi prodotti presentati al Salone del Mobile di Milano, arredi che rappresentano il frutto di una lunga analisi e ricerca svolta dall'Ufficio Stile Rugiano in collaborazione con l'architetto Carlo Colombo e lo Studio Viganò, nomi di spicco nell'ambito del design. In particolare il divano Cadillac, dalle forme morbide e pulite che rimanda al mondo delle celebri american's car del passato; e il tavolino Globo la cui particolare struttura, ad una gamba decentrata, permette un perfetto inserimento lato-divano (o poltrona), rendendo ancora più fruibile il piano d'appoggio. Per living da vivere veramente e pienamente in ogni più piccola sfaccettatura (www.rugiano.com)
repubblica
Renzi a tutto tweet, tra ottimismo e ironia sulla copertina dell'Economist
ROMA - Quella copertina dell'Economist, ovviamente l'ha vista anche lui e Matteo Renzi trova spazio per commentare anche la stoccata del settimanale britannico, nel corso della raffica di tweet che, di buon mattino, apre la sua giornata ufficiale. Il settimanale lo ritrae con un gelato in mano mentre la barca dell'euro affonda e il presidente del Consiglio sceglie la strada dell'ironia per replicare al messaggio: "Ho visto che nella foto è confezionato - dice riferendosi al gelato - è buono, per carità, ma io preferisco quello artigianale: crema e limone, grazie". Comincia un quarto d'ora dopo le 7 il botta risposta sul social network con Renzi che inquadra così il fine settimana: "Oggi giustizia e Sblocca Italia. Domani vertice europeo. Lunedì la presentazione ufficiale dei mille giorni con obiettivi e sito 'Italiariparte'". Economist, Renzi su Twitter: ''Il gelato? Mi piace artigianale'' Renzi, stimolato dai follower, spazia su tutti gli argomenti all'ordine del giorno e non manca di ricorrere ancora all'ironia quando c'è chi gli fa notare che magari "tra mille giorni non ci saremo più": "Finalmente un pò di sano ottimismo!!!", controbatte proprio per confermare invece quella dote è un elemento necessario. Scuola, riforma della giustizia e della P.A. e uno sguardo anche alla ricostruzione a L'Aquila sono i temi affrontati nel botta e risposta via Twitter. Tutto nell'arco di 60 minuti per poi lasciare l'appartamento del presidente e tornare ai dossier che attendono nello studio di Palazzo Chigi: "Scendo in ufficio. Stamani ho già twittato troppo", si congeda Renzi aggiungendo la "faccina" di un sorriso e un buongiorno, naturalmente preceduto dal rituale hashtag.
ilgiornale
Roma, muore 62enne per sospetto caso di "mucca pazza"
Un ingegnere elettronico romano è morto mercoledì sera al Policlinico di Tor Vergata per un sospetto caso di " mucca pazza ", l'uomo era stato ricoverato il 5 gennaio scorso a seguito dei primi sintomi della patologia. L'ingegnere aveva 62 anni e il mese scorso aveva accusato i classici sintomi della "mucca pazza": la vista sdoppiata e le difficoltà di memoria. L'uomo, all'inizio, era stato portato al pronto soccorso, ma dopo cinque giorni era stato spostato al reparto di Neurologia perché il suo quadro clinico era peggiorato rapidamente. Oltre alla vista sdoppiata e alle difficoltà di memoria, il 62enne ha cominiciato anche a manifestare i primi segni di demenza seguiti da improvvisi attacci epilettici . Come scrive ilMessaggero , un primo inidizio della malattia è emerso attraverso l'elettroencefalogramma e la risonanza magnetica che avevano evidenziato i tipici "buchi" con sostanza biancastra nell'encefalo. Ora, la salma dell'uomo è a disposizione dell'autorità giudiziaria per l' autopsia e soltanto questi esami potranno confermare o meno la sospetta morte per "mucca pazza". I familiari dell'uomo, però, non hanno dubbi. " I risultati del prelievo del liquor cefalorachidiano effettuato nei primi giorni di degenza e inviato a Verona - spiega una cugina dell'ingegnere -sono arrivati il giorno prima della morte e non hanno lasciato spazio a dubbi evidenziando la proteina alterata del morbo. Mio cugino è morto mercoledì sera alle nove tra le mie braccia, circondato dall'amore infinito della moglie e dei sue figli. Ma come si può morire ancora di 'mucca pazza'? Perché ci siamo dovuti sentire dire dai medici che non c'era nulla da fare per salvargli la vita? Denunciamo l'accaduto perché vogliamo che l'attenzione su questa malattia non cali". Dall'ospedale, intanto, hanno chiesto se l'uomo fosse stato in Inghilterra perchè lì il morbo della "mucca pazza" è stato isolato per primo negli allevamenti di bovini : " Ci è stato, ma per un paio di giorni come tutti noi. Mio cugino era un gran carnivoro, mi viene difficile pensare che l'abbia potuto contrarre lì ". Dal Policlino, poi, la direzione generale fa sapere di " non avere notizie ufficiali in merito". La malattia della "mucca pazza", in Italia, uccide 1,93 persone ogni milione di abitanti. Non ha cure e non lascia scampo. Nel 2015 si è registrato un caso in Salento, l'anno precedente ce ne sono stati altri sette.
repubblica
Attentato a Istanbul, autobomba in centro: undici morti
Undici persone sono rimaste uccise e altre trentasei ferite in un attentato messo a segno alle 8.35 di questa mattina a Istanbul nel distretto centrale di Vezneciler. Un' autobomba è stata fatta esplodere al passaggio di un mini-bus vicino a una stazione della polizia nel quartiere di Beyazit, a poche centinaia di metri dalla centralissima piazza Sultanahmet, la principale area turistica della città. Secondo le prime informazioni il mezzo apparteneva alle forze dell'ordine ed era diretto all'Università di Istanbul , che ha cancellato gli esami in programma per oggi dopo la notizia dell'attacco. Autobomba a Istanbul uccide undici persone Secondo la Cnn Turk l'automobile piena d'esplosivo è stata fatta esplodere con un controllo a distanza, al passaggio del bus della polizia. Molti negozi nelle vicinanze sono stati danneggiati dall'urto. Quattro civili e sette poliziotti hanno perso la vita. Sei agenti sono stati identificati come Ramazan Kırboğa, Emrah Pekdoğan, Kadir Cihan Karagözlü, Duha Beker, Gökhan Topçü e l'autista Yaşar Özlem. In mattinata il commento del presidente Recep Tayyip Erdogan , che ha assicurato che la lotta contro il terrorismo continuerà fino alla fine e aggiunto che "colpire le grandi città" per il Pkk "non è una novità", sicuro che a loro sia da attribuire la responsabilità. Secondo la stampa turca quattro persone sono già state arrestate in relazione all'omicidio, mentre le autorità giudiziarie hanno imposto un bavaglio alla stampa. Autobomba fa strage a Istanbul: undici i morti I precedenti: Ankara e Istanbul Al momento nessuno ha rivendicato l'attentato. Negli ultimi mesi, tuttavia, nella metropoli turca si sono registrati numerosi attacchi, messi a segno tanto dagli uomini del sedicente Stato islamico, quanto da estremisti di sinistra e curdi. La polizia è finita sotto attacco anche ad Ankara , capitale del Paese, dove i militanti del Tak curdo - scissionisti del Pkk - hanno provocato 28 vittime nella zona centrale di Kizilay, prendendo di mira un convoglio militare. Un secondo attentato nella stessa città aveva provocato 37 morti il mese successivo.
repubblica
Il caso Tosi infiamma la Lega. Maroni si schiera con Salvini: "Non si metta contro Zaia"
ROMA - Nello scacchiere della Lega i quattro leader principali sono protagonisti di uno scontro senza precedenti. Matteo Salvini e Roberto Maroni si alleano contro Flavio Tosi, schierato a sua volta contro Luca Zaia. Pretesto del braccio di ferro tra il segretario del Carroccio, autocandidatosi a leader del centrodestra in un'intervista a Repubblica , e il sindaco 'ribelle' di Verona, è il dubbio di quest'ultimo sulla sua partecipazione alla manifestazione della Lega contro il governo sabato a Roma. Ma il vero nodo da sciogliere riguarda le prossime elezioni regionali in Veneto: Salvini sostiene la ricandidatura dell'attuale governatore Zaia, mentre il primo cittadino della città scaligera si propone come candidato capace di guardare anche al centro. Nel tentativo di pacificare le parti sull'impasse Veneto interviene a fianco del segretario il governatore della Lombardia Roberto Maroni (che invece a Roma ci andrà): "Stimo Tosi, gli sono amico, ma non può mettersi contro Zaia. Sarebbe un errore gravissimo per lui e per la Lega". E aggiunge: "Che Tosi si metta a fare il candidato contro Zaia sarebbe una iattura che ci farebbe perdere la Regione". Concludendo con un richiamo alla ragionevolezza: "Faccio appello all'amico Tosi che stimo perchè trovi una soluzione. Zaia e Tosi devono trovare un accordo e sarebbe utile fare meno interviste". La polemica va avanti a colpi di dichiarazioni. Salvini accusa apertamente Tosi di voler boicottare Zaia. "Ipotizzare di candidarsi contro di lui o di metterlo in difficoltà non mi sembra utile in questo momento", ha ribadito l'eurodeputato a Radio Padania. "Se ci sono litigi da fare - attacca Salvini- li si faccia nelle sedi opportune e poi si trovi un accordo e si vada a vincere. Io spero che Zaia e Tosi trovino l'intesa e poi andiamo a ragionare di temi concreti. Non è il momento di litigare". Non solo. Come detto l'ira del segretario sfocia nella querelle sulla kermesse del Carroccio nella capitale (intitolata "Renzi a casa"), che vede ancora in bilico la presenza di Tosi. "Metto i puntini sulle i per i militanti - dice - non è possibile che Tosi dichiari in un'intervista che non ha ancora deciso. Mi girano le palle, soprattutto a nome dei militanti che pagano la benzina o i biglietti di pullman e treni di tasca loro. Perciò la presa in giro non va. Non è bello da un dirigente pagato. Vieni. Punto. Poi discutiamo della regione". "Con Salvini ci sono sicuramente delle distanze. Poi in politica certe volte le distanze si riescono a colmare, certe volte no", risponde Tosi. "Tutti vogliono vincere in Veneto - continua- però ci vogliono linearità, coerenza e rispetto per le persone". "Nessuno favorisce nessuno" rileva poi sulle 'accuse' del segretario leghista che una sua candidatura alla presidenza del Veneto favorirebbe la candidata del centro-sinistra, Alessandra Moretti. Quanto alla manifestazione romana, Tosi si difende: "Ho già detto che la mia presenza dipenderà dai miei impegni di sindaco". E in risposta alle accuse del segretario: "Non credo che si riferisse a me, perché io non sono pagato dalla Lega. Il mio unico stipendio è quello di sindaco". Le differenze tra i due sono evidenti soprattutto sulla questione delle alleanze per le prossime elezioni regionali. Mentre Salvini oppone un "no" netto a Ncd, perché sostiene il governo del "nemico numero uno" Matteo Renzi, ed è disposto a una collaborazione con Forza Italia purché, però, "rimanga all'opposizione", Tosi è più possibilista. Il primo cittadino di Verona apre convintamente sia a Forza Italia che ad Angelino Alfano, convinto che occorra guardare anche al centro, oltre che a destra, per poter creare un’alternativa capace di sfidare il premier. Una posizione condivisa, peraltro, anche da Zaia e Maroni, che però fanno fronte comune con Salvini sulla scelta del candidato.
ilgiornale
Intersos lancia l'allarme Yemen: "C'è il rischio dramma umanitario"
Un intervento militare è arrivato oggi, con l'Arabia Saudita che si è messa alla testa di una coalizione di Paesi per bombardare le postazioni dei ribelli houthi e il legittimo presidente ormai sempre più inerme, asseragliato ad Aden o in fuga. Ma se gli attacchi aerei sullo Yemen mettono in allerta le ong e la politica, che chiede ancora una soluzione politica, almeno per canali ufficiali, c'è poi chi, come Intersos, ricorda che la situazione per i civili era molto criticata già prima che i sauditi decidessero di armare i caccia. "Si rischia che la situazione umanitaria diventi ancora più critica", ha ccomentato il direttore regionale Alessandro Guarino, che dal Paese è tornato a inizio mese, dopo una missione di tre settimane. In Yemen da molti anni, Intersos parla di una situazione "di estrema debolezza", per quello che è ancora il più povero e arretrato tra gli Stati arabi. In Yemen vivono più di 25 milioni di persone, ma tra di loro ci sono anche numerosi rifugiati. "250mila - spiega Guarino - arrivano dal Corno d'Africa". Ci sono poi "330mila sfollati e più di 10 milioni di persone che vivono in una situazione di insicurezza alimentare", che non devono passare inosservate mentre si guardano i raid aerei colpire il Paese. Non sono soltanto la capitale Sana'a e la città di Aden a essere in pericolo, mette in guardia Guarino. "La situazione è critica anche nella zona del governatorato di Lahj, dove vivono molti migranti originari del Corno d'Africa, rifugiati provenienti da Somalia ed Etiopia, fuggiti da una situazione di insicurezza".
repubblica
L'anello di Angelica per dire 'No' alla violenza sulle donne
AngelicaeLeAltre, ovvero un progetto di promozione per la lotta contro la violenza sulle donne che parte dall'idea di legare la figura di Angelica, protagonista femminile dell'Orlando Furioso di Ludovico Ariosto, alla campagna che non si rivolge solo all'universo femminile ma anche a tutti gli uomini che sentono come preponderante il problema della violenza sulle donne. "Sentir parlare ancora nel 2018 di violenza sulle donne è qualcosa di incredibilmente assurdo", dicono i rugbisti azzurri Mattia Bellini e Carlo Canna che appoggiano il progetto. Angelica, nel poema cavalleresco di Ariosto, è la bella principessa del Catai che, in continua fuga dai suoi irruenti ammiratori, svanisce per magia di un anello, in grado all'occorrenza, di renderla invisibile. Eleonora Costa e Alessandra Fichera, ideatrici del progetto, hanno realizzato un nuovo anello di Angelica, un simbolo contemporaneo di solidarietà femminile ma anche di riscatto per tutte le donne, non soltanto le vittime di abusi e soprusi. Il gioiello, creato in argento bagnato oro o in argento semplice con una pietra di corallo rosso, riporta un'incisione con i versi dell'Ariosto 'De l'annel c'ha nel dito si rammenta che può salvarla', una formula magica che ricorda alle donne che faranno la scelta di indossarlo la loro forza individuale e comune. Il disegno dell'anello di Angelica "Noi come sportivi e come uomini sappiamo che il rispetto della donna è uno degli aspetti fondamentali della vita e del vivere civile", dicono ancora Bellini e Canna, entrambi giocatori delle Zebre nel Pro14 e tra i migliori giocatori emergenti della Nazionale ma soprattutto uomini che stanno dalla parte delle donne ma ancora di più dalla parte del vivere civile. "Apprezziamo l'iniziativa 'Angelica e le altre' e speriamo che possa dare un aiuto a tutte le donne, affinché possano affrontare e superare ogni difficoltà", concludono i due rugbisti. L'anello è disponibile con una quota associativa, che in parte sarà devoluta per la realizzazione di iniziative a sfondo sociale. 'AngelicaeLeAltre' contribuisce quest'anno al progetto Stereotipa, un concorso indetto dall'Udi (Unione donne in Italia) che premia le scuole che hanno realizzato attività finalizzate alla lotta contro la violenza sulle donne.
ilgiornale
Furto nella casa della sorella di Lorenzo Claris Appiani
Furto nella casa del magistrato Francesca Claris Appiani , sorella dell’avvocato Lorenzo , una delle vittime della strage avvenuta all’interno del Tribunale di Milano il 9 aprile scorso. I malviventi hanno svaligiato l’appartamento, a Milano, approfittando dell’assenza dell’intera famiglia Claris Appiani, all’Elba per la sepoltura di Lorenzo. "Provo disgusto per questi sciacalli", ha commentato il padre Aldo, secondo il quale le chiavi di casa del figlio non si trovano dal giorno dell’omicidio. "Dopo la morte di mio figlio, un dolore terribile, cosa vuole che mi importi di un furto...", ha aggiunto Aldo Claris Appiani. "Il mio è un discorso sull’umanità. Sapevano che eravamo tutti all’Elba per i funerali di Lorenzo e hanno approfittato della nostra assenza per entrare in casa. Provo disgusto per questi sciacalli". Aldo Claris Appiani non esclude che i ladri siano entrati anche in casa dello stesso Lorenzo, magari per prendere le chiavi di casa di Francesca, "visto che ognuno di noi, in famiglia, ha le chiavi di tutti gli altri. Dal giorno della strage, non abbiamo mai trovato le chiavi dell’appartamento di mio figlio. Le abbiamo cercate dappertutto, ma non le avevano neanche i carabinieri. Una strana coincidenza".
repubblica
L'allarme Efsa sull'olio di palma. Le aziende: "Faremo le scelte giuste per tutelare i consumatori"
ROMA - Dopo la condanna dell’olio di palma da parte dell’Efsa , l'Autorità europea per la sicurezza alimentare, secondo cui questo grasso tropicale fa male soprattutto ai bambini perché contiene sostanze tossiche, arriva la risposta delle aziende italiane che producono dolci e altri prodotti da forno e aderiscono all' Aidepi . "Siamo un settore responsabile – spiegano dall’associazione di Confidustria – le indicazioni dell’Efsa sono fondamentali per noi e faremo le scelte giuste per tutelare la salute dei consumatori. Con questo obiettivo ci siamo già messi in contatto con il ministero della Salute per valutare insieme come procedere dando la nostra massima disponibilità e collaborazione. Anche questa volta faremo la nostra parte". A interpellare direttamente il dicastero della Salute ci hanno pensato anche i deputati pugliesi del Pd con un’interrogazione a prima firma Colomba Mongiello , in cui chiedono al ministro Beatrice Lorenzin "quali siano le valutazioni del ministero in merito ai rischi per la salute dei consumatori derivanti dall’utilizzo dell’olio di palma come ingrediente negli alimenti, nonché dalle sostanze che si formano durante le lavorazioni alimentari, in particolare quando gli oli vegetali vengono raffinati ad alte temperature (circa 200° C)". I deputati dem vogliono sapere anche come il ministero intende rivedere i parametri per l’uso dell’olio di palma in campo alimentare e se pensa di organizzare campagne di informazione per orientare i consumatori verso la scelta di alimenti più sani, "in particolare prodotti a base di olio extravergine di oliva italiano di qualità, che è spremuto a freddo, è sicuro e molto più sano". Da parte sua Lorenzin ha deciso di chiedere al Commissario europeo per la salute e la sicurezza alimentare Vytenis Andriukaitis, tramite la nostra Rappresentanza presso le Istituzioni comunitarie di Bruxelles, di avviare con urgenza l’esame del parere Efsa. Il nostro ministro ha chiesto una valutazione della questione nei gruppi tecnici competenti presso la Commissione al fine di considerare l’eventuale necessità di procedere all’adozione di misure, anche in via precauzionale, finalizzate alla tutela della salute dei cittadini europei. "Il ricorso a strumenti comunitari è indispensabile per garantire un approccio realmente tutelante, in quanto omogeneo in tutto il territorio dell’Unione, con l’adozione, se necessarie, di misure uguali in tutti i Paesi membri sia da parte delle Autorità che del settore produttivo", ha precisato il ministero della Salute. Disponibilità alla collaborazione anche dall’ Unione italiana per l’olio di palma sostenibile , nata a ottobre 2015 per coordinare le attività di comunicazione a sostegno di questo grasso tropicale: "Fa piacere vedere che l’Efsa – spiega il presidente Giuseppe Allocca - riconosce gli sforzi fatti fin qui dai produttori, a livello volontario, tradotti in un deciso miglioramento dei processi di raffinazione con conseguente significativo abbattimento delle sostanze potenzialmente nocive. La recente indicazione dell’Autorità di Parma rappresenta un ulteriore stimolo al lavoro dell’industria alimentare nella ricerca e adozione di processi di raffinazione ancora più sicuri di tutti i grassi vegetali e animali, e, quindi, anche dell’olio di palma. Intendiamo proseguire con rinnovato impegno su questa strada".
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Impresentabili, Renzi a Bindi: "Usi Antimafia per regolare conti in Pd". E lei: "Giudicheranno gli italiani"
ROMA - La lista degli impresentabili presentata in conferenza stampa dal presidente della Commissione parlamentare Antimafia Rosy Bindi scatena la dura reazione del Pd. Perché in quell'elenco compare anche il nome di Vincenzo De Luca , il candidato del centrosinistra alla presidenza della Campania. I dem - prima la maggioranza, poi tutto il partito - attaccano la Bindi e parlano di "vendetta di corrente". Il diretto interessato De Luca annuncia di volerla denunciare. Mentre alcuni esponenti della stessa Bicamerale si smarcano e rivelano che la "pasionaria" del Pd ha fatto tutto da sola senza consultare gli altri membri. L'attacco di Renzi. Chiudendo la campagna elettorale nelle Marche, ad Ancona, Matteo Renzi in serata stigmatizza: "Mi fa male una cosa: che si utilizzi la vicenda dell'Antimafia per una discussione tutta interna, per regolare dei conti interni a un partito. L'Antimafia è un valore per tutti, non puà essere usata in modo strumentale, è il luogo dove tutti devono potersi riconoscere. La mafia non è un tema da campagna elettorale, va combattuta giorno dopo giorno". Parole che provocano l'immediata reazione della Bindi: "Ho taciuto per tutto il pomeriggio di fronte al tentativo di delegittimare la Commissione e la mia persona. Ed ora per il nome di un candidato, la cui condizione era conosciuta da tutti, ci si indigna contro il lavoro di Commissione e presidente. Giudicheranno gli italiani chi usa le istituzioni per fini politici, certamente non sono io". Ma alcune ore prima è il deputato renziano Ernesto Carbone il primo a commentare su Twitter l'elenco dei candidati impresentabili. Bindi sta violando la Costituzione, allucinante che si pieghi la commissione antimafia a vendette interne di corrente partitica — Ernesto Carbone (@ernestocarbone) 29 Maggio 2015 E più tardi ribadisce l'azione "solitaria" della presidente: Iniziativa personale,nno discussa,non condivisa in Commisione. Non é la lista dell'antimafia, è la lista di una persona. @Tommasinoc — Ernesto Carbone (@ernestocarbone) 29 Maggio 2015 La replica di Bindi non si fa attendere: "Non mi abbasso a rispondere a Carbone". E, ribattendo alle accuse, afferma: "Autoreferenziali? Saremmo inadempienti se non facessimo questo lavoro. È nella legge istitutiva della Commissione antimafia indagare sui rapporti tra mafia e politica e vagliare la qualità della classe dirigente. Se non avessimo fatto niente ci avrebbero accusato lo stesso, ma questo lavoro non è autoreferenziale. Mentre De Luca annuncia: "La signora Rosi Bindi segnala il mio nome in relazione a un vicenda giudiziaria di 17 anni fa - precisa - relativa alla vertenza di lavoro degli operai dell'Ideal Standard. Ho dato mandato al mio legale di querelarla per diffamazione. La sfido, inoltre, a un pubblico dibattito per sbugiardarla". Denuncio @rosy_bindi per diffamazione e la sfido a un dibattito pubblico per sbugiardarla. #impresentabili — Vincenzo De Luca (@VincenzoDeLuca) 29 Maggio 2015 Più tardi attacca: "È evidente che c'è un uso strumentale della mia persona, l'aggressione vera è al segretario del partito Matteo Renzi" e ha l'obiettivo di "mettere in difficoltà il governo nazionale". In serata intervengono i vicesegretari Debora Serracchiani e Lorenzo Guerini . "Non si possono trattare con leggerezza i diritti costituzionali delle persone, sbattendo in prima pagina i loro nomi, affermando però contemporaneamente che tale giudizio non ha alcun valore dal punto di vista degli effetti giuridici. Peccato che, in questo modo, atti che evidentemente riguardano una personale lotta politica si trasformino in gravi lesioni dei diritti individuali". "Il PD rimarrà unito e non si farà danneggiare dai rancori personali", chiarisce poi David Ermini , responsabile Giustizia della segreteria nazionale Pd, spiegando che "la Bindi ha raggiunto il suo obiettivo: un lavoro fatto male e gestito peggio che entra a piedi uniti nella competizione elettorale". "Le giustificazioni preventive parlano da sole. Una cosa così - riprende - non ce la saremmo mai aspettata dalla presidente della Commissione Antimafia, soprattutto l'ultimo giorno quando nessuno può più difendersi. Mi pare che questo - conclude l'esponente Dem - la dica lunga sulla serenità del giudizio". E il senatore Pd Andrea Marcucci definisce quello di Bindi "uno show inutile e imbarazzante": Contro gli impresentabili servono buone leggi, quelle che sta facendo governo Renzi. Imbarazzante e inutile lo show di Rosi Bindi — Andrea Marcucci (@AndreaMarcucci) 29 Maggio 2015 Il ministro della Pubblica Amministrazione Marianna Madia liquida in breve l'elenco dell'Antimafia: "E' un'opinione, una valutazione politica. Non capisco cosa ci sia di istituzionale" Pesano anche le parole del presidente dei dem Matteo Orfini : "Come noto non ho mai avuto un buon rapporto con De Luca. Ciononostante, quello che sta accadendo in queste ore è davvero incredibile. Siamo in uno stato di diritto in cui le sentenze le emette la magistratura e in cui la candidabilità o meno di qualcuno la decide la legge. Un paese in cui si è innocenti fino al terzo grado di giudizio". E conclude: "L'iniziativa della presidente della commissione Antimafia è incredibile istituzionalmente, giuridicamente, ma anche culturalmente, perchè ci riporta indietro di secoli, quando i processi si facevano nelle piazze aizzando la folla". L'ex segretario Pd Pier Luigi Bersani definisce "sconcertante" l'intera vicenda: "Vedo che adesso qualcuno dà la colpa all'Antimafia, è questo è il paradosso più grande. L'Antimafia sta applicando un codice che abbiamo approvato tutti in Parlamento. Questa vicenda, nell'insieme, è sconcertante". Mentre l'ex premier Gianni Letta commenta: "Se il centrosinistra critica Berlusconi per le leggi ad personam e poi candida De Luca in Campania, mi sembra che manchi di linearità". Ncd. Gaetano Quagliariello , rivolgendosi a Carbone e al Pd, parla invece di "pasticcio": Da Comm. Antimafia pasticcio brutto e lo diciamo da giorni. Ma perché Pd si sveglia solo ora dopo aver conosciuto la lista? #delucacicova — GaetanoQuagliariello (@QuagliarielloG) 29 Maggio 2015 E il leader di Ncd Angelino Alfano afferma di aver visto "dichiarazioni di una ferocia senza precedenti dentro uno stesso partito. La polemica sugli impresentabili è tutta interna al Pd". Sel . Arturo Scotto , capogruppo dei deputati di Sel, si rivolge a Renzi invitandolo a chiarire: Caro #Renzi hai abbracciato l'impresentabile #DeLuca . Ora #Italia aspetta parole chiare dal Presidente del Consiglio. Non puoi scappare più. — Arturo Scotto (@Arturo_Scotto) 29 Maggio 2015 E il presidente di Sel Nichi Vendola denuncia: "Il linciaggio della presidente della Commissione parlamentare antimafia ad opera del suo stesso partito è una vergogna assoluta". Questo è un mondo capovolto, il paradosso volgare della politica Italiana: ora lo scandalo è Rosy Bindi.... #impresentabili #Pd #Sel — Nichi Vendola (@NichiVendola) 29 Maggio 2015 M5s: nessuno di noi nella lista . Il Movimento Cinque Stelle, invece, sottolinea il fatto che nell'elenco non compare alcun parlamentare stellato: "Nessuna sorpresa per l'assenza di qualunque candidato del M5s nella lista degli 'impresentabili' redatta dalla Commissione antimafia - affermano in una nota i componenti pentastellati della stessa Commissione - Lo stesso non possiamo dire delle altre forze politiche. Forza Italia, Ncd, Fratelli d'Italia, oltre le liste a loro collegate, sono ben presenti nell'elenco. A partire da De Luca". E anche Roberto Fico , presidente della Commissione di Vigilanza parlamentare della Rai, chiede all'ex sindaco di Salerno di ritirare la sua candidatura: "Chiediamo per il bene di tutta la Campania che De Luca faccia un passo indietro e non si presenti più come candidato presidente della Regione. Chiediamo un atto di responsabilità al presidente del Consiglio e a tutto il Pd". Mentre Beppe Grillo dedica al caso un post sul suo blog, criticando il Pd che "non accetta lezioni di moralità, eppure candida impresentabili". La lega. Salvini è soddisfatto: "Io sono orgoglioso e felice che non ci sia nessuno della Lega" nelle liste degli impresentabili, commenta il leader della Lega Nord Matteo Salvini , "il problema è degli altri", "io delle liste della lega sono strafelice". Mentre Roberto Calderoli invoca le dimissioni di Renzi: "Ha mentito, se ne vada". Forza Italia. Il governatore uscente della Campania nuovamente in corsa Stefano Caldoro commenta: "De Luca è ineleggibile. La sua è una candidatura contro la legge, oltre la legge". E Paolo Romani , capogruppo dei senatori di Forza Italia afferma: "È disarmante lo scontro in atto all'interno del Pd sull'iniziativa della Commissione antimafia ed è stupefacente sentir parlare autorevoli esponenti del partito di Renzi di 'processi in piazza': è evidente che il giustizialismo applicato ai propri compagni di partito, o di corrente nel caso del Pd, non piace quanto quello applicato ai propri avversari politici". La Commissione prende le distanze . All'interno della Commissione Antimafia alcuni membri cominciano a smarcarsi dalla presidente. È il caso del segretario Marco Di Lello , presidente dei deputati socialisti, il quale sottolinea come la Bindi abbia fatto tutto da sola senza consultarsi con gli altri membri della Bicamerale: "A differenza di quanto riferito in conferenza stampa è giusto sottolineare come né all’ufficio di Presidenza, né alla Commissione plenaria sia stato consentito di fare alcun tipo di valutazione sulla lista dei nomi resi noti oggi dalla Presidente Bindi. Due settimane fa ho condiviso la scelta di rendere note le risultanze delle indagini, ma sui criteri adottati ho fatto verbalizzare che l’inclusione di imputati che in primo grado sono stati assolti nel merito o per prescrizione va oltre il tenore del codice di autoregolamentazione, approvato dalla Commissione Antimafia, sfociando così nell’arbitrio. È bene dunque chiarire che nessuna condivisione è stata voluta dalla Bindi e che nessuna responsabilità, anche in ordine agli inaccettabili ritardi con cui si è arrivati a rendere nota la lista, è addebitabile ai Commissari o all’Ufficio di Presidenza. La Presidente Bindi se ne assuma dunque in pieno la responsabilità. Io non sono un Commissario a sua disposizione”. In seguito arriva una precisazione dall'Ufficio di Presidenza: "Si ribadisce che l'ufficio di Presidenza, allargato ai capigruppo, ha sempre condiviso tutte le procedure nelle diverse fasi del percorso di verifica, dando pieno mandato alla presidente di concludere il lavoro. Nessuna iniziativa è stata presa in modo autonomo dalla presidente Bindi".
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Fabio Rizzi, un medico prestato alla politica
Tra le persone arrestate questa mattina dai carabinieri di Milano, nell'ambito dell'operazione "Smile", su un presunto giro di mazzette e di turbative d'appalti pubblici banditi da diverse aziende ospedaliere, c'è anche il consigliere regionale della Lega Fabio Rizzi. Personaggio "chiave" della recente riforma del sistema sociosanitario varata dalla Giunta lombarda, che in questi mesi sta diventando realtà. Tanto che la prima bozza, il testo che ha fatto da base per il dibattito sulla nuova legge, portava proprio il nome di Rizzi. Quarantanove anni, nato a Cittiglio (Varese) il 19 novembre 1966, Rizzi si era iscritto alla Lega Nord nel 1992. Dal 16 aprile 2013 è presidente della Commissione Sanità del Consiglio regionale. Ma il mondo della sanità lo conosceva molto bene per motivi professionali prima che politici. Laureato in Medicina e chirurgia all'università degli Studi di Pavia nel 1991, Rizzi è medico anestesista e rianimatore. Fra gli ospedali in cui ha lavorato il Sant'Anna di Como (dirigente medico di I livello di Anestesia, rianimazione ed elisoccorso-118 tra il 1997 e il 2000), l'ospedale Civile di Sondrio (2000-2001), l'Istituto clinico Mater Domini di Castellanza, in provincia di Varese (2001-2008), gli istituti clinici Iseni di Lonate Pozzolo, sempre in provincia di Varese (dal 2008). Nel suo passato politico c'è la guida di un piccolo comune, Besozzo (Varese), dal 2007 al 2012, preceduta dall'attività come consigliere comunale e vicesindaco sempre a Besozzo. Del Carroccio è stato anche segretario provinciale dal 2006 al 2008, anno in cui è stato anche eletto in Senato. Nel 2013 è tornato in Regione Lombardia, dove era già stato consigliere dal 16 ottobre 2007 al 26 gennaio 2008, quando si era dimesso per incompatibilità con la carica di sindaco. Artefice dello sbarco della Lega in Sardegna nel 2009, Rizzi ha fra i suoi hobby la pesca e vive da tempo con un pappagallo di nome Gianni, regalatogli dal padre.
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L'effetto Cristiano Ronaldo e i tappetini della Juventus
Qualche dirigente più preparato e che conosce bene Andrea Agnelli e Beppe Marotta lo aveva previsto: la Juventus, forte dell'operazione Cristiano Ronaldo, adesso vuole contare di più in seno alla Lega di serie A, e contare di più significa anche guadagnare di più. Ecco, quindi la guerra degli sponsor ( vedi Spy Calcio del 18 luglio ), la guerra dei tappetini, quello spazio virtuale gestito dagli sponsor ai lati delle porte e che vale un sacco di soldi. Domani, giovedì 26 luglio, si terrà in Lega un'altra assemblea, quella decisiva sulle sponsorizzazioni. Ci saranno tutti i presidenti perché a seguire (a Sky) è prevista la cerimonia dei calendari. La Juve ha portato al suo fianco alcune grosse società, la prima l'Inter. Si vuole che i tappetini non siano più collettivi ma individuali. Una soluzione andrà trovata per evitare lacerazioni pericolose: possibile che venga cambiata la distribuzione dei proventi dello scorso campionato. Da 1 a 20, si passerebbe quindi a 1 a 50: in questo caso sarebbe premiata la meritocrazia, e la Juve (e le big) guadagnerebbero di più. D'altronde, i club sono convinti che l'arrivo di Ronaldo possa portare anche a loro grossi vantaggi, non solo a chi lo ha ingaggiato. La stagione appena passata, ad esempio, ha visto un sensibile incremento di spettatori: in totale sono stati 9.062.105 (982.704 in più rispetto all'annata precedente, un incremento significativo del 12, 16% per cento). Che succederà quest'anno con CR7? Stadi pieni e biglietti alle stelle. Si superarà probabilmente quota 10 milioni. Probabile anche un incremento di ascolti tv, fermi la passata stagione (Sky ha tenuto, Mediaset Premium è crollata). Insomma, Ronaldo è un affare per tutti. La Lega di A fatto un capolavoro con le sponsorizzazioni: previsti un quarantina di milioni. La "squadra" composta da Marco Brunelli, Fabio Santoro e altri dirigenti preparati è riuscita a rilanciare la Coppa Italia e a trovare quelle sponsorizzazioni che in passato non si erano mai viste. La Tim resterà title sposor del campionato di serie A, un affare da 15 milioni a stagione per tre anni. Si era fatta avanti anche Samsung, ma la compagnia telefonica, che dal 1998 ha affiancato il suo brand al calcio italiano, dopo un lungo periodo di titubanza ha rilanciato con una proposta anche per il torneo Primavera. Di sicuro sul cambio di strategia ha influito l'arrivo di Ronaldo. Ci sarà anche uno sponsor della Coppa Italia (Trenitalia, 5 milioni) sul territorio nazionale, mentre la Isg ha garantito 20 milioni per le sponsorizzazioni all'estero. Insomma, la Lega cresce, il presidente Gaetano Micciché è arrivato proprio nel momento giusto. Giochi 2026: voci (smentite) di un ritiro di Torino La commissione Mornati si riunisce domani pomeriggio (giovedì 26 luglio) a Palazzo H: dovrà valutare i dossier olimpici e relative integrazioni di Milano, Torino e Cortina. Forse sarà l'ultima riunione, ma se necessario il segretario generale del Coni riconvocherà un summit la prossima settimana. Il 1 agosto, comunque, si decide. Anche il sindaco di Milano, Sala, ha apprezzato la scelta di Malagò di chiudere questa lunga, estenuante partita il 1 agosto, senza aspettare il 10 settembre. Torino e Cortina hanno fatto, stanno facendo, di tutto per mettersi ai margini. A Torino c'è stata una forte spaccatura in seno al Movimento 5 Stelle, un portavoce si autonominato responsabile della candidatura e la sindaca Appendino ha escluso qualsiasi accordo con Milano. In più c'è il rischio di un referendum, poco gradito al Cio. Al Coni c'è la sensazione che il fuoco covi sotto la cenere, ma non trova credito, almeno per ora, la voce circolata di un ritiro della candidatura di Torino. Potrebbe farlo, comunque, da qui al primo agosto. La scelta certa ormai è quella di Milano, l'unica città che ha speranze di successo. Poi se Cortina e Milano, dal 2 agosto, vorranno cercare un accordo con Milano sarà possibile. Ma in fretta, ovviamente, perchè il Coni deve presentarsi ad ottobre alla sessione Cio di Buenos Aires con tutte le carte in regola per vincere.
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Giorgio Gaber: dalle serate con Celentano alla "canzone a teatro"
In occasione dei suoi quarant'anni di carriera il giornalista Luciano Ceri incontrò Giorgio Gaber al Teatro Verdi di Pisa nel marzo del 1998, mentre era in corso il tour dello spettacolo "Un'idiozia conquistata a fatica". L'intervista uscì poi nel novembre di quell'anno sulla rivista "Chitarre". Riproponiamo il pezzo in versione integrale. Innanzitutto volevo farti gli auguri per i tuoi quarant'anni di carriera, visto che proprio alla fine di novembre del 1958 veniva pubblicato il tuo primo disco, "Ciao ti dirò". Tra l'altro è un esordio che coincide con la prima canzone rock italiana, perché è vero che Celentano aveva già pubblicato prima di te, ma erano tutte cover americane, mentre "Ciao ti dirò" è la prima canzone rock interamente italiana, firmata Reverberi-Calabrese, anche se credo che le cose che non siano andate proprio così. Eh sì, sono già passati quarant'anni. La Ricordi, che fino a quel momento era soprattutto una casa editrice, e specialmente di edizioni musicali classiche e operistiche, decise di entrare nella musica leggera, e chiamò proprio me. Ciao ti dirò in realtà l'abbiamo scritta io e Luigi Tenco. Lui improvvisava molto ogni sera sui temi rock americani, specialmente su Jailhouse Rock di Elvis Presley, e da là ci venne l'idea di mettere le parole in italiano su una di queste improvvisazioni, abbiamo cambiato e fissato un po' la musica, ed è venuta fuori Ciao ti dirò , era l'estate del 1958. Io avevo un gruppo con Tenco, ancora precedente ai Cavalieri, a Genova suonavamo in un locale con una sorta di trio alla Nat King Cole, basso, chitarra e pianoforte, e cantavamo un po' tutti, avevamo fatto una stagione estiva insieme, io in quell'anno mi ero appena diplomato. Poi un signore della Ricordi, sul cui biglietto da visita c'era scritto Giulio Rapetti, mi chiamò perché voleva farmi incidere dei dischi, così andai a fare il provino e mi chiesero di cantare qualcosa. Io già cantavo i pezzi di Celentano, perché avevo suonato con lui e ogni tanto mi era anche capitato di cantare al suo posto, così dissi loro che avevamo scritto anche un rock in italiano, anche se io non mi sentivo per niente un cantante. Il provino andò bene e così aprii una porta anche per quelli che vennero dopo, perché dissi che avevo degli amici genovesi molto bravi, e così subito dopo arrivarono Tenco e Gino Paoli, che erano miei amici, e poi Umberto Bindi e Sergio Endrigo. Arrivarono insieme ai genovesi anche Gian Franco Reverberi e Giorgio Calabrese, genovesi anche loro, che a quel punto, essendo gli unici iscritti alla SIAE, firmarono Ciao ti dirò . Dovevi essere piaciuto come cantante alla Ricordi, perché insieme a "Ciao ti dirò" incidesti anche "Be-bop-a-lula". Me lo fecero fare perché a quel tempo si facevano gli Extended-playing , gli Ep. Insieme a Ciao ti dirò c'era un lento che si intitolava Da te era bello restar , un pezzo agghiacciante perché veramente non riuscivo a cantarlo, e mi fecero fare altri due pezzi in inglese, perché c'era ancora questo dubbio sul rock, cioè se bisognasse farlo in inglese o in italiano, per cui registrai anche Be-bop-a-lula e Love me forever . In quel periodo incidevamo moltissimo, c'era una specie di iper-produzione, uscivamo praticamente ogni mese con un singolo, perché in realtà non si sapeva ancora bene valutare il mercato, le sue potenzialità e la capacità di assorbire nuovi prodotti. La scena milanese rock in quel momento era molto effervescente. Sì, sicuramente, e io fui praticamente il primo a fare un rock italiano, a imitazione di un altro cantante, che faceva un altro genere di musica ma che era sempre in qualche modo rockeggiante, e che era Tony Dallara. Su queste basi a Milano nasce questo filone un po' rock, che un anno dopo, verso la primavera del 1959, raccoglie tutti gli artisti in una grande serata rock al Palazzo del Ghiaccio: c'erano Mina, Guidone, Little Tony, con un grandissimo successo di pubblico. Era il primo spettacolo importante pensato per aggregare i più giovani, visto che prima di quel momento anche la produzione non si indirizzava certo a un pubblico di teen-ager. E fu in quella occasione che si verificò il passaggio dei ragazzi da protagonisti passivi del consumo a protagonisti attivi, nel senso che erano loro a scegliere, a determinare il successo di quei cantanti, e questo era un fatto assolutamente nuovo. In queste prime incisioni sei accompagnato da un gruppo che si chiamava Rolling Crew. La Rolling Crew era in realtà un'invenzione discografica, erano musicisti di sala. In un primo tempo i discografici non sapevano neanche loro come realizzare queste canzoni, non c'era una specializzazione di musicista rock, e non potevano certo far suonare i musicisti delle orchestre di musica leggera, per cui chiamavano dei jazzisti, e infatti su Ciao ti dirò alla chitarra c'è Franco Cerri, al sassofono Gianni Basso e un batterista che si chiamava Rodolfo Sonetto. C'era insomma il fior fiore del jazz milanese, musicisti che riuscivano a suonare in maniera più somigliante al rock americano, anche se naturalmente loro erano molto lontani da quella situazione musicale. E la formazione tipo dei Cavalieri, l'altro gruppo con cui incidesti una successiva serie di canzoni? C'erano Enzo Jannacci al pianoforte, Tenco e Paolo Tomelleri al sax, Gian Franco Reverberi al vibrafono e io alla chitarra. Avevo già suonato la chitarra in alcuni dischi di Celentano, su Teddy Girl , per esempio, facevo un piccolo assolo in due punti della canzone e mi sembra di aver suonato anche su Il tuo bacio è come un rock , anche se lì la chitarra faceva solo accompagnamento; il fatto è che venendo dal jazz avevo perlomeno più familiarità con un certo tipo di ritmi e con la chitarra elettrica. Nei suoi primi singoli Celentano è accompagnato da un gruppo che si faceva chiamare Eraldo Volontè e i suoi Rockers. Chi era questo Volontè? Eraldo Volontè era un sassofonista che aveva un gruppo di stampo jazz con il quale suonava nei locali milanesi, e qualche volta ho suonato anch'io con loro, magari solo per sostituire qualcuno che non poteva venire per una sera. Non era un gruppo all'altezza di Basso e Valdambrini, ma erano comunque dei buoni professionisti. Tra l'altro i primi singoli di Celentano erano tutte cover americane, ed erano identiche all'originale, e forse era questo uno dei motivi per cui poi la sua casa discografica non vendette molti suoi dischi, mentre il primo a vendere, in effetti, sono stato io. Lui esplose soltanto l'anno dopo, nell'estate del 1959, con Il tuo bacio è come un rock , si era convinto che bisognava cantare in italiano, tanto che poi anche lui incise Ciao ti dirò , e ne fece una versione molto bella. In quel periodo tu facevi parte anche di altri due gruppi, i Rocky Mountains Old Time Stompers e i Giullari di Wanna Ibba. I Rocky Mountains era ancora il mio gruppo ufficiale, quello con il quale suonavo al Santa Tecla, e poi c'erano i Giullari, certo. In realtà il mondo della musica, allora, era un mondo piccolissimo; a Milano i chitarristi si conoscevano tutti, ce ne erano sette o otto che suonavano la chitarra elettrica, era un mondo molto diverso da quello di oggi. Alcuni dei Rocky Mountains avevano fatto parte della prima formazione dei Campioni, quelli che avevano suonato con Dallara e che avevano realizzato Come prima con le terzine alla Platters; a un certo punto si divisero, alcuni rimasero nella formazione dei Campioni con Dallara, e altri invece diventarono i Rocky Mountains e dato che volevano incidere anche loro delle cose in italiano cambiarono nome ancora una volta e diventarono i Giullari, ottenendo un contratto con la Jolly e prendendo come voce femminile Wanna Ibba. Insomma, le case discografiche erano alla continua ricerca di gente nuova, sulla scia del successo di Dallara, anche perché eravamo in pochi a fare quel genere, per cui poteva succedere che gli stessi musicisti facessero parte di due gruppi diversi. Tu sei cresciuto musicalmente con il jazz, ascoltavi Barney Kessell, Tal Farlow. Come avevi recepito il rock, ti rendevi conto che poteva essere un nuovo linguaggio? No, assolutamente. Per me era un gioco, io all'inizio di tutta la storia ancora andavo a scuola, suonavo con Celentano per divertirmi e per fare qualche soldino. Lui pigliava i dischi americani di Bill Haley o di Elvis Presley, tirava giù le parole come le sentiva, le cantava a modo suo e poi andavamo a fare gli spettacoli, dove lui aveva veramente un grande successo. Ricordo che facemmo anche una serie di serate in giro con il gruppo di Eddie Calvert, un trombettista molto famoso in quegli anni. Comunque nessuno immaginava che il rock potesse essere una rivoluzione nel gusto e anche poi nella tecnica, visto che si suonava in un modo diverso rispetto al jazz. Si, è vero, si suonava in un modo diverso, ma allora anche i chitarristi americani non avevano così sviluppata questa nuova tecnica. Io suono da quando avevo otto o nove anni, e la prima chitarra elettrica fu una grande novità; poi arrivò la prima Hofner, che era già una cosa meravigliosa, e successivamente la Gibson d'importazione, a mezza cassa, era bellissima e purtroppo l'ho venduta. La grande rivoluzione fu l'arrivo dell'amplificatore Binson, io cominciai con quello, pesava un accidente e pensa che me lo portavo in giro in tram. Poi ho avuto anche un amplificatore Gibson, ma quello era veramente enorme, inamovibile. Fu subito chiaro comunque che il rock si presentava come un grande momento di aggregazione giovanile. Questo sicuramente. Si capiva in un certo senso che stava cambiando il mondo giovanile, anche se solo in termini di consumo. C'era comunque questa sensazione, percepibile, di evoluzione, di voglia di cambiamento. I ragazzi cercavano di staccarsi, forse per la prima volta in modo così evidente, dal mondo degli adulti. E poi quell'anno c'era stato anche Modugno a Sanremo, che non c'entrava niente con il rock, ma fu un atto di rottura per tutti e non solo per il pubblico che lo aveva seguito a Sanremo. Nel blu dipinto di blu fa fare un salto di qualità alla musica leggera e quindi diventa un fatto nazionale. Anche quelli che compravano la musica americana riconobbero che quello era un voltare pagina. E infatti nella famosa serata al Palazzo del Ghiaccio i ragazzi del pubblico, aspettando tra un'esibizione e l'altra, cantavano proprio Nel blu dipinto di blu . I templi del nascente rock milanese quali erano, il Santa Tecla e la Taverna Messicana? La Taverna Messicana era un posto dove si suonava soprattutto jazz, ci andavamo a sentire i grandi jazzisti di passaggio in Italia. Al Santa Tecla invece sì, si faceva rock'n'roll, e anche all'Arethusa. Al Santa Tecla c'erano la Milan College Jazz Society e la Original Lambro Jazz Band, due gruppi di jazz tradizionale e poi c'erano i Rocky Mountains, che a poco a poco con me sono diventati un gruppo rock. In questi due locali c'erano anche i ballerini, che ballavano in formazione un boogie boogie che stava diventando rock: facevano il loro numero nel bel mezzo della serata e noi a quel punto andavamo giù forte con il volume del suono. I chitarristi in quale negozio di Milano andavano, quale era quello più rifornito? Credo che in molti si servissero da Monzino & Orlandini, in via Larga dietro al Lirico. Però già c'erano dei piccoli importatori dove si potevano trovare delle cose interessanti. Nel primo 33 giri di Maria Monti c'è una versione di Non arrossire nella quale mi risulta che suoni tu la chitarra, con una bellissima armonizzazione in chiave jazz, che nella tua versione invece rimane meno evidente. Beh, devo dire che era un bel disco. Lì ci eravamo ispirati a una versione di Cry Me A River di Julie London fatta in trio, con Barney Kessell alla chitarra e credo Ray Brown al basso, e decidemmo di fare tutto il disco proprio con la formazione del trio, Maria al canto, io alla chitarra e Pallino Salonia al basso, ed è chiaro che essendo in tre c'era più spazio per ognuno per esprimersi. La mia versione di Non arrossire è invece una versione classica, con gli archi, mentre nel disco di Maria è venuta fuori tutta la parte musicale. Ci fu anche un'altra formazione in trio, sempre con Maria Monti e insieme a Jannacci, ma a quel punto già stavamo facendo del cabaret, La Balilla , Goganga , queste cose qui. Jannacci suonava il pianoforte, però era sempre molto brillante e spiritoso, e una sera che io non potevo esserci perché dovevo fare una serata coi Rocky Mountains, gli dissi: "Beh, La Balilla stasera cantala tu insieme a Maria, perché secondo me è un pezzo che funziona, e va comunque fatto". Così Jannacci cantò La Balilla e fu molto più divertente di me, ed è praticamente in quell'occasione che comincia la sua carriera di cantante. Tu hai suonato spesso la chitarra nei tuoi dischi? Sì, ho suonato la chitarra, e a partire dalla fine del 1959 sono entrati, come gruppo di studio, i Rocky Mountains, anche se non comparivano sull'etichetta del disco. Ad esempio Geneviève io la suonai già con loro, del resto era naturale che succedesse, visto che erano ancora il gruppo con il quale suonavo più spesso. Comunque dura poco per te questa parentesi rock. Ma dura poco per tutti, perché anche Paoli e Tenco partono con il rock, partiamo tutti con questa musica ma, e lo ripeto, veramente per scherzo, per giocare un po' con queste nuove sonorità. Non era una cosa che tutto sommato ci riguardava da vicino. A Tenco per esempio piaceva molto cantare alla Nat King Cole, si era pure cambiato il nome per non confondersi con le prime cose rock che pure lui aveva fatto, e infatti incise dei dischi con degli pseudonimi, si faceva chiamare Gordon Cliff o Dick Ventuno. Registrò una cover in inglese di Parlami d'amore Mariù e anche un pezzo di Gershwin, con un accompagnamento orchestrale classico. Poi dopo scoprimmo il mondo della canzone francese e non solo Jacques Brel, tanto amato da Paoli ma anche ad esempio Henri Salvador, che aveva una splendida canzone, Dans mon île , e a quel punto sentiamo tutti di poter dire delle cose, sulla falsariga di quella chiave espressiva. Mentre qualsiasi pianista che arrivava dall'America e metteva le mani sul pianoforte ti sembrava chissà chi e tu al confronto non eri nessuno, questo genere di racconto tipico della canzone francese ti dava più possibilità, e oltretutto lo sentivamo per forza di cose più vicino come stile e come sensibilità. A quel punto tutti quanti abbiamo fatto un piccolo passo in avanti e abbiamo cominciato a prendere le cose sul serio, perché prima veramente si scherzava. Nessuno pensava fino a quel momento che quel tipo di divertimento potesse diventare una professione. Il rock ti aveva coinvolto a livello di divertimento, mentre invece sei stato soltanto sfiorato, e parlo a livello di arrangiamenti e di sonorità, dall'ondata beat, e praticamente le poche tracce rimaste nella tua discografia sono quelle di "Grazie tante", una cover di "Glad All Over" dei Dave Clark Five. Sì, in effetti fui poco influenzato dal beat. Mi ricordo del pezzo dei Dave Clark Five, me lo aveva proposto Mogol, ma non era una cosa che mi riguardasse molto da vicino, ed è vero che noi tutti cantautori entriamo in crisi con il beat, perché il beat è il nuovo momento, la nuova storia e tutti cominciamo un po' a vacillare. Non eravamo assolutamente in grado di andare in quella direzione lì e d'altra parte il mercato sembrava privilegiare solo i giovanissimi, e noi che avevamo 24 o 25 anni eravamo già considerati vecchi. Mi ricordo che a un Festival di Sanremo, ero vestito con una giacca e con un gilet, si avvicinò uno della casa discografica e mi disse: "Gaber, si metta qualcosa che la ringiovanisca!". Di fatti il festival lo vinse la Cinquetti che aveva sedici anni, e quindi in fondo aveva ragione lui. Insomma, noi eravamo già in qualche modo adulti rispetto a quel nuovo genere. Io da parte mia avevo già iniziato un'attività televisiva, al di fuori della semplice partecipazione agli spettacoli: facevo il presentatore, conducevo e ideavo le trasmissioni, per cui in qualche modo ne risentivo meno di questa impasse. Però si tentava comunque un'operazione di resistenza, non perché il beat non ci piacesse, ci mancherebbe altro, ma perché in effetti sentivamo che era un prodotto non nostro e volevamo comunque difendere la nostra identità. Anche perché poi noi cantautori avevamo cercato di abbracciare una fascia più ampia di pubblico, nel senso che non eravamo come Elvis Presley che si rivolgeva ai giovani e ai giovanissimi, noi riuscivamo, pur tra mille polemiche, a farci accettare dai giovani e dagli adulti. Prendi una canzone come Io che amo solo te di Endrigo, quella andava bene un po' per tutti. Con L'asse di equilibrio, un tuo Long-playing del 1968, fai un primo tentativo di proporre un discorso attraverso un album, e c'è già in embrione, appena accennata, la futura dimensione della tua "canzone a teatro", che si concretizzerà nel 1970 con "Il signor G " . Prima del quale tuttavia c'è un 45 giri piuttosto insolito, almeno in quel momento, nella tua produzione, "L'ultima bestia/Maria Giovanna". La prima canzone è particolarmente interessante perché proponi un modulo ritmico che userai molte volte poi nel corso dei tuoi lavori degli anni Settanta, vale a dire un pedale armonico con una ritmica di tipo afro-americano sul quale poi sviluppi una melodia molto articolata. Ed era una cosa che non si era mai sentita prima nei tuoi dischi. Come nasceva? Era un periodo, siamo verso la fine del 1969, in cui ascoltavo molta musica africana e quindi in qualche modo ho pensato, a torto naturalmente, che la batteria fosse uno strumento molto limitato, per cui siamo andati in sala d'incisione per fare L'ultima bestia cercando di creare una struttura più percussiva, che poi riprenderò per fare la versione del singolo di Oh Madonnina dei dolori e di un altro pezzo che si intitolava I bambini stanno benissimo . Era un tentativo, la voglia di misurarmi con una ritmica diversa, con un sound diverso e con tutte le limitazioni tecniche di allora. Infatti tu subito dopo "L'ultima bestia" fai "Il signor G" e non pensi subito a utilizzare quel tipo di modulo. L'ultima bestia è essenzialmente una musica da gruppo, e all'epoca di Il signor G io non avevo un gruppo e quindi le canzoni di quello spettacolo erano decisamente diverse. Ed è per questo motivo che non riprendo subito quel tipo di modulo. Ma era una cosa che si sentiva nell'aria, perché se pensi ad esempio ai Delirium, e siamo nel 1972, già in Jesahel c'era qualche cosa che poteva ricordarlo. Tra l'altro L'ultima bestia era una sigla televisiva, che a me piaceva molto perché era realizzata con immagini solarizzate, per cui si vedeva tutta questa gente che suonava ma non si capiva bene cosa fosse, non ero io in primo piano che cantavo, che ero protagonista; il protagonista era un insieme, ed è questo che intendo quando dico che era una musica da gruppo. Non siamo insomma andati a fondo di quel discorso, ma abbiamo sicuramente fatto una sperimentazione che poi in realtà è uscita molto dopo. Ad esempio anche in Si può , La benda , Io se fossi Dio , Destra-Sinistra ci sono sempre queste atmosfere fondamentalmente modali, che sono molto fisse, molto uguali, ripetitive e che si prestano anche a dei giochi musicali dal punto di vista del testo, e si riescono in questo modo a fare delle cose interessanti. In un'altra intervista che ti ho fatto qualche anno fa, quando facevi lo spettacolo riepilogativo del Teatro Canzone a un certo punto dicesti: "Mi piacerebbe continuare su questa struttura di spettacolo, ma al momento Luporini e io non abbiamo la concentrazione per scrivere un nuovo spettacolo a tema". Dopo un po' di tempo però sono venuti fuori "E pensare che c'era il pensiero" e poi lo spettacolo di quest'anno, "Un'idiozia conquistata a fatica". Cos'è che ti ha fatto scattare di nuovo la voglia di raccontare le cose che ti circondano? Anche se questi nuovi spettacoli sono diversi, rispetto agli altri, perché non sono completamente nuovi, nel senso che alcune canzoni e alcuni dialoghi compaiono in più spettacoli, come se ci fosse proprio la voglia di creare più continuità. Il fatto è che prima noi facevamo uno spettacolo all'anno, e ogni anno uscivamo con una cosa nuova. Adesso gli spettacoli io li porto in giro per più di una stagione, quindi li scriviamo ogni due-tre anni. Anche se poi d'estate ci vengono sempre delle idee nuove e magari le inseriamo nella ripresa autunnale, per cui gli spettacoli mutano via via con il passare del tempo. Per esempio la canzone L'abitudine l'avevamo fatta per un anno solo, ed è una canzone che mi piace molto per cui è stato naturale inserirla di nuovo. Questo work-in-progress è in effetti un elemento di continuità, di stagione in stagione, e anche Un'idiozia conquistata a fatica nasce in realtà durante la stagione precedente. Lo spettacolo cambia sempre, e cambia ancora mentre lo facciamo. Immagino che il fatto di lavorare da tanto tempo con lo stesso gruppo di musicisti ti aiuta molto nella scrittura degli spettacoli. Sì, senz'altro, è una cosa che mi stimola molto, perché la collaborazione con i musicisti è effettiva, non è come la collaborazione con un arrangiatore. Esiste una traccia, che è quella che io preparo con la chitarra e con il testo, e poi con loro procediamo finché non arriviamo a un risultato che ci soddisfa. Perché il difetto della sala d'incisione, dell'arrangiatore, consiste nel fatto che devi mediare con il mezzo che ferma il suono, che lo fissa, vale a dire il registratore, e non è la stessa cosa che mediare con il mezzo che invece il suono lo fa camminare ogni sera, e cioè lo spettacolo. Quando tu cominci a incidere a poco a poco perdi l'emozione originale, che è quella che ti ha fatto scrivere una canzone, soltanto tu con la chitarra, con un certo clima e una certa emozione. Quando vai in sala a costruire l'arrangiamento, aggiungendo strumento dopo strumento, a un certo punto ti sembra di non capire più niente, perdi in intensità e ti accontenti alla fine del risultato che hai raggiunto. Io poi ho anche poca pazienza, per cui in genere sono sempre poco contento del lavoro fatto in sala. Con i musicisti, viceversa, hai la possibilità di lavorare nella direzione della ricostruzione dell'emozione iniziale, con il vantaggio di avere sempre la possibilità di cambiare qualcosa, e questo lo trovo estremamente stimolante. Io non potrei più lavorare con le basi, come facevo prima. In effetti a un certo punto avevo perso un po' lo stimolo di scrivere nuove canzoni, e il fatto che ci siano stati due spettacoli senza canzoni, Il Grigio e Il dio bambino , era un po' la conferma di questo momento di pausa. Poi con lo spettacolo del Teatro Canzone , dove facevo una lunga antologia degli spettacoli precedenti, ci siamo ritrovati con questo gruppo di musicisti e devo dire che proprio da lì mi è tornata la voglia di scrivere nuove canzoni. E di scriverle sapendo già in quale forma poterle poi realizzare. C'è una canzone di questo spettacolo, Il conformista , che io ho scritto senza strumenti sotto mano, soltanto dopo l'ho verificata sulla chitarra. A questo punto ho una tale familiarità con il suono del gruppo che posso anche scrivere a memoria, come in questo caso. Infatti Luporini è furibondo, perché mi dice: "Una volta mi facevi sentire le canzoni a casa. Adesso io devo venire a teatro per sentire le canzoni del nuovo spettacolo". Ma io so che poi facciamo bene, per cui gli dico di non preoccuparsi. Sono quarant'anni che scrivi canzoni, e per forza di cose immagino che ogni tanto ti imbatti in un tema melodico che non ti torna nuovo. In questi casi come ti comporti? Quando so che cos'è, quando lo individuo precisamente, allora lo cambio. Quando invece mi rendo conto che vagamente mi ricorda qualcosa che ho già scritto ma che non riesco a riconoscere bene fino in fondo, allora me lo tengo. È chiaro che il genere è quello lì, anche se io cambio spesso registro nella scrittura delle canzoni, perché ogni pezzo è molto diverso dall'altro, dal blues al tema più spiccatamente melodico o a una costruzione ritmica particolare. Però è evidente che hai dei condizionamenti mentali che ti fanno ripetere dei percorsi già fatti. Nei testi che scrivi insieme a Sandro Luporini fate molto spesso uso della rima, che è veramente un elemento molto forte nell'economia di una canzone, un elemento che dà una grande forza alla valenza del testo. Per esempio anche in Dylan ci sono moltissime rime, ed è in fondo una sorpresa scoprirlo in lui, vista la grande visionarietà dei suoi testi, specialmente in quelli delle sue prime canzoni. Noi alla rima diamo molta importanza. Spesso, dove la rima può essere troppo pesante, usiamo la consonanza e quasi mai l'assonanza. La consonanza si verifica quando le parole hanno l'ultima sillaba uguale, mentre hanno diversa la vocale accentata che le precede, ad esempio canzoni e bambini . Certe volte la rima, su alcune finali di parola, è un po' pesante musicalmente, pensa a canzoni e bottoni , e allora lì preferiamo alleggerire, con una consonanza. La ricerca di questi suoni arricchisce moltissimo, perché tutto sommato sono appuntamenti di simmetrie musicali che poi ritrovi nelle simmetrie del testo. Credo che questo rapporto con la rima lo abbiamo sempre sentito necessario, perché quando componi, quando sei solo con la chitarra, se non metti la rima, alla fine la canzone non suona. Senza nulla togliere naturalmente ai molti artisti che invece di solito non scrivono in rima. La rima ha una grande forza nell'agganciare la canzone, nel compattarla. Per me sì, è molto "canzone", è molto specifica del mestiere di fare canzoni. Per me non è facile abbandonarla, non hai la possibilità della poesia di abbandonarla, perché la poesia nella maggior parte dei casi l'ha abbandonata da tempo la rima. Anche perché la canzone, per quanto mi riguarda, è più vicina a un discorso in prosa che non in poesia, cioè la canzone io la sento più legata a una bella frase di prosa che non al ritmo della poesia, o all'individuazione, come ad esempio succede in Guccini, di un lessico ricercato. Io e Luporini la rima non l'abbandoniamo mai, sentiamo che è lì la forza che lega tutta la canzone. Per chiudere vorrei che tu mi facessi una considerazione generale sulla canzone, questa strana creatura, come direbbe Prevert, così fragile e così violenta. Io non sono un grande appassionato della canzone, nel senso che sono legato solo a un certo tipo di canzone e mi interessa solo quella. E devo dire che siamo in pochi ormai a farla, perché poi questa canzone è stata un po' abbandonata, anche se ha avuto degli interpreti grandissimi, dei maestri straordinari. Quell'altro tipo di canzone, più legata a interessi discografici, mi interessa di meno. Per me quindi il testo è fondamentale, e se io non ho un'idea di testo non penso alla canzone. Non mi capita mai di avere una bella idea melodica e poi di metterci su le parole. Non dico che devo avere il testo intero, mi basta un attacco, un'idea, oppure devo avere un'idea di quello che più o meno andremo a raccontare. Questo naturalmente mi limita moltissimo nel gusto, perché tutto sommato è chiaro che ascolto con interesse solo quel genere di canzone e le altre molto più distrattamente. Questo mio interesse per il testo mi porta a ridurre la mia attendibilità di giudizio sui pezzi inglesi o americani, per il fatto che conosco poco la lingua. Il testo di una canzone secondo me è praticamente intraducibile, perché conta non solo il concetto espresso ma anche come lo esprimi, per cui io in genere diffido del prodotto straniero e non sono in grado di giudicarlo. Se ascolto Peter Gabriel o Sting immagino cosa dicano, però non ho la percezione totale del prodotto-canzone, ho la percezione musicale, indubbiamente interessante, anche se di cose musicali interessanti ce ne sono forse di più al di fuori della canzone. Però bisognerebbe sapere che cosa dicono. Ultimamente ho risentito un pezzo dei Beatles, famosissimo, Nowhere Man , con questa storia dell'uomo che non sa cos'è, non sa dov'è, non sa nulla. Ed è un testo bellissimo, un testo di una semplicità straordinaria sul discorso dell'identità, ma non l'avevo capito perché non lo avevo mai tradotto. La canzone è in realtà questa unione tra un testo e una musica che stanno bene insieme e che creano l'emozione. Quest'emozione è presentata da un testo che ha in sé un suo racconto preciso e da una musica che ne amplifica il fatto emotivo. E in fondo io il teatro l'ho scelto proprio perché per me è un ulteriore mezzo per aumentare la resa emotiva del concetto: il testo, la musica, le luci, il palcoscenico, tutto è in qualche modo in funzione di un allargamento emotivo. C'è uno spettacolo a cui sono molto affezionato, ed è uno spettacolo senza canzoni, Il Grigio , con dentro un'aria profonda, un'aria dolorosa, personalmente e per ciascuno. Quando abbiamo scritto Qualcuno era comunista e mi sono reso conto che la gente si emozionava di più nei sette-otto minuti che durava la canzone che nelle due ore del Grigio , ho capito che razza di forza incredibile ha la canzone, anche se quella è una canzone atipica, perché è un fatto musicale con un testo, cioè non è cantata. Ma la forza di questa cosa brevissima e in fondo fragile è inimitabile, e davvero non ha uguali.
ilgiornale
"Apri gli occhi Colombia!" La campagna contro lo sfruttamento e gli abusi sessuali sui minori
ROMA - ¡Abre tus ojos Colombia! Si chiama così la campagna di sensibilizzazione sulla prevenzione e la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale, promossa dal CISP-Sviluppo dei Popoli e l'Agenzia Presidenziale per la Cooperazione Internazionale colombiana (APC). Apri gli occhi Colombia! , dunque, per cancellare la pesante realtà degli abusi sui diritti di bambine, bambini e adolescenti e su come salvaguardarli dai rischi legati al turismo di migliaia e migliaia di persone (molti anche gli italiani) che vanno a caccia di piccoli nei paesi poveri in cerca di "emozioni speciali" Livelli allarmanti. La Colombia è una delle mete del cosiddetto turismo sessuale. Sono 80mila gli italiani che ogni anno raggiungono il Kenya, la Colombia (appunto), Santo Domingo e molti altri paesi per un turismo che utilizza una rete di schiavisti locali (e non solo). Cartagena è una delle mete turistiche di maggior richiamo, nazionale e internazionale, ma si tratta di un contesto socio-economico segnato da una povertà diffusa e un alto tasso di disoccupazione. In questa situazione, lo sfruttamento sessuale, specialmente quello infantile, raggiunge livelli allarmanti. L'invito alla popolazione . E' dunque quello di prestare attenzione e denunciare gli episodi di sfruttamento e commercio sessuale infantile. Molti casi rimangono infatti anonimi e non denunciati. "Per questo - spiega Luigi Grando, Direttore del CISP-Sviluppo dei Popoli - cerchiamo di richiamare l'attenzione delle famiglie, delle entità territoriali, delle istituzioni educative, Ong, polizia e operatori turistici a vigilare e lavorare in modo congiunto per combattere e prevenire questa piaga sociale". La campagna ¡Abre tus ojos Colombia! si svilupperà nelle città di Cartagena, Santa Marta, Medellín, Bogotá, Cali, Armenia, Pereira e Manizales, i luoghi più turistici del Paese. "Combattere lo sfruttamento dei minori non è un problema di denaro - aggiunge Alvaro Santos, coordinatore CISP del progetto - ma di volontà. Non servono grandi risorse economiche, ma tanto sforzo e capacità di gestione. La responsabilità è di tutti. Tutti noi che abbiamo più di 18 anni siamo responsabili nel prevenire lo sfruttamento infantile". Cos'è il CISP. Il CISP-Sviluppo dei Popoli, da anni presente in Colombia e impegnato nell'assistere i minori vittima di sfruttamento e prostituzione, ha deciso di realizzare questa campagna, dopo quella che porta avanti dal 2008 a Malindi in Kenya con l' Unicef e il settore turistico locale, organizzando molteplici canali di comunicazione e un piano di diffusione su larga scala negli aeroporti principali del Paese (Cartagena, Santa Marta, Medellín, Cali, Bogotá, Armenia, Pereira e Manizales), mezzi di trasporto pubblici, scuole, università, incontri ed eventi internazionali sul tema, il coinvolgimento degli operatori turistici, nonché diversi strumenti di formazione per funzionari pubblici, e con uno spot televisivo a cui hanno partecipato sportivi e celebrità colombiane. Il lavoro in Colombia . Tra le iniziative sviluppate in questi anni dal CISP in Colombia va segnalata la sua partecipazione alla Commissione, composta da rappresentanti dell'ONU e ONG nazionali e internazionali, che ha portato all'istituzione di un "Codice di condotta contro lo sfruttamento sessuale minorile", siglato dalle istituzioni locali, da cui è poi nata la Legge sull'infanzia e l'adolescenza entrata in vigore nel 2007, che punisce severamente chiunque si macchi di reati di pedofilia.
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Trenta difende il carabiniere aggredito: "Quei balordi la pagheranno"
Elisabetta Trenta si schiera al fianco del carabiniere aggredito a Roma . Senza se e senza ma, il ministro della Difesa ha voluto esprimere tutta la sua solidarietà al militare costretto ad estrarre la pistola per evitare di essere linciato da un gruppo (presumibilmente) di ultras. "Sono rientrata a Roma dall'Afghanistan e ho appena visto questo video - ha scritto su Facebook il ministro grillino - un nostro Carabiniere aggredito in pieno centro, a Roma, da un gruppo di uomini incappucciati che gli lanciano contro una bottiglia colpendolo alla testa". La Trenta ha spiegato cosa successo in quei concitati momenti: "Il carabiniere era intervenuto per individuare i responsabili di un pestaggio, ma il branco, tutti armati di spranghe e bastoni, ha reagito violentemente. Il militare ha dunque estratto l'arma, per tenerli a debita distanza salvaguardando, in questo modo, la propria incolumità". Insomma: un encomio per il carabiniere che ha affrontato la banda, probabilmente ultras di calcio. Il tutto, infatti, si è svolto a margine della partita tra Lazio e Eintracht Francoforte. "L'ho appena sentito per telefono - ha spiegato la Trenta - gli ho espresso la mia vicinanza e quella di tutto il governo, a lui e a l'Arma dei Carabinieri. L'ho ringraziato per la lucidità mostrata durante l'intervento e l'ho invitato al Ministero della Difesa per dirgli personalmente grazie, a nome del Paese. Quanto ai balordi che lo hanno aggredito - conclude Trenta - pagheranno. Vi assicuro che pagheranno!". Roma, l'aggressione al carabiniere: il video choc con la pistola
repubblica
Ruby, Berlusconi assolto: "Torno in campo per un'Italia migliore". E festeggia con i suoi
ROMA - Un Silvio Berlusconi "tanto felice". Così è descritto ad Arcore, dove ha appreso la notizia della sua assoluzione per il processo Ruby dopo nove ore di camera di consiglio dei giudici della Cassazione. Questa mattina, l'ex cavaliere ha espresso nuovamente la sua soddisfazione in una nota ufficiale: "Finalmente la verità. Oggi è una bella giornata per la politica, per la giustizia, per lo stato di diritto. Ero certo che le mie ragioni sarebbero state riconosciute. Rimane però il rammarico per una vicenda che ha fatto innumerevoli danni non solo a me ma a tutti gli italiani". "Ora - continua l'ex premier - archiviata anche questa triste pagina, sono di nuovo in campo per costruire, con Forza Italia e con il centrodestra, un'Italia migliore, più giusta e più libera". E, dopo aver ringraziato i suoi avvocati e tutti gli amici che gli sono stati vicini, riserva un ringraziamento speciale anche ai magistrati: "Ringrazio naturalmente i magistrati che hanno fatto il loro dovere senza farsi condizionare dalle pressioni mediatiche e dagli interessi di parte. Quello che in altri Paesi sarebbe scontato - sottolinea ancora Berlusconi - in Italia è una prova di coraggio e di indipendenza che merita rispetto e ammirazione". Processo Ruby, la lettura della sentenza. Nel pomeriggio l'ex premier è arrivato a Palazzo Grazioli, in via del Plebiscito a Roma, insieme a Francesca Pascale. Col passare delle ore, davanti all'ingresso della sua residenza capitolina si sono riuniti tutti i vertici di Forza Italia. Sono presenti Micaela Biancofiore e Renato Brunetta, ma anche Noemi Letizia. Fuori una piccola folla di simpatizzanti intona cori da stadio che vanno da Berlusconi presidente è a Chi non salta comunista è . Le prime parole in pubblico di Silvio Berlusconi dopo l'assoluzione definitiva al processo Ruby sono per il bunga bunga. "Grazie, grazie - si è sbracciato Berlusconi raggiante nell'androne di Palazzo Grazioli all'indirizzo dei giovani Fi addossati al cancello di ingresso. Io non so cosa bisogna fare per farvi imbucare tutti al bunga bunga. Anche se vi deluderebbe molto: è una normalissima cena". "Oggi è un grande giorno per la democrazia, per la giustizia, per Forza Italia e per Berlusconi - afferma Marcello Fiori, coordinatore dei club -. Siamo al suo fianco, lo siamo sempre stati. Ci abbiamo sempre creduto". "Adesso speriamo che gli italiani si accorgano di quello che ci hanno fatto e che si possa recuperare qualcosa". Sono state le prime parole pubbliche dell'ex Cavaliere rivolte nel cortile di Palazzo Grazioli ai giovani militanti di Forza Italia che lo hanno accolto festanti. Poi ha aggiunto: "Voi siete il futuro il futuro è nelle vostre mani. Noi vecchietti possiamo dare suggerimenti, io ho la saggezza che mi deriva da una vita intensa". E ha invitato tutti a restare compatti: "Io non caccio nessuno, dobbiamo stare uniti e pensare ora alla campagna elettorale per le Regionali". L'ex capo del governo ha chiesto dunque di serrare le fila in vista delle elezioni sottolineando la necessità di rinnovare Forza Italia, nonostante ci sia chi, come Simone Furlan, che chiede di eliminare le zavorre dal partito: "Caro presidente Berlusconi, la mia è una lettera-appello per manifestarti innanzitutto il mio apprezzamento: sei una roccia, hai resistito stoicamente a quattro anni di attacchi indegni, persecuzioni e tradimenti, ma ne sei uscito vincitore. Oggi inizia una storia nuova, che tantissimi italiani vogliono scrivere insieme a te. Ora è il momento del coraggio: tagliamo le zavorre e riportiamo Forza Italia tra la nostra gente, riprendendo i temi e le battaglie per i quali ti sei sempre battuto", scrive il leader dell'Esercito di Silvio in una lettera-appello a Berlusconi. "Bentornato in campo, presidente - prosegue - a nome di tutti quelli che ti amano e che credono in te. In questi anni abbiamo sofferto insieme a te. Ora ripartiamo. La prossima campagna elettorale portiamola avanti con lo slogan 'Io sono Silvio'". Berlusconi alle giovani di Fi: "Spero che ora gli italiani capiscano". Le motivazioni della scelta della Cassazione di respingere il ricorso della procura generale di Milano contro l'assoluzione di Appello saranno rese note fra un mese. Ma a Forza Atalia (e al Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano) sono bastati pochi minuti dalla lettura del verdetto finale per porre con forza la questione politica di fondo legata a questo processo: il danno da risarcire a Berlusconi, personalmente e politicamente. In pratica, non tanto e non solo in termini di una eventuale applicazione rigorosa di quella nuova legge sulla responsabilità civile dei magistrati del governo Renzi, che solo due giorni fa il Capo dello Stato Sergio Mattarella aveva assicurato alle toghe dover ancora essere oggetto di riflessione e forse revisione. Quanto, e questa sembra ora la richiesta politica forte dell`ex cav e del suo partito, di consentire a Berlusconi il più rapido ritorno alla piena titolarità dei diritti politici. Che attualmente, conclusa l`espiazione della condanna ai servizi sociali per la frode fiscale di Mediaset, gli sono preclusi per legge. Da quella legge Severino cioè - per altro votata anche da Forza Italia- che impedisce all'ex premier la ricandidatura in Parlamento ancora per qualche anno. E c'è chi pensa che la sua prima battaglia sarà proprio per modificare la legge Severino e ottenere così la piena riabilitazione. L'ex cavaliere a quanti lo hanno raggiunto telefonicamente arrivando ad intasare i centralini della sua residenza milanese avrebbe semplicemente detto di essere appunto felice della notizia che mette fine ad un incubo: "È stata ribadita la mia innocenza - è in sintesi il ragionamento dell'ex premier - cosa hanno combinato e cosa ho dovuto passare per un processo insensato e ingiusto. Ora aspetto buone notizie anche dalla Corte Europea". Soddisfatti anche i legali di Berlusconi Franco Coppi, Piero Longo, Niccolò Ghedini, e Filippo Dinacci che hanno commentato in una nota: "Si chiude definitivamente un lungo processo, tanto penoso quanto impegnativo per gli avvocati. Torna la serenità, con la soddisfazione di tutti quelli che non hanno mai creduto all'originale ed azzardato impianto accusatorio". LEGGI Tutti gli 'scogli' giudiziari per l'ex Cavaliere L'INCHIESTA Le olgettine si confessano al telefono: tutte le intercettazioni LA VIDEOSTORIA Lo scandalo Ruby in 5 minuti Gioia infinita per decisioneCassazione.Berlusconi in campo più forte di prima,con un grande partito alle spalle.Oggi Italia è Paese migliore — Renato Brunetta (@renatobrunetta) March 10, 2015 La notizia dell'assoluzione dell'ex capo di governo ricompatta anche il partito dopo le divisioni e gli scontri delle ultime ore : "È un'ottima notizia che risarcisce però solo in minima parte tutto quello che ha subito Berlusconi", è il commento di Giovanni Toti , consigliere politico di Forza Italia che a questo punto auspica che possa esserci "una riforma della giustizia che metta al sicuro l'equilibrio della democrazia nel nostro paese". Adesso chi paga per tutto ciò che ha subito Berlusconi??? — Daniela Santanchè (@DSantanche) 10 Marzo 2015 Dopo di lui sono in molti ad intervenire anche via Twitter, da Maurizio Gasparri che parla di "fine di una persecuzione", a Debora Bergamini che scrive: "Che grande gioia dopo tante amarezze e tante montature". Il ministro dell'Interno Angelino Alfano ammette di aver sempre sperato nell'assoluzione: Berlusconi definitivamente assolto su caso Ruby. L'abbiamo sempre pensato, l'abbiamo sempre sperato. Ora sia più forte con #destraestrema — Angelino Alfano (@angealfa) 11 Marzo 2015 Tra i big azzurri però ci si chiede ora chi risarcirà il Cavaliere per quanto accaduto, tra i primi a domandarselo è Luca D'Alessandro : "La domanda è d'obbligo, chi ripagherà il leader di Forza Italia dalla denigrazione e dal massacro mediatico a cui è stato sottoposto in questi anni". Al deputato azzurro fa eco Anna Maria Bernini , vice presidente dei senatori FI che affida ad un tweet il suo pensiero: "Assolto, ma chi risarcisce Berlusconi della sofferenza e dei danni politici di questi anni?". Stefania Prestigiacomo : "La decisione della Cassazione conferma quello che abbiamo sostenuto fin dall'inizio: il processo Ruby era una farsa, costruita ad hoc dalla procura di Milano, per destabilizzare Silvio Berlusconi. Giustizia è stata fatta, finalmente. Il fango che è stato gettato sul presidente di Forza Italia ha rappresentato una delle pagine più buie del nostro Paese, che finalmente possiamo archiviare per sempre". Mentre per il questore del Senato Lucio Malan , "l'assoluzione di Berlusconi da entrambe le accuse dimostra che ci sono ancora dei giudici indipendenti, e che contro l'ex premier è stato montata una montagna di accuse infondate a fini del tutto politici". Daniela santanchè si è rivolta direttamente alla procura, presentando il conto. "La signora Boccassini e la procura di Milano chiedano scusa al paese per il tentativo, davvero subdolo, di aver dato vita a un processo basato sul nulla, se non sul loro fanatismo". ''Berlusconi assolto'', il caso Ruby nel mondo Anche la compagna Francesca Pascale commenta: "Dopo cinque anni di calunnie e fango mediatico basati su pettegolezzi e invidia sociale finalmente la verità ha vinto. Anche nei tanti momenti difficili il rispetto e la fiducia nella magistratura non mi sono mai venuti meno. Sono sempre di più onorata e orgogliosa di stargli accanto".
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I comici di Max Giusti sbarcano a Repubblica delle Idee
Repubblica si è messa alla ricerca di nuovi comici italiani. E lo ha fatto, nei mesi scorsi, con un web show intitolato “1:30” che è andato on line con grande successo. Condotto da Max Giusti, star del teatro e della televisione italiana, lo show ha raccolto le proposte arrivate da ogni parte d’italia da comici, stand up comedian, youtuber, che si sono messi alla prova nel formato che lo show richiedeva, un solo minuto e mezzo per convincere la giuria e soprattutto Max Giusti, per approdare al gran finale, sabato sera alle 22 a Piazza Minghetti a Bologna per la Repubblica delle idee. Sarà una grande serata di musica e risate, nella quale si sfideranno i video inviati dai sette finalisti scegli tra le diverse centinaia che hanno mandato i loro filmati da un minuto e mezzo alla redazione di Repubblica. Ci saranno alcuni ospiti d’eccezione, come Giorgio Montanini , grandissimo esponente dell’ultima generazione degli stand up comedian italiani, arrivato al successo sull’onda di alcuni spettacoli come “Nemico pubblico” (approdato anche in televisione), “Liberaci dal bene” o “Per quel che vale…” che hanno conquistato non solo i favori del pubblico più giovane ma anche di chi è in cerca di una comicità tagliente e non disposta alle censure. O come Daniele Fabbri , bravissimo autore, attore, scrittore, in grado di conquistare, come ha fatto pochi mesi fa, persino il pubblico inglese sul palcoscenico del Fringe Festival. Ma ci sarà soprattutto lui, Max Giusti , conduttore dello show, barometro fondamentale del successo o dell’insuccesso dei comici in competizione, come vuole il sottotitolo di 1.30, che impone di far ridere Max Giusti per avere qualche chance. Giusti è poliedrico, nel senso buono del termine, è un conduttore che si spinge volentieri verso l’improvvisazione, è un attore in grado di vestire panni diversi e sempre in maniera credibile, è un comico che conosce l’arte del far ridere meglio e più di molti altri, è un imitatore che molte medaglie conquistate sul campo, nei teatri girando l’Italia tutte le sere, come in televisione. Ed è anche doppiatore, cantante, intrattenitore. Insomma, Giusti è “l’anima dello show”, e dal vivo, a piazza Minghetti metterà in campo tutte le sue doti per far arrivare al successo uno (o forse di più) dei sette concorrenti che hanno ottenuto accesso alla finale. A dare man forte a Max Giusti nel difficile compito di selezionare i finalisti nelle settimane passate sono stati Ernesto Assante e Gino Castaldo, sostenuti dalla bravissima Gioia Marzocchi, attrice, conduttrice radiofonica e televisiva, compagna di viaggio dei due giornalisti in questa lunga avventura all’interno della nuova comicità. Ma a dare man forte alla “giuria”, il cui motto è “facciamo come ci pare”, ci sarà Lillo Petrolo , la metà di “Lillo e Greg”, attore di grandissime doti, ma anche sorprendente ballerino, cantante, e ottimo entertainer, che cercherà di far capire alla giuria cosa è giusto e sbagliato fare dall’alto della sua autorevolezza nel campo. E non mancherà la musica, con un duo inedito, quello composto da Mark Hanna, uomo orchestra della trasmissione, e da Vittorio Iuè, che da molti anni collabora con Giusti nei suoi spettacoli, sia in radio che dal vivo.
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Roma, James Bond tradito dai sampietrini
James Bond fermato dai sampietrini di Roma. Anche la supertecnologica Aston Martin ha dovuto arrendersi alle buche e all'asfalto della Capitale subendo i contraccolpi nonostante i 70 chilometri orari di velocità e dovendo ripetere la stessa scena più di 15 volte. A rivelare l'episodio è il Messaggero a proposito delle riprese nella capitale del prossimo film di 007, Spectre, con protagonisti Daniel Craig e Monica Bellucci. Craig fa il suo ingresso nella capitale, "abbracciato" dall'Arco di Costantino e "salutato" dal Colosseo. Si accendono i motori, più di quaranta le auto in scena lo accompagneranno in quel breve tragitto e altrettante le comparse scrupolosamente disposte su tutto il viale. Ma basta il primo giro a creare qualche problema. Il manto stradale si divide in due. Da via di San Gregorio, dove parte il terzo set, la strada è ricoperta di un folto mantello di sampietrini mentre all'altezza di via Celio Vibenna ecco comparire l'asfalto. Le riprese a questo punto sono esterne, realizzate prima in steadycam, montata su un auto che riprende il viaggio di Craig e poi direttamente dall'Aston Martin. C'è un girato, però, anche interno all'abitacolo e quei piccoli contraccolpi, inferti dalle pietre romane e dalle buche, sporcano l'audio. Si sistemerà con la post-produzione ma intanto quella scena, ieri, è stata ripetuta più di quindici volte.
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Germania, la Grande coalizione trova un accordo: Steinmeier sarà il prossimo presidente
BERLINO - La Germania non sa ancora se Angela Merkel si ricandiderà, ma almeno sa che la Grande coalizione è riuscita finalmente a esprimere, dopo settimane di fumate nere, un candidato per la presidenza della Repubblica. È Frank Walter Steinmeier, ministro degli Esteri socialdemocratico, instancabile negoziatore su dossier spinosi come l'Ucraina, ed espressione dell'ala riformista del partito, nota per le riforme sociali Agenda 2010 che hanno regalato una primavera all'economia tedesca, ma hanno alienato alla Spd lo zoccolo duro del suo elettorato. Una ferita rimasta insanabile sino ad oggi. Ma Steinmeier è soprattutto un abile capo della diplomazia, mediatore dai modi misurati e notoriamente su posizioni morbide con la Russia - dettaglio che gli ha tirato addosso non poche polemiche, negli ultimi anni. Una sorta di anti-Trump, come titola qualche giornale. In un contesto ancora piuttosto burrascoso, in cui i bavaresi della Csu faticano a chiudere le polemiche sulla cancelliera per la politica sui profughi e vedono come fumo negli occhi qualsiasi ipotesi di un prossimo governo Cdu-Verdi, Merkel ha dato un segnale di continuità. Steinmeier è il candidato della Grande coalizione. Peraltro, se la cancelliera ha deciso di accettare il nome proposto dai socialdemocratici, è perché le sue ultime scelte per la presidenza della Repubblica non sono state felicissime. Il 'suo' Christian Wulff fu costretto a dimettersi per uno scandalo, nel 2012; Merkel accettò poi la nomina dell'attuale presidente, Joachim Gauck. +++EIL+++ Große Koalition einig: Steinmeier soll Bundespräsident werden https://t.co/4LBBZyVV0x — BILD (@BILD) November 14, 2016 Il rapporto di Steinmeier con Merkel è talmente positivo che la cancelliera lo ha scelto per uno dei ministeri chiave già durante la prima coalizione 2005-2009. Quell’anno, peraltro, Steinmeier si candidò contro di lei alle elezioni politiche, ma la sua campagna elettorale non fu esattamente graffiante: i media lo battezzarono 'Kuschelkandidat', candidato peluche. Dopo la fuga in avanti del vicecancelliere socialdemocratico Sigmar Gabriel, che lo ha proposto già settimane fa, i vertici della maggioranza, Merkel, Gabriel e Seehofer sono riusciti a mettersi d’accordo sul suo nome stamane, durante una conferenza telefonica. Il voto all'Assemblea federale è previsto per il 12 febbraio. Come suoi successori al ministero degli Esteri circolano i nomi dell'attuale presidente del parlamento europeo, Martin Schulz, ma lo stesso vicecancelliere Gabriel potrebbe rinunciare al dicastero dell'Economia ed assumere gli Esteri fino alle elezioni dell’autunno prossimo.
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Il reportage: 1945-2015 ritorno a Hiroshima
HIROSHIMA - Nell'ospedale dei sopravvissuti alla bomba, nel ricovero degli hibakusha, ne vedo trecento in una volta: la più vecchia ha 103 anni, il più giovane 79. Sono quasi tutte donne, con le facce bellissime e i corpi segnati. Mai tra di loro parlano della bomba che li unisce. "Sono i soli vecchi del mondo che nella vecchiaia si nascondono" dice il professore Mikada che li cura. Gli hibakusha, spiega il vecchissimo Tazuko "non hanno permesso che dalle vittime nascessero sempre e solo altre vittime", che "la bomba continuasse a esplodere il 6 agosto di ogni anno" finché un giorno, dopo settant'anni, "la gente si sarebbe annoiata di questo deserto senza vita dove la più alta sapienza dell'umanità aveva messo in scena la prova generale della fine del mondo". Era infatti questa la profezia: 'Per almeno settantacinque anni, a Hiroshima e a Nagasaki non crescerà più niente, nemmeno l’erba'. E invece è bella Hiroshima perché non somiglia a Hiroshima. È bella perché anche gli occhi di Tazuko, che ancora piangono il neonato che sua moglie "mise al mondo già coperto di lividi e senza braccia", non si limitano più, dopo settant'anni, a srotolare il tempo a ritroso: "Guardo i posteri che mi camminano accanto e mi piacciono questi figli di nuovo felici di Hiroshima. So che hanno superato il milione e non hanno più l'ossessione di contare i leucociti. Non tengono più sotto sorveglianza i globuli bianchi come si tiene sotto sorveglianza il pentolino di latte che scalda al fuoco. Forse abbiamo restituito a Hiroshima il diritto di morire per cause naturali. Forse". Hiroshima, silenzio e campane: il Giappone ricorda i 70 anni dalla bomba E però proprio qui, in questa bella Hiroshima che non somiglia a Hiroshima, il 6 agosto prossimo il Giappone tornerà a somigliare al Giappone. Dopo settant'anni, infatti, il primo ministro Shinzo Abe verrà a celebrare la pace preparando la guerra. Verrà a dire, nella Città della Pace, che il Giappone non è più "pacifista passivo", ma è "pacifista attivo" Che l'esercito non sarà più inoffensivo e guai a chi ci prova, a partire dalla Cina e dalla Corea del Nord. Abe verrà a commemorare le vittime della bomba e per la settantesima volta chiederà scusa al mondo per i crimini di guerra, ma per la prima volta avrà accanto i generali di un esercito con il diritto di combattere, se ce ne fosse bisogno, anche fuori dai confini nazionali. La morte della Costituzione pacifista, che fu imposta dagli americani al Giappone sconfitto, rende davvero speciali i riti del 6 agosto di Hiroshima. Tanto più che Abe, il quale vorrebbe che il Giappone tornasse fiero del proprio passato, è anche il più strenuo sostenitore del rapporto con l'America che su Hiroshima sganciò la bomba. Ecco: poiché la Storia mai sceglie a caso il tempo e lo spazio dei suoi momenti fatali è Hiroshima che bisogna capire per provare a spiegare il momento fatale. Akiko, un altro dei sopravvissuti, dice che "quel cumulo di rovine e quella terra bruciata erano ancora Hiroshima, ma ora mi succede di non ritrovarmi, mi sembra di non essere dove sono". Akiko, che ha visto "centinaia di uomini gettarsi nel fiume e morire bruciati perché l’acqua li accendeva invece di spegnerli" un giorno si è seduto a prendere il caffè in un angolo del Boulevard della Pace: "Questa è la strada dove siamo scappati, lì sono inciampato in un cadavere. E ora guardo la gente camminare contenta, i giovani chiacchierano e i vecchi avanzano sicuri, i bambini scappano dalle mani dei genitori, e poi le vetrine, i grattacieli che sembrano le nuove divinità dell’aria: dove sono finito? Davvero è successo qui? O sono diventato un’ombra anche io, l’ombra del me stesso che la bomba ha di-strutto?". RepTv News, Modolo: Hiroshima-Nagasaki, i reportage dei sopravvissuti all'atomica. Le ombre - ombre vere - sono esposte al Museo della Pace. "Il calore fu tale che sparirono i corpi e rimasero le ombre: questa è l'ombra di una mano su un vetro, questi sono il bacino e le gambe di un uomo che stava seduto". Me le mostra Mari Shimura, la bella signora giovane ed esperta che da più di venti anni raccoglie gli oggetti delle vittime, scrive la loro storia e li espone: uno zaino bianco macchiato dalla pioggia nera, unghie che ancora trattengono la terra alla quale si aggrapparono, una camicetta sbrindellata, i ciuffi di capelli che "il mostro" staccava dalle teste, i famosi origami della piccola Sadako, un thermos, il triciclo di un bimbo di tre anni che il padre aveva sepolto insieme al corpicino, un cancello divelto, l'infradito di Miako e l'orologio di Kengo fermo alle 8.35, l’ora in cui Paul Tibbets, il disgraziato carnefice americano di 29 anni che pilotava il B-29, sganciò l'atomica, il Little Boy: "Ce li portano i familiari, è tutto quel che hanno di quei morti, vogliono farli vedere al mondo e vogliono spaventare il mondo". Ma davvero una divisa di scuola riassume la vita di una ragazza? E come possono la foto di un viso e il ricordo di un gesto trasmettere il senso di una persona? "Non possono. Gli oggetti rimangono oggetti, ma permettono di dare alla morte un nome e un cognome. Le famiglie cercano di impedire che i loro morti siano numeri, segmenti di un diagramma. Lo Spirito di Hiroshima è facile da sintetizzare: mai più un’altra Hiroshima". Perché ci sono solo cinque fotografie scattate in quel giorno? "È difficile dirlo. C'erano le macchine fotografiche, ma nessuno le usò. E intervenne, abbastanza presto, pure un fotoreporter. Ma scattò solo cinque foto. Disse che non se l'era sentita, che l'orrore non era 'fotografabile'". Dov'è adesso? "È morto" . Più che un museo è un'enciclopedia di lapidi, un sacrario. Certo, non c'è il diluvio atomico nella riproduzione del lampo e del fuoco. E non c'è la morte, in un sol giorno, di centocinquantamila persone nel plastico di cadaveri che galleggiano nel fiume. E somigliano a reperti dell'antichità i marmi, i cancelli e i parapetti dei ponti divelti che schizzarono in aria come palloni. E cos'è quel bottone esposto come una reliquia? Leggo la storia di Kotaro che d'istinto si gettò tra le braccia del padre che bruciava. Un attimo prima di bruciare con lui, Kotaro perse un bottone che molti mesi dopo la madre riconobbe. Ecco: immaginando Kotaro che si gira di scatto, quel piccolo bottone cessa di essere un simulacro e diventa davvero l'ultimo istante della vita. Ci sono tutte le sapienze del nonsense in quel migliaio di aghi da cucito fusi in un solo indecifrabile ammasso e in quella bottiglia di vetro deformata e annodata dal calore. Forse avevano ragione i memorialisti russi che volevano leggere la storia mondiale raccogliendo tutto quel che si trova sui marciapiedi della terra, i geroglifici sulla superficie del mondo. Forse, per capire Hiroshima, non c'è nulla di meglio del cestino per il pranzo del piccolo Toshio con dentro il riso carbonizzato. E forse, come nelle sale di un museo egizio, le ombre sono anime imprigionate. "No, l'ombra è il riposo dello spirito" mi replica Mari Shimura. Per noi danteschi l'ombra è l'anima in pena, per Borges è il grigio della vecchiaia felice, per i giapponesi invece l'ombra è quella lodata da Tanizaki, "il contrario della luce occidentale che uccide". Compensate i familiari che vi cedono queste memorie? "Assolutamente no. Qui non c'è commercio. Anche il biglietto costa pochissimo". In quale università d'arte insegnano ai futuri curatori a conservare le ombre? "In nessuna". E Mari Shimura ammette: "Ci fu un grande dibattito a Hiroshima su come colmare l'abisso che divide chi ha vissuto l'Olocausto dell’atomica dal resto del mondo. Ancora oggi c'è chi non sopporta di diventare un simbolo o una metafora e vorrebbe il silenzio, vorrebbe che nessuno si appropriasse dei luoghi e dei ricordi". Questo Museo, al contrario, crede nella memoria. "Mi sono laureata in arte all'università di Osaka, ma è qui che sono nata e già da ragazzina mi appassionava l'idea di proteggere le ombre di Hiroshima". Con quale tecnica? "Calore, umidità, scienza e... passione". Una passione speciale? "A Hiroshima tutto è speciale". Hiroshima: preghiere buddiste all'alba del 70esimo anniversario. Budda al governo Eccola di nuovo, la bellezza di Hiroshima: un capolavoro di natura e di umanità restaurate, che quanto più esprimono la vita tanto più mettono in risalto l'enormità della tragedia, come gli oleandri che tornarono a sbocciare già nel 1945. Anche quei petali rossi irritarono e offesero alcuni degli hibakusha : "Mi ricordavano le fiamme" dice Naija che ancora adesso ogni estate si ammala di niente. È la stessa storia della zia Yaeko, resa famosa dal racconto di Daisaku Ikeda ( Il quaderno di Hiroshima ): "Quando arriva questa stagione, anche se non ho la febbre, sento come un flusso di sangue alla testa". Ikeda è il leader della setta buddista Soka Gakkai, anti-nuclearista e pacifista ma alleata del governo neomilitarista, dodici milioni di adepti (che diventano otto milioni di elettori), un enorme patrimonio in danaro difficilmente valutabile: questi religiosi al potere, con il loro strano Budda pacifista di destra, sono un altro scherzo del tempo e del luogo. Anche perché, tra i pochi miracoli di quel 6 agosto 1945, c'è innanzitutto un Budda di legno che rimase intatto in mezzo al fuoco e che ora viene onorato in una teca tra le preziosità botaniche del parco di Shukkeien tutto rifatto. Ma c’è anche il ritratto dell’imperatore, "che fu 'salvato' e portato al fiume, in mezzo ai morti e ai feriti che gli fecero spazio". E poi ci sono gli alberi, i famosi ginkgo che sopravvissero alla bomba. Catherine Deneuve riuscì a farne piantare uno in piazza dell'Alma a Parigi. Il ginkgo è la pianta virile della tenacia e del coraggio. Per i giapponesi è il simbolo della città di Tokyo, per noi italiani invece è il nome dell’ispettore che non si stanca mai di sfidare l’invincibile Diabolik. Hibakusha è una delle tante parole che, come gli oleandri, nacquero qui a Hiroshima, una parola per non dire 'superstiti', 'sopravvissuti', 'scampati'. Hibakusha sono coloro - è il significato letterale - "che non morirono, ma furono esposti alle conseguenze della bomba, non necessariamente fisiche". Sono "coloro che non si suicidarono nonostante avessero tutte le ragioni per farlo" ha scritto il premio Nobel Kenzaburo Oe. Settant'anni fa non tutti gli hibakusha odiarono gli oleandri. A molti di loro gli oleandri insegnarono a riprendersi la vita. "Avrei preferito suicidarmi pur di non diventare un rubinetto stanco dal quale ininterrottamente cola giù un filo d’acqua" racconta Shozo che spesso è immobilizzato a letto e aveva tredici anni quando perse tutta la famiglia. Della madre, che non fu mai trovata, non ha mai detto "è morta" ma sempre "si è perduta" . Vide invece il padre ritornare a casa con la pelle che gli cadeva a pezzi anche dal viso: si gettò a terra dicendo che aveva freddo e sete e morì sei ore dopo. Shozo, singhiozzando, gli strofinava cetrioli sulla testa infuocata. Ma non usava i cetrioli perché era un bambino inesperto che si improvvisava infermiere. "Con il cetriolo i medici 'curarono' le prime vittime" mi spiega il famoso professore Kamada, lo scienziato che dirige gli ospedali degli hibakusha: "Usarono anche un'erbetta che somiglia al tè. Non capivano le ferite, non sapevano dell'atomo. Prima della bomba c'erano 292 dottori su 350 mila abitanti. Ma il 90 per cento dei medici morì. Gli altri fecero quel che potevano, cioè niente. Con i corpi dolenti i loro malati si sdraiavano per terra mormorando 'sto male, ma l'ho scampata bella'. E tutti si congratulavano con loro perché erano sopravvissuti. Poi il corpo si riempiva di macchie e di pustole, i capelli cadevano... E morivano". Hiroshima, il bonsai di 390 anni che è sopravvissuto alla bomba atomica Il professore Kamada, ottanta’anni, ha passato la vita a studiare il sangue degli hibakusha .Lo incontro nell’ospedale appunto, a una ventina di chilometri da Hiroshima, nel paese di Kurakake. L'ospedale sta in un giardino grasso, un paesaggio che l'umidità trasforma in un acquario conradiano. La mensa è pulitissima, quattro ospiti per stanza, un bagno ogni due stanze, moquette, pantofole, paraventi. È la tipica città dolente degli anziani. Ogni tanto qualcuno dei trecento ricoverati parla per accenni, metafore del tipo "e la vita poi deragliò" ma non sono sicuro che voglia dire l'indicibile. I trecento vecchi mi permettono di portare vie le foto, ma cancellano nomi e cognomi. Una signora mi tiene la mano: "Quando uno rimbambisce mica se ne accorge". Le rispondo che "quando se ne accorge vuol dire che non rimbambisce". La seconda generazione Il professore Kamada, che a Hiroshima chiamano senza ironia 'il grande scienziato', mi spiega che il venticinque per cento degli hibakusha "non parlano di quello che hanno visto e subìto. Neppure ai propri familiari, neppure ai figli. Poi c'è un quarantacinque per cento che ha parlato due o tre volte in tutta la vita". E però noi giornalisti troviamo ancora testimonianze. "C'è un trenta per cento che parla, e tra loro c'è un gruppo che parla tanto". Hanno subìto l'atomo, spiega il professore, "e sanno che i loro acidi non sono i normali umori del disfacimento. Perciò da vecchi vengono qui, anche quelli che hanno i soldi per ricoveri di lusso. Vengono per stare insieme, per attraversare insieme l'ultimo vecchio ponte". Nessuno si lamenta. "Quello che lei non troverà mai è il pianto, la sofferenza gridata, al massimo qualche lacrima soffocata". Trovo invece la protesta contro il governo che non si occupa di loro: "Ora si paga il cibo. Sino a dieci anni fa era tutto gratis". Il professore racconta di avere capito che l'atomo modificava i cromosomi già nel 1960 "ma non potevo dirlo, e non solo perché allora la censura americana controllava tutto, ma anche perché non volevo terrorizzare nessuno". La leucemia, i rischi per la seconda generazione? "All'inizio aumentò la natalità perché, nelle catastrofi, riprodursi è un 'bene rifugio', ma poi, guardi il diagramma, la natalità diminuì sempre di più". Perché? "Perché la gente aveva capito quel che i medici non capivano e cioè che le conseguenze della bomba arrivavano ai figli". Come l’avevano capito? "Alcuni bambini nacquero malati o deformi, con i cheloidi sulla pelle, privi di arti... ". Il professore non è di Hiroshima, ma venne qui quindici anni dopo la bomba: "A Hiroshima mi sono laureato, poi ho studiato a San Francisco e quindi sono tornato. Ho avuto la fortuna di restare. Solo a Hiroshima un medico poteva studiare e capire... ". E finalmente scopro che il professore si è innamorato di Hiroshima perché ha sposato una hibakusha . Come andò? "Studiavo e non avevo tempo per nulla. Allora il mio capo mi cercò moglie. Si rivolse a sua nonna che mi presentò una signorina che lavorava come segretaria alla Mazda". Cosa aveva visto il 6 agosto del 1945? "Aveva tre anni e vide tutto quello che c'era da vedere. Era con la famiglia, a due chilometri e trecento metri dall'esplosione". È una di quelle che parlano? "No. È una di quelle che hanno parlato solo due volte, e mai ai nostri figli". Non parla neache con lei? "Con me sì. Ma io, prima di essere il marito, sono un medico". E poi con chi ha parlato? "Una sola volta in pubblico, ma all'estero". Dove? "Non credo che mia moglie approverebbe se glielo dicessi". E i suoi suoceri? "Hanno vissuto con me. Ma sono morti entrambi: a lui è esplosa una vena, lei è morta di mal di cuore". C’entra qualcosa la bomba? "Quando morirono pensavo di no. Adesso penso di sì". Quanti figli avete? "Due figli e quattro nipoti". E stanno bene? "Sì, stanno bene. Sono la famosa 'seconda generazione'". Hiroshima diventerà mai una città con gli stessi rischi di tutte le altre città del mondo? "Mai. Le radiazioni sono nei limiti. Ma sulle conseguenze per le generazioni ne sappiamo ancora poco. Io le sto studiando e tra poco pubblicherò i risultati delle mie ricerche". Nessuno controlla clinicamente i figli e i figli dei figli? "Non più. Lo abbiamo fatto per quarant'anni. Oggi non sappiamo nemmeno quanti sono esattamente i sopravvissuti, perché si sono sparsi per il mondo, come atomi. La stima approssimativa è centonovantamila. Nel 2040 saranno cinquecento".
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Faraone, riapre la gioielleria che ha fatto brillare l'Italia del boom
Il lusso è più che mai protagonista: sui mercati internazionali - dove Lvmh ed Hermès si battono a colpi di acquisti e plusvalenze - e nella capitale della moda, Milano. In via Montenapoleone - e dove, se no? - riapre i battenti Faraone, un nome storico della gioielleria: correva infatti l'anno 1945 quando Raffaele Faraone, abilissimo venditore e raffinato conoscitore del gusto delle élite, apriva il primo negozio a Milano. Nel 1960, al culmine del boom economico, al fondatore subentra la famiglia Settepassi, da quattrocento anni orafi e gioiellieri fiorentini: nel negozio di via Montenapoleone passano in quegli anni tutte le famiglie dell'aristocrazia e della grande borghesia italiana. Poi,la Milano da bere e il minimalismo degli anni Novanta: i gusti cambiano e nel 2000, dopo la coesistenza per qualche anno con l'insegna di Tiffany, - una griffe, un mito, da Audrey Hepburn in poi - lo storico negozio chiude. Ma come la Fenice, rinasce dalle ceneri: proprio grazie al manager che ha guidato l'espansione di Tiffany in Italia e in Europa, Cesare Settepassi, tra i primi a comprendere l'importanza di creare un legame indissolubile tra la gioielleria, la moda e il prêt-à -porter. Ora, l'insegna Faraone è tornata a splendere: innovativa come si conviene al nuovo millennio, affiancando alle creazioni più preziose quelle dedicate ad una clientela più giovane, come la collezione Lotus, Labyrinth e Heart Lock. Ma senza dimenticare la tradizione: «Come veri gioiellieri di famiglia, saremo a disposizione dei clienti che chiederanno i nostri suggerimenti e consigli», commenta Cesare Settepassi.
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Lega lascia Montecitorio, Bossi: "Scelta sbagliata"
La scelta della Lega Nord di abbandonare l 'Aula di Montecitorio durante le celebrazioni per i 60 anni dei Trattati di Roma non convince Umberto Bossi. Il Senatùr punta il dito contro i parlamentari del Carroccio che hanno deciso di non ascoltare le parole del Capo dello Stato che ha tenuto un discorso in Parlamento ricordando i valori dell'Europa Unita. Una mossa quella dei parlamentari leghisti che lascia perplesso Bossi: "L’assenza della Lega in Aula è sbagliata", ha affermato Umberto Bossi conversando con i cronisti in Transatlantico. Appena uscito dall’Aula di Montecitorio dopo l’intervento del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, Bossi ha affermato: "Volevo sentire sapendo che cosa succederà. Meglio sentire così sei in grado di ragionare sulle cose", ha concluso. Salvini ha però ribadito la posizione critica della Lega sull'Unione europea: " 120.000 imprese fallite in Italia in dieci anni, 1.415 suicidi per motivi economici, disoccupazione giovanile dal 18 al 40%. Dal 2014 poi 507.771 immigrati sbarcati in Italia e 12.526 morti nel Mediterraneo. Ecco i grandi risultati di questa Unione Europea. Non c’è niente da festeggiare, c’è tutto da cambiare. Mentre sabato a Roma ci sarà il Festival dell’Ipocrisia, con la Merkel, Renzi, Monti e la Boldrini, io sarò a Lampedusa. #stopinvasione ".
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Trova una falla nella sicurezza e scatta l'arresto: esperto informatico nel mirino dell'FBI
ERA ancora l'alba quando una dozzina di agenti dell'FBI (di cui uno armato con un fucile d'assalto) hanno fatto irruzione in casa di Justin Shafer . Il tecnico informatico ed esperto di sicurezza, stando a quanto da lui stesso dichiarato in un'intervista telefonica, ha subìto l'assalto mentre la sua famiglia, moglie e tre bambini, stavano ancora dormendo. Il 36enne texano è stato quindi ammanettato e portato fuori di casa e i suoi computer posti sotto sequestro. Unica 'colpa' di Shafer, secondo le ricostruzioni, avere trovato una vulnerabilità nel sistema di memorizzazione dei dati dei pazienti gestiti da Eaglesoft, una società controllata da Patterson Dental e specializzata nella produzione di software gestionali nel settore dentistico. Nulla di particolarmente eIaborato, in realtà. In pratica, Shafer si è accorto che Eaglesoft caricava le informazioni su server FTP che erano facilmente accessibili da chiunque, mettendo a rischio la privacy di 22.000 pazienti i cui dati sono gestiti con il software sviluppato dall'azienda. Il tecnico ha quindi contattato il sito Databreaches.net segnalando il problema e avvisando contemporaneamente il produttore del software, che avrebbe provveduto a mettere al sicuro i dati dei pazienti. In seguito, Shafter ha pubblicato un post sul suo blog denunciando pubblicamente le scarse misure di sicurezza utilizzate da Eaglesoft nella gestione dei dati dei suoi clienti. Questa, probabilmente, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso e ha indotto Patterson Dental a denunciarlo sulla base del CFAA (Computer Fraud and Abuse Act). Secondo l'accusa, Shafter avrebbe esagerato nell'investigare i dati a cui ha avuto accesso. L'unica speranza è che la vicenda abbia portato gli amministratori di sistema di Eaglesoft a modificare le password di default per l'accesso ai database SQL (user name "dba" password "sql") che secondo Shafter vengono utilizzate dal 2014.
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L'energia italiana per un mondo pulito
Camilla Golzi Saporiti Esistono realtà in Italia di cui si sa e si parla troppo poco. Quando, invece, bisognerebbe esserne orgogliosi, perché si muovono con determinazione ed efficacia - lontano dai riflettori - al punto da affermarsi a livello internazionale. È questo il caso del Centro Elettrotecnico Sperimentale Italiano (CESI). Che dal 1956 si dedica a supportare lo sviluppo e la sicurezza della rete elettrica nazionale e di mettere a disposizione dell'industria elettromeccanica laboratori di prova e certificazione. In oltre 60 anni di attività l'azienda è diventata un'eccellenza made in Italy sulla scena mondiale nel campo dell'ingegneria, dell'innovazione, del testing e della consulenza per il settore elettrico, civile e ambientale, operando in più di 40 Paesi con una rete di oltre mille professionisti. Innovativa e versatile, specializzata e affidabile, CESI si sta distinguendo anche per combattere le emissioni di CO2, ancora a livelli allarmanti, stando agli ultimi aggiornamenti. «Oggi si possono sviluppare reti elettriche autonome e affidabili per soddisfare i consumi di interi distretti ed è possibile, allo stesso tempo, realizzare sistemi di autoproduzione e consumo di elettricità per soddisfare i bisogni primari delle comunità isolate, che rappresentano circa l'80% della popolazione globale senza accesso all'energia», spiega l'Amministratore Delegato di CESI, Matteo Codazzi. «Ciò è possibile grazie sia ai sistemi digitali, capaci di sofisticati livelli di automazione, sia alla continua discesa dei prezzi delle tecnologie legate alle rinnovabili e alle batterie». A favore dell'efficacia di questi sistemi digitali, ecco alcune esperienze concrete in angoli opposti del pianeta. Dall'Oman, dove nel 2016 CESI fu coinvolto nello studio del mix più efficace e sostenibile di fonti energetiche per garantire, in alcune aree isolate del Paese, una fornitura efficiente di energia elettrica nel pieno rispetto dell'ambiente. Per arrivare al villaggio di Ollague, in Cile, dove nel corso di quest'anno CESI ha valutato l'affidabilità della nuova micro-rete di Enel. «Un sistema plug-and-play pionieristico, in grado di fornire elettricità a 135 abitazioni a prezzi contenuti, grazie a un mix ottimale di fotovoltaico, eolico, batterie e a un sistema di controllo digitale di ultimissima generazione», specifica Codazzi. E prosegue: «Questo mmodello di elettrificazione sostenibile non interessa solo i Paesi in via di sviluppo: alle Hawaii CESI sta affiancando il governo e le aziende energetiche locali nel disegnare la strategia e definire gli investimenti necessari per avere nel 2045 un sistema elettrico alimentato al 100 per cento da energia rinnovabile».
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"Società pagheranno le spese per l'ordine pubblico". Dopo Renzi ora ci prova Salvini
Metro a parte, la partita Roma-Cska ha lasciato il suo (consueto) strascico di incidenti, feriti e polemiche. Come successo d'altronde nel 2014. La cronaca (nera) parla di risse, coltelli (ferito tifoso russo), sicurezza aggirata dai violenti. Dal punto di vista sportivo, è probabile, se non certo, che la Uefa vieterà la trasferta dei tifosi giallorossi a Mosca, il 7 novembre. E questo, tutto sommato, può essere un vantaggio, per evitare ritorsioni dei russi che si sono già negativamente distinti in tutto il mondo. Ma ci potrebbero essere provvedimenti ulteriori, più seri. La Roma d'altronde era sotto osservazione dopo gli incidenti di Liverpool dello scorso anno. La vicenda inoltre dovrebbe accelerare il progetto del governo di fare pagare anche alla società di calcio le spese di ordine pubblico. Lo aveva annunciato Matteo Salvini, lo ha appena ripetuto il suo braccio destro Giorgetti. "Secondo me a Mosca di questi incidenti se ne vedono pochi e non so perché...”, ha esordito il sottosegretario: una critica alla questura di Roma che ha gestito, ha cercato di gestire, la partita di Champions e solo nel pomeriggio di oggi ha spiegato la sua versione con una nota (“no guerriglia, un russo arrestato, cinque stranieri indagati, 15 romanisti identificati”). “Finalmente saranno le società di calcio a pagare le spese per l'ordine pubblico. Questo è un tema su cui Salvini ha cominciato a lavorare e anche su questo penso che vedremo dei risultati": ha aggiunto Giorgetti a Porta a Porta. Il progetto di Salvini, da inserire nel decreto sicurezza, è chiaro. “Non è giusto che siano gli italiani a pagare per le partire” ha detto il vicepremier e ministro degli Interni. Secondo Salvini bisognerebbe quindi fare un prelievo intorno al 5-10 per cento sulla biglietteria. Prelievo ancora da quantificare ma che potrebbe significare una spesa di circa 10-20 milioni per i club. Ci provò, come detto, già Matteo Renzi nel 2014: fu addirittura approvato un decreto dal governo in base al quale i club avrebbero partecipato alle spese per gli straordinari degli agenti di polizia in una misura con un prelievo fra l'1 e il 3 per cento degli incassi da biglietteria (quindi intorno ai 2-6 milioni all'anno). Renzi minacciò addirittura una tassa ancora più pesante per i club, circa 25 milioni all'anno: poi fu deciso un prelievo più leggero. Immediata la reazione dei club, e delle Leghe che li rappresentano: fu fatto notare al governo Renzi che il mondo del calcio contribuisce con un versamento allo Stato di imposte dirette e indirette per oltre 1 miliardo di euro. Inoltre ci sono gli oneri per la videosorveglianza, i tornelli e gli stewards: altri 17 milioni a stagione fra serie A, B e C. Le Leghe sostennero che questo prelievo fosse addirittura incostituzionale, vale a dire “ in palese contrasto col principio di uguaglianza e l'obbligo generale di contribuire alla spesa pubblica”. Chi organizza altre manifestazioni, concerti ad esempio, contribuisce per le spese dell'ordine pubblico? Il decreto sicurezza, voluto da Renzi, venne poi convertito in legge ma sotto le pressioni della lobby dei calcio l'allora ministro degli Interni, Angelino Alfano, non emanò mai il regolamento attuativo per stabilire nei dettagli chi dovesse pagare e precisare anche l'entità del contributo a carico delle società di serie A e B. Insomma, il mondo del calcio quattro anni fa ebbe la meglio. Ma che succederà stavolta? Sky, record per Manchester-Juve: 1 milione 760.000 spettatori La partita di Champions, Manchester United-Juventus, è stata vista da 1 milione 760 mila spettatori medi, con il 6,9% di share, risultando la gara più vista dei gironi (ha fatto più di Milan-Barcellona del 2011). Molto bene anche lo studio post partita, seguito da 835 mila spettatori medi
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Maltempo, neve su tutto il Centro-Nord. Morto lo sciatore travolto da una slavina a Campo Imperatore
ROMA - Non ce l'ha fatta Mario Celli, il 32enne aquilano rimasto sotto una slavina martedì mattina a Campo Imperatore (L'Aquila) mentre sciava fuori pista con il fratello. Oggi, dopo una mattinata in cui si erano riaccese flebili speranze, l'elettroencefalogramma è tornato piatto ed è stata dichiarata la morte del giovane. E l'Italia, in queste ore, continua ad essere stretta nella morsa del freddo, della pioggia e soprattutto della neve. Su un lungo tratto dell'Autosole tra i caselli di Barberino di Mugello e Sasso Marconi, in pieno appennino Tosco-Emiliano , le precipitazioni nevose hanno avuto ripercussioni importanti sul traffico. In mattinata una coda di 10 km è stata segnalata dalla polizia stradale per chi percorreva l'A1 in direzione nord. Incolonnamenti in parte causati dal lavoro della polizia stradale che ha attivato il sistema di pre-filtraggio dei veicoli, verificando se montano gomme termiche o catene da neve. La situazione è andata migliorando nel corso della giornata, con la diminuzione delle precipitazioni, che hanno permesso di sgomberare le corsie dalla neve; anche se le code non sono ancora del tutto scomparse. TRAFFICO IN TEMPO REALE - MARI E VENTI Intanto nevica anche Torino e su tutto l'arco alpino piemontese. Dopo la nevicata di ieri, e la pausa della notte, da stamani sono tornate abbondanti le precipitazioni, anche in città. La neve è mista a pioggia, e anche per questo non sono segnalati al momento problemi alla circolazione. In Liguria , flagellata dalle precipitazioni della settimana scorsa, la situazione non è migliore. Le nevicate nell'entroterra non accennano a diminuire e la Protezione Civile ha prorogato l'Allerta1 (livello medio) fino alle 21 di oggi sulle montagne savonesi e genovesi, dove sono attesi fino a 30 centimetri di neve. Possibili spolverate anche sulla costa a quote collinari. Nelle valli Stura e Orba, alle spalle di Genova, sono caduti in poche ore fino a 60 centimetri nella zona di Tiglieto e fino a 40 in quella di Rossiglione. Allerta per pericolo valanghe sull' arco alpino veneto , dove continua a nevicare. Per domani, le previsioni indicano un pericolo valanghe a grado 5, il massimo previsto. Fortemente sconsigliate le attività sportive sulla neve fuori dalle aree controllate. Chiuse alcune scuole. Ha fatto la sua comparsa la prima neve dell'anno anche a Milano e nell'hinterland del capoluogo lombardo. Le precipitazioni maggiori erano previste nella notte mentre invece la neve ha iniziato a cadere dopo mezzogiorno, in molte zone ancora mista a pioggia. Il Comune di Milano ha già attivato il piano neve e da ieri sera è attivo il Centro operativo comunale per il monitoraggio delle strade, con i mezzi meccanici e gli spalatori pronti a intervenire nei luoghi più sensibili e di maggior passaggio della città. Un forte vento di libeccio e un mare molto mosso stanno invece rendendo difficile la navigazione tra Napoli e le isole del Golfo. Fermi i mezzi veloci, stanno tenendo in piedi i collegamenti solo i traghetti. Mentre è lo scirocco a sferzare in queste ore Palermo , causando disagi e danni anche in alcuni comuni della provincia. Decine le chiamate arrivate ai centralini dei vigili del fuoco. La maggior parte delle richieste ha riguardato alberi abbattuti, cartelloni pubblicitari e pali divelti lungo alcune sedi stradali. Fermi anche i collegamenti marittimi con l'Isola d'Elba. LE PREVISIONI METEO E le previsioni non lasciano sperare nulla di buono. Perché la perturbazione vera e propria deve ancora arrivare; un'ondata di maltempo che ci accompagnerà per il resto della settimana. Nelle prossime ore ancora neve a quote basse sul nordovest, ma con graduale passaggio a pioggia. La Protezione civile ha emesso il proprio bollettino per la giornata di domani: situazione critica soprattutto in Friuli Venezi-Giulia, nelle province di Udine, Trieste e Gorizia, in Emilia-Romagna (nel modenese e nel reggiano) e in Veneto. Attenzione alta anche in Toscana. Domani scuole chiuse nel grossetano; così come ad Alessandria. Tempo in progressivo peggioramento anche al centrosud, con piogge e rovesci specie sulle regioni centrali tirreniche. Previsti venti forti, con rinforzi di burrasca, su tutto il Lazio. Fenomeni in intensificazione pure al sud, accompagnati da venti di scirocco con rischio di violente mareggiate e difficoltà nei collegamenti con le isole minori. Proprio lo scirocco farà lievitare le temperature soprattutto al centrosud, dove si riporteranno notevolmente sopra le medie. Allerta acqua alta a Venezia. Attenzione anche al rischio idrogeologico e a locali esondazioni su diverse aree del paese da nord a sud, in primis su Liguria, Lombardia, Emilia, Veneto, Friuli Venezia-Giulia e alta Toscana, a causa delle abbondanti piogge e dello sciglimento delle nevi. Cautela pure al sud nel weekend e, in particolare, tra alta Calabria, Basilicata e Salento, dove si prevedono forti temporali e nubifragi.
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Le memorie di Amanda Knoxvalgono 4 milioni di dollari:firmato contratto per un libro
Amanda Knox vende le sue memorie e ci guadagna 4 milioni di dollari. Questa la decisione della giovane americana, che ha deciso di pubblicare un libro raccontando la sua esperienza in carcere a Perugia. Molte le case editrici interessate, ed è proprio per questo che la miglior offerente pagherà alla Knox 4 milioni di dollari di diritti sulle memorie contenute nel diario della ragazza. Ad aggiudicarsi il diario, secondo il New York Times , sarà la casa editrice HarperCollins. E così, quattro mesi dopo essere stata assolta per l’omicidio di Meredith Kercher , la ragazza di Seattle torna alla ribalta sui media internazionali. La Knox è arrivata all'accordo con la HarperCollins dopo una lunga serie di trattative, andate a buon fine grazie soprattutto all'aiuto dell’agente letterario Robert Barnett, che, durante la sua brillante carriera, aveva già negoziato i diritti per le memorie di personaggi del calibro di Barack Obama, Bill Clinton e George W. Bush. "Tutti si innamorano di lei - aveva dichiarato un dirigente di una casa editrice - e tutto il mondo ha parlato di questa vicenda, ma nessuno ha sentito cos’ha da dire Amanda" . Il libro, che per ora non ha ancora un titolo, dovrebbe uscire all’inizio del 2013.
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Roma, sparisce nel 1987 poi riappare su Facebook
Roma - Nel 1987 il padre lo aveva fatto rapire a Guidonia (Roma) da un amico per sottrarlo alla madre e portarlo in Egitto, dove viveva. Da allora Alex, che oggi ha 28 anni, ha sempre vissuto nel Paese nord africano con il padre, di nazionalità egiziana, che gli ha anche cambiato il nome in Alì recidendo totalmente così le sue origini italiane. Alex, nelle settimane scorse, decide di riscoprire le sue radici italiane e, attraverso Facebook, cerca un contatto con tutte le persone che portano il suo stesso cognome. Gli risponde e gli chiede amicizia Pino Anfuso, un telecineoperatore della sede Rai della Calabria, che, d’accordo col giovane, segnala la sua vicenda a Chi l’ha visto, la trasmissione condotta da Federica Sciarelli che sulla storia di Alex stasera manderà in onda un servizio. Alex Anfuso vive da molti anni in Egitto insieme ad una nonna paterna. Col padre, ormai, ha pochi rapporti. L’uomo lo fece rapire perchè non accettava che il bambino, dopo che la madre era stata arrestata per droga e si trovava in carcere, vivesse con alcuni parenti della donna. Dopo il rapimento del bambino si perse ogni traccia e nessuno approfondì i motivi della sua scomparsa. Oggi, grazie alla segnalazione di Anfuso ed al lavoro fatto da Chi l’ha visto, si sono scoperti tutti i contorni della vicenda legata alla sparizione del giovane, che non si è mai rassegnato alla cancellazione del suo passato italiano impostagli dal padre col quale, anche per questo motivo, ha ormai pochi rapporti. La madre di Alex, Silvana Anfuso, è morta, ma Alex non lo sapeva. Il giovane lo ha scoperto attraverso Chi l’ha visto. Un particolare che ha accentuato il desiderio del giovane di riscoprire le sue radici italiane cercando i parenti che vivono nel nostro Paese. Un tentativo che non ha ottenuto risultati concreti ad eccezione del contatto con Pino Anfuso, che non è parente del giovane ma ha preso a cuore ugualmente la sua storia, riuscendo, attraverso la trasmissione di Raitre, a fare piena luce sulla vicenda. Alex Anfuso è diplomato in informatica, ma non riesce a trovare lavoro poichè per qualsiasi impiego gli viene chiesto quel certificato di nascita che lui non ha mai avuto. Anche per questo motivo il giovane vuole fare definitivamente chiarezza sulle sue origini. Un desiderio che ha espresso agli inviati di Chi l’ha visto che sono andati ad intervistarlo in Egitto.
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Taglio alle edizioni dei Tg. Casa comune per RaiNews 24 e TgR. Nuova testata web: ecco il Piano per l'Informazione
ROMA - Ecco il Piano di riforma delle news della Rai che Campo Dall'Orto sottopone all'esame del Consiglio di amministrazione . Parola d'ordine: "Cambiare". Un proposito che, in concreto, prevede: 1) la riduzione delle edizioni dei telegiornali di Rai1, Rai2 e Rai3; 2) la precisazione della missione editoriale dei Tg delle tre principali reti tv; 3) la creazione di "Newsroom Italia", casa comune di RaiNews24 e dell'informazione regionale della TgR; 4) il varo di Rai24, nuova testata web da affidare alla direzione di Milena Gabanelli . Troppe edizioni . La televisione di Stato propone un'infinità di edizioni dei telegiornali (a volte molto simili per contenuti). Sono 23-24 ed arrivano a 27, con quelle flash . E' il record europeo, visto che le tv pubbliche francesi e tedesche ne trasmettono sette, l'inglese Bbc e la Spagna addirittura 6 (le reti Mediaset 9). Tutto questo - spiega il Piano di riforma delle news - "rappresenta un moltiplicatore di spesa micidiale con turni su turni di redattori, operatori, tecnici e impiegati". Peraltro tutte le edizioni - salvo il Tg1 delle 20 - perdono quote di ascolto dall'1 al 4 per cento. Ora andranno accorpate. TgR . Anche l'informazione regionale di Viale Mazzini - che fa capo alla TgR - è in difficoltà. Dal 2011 al 2015, sono andati via 400 mila spettatori dalla edizione delle ore 14 e 500 mila, dalla edizione delle 19:30. I giornalisti della TgR non sono certo pochi: 669. Eppure "escono per servizio un massimo di 5-7 cronisti al giorno e capita che le troupe vengano inviate senza giornalista al seguito". Gravati da più servizi al giorno e privi di mezzi adeguati, i redattori sono costretti, spesso, a restare in sede. Newsroom Italia. La soluzione sarà dotare tutti i giornalisti di una propria tele-camerina che permetta intanto di filmare senza tecnico (cosa che avviene oggi "solo in Lombardia e in poche province di altre regioni"). Soprattutto la nuova TgR dovrà confluire in una casa comune con RaiNews24, ribattezzata "Newsroom Italia". I telegiornali regionali saranno sempre più al servizio del canale all news (RaiNews 24 appunto) ma anche della testata per il Web, Rai24. L'integrazione tra RaiNews24 e Tgr comporterà ingenti spese di riqualificazione e aggiornamento dei cronisti. I soldi arriveranno dalla chiusura della edizione della mezzanotte e dieci dei notiziari regionali, "appuntamento molto spesso non essenziale nel racconto della giornata" e che costa 3 milioni solo "per gli straordinari del personale impegnato nella messa in onda". Rai24. Il varo di una nuova testata per Internet, con Milena Gabanelli alla Direzione, serve a colmare una distanza tra gli utenti unici della Rai e quelli dei quotidiani italiani, "un baratro che risulta imbarazzante ed editorialmente insostenibile". E il ritardo appare forte anche sui social. Ritardo anche tecnologico. Rai Sport - continua il Piano di riforma - "non è stata ancora digitalizzata. I tre telegiornali viaggiano con un sistema di produzione comune. Rai News24 con lo stesso, "ma in versione aggiornata". La Tgr con un sistema differente da tutti gli altri. Invece le radio - "soprattutto quando ci sono dirette multiple come nei casi sportivi" - rischiano ogni volta il collasso "perché si appoggiamo a una piattaforma inadeguata". C'è un terremoto, un grave incidente ferroviario? La sua attuale dotazione tecnica costringe la tv di Stato "a tempi di reazione troppo lenti di fronte a situazioni calde". Per rimediare, i giornalisti dovranno utilizzare "smartphone di alta gamma" come alla Bbc, gli zainetti in spalla oppure i kit della Teradek per andare subito in diretta tv utilizzando il Web. Saxa Rubra . Il Piano di riforma delle news accende un faro infine sulla cittadella dell'informazione a Roma. "A Saxa Rubra, lungo la vai Flaminia Nuova, ci sono tante stanzette piccole, nessun grande spazio in comune, le attrezzature sono superate. Sarebbe auspicabile un ridisegno strutturale degli spazi giornalistici. E andrebbero ripensati anche gli ingressi alle redazioni: il Tg1, per esempio, meriterebbe un accesso di gran lunga più decoroso di quello attuale". @aldofontanarosa lang: en_US
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Il disincanto digitale: la metà degli italiani si informa su Internet ma la fiducia va in crisi
FORSE è iniziata l'era del disincanto digitale. Lo suggerisce l'Osservatorio Demos-Coop su "Gli italiani e l'infomazione" giunto alla nona edizione. Per la prima volta infatti Internet viene guardato con prudenza dagli stessi utenti abituali della rete. Anche nel 2015, comunque, la televisione si conferma il canale di informazione più consultato. È, infatti, frequentato, quotidianamente, dall'82% degli intervistati. Mentre il 49% afferma di informarsi ogni giorno attraverso Internet, il 38% mediante la radio. Il 26%, infine, sui quotidiani. Gli scostamenti rispetto al 2014 appaiono minimi: 1-2 punti. Cioè, nulla, se consideriamo il margine di errore statistico. Per rilevare cambiamenti significativi, dobbiamo allungare lo sguardo più indietro. Almeno di 7-8 anni. Rispetto ad allora, infatti, la TV appare in calo di circa 5 punti, come, d'altronde, i giornali quotidiani (-4, per la precisione), mentre il ricorso alla radio diminuisce un po' di meno. Unico medium ad aumentare la propria diffusione sociale, nel sistema informativo, è, appunto, Internet. Nel 2007, utilizzato, ogni giorno, dal 25% degli italiani (intervistati). Da quasi il doppio, oggi. La distanza rispetto alla TV, rispetto al 2007, risulta, quindi, dimezzata: da (oltre) 60 a (oltre) 30 punti. LE TABELLE Tuttavia, negli ultimi due anni il sistema informativo sembra essersi consolidato, fra i cittadini. Anche - e soprattutto perché, ormai, l'informazione è divenuta un sistema largamente "ibrido" - per riprendere la nota definizione di Andrew Chadwick. L'accesso ai New Media, infatti, non esclude i media tradizionali. Al contrario, li include, li contamina. E viceversa. Solo una componente ridotta di persone si informa esclusivamente su Internet. Intorno al 4-5% dei cittadini. Mentre il 40% degli italiani sono "net-ibridi". Alternano internet con gli altri media. Due su tre, fra loro, utilizzano la rete per leggere i giornali. E, comunque, quasi tutti continuano a guardare la TV. Dove il riferimento ai social- media è costante. La TV, appunto, continua ad essere frequentata, quotidianamente, da 8 italiani su 10. Perlopiù, come si è detto, in combinazione con altri media. Ma per oltre 2 su 10 (per la precisione: il 22%) si tratta dell'unico luogo attraverso cui si accede all'informazione. Si tratta di settori sociali definiti. Soprattutto donne, casalinghe, di età medio-alta e di istruzione medio-bassa, residenti nel Mezzogiorno e nelle Isole. Un tempo, elettori ed elettrici "fedeli" dei partiti "governativi". Da qualche anno, però, sono divenuti più incerti e distaccati. Quelli che decidono all'ultimo se e per chi votare. Il loro voto (o non-voto) è, dunque, strategico ai fini del risultato. Non per nulla, nelle campagne elettorali recenti, tutti i principali leader, anche i più critici verso l'informazione TV e chi la guida, si sono, puntualmente, recati nei salotti e nei talk televisivi. Per primi: quelli più "istituzionali". In particola- re, a Porta a Porta, ospiti di Bruno Vespa. Il pubblico dei new media è, invece, simmetrico rispetto a quello degli spettatori "tele-centrici". Più giovane, istruito. Maggiormente esteso nel ceto impiegatizio, nelle professioni intellettuali. E fra gli studenti. Politicamente, si presenta orientato in modo preciso, anche se non esclusivo. La maggiore familiarità con la Rete e con i new media emerge, secondo le attese, fra gli elettori del M5s. I più "ibridi". Mentre il Pd si conferma trasversale. La base elettorale del PdR, il PD di Renzi, non mostra, infatti, particolari distinzioni nel rapporto con i media. Vecchi e nuovi. Si tratti di Tv oppure della Rete. Neppure se spostiamo l'attenzione dai canali ai programmi di informazione si osservano grandi novità. In termini di fiducia, non di ascolti, l'atteggiamento verso i Tg conferma, infatti, le tendenze degli ultimi anni. I più apprezzati restano i Tg Rai e in particolare il Tg3. Mentre, fra i Tg di Mediaset, solo il Tg5 mantiene un grado di stima elevato. Nel complesso, il credito nei confronti di tutti i notiziari tiene, oppure cresce, anche se di poco. Ma le performance migliori, negli ultimi anni, premiano ancora le reti All-News: Rai-News 24, Sky Tg24, insieme al Tg7. Soprattutto i Tg di Sky e di Rai News 24, i quali, rispetto al 2009, vedono salire la fiducia nei loro confronti di oltre 10 punti. Se osserviamo gli orientamenti politici del pubblico, il legame fra media (soprattutto: TV) e politica appare ancora saldo. Indirizzato maggiormente a destra, nel caso dei Tg di Mediaset. A sinistra, per quel che riguarda i programmi della Rai. Ma, soprattutto, il Tg3. Gli elettori leghisti, invece, si fidano soprattutto del Tg5 e, quindi, del Tg2. Mentre gli elettori del M5s apprezzano il Tg de La7. Inoltre, il Tg3 e RaiNews24. Il Tg di Sky, infine, appare il più "trasversale". La sola, vera, novità di questo Atlante dell'Informazione, è, però, costituita dal disincanto verso Internet. Certo: resta ancora lo spazio dove l'informazione appare più libera e indipendente (36%). Ma questa convinzione appare in calo significativo: 4 punti in meno solo nell'ultimo anno. Anche la fiducia nella rete sta diminuendo. Oggi è espressa dal 37% degli italiani: 3 punti meno di un anno fa, oltre 10 rispetto al 2013. Così gli italiani navigano su Internet, sempre più numerosi, per sempre più tempo. Ma si sentono osservati e sempre meno sicuri. Così, anche se non si fidano, per distrarsi un po', continuano a guardare la TV.
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Emofilia, i 120.000 euro che fanno la differenza
4000 persone, in Italia, soffrono di emofilia, una grave malattia emorragica, rara ed ereditaria, causata da un'alterazione nel processo di coagulazione. Nonostante le terapie disponibili, la patologia può avere conseguenze fisiche, sociali e psicologiche anche importanti. Per abbattere alcune barriere, il bando “Fondazione Roche per le persone con emofilia” ha messo a disposizione 120mila euro che oggi sono stati assegnati ai 6 progetti vincitori. L'obiettivo di tutti è creare un ponte fra il paziente, le strutture sanitarie e la società, attraverso iniziative di inclusione. Solidarietà, integrazione e sostegno sono gli elementi chiave di tutti i programmi, che propongono attività di assistenza, supporto nello sport, ascolto e aiuto negli spostamenti delle persone con emofilia. Ecco i vincitori. EMOFILIA E SPORT Emofilia e sport è un binomio spesso complesso, o almeno ritenuto tale, a causa di un'adeguata comprensione delle problematiche legate all'emofilia. Per questo il primo progetto vincitore, presentato oggi dall'Associazione siciliana emofilici Onlus, propone un programma di informazione rivolto agli insegnanti, soprattutto quelli di scienze motorie, per spiegare in cosa consiste questa malattia. Il progetto è dedicato a bambini e ragazzi e l'obiettivo finale è quello di facilitare il loro accesso allo sport durante le ore di educazione fisica: gli emofilici, infatti, sono spesso esclusi nelle attività proprio perché non si conoscono i rischi associati all'emofilia. Senza dimenticare che lo sport, a tutte le età, favorisce la condivisione, il senso del gruppo e in generale la socialità. Ma anche gli adulti hanno bisogno di fare sport. Frequentemente, le persone con emofilia che hanno più di 25 anni presentano conseguenze fisiche più severe rispetto ai giovanissimi, che oggi hanno modo di accedere alle terapie più avanzate grazie ai progressi della medicina e delle nuove tecnologie. Così il secondo progetto vincitore, annunciato dell'Associazione per l'emofilia e le coagulopatie delle Tre Venezie, a Padova, è incentrato sull'attività fisica per l'età adulta. Gli specialisti selezioneranno un gruppo di pazienti, che sotto la guida degli esperti potranno praticare il Tai Chi. Quest'antica disciplina orientale che può ridurre il dolore articolare, la rigidità e aumentare la forza muscolare. EMOFILIA ED ASCOLTO Oltre allo sport, altri progetti vincitori pongono l'attenzione verso il potenziamento della resilienza fisica e psicologica. Come? Il progetto dell'Associazione regionale Liguria amici della Fondazione dell'emofilia (Arlafe), a Genova, creerà un centro di ascolto sperimentale, che prevede la presenza di un “mediatore familiare”, una figura professionale non medica che costituirà un anello di congiunzione fra pazienti, familiari e clinici di riferimento. Spesso, infatti, difficoltà ed esigenze del paziente non emergono durante l'incontro con lo specialista: per questo l'ascolto è necessario per far emergere il “non detto” che può migliorare la relazione medico-paziente e anche una maggiore riuscita dei trattamenti. Con lo stesso obiettivo nasce il quarto progetto vincitore annunciato oggi, sviluppato dall'Associazione di volontariato a favore degli emofilici e simil-emofilici (Aves Parma), che offrirà una prima accoglienza, orientamento e sostegno a pazienti e familiari. EMOFILIA E SUPPORTO PRATICO L'emofilia comporta sanguinamento spontaneo, sanguinamenti a livello muscolare ed articolare, anche prolungati e anche in seguito a traumi di lieve entità e formazione di lividi. Soprattutto a lungo termine, questa malattia può avere un impatto significativo a livello fisico, comportando disabilità motorie. Che a loro volta possono essere responsabili di una ridotta aderenza alle terapie, anche a causa della difficoltà di spostarsi dei pazienti e di accedere alle strutture sanitarie. Per questo il quinto progetto presentato oggi, proposto dall'Associazione emofilici e trombofilici del Friuli Venezia Giulia a Udine, fornirà supporto logistico accompagnando il paziente da casa al pronto soccorso, insieme a un servizio di accoglienza. Infine, il progetto dell'Associazione emofilici Lazio (Ael), a Roma, organizzerà e accompagnerà il paziente alle visite periodiche e specialistiche. Il tutto con l'obiettivo di aumentare l'aderenza ai trattamenti, dunque il successo delle terapie. A volte, infatti, basta poco, come un passaggio, per migliorare la qualità di vita di una persona e di chi se ne prende cura.
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Libano: un anno senza presidente
Un paese in bilico. Una nazione che danza sull'orlo del cratere siriano. Una situazione insostenibile che va avanti da un anno: dal maggio del 2014 il Libano è senza un presidente. Le diverse parti di un Paese che si regge su un complicatissimo e fragile equilibrio fra numerose confessioni religiose, non riescono a mettersi d'accordo. E lo stallo si prolunga: non si trova il successore di Michel Suleiman, il cui mandato è scaduto ormai da 18 mesi. La prossima occasione per accendere i riflettori sulla vicenda è rappresentata dall'incontro che si terrà a metà mese fra il presidente francese Francois Hollande e l'iraniano Hassan Rohani. Insomma, la tela della speranza passa per Perigi e per l'agenda politica internazionale. Rohani dovrebbe fare tappa nella capitale francese dopo la visita in Italia prevista per il 14 e il 15 novembre. A dare la notizia è il quotidiano libanese As Safir che rappresenta il movimento sciita Hezbollah, storicamente sostenuto da Teheran. Secondo As Safir i due parleranno della infinita crisi libanese dopo un primo appuntamento saltato a settembre quando il presidente iraniano si sarebbe rifiutato di discutere del delicatissimo tema in margine all'assemblea generale dell'Onu. La prossima riunione del parlamento di Beirut per l'elezione del presidente è stata fissata per l'11 novembre.
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Stretta sui profughi: niente appello per chi chiede asilo
Cancellato l'appello. Nessuna udienza per il richiedente asilo. Giudici specializzati in tema di immigrazione e aumento dell'organico nei tribunali caldi. Il Governo ridisegna le procedure giudiziarie per il diritto di asilo. A spiegare il piano, nei giorni scorsi, davanti al Comitato parlamentare che si occupa delle procedure in materia di protezione internazionale, è stato il ministro della Giustizia Andrea Orlando che ha scalettato i nuovi interventi normativi previsti in un decreto legge attualmente al vaglio del Governo. Dinieghi in sei casi su dieci Oggi un richiedente asilo resta in attesa di una risposta non meno di 24 mesi: i primi 12 vanno via, in media, per istruire la pratica e ottenere risposta alla domanda di protezione presentata alla competente commissione territoriale. In caso di diniego almeno un anno poi trascorre tra il primo e il secondo grado di giudizio, visto che quasi sempre i migranti presentano ricorso contro la decisione sfavorevole. Gli ultimi dati del ministero dicono che nel 2016 circa il 60 per cento delle domande di protezione presentate vengono rigettate. "Questo incremento - spiega Orlando - si è tradotto inevitabilmente in un altrettanto esponenziale aumento del numero delle impugnazioni in sede giurisdizionale. Durante i primi 5 mesi del 2016 nei tribunali sono stati iscritti 15mila ricorsi in materia, con circa 3.500 nuovi ricorsi al mese". Aumentano quindi i dinieghi, e crescono di pari passo i ricorsi in tribunale. Le sedi maggiormente oberate sono Napoli e Milano, seguite da Roma e Venezia. Prima che un ricorso possa essere definito, però, serve del tempo: in questi primi mesi del 2016 soltanto 985 casi sono andati a sentenza e "con una bassissima percentuale di accoglimenti totali". Via un grado di giudizio In media un procedimento, stando ai dati del 2016, dura poco meno di sei mesi (167 giorni). "Relativamente snello - dice quindi Orlando - se comparato al contenzioso civile" ma comunque troppo lento. Ecco perché, sostiene il ministro, "è necessaria un'ulteriore semplificazione pur nella salvaguardia delle garanzie". Le novità proposte sono due. La prima: "La sospensione dell'appello contro la decisione del tribunale". Dopo il diniego della commissione, quindi, il giudice si esprimerà una sola volta. In caso di un nuovo rifiuto il migrante andrà espulso. Niente più udienza La seconda novità riguarda invece, parole sempre di Orlando, "la sostituzione dell'attuale rito sommario di cognizione", cioè l'interrogatorio del richiedente asilo, "con un procedimento camerale, di regola senza udienza, che consente l'acquisizione da parte dell'autorità giudiziaria della videosorveglianza del colloquio davanti alla Commissione". Salta quindi l'udienza, tranne in casi particolari. Un punto che fa dire al professor Fulvio Vassallo Paleologo, avvocato e presidente di Adif, l'Associazione diritti e frontiere, che ci si trova davanti al "forte rischio di un giudizio speciale, con un fortissimo rischio di sommarietà. Piuttosto che guadagnare tempo sui ricorsi giudiziari, il Governo avrebbe fatto bene a garantire risposte più veloci da parte delle commissioni". Ma Orlando, sottolineando come il nuovo rito sarebbe assolutamente conforme al "modello internazionale", sostiene che "le procedure più rapide non mettono affatto in pericolo i diritti: l'attenzione verso la tutela dei diritti costituzionali non può rimanere indietro rispetto alla legittima urgenza delle risposte di controllo. Diritti e sicurezza non sono i capoversi di due soluzioni politiche alternative ma vocaboli nati e cresciuti insieme". Aumentare i giudici ad hoc Il nuovo testo comporta anche dei cambiamenti di tipo organizzativo. D'accordo con il Csm sono stati già applicati magistrati extra nelle sedi più gravate. "Ci sono già 12 giudici dedicati in via esclusiva ai procedimenti in materia di protezione internazionale" spiega il ministro che annuncia nuove applicazioni a breve. In agenda per velocizzare le procedure, infine, gli scambi telematici di atti tra commissioni territoriali e uffici giudiziari.
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Leopardo delle nevi: ne scompare uno al giorno
CAMBIAMENTI climatici e bracconaggio sono le due minacce peggiori che mettono a rischio il suo futuro. Il leopardo delle nevi, specie iconica delle vette himalayane, combatte uno dei più aspri conflitti al mondo tra uomo e fauna selvatica. Nelle vallate e sugli altopiani dell'Asia centrale lo spazio dedicato all'allevamento del bestiame domestico si espande senza freni e nella Giornata Internazionale del Leopardo delle Nevi che cade oggi, lo Snow Leopard Trust restituisce un quadro drammatico: tra il 2008 e il 2016 gli esemplari uccisi sono stati tra i 220 e i 450 per ogni anno, con una media di un animale scomparso al giorno. Leopardo delle nevi: tre esemplari 'catturati' dalla cam. Le perdite maggiori si registrano in Cina, alla quale seguono a stretto giro la Mongolia, il Pakistan e l'India. Per tutti, la caccia illegale rimane il nemico numero uno. "Il leopardo delle nevi - spiega Cesare Avesani Zaborra, direttore scientifico del Parco Natura Viva di Bussolengo, partner italiano dello Snow Leopard Trust - è uno dei più elusivi tra i grandi felini, difficilissimo da monitorare da parte dei ricercatori in campo. Ad oggi, non si ha la certezza assoluta dei dati ma si stima la presenza di una popolazione totale che oscilla tra i 3.920 e i 6.390 esemplari, classificata come 'vulnerabile di estinzione' da parte dell'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura". Dove prima si estendeva lo spazio vitale di questa specie, oggi si allevano capi di bestiame. Tra questi ci sono le pregiate capre cachemire, la cui lana ha conosciuto un'impennata sul mercato orientale che non sembra diminuire. Pecore e capre selvatiche, prede elette del leopardo delle nevi, scompaiono insieme alla possibilità per questa specie solitaria di incontrarsi e riprodursi. Are you ready for your close-up? Celebrate #SnowLeopardDay & find out how you can help protect them https://t.co/TGveHjEJOb #snowleopardSOS pic.twitter.com/t5mCy8W6cO — WWF (@WWF) 23 ottobre 2017 "Proprio per la rapidità con cui l'uomo è in grado di provocare questi fenomeni - conclude Avesani Zaborra - diventa vitale per le specie a rischio conservare il proprio patrimonio genetico in ambiente controllato. Nudan e Samira vivono al Parco Natura Viva di Bussolengo e si conta su di loro per allevare esemplari che se sarà necessario, un giorno dovranno tornare a ripopolare le vette dell'Asia centrale".
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La soluzione dello schema del 9 Agosto 2018
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Rifugiati, non pensiamo mai che sia troppa l'empatia con chi prova a sopravvivere alla guerra
ROMA - Sono 51 milioni. Tutti, nessuno escluso, in fuga cercando disperatamente e con ostinazione un'ultima occasione per sopravvivere alla guerra, ai bombardamenti, alle esecuzioni sommarie, alle torture, alle minaccie. Li contiamo tutti i giorni perché per chi vive in Italia, Europa, sono numeri a cui raramente viene affiancata una storia, un racconto. Eppure quante volte con una certa malinconia un po' struggente ci troviamo a rimpiangere i racconti di nonni e bisnonni, partigiani, sfollati, segnati da esperienze drammatiche e sopravvissuti alla Seconda Guerra Mondiale. Ebbene nel 2014 abbiamo raggiunto il numero di persone in fuga più alto dai tempi del conflitto mondiale, ci abbiamo messo 70 anni. Le ragioni di chi fugge. Tutto questo tempo per creare un enorme solco, un deficit ormai cronico di pace. Per svariati decenni i conflitti parevano lontani e siamo stati abituati a vedere milioni di persone spinte soprattutto dalla ricerca di opportunità di vita migliori, di lavoro soprattutto. Oggi non è più così, coloro che fuggono lo fanno perché sono costretti con la violenza. E il loro dramma si fa vicino, ogni giorno arrivano nei porti italiani, ogni giorno in tanti purtroppo non ce la fanno e finiscono la loro fragile vita sotto le acque del Mar Mediterraneo. Ognuno la sua storia. Le storie dei rifugiati sono milioni ed ognuna merita di essere ascoltata. Celebrare la Giornata Mondiale del Rifugiato ha il senso profondo del rendere onore al loro coraggio e a noi serve per ricordarci di quanto è importante cominciare a costruire la memoria di tutto ciò: la storia di quel bambino con i capelli rossi, il piede rotto da mesi e mai un lamento; di L. che fugge dalla Siria con i suoi 3 figli; della signora di 107 anni e del suo ultimo viaggio per baciare il figlio in Germania. E anche per allacciare a queste storie altre storie di accoglienza, generosità ed empatia, delle decine di donne e uomini impegnate ogni giorno, con le lacrime agli occhi, a dare un primo sollievo. La misura della dignità nel mondo in cui viviamo. Non dobbiamo mai pensare che siano abbastanza, l'empatia, la solidarietà, perché il modo in cui si saprà dare accoglienza e rifugio segnerà la misura della dignità della società in cui viviamo. Le vite dei nostri figli saranno sempre più legate alle vite di figli di rifugiati ed è importante, e mi riferisco soprattutto all'Italia, che si costruisca una conoscenza e una memoria del nostro Paese come luogo in cui trovare protezione ed essere accolti con dignità. Continuiamo quanto iniziato con Mare Nostrum e i salvataggi in mare, iniziativa autonoma lanciata all'indomani dei naufragi di Ottobre 2013, più di 60.000 vite umane in salvo quando tutto il mondo lanciava grida di dolore e sdegno; non fermiamoci qui, andiamo avanti, puntiamo a migliorare ancora e diamo accoglienza ben organizzata, informazioni e procedure eque e trasparenti, messaggi rispettosi e chiari. La società con gli occhi dei nuovi cittadini. In questo modo potremo rispondere alla crescente intolleranza, alla disumanizzazione dei rifugiati, al loro rifiuto con i fatti, i risultati e l'esempio di chi ce l'ha fatta ed è felice di provare quella meravigliosa sensazione di poter finalmente contribuire ad una democrazia con partecipazione e responsabilità: guardare la nostra società con gli occhi di nuovi cittadini entusiasti per la loro nuova vita ce la farà amare sicuramente di più. * Carlotta Sami è la portavoce dell' Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati UNHCR
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Droni, si dimette Dave Vos, capo del Project Wind di Google
MOUNTAIN VIEW - Si è dimesso Dave Vos , il capo del progetto Wing di Google, che prevede la consegna di pacchi tramite droni a guida autonoma. Lo rivela MarketWatch, secondo il quale Vos ha deciso di andersene dai laboratori segreti di Google X per "perseguire nuove opportunità". In un comunicato Project Wing spiega che "Dave ha contribuito a costruire una solida base di cultura aeronautica nell'intero tam, portando il nostro progetto a un livello in cui si è in grado di eseguire missioni di consegna end-to-end , ripetutamente e in modo sicuro. Siamo grati per i contributi di Dave e gli auguriamo buona fortuna per il futuro". Project Wing è stato recentemente autorizzato a consegnare i burritos Chipotle all'interno del campus Virginia Tech, laddove i droni hanno volato per qualche centinaio di metri dal camion dove venivano cucinati i burritos al luogo di consegna dove aspettavano gli studenti. Insomma dei veri e propri fattorini volanti. Vos, che ha concluso la sua esperienza a Google dopo circa due anni, ha un dottorato in Aerospace Dynamics al Massachusetts Institute of Technology. Ha lavorato anche con la Federal Aviation Administration. Al posto di Vos nel progetto droni subetrerà temporaneamente Astro Teller , il Ceo che dal 2010 guida i laboratori di Google X che, oltre al Project Wing, includono Google Glass, l'auto senza guidatore, Google Contact Lens, Project Loon - che sta lavorando sull'utilizzo di palloni d'alta quota per fornire l'accesso a Internet nelle zone rurali e remote - e Makani, un progetto per generare energia eolica con i cosidetti "aquiloni di energia"
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Trovata morta Chyna, prima wrestler a battersi con gli uomini
Ai tempi della Attitude era era uno dei personaggi più conosciuti del circuito Wwe, prima donna a combattere anche contro gli uomini. All'anagrafe era Joanie Laurer, ma era conosciuta come Chyna . È stata trovata morta nella sua stanza da letto, nella casa in cui abitava a Redondo Beach, in California. È stato il suo agente a confermare la notizie, quando le cause del decesso ancora non sono chiare. La polizia sta seguendo diverse piste, tra cui quella di una possibile overdose , perché la Laurer era da tempo tossicodipendente e perché sul suo corpo non ci sono tracce di violenza. Dopo avere abbandonato il circuito del wrestling aveva posato per Playboy , sfruttando la fama che si er guadagnata e finendo sulla copertinadel celebre magazine. Si era poi avvicinata al mondo dell'hard quando un suo video privato finì in rete. Era poi diventata una attrice di film a luci rosse.
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Maturità 2014, l'ultimo esame della "vecchia era"
Al via gli ultimi esami di maturità ante riforma Gelmini. I 500mila studenti italiani che stanno affinando la preparazione in vista dell'ultima fatica del percorso scolastico saranno gli ultimi a cimentarsi con i vecchi programmi. Il prossimo anno entra a regime la riforma voluta dall'ex ministro di Leno e con essa partiranno i nuovi programmi per tutte le discipline dell'ultimo anno della scuola superiore. Quest'anno, invece, le prove scritte saranno ancora differenziate in base alle centinaia di sperimentazioni antecedenti il riordino operato dal governo Berlusconi: più di 400 in totale. Ma, dall'anno scorso, è in vigore il cosiddetto plico online e le scuole riceveranno le "buste virtuali" attraverso il web, semplificando di parecchio le procedure che prevedevano il recapito delle buste presso i provveditorati agli studi - ora uffici provinciali - la consegna qualche giorno prima delle prove al dirigente scolastico o a un suo delegato che li consegnava a sua volta alle forze dell'ordine o li sistemava in cassaforte in attesa della mattina del compito. Procedura che ormai, con l'avvento dell'informatizzazione, fa parte della storia scolastica. DAL PAPA A FACEBOOK, TOTOTEMA E LINK PER INFORMARSI Quest'anno, la prova di Italiano - nella consueta quaterna di opzioni (analisi del testo, saggio breve/articolo di giornale, tema storico e tema di attualità) offerta dalla riforma Berlinguer del 1998 - si svolgerà mercoledì 18 giugno. La seconda prova scritta - Greco al classico, Matematica allo scientifico e Lingua straniera al liceo linguistico - è programmata per giovedì 19 giugno. E lunedì 23 giugno sarà la volta della terza prova: quasi sempre sottoforma di test a domande aperte, chiuse o nella tipologia mista. Ma prima occorre superare l'ultimo scoglio: l'ammissione agli esami, che scatta con la sufficienza in tutte le discipline. Il calciatore, l'attrice e gli scrittori: la loro notte prima degli esami. L'anno scorso, furono 4,5 su cento coloro che non riuscirono ad approdare agli esami, costretti a ripetere l'anno. In metà delle regioni e province autonome italiane - 9 su 21 - le lezioni termineranno sabato 7 giugno. E studenti e prof stanno raccogliendo i voti delle ultime interrogazioni. Gli studenti abruzzesi saranno invece gli ultimi a lasciare i banchi di scuola: l'ultima campanella suonerà lunedì 14 giugno, a pochissimi giorni dalla prova di italiano della maturità. Gli studenti e le loro famiglie, dopo la pubblicazione delle commissioni, sono intanto alla frenetica ricerca notizie su commissari esterni e presidenti. IRONIA E PAURA SUI SOCIAl e l'ashtag #maturita2014 Mentre i ragazzi, oltre a perfezionare la tesina che con cui apriranno il colloquio, si stanno attrezzando con i bigliettini che hanno accompagnato le maturità di quasi tutti i loro genitori e nonni. Pascoli e i dieci anni di Facebook tra le tematiche più gettonate nel tototracce che impazza su internet e nei social network. Ma, nonostante le raccomandazioni contenute nell'ordinanza ministeriale sugli esami di stato del secondo ciclo e il rischio di essere esclusi dall'esame, l'uso del cellulare è contemplato da una fetta considerevole di studenti. I quali, il giorno dell'esame, portano due cellulari a scuola: uno da consegnare alla commissione e l'altro per collegarsi ad internet in cerca di qualche aiutino.
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Il Pdl in fuga: i sondaggi lo danno al 27%
Lo stacco, poi la fuga. Ora che la sinistra sta capitolando, stretta tra i famelici tifosi delle tasse e i violenti manettari che spalleggiano le procure politicizzate, il partiti di Silvio Berlusconi stacca i democratici e vola. Nelle intenzioni di voto , secondo quanto emerge da un sondaggio realizzato da Swg per Agorà Estate , il Pdl è in testa con il 27%. Rispetto ad una settimana fa, il partito di Berlusconi allarga il divario con il Partito democratico che, logorato dalla lotta per la leadership della segreteria del partito e penalizzato dalle politiche economiche all'insegna di rigore e tasse, è calato di ben due punti. La compagine guidata da Guglielmo Epifani si attesta così al 23,5%. Ormai i mesi in cui Pierluigi Bersani aveva iniziato la corsa per prendersi Palazzo Chigi contando su percentuali rassicuranti sono lontani. Giorno dopo giorno gli elettori toccano con mano l'inaffidabilità dei democrat. I consensi persi dal Pd vengono, invece, guadagnati dal Movimento 5 Stelle che registra un boom nei sondaggi. I pentastellati sono infatti saliti di un punto e mezzo passando dal 18,5% al 20%. In calo anche la fiducia nei confronti del governo presieduto da Enrico Letta : nei giorni del suo insediamento, a inizio maggio, era al 43%, oggi è crollata al 26%. Una discesa costante, ormai da alcune settimane. "È l’effetto della vicenda kazaka - ha segnalato il presidente di Swg, Roberto Weber - e per la prima volta hanno manifestato maggiore fiducia nell’esecutivo gli elettori di centrodestra rispetto a quelli di centrosinistra" .
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Siria, l'allarme degli archeologi: "Distrutti siti di rilevanza storica"
Non c'è solo il dramma umano , ma anche quello culturale . A parlarne è il professore Paolo Matthiae , direttore della Missione archeologica della Sapienza di Roma in Siria, al quale si deve la scoperta del sito di Ebla, che afferma: " La situazione è assolutamente tragica in ogni senso, soprattutto sul piano umano ma è altrettanto drammatica sul piano culturale". "La situazione è diversa da regione a regione - aggiunge -: dove il controllo del paese è ancora totale, siti importantissimi come quello di Ugarit, sul mare, sono intatti perchè lì sono rimasti i guardiani. Dove invece il controllo è andato completamente perduto e anche i ribelli non sono in grado di controllare i siti, la situazione in certi luoghi è assolutamente disastrosa, in altri sta diventando ogni giorno più grave ". Matthiae, oggi a Firenze ospite del Salone internazionale dell'archeologia "TourismA", traccia il quadro della situazione in Siria, dove forze governative e fazioni islamiste si contendono il territorio e la sua ricchezza immensa di storia e cultura. " Per esempio, Apamea, che è una delle grandi città dell'età imperiale romana ", spiega l'archeologo, " oggi è un colabrodo, con scavi clandestini selvaggi e sistematici. Dura Europos, che è un altro dei grandi tesori della Siria tardo-antica, è ugualmente oggetto di scavi clandestini sistematici gravissimi. Mari ha cominciato ad essere oggetto di gravissimi saccheggi. E Ebla, dove la nostra università ha cominciato a scavare nel 1964, comincia adesso ad essere saccheggiata. Noi l'abbiamo lasciata nel 2010 e la situazione all'inizio era abbastanza sotto controllo. Oggi la situazione è difficilissima, non è solo l'Isis ma sono Al Qaeda e al-Nusra che appena possono si uniscono all'Isis. In altri luoghi importanti, come Rakka, finchè c'è stato il controllo del regime i siti non hanno avuto danni. Da quando è diventata praticamente la capitale dell'Isis la situazione è assolutamente drammatica, la statuaria importante assira e aramaica è stata distrutta intenzionalmente. Oggi farò vedere delle immagini di un caterpillar che abbatte queste statue di basalto e le massacra, come atto di iconoclastia e di sfregio delle culture politeiste anteriori alla fede dell'Islam" . Ogni attività archeologica è completamente interrotta dalla primavera del 2011. Matthiae aggiunge che: " Pur in una situazione difficilissima del Paese, la direzione generale delle antichità di Damasco cerca di esercitare un certo controllo sui maggiori siti archeologici se questi sono ancora nelle mani delle forze del regime. Un elemento importante è che la direzione generale delle antichità e il ministero della Cultura di Damasco, cosa per noi singolare, collaborano con almeno alcune delle forze di opposizione per la protezione del patrimonio culturale. Questo significa che non vogliono e non riescono a collaborare con l'Isis e con forze analoghe. Nel frattempo, le missioni archeologiche che lavoravano in Siria si dedicano intensamente allo studio dei materiali aspettando un tempo in cui chi ha lavorato fino al 2010 in Siria, con un'accoglienza generosa e liberale delle autorità della Siria, possa rientrare nel paese e naturalmente allora non si tratterà di scavare ma si ricostruire". Qualche ora fa si è diffusa una ulteriore notizia, che però non è stata confermata. Un' esplosione , causata dai miliziani dello Stato islamico, avrebbe fortemente danneggiato la moschea più antica della provincia irachena di Anbar, situata nei pressi della città di al Baghdadi, nella parte occidentale del paese. A riferirlo sarebbero state fonti della sicurezza locale, precisando che i jihadisti avrebbero utilizzato ordigni esplosivi improvvisati. La moschea era stata costruita circa 1400 anni fa, al tempo del califfo Omar ibn al-Khattab.
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India-Pakistan, scontri al confine tra le due potenze nucleari: 12 morti
ISLAMABAD - E' di almeno 12 civili morti l'ultimo bilancio degli scontri scoppiati la notte scorsa al confine tra India e Pakistan tra le truppe dei due Paesi eterni rivali ed entrambi dotati di armi nucleari. Teatro delle ostilità, diversi punti della frontiera lungo la cosiddetta Linea di Controllo (Loc, che divide la regione contesa del Kashmir), all'altezza delle zone di Sialkot (nella provincia pakistana del Punjab), Harpal, Chaprar e Sucheetgarh. Le Forze Armate pakistane hanno denunciato l'uccisione di otto pakistani, tra i quali una donna e suo figlio, a causa del fuoco delle truppe indiane nei pressi di Sialkot. In un comunicato si precisa che il numero dei feriti è di circa 50 persone, per la maggior parte donne e bambini. Le forze indiane hanno denunciato la morte di quattro civili indiani, compresa una donna, in scontri lungo il confine provvisorio tra la zona del Kashmir amministrata dall'India e quella sotto il controllo del Pakistan. Un ufficiale coperto da anonimato, citato dall'agenzia di stampa Dpa, ha accusato i Ranger pakistani di aver utilizzato colpi di mortaio e armi automatiche per colpire le guardie di frontiera indiane (Bsf). Il ministero degli Esteri di Islamabad ha convocato il diplomatico indiano in Pakistan, T.C.A. Raghavan, per protestare contro "l'aggressione", mentre il capo di Stato Maggiore delle Forze Armate, Raheel Sharif, ha parlato di un attacco "vile". Preoccupazione è arrivata dal premier pakistano Nawaz Sharif. Immagini trasmesse dalle tv pakistane mostrano varie case distrutte da colpi di mortaio e muri colpiti da proiettili. I media pakistani hanno anche documentato la fuga di centinaia di persone. India e Pakistan hanno annullato la scorsa settimana un incontro previsto tra i responsabili della Sicurezza Nazionale. Resta confermato per ora, invece, il vertice previsto a Nuova Delhi dal 9 al 13 settembre tra i capi dei Ranger e delle guardie di frontiera indiane. I due Paesi - che dal 1947 hanno combattuto tre guerre, due delle quali per l'annessione del Kashmir - si scambiano regolarmente accuse di violazioni del cessate il fuoco concordato nel 2003 per contenere le tensioni legate all'annosa disputa per la regione himalayana. Oggi l'India ricorda i 50 anni dalla guerra del 1965.
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Brennero, "No al muro contro i migranti": fermato e poi rilasciato uno degli organizzatori italiani
Getti di spray al peperoncino, qualche strattone, e un fermo, uno degli organizzatori della protesta, oggi alla frontiera del Brennero, durante la manifestazione dei centri sociali per la libera circolazione di tutti e contro la costruzione di barriere per scongiurare l'arrivo dei profughi. Alla manifestazione hanno aderito Sel e Rifondazione comunista ed erano presenti alcuni parlamentari. Il settimanale Spiegel: Merkel confida nella chiusura del Brennero I manifestanti sono arrivati con cinque pullman e sono entrati in territorio austriaco per poco più di trecento metri, dove erano schierati più di 300 agenti della polizia austriaca, con scudi, manganelli e spary urticanti. Uno spiegamento di forze tanto massiccio per cercare di evitare i disordini che si erano creati nella manifestazione del 3 aprile, a seguito dei quali erano rimasti feriti due agenti austriaci. Ma neanche gli organizzatori della mobilitazione volevano incidenti e, dopo aver sconfinato per un paio di centinaia di metri, sono subito rientrati in tranquillità in territorio italiano. Uno degli organizzatori della manifestazione è stato però fermato e condotto in caserma senza motivi apparenti. Si tratta di Gianmarco De Pieri, volto noto tra gli antagonisti bolognesi , ed è stato bloccato dalla polizia austriaca proprio mentre i manifestanti, in tutto circa 300, stavano rientrando pacificamente in territorio italiano. E' stato preso per le spalle e trascinato via da un gruppo di agenti. Poco dopo però è stato rilasciato, ed è già sulla via del ritorno per Bologna. Ferma la condanna di Nicola Fratoianni di Sinistra italiana, coordinatore nazionale di Sel, presenta alla marcia. "Come testimoniano le immagini e i resoconti dei giornalisti presenti, l'iniziativa delle forze di polizia austriache che in maniera immotivata hanno fermato uno degli organizzatori della marcia di oggi al Brennero, mentre parlava al microfono e la manifestazione pacifica si stava sciogliendo, è un fatto grave e di cui dovranno risponderne nelle sedi opportune". E intanto sta raccogliendo migliaia di firme l'appello al cancelliere austriaco Werner Faymann per "interrompere subito la realizzazione del muro al Brennero e di avviare un dialogo con l'UE per trovare soluzioni politiche", promosso, tra gli altra da Progressi, Arci e Consiglio Italiano Rifugiati.
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Gf, la rivelazione choc del Ken italiano: "Mentre ero nella Casa mi hanno derubato, mi hanno svuotato il conto"
A una settimana di distanza dalla fine del Gf Nip , Angelo Sanzio, conosciuto al grande pubblico come il Ken italiano ha fatto una rivelazione choc: "Quando ero nella Casa mi hanno svuotato il conto". A rivelarlo è Leggo.it . Il sito scrive che mentre Angelo Sanzio era chiuso nella casa di Cinecittà sono stati fatto prelievi continui dal suo conto per un totale di 1440 euro. Come ha spiegato il Ken italiano, al momento dell'entrata al Gf Nip ha lasciato tutti gli effetti personali alla produzione Endemol Italia: telefonino, documenti, portafoglio, denaro e il bancomat. Ed è proprio con il bancomat che il suo conto è stato svuotato. "Prima di entrare nella Casa del Gf - ha raccontato il Ken italiano - i concorrenti vengono portati per 4 giorni in hotel e affidati ad una persona che prende tutti gli effetti personali, sigillandoli in una busta gialla. Ho lasciato anche le mie carte di credito, convinto che venissero custodite in cassaforte". E così è stato, ma in mezzo deve esserci stato un intoppo. Come scrive Leggo.it , infatti, tra il 15 aprile ed il 22 maggio 2018 (giorno dell'eliminazione dal programma) sono stati effettuati prelievi continuati per un totale di 1400 euro. Angelo Sanzio ha fatto la terribile scoperta per caso. Mentre era in un negozio per fare degli acquisti, voleva pagare con il bancomat, ma gli è stato respinto. Così l'ex concorrente del Gf ha chiamato la banca e ha fatto l'amara scoperta: "Signore, ma lei sul conto ha solo 3,90 auro, cosa vuole da noi?". Da qui Angelo ha iniziato a insospettirsi, ha stampato l'estratto conto e ha notato l'anomalia: i prelevamenti sono avvenuti mentre lui era nella Casa. Ora i carabinieri che stanno seguendo il caso dovranno analizzare tutti i filmanti degli sportelli dove sono avvenuti i prelievi col bancomat del ragazzo e provare a dare l'identità al ladro. Angelo ha subito avvertito la produzione che si è detta sconvolta per l'accaduto. Insieme, infatti, stanno cercando di ricostruire cosa è successo perché "la cassaforte che custodisce gli effetti personali non è accessibile nemmeno agli addetti ai lavori".
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David Bowie, la prima incisione all'asta per 40mila sterline
La prima incisione di David Bowie è stata battuta all'asta nel Regno Unito per 40mila sterline (45mila euro). La registrazione risale al 1963 quando il Duca Bianco aveva appena 16 anni, era conosciuto come David Jones e cantava nella sua prima band, The Konrads. Il singolo, I never dreamed fu rifiutato dalla Decca. Il giovane David Robert Jones prima di Bowie: ecco i Konrads La demo registrata da Bowie 55 anni fa, era stata ritrovata in una vecchia cesta per il pane da David Hadfield, all'epoca batterista e manager dei Konrads. L'incisione è stata battuta dalla casa d'aste Omega Auctions, specializzata in musica, con un valore iniziale di 10mila sterline e aggiudicata a 39.360 sterline. Schizzi promozionali realizzati da Bowie, fotografie e documenti del gruppo sono stati inoltre venduti per 17.130 sterline (19.235 euro), mentre un poster dei Konrads datato 1963 è stato venduto per 6.600 sterline (6.737 euro). L'artista, morto nel 2016 , ha lasciato poco dopo la band e ha raggiunto la celebrità con il nome di David Bowie sei anni dopo, nel 1969, con Space Oddity . Tra gli altri articoli battuti all'asta anche un album firmato dai Led Zeppelin, venduto per 14mila sterline (15.720 euro) e una canzone di Jimi Hendrix scritta a mano, del 1970, che ha raggiunto la somma di 10.800 sterline (12.127 euro).
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Dopo la morte di Bimba, il web sfoga il suo odio contro lo zio Miguel Bosé: "Punito così perché gay"
Lunedì 23 gennaio, Eleonora Salvatore, in arte Bimba Bosé , è morta a Madrid dopo una lunga lotta contro il cancro . Dopo una serie di messaggi di cordoglio e di affetto, però, sui social network è successo qualcosa di assurdo: alcuni utenti hanno iniziato a definire la morte dell'artista come un castigo divino per lo zio Miguel Bosé . Ma vediamo bene cosa è successo. Bimba aveva 41 anni. È stata una modella, una stilista, una cantante, una dj, insomma, un'artista a tutto tondo. Era anche nipote del celebre cantante Miguel Bosé. Ma da anni Bimba lottava contro un terribile cancro al seno che alla fine ha avuto la meglio su di lei. Ad annunciare la sua morte era stato proprio lo zio Miguel che su Twitter aveva scritto: " Buon viaggio, mia complice, mia compagna, amore mio, figlia amatissima". Immediatamente, la notizia aveva fatto il giro del mondo e migliaia di persone avevano voluto spendere sui social qualche parola per ricordare Bimba Bosé. Ma dopo innumerevoli messaggi di affetto, stima e amore, ecco comparire messaggi scandalosi: i messaggi degli haters sono stati così tanti da diventare l'argomento più discusso della giornata. "Voglio credere che la morte di Bimba Bosé sia un castigo divino per Miguel Bosé perché Dio odia gli omosessuali ", ha scritto un utente su Twitter. Dopo questo messaggio, diverse persone hanno iniziato a scrivere una serie di cattiverie che in parte non riporteremo. Un tale risponde al pensiero precedente dicendo: " Buon viaggio verso dove? L’unico viaggio sarà tre metri sotto terra con il suo corpo putrefatto". I messaggi di questo genere sono tantissimi. Ma non è finita qui. Per non passare inosservati, c'è anche chi ha inventato un vero e proprio hashtag di omofobi, #ataquesBimbaM4 , per bombardare il profilo di Miguel Bosé, per invitarlo a "pentirsi dei suoi peccati". Tra i tanti commenti vergognosi e scandalosi ne trascriviamo soltanto uno per farvi capire fino a che punto si sono spinte queste persone. Rivolgendosi a Miguel Bosé un utente scrive: " Vecchio frocio, dove verrà sepolta quella pu*** di Bimba? Voglio stuprare il suo cadavere canceroso". Dopo questa serie di parole così grave e offese così vergognose, le autorità giudiziarie spagnole hanno deciso di analizzare tutti i messaggi offensivi e valutare se ci siano gli estremi per una indagine.
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"Uscire dall'euro fa paura ai centri di potere italiani"
Solo a sentir parlare di Italexit, ovvero di divorzio dall'euro così come prospettato da uno studio di Mediobanca, gli viene l'orticaria. «Non siamo mica gli inglesi, un popolo forte abituato a lottare per le proprie idee. Noi siamo un popolo che sale sul carro del vincitore e appena può tradisce». Guido Roberto Vitale, una vita spesa nel mondo della finanza, dalla Mediobanca cucciana al lungo soggiorno in Euromobiliare, dal transito in Lazard e Rcs fino alla creazione della Vitale&Co, non alza di mezzo tono la voce. Ma è pungente e va dritto al bersaglio quando tira in ballo l'ingovernabilità tricolore associata alla scarsa produttività e alla fatica nel fare le riforme necessarie. Dottor Vitale, perché è meglio restare nell'euro? «La moneta unica è destinata a durare perché l'Europa va verso un rinascimento». In che modo? «Mettendo insieme i sei Paesi che hanno fondato l'Europa e gli altri sei che formano il nucleo centrale dell'Europa. Tutti gli altri devono far parte di un'area tipo Nafta che consenta loro di commerciare con l'Ue. L'Italia non può fare la Svizzera in mezzo al Mediterraneo». Eppure l'Europa sta continuando a dare prove di debolezza «Sono d'accordo. Ecco perché bisogna ripartire da un'Europa più piccola, più omogenea culturalmente. E per far questo abbiamo bisogno di un unico ministero delle Finanze e un unico esercito. Con un'industria militare comune avremmo un assorbimento di manodopera specializzata straordinario». È un progetto che richiede tempi lunghi. Abbiamo tutto questo tempo? «È sufficiente fare le riforme che servono a rendere moderno il Paese, così da recuperare 10 punti di Pil: a cominciare da quella del mercato del lavoro e della Pubblica amministrazione. È un problema di produttività. E di pensioni pagate a gente che non le ha guadagnate». La riforma Fornero non ha rimediato a queste incongruenze? «Infatti: è una riforma così seria che è sempre sotto tiro». Lo studio di Mediobanca individua altri problemi: l'elevato debito pubblico e la scarsa crescita negli ultimi 15 anni. «Appunto: troppo pochi quelli che lavorano, troppi scioperi e poche riforme. Senza dimenticare il governo: ne occorre uno stabile, in grado di essere un attore quasi di pari grado con Germania e Francia quando fra due anni si ridiscuterà del futuro dell'Europa». Una stabilità che, storicamente, sembra impossibile... «Solo nei primi anni del dopoguerra abbiamo avuto un esecutivo forte e duraturo, poi la situazione è degenerata. Se continuiamo così conteremo come Malta». Bastano le riforme e un governo stabile per aggredire la montagna del debito? «La Guardia di Finanza ha stimato in 109 miliardi le tasse non pagate. Recuperando 50 miliardi si comincia a rimborsare il debito pubblico, con gli altri si modernizzano le infrastrutture, costruendo per esempio case anti-sismiche». Il Tesoro avrebbe potuto fare di più in un periodo in cui c'è lo scudo Bce? «Certamente. Negli ultimi 24 mesi avrebbe dovuto allungare di più la vita media del debito con l'emissione di titoli a 40-50 anni per importi robusti». Ma quando Draghi cambierà rotta saremo in grado di sostenere il peso del debito? «I tassi di interesse andrebbero al 15% se usciamo dall'euro. Dobbiamo capire che non si deve svalutare, ma lavorare. Non mettiamo a posto i conti con l'Italexit». Non è che i poteri forti si stanno accorgendo che l'euro li danneggia? «Non ho mai visto né grandi vecchi, né burattinai. Ci sono piccoli centri di potere e un Paese che non si è dato istituzioni moderne in grado di invogliare i detentori di capitali a diventare capitalisti». Mediobanca sta difendendo un mondo che rischia di sparire? «Le sue considerazioni potrebbero non essere infondate».
repubblica
Vieni avanti, Cremlino!
Chi come il sottoscritto abbia in passato sostenuto il Partito Comunista Italiano e la sua missione mimetica, consistente in settant'anni di adesione assoluta, leale, intangibile alla democrazia, col solo scopo di avviare una rivoluzione a sorpresa e trasformare San Marino e il Vaticano in Paesi del Patto di Varsavia, non può che essere sinceramente grato al compagno Paolo Savona, attualmente Ministro contro le Politiche Europee, che ha finalmente disvelato la raffinata strategia cui l'Italia si voterà una volta usciti dalla moneta unica: farci invadere dalla Russia. La sola ipotesi di finire nelle mani di un ex comandante del Kgb, per noi bolscevichi, è più eccitante di un video di Wanda Nara priva di indumenti. Cioè di un qualunque video di Wanda Nara. Tanto più che ci ritroviamo a fianco tutti i "bandierini" dei social, che spesso si proclamano fascisti ma finalmente stanno per raggiungerci verso la dittatura del proletariato, illuminati dal sole dell'avvenire. Al compagno Savona mi permetto perciò di suggerire da subito alcune riforme accessorie che dovrebbero stabilizzare gli eventi e garantirci quella robusta corazza dittatoriale che tanto bene ha fatto all'economia russa. Assumere il controllo dell'informazione pubblica, nominando ai vertici della tv di Stato un uomo di provata fede. Screditare tutte le fonti di informazione non allineate attraverso campagne di diffamazione coordinate sui social network. Sfruttare le tragedie per nazionalizzare d'imperio interi settori dell'economia. Indirizzare la coscienza popolare contro nemici creati in vitro (esempio ipotetico: gli immigrati) millantando emergenze smentite dai dati. Cogliere il consenso del popolo demonizzando ogni altra forza politica e attribuendogli i propri comportamenti (un caso di scuola: l'aver ricevuto finanziamenti dal gruppo Autostrade). Semplificare linguaggio e azioni badando bene a mitigare l'autoritarismo con qualche concessione propagandistica. Vellicare l'individualismo e la sfiducia nella democrazia per meglio giustificare l'imminente uomo forte. Giustificare ogni fallimento, difficoltà, imperizia, con complotti provenienti dall'esterno, meglio se orditi da non da Stati sovrani ma da entità intangibili. In casi estremi, ribattere a ogni insuccesso con la frase "Sì ma il Pd invece?". Una volta compiuti tutti questi passi, tutto sarà più semplice e potremo finalmente festeggiare con un caffè alla cicoria da 150.000 lire in un bar del centro. Porque el pueblo, unido, ya ha sido vencido.
ilgiornale
Juve, vince la neve. Dalla bolgia alla bufera
Dalla bolgia (acustica) alla bufera (meteo) è stato un soffio, dieci minuti calcistici vissuti nell'atmosfera della steppa. E tutti fermi. Si riprova oggi, partendo dal minuto in cui Galatasaray e Juve si sono fermate. Per l'arbitro mancavano venti minuti a chiudere il primo tempo. Anche se il cronometro dice che le squadre si sono fermate dopo 27 minuti e 45 secondi (ma per alcuni cronometri erano di più e su quello dello stadio segnava 31'), la palla era già di un bel rosso da giochi per asilo infantile, il campo bianco, le strisce scomparse, la capacità visiva dei giocatori ridotta e la pazienza dell'arbitro Proença ormai al limite. Istanbul aveva promesso bolgia e sofferenza alla Juve. In realtà la bolgia era superabile, il Galatasaray forse, la neve è stata molto più forte, invincibile, irrefrenabile. I metereologi ci avevano visto bene, avendo previsto la perturbazione che, fra l'altro, è stata profetizzata anche per oggi. Ma il campo riscaldato prometteva di dare una mano ai giocatori e le folate di neve che, nelle ore precedenti la partita, si erano alternate a momenti di tregua, lasciavano pensare che il calcio, il pallone e il loro santo protettore l'avrebbero fatta franca. Per venti minuti è stato così: partita un po' freddina anche dal punto di vista del bel giocare, squadre impegnate in un calcio marmellata dove tutti stavano appiccicati a tutti, Juve molto indietro quasi passiva per un buon dieci minuti fin al momento in cui Llorente ha agganciato un pallone in area e rischiato di bucare Muslera. Ecco, chissà, in quel momento forse le stelle hanno temuto per la squadra di casa. La tormenta di neve che stava già infiocchettando il campo della Turk Telecom Arena ha cominciato a farsi violenta. Drogba, per primo, ha chiesto all'arbitro di cambiare pallone. «Non si vede niente», gli ha fatto capire a gesti. Chiellini si è adeguato. Il gioco è ripreso per qualche minuto, ma poi l'arbitro ha pensato alla regolarità della partita, al diavolo gli interessi televisivi che l'Uefa difende sempre scrupolosamente. Proenca ha interrotto, parlottato con i giocatori, spiegato che era almeno necessario liberare le linee delimitanti il campo, magari segnarle di rosso come si usa quando scende la neve. La neve di Istanbul, fra l'altro, pareva pioggia ghiacciata ma con una certa consistenza, quasi truciolosa, non certo fiocchi che si perdevano sul terreno. Ritrovare un bianco manto è stata questione di minuti. Sul tabellone segnava appunto il minuto 31, ma l'arbitro aveva già previsto cinque minuti di recupero sennò sarebbe stato impossibile rigiocare la partita il giorno dopo. Oltre la mezzora il match andava a data da destinarsi. Proenca ha fatto rientrare le squadre negli spogliatoi, ha atteso mezzora chiedendo un po' di clemenza al tempo. Inutile! Non appena il campo era stato dignitosamente sgombrato, la neve ha ricominciato a cadere con dispettosa impudenza. A quel punto l'arbitro portoghese, rispuntato dagli spogliatoi, ha aperto le braccia in inequivocabile gesto di sconsolazione ed ha confidato all'assistente: «Penso sia impossibile continuare a giocare». Detto e fatto. La Juve era stata accolta dai fischi, ha finito cercando i fiaschi. Come direbbe un telecronista: di the caldo. Oggi la replica, si spera fino in fondo. La partita, non solo la neve, ha detto che sarà dura.
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Gf, incidente sexy per Mariana: la canottiera si sposta e mostra il seno
Dopo l'uscita dalla casa del Gf Nip di Baye Dame, gli animi dei concorrenti non sembrano essere più tranquilli, anzi. Gli scontri continuano, i complotti pure, anche se i toni sono decisamente cambiati. Ma la casa del Gf non è soltanto questo perché i suoi protagonisti sanno anche dare momenti di divertimento e di grandi emozioni al pubblico. E tra un Filippo che parla della scomparsa del padre, un Luigi che sente la mancanza della sua Patrizia, c'è pure una Mariana Falace che inciampa in un piccolo incidente sexy. La bellissima concorrente del Gf , infatti, ieri sera era seduta in salotto con Luigi Favoloso e Lucia Bramieri, i tre stavano parlando della loro vita fuori dalla Casa, quando la canottiera di Mariana si è spostata più del dovuto e ha mostrato quello che non avrebbe dovuto mostrare. La scollatura generosa ha così fatto vedere il seno della ragazza che purtroppo non si è accorta di nulla e per diverso tempo è rimasta in quella stessa posizione. Il particolare, però, non è sfuggito agli attenti telespettatori che hanno subito immortalato la scena andata in onda su Mediaset Extra intorno alle 22. Insomma, anche in questa edizione del Gf è arrivato il primo incidente hot...
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Israele alza il velo sul sottomarino "anti Iran"
Quando il 29 giugno i bagnanti di Eilat (Mar Rosso) hanno visto levarsi dalle onde la sagoma di un sottomarino israeliano, hanno pensato ad un miraggio. La sua fotografia, subito rilanciata su un sito di questioni militari, é stata inizialmente ritenuta un fotomontaggio. Ma poche ore dopo sarebbe venuta la conferma: un sottomarino israeliano aveva effettivamente lasciato il porto di Haifa, era passato dal canale di Suez con l'assenso egiziano ed aveva partecipato ad esercitazioni nel Mar Rosso, per poi rientrare alla base. L'episodio ha destato un grande interesse a livello internazionale. Alcuni analisti hanno affermato che esso dimostrerebbe un crescente coordinamento israelo-egiziano, in funzione anti-Iran. In un eventuale conflitto fra Israele e Iran proprio i sommergibili, secondo gli esperti, potrebbero svolgere un ruolo di primo piano. Ieri, in un incontro con la stampa estera nella base della marina militare di Haifa, un'alta fonte militare ha detto che quell'attraversamento del canale di Suez non è stato il primo. E cosa poteva dire di altre informazioni secondo cui di recente anche una corvetta lanciamissili Saar 5 era stata avvistata nel mar Rosso? "Il Mar Rosso - ha risposto, in termini generali - é per noi un'area di operazione che dobbiamo studiare e dove svolgiamo attività di routine". La marina israeliana, afferma il Centro di studi strategici di Tel Aviv (Inss), dispone di tre sottomarini di produzione tedesca: 'Dolphin' (delfino), 'Leviathan' (balena) e 'Tkuma' (risurrezione). Ad essi se ne aggiungeranno in un prossimo futuro altri due, pure di produzione tedesca. La consegna dei primi tre, avvenuta nella seconda metà degli anni Novanta, fu vista come un gesto di riparazione della Germania verso Israele per aver assistito l'industria bellica del presidente iracheno Saddam Hussein. Si tratta, viene spiegato a Haifa, di sottomarini 'high-tech' che uniscono il meglio delle conoscenze marine accumulate dall'industria tedesca con le più recenti elaborazioni israeliane nei sistemi di navigazione, di comunicazione e di Esm (mezzi di sostegno elettronico). Nascosto dietro ad occhiali da sole in cui si rispecchiano il porto di Haifa e il monte Carmelo, il comandante di uno dei sottomarini spiega che, se necessario, il Dolphin può procedere a centinaia di metri sotto il livello del mare. Ne va molto fiero: ha partecipato ad esercitazioni con altre marine militari, dando sempre ottimi risultati. Accenna ai due sommergibili che spuntano dall'acqua, lunghi 60 metri, ne decanta i "sonar eccellenti", i sofisticati periscopi, il tubo "shnorkel" per il rifornimento di aria pura. Per un mezzo da combattimento così formidabile occorre un equipaggio fuori dal comune: una cinquantina di uomini, volontari, addestrati per un anno in specializzazioni diverse come elettronica, navigazione, ingegneria, utilizzazione delle armi. L'aspetto psicologico è prioritario: "Devono essere - elenca - intelligenti, tranquilli, non aggressivi". Accade che per settimane non vedano la luce del sole. Entrare nel sottomarino non è possibile. Fotografarlo, nemmeno. E le informazioni della stampa estera sulle sue asserite capacità non convenzionali ? "Abbiamo missili Harpoon americani e torpedini tedesche" risponde l'ufficiale, per poi sprofondare in abissi di discrezione.
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Argentina, incriminazione respinta per la "presidenta" Cristina Kirchner
RIO DE JANEIRO - Con una doppia mossa affidata alla magistratura e al Parlamento, la presidente argentina Cristina Fernández de Kirchner chiude l'inchiesta sull'attentato al centro ebraico Amia di Buenos Aires (18 luglio 1994, 85 morti) e abolisce il servizio segreto, il Side, creato nel 1946 dal generale Juan Péron, attivissimo durante la dittatura militare e sopravvissuto alle tante riforme varate durante il ritorno alla democrazia nel 1983. Il giudice federale Daniel Rafecas ha infatti dichiarate infondate tutte le accuse formulate nel poderoso dossier (210 pagine) dal sostituto procuratore Alberto Nisman e formalizzate quattro giorni prima che fosse trovato morto in circostanze misteriose nel suo appartamento alla periferia nord della capitale argentina. Secondo Nisman, la presidente, il ministro degli Esteri Hector Timerman e altri dirigenti e funzionari governativi, si erano attivati per depistare le indagini sull'attentato e avevano coperto gli autori e i mandanti iraniani siglando un accordo commerciale con Teheran che prevedeva l'invio di carne e grano in cambio di petrolio e armamenti. Le accuse si basavano su centinaia di intercettazioni telefoniche e di migliaia di documenti. Il magistrato le aveva sintetizzate in un rapporto che avrebbe dovuto presentare in Parlamento il 19 gennaio scorso. Ma il giorno prima, una domenica, dopo aver chiesto ad un suo collaboratore di portagli una pistola calibro 22, è stato trovato cadavere nel bagno della casa in cui viveva. La presenza dell'arma vicino al corpo e di un foro sulla tempia destra lasciavano pensare ad un suicidio. Tesi che la stessa presidente aveva subito avallato con un improvvido commento postato su Facebook ma poi ritrattato quando i primi rilievi cominciarono a sollevare una serie di indizi contrastanti: la traiettoria del proiettile non era compatibile con il suicidio, non c'erano tracce di polvere da sparo sulle mani della vittima. Ancora oggi non si sa se Alberto Nisman si sia suicidato o se invece sia stato ucciso. L'intera Argentina non ha dubbi: è convinta che qualcuno abbia premuto quel grilletto e si sia liberato di un accusatore ingombrante. Un vero incubo per quelle generazioni che hanno avuto a che fare con mille misteri e mille trame durante la criminale stagione dei desaparecidos. Il caso, ovviamente, ha arroventato il clima nel paese e i sospetti si sono appuntati su diversi personaggi. Tra questi, l'uomo forte dei servizi di intelligence Antonio Horacio Stiuso, silurato nel dicembre scorso dalla presidente Krichner e sospettato di aver avuto un ruolo decisivo nella controversa morte del magistrato. Il Capo dello Stato lo ha indicato tra i possibili mandanti del suicidio-omicidio con una tesi piuttosto ardita: Nisman serviva da vivo per incolpare il vertice del governo e da morto per trasformarlo nel martire di un sistema compromesso. La scomparsa di Nisman non ha chiuso comunque le indagini. Sono state ereditate dal sostituto procuratore Gerardo Pollicita che, a sua volta, ha sostenuto l'impianto del collega e ha presentato formalmente la richiesta di incriminazione nei confronti della presidente e del ministro degli Esteri. Il fascicolo è finito davanti al Tribunale e il giudice Rafecas ha deciso di respingere la richiesta di aprire un procedimento. "Nessuna delle ipotesi delittuose sostenute", scrive il magistrato nella sua ordinanza di archiviazione, "sono minimamente sostenibili. Perché non sono stati commessi i reati ipotizzati e perché gli stessi reati sono inesistenti. Tutto questo inibisce l'avvio stesso di un procedimento penale". La Procura potrà adesso proporre appello. Ma, a meno di nuovi copi di scena, è difficile che sia accolto. Nelle stesse ore il Parlamento approvava in via definitiva un decreto governativo che aboliva l'attuale Servizio segreto in attesa di costituire una nuova agenzia di intelligence . I poteri investigativi, di raccolta delle prove, di intervento, sono delegati alla Procura generale. Una concentrazione che ha provocato la protesta delle opposizioni. Sia sul piano formale che sostanziale. Il Procuratore generale è considerata una persona molto legata alla maggioranza della Krichner e il suo ruolo nell'attività di intelligence metterebbe in crisi l'equilibrio tra i diversi poteri dello Stato.
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Zoe Cristofoli, l'influencer del momento
Si chiama Zoe Cristofoli la giovane influencer che sta catturando l'attenzione della rete e dei follower di Intagram , grazie alla sua innegabile bellezza e a una forte passione verso l'inchiostro sulla pelle. La ragazza è una grande appassionata di tatuaggi , con cui ha sapientemente ricoperto molti centimetri del suo corpo. I ricami di inchiostro nero sottolineano la sua bellezza, supportata anche da una fisicità sexy e al contempo elegante. Zoe Cristofoli è molto seguita e i suoi suggerimenti commerciali riescono a solleticare l'interesse dei follower. Ma la sua fama si è amplificata anche grazie a una recente storia d'amore estiva, nata in sordina ma balzata in poco tempo agli onori della cronaca. La giovane è stata la compagna di Fabrizio Corona , per soli due mesi ma intensi e coinvolgenti. A riconferma della loro unione è stata pubblicata una foto sulla bacheca dello stesso Fabrizio, dove i due erano in posa per uno scatto. Una storia intensa ma purtroppo fugace, come ha confermato lei stessa durante una diretta telefonica con Mattino 5, condotto da Federica Panicucci. A quanto pare a interrompere il tutto è stata la scoperta di un messaggio sul telefonino dell'amato. Questo ha spinto Zoe Cristofoli a chiudere, a malincuore, con l'uomo, certa che non ci potranno essere appelli e ripensamenti. La giovane però spera di poter conservare l'amicizia con Nina Moric , a cui è molto legata, e con il figlio dei due Carlos. Zoe Cristofoli, le immagini più sexy
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Genova, la mail del ComuneLe scuole e i presidi avvisati soltanto ad alluvione finita
"Porterò per sempre le vittime di questo disastro sulla coscienza, la responsabilità ce la prendiamo tutti e io per prima". Dopo aver incassato la solidarietà del segretario Pd Pierluigi Bersani, il sindaco di Genova Marta Vincenzi fa sapere di non aver la minima intenzione di cedere alle richieste di dimissioni che le sono piovute addosso. Eppure quanto è successo nel capoluogo ligure grida giustizia. Ed è così che, proprio nel giorno in cui di celabra il funerale di una delle vittime dalla alluvione, il Secolo XIX svela il contenuto di una mail inviata alle 15.35, quando il nubifragio si era già portato via la vita di sei persone, proprio per raccomandare alle scuole di "custodire gli alunni anche oltre il normale orario scolastico". Svista o errore? La causa poco importa. Resta il drammatico fatto: sei persone sono morte perché l'amministrazione non è stata in grado di adottare misure efficaci per evitare la tragedia. Non a caso il Secolo XIX parla di "comunicazione-beffa" che aggiunge un nuovo tassello alla polemica sulla mancata chiusura delle scuole. Molti i genovesi che, nel fine settimana, hanno chiesto a gran voce le dimissioni del primo cittadino per non aver chiuso le scuole nonostante l'allerta maltempo fosse stata lanciata da diversi giorni. Di fronte alla contestazione dei cittadini che le chiedevano un passo indietro, la Vincenzi aveva ammesso: "Avrò per sempre quei morti sulla coscienza". Ma, nonostante la bagarre, restava la ferma intenzione di andare avanti. "Lasciare la città in queste condizioni - aveva detto, ieri, la Vincenzi - sarebbe vergognoso". Nella difesa del proprio operato anche la circolare che l'amministrazione comunale avrebbe inviato alle scuole il giorno prima della tragedia. Ma il quotidiano genovese parla, senza mezzi termini, di "laconico preavviso dello stato di allerta". Poi la mail "beffa", spedita quando la tragedia si era già consumata, quando i parenti delle vittime già stavano piangendo la perdita dei propri cari, quando la violenza dell'alluvione era già scemata e i vigili del fuoco lottavano contro il Bisagno e i suoi torrenti in piena. Insomma, il peggio era ormai già accaduto. E sul terreno erano rimasti sei cadaveri. Una comunicazione che, tra l'altro, la stragrande maggioranza delle scuole non sarebbe riuscita a leggere perché "le linee internet erano in tilt". Secondo la prima stima fatta dall’assessore alla Protezione civile della Regione Liguria Renata Briano, "superano i duecento milioni di euro i danni ai privati provocati dall'alluvione di Genova". A Marassi, nella chiesa di Santa Margherita, è stato celebrato il funerale di Angela Chiaramonte, l'infermiera 40enne che ha perso la vita venerdì scorso travolta dalla furia del Fareggiano. Bandiere a mezz’asta e un momento di raccoglimento, con sospensione delle attività lavorative, a mezzogiorno: il capoluogo ligure ha celebrato così la giornata di lutto cittadino per le vittime. E, mentre prova (a fatica) ad andare avanti, sono stati piannti i morti. Toccante la testimonianza del figlio di Angela, il 14enne Domenico Sanfilitto che, insieme al fratello di 19 anni Stefano, al termine della messa funebre, che ha voluto personalmente ringraziare tutti i presenti: "Mia madre sarà per sempre il mio eroe, è morta per salvarmi, per salvare me".
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Tenta di rapinare una donna, ma lei si difende con una testata
A Milano un uomo ha tentato di rapinare una cinquantacinquenne, ma la donna ha reagito, colpendolo con una testata. Pensava sarebbe stato un colpo facile: spaventare una signora di mezza età, rubarle la borsa e fuggire. Un colpo tanto facile da poter essere fatto in pieno giorno, nell'atrio di un condominio. Ma qualcosa è andato storto. Sì, perché la signora, una badante romena di cinquantacinque anni, non si è lasciata intimidire e ha reagito . L'uomo, un ragazzo marocchino di ventinove anni, già noto alle forze dell'ordine per alcuni reati, aveva seguito la sua vittima fin nell'androne di un palazzo di Milano , con l'intento di rapinarla. Il fatto è avvenuto intorno alle 14 di venerdì pomeriggio, in un condominio di via Federico Faruffini, in zona De Angeli, a Milano. Quando il ladro ha tentato di aggredire la donna, lei si è difesa, dando una testata in pieno volto al suo aggressore, che è rimasto parzialmente stordito. A quel punto, il ventinovenne ha cercato di reagire, prendendo la badante a morsi, ma gli altri condomini, attirati dalle urla, sono intervenuti e hanno immobilizzato il ragazzo. I carabinienri sono arrivati sul posto successivamente e hanno arrestato il malvivente.
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"Aiutatemi, sono profugo...". Porte in faccia dalle chiese
Bussate e vi sarà aperto. Mica tanto. L'appello del Papa alle parrocchie per accogliere una famiglia di profughi qui, a Milano, deve fare i conti con un nemico insuperabile: la burocrazia. Per dare rifugio ai rifugiati, infatti, non basta la volontà «sacra» dei preti, ma ci vogliono anche i permessi «profani» degli apparati comunali. Autorizzazioni che, al momento, non ci sono. E difficilmente potranno esserci in futuro, considerato le chiese dotate di ambienti idonei per dare alloggio ai migranti sono pochissime. Del resto anche Consiglio episcopale diocesano presieduto dal cardinale Angelo Bagnasco è stato chiaro: no ad iniziative personali di accoglienza dei migranti da parte di parroci, direttori di santuari o istituti religiosi in attesa delle direttive della Prefettura che stabilirà modi, tempi e numeri per rispondere all'emergenza in atto. Anche per questo nel nostro tour tra le parrocchie della città - nelle «vesti» di un profugo a caccia di ospitalità - ci siamo imbattuti in tanta solidarietà che però non si è mai tradotta in una vera e propria accoglienza. Il viaggio della speranza comincia dalla parrocchia di San Girolamo Emiliani in via don Calabria. Con una coperta addosso e le infradito ai piedi ci sediamo sulle scale del sagrato. Dopo pochi minuti una signora ci porta un panino e ci invita a parlare con il parroco: «È una persona di cuore, qui vicino ci sono le stanze dell'oratorio. Vedrai che un posticino per te riesce a trovarlo...». Ma il cancello dell'oratorio è chiuso e il parroco «non é in sede». Ci spostiamo nella vicina parrocchia di San Leone Magno in piazza Udine (adiacente al convento dove abita Suor Cristina, la famosa cantante), ma qui una monaca ci dice di «non aver ricevuto dai superiori nessuna disposizione a riguardo». Dal Vicariato non risulta infatti essere partita nessuna «circolare» ufficiale per i preti in tema di «accoglienza dei profughi». Decidiamo di volare alto e «bussiamo» addirittura al portone della chiesa più importante di Milano: il Duomo. Ma qui non riusciamo neppure a entrare. Un addetto alla sorveglianza (con a fianco un poliziotto e un soldato) ci allontanano consigliandoci di «rivolgerci alla Caritas». Eppure, all'indomani dell'appello del Pontefice, il cardinal Scola era stato tra i primi a dire che le «sue» chiese avrebbero aperto le porte ai migranti. Percorriamo tutto corso Vittorio Emanuele e arriviamo dinanzi alla chiesa di San Babila. Qui, all'ingresso del tempio, a dirci di «andar via é però il rom “titolare” dell'area del sagrato sottoposta evidentemente anch'essa al rigido controllo del racket del l'elemosina. Risaliamo sul metrò e raggiungiamo la chiesa di San Francesco in zona De Angeli. Chi meglio dei discepoli del poverello di Assisi potranno aiutare un poverello venuto da lontano? Speranza vana. Il sagrestano usa modi spicci e dice che, «al massimo può darci qualche abito usato», ma di ospitarci non se ne parla minimamente: «Anche volendo, non abbiamo posto». Una refrain che si ripete anche nelle altre tre chiese (due in zona Fiera e una a Lampugnano) cui ci rivolgiamo. A fine giornata (avendo raccolto solo la miseria di un panino «solidale» e di qualche straccio usato) incontriamo don Luigi, giovane aiuto parroco della parrocchia in zona Giambellino. Lui, riguardo l'appello del Pontefice, ha una tesi particolare: «Guarda che le parole di Francesco sull'accoglienza ai rifugiati, più che a noi uomini della chiesa, che già facciamo tanto per i bisognosi, sono rivolte provocatoriamente al mondo della politica: che finora é stato alla finestra, ma che resta l'unico che ha gli strumenti reali per affrontare efficacemente il problema. Tutto il resto é demagogia».
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Il mini Aventino dei parlamentari a Cinque Stelle
La decisione della Cassazione di anticipare al 30 luglio la sentenza sul Cavaliere, nel processo per i diritti Mediaset, fa scoppiare una durissima polemica in parlamento. Il Movimento 5 Stelle non manda giù la decisione di sospendere, per un giorno, i lavori alla Camera e al Senato. "Ci togliamo giacca e cravatta per dimostrare che questo parlamento non è più quello per cui siamo stati eletti" . Con questo gesto dimostrativo, Vito Crimi , insieme ai colleghi pentastellati, conclude l’intervento nell’aula del senato per protestare contro lo stop dei lavori. Il capogruppo M5S a Palazzo Madama, Nicola Morra , rincara la dose: "Proprio nel giorno in cui ci rechiamo al Quirinale per sollecitare un intervento del presidente di Repubblica che riconsegni al Parlamento la sua centralità prevista dalla Costituzione, i partiti del modello unico hanno bloccato i lavori d’aula su richiesta di Schifani e Brunetta per le note vicende giudiziarie di un noto senatore latitante da queste aule (ad oggi 99,72% di assenze a Palazzo Madama). Siamo sconcertati, il Parlamento è al servizio dei cittadini o di un singolo senatore assenteista e sotto processo?". Anche alla Camera va in scena la protesta dei deputati del Movimento 5 Stelle ( guarda il video ). Alla fine del voto, i deputati dell’M5S scendono nell’emiciclo e si piazzano davanti ai banchi del Pd e del comitato dei Nove. I grillini danno il meglio di sé urlando: " Venduti, servi ". A quel punto si scaldano gli animi. Un parlamentare grillino si avvicina minaccioso a Piero Martino (Pd) e si sfiora la rissa. In soccorso di Martino arrivano diversi colleghi, tra cui Emanuele Fiano, e ha inizio un lancio di fascicoli sui grillini. Non mancano gli spintoni e solo l’intervento dei commessi evita la rissa. La presidente Boldrini interrompe i lavori e lascia il suo scranno. La sua condotta, considerata troppo blanda, provoca non pochi malumori tra i deputati del Pd: "Avrebbe prima dovuto fermare la bagarre e identificare i provocatori, poi sospendere la seduta" , spiega un democratico, "non si lascia l’Aula in quella situazione". Subito dopo il voto dell’assemblea della Camera approva lo slittamento dei lavori parlamentari a domani mattina. Per tutta risposta i deputati M5S inscenano un sit-in davanti all’ingresso principale di Montecitorio. Si siedono tutti per terra e protestano, a gran voce. Lasciando Montecitorio l’ex capogruppo Roberta Lombardi dice: "Vergogna. Andiamo fuori da questo posto fetido".
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"Siamo morti": la reazione dei genitori del killer di Noemi
"È finita, siamo morti". È questa la reazione dei genitori del ragazzo 17enne arrestato per aver ucciso Noemi Durini dopo avre appreso a " Chi l'ha visto? " della confessione del figlio. "Hanno trovato la ragazza", dice l'inviata. "Sono contento!", dice il padre del fidanzato. "Morta - aggiunge Paola Grauso -. E Lucio ha confessato". L'uomo scoppia in lacrime e urla: "Hanno creato un mostro, e il mostro se lì è mangiati". Poi, davanti alle telecamere intervine la madre: "Se sai qualcosa parla, gli dicevamo. Indagavano pure il padre. Non sapeva nulla, ha sempre ripetuto. È finita, ora siamo morti, morti. Contenti?". Sempre a "Chi l'ha visto?" il padre del ragazzo aveva parlato della vicenda e della scomparsa della ragazza: "È è entrata in casa mia ben accetta come la fidanzatina di mio figlio, circa un anno fa. Dopo neanche un mese, invitata a una festa qua vicino con mio fratello, ha piazzato un casino della madonna contro una ragazza chiamata Rebecca. Per gelosia. Mi ha detto 'ti devo fare impazzire'. Mi ha detto di tutto 'drogato, coglione'. Ho tollerato tutto per amore di mio figlio. Una notte, al mio rifiuto di chiamare sua madre per dirle che rimaneva qui a dormire, lei due notti dopo è entrata dalla finestra, si è nascosta nell'armadio e nottetempo è andata a dormire con mio figlio. Era fine gennaio". Poi ha aggiunto: "Quella ragazza è cresciuta in mezzo alla strada da quando aveva 12 anni - continua -. Aveva un bagaglio d'esperienza molto più grande di mio figlio, era lei che comandava nel gruppo. Una volta mi chiamano dalla scuola: 'Guardi che li ho visti con i miei occhi, la ragazza ha assalito suo figlio e lui è tutto graffiato'. Era lei che picchiava lui. Addirittura gli diceva di scannarci. Aveva trovato i soldi da dare a un certo tipo per comprare una pistola per spararci. Era tutt'altro che una brava ragazza. Era una ragazza cresciuta allo stato brado". Dopo queste parole è arrivata la notizia della confessione del figlio. L'ultimo atto di questa tragedia leccese.
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Spunta una tassa al giornoIrpef sulle borse di studio:la rivolta dei giovani medici
C'è chi su quesi soldi, su quell borsa di studio garantita per quattro anni di specialità, conta per pagare il mutuo. E c'è pure chi con quei soldi manda avanti una famiglia con figli. Proprio per questo i due giorni di sciopero indetto dai giovani medici e il sit in che si terrà davanti a Montecitorio non hanno alcun significato politico. Settimana prossima gli specializzandi in medicina protesteranno, infatti, contro un emendamento del testo di conversione del decreto fiscale che introduce l’Irpef sulle borse di studio percepite dai medici in formazione specialistica, dottorandi, e corsisti in medicina generale. In questi tempi di crisi economica e di ricette tecniche, sembra spuntare una tassa al giorno. Per finanziare la Protezione civile, in caso di calamità il carburante aumenterà di 5 centesimi: il balzello scatterà solo dopo la richiesta di stato di emergenza. Quella sui carburanti è, infatti, solo una delle ultime "trovate" del governo Monti per far cassa e appianare i conti pubblici. Nei giorni scorsi si era addirittura ventilato un balzello sugli sms, i messaggi istantanei inviati coi telefoni cellulari. Come se l'Imu, i rincari sulle tasse locali e l'aumento dell'Iva non bastassero a gravare sui risparmi degli italiani. E adesso il governo prova a mettere mano anche sulle borse di studio degli specializzandi in medicina . Un nuovo balzello che, tabelle alla mano, arriverebbe a decurtare lo stipendio di circa un quarto del suo valore. Una stangata mica da ridere, insomma. A mobilitare i giovani medici spingendoli a indire due giorni di astensione dal lavoro sono stati il Segretariato italiano giovani medici (Sigm) e la Confederazione nazionale degli specializzandi (Federspecializzandi). Lunedì e martedì prossimi niente attività assistenziali e di ricerca. L’emendamento, già approvato a Palazzo Madama, introdurrebbe l’obbligo di tassazione su borse di studio, assegni e sussidi per studio o addestramento professionale, da chiunque corrisposti, superiori a 11mila e 500 euro all’anno. Per uno specializzando in medicina si parla appunti di 300 euro mensili in meno qualora la tassazione venisse confermata. In Italia, ha spiegato in una intervista all' Ansa il presidente del Sigm Walter Mazzucco, sono circa 25mila i giovani medici che verranno colpiti da questa tassaa. Tantissimi ospedali universitari si reggono, infatti, sul contributo dei medici in formazione. Strutture che, nelle due giornate, rischiano seri disagi. "Il governo - spiega Mazzucco - deve correggere questa disposizione in occasione del passaggio alla Camera affinché la norma non finisca per produrre effetti travolgenti sul futuro del nostro servizio sanitario" . Il Pdl ha già espresso il proprio sostegno agli specializzando in medicina invitando l'esecutivo a fare marcia indietro sulla nuova tassa. "Non è possibile - interviene la deputata Annagrazia Calabria - vivere in un Paese dove ormai non si fa che parlare di giovani e dove invece i giovani sono la categoria più colpita" .
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Gli spermatozoi ci diranno quanto siamo inquinati
BARCELLONA - L'idea è utilizzare gli spermatozoi - anziché l'analisi del sangue - per misurare l'impatto dell'inquinamento sulla salute dell'uomo. Attraverso una chiave di lettura più precoce, predittiva e accurata rispetto al sangue. E i dati riportati da uno studio italiano al congresso Eshre (la società europea di riproduzione umana ed embriologia) sono allarmanti e inequivocabili: tra gli spermatozoi di chi vive nella Terra dei Fuochi e quelli di chi abita in zone non inquinate c'è un abisso. Che l'inquinamento possa danneggiare la fertilità maschile non è una novità, e tanti studi lo confermano. Mentre il progetto Ecofoodfertility continua a lavorare per indagare e misurare l'impatto degli inquinanti ambientali sulla salute degli spermatozoi. "Nel lavoro presentato qui ad Eshre - precisa Luigi Montano, Urologo e andrologo alla Asl di Salerno e coordinatore del progetto - abbiamo confrontato 222 maschi, omogenei per età, stile di vita (non fumatori), indice di massa corporea, provenienti da due zone della Campania: la terra dei fuochi, ad alto impatto ambientale, e la zona del Sele, nel Salernitano, poco inquinata. Notando nel seme, e non nel sangue, differenze significative in termini di bioaccumulo di metalli pesanti, in particolare cromo, insieme a danni per lo stress ossidativo, riduzione degli enzimi antiossidanti, allungamento dei telomeri spermatici e danni al Dna degli spermatozoi. Questi dati, con altri in via di pubblicazione, indicano che nel seme prima che nel sangue si può avere una misura di quanto pesi l'inquinamento sulla salute umana. E come si possa utilizzare quindi lo studio del seme come biomarcatore per il monitoraggio ambientale di chi vive in zone ad alto impatto ambientale". Ovviamente quello del biomonitoraggio è il primo passo per individuare le zone ad alto rischio ambientale e soprattutto quanto l'inquinamento impatti sulla salute di chi vi abita, anche su quella riproduttiva. Il passaggio successivo dovrebbe essere la bonifica dei territori. "Un dato oggettivo e indiscutibile può aiutare a intervenire subito - continua Montano, che ha lavorato ad Acerra - e il progetto mira infatti a studiare gli spermatozoi di chi vive in altre aree inquinate del paese, Gela, Piombino, Taranto. Usando il seme maschile come indicatore precoce dello stato di salute dell'ambiente e della popolazione". Anche di quella futura, visto che il danneggiamento degli spermatozoi potrebbe rendere più vulnerabili i nuovi nati. Inquinanti a parte, il tema della prevenzione è come sempre centrale. Sono infertili più di 50 milioni di coppie nel mondo e poco si fa per tutelare la propria fertilità sin da giovani evitando comportamenti che la danneggiano, come fumo e droghe, eccesso di alcol, poco sonno e stress, alimentazione scorretta, troppo ricca in grassi animali e povera di frutta e verdura.
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Monaco, più spazio ai ricchi. Il principato si allarga in mare
Mangiarsi il mare perché la terra è finita. Il progetto del principe Alberto di Monaco più che ambizioso è futurista. È il sogno che diventa realtà, oltrepassa limiti e ostacoli per «mangiarsi» il mare. Strappare 300mila, 350mila metri quadrati all'acqua. Obbiettivo: allargarsi che c'è troppo poco spazio. Troppi milionari che aspettano di prendere la residenza. Più del 30 per cento dei 38mila residenti officiali di Monaco sono milionari. Un fazzoletto per pochi ma non abbastanza. In coda ci sono altri 2.700 super ricchi che pazientemente aspettano di ottenere il permesso di residenza. Ma lo spazio è finito. E le stime sono tutte in salita. E allora dove metterli? Eccola l'idea. Se non si può in altezza allora ci si estenderà verso il mare. La nuova zona si chiamerà Porter Cove e sarà pronta per il 2025, un progetto per 2 miliardi di euro. Oggi il principato si estende su una superficie di circa 2 chilometri quadrati che ospitano circa 40 mila abitanti. L'idea è di estendere il territorio alle spalle del Casinò di circa 6 ettari, che possano ospitare mille abitazioni e alcuni spazi pubblici, 3,5 chilometri di coste, 7,4 chilometri di passeggiata pedonale, 3,3 di pista ciclabile, 1100 alberi piantati: sono questi i numeri del primo faraonico progetto pensato per ingrandire il principato di Monaco. Sono anni che Alberto di Monaco accarezza il sogno, già prima della morte del padre, un'idea rivoluzionaria, che sarebbe già dovuta partire nel 2007 poi la crisi ha fatto rallentare tutto. Oggi il progetto è finalmente entrato in una fase nuova: dragare e pulire il fondo delle acque territoriali davanti a Monaco. Si parte. Ma non solo. Alberto ha deciso che la sua nuova Monaco avrà un'anima ecologica. Tanti alberi e verde. Sarà una seconda città dotata di ogni comfort e lusso, standard elevatissimi sui quali Monaco ha sempre puntato. Oggi un appartamento oscilla già tra i 50 e i 100 mila euro al metro quadrato. Dopo lo sviluppo in occidentale, non mancherà quello in verticale, con un'unica parola d'ordine: lusso ovunque, negozi e ristoranti, a cinque stelle per offrire essattamente quello che i multimilionari chiedono. La progettazione della nuova Montecarlo è affidata - manco a dirlo - a progettisti e architetti di fama mondiale: Daniel Libeskind, architetto polacco naturalizzato statunitense, tra i principali esponenti del decostruttivismo e Arata Isozaki, architetto giapponese, che ha realizzato, tra le altre cose, la Sala concerti di Kyoto e la Casals hall di Tokyo. Nel Principato di Monaco un residente su tre è un milionario. Terra promessa di banchieri, giocatori di calcio, piloti di Formula Uno, petrolieri, uomini d'affari, attori. Qui si concentra la maggior parte dei «Paperoni de' Paperoni». Che il regno dei Grimaldi fosse un paradiso per ricchi è cosa risaputa ma che fossero davvero così tanti non lo si poteva immaginare. Popolazione variegata, tra i monegaschi anche, francesi, italiani, e poi russi, arabi, americani. Ora, grazie al mega progetto Monaco avrà anche spazio. L'unica cosa che fino ad ora è mancato al Principato. Ma i sogni con un bel po' di capitale diventano realtà.
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Troppe cose non vanno in quel "Sant'Agostino". Lo dicono i documenti
Era dal 28 settembre dell’anno scorso che esperti ed appassionati del Caravaggio attendevano di vedere il Sant’Agostino scoperto in collezione privata spagnola dalla professoressa Silvia Danesi Squarzina. La storica dell’arte ne aveva parlato alla Galleria Borghese, alludendo a un legame dell’inedito con la Collezione Giustiniani. E tutti, sapendo che proprio la pubblicazione per Einaudi degli inventari della famiglia di origine genovese è l’opera che ha occupato tanti anni della vita della studiosa, hanno pensato, ancor prima di vedere il dipinto, che la nuova attribuzione fosse inattaccabile. Ora che l’immagine è stata resa nota, e con essa la debolezza e la qualità incerta del quadro (rimarcata ieri su queste pagine da Vittorio Sgarbi), occorre riprendere in mano i documenti, che ci raccontano alcune cose che la Danesi Squarzina si è curiosamente dimenticata di riportare. È vero che un Sant’Agostino compare nell’inventario del marchese Giustiniani del 1638. Per la precisione, viene annotata la presenza di «Un quadro d’una mezza figura di Sant’Agostino depinto in tela alta palmi 5.1/2. Larga 4.1/2 in circa (di mano di Michelangelo da Caravaggio) con sua cornice negra». Subito dopo però viene citato: «Un altro quadro Simile di mezza figura di San Girolamo dipinto in tela alta palmi 5.1/2. Larga 4.1/2 in circa (di mano di Michelangelo da Caravaggio) con sua cornice negra». Le due descrizioni sono perciò identiche, per misura, autore, supporto e persino impaginazione (mezza figura). È allora il caso di soffermarsi sul senso di quel «Simile». Il suo significato non rimanda a una somiglianza generica, ma alla presenza di due opere che costituiscono un pendant, ossia una coppia di opere di identica fattura e formato, commissionate assieme. Tanto più se, come sostiene la Danesi Squarzina, a compilare una prima stesura dell’inventario è stato in prima persona Vincenzo Giustiniani, raffinatissimo collezionista, che arrivò (record assoluto) a possedere certamente più di dieci opere di Caravaggio, e che non avrebbe mai potuto scambiare per una coppia due dipinti che avessero solo una qualche somiglianza. Se è vero infatti che il presunto Sant’Agostino riemerge solo adesso, il San Gerolamo è stato identificato nel 1974 da Maurizio Marini in un dipinto conservato nel museo del monastero catalano di Montserrat. Il problema è che i due quadri in questione non costituiscono affatto una coppia. Sulle dimensioni potremmo anche esserci, perché il Sant’Agostino misura 120x99, mentre il San Gerolamo è 118x81, però potrebbe essere stato decurtato. Ma la tela di Montserrat è una sorta di punto mediano tra il San Giovanni Battista di Kansas City, di cui riprende la postura, e il San Gerolamo della Galleria Borghese, due dipinti collocati unanimemente dalla critica nel 1605. Il Sant’Agostino invece, se mai fosse di Caravaggio, per questioni stilistiche non potrebbe superare il 1600, come ammette la stessa Danesi Squarzina. Che razza di pendant sarebbe allora, quello composto da due dipinti di epoca diversa, in cui la postura dei personaggi è differente, e differenti sono gli attributi (Sant’Agostino ha a lato il cappello cardinalizio, San Girolamo no, l’uno ha i libri e l'altro è senza Vulgata)? E che dire poi, per tornare allo stile, dell’incompatibilità della tavolozza, del modellato, della resa prospettica, e soprattutto del trattamento della luce? Con tutta evidenza uno dei due quadri è un «intruso». Ma il San Gerolamo, proprio per la sua evidente tangenza alle opere certe dell’ultimo periodo romano del Caravaggio, resta infinitamente più convincente. Naufraga così l’ennesimo tentativo di arricchire il catalogo del Merisi, in nome di quella Caravaggite imperante che, in presenza di due o tre elementi fissi (la luce che piove in un ambiente buio e disadorno, i tratti veristi dei personaggi, una vaga compatibilità con la tecnica dei suoi seguaci) vede spuntare nuovi presunti autografi ogni tre/quattro mesi, molto spesso sostenuti da firme di grandi studiosi. Ciascun esperto di Caravaggio ha ormai almeno un dipinto a suo dire assolutamente autentico, che tutti gli altri in pubblico - noblesse oblige - approvano, salvo poi smentire seccamente se interrogati in separata sede. La realtà è che, al di là degli entusiasmi domenicali, le «belle scoperte» latitano. E a ingrossarsi è solo il numero delle cantonate accademiche.
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Tragedia a Latina, muore bimbo schiacciato da un armadio
Tragedia familiare in un appartamento di Campoverde, in provincia di Latina. Un bambino di 6 anni è rimasto schiacciato sotto un pesante armadio ed è morto. Il piccolo si trovava a casa del nonno, dov'erano in corso alcuni lavori di ristrutturazione: giocando ha urtato il mobile che lo ha travolto. Inutile la corsa all'ospedale di Aprilia, dove il piccolo è arrivato già privo di vita. Sulla vicenda indagano i carabinieri. Il dramma si è verificato intorno alle 14. Il bambino risiedeva, con la famiglia, nel Comune di terracina.
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Miss Italia avvistata con un calciatore
Era rimasta per qualche tempo lontana dalle luci della ribalta, ma il gossip l'ha ritrovata sulla neve delle Dolomiti. La bellezza nazionale di Alice Sabatini è stata paparazzata infatti da Chi con Kevin Bonifazi , calciatore del Torino in prestito al Benevento. Anche l'ex ragazzo di Alice era un calciatore, ossia Leonardo Brenci dell'Olbia. Dopo l'incoronazione della reginetta di bellezza, però, la relazione è finita e Alice è tornata single, aprendo la speranza a tutti gli italiani che si sono innamorati di lei durante il contest per Miss Italia . Non si sa se i due, Sabatini e Bonifazi, abbiano una relazione o la loro sia semplicemente un'amicizia, sebbene molto tenera a giudicare dagli scatti: quel che è certo è che si divertono a sciare, sebbene dalle immagini non appaiano troppo esperti. E poi grandi sorrisi e selfie: la vacanza di Miss Italia 2015 sembra decisamente divertente. Lontana dai riflettori e soprattutto dalle critiche, Alice torna una semplice ragazza della sua età, che si rilassa dopo i tanti servizi di moda dell'ultimo periodo. Alice Sabatini sarà ricordata probabilmente come la miss delle polemiche: durante l'elezione di Miss Italia ha affermato, destando grande scalpore, che le sarebbe piaciuto vivere durante la Seconda Guerra Mondiale . Alice Sabatini, immagini
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Ucraina, polizia sfonda le barricate dei manifestanti europeisti
KIEV - Notte di tensione e violenze della polizia contro i manifestanti europeisti. La polizia ucraina da ore sta cercando di sfondare le barricate in piazza Maidan. I manifestanti europeisti, per adesso, oppongono resistenza cantando l'inno nazionale. Al momento, ci sono almeno un migliaio di poliziotti in assetto antisommossa arrivati in piazza Maidan (dell'Indipendenza) dalla via dove c'è la sede del Governo ucraino. Gli agenti hanno attaccato le barricate, mentre circa 4000 manifestanti hanno bloccato loro la strada e quindi l'accesso alla piazza. Tra i manifestanti ci sono persone armate di mazze e bastoni. Dal palco la cantante Ruslana ha invitato i dimostranti alla calma. "Questa è una manifestazione pacifica, commettete un crimine!", ha urlato dal palco, contro la polizia, la cantante che ha vinto l' Eurovision Song Contest 2004. Piazza Indipendenza, noto anche come Maidan, era già stata il simbolo della rivoluzione arancione del 2004 che aveva portato al potere il partito pro-europeo, sconfitto poi nel 2010 da Viktor Yanukovich. Il presidente ucraino ha denunciato "gli inviti alla rivoluzione", che "minacciano la sicurezza nazionale". In un gesto distensivo verso l'opposizione, invece, ha annunciato che avrebbe chiesto il rilascio dei manifestanti arrestati dopo gli scontri con la polizia durante una manifestazione di massa il 1 ° dicembre. Ha anche detto che una delegazione si recherà oggi a Bruxelles per proseguire le trattative per un accordo con l'UE. Dal canto suo, l'Unione Europa ha chiesto al governo ucraino di evitare ogni azione violenta nei confronti dei dimostranti. Kiev, la polizia contro i dimostranti pro-Ue la polizia antisommossa ha cominciato a disperdere i manifestanti con gli scudi poco prima di mezzanotte. C hiedendo ai manifestanti di mantenere la calma, gli agenti hanno attraversato le barricate poste in diverse estremità della piazza, e si sono attestati all'interno. Circa 500 poliziotti sono entrati in piazza e si sono fermati al centro. I poliziotti sono arrivati da piazza Europa, passando per viale Khreshchatyk. Sul lato da cui hanno fatto ingresso le forze dell'ordine, le ruspe hanno iniziato a smantellare le barricate, mentre sugli altri fronti i manifestanti hanno continuato a fronteggiare la polizia. Dal palco della manifestazione preti ortodossi intonano intanto canti religiosi. Nella notte, poi, la polizia ucraina ha cercato di entrare di nuovo in piazza Indipendenza anche da via Institutskaya, ingaggiando un corpo a corpo con un cordone di circa 4.000 manifestanti che si sono opposti al loro ingresso e che ha già respinto un primo attacco. Circa 500 poliziotti erano già entrati nella piazza da viale Khreshchatyk. Hanno tentato di accerchiare i manifestanti che impedivano l'ingresso agli altri agenti, ma sono stati fronteggiati - al momento pacificamente - dagli almeno 10.000 manifestanti che occupano la piazza. Intanto barricate sono state rimosse anche dal municipio in viale Khreshchatyk. Ci sono stati alcuni tafferugli, con manifestanti portati via dalle forze dell'ordine. Non si registrano, per ora, g ravi incidenti. Ma ci sono numerosi feriti tra i manifestanti che stanno fronteggiando i poliziotti in assetto antisommossa. Una dottoressa di un'ambulanza ha detto all'ANSA di aver soccorso personalmente almeno 25 persone. I poliziotti finora si sono fatti largo più a colpi di scudo che di manganello, ma alcuni scontri si sono verificati quando gli agenti hanno tentato di arrestare dei manifestanti. Il municipio e la sede dei sindacati continuano intanto ad essere occupati dagli 'europeisti'. L'ANSA ha potuto constatare che dei giovani in abiti civili scuri sono stati fatti passare dalla polizia per aiutare a portare via quello che rimaneva di una barricata. Un deputato dell'opposizione li ha accusati di essere dei "provocatori". In viale Khreshatik dei manifestanti appartenenti a un gruppo paramilitare hanno a loro volta accusato quattro giovani armati di spranghe e bastoni di essere dei "provocatori" e sono venuti alle mani con loro, poi uno dei paramilitari ha afferrato uno dei quattro per il bavero della giacca e lo ha minacciato con una pistola. La protesta era nata per il rifiuto del presidente Viktor Yanukovych di firmare, alla fine di novembre un accordo di associazione con l'Unione europea ( UE) . La polizia ha rimosso diverse tende che erano state erette dai dimostranti che devono anche fare i conti con temperature rigidissime, meno dieci gradi. "La polizia agisce in collaborazione con i servizi comunali per liberare le barricate che bloccano la strada", ha detto un portavoce della polizia nella capitale ucraina. La TV ha mostrato trattori e dipendenti comunali smantellare le barricate formate dai manifestanti, spinti dentro la piazza stessa. Le poche centinaia di manifestanti che erano presenti al momento dell'irruzione della polizia, hanno iniziato a cantare l'inno ucraino e rappresentanti dell'opposizione in piazza hanno cominciato a pregare insieme a molti dimostranti. Poi, man mano, la folla dei manifestanti si è andata ingrossando, mentre si diffondeva la voce dell'assalto della polizia. Così, nella notte, più di 10 mila persone si sono radunate nella piazza, mentre i capi dell'opposizione annunciano per oggi l'arrivo di "milioni di manifestanti". Uno dei leader dell'opposizione u craina, Arseniy Yatsenyuk, ha infatti convocato una manifestazione che coinvolgerà "milioni" di manifestanti in piazza dell'Indipendenza, luogo simbolo della mobilitazione pro-europea . "Noi non perdoniamo. Domani ci saranno milioni di persone qui e il regime dovrà cedere", ha gridato dal palco il leader del partito all'opposizione di cui fa parte anche Yulia Tymoshenko , detenuta in carcere. "I l presidente ucraino Viktor Yanukovich ha sputato in faccia all'America e ai 28 paesi della Ue". Un altro leader dell'opposizione, il pugile Vitali Klitschko , ha chiamato alla mobilitazione g li abitanti di Kiev: "Alzate la testa, cittadini, partecipate insieme a noi alla lotta", ha detto. "Solo insieme possiamo lottare per il diritto di vivere in un paese libero", ha aggiunto, chiedendo le dimissioni del presidente. "L'Ucraina si sta lentamente trasformando in uno Stato di polizia. Ho questa impressione. Non ho mai visto così tanti poliziotti in Maidan Nezalezhnosti". ha aggiunto il campione del mondo di pugilato e leader del partito d'opposizione 'Udar', commentando l'intervento di centinaia e centinaia di agenti in assetto antisommossa per sgomberare i manifestanti 'europeisti' da piazza Maidan. Klitschko ha poi aggiunto che a suo parere "in piazza ci sono circa 10.000 persone". L'operazione di polizia è iniziata dopo che il presidente ucraino aveva ricevuto per più di tre ore il capo della diplomazia della UE , Catherine Ashton . Prima del suo arrivo a Kiev, Catherine Ashton aveva espresso la preoccupazione che l'aumento della pressione di polizia poteva far "deragliare" la ricerca di una soluzione alla crisi. Il capo della diplomazia dell'Unione europea, dopo aver incontrato Yanukovich, aveva visitato Piazza Indipendenza per parlare con i manifestanti. E nella notte, in una nota diffusa alla stampa, la Ashton ha denunciato con forza l'azione "non necessaria" della polizia. Anche il segretario di Stato Usa, John Kerry , ha espresso il suo sdegno per l'azione repressiva in corso da parte del governo ucraino. "Gli Stati Uniti sono disgustati per l'uso della forza contro manifestanti pacifici - ha detto Kerry - Siamo con il popolo ucraino, siamo per il diritto a manifestare liberamente e pacificamente. Il governo di Kiev non ha il diritto di mandare contro manifestanti pacifici le forze di polizia in assetto da guerra, non ha il diritto di attentare così alle libertà democratiche e alla sicurezza dei cittadini. La vita umana deve essere rispettata. Il governo ucraino si porta tutta la responsabilità della sicurezza del suo popolo". Washington "esprime il suo disgusto per la decisione delle autorità ucraine di rispondere alla manifestazione pacifica in piazza Maidan a Kiev con polizia antisommossa, ruspe e manganelli, piuttosto che con il rispetto per diritti democratici e la dignità umana", ha detto Kerry. "Questa risposta non è né accettabile né un bene per la democrazia", ha aggiunto il segretario di Stato. Nella notte tra lunedì e martedì, la polizia aveva sgomberato i manifestanti che presidiavano barricate nel vicino quartiere governativo, interrompendo il passaggio ai rappresentanti del governo e allo stesso presidente.
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"Ab-bracciata collettiva", la maratona di nuoto per i bambini autistici
UNA NUOTATA in piscina che diventa un abbraccio a tutti coloro che soffrono di autismo e che per un giorno potranno sentire l’affetto di familiari, amici e chiunque voglia tuffarsi in acqua per dare il proprio contributo. E’ questo il senso dell’iniziativa Ab-bracciata Collettiva, la maratona di nuoto di 30 ore consecutive organizzata dalla Cooperativa Sociale ONLUS TMA Group che si svolgerà sabato 24 e domenica 25 marzo in 10 città italiane. UNA MARATONA IN ACQUA La maratona di solidarietà e sensibilizzazione per l’autismo, giunta alla sua terza edizione, si svolgerà contemporaneamente a Napoli, Roma, Milano, Firenze, Foggia, Siracusa, Treviso, Alessandria, Brindisi e Reggio Calabria, dalle 7:30 di sabato 24 marzo e continuerà, per tutto il giorno e la notte, fino alle 13:30 di domenica 25 marzo. I partecipanti potranno supportare l’iniziativa nuotando, stando a bordo vasca o anche con un contributo spontaneo a favore dei ragazzi che durante l’anno effettuano questo percorso terapeutico. I metri nuotati da ciascun partecipante rappresentano un modo per “ab-bracciare” le cause di questi bambini e delle loro famiglie. CHE COS’E’ LA TERAPIA MULTISISTEMICA IN ACQUA Ma perché pensare ad una maratona in acqua per ragazzi autistici? Perché il nuoto e l’attività in acqua offrono grandi opportunità di integrazione e di rieducazione specie se si pratica la TMA metodo Caputo Ippolito. Si tratta di una metodologia d’intervento multisistemico frutto di un lavoro ultraventennale in acqua, sviluppata specificamente per persone con disturbo dello spettro autistico. La TMA nasce con l’obiettivo di sviluppare una metodologia d’intervento globale che tenga conto degli aspetti relazionali, emotivi, comportamentali e d’integrazione sociale della persona con autismo. Il programma è inserito all’interno del contesto familiare e realizzato in ambiente naturale, la piscina pubblica, che offre un’opportunità unica di interazione e partecipazione sociale. LO STUDIO ITALIANO Di recente è stata anche pubblicata sul Journal of Autism and Developmental Disorders la prima ricerca, tra l’altro italiana, sull’efficacia della TMA (Terapia Multisistemica in Acqua metodo Caputo-Ippolito) nel trattamento dei deficit del funzionamento adattivo di bambini con autismo. I risultati della ricerca, condotta in collaborazione con il Dipartimento di Psicologia dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli (Caserta), hanno dimostrato che un programma d’intervento di 10 mesi con TMA metodo Caputo-Ippolito è in grado di produrre miglioramenti significativi rispetto a un gruppo di controllo (bambini con autismo che non hanno preso parte al trattamento multisistemico) in differenti ambiti del funzionamento adattivo, oltre che migliorare le capacità natatorie dei partecipanti. In particolare, i bambini sottoposti alla TMA hanno mostrato miglioramenti significativi nell’adattamento funzionale, nella espressione delle emozioni, nella capacità di adattamento ai cambiamenti e nel livello di attività generale. COME PARTECIPARE Alla manifestazione di domani tutti possono partecipare. Ciascuno può contribuire nuotando, galleggiando, stando in corsia per un minimo di 15 minuti insieme ai ragazzi che svolgono durante l’anno la Terapia Multisistemica in Acqua (TMA metodo Caputo-Ippolito). Per la partecipazione è prevista un’offerta libera. La somma raccolta, detratti i costi per l’organizzazione dell’evento, sarà devoluta interamente alle famiglie dei bambini con autismo che hanno meno opportunità economiche, per offrirgli la possibilità di effettuare la TMA (metodo Caputo-Ippolito) durante l’anno, così facendo si cercherà di ridurre il costo mensile che le famiglie si trovano a pagare per garantire la terapia ai propri figli. OTTOMILA CHILOMETRI DI BRACCIATE L’edizione del 2017 dell’Ab-bracciata Collettiva ha visto coinvolte 16.000 persone in tutta Italia: semplici cittadini e nuotatori professionisti, ragazzi affetti dal disturbo con i loro coetanei e familiari, operatori TMA ed educatori, che hanno nuotato 8.700 chilometri dando vita a una “due-giorni” di grande festa e di partecipazione. Le famiglie si sono sentite finalmente supportate da tanti cha hanno preso parte attivamente, a tutte le manifestazioni organizzate nelle varie città. Per info: www.terapiamultisistemica.it
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F-35 israeliani tracciati online (ma è una strategia molto precisa)
Chiunque avesse avuto accesso ad internet nelle ultime ore, avrebbe potuto seguire in tempo reale l’intera missione di un F-35 di Israele. La missione è stata monitorata integralmente su Flightradar24.com. Della missione, durata poco più di un'ora, conosciamo praticamente tutto. L’Adir, registrato con il codice esadecimale statunitense AF351F, è decollato dalla base aerea di Nevatim facendo rotta a nord di Gaza. Successivamente, sorvolando la costa israeliana, ha fatto rotta verso Haifa prima di ritornare alla base. Flightradar24.com è un sito web che monitora gli aerei commerciali e militari tramite i loro transponder ADS-B incorporati. L'ADS-B ha lo scopo di fornire un flusso costante di informazioni che consentono ai controllori del traffico aereo, agli equipaggi degli aerei ed ai governi di monitorare i voli quasi in tempo reale. L'IDF ha dichiarato che l'F-35 ha già partecipato ad almeno due missioni di combattimento in Medio Oriente, non fornendo ulteriori dettagli. Stealth non significa invisibilità Le piattaforme a bassa osservabilità come la piattaforma tattica F-35 non sono ovviamente invisibili. Un profilo stealth è concepito per ritardare il rilevamento ed il tracciamento della sorgente nemica. L’F-35 è ottimizzato contro i radar a banda X, ma potrebbe essere rilevato da sistemi che utilizzano frequenze più basse. Tuttavia le capacità di guerra elettronica dell’F-35I dovrebbero garantirgli una certa impunità anche in contesti di ultima generazione. Sebbene l'F-35I sia basato sull'F-35A dell'Aeronautica USA, non conosciamo la reale configurazione e le funzionalità degli Adir. Tel Aviv, secondo prassi consolidata, è stata autorizzata ad implementare hardware indigeno e svariati sistemi di guerra elettronica nella sua flotta F-35. Monitorare i voli online I transponder ADS-B (sistema di sorveglianza cooperativa) trasmettono sulla frequenza di 1090 MHz il segnale radio, la posizione calcolata dal GPS, l'altitudine e la traiettoria di volo alle stazioni terrestri del controllo del traffico aereo, consentendo un tracciamento preciso in tempo reale (lo scarto è in realtà di qualche secondo). I transponder Modo S trasmettono periodicamente via data link ed in maniera broadcast tutte le informazioni necessarie per localizzare un target. Dietro richiesta ufficiale, Flightradar24 rimuove dal traffico aereo rilevato i velivoli segnalati. Ciò non impedisce ad altri ricevitori o servizi web di raccogliere le informazioni. L'unica vera contromisura è spegnere il transponder così da non svelare la posizione del velivolo ad una potenziale minaccia. La tecnica della multilaterazione (MLAT) utilizza il TDOA o Time Difference of Arrival. Il target viene localizzato tramite le differenze dei tempi di arrivo del segnale emesso a più stazioni riceventi. Allineando più sensori si incrementa la precisione della localizzazione. Perchè le missioni di ricognizione sono visibili sulla rete? Durante le fasi iniziali della guerra in Libia alcuni aerei della coalizione volarono con i trasponder accesi: furono ovviamente rilevati per l'intera durata della loro missione. Il profilo di volo per i velivoli militari in missione imporrebbe un basso profilo con alcuni accorgimenti come, ad esempio, il transponder spento ed il silenzio radio con il controllo ATC. In linea di principio i velivoli a cui è demandata la ricognizione persistente non dovrebbero essere rilevabili. Tuttavia parliamo di piattaforme strategiche chiaramente visibili dalle griglie di difesa standard, senza accorgimenti per ridurre la firma radar come avviene ad esempio sui sistemi RQ-180 e RQ-170 Sentinel. Gli RC-135 statunitensi, i Tu-214R russi, i Gulfstream IV che decollano da Trapani così come i Beech B350 dell’USAF da Pantelleria alla volta della Libia (area di Tripoli e Tobruk) volano con il transponder acceso. Stessa cosa per i Poseidon P-8A per missioni nel Mediterraneo ed i Dornier C-146A diretti in Tunisia che decollano da Sigonella, gli E-3A AWACS da Trapani e così via. Anche i droni RQ-4 Global Hawk che decollano da Sigonella per missioni ISR (Intelligence, Surveillance and Reconnaissance) a ridosso del territorio russo volano con il transponder attivato. Nonostante le sue eleganti linee, il Globak Hawk non è mai stato progettato per penetrare il territorio nemico. Tutte le sue missioni avvengono in aree permissive o a distanza di sicurezza dalla griglia di difesa nemica. La maggior parte degli aerei di linea ed aziendali sono tracciabili, ma anche i velivoli militari sono dotati di transponder con capacità ADS-B. Il tracciamento ed il tracking dei target Per le missioni ombra i transponder dovrebbero essere spenti così da non svelare la posizione del velivolo e la natura della stessa operazione ad una potenziale minaccia. Stranamente le operazioni segrete dei reparti speciali Usa che decollano dalla Sicilia e da Pantelleria sono regolarmente monitorate online. Perché una piattaforma stealth dovrebbe trasmettere la sua posizione? L'Adir è il primo F-35 operativo al mondo. Lo scorso maggio, nel confermare le due missioni di combattimento, l'IDF diffuse sul proprio canale social la foto di un F-35 su Beirut durante una missione di ricognizione. In realtà avevamo subito ipotizzato che i due velivoli (compreso quello da cui è stata scattata la foto) si trovassero nello spazio aereo internazionale. Tuttavia la cosa più interessante erano le Luneburg lens, esaltatori di RCS chiaramente visibili nella foto. Dettaglio di poco conto? mica tanto perchè l’Adir nella foto non era certamente in modalità stealth. Solitamente questi dispositivi sono installati a terra quando l'aereo non deve eludere i radar o per esaltare volutamente la sezione equivalente radar così da ingannare il nemico nel raccogliere dati sulla firma. E' anche vero che non tutte le missioni dell'Adir in Medio Oriente necessitano del profilo stealth. In merito all'F-35 monitorato lunedì scorso è difficile credere si sia trattata di una dimenticanza o di una strana coincidenza avvenuta nello stesso giorno in cui un aereo da guerra siriano (Sukhoi Su-22 o Su-24 Fencer) decollato dall'aerodromo militare T-4, è stato abbattuto dai Patriot PAC-2 israeliani. Il velivolo siriano sarebbe penetrato per un miglio nello spazio aereo di Israele, uno dei più difesi al mondo (a costi considerevoli). La strategia di Israele È possibile che il transponder dell'F-35 sia stato inavvertitamente lasciato acceso per il volo, ma è altamente probabile si sia trattato di un avvertimento rivolto ad Iran e Hezbollah. Tuttavia se così fosse, ci si chiede il perchè. L'Adir non è un segreto: Siria ed Iran sanno perfettamente che la piattaforma di quinta generazione è in servizio con Israele. Più che una svista, sembra una precisa strategia.
repubblica
Legge elettorale, il Pd propone il modello tedesco corretto: 50% proporzionale, 50% maggioritario
Alla fine il Partito democratico ha deciso il modello su cui puntare per la nuova legge elettorale: un sistema tedesco "corretto", che preveda l'assegnazione dei seggi al 50% con il sistema proporzionale e al 50% con il maggioritario. È questa la scelta del partito di Renzi in commissione Affari costituzionali. La soglia di sbarramento che i democratici vorrebbero introdurre sarebbe del 5%. La linea trapela dopo l'incontro tra il Pd e il relatore delle legge elettorale (e presidente della commissione Affari Costituzionali) Andrea Mazziotti . Dopo il vertice tra la delegazione Pd - formata dal capogruppo dem alla Camera Ettore Rosato e dal deputato Emanuele Fiano - e Mazziotti, hanno preso il via i lavori della commissione, dove viene presentato il testo base. In pratica il Pd risponde con un secco no alla proposta di Forza Italia (l'Italicum corretto) avanzata ieri: "Via le preferenze, via il maggioritario, così Berlusconi vuole un altro porcellum. Noi no", tuona su Twitter Matteo Richetti, stretto collaboratore di Renzi. La spaccatura è forte. Anche perché poco prima Silvio Berlusconi aveva indicato i" criteri che Forza Italia considera necessari per andare al voto: gli stessi dichiarati nel nostro comunicato del 1° febbraio scorso e approvati dai nostri gruppi parlamentari. 1) Occorre una legge elettorale che consenta un’effettiva corrispondenza fra il voto espresso dagli italiani e la rappresentanza in parlamento, evitando correttivi maggioritari; 2) Forza Italia ribadisce anche la necessità di leggi elettorali organiche, omogenee e fra loro coerenti, fra Camera e Senato, come più volte raccomandato dal Capo dello Stato; 3) Forza Italia considera infine necessario che il rapporto fra elettori ed eletti sia garantito attraverso strumenti chiari e realmente efficaci, evitando in ogni caso il ricorso al voto di preferenza". Nel primo giro di interventi di tutte le forze politiche in commissione Affari costituzionali della Camera, solo la Lega ha aperto alla proposta targata Pd. Il leghista Giancarlo Giorgetti ha detto che per la Lega il sistema proposto dal Pd può andare bene, purché si faccia presto. Del resto, ha ricordato Giorgetti, la Lega si era detta favorevole al Mattarellum, e la proposta del Pd è in sostanza un Mattarellum corretto, sarebbe stata l’argomentazione dell’esponente del Carroccio. Dunque, al momento in commissione la proposta del Pd vedrebbe i voti favorevoli dei Dem, della Lega e dei Verdiniani, autori a suo tempo di una proposta che rispecchia molto quella avanzata oggi dal partito di Renzi. Francesco Paolo Sisto (Forza Italia) ha ribadito la linea del partito: un sistema proporzionale senza alcun correttivo maggioritario. Ne consegue un no netto alla proposta avanzata oggi dal Pd. Del resto, viene ricordato, il partito di Berlusconi è stato da sempre contrario al Mattarellum e la proposta del Pd è di fatto un Mattarellum corretto. Il Pd ha chiesto che il testo base sulla legge elettorale contenga dei correttivi maggioritari. E ha proposto una sorta di Mattarellum corretto, "ma ci rimettiamo alle decisioni che prenderà il relatore e non faremo ostruzionismo, non ostacoleremo il percorso", ha garantito il capogruppo Pd in commissione Affari costituzionali della Camera, Emanuele Fiano , che tuttavia ha tenuto a specificare: "Noi vogliamo dei correttivi maggioritari e per senso delle istituzioni rispetteremo il testo base del relatore, ma ci terremo le mani libere" di intervenire con emendamenti.
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Amazon Prime, aumento in arrivo: l'abbonamento sale a 36 euro, con opzione mensile
SALE l’abbonamento ad Amazon Prime . Dal prossimo 4 aprile si salirà, per l’Italia, da 19,99 a 36 euro. Ma c’è una clausola per i clienti più fedeli: quelli ai quali il rinnovo cadrebbe prima del 4 maggio potranno godere di un altro anno allo stesso prezzo di prima. E iniziare dunque a pagare di più solo da maggio 2019. Per tutti gli altri, poco da fare. Null’altro cambia in termini tecnici: le preferenze di rinnovo automatico dell’abbonamento, per esempio, rimangono invariate e il piano per le consegne gratuite senza limite si può cancellare quando si preferisca. C’è però una novità: spunta una formula mensile da 4,99 euro, prima inesistente. In modo, eventualmente, da attivare le consegne gratuite illimitate in un giorno su oltre due milioni di prodotti (e in 2-3 giorni su molti altri milioni) solo per un certo periodo. Ma ovviamente passati sette mesi non c’è convenienza rispetto alla proposta annuale. LA GUIDA Consigli.it: il sito che guida agli acquisti online Del pacchetto di Amazon fanno parte anche la piattaforma Prime Video , che include serie tv esclusive come McMafia, Philip K. Dick’s Electric Dreams e The Marvelous Mrs. Maisel, Prime Photos, spazio di archiviazione illimitato per salvare le proprie immagini, e altri benefici come l’accesso anticipato alle Offerte lampo così come durante le caldissime date dei Black Friday e Cyber Monday. Negli Stati Uniti Prime costa 99 dollari all’anno (ma esistono anche piani mensili da 12,99 e riservati alla sola piattaforma di streaming a 8,99). Tuttavia, include molti più servizi rispetto a quelli disponibili per gli abbonati italiani. Non fosse l’accesso ad Amazon Music Unlimited , la Spotify di casa, la consegna in due giorni su 100 milioni di prodotti e un e-book gratuito al mese. In Italia esistono integrazioni: per esempio, l’abbonamento alla musica taglia due mesi agli abbonati Prime. Il colosso sta informando in queste ore gli abbonati tramite una comunicazione e-mail dalla quale non si evince dunque alcun arricchimento dell’offerta in virtù dell’aumento del prezzo. Almeno per il momento: è probabile infatti che nei prossimi mesi si aggiungano altri servizi o una rimodulazione di sconti e incroci a cui si faceva riferimento.
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Scuola, insegnanti di religione agli esami di terza media: è protesta
Sorpresa, anche l'insegnante di religione sarà presente nelle commissioni del nuovo esame di terza media che a giugno vedrà impegnati 574mila alunni. Ed è polemica. Quattordici associazioni di genitori e docenti chiedono chiarimenti urgenti al Miur per arrivare ad abolire la novità. E alzano il tiro: "Denunciare l'incongruenza di tale nuova norma diventa un'occasione per riproporre la necessità di rivedere l'intera normativa sull'insegnamento della religione cattolica e di riproporne la collocazione fuori dell'orario ordinario delle lezioni". Insomma, una piccola norma inserita nel decreto legislativo n. 62/2017 in materia di valutazione e di esame infiamma gli animi e rischia di scatenare una nuova guerra sulla religione a scuola. Tra l'altro la novità, contestata anche dalla Cgil-Scuola e dall'associazione nazionale presidi, che ha parlato di "rilevanti difficoltà organizzative", sembra poco apprezzata - si legge nei commenti in Rete - anche dagli stessi interessati. La lettera è promossa da Scuola e Costituzione (con vari comitati) e firmata da più realtà: il coordinamento Genitori democratici, le associazioni Sostegno attivo, per la scuola della Repubblica, "Giordano Bruno", il "manifesto dei 500", il Cogede Liguria (genitori che hanno raccolto le firme per abrogare la Buona scuola), il Centro di iniziativa per la difesa dei diritti nella scuola, il movimento di cooperazione educativa, lo Uaar, il Cidi e la federazione nazionale degli insegnanti (Fnism). Tutte realtà che si battono da anni per il rispetto della laicità della scuola. Cosa è successo? Sino allo scorso anno nella commissione sedevano gli insegnanti delle materie d'esame. L'insegnante di religione partecipava solo allo scrutinio finale. Ora è previsto che la commissione d'esame per ciascuna classe terza sia composta dai docenti del consiglio di classe . Dunque anche quello di religione e quello di alternativa. Un pasticcio sul piano organizzativo, se si pensa che si tratta di docenti con tante classi, talvolta su più scuole, che dovranno uscire ed entrare da ogni orale a seconda se l'alunno ha scelto l'ora di religione o quella alternativa. "Sarà un impazzimento fare i calendari delle prove" , contestano i presidi. Ma è anche qualcosa di più, secondo i firmatari della lettera: "E' lo stravolgimento della legge 121/1985 attuativa del nuovo Concordato" spiega Bruno Moretto di Scuola e Costituzione. "Anche perché rimane il dubbio: se c'è l'insegnante in commissione significa che la religione cattolica sarà materia d'esame con tanto di voto? E se il suo voto fosse determinante per la bocciatura?". Anche su questo le associazioni chiedono chiarimenti al Miur. "Queste sono solo alcune delle ambiguità da chiarire - conclude la lettera - Il docente di religione cattolica non deve essere inserito nelle commissioni d'esame di terza media". Il giudizio politico è poi più ampio e duro: "L'inserimento di docenti di religione nelle commissioni d'esame per la terza media è l'ultimo atto di un processo sotterraneo - iniziato con il rinnovo del sistema concordatario - per recuperare all'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche il ruolo di "materia obbligatoria" con diritto all'esonero".
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Roma, minacce all'avvocato del rom accusato dello stupro
Un reato troppo abietto per esser perdonato: “Avvocato, gli uomini di m***a non si difendono”. Più che come un monito, suona come una minaccia la scritta apparsa mercoledì pomeriggio davanti allo studio legale dell’avvocato Emanuele Fierimonte , il difensore di Maikon Halilovic . Il giovane rom, residente nel campo di via di Salone e attualmente detenuto nel carcere di Regina Coeli, è accusato di complicità nello stupro di due quattordicenni romane . Avrebbe fatto da palo mentre Alessio il Sinto , anche lui finito in manette, ha immobilizzato e violentato le sue vittime e, per questo, non meriterebbe nemmeno d’esser difeso. Insomma, chi attacca il penalista vorrebbe spingerlo a rimettere il mandato. Ma Fierimonte non sembra intenzionato a fare passi indietro e anzi, in queste ore, pare stia valutando un’eventuale segnalazione all’autorità giudiziaria. A rispondere del gesto potrebbero esser chiamati gli attivisti di Azione Frontale , formazione di estrema destra che ha rivendicato l’azione dal suo profilo Facebook . “Nessuna difesa per chi stupra”, si legge nella nota che annuncia “il blitz sotto la sede dell’avvocato di quegli infami rom che hanno violentato le ragazzine rubandogli per sempre una parte della loro anima”. “Questi uomini di m***a – proseguono quelli di Azione Frontale snocciolando il concetto – non vanno difesi, devono essere lasciati a marcire in galera senza possibilità di proferire nessuna parola”. Di “attentato gravissimo” ha parlato Cesare Placanica , il presidente della Camera Penale di Roma, al quale ha fatto eco una nota dell’organismo stesso che esorta “una presa di posizione del Ministro, delle forze politiche e delle associazioni di avvocati e giornalisti”.
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Fai il volontario e chiedi un rimborso? Prima paga la tassa
Ci può essere una pretesa più assurda di quella di far pagare una tassa a chi presta il proprio tempo per opere di volontariato? Temiamo proprio di no, eppure, a quanto pare, si è verificato anche questo. Con un'interrogazione urgente i l parlamentare bellunese Roger De Menech (Pd) ha chiesto al governo di fare piena luce su quanto gli è stato segnalato dal responsabile del Soccorso alpino , Fabio Bistrot. " Voglio proprio sapere - dice il parlamentare - chi è il geniale burocrate che pretende 32 euro da ciascun volontario ogni volta che fa un intervento di soccorso e, di conseguenza, chiede il rimborso della giornata di lavoro persa. Di certo non ha mai fatto il volontario". L'importo, a quanto si apprende, corrisponde a due marche da bollo da 16 euro ciascuna da apporre a ciascuna richiesta di rimborso presentata dai volontari. "E’ incredibile che qualcuno voglia spremere soldi dai volontari" , afferma sdegnato De Menech. "Se a farlo è addirittura lo Stato, aggredisce la dignità dei volontari e mina il principio di sussidiarietà. Questo increscioso episodio conferma l’urgenza non solo di riformare la pubblica amministrazione ma anche di quanto sia necessario e indispensabile il ricambio di personale all’interno della burocrazia italiana. L’attuale burocrazia è ostile ai cittadini e ai contribuenti, e interpreta il proprio ruolo non al servizio degli italiani ma come potere da usare contro i nostri concittadini". Nell’interrogazione che ha presentato De Menech chiede ai ministeri interessati cosa intendano fare per "superare un’interpretazione giuridica che avvilisce la dignità stessa dei soccorritori, considerato peraltro il ruolo fondamentale da essi svolto nella stagione estiva, sia sull’arco alpino che su quello appenninico, volto a garantire la presenza dello Stato in tali ambienti e a fornire quel supporto di sicurezza, prevenzione e soccorso alle migliaia di turisti, italiani e stranieri, che decidono di trascorre le proprie vacanze in tali luoghi". Con il rischio evidente che, l'assurda tassa, possa scoraggiare i generosi volontari dal continuare a prestare la loro opera.
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Drupi, parolaccia a "Domenica In": Parodi in imbarazzo
Drupi ospite di Domenica In . Il cantante racconta la sua carriera e ricorda la sua prima partecipazione a Sanremo nel 1973. Ma durante la chiacchierata con Cristina Parodi ad un tratto si lascia andare e gli scappa una parolaccia che stupisce la conduttrice e gli altri ospiti in studio, tra cui Alba Parietti. Ricordando proprio quel Festival afferma: "Avevo 27 anni e mi sentivo già vecchio... che cogl**ne che ero". Una frase che ha immediatamente fatto scattare la conduttrice che ha pregato Drupi di moderare il suo linguaggio. Intanto mentre in studio è calato per qualche secondo il gelo, il pubblico si è lasciato andare ad una risata. E così proprio l'imbarazzo della conduttrice è stato immediatamente archiviato con la reazione del pubblico che con una risata ha di fatto "assolto" con simpatia lo scivolone di Drupi. Così il cantante ha proseguito il suo racconto ricordando con affetto Mia Martini: con un suo brano, "Vado via", arrivò per la prima volta al Festival 45 anni fa.
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Studio Usa: mortalità più alta per i pazienti seguiti da medici ultrasessantenni
I PAZIENTI ospedalieri curati da medici più anziani hanno una mortalità più alta di quelli seguiti da professionisti più giovani. Alla conclusione arriva uno studio del British Medical Journal pubblicato ieri. C'è però un'eccezione, dice sempre il lavoro scientifico, e riguarda i professionisti con una casistica ampia. In quel caso l'esito delle cure è in linea con la media anche per i dottori in là con gli anni. La ricerca. Lo studio è stato condotto da Yusuke Tsugawa della Harvard T. H. Chan school of public health ed è osservazionale. E' stata analizzata la mortalità a 30 giorni dal ricovero di circa 730mila pazienti dai 65 anni in su seguiti da 19mila medici, in un arco di tempo compreso tra il 2011 e il 2014 in vari ospedali statunitensi. La mortalità media è stata dell'11,1% ed è salita di circa l'1% nei malati seguiti da medici con più di 60 anni (nella fascia di età under 40 il dato è del 10,8%, in quella tra 40 e 49 dell'11,1, in quella tra 50 e 59 dell'11,3 e in quella over 60, appunto, del 12,1). I risultati "sono stati raggiunti - è scritto dai ricercatori - considerando medici con bassi o medi volumi di pazienti ma non con quelli che li hanno alti". Lavorare su tanti casi rende l'efficacia dell'assistenza simile tra i professionisti più giovani e quelli anziani. Sono state anche osservate le riammissioni, che vengono utilizzate come spie del fatto che qualcosa non abbia funzionato nel primo ricovero. Su queste però non ci sono differenze a seconda dell'età del medico che ha seguito il malato poi rientrato in ospedale. L'Italia. La ricerca riguarda gli Stati Uniti ma fa riflettere anche in Italia, dove per vari fattori, ma principalmente per i blocchi del turn over e i problemi di reclutamento, l'età media dei camici bianchi è in crescita. "Nel nostro Paese ci sono oltre 26mila medici del servizio sanitario ultrasessantenni su circa 100mila - dice Massimo Cozza della Cgil medici - E' ora di stabilizzare i precari e sbloccare le assunzioni. E in più abbiamo fatto la richiesta insieme a Cisl e Uil di dare la possibilità di non fare le guardie notturne ai professioniti di oltre 60". Inoltre c'è il discorso della casistica. "Su questo abbiamo sempre che detto le attività devono essere concentrate in centri che hanno un adeguato numero di malati perché è ormai chiaro che lavorare poco è lavorare male". Il riferimento è anche ai tanti piccoli ospedali ancora aperti nel nostro Paese.
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Post a sfondo sessuale sui social, il 20% dei ragazzi lo fa "per divertimento"
PER divertimento, per scherzo, per fare colpo o per richiamare l'attenzione: sono queste le motivazioni che spingono i giovani tra i 14 e i 18 anni a postare sui social network contenuti a sfondo sessuale. A rilevarlo è una rierca del Cremit ( Centro di ricerca sull'Educazione ai media all'informazione e alla tecnologia ) dell'Università Cattolica di Milano e Pepita Onlus . Lo studio ha coinvolto 1800 ragazzi della fascia 14-18 anni, i divisi equamente tra maschi e femmine, a cui è stato sottoposto un questionario. Ne risulta che il 20% posta messaggi a contenuto sessuale "per divertimento", il 12,6% per "fare colpo", l'11,6% per "essere popolare" e solo l'8,7% per "prendere in giro qualcuno". L'indagine ha l'obiettivo di evidenziare il punto di vista degli adolescenti rispetto all'uso dei social network, alle loro preferenze, al tipo di comunicazione di sé che veicolano. Le immagini del profilo, quelle che postano o si scambiano insieme a testi e video, raccontano della vita sociale dei ragazzi, le modalità nuove con cui si rapportano, i valori che mettono al centro delle relazioni. Pepita Onlus ha organizzato focus group in diverse città d'Italia rilevando tra le motivazioni principali: "per ricevere attenzione" con un 25% nelle ragazze contro un 15% nei ragazzi, "per ricevere commenti positivi" con un 23% nei ragazzi e un 19% nelle ragazze.
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Monti in Kuwait: "Sbaglia chi pensa a svendita dell'Italia"
" Anche dopo il voto sono certo che i governi che verranno opereranno per il risanamento e le riforme ". Il premier Mario Monti, al termine di un colloquio a Doha con il primo ministro del Kuwait, torna sulle parole pronunciate ieri e prova a correggere il tiro alle sue affermazioni. " Qualsiasi cosa accadrà nella politica italiana - dice Monti - penso che si tratterà di governi responsabili che faranno ancora meglio per far progredire l’economia italiana ". E " chi pensasse che le operazioni di acquisizione estere in Italia siano modi per svendere farebbe un grandissimo errore ". Le parole del primo ministro servono a spiegare il discorso di ieri, quando sottolineava " a potenziali investitori " che è il momento in cui " i titoli a reddito fisso e le valutazioni delle imprese in Italia sono bassi ". E dunque di affrettarsi perché, ora come ora, si compra " a buon mercato ". "Gli investimenti esteri - ha spiegato - daranno un effetto immediato alla crescita, mentre altre riforme daranno benefici più avanti ma già adesso rendono l’Italia più attraente per i capitali stranieri: l’arrivo di investimenti esteri è il isultato del risanamento e noi continueremo su questa strada per incoraggiare la comunità internazionale a investire da noi". Monti ha espresso soddisfazione anche per la firma di una joint venture tra il Fsi e il fondo kuwaitiano Qh.
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Siria, Assad ordina una selvaggia repressione Cannonate sulla folla: è una vera carneficina
Ventinove anni dopo l’orrore torna ad Hama. All’alba la nuova tragedia è già alle porte. Come allora la città è prigioniera di una cortina d’acciaio. Come allora la popolazione sunnita, in rivolta da quattro mesi, scende in strada, va incontro ai carri armati. Molti sono i figli, i nipoti dei 30mila sepolti sotto le macerie della cittadella bombardata da Hafez Assad. Ora il figlio Bashar si dimostra all’altezza del padre. Adesso a sparare sono i suoi carri armati. A massacrare i rivoltosi armati di sassi e molotov sono i suoi soldati e i suoi «shabbiha», i miliziani della minoranza alawita a cui appartengono gli Assad. Ma la cinica ripetizione della strage, alla vigilia del Ramadan, rischia di rivelarsi fatale. Per quattro mesi il mondo è rimasto a guardare. Per quattro mesi America ed Europa hanno sperato che il rampollo Bashar desse un segnale di disponibilità. Ora di fronte ai carri armati impegnati a sparare sulla folla, di fronte a un bilancio provvisorio di almeno cento morti, di fronte alle bombe imbottite di chiodi usate contro la folla anche a Damasco il mondo potrebbe imporsi un sussulto, rischiare il tutto per tutto. Non è un rischio da poco. Dietro i morti di Hama c’è, oggi come nel 1982, la rivolta dei fratelli musulmani e delle fazioni più estremiste del radicalismo sunnita. Bashar è un diavolo imbarazzante, ma conosciuto. Farlo cadere può significare spalancar le porte di un inferno ancor peggiore. Può significare regalare la Siria a un fondamentalismo sunnita pronto alla guerra a Israele nel nome del Golan. Di certo significa sfidare l’Iran ed Hezbollah, una grande potenza e una bellicosa milizia unite dal ponte siriano. Cercar di abbattere Bashar equivale insomma a far guerra a Teheran. L’America di Obama lo sa. Dopo aver abbandonato l’alleato Mubarak, dopo aver dichiarato guerra a un Gheddafi nemico del fondamentalismo e vicino all’Occidente il presidente deve far i conti con una scelta assai imbarazzante. I massacri di Hama sono la ciliegina su una torta impastata con il sangue degli oltre 1600 oppositori uccisi da marzo ad oggi. Per molto meno Gheddafi è stato deferito alla Corte Internazionale. Per molto meno Mubarak verrà giudicato dal suo popolo. Bashar fedele alleato della Repubblica Islamica, grande armiere di Hezbollah, custode dei capi di Hamas ospitati a Damasco è, invece, libero di uccidere la propria gente. Ma il massacro di Hama è anche uno schiaffo aperto a Washington. Agli inizi del mese l’ambasciatore Usa a Damasco Robert Ford aveva visitato la città assieme al collega francese. Quella visita, definita un insulto e seguita da un assalto all’ambasciata Usa, serviva a far capire a Bashar che non gli sarebbe stato consentito ripetere le atrocità paterne. Lui se n’è fatto beffe. Ora Obama deve decidere. Se dopo il trattamento riservato a Mubarak e Gheddafi continuerà a non muovere un dito contro Bashar dimostrerà che con lui alla Casa Bianca stanno meglio i nemici degli alleati. In ogni caso quel sussulto che sembrerebbe così naturale non sarà facile da ottenere. Ieri il coro di proteste indignate riuniva le voci di Washington («massacro senza giustificazioni, il regime è disperato»), del nostro ministro degli esteri Franco Frattini («chiediamo che si riunisca di urgenza il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per prendere una posizione molto ferma») di Parigi e Berlino, mentre la Ue prepara nuove sanzioni. Ma parlare è molto più facile che agire. La Nato è impantanata in Libia e nella difficile partita afghana. E a immobilizzare l’Onu ci penserà una Russia tradizionalmente vicina a Damasco e interessatissima agli ormeggi del porto siriano di Tartus, base navale d’epoca sovietica che le garantisce la presenza nel Mediterraneo. In questo convergere d’interessi, debolezze e opportunismo l’unica speranza per i nemici di Bashar si chiama Ramadan. La strage di Hama mmessa a segno alla vigilia del mese più sacro dell’Islam doveva impedire che la preghiera serale nelle moschee diventassero un moltiplicatore della rivolta. Ma se l’indignazione sarà più forte del terrore, la spinta fatale arriverà dall’interno. E l’Occidente rimasto a guardare dovrà far i conti con un inferno sconosciuto e completamente fuori controllo.
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Giudice federale nominato da Trump non passa il test di diritto
WASHINGTON - Sarà ricordata come una delle audizioni di conferma più imbarazzanti della storia. Matthew Petersen, nominato giudice federale per il Distretto di Colombia dal presidente Donald Trump, ha faticato a rispondere a domande di base di diritto durante la sua audizione di conferma in Senato. Il video 'dello scandalo è stato condiviso sui social media, scatenando molta ironia e una ridda di commenti dubbiosi sulla sua idoneita'. A mettere alla prova la sua conoscenza sulla procedure di legge, il senatore repubblicano John Kennedy, navigato avvocato. "Sa cosa è una mozione per escludere le prove", ha chiesto Kennedy. "Probabilmente non sarei in grado di dare una buona definizione", è stata la risposta di Petersen. L'aspirante giudice non ha saputo spiegare neppure la 'Younger abstention doctrine'" ovvero il fatto che i tribunali federali, posto per il quale lui è stato nominato, non possano interferire con le corti statali. "Ne ho sentito parlare - ha azzardato Petersen - ma ancora una volta non saprei...". Poi, cercando di spiegare la sua inadeguatezza, ha detto di essere "consapevole delle sfide" che lo aspetterebbero se avesse "la fortuna" di venire nominato giudice di un tribunale distrettuale. "E' imbarazzante", ha commentato Kennedy, senza però dire se voterà contro la nomina di Petersen. "Credo che il presidente degli Stati Uniti sta venendo consigliato davvero male", ha aggiunto, definendosi comunque un fan di Trump.
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Il Pdl: "Logoro copione, notizie inverosimili"
Roma - "Il premier è sereno ed è a lavoro come sempre e come tutti noi". Cosi Maurizio Gasparri, lasciando palazzo Grazioli dopo aver incontrato il presidente del Consiglio, risponde ai giornalisti che gli chiedevano dell’iscrizione nel registro degli indagati del Cavaliere. "Se ne occupano gli avvocati", ha risposto il capogruppo del Pdl al Senato. Alla domanda se a suo avviso si possa parlare di giustizia ad orologeria, Gasparri ha risposto con un laconico: "Guardate il calendario e giudicate voi...". Cicchitto: evidente strumentalizzazione La vicenda Ruby "è un caso evidente di strumentalizzazione volto a destabilizzare il quadro politico". Lo ha ribadito il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto. A chi gli chiedeva se la questione potesse cambiare la scena politica, l’esponente Pdl si è limitato a rispondere: "No, perché dovrebbe cambiare?". Capezzone: un logoro copione "Dinanzi al consueto e logoro copione, fatto di fughe di notizie e di accuse inverosimili, i cittadini possono ancora una volta scegliere se indignarsi o sbadigliare". È affidata a Daniele Capezzone la prima reazione Pdl alle notizie che giungono da Milano. "Sono certo - dice il portavoce Pdl - che una sempre più vasta maggioranza di italiani abbia ben compreso cosa sia in gioco e si stringerà a sostegno del presidente del Consiglio. E se ancora c’è qualcuno, nella politica e non solo, che pensa di sconfiggere Silvio Berlusconi per via giudiziaria - aggiunge - avrà ancora una volta cocenti delusioni. Possibile che a sinistra non vi siano più né garantisti, e questo non sorprende, ma neppure politici accorti, capaci - osserva - di capire che la scorciatoia giudiziaria li porta in un vicolo cieco?". Di Pietro: è Berlusconi che perseguita se stesso "Invece di telefonare, come presidente del Consiglio, al questore di Milano per dire che una minorenne è la nipote di Mubarak, Berlusconi potrebbe andare in tribunale e spiegare come stanno le cose". Antonio Di Pietro commenta così, con una battuta sarcastica, le novità che arrivano da Milano sul caso Ruby: "Berlusconi dice che le procure lo perseguitano? Non sarà che invece è Berlusconi che perseguita se stesso?". Belisario: accuse gravissime "Le accuse di concussione e sfruttamento della prostituzione minorile che riguardano Berlusconi - afferma il Capogruppo Idv al Senato, Felice Belisario - sono gravissime e si aggiungono ad altre pesanti imputazioni, che schiacciano come un macigno il requisito della moralità e della non ricattabilità che dovrebbe avere un capo di governo".
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Emofilia, scoperta la molecola che blocca gli anticorpi contro la terapia
UNA MOLECOLA in grado di bloccare gli anticorpi scatenati dall'organismo in reazione alle terapie a cui si sottopongono le persone affette da emofilia A. In pratica, si è scoperto come evitare che i pazienti rigettino la terapia sostitutiva. E' questa la scoperta fatta, grazie anche a un finanziamento Telethon , da un gruppo di ricerca internazionale coordinato dal Dipartimento di Medicina sperimentale dell'Università di Perugia e dalla Mc Master University (Hamilton, Canada) in collaborazione con l'Associazione italiana dei centri di emofilia (Aice). Lo studio è stato pubblicato di recente sulla rivista scientifica The Journal of Clinical Investigation . La terapia sostitutiva. L'emofilia è una malattia ereditaria dovuta a un difetto della coagulazione del sangue e si distingue in due forme, A e B, a seconda del fattore mancante (rispettivamente VIII nella A e IX nella B) che impedisce al sangue di coagularsi correttamente, provocando così gravi emorragie. I pazienti con emofilia ad oggi riescono ad avere una buona qualità di vita se trattati con la terapia sostitutiva, che consiste nell'infusione del fattore mancante, prodotto per via biotecnologica, e che si rende necessaria nelle forme più gravi anche quotidianamente. Il problema è che, purtroppo nel tempo, un numero significativo di pazienti (circa il 20-30%) possono sviluppare anticorpi diretti contro la terapia, rendendola così inefficace. LEGGI Telethon, la campagna #nonmiarrendo per la lotta alle malattie genetiche rare Il ruolo della chinurenina. I ricercatori hanno messo in evidenza che i pazienti emofilici che sviluppano anticorpi contro il fattore VIII presentano un difetto nella produzione di chinurenina, una molecola che svolge un importante ruolo nella risposta immunitaria. Provando così a somministrare la chinurenina ad animali affetti da emofilia A, hanno osservato che questa molecola è in grado di impedire lo sviluppo di anticorpi contro il fattore VIII e preservare così l'efficacia della terapia. "I risultati di questo lavoro" spiega Francesca Fallarino, docente del Dipartimento di Medicina sperimentale dell'Università di Perugia "pongono così le basi per la messa a punto di nuove strategie terapeutiche in grado di prevenire la formazione di anticorpi che rendono oggi parzialmente inefficace la terapia sostitutiva in una certa percentuale di pazienti colpiti da emofilia A". Una chance per la terapia genica. Secondo i ricercatori, si tratta di un risultato importante per i pazienti in attesa delle nuove prospettive aperte per esempio dalla terapia genica. Grazie a questa tecnica, infatti, in futuro si potrebbe correggere il difetto alla base dell'emofilia tramite l'utilizzo di un virus opportunamente modificato in grado di trasportare una versione corretta del gene difettoso in questi pazienti. Nell'attesa, però, è molto importante studiare anche come migliorare l'efficacia della terapia attualmente disponibile, che rappresenta il trattamento di prima scelta per questa malattia.
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Milano, ritrovato nel campo rom un chihuahua rapito tre anni fa
Dentro il campo rom di via Monte Bisbino, a Baranzate, in provincia Milano, è stato ritrovato mercoledì mattina il corpo di un un chihuahua rapito nel 2015 nel corso di un furto in un appartamento compiuto a Bergamo. Il cane è stato identificato grazie al microchip e restituito alla legittima proprietaria che davanti a questa notizia è scoppiata in lacrime. Durante il controllo è stato arrestato il 36enne Giuliano Giorgevich, condannato a 2 anni e 10 mesi per un cumulo pene emessa dalla corte d’Appello di Milano. Sono stati accompagnati in questura per l'identificazione anche tre uomini e due donne, una delle quali è stata denunciata per ricettazione. Il bilancio finale, come scrive il Corriere di Milano, è di 97 persone identificate (di cui 41 uomini, 43 donne e 13 minori), di nazionalità croata, romena, italiana ed alcuni apolidi, tutti nomadi di etnia rom. Per Silvia Sardone, consigliere comunale e regionale, si tratta dell'ennesimo blitz in quel campo che "dimostra per l'ennesima volta il contesto di queste realtà. Delinquenza, reati, abusi, illegalità in serie, condizioni igienico sanitarie pietose, bambini che non vanno a scuola. Non esiste integrazione per chi non vuole integrarsi e preferisce delinquere per vivere. I campi rom vanno superati e queste realtà di delinquenza sgomberate al più presto", scrive in una nota la Sardone.
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Letta a Bruxelles: "L'immigrazione ora è tema europeo"
BRUXELLES - "L'Unione Europea affronta finalmente, dopo tanti anni e tanta disattenzione, il dramma del Mediterraneo" annuncia soddisfatto il presidente del Consiglio Enrico Letta, in conferenza stampa a Bruxelles. Sull'immigrazione "le conclusioni" del vertice Ue "sono sufficienti rispetto alle aspettative che avevamo". "E' importante - sottolinea il premier italiano - che sia stato incorporato il concetto di solidarietà, che non era scontato" ed è "per noi fondamentale il fatto che si sia raggiunto il risultato di considerare il tema come europeo, non solo maltese, italiano o dei paesi del Mediterraneo. La tragedia di Lampedusa chiama in causa l'intera Unione Europea e le conseguenze dovranno essere assunte a livello europeo". Letta ricorda che le conclusioni operative, come il rafforzamento di Frontex, arriveranno con il Consiglio europeo di dicembre, mentre a giugno verranno affrontati i temi giuridici come l'asilo. "L'aspetto operativo", spiega il presidente del Consiglio, è che "il Consiglio Ue ha rafforzato il compito della task force che ieri ha cominciato a operare. C'è la necessità di affrontare il tema con determinazione. Il Consiglio dei ministri degli Interni si riunirà tra alcune settimane" e "al Consiglio Ue di dicembre saranno presentate le conclusioni operative, le proposte su Frontex e sull'attività di salvataggio in mare". A proposito di Frontex, Letta comunica che l'Olanda "ha annunciato la destinazione a Frontex di aerei". Sul fronte interno, a proposito di modifiche alla normativa sull'immigrazione, Letta ammette come "in Italia fossimo davvero indietro su molte di queste materie. Per abbiamo iniziato a lavorare su un testo unico sull'asilo". "Quella di Lampedusa - aggiunge il premier, è "una drammatica vicenda e c'è la necessità di affrontare il tema con grande determinazione". "Ho detto a tutti i partner europei che l'Italia è un grande Paese e che la nostra parte la facciamo a prescindere. L'operazione mare nostrum sta lì a dimostrarlo. Io - aggiunge Letta - non ho voluto infilare l'Italia in singole rivendicazioni, non è questione che si può affrontare con un approccio di piccolo cabotaggio. L'Italia farà la sua parte ma chiede il massimo impegno al più alto livello".
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Agropoli, un intervento subito per quegli animali abbandonati
Una cinquantina di equidi nel 2015 sono stati sequestrati nel Comune di Agropoli (Salerno). Si trovavano in un allevamento abusivo ma, nonostante il provvedimento di confisca, sono rimasti nello stesso posto, nella disponibilità degli ex proprietari. Gli sono stati lasciati incustoditi e liberi di correre sulla strada statale, provocando incidenti. Altri, invece, sono stati abbandonati a se stessi in stalle fatiscenti. La denuncia arriva da Alfredo Riccio (Lndc) e Nicole Berlusconi (Progetto Islander). Dopo una richiesta di aiuto affinché gli animali fossero messi in sicurezza, una task force animalista composta da Italian Horse Protection onlus, Lega Nazionale per la difesa del cane e Progetto Islander , si è recata sul posto insieme all’on. Paolo Bernini. In seguito anche Edoardo Stoppa , inviato di "Striscia la Notizia", ha raggiunto l'allevamento abusivo per documentare il maltrattamento ai danni degli animali. Grazie a questi interventi gli animali sono stati spostati nel Centro di incremento ippico di Santa Maria Capua Vetere, con la messa in sicurezza di 17 equidi. Nonostante i veterinari dell’Asl di competenza avessero dichiarato il buono stato di salute degli animali, uno di questi morì subito dopo a causa degli stenti a cui era costretto da tempo. Purtroppo il problema del randagismo equino nel comune di Agropoli non è stato ancora risolto. Afli enti preposti è stato chiesto di provvedere all'implementazione dell'anagrafe equidi e a procedere con la confisca degli equidi vaganti e alla successiva ricollocazione degli stessi mediante l'ausilio delle associazioni incaricate. Ma nessuna risposta né proposta di collaborazione è mai arrivata. " Il Fatto quotidiano " segnala che potrebbe esserci stata una collaborazione tra la famiglia Marotta e il sindaco di Agropoli in cambio di favori elettorali, tant’è, che come riporta lo stesso giornale, il sindaco sembrerebbe essersi "dimenticato" di dare esecuzione ad altri provvedimenti di confisca aventi ad oggetto alcune abitazioni nella disponibilità della medesima famiglia. E da un articolo pubblicato dalla testata locale "Infocilento" si apprende che un altro cavallo è stato trovato in gravi condizioni legato a un albero. Una situazione simile si era già presentata ad agosto quando, a poche centinaia di metri dagli uffici Asl un cavallo sarebbe deceduto per stenti essendo stato tenuto legato a un albero per giorni senza avere a disposizione né acqua né cibo. Il cavallo ritrovato la scorsa settimana era in stato di grave sofferenza e si presume avesse una colica. Il veterinario dell’Asl che è intervenuto non si sarebbe accertato dello stato di salute del cavallo, ma ha proceduto somministrandogli una flebo , restituendolo successivamente al proprietario. Il fatto che il cavallo fosse stato trovato legato a un albero e che fosse in gravi condizioni di salute, non è stato ritenuto motivo sufficiente per denunciare il prprietario di maltrattamento. Non si sa, ad oggi, se il cavallio sia ancora vivo o meno. Ma quanti cavalli dovranno ancora morire prima che le autorità decidano di intervenire ponendo rimedio a questa assurda realtà? Quante altre denunce saranno necessarie prima che si proceda con la confisca e lo spostamento di tutti gli animali presenti all’interno della struttura abusiva ? "La situazione ad Agropoli è drammatica - dichiara l'on Bernini (M5S) -. La settimana scorsa, un cavallo è stato trovato legato, agonizzante a un albero in pieno centro città. Da indiscrezioni sembrerebbe avesse una colica. Apprendiamo che il proprietario, il solito Cesarulo, sarebbe stato denunciato per aver fatto pascolare i propri cavalli in un terreno comunale, ma che il cavallo gli sarebbe stato anche restituito. Personalmente continuo a ricevere segnalazioni inerenti problemi alla viabilità e di maltrattamento. Scene da Far West sono all'ordine del giorno. Insieme alle associazioni ho scritto persino al prefetto affinché avesse provveduto all'abbattimento e alla chiusura dell'allevamento abusivo senza ricevere alcuna risposta. Provvederemo quindi a inoltrare un nuovo esposto alla procura competente con l'obiettivo di preservare l'incolumità dei cittadini e la dignità degli animali".
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Usa, Obama: "Il 2014 sarà l'anno della svolta". E sull'Nsa: "Parlerò a gennaio"
WASHINGTON - Il 2014 è l'anno della svolta per gli Stati Uniti. E dell'azione. In primo luogo sul piano dell'economia. E' tutta improntata all'ottimismo la conferenza stampa di fine anno del presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Ma la svolta non sarà soltanto economica. "La guerra in Afghanistan sarà finita. Grazie ai nostri soldati in tutto il mondo, siamo più sicuri", ha sottolineato il capo della Casa Bianca facendo riferimento anche alle prospettive di un'intesa con l'Iran. I problemi comunque non mancano e non mancheranno, a cominciare dalle violazioni della privacy dei cittadini ad opera della National Security Agency. Sulla questione del programma di sorveglianza elettronica e del rapporto consegnato da un gruppo di esperti, il presidente ha solo detto che si esprimerà in maniera "abbastanza definitiva" a gennaio. DATAGATE, NUOVE RIVELAZIONI In riferimento alle attuali tecnologie, Obama ha aggiunto che "solo perché siamo in grado di fare qualcosa non vuol dire che dovremmo necessariamente farlo" e ha aggiunto che sui programmi della Nsa potrebbe essere necessario apportare dei cambiamenti. La massa di metadati raccolti, ad esempio, potrebbero essere custoditi da aziende private invece che dal governo. Sul piano più generale, "maggiori rassicurazioni possono essere date sui programmi della Nsa", ma gli Stati Uniti non possono "unilateralmente disarmare" i piani dell'agenzia. Le rivelazioni che si sono succedute hanno "danneggiato inutilmente" la sicurezza americana, erodendo la fiducia nei confronti della Nsa, ed è "importante" ripristinarla. Ma l'Nsa è un punto dolente. Quindi Obama ha puntato sull'economia. Il pil, ha detto, è cresciuto alla velocità maggiore degli ultimi due anni ( 4,1% nel terzo trimestre ), la disoccupazione è in calo e la situazione di bilancio migliore. Quindi "il 2014 può essere l'anno della svolta economica", ha detto il capo della Casa Bianca sottolineando che "il tasso di disoccupazione è costantemente sceso al livello più basso degli ultimi cinque anni". Tra le prorità Obama ha ricordato la riforma dell'immigrazione, da cui può giungere nuovo impulso allo sviluppo. Si è detto "frustrato" dagli scarsi progressi sulle riforme ma ha aggiunto: "Non intendo mollare". Il punto ora è tornare a dare fiducia anche alla classe media. Adottare misure "che consentano alla classe media americana di avere maggiori opportunità". Nonostante il mezzo flop della riforma sanitaria, "questo non è stato l'anno peggiore della mia presidenza. Ci sono stati alti e bassi", ha proseguito Obama. Tra i successi della sua amministrazione ha citato il milione e passa di persone che hanno scelto la propria copertura sanitaria negli Stati Uniti tramite il sito web nazionale HealthCare.gov e siti dei singoli Stati. Ma anche il fatto che "per la prima volta in quasi 20 anni, gli Usa producono più petrolio in patria di quanto ne comprano dal resto del mondo". Il tutto grazie alla rivoluzione dello shale oil e gas, con la tecnica innovativa della fratturazione idraulica. La popolarità di Obama è tuttavia al minimo storico. Secondo la consueta indagine Cnn-Orc International, è al 41%, in linea con il minimo storico toccato il mese scorso. Il 56% degli americani disapprova l'operato del presidente. I sondaggi però non preoccupano il leader Usa: "Se fossi interessato ai sondaggi non mi sarei candidato alla presidenza", ha detto. Perché "i sondaggi salgono e scendono". Il presidente, reduce da un duro braccio di ferro parlamentare con i repubblicani, ha elogiato il nuovo spirito bipartisan che ha visto "per la prima volta da anni i partiti in entrambi i rami del Congresso trovare un accordo sul bilancio". Ma avverte: "Non tratto sull'aumento del tetto del debito", che sarà raggiunto il 7 febbraio e sul quale il segretario al Tesoro, Jack Lew, ha invitato a un'azione rapida.
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Sala chiede agenti al cimitero contro il raduno al Campo X
Poliziotti all'interno del cimitero Maggiore, «pronti a intervenire al minimo sospetto di apologia del fascismo». I sindaco aveva già consultato nei giorni scorsi il prefetto Luciana Lamorgese e insieme avevano condiviso che «sarebbe stato sbagliato chiudere il Musocco, perchè avremmo bloccato l'accesso a tutta la città». Ma per impedire la parata neofascista organizzata la mattina del 25 aprile da Casa Pound e Lealtà e Azione nel Campo X, dove sono sepolti i combattenti della repubblica di Salò e i tedeschi nazisti, non ha esitato a chiedere «la presenza di agenti dentro al cimitero, per evitare che sia lo spazio per una parata e intervenire» se ci saranno i consueti saluti romani per rendere omaggio ai repubblichini. Si rischiano momenti di tensione. «Vedremo al momento cosa fare - afferma - il mio augurio è che evitino la parata e altre provocazioni, Milano non lo merita. Ci vorrebbe un pò di senso di responsabilità ma dò per scontato che ci proveranno, e saremo molto più attenti del passato». L'ex vicesindaco Riccardo De Corato, capogruppo Fdi in Regione, sottolinea invece che «da quando governa la sinistra non mancano le polemiche sul Campo X. I tempi in cui gli ex sindaci Albertini e Moratti riponevano la fascia tricolore è andavano a omaggiare anche lì i morti sono finiti e hanno lasciato spazio alla caccia alle streghe. Al Campo X riposano non solo repubblichini ma semplici cittadini milanesi trucidati a guerra finita forse per la sola colpa di essere stati etichettati fascisti, in quel campo sono sepolti coloro che da vinti non hanno potuto arrendersi a guerra finita, e oggi la politica di sinistra continua a negar loro un giusto riposo, anzi vuol negar loro ogni visita al punto di promettere denunce per chi non terrà la mano destra in tasca». E Sala ribatte a distanza che «ogni sindaco interpreta a proprio modo la festa del 25 aprile, ricordo che questa giunta ha smesso anche di deporre la corona al campo X» in occasione del 2 novembre «non era scontato e chi mi succederà come sindaco magari tornerà all'antica usanza». Non basta il Musocco blindato. Il presidente dell'Anpi Roberto Cenati ricorda di aver «presentato un esposto a prefetto e questore per vietare la parata» e il consigliere della SinistraxMilano prepara un intervento di fuoco oggi in consiglio comunale: «Sappiamo benissimo che quelli che si recheranno al campo 10 è sono fascisti e si comporteranno da fascisti. E l'unica cosa che riescono a dire il Questore e il Prefetto è che non possono vietare l'adunata, ma vigileranno attentamente? Invece io credo che sia nelle loro prerogative vietare questa ennesima schifezza, ma non lo fanno semplicemente per mancanza di coraggio politico e istituzionale. E io intendo condannare con tutte le mie forze questa mancanza di coraggio». E la rete antifascista promuove dalle 9.30 alle 12.30 nel piazzale l'iniziativa «Portiamo un fiore al partigiano». E tensioni sono annunciate al corteo che partirà alle 14 da corso Venezia e arriverà in piazza Duomo alle 15.30, sul palco salirà anche il presidente del Senato Pietro Grasso. Da uuna parte l'Anpi ha già chiesto un cordone di protezione per la Brigata Ebraica contro la presenza del Bds (Movimento che boicotta i prodotti di Israele) anche se la sigla ieri ha sottolineato che «ci sono state pesanti mistificazioni, il boicottaggio non è antisemitismo». Dall'altra i centri sociali potrebbero contestare il Pd, che sfilerà dietro allo striscione «Noi, Patrioti Europei» di 12 metri per 1,40 seguito da un'«onda blu», il colore dei mille cappellini, 800 magliette e 500 bandiere dell'Ue «brandizzati» (e in vendita a 6 euro). I no global portano in piazza i profughi e bocciano il decreto Minniti votato (anche) dai dem.
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Genova, bimba di due anni in rianimazione per la dieta vegana, è salva
GENOVA. É arrivata al pronto soccorso dell'ospedale pediatrico Gaslini di Genova in condizioni gravissime. Tanto che è stata trasferita immediatamente al reparto di rianimazione. Non ha neppure tre anni, Chiara, e si troverebbe in condizioni di forte carenza di vitamina B12. Peso nettamente sotto il percentile di riferimento, una scarsa reattività, movimenti rallentati. E un livello di emoglobina bassissimo. Un quadro clinico compatibile con gli effetti su un bambino piccolo di una dieta vegana. La sua mamma e il suo papà sono vegani per scelta e hanno deciso di far seguire anche alla figlia un regime dietetico che esclude ogni alimento di origine animale. Sono proprio loro ad aver attraversato tutta la Liguria, dall'estremo Ponente, e, su indicazione dei medici della propria Asl, hanno portato la piccola Chiara al Gaslini. Un tema delicatissimo e molto attuale, che segna il terzo caso, dall'inizio del 2015, dopo Belluno e Firenze, di un piccolo paziente arrivato in un pronto soccorso pediatrico in gravi condizioni a causa dell'alimentazione. Vicende in cui solo esami molto approfonditi e l'intuizione dei sanitari hanno consentito di individuare la vera origine della sofferenza del bambino. Chiara è stata allattata a lungo dalla madre che avrebbe seguito, anche durante il periodo dell'allattamento, il suo regime dietetico vegano. Con lo svezzamento, poi, le abitudini alimentari della famiglia si sarebbero estese anche alla piccola. Dopo la permanenza in rianimazione, Chiara ha cominciato a riprendersi, ma, oltre ad accertamenti per verificare che non soffra di patologie genetiche, solo una serie di esami potrà dire se abbia riportato danni neurologici permanenti a causa della carenza di vitamina B12, mentre i sanitari sono fiduciosi di recuperare alla funzionalità l'apparato muscolare. Il caso è stato segnalato, secondo prassi, agli assistenti sociali. Anche se non si tratta di incuria o maltrattamenti la vicenda rientra nel campo più vasto di una possibile incuria nei confronti del bambino e a breve anche il Tribunale dei minori potrebbe interessarsi dell'episodio. Vitamina B12, zinco, acido folico, ferro: sono queste le carenze tipiche di chi segue una dieta vegana. "Si tratta di un regime dietetico molto rigido, che però un bambino può seguire, solo a condizione che sia accudito, con check continui, da un pediatra, pronto a intervenire quando le carenze di vitamine o altri elementi siano pericolose per la salute del piccolo", spiega Alberto Ferrando, presidente dell'associazione pediatri liguri. Che pure presiede la commissione tecnica che per il Comune di Genova si occupa della redazione dei menù per la ristorazione scolastica: "A Genova ad esempio è possibile chiedere per il proprio figlio, a scuola, un regime dietetico vegano, ma soltanto presentando un certificato medico - indica Ferrando - le richieste sono moltissime e in forte aumento. Non discutiamo le scelte delle famiglie, ma vogliamo la certezza che un pediatra segua il bambino in un regime alimentare che, se non controllato, può essere molto pericoloso". Ferrando mette in chiaro che le famiglie che scelgono un'alimentazione vegana per i propri figli sono molto, a volte perfino "troppo" attente alla salute dei propri bambini. E Chiara si sarebbe trovata a lottare per la sopravvivenza non per una scarsa attenzione da parte della famiglia. I danni per la carenza da vitamina B12 però sarebbero proprio quelli riscontrati dai sanitari su Chiara: "La mancanza di B12 provoca danni neurologici irreversibili - spiega Ferrando - prima si interviene e si riequilibrano le condizioni, più probabilità si hanno di recuperare la situazione clinica del bambino. Purtroppo i danni sono molto maggiori nei più piccoli". Negli adulti, una dieta vegana, con un buon bilanciamento di apporto proteico di origine vegetale e qualche integratore, può essere condotta senza difficoltà. In un bambino, questo risulta assai più complicato: "Nei bambini la crescita impone una continua correzione degli integratori e degli apporti di vitamine e proteine - evidenzia Ferrando - altrimenti i rischi sono altissimi".
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Attentati Bruxelles, Facebook attiva il Safety Check. Tutti gli hashtag su Twitter e le dirette su Periscope
COME ACCADUTO in passato (ma non sempre, assenza che è costata qualche critica ) anche per gli attacchi di questa mattina a Bruxelles Facebook ha attivato il suo strumento destinato agli utenti che si trovano nella capitale del Belgio, il Safety Check . Ci sono volute due ore e un bel po’ di richieste per suonare la sveglia a Menlo Park. Le persone che hanno un account sul social network possono dunque segnalare che stanno bene, sono incolumi e non sono state coinvolte dalle esplosioni che hanno interessato l’aeroporto internazionale di Zaventem, dove sarebbe stato coinvolto almeno un kamikaze, e diverse fermate della metropolitana, al momento solo Maelbeek sembra però confermata. Dall’altra parte gli amici collegati con loro possono ricevere le notifiche e tirare un sospiro di sollievo. Questa la pagina per gestire la funzione messa a disposizione dalla piattaforma. “Facebook ha attivato a Bruxelles Safety Check, uno strumento semplice e veloce che permette alle persone di comunicare la propria incolumità e di controllare quella degli altri dopo il verificarsi di un grande disastro o di una crisi – ha spiegato un portavoce – nel 2015 più di 950 milioni di persone hanno ricevuto una notifica che li avvisava che un loro amico o un loro caro era al sicuro durante una crisi”. Le notifiche, volendo, possono essere disabilitate o si può confermare, se si è a conoscenza che un amico sta bene, la sua situazione. Se tuttavia il contatto non ha in qualche modo geotaggato la sua presenza da quelle parti, lo strumento rischia di essere inutile. Nel frattempo, dalle 8 del mattino, hanno iniziato a consolidarsi i primi hashtag utili a seguire le vicende che stanno insanguinando la capitale d’Europa. Dopo il #Brussels dei primi minuti gli aggiornamenti, le immagini e soprattutto i brevi video in diretta hanno iniziato a circolare tramite #Bruxelles e soprattutto con quello che è malauguratamente divenuto lo standard sul social dell’uccellino per eventi di questo genere: #PrayForBruxelles ma anche #PrayforBelgium e #PrayersforBelgium. Tutti si alternano in queste ore nella lista dei più utilizzati. Molto diffusi anche #BrusselsUnderAttack, #BrusselsAirport, #BrusselsAttack, #BrusselsMetro e le relative varianti col nome della città in francese. Contenuti e informazioni circolano anche tramite #Zaventemvideo, #Zaventemairport, #ZaventemAttack e altre filiazioni simili. Quanto agli account da seguire, sono molti: da quello del primo ministro belga Charles Michel ai portali istituzionali come quello del Centro di crisi del Belgio , l’unico a cui ha rimandato lo stesso premier e il più retwittato dagli altri account. Utili anche quello della Polizia federale , dell’ aeroporto di Zaventem , delle ferrovie belghe , dell’ azienda cittadina dei trasporti pubblici , della regione di Bruxelles ovviamente dei media locali, da Le Soir all’ Rtbf . Più che in passato, stavolta anche la piattaforma per il live streaming in diretta, Periscope , ha assunto un ruolo di primo piano rilanciando su Twitter, che ne è proprietaria e ne amplifica i contenuti anche fra i propri utenti, i video dei passeggeri in fuga dall’aeroporto e successivamente clip di ogni tipo dal centro della città. Un flusso ininterrotto di persone che ci mostrano di prima mano, dai loro smartphone, il pesante clima negli snodi e nelle strade della metropoli: dalle fermate della metro sbarrate al deflusso, spesso una corsa forsennata, da Zaventem fino ai clienti degli hotel che filmano dalle finestre, passando per lo spiegamento delle forze di Polizia, collocate specialmente nei pressi dei palazzi del potere europeo, su tutti la sede della Commissione europea, fino alla situazione in corrispondenza delle fermate interessate dalle esplosioni. I contatori dei video segnano decine di migliaia di spettatori per questi frammenti di realtà in diretta quando di solito i video privati ne raccolgono poche decine. Se l’utente lo desidera, Periscope notifica in automatico su Twitter l’inizio della trasmissione. Dunque è facile recuperare tutti questi contenuti associando gli hashtag #Periscope e #Brussels . Anche se, come sempre, bisogna tentare di distinguere i contenuti e prestare attenzione alle bufale: una clip dell’attentato allo scalo Domodedovo di Mosca di cinque anni fa sarebbe stata per esempio spacciata come testimonianza proveniente dall’aeroporto belga.
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Il peggior incubo degli uomini? La pelata.
Il terrore degli uomini? La chierica detta anche pelata, piazza o piazzetta a seconda delle dimensioni. Il maschio, una volta definito "sesso forte", è ora diventato debole, debolissimo davanti allo spauracchio dell'invecchiamento che in passato si riteneva facesse paura soltanto alle donne. E tra i vari segni che contraddistinguono l'inarrestabile decadimento uno in particolare è il meno tollerato: la calvizie. Forse anche perchè oramai non è più concessa nemmeno la scappatoia del terrificante "riporto", un tempo perdonato ma ora considerato sconcio e impraticabile così come il parrucchino. Dunque invecchiare in generale è un vero dramma per un maschio italiano su due che si sente minacciato in modo particolare nella capigliatura che ingrigisce o peggio ancora lo abbandona. Per 7 italiani su 10 infatti la chierica fa più paura della pancetta o delle rughe sul viso. I dati emergono dalla ricerca Doxa-Alpecin su Italiani, capelli e invecchiamento,che ha analizzato le risposte di 1.005 italiani, uomini e donne, dai 15 anni in su. Si scopre così che dopo i timori legati alla salute, che toccano 8 italiani su 10 (78 per cento), quello che preoccupa di più rispetto agli anni che passano è dover mettere in discussione le abitudini consolidate, dal mangiare al lavorare in un certo modo (30 per cento) fino ai cambiamenti che impediscono di divertirsi come una volta (28 per cento). Ma fanno anche molta paura, al 20 per cento degli intervistati, i segni e le tracce fisiche che non si possono nascondere e che, inevitabilmente, rivelano il passare del tempo. I capelli sono l'elemento estetico su cui si concentra l'attenzione e la preoccupazione degli uomini superati i 30 anni. Sette maschi italiani su 10 (67 per cento) confessano che sono il segno più evidente ed eloquente degli anni che passano: più dei denti che cadono o si ingialliscono (51) e delle rughe sul viso. L'aumento del peso e la pancetta, a sorpresa, preoccupano invece solo un italiano su tre (29). La lotta alla calvizie vede impegnato quotidianamente un italiano su tre (29) che considera i capelli il dettaglio del proprio look piu' importante in assoluto. Una percentuale decisamente maggiore rispetto a quel 23 per cento che spende molti soldi in creme e cosmetici o addirittura ricorre al botulino per nascondere le rughe sul viso. In totale gli uomini italiani che curano regolarmente la propria forma fisica si attestano al 56 per cento. L'incubo più ricorrente tra i maschi comunque è quello della calvizie che spaventa il 41 per cento degli intervistati. Ma che cosa ne pensano le donne? Che cosa può fare un uomo per non arrendersi alla pelata? Le donne impongono agli uomini il divieto assoluto di adottare il parrucchino: il 59 per cento lo giudica out. Bocciati anche i capelli lunghi sulle spalle quando si incomincia a essere calvi o anche solo stempiati (44). No ai capelli tinti (39), ai quali preferiscono sempre e comunque la capigliatura sale e pepe o addirittura grigia ma naturale, e ovviamente al riporto (36). Le donne si rivelano più indulgenti nei confronti della permanente maschile (23) e del ricorso a gel e pomate (22).
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Il mistero dei crateri di Cerere: i più grandi mancano all'appello
MA dove sono finiti i grandi crateri di Cerere? È la domanda che Simone Marchi , ricercatore del Soutwest research institute di Boulder, in Colorado, si è sentito fare parecchie volte durante i convegni internazionali, dopo che la sonda Dawn ha inviato a Terra le immagini ravvicinate del pianeta nano . Anche se può sembrare pignoleria, la mancanza di grandi cicatrici da impatto sulla superficie è in contrasto con i diversi modelli scientifici di formazione ed evoluzione di un oggetto così antico. Ora una ricerca dimostra che invece almeno in questo Cerere non fa eccezione. Quei crateri sembrerebbero esserci ma, a quanto pare, è lo stesso ''pianetino'' ad averli cancellati. Le implicazioni di questa scoperta riguardano non solo il più grande degli asteroidi, ma direttamente le ipotesi sull'evoluzione del Sistema solare. ''Nonostante non ci siano evidenze di crateri con un diametro superiore a 400 chilometri, non possiamo affermare che i modelli siano sbagliati'', spiega Marchi, associato Inaf, che fa parte del team di Vir (lo spettrometro montato sulla sonda della Nasa). Marchi è primo autore dello studio pubblicato su Nature Communications di cui è autrice anche Maria Cristina De Sanctis , responsabile di Vir. Bisognava cercare meglio, insomma. Cerere, così il pianeta cura le sue cicatrici I modelli teorici sulla evoluzione prevedono infatti che un corpo celeste come Cerere debba possedere dai 10 ai 15 crateri giganti, con dimensione superiore ai 400 chilometri. E almeno altri 40 con diametro superiore ai 100. Lo stesso asteroide Vesta, grande circa la metà, ne possiede uno che misura oltre 500 chilometri e occupa quasi un intero emisfero. Le immagini inviate da Dawn mostrano invece appena 16 crateri di dimensioni 'medie' e nessuno oltre i 280 chilometri. Prima di rivedere le teorie, dunque, il team internazionale di scienziati guidato da Marchi ha analizzato le immagini della camera di Dawn e trovato quasi con certezza almeno una grande depressione che potrebbe essere ciò che rimane di un cratere gigantesco, e due altri candidati meno evidenti. Il cratere 'fantasma' (battezzato Kerwan), individuato nella regione “Vendimia planitia” grazie ai dati altimetrici, ha un diametro di circa 800 chilometri. Ma dove sono tutti gli altri? ''Il nostro studio si concentra su quanti crateri ci sono su Cerere e quanti ne mancano all'appello. Per ora, abbiamo formulato alcune teorie che possono spiegare questa apparente anomalia – continua Marchi – la prima riguarda la possibile presenza di ghiaccio d'acqua sotto la superficie, non sappiamo in quale concentrazione. Come accade anche sulla Terra, il ghiaccio ha implicazioni sull'evoluzione geologica. I suoi movimenti possono far sì che la superficie (che è relativamente calda) tenda a rilassarsi. La depressione si riduce col passare del tempo e tende a scomparire a causa del movimento del sottosuolo''. A contribuire a questo 'rilassamento' potrebbe essere stata anche la composizione superficiale del pianeta: la presenza di sali e carbonati, materiali friabili che, in tempi geologici, possono esser confluiti verso il centro livellando la superficie delle depressioni. La presenza di questi composti è testimoniata dagli ormai celebri ''bright spots'', quelle macchie bianche che Dawn è riuscita a vedere e fotografare quando si trovava ancora a milioni di chilometri di distanza. La più grande, all'interno del cratere Occator, è composta proprio da carbonato di sodio. ''La concentrazione in queste macchie fa pensare che ci sia un processo attivo, anche recente, a portare questo materiale a 'eruttare' sulla superficie. Possiamo pensare che in passato questi fenomeni potessero essere molto più attivi, contribuendo a livellare la superficie dei crateri”. In sintesi, sembra che sia stato Cerere stesso a riparare le proprie cicatrici, come una gigantesca operazione di chirurgia plastica. Grazie allo strumento italiano Vir, (finanziato e coordinato dall’ Agenzia Spaziale Italiana e costruito da Selex Es) sono stati riscontrati fillosilicati, argille che contengono ammoniaca, altra prova della presenza di acqua. ''Si tratta di materiali rari sulla Terra e ancora di più sugli asteroidi. Sappiamo che Cerere si è formato molto presto e molto rapidamente, oltre 4,5 miliardi di anni fa, è più vecchio della Terra. In questo senso – conclude Marchi – rappresenta un testimone chiave per comprendere la formazione e l'evoluzione del nostro Sistema solare''.
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Sla, protesta contro l'inadeguatezza dei fondi statali. Mauro: "Servono 600 milioni"
ROMA - Più impegno da parte dello Stato nei finanziamenti ai malati di Sla. Questa è la richiesta dell'Aisla (Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica) per sostenere le quasi 6000 persone affette dalla patologia neurodegenerativa. Mercoledì 30 novembre dalle 10.30 familiari e sostenitori dei malati di Sla - e altre affezioni fortemente invalidanti - daranno vita a un presidio sotto il ministero dell'Economia per chiedere che i fondi raggiungano la quota di 600 milioni di euro. Una cifra distante dai 450 milioni di esborso previsti dal governo Renzi. Il sostanziale aumento del Fondo per le Non Autosufficienze, entro il quale non rientrano esclusivamente i malati di Sla, è considerato dall'Associazione indispensabile: "La cifra di 600 milioni, benché importante, - ha dichiarato il presidente dell'Aisla, Massimo Mauro - è per noi minima, soprattutto se consideriamo i costi delle cure per chi è affetto dalla malattia" . Mauro , ex calciatore e ora mentatore televisivo, era amico di Stefano Borgonovo anche lui calciatore, morto di Sla tre anni fa. "Per una degna assistenza al domicilio - aggiunge - sono necessari dai 100mila ai 120mila euro annui. Considerando i 6000 malati, di cui molti gravi e gravissimi, è fondamentale per noi che lo Stato si impegni per almeno 600 milioni di euro". Una linea condivisa dal Comitato 16 novembre , che si occupa di sostenere persone con malattie fortemente invalidanti: " Il presidio - recita una nota - darà sostegno all'emendamento presentato dalla Senatrice Biondelli alla legge di Bilancio. L'aumento del Fondo è necessario poiché, con l'approvazione del Piano per la Non Autosufficienza, la platea dei beneficiari è stata notevolmente aumentata ma il Fondo attuale non potrà mai soddisfare le esigenze dei disabili italiani". Tra gli altri sarà presente al presidio Laura Flamini , presidente del Comitato e malata di Sla . Un presidio che il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Giuliano Poletti, sta cercando di scongiurare: "Il Ministro Poletti ha invitato me e le altre associazioni - continua Mauro - a un tavolo straordinario per discutere dell'impegno economico del governo. Potrebbero cambiare alcune cose e non possiamo che apprezzare l'interesse mostrato, ma qualora l'esito dell'incontro non dovesse essere positivo la nostra protesta continuerebbe". Come detto in precedenza, l'Aisla ritiene i 600 milioni indispensabili: "E' una quota minima che richiediamo. Servirebbe un miliardo per poter coprire la quasi totalità delle spese. Per questo la nostra istanza ci sembra più che ragionevole" ha dichiarato risolutamente. Quelle legate all'impegno economico non sono le uniche problematiche che devono affrontare i disabili gravi e gravissimi del nostro Paese: "I soldi sono spesso erogati in maniera cervellotica. Ogni Regione dispone di criteri e modalità differenti per l'approvvigionamento di questo risorse". Una misura necessaria sarebbe quella di creare una linea rapida per affrontare la Sla, una malattia che dalla diagnosi può portare alla morte in appena cinque anni: "Per i protocolli di sperimentazione servono dai due ai quattro anni. Un malato di Sla quel tempo non lo ha a disposizione. Vorremmo creare un Fast Track, una corsia preferenziale - già chiesta all'agenzia del farmaco - per approvare più rapidamente le sperimentazioni. Per una malattia neurodegenerativa le tempistiche sono fondamentali, tanto più per la Sla per la quale non esiste un farmaco". L'appuntamento con il ministro Poletti sarà quindi fondamentale: "E' da tempo che scriviamo a Renzi affinché aumenti questi fondi. Seimila persone possono sembrare poche, ma sostenerle rappresenterebbe per il nostro paese un esempio di civiltà" conclude.
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Australia, uomo travolge pedoni: 3 vittime e oltre 15 feriti
È di tre morti e oltre 15 feriti il bilancio ancora provvisorio dell'incidente avvenuto a Melbourne , in Australia, dove un uomo ha deliberatamente guidato la sua auto contro dei pedoni. La polizia non si sbilancia ancora sulle cause ma ha assicurato che non si tratta di un episodio legato al terrorismo. L'area era piena di poliziotti armati perché in città si sta svolgendo il torneo di tennis dell Australian Open che continuerà normalmente. La polizia ha sparato al conducente 26enne al braccio, prima di trascinarlo fuori dal veicolo e arrestarlo. Secondo la rete locale 7News l'uomo ha un passato di violenze familiari ed era ricercato per un accoltellamento avvenuto il giorno prima. Era stato visto guidare come se vagasse e a un certo punto ha accelerato entrando in una zona pedonale, lanciandosi appunto deliberatamente sulla folla. Gli agenti riferiscono che la situazione è sotto controllo anche se testimoni riferiscono di aver avvertito colpi d'arma da fuoco. Nel frattempo la zona è stata evacuata.
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La Calabria e la Magna Grecia
Il nome Magna Grecia fu usato forse dalla seconda metà del 4° sec. a.C. Con esso si indicavano le colonie greche dell’Italia meridionale peninsulare, ma non la Sicilia Greca. Prima di quell'epoca i colonizzatori greci venivano chiamati semplicemente italioti. Secondo gli storici il nome Magna Grecia è probabilmente legato alla prosperità della regione al tempo dei pitagorici. I primi coloni arrivarono nel VIII e VII a.C. Erano mercanti, contadini, allevatori e artigiani che emigravano dalle città della Grecia antica, che favorivano questi processi per aumentare i flussi commerciali e per allentare le tensioni sociali dovute a un eccessivo incremento della popolazione. I più attivi nella colonizzazione furono i calcidesi, fondatori di Cuma e Reggio e gli achei che fondarono Sibari, Crotone e Metaponto. Ma anche altre città greche fondarono colonie nel sud Italia. Gli ioni di Colofone fondarono Siri, gli spartani fondarono Taranto, i locresi occidentali Locri Epizefiri e gli ateniesi in epoca più tarda Turi. Con il passare dei secoli, per le stesse ragioni per cui i primi coloni greci avevano colonizzato il sud Italia, anche le colonie della Magna Grecia fondarono nuove colonie, espandendo di fatto la civiltà greca a tutto il territorio oggi chiamato Calabria. La Magna Grecia brillò non solamente per la sua ricchezza economica e commerciale, ma anche culturale. Fu la patria di Pitagora, di Empedocle, Gorgia, Zenone di Elea, Parmenide, dei pitagorici Filolao, Liside, Echercate, Achita e Timeo. Nacquero qui anche importanti storici come Glauco, Lico e Ippi, i medici Timoteo e Alcmeone, il legislatore Zaleuco, il matematico Archimede e importanti artisti e poeti. Il nobile e poeta greco Ibico, originario di Reggio, scrisse nel 500 a C: Di nuovo sotto le palpebre fosche Eros mi lancia uno sguardo struggente, e con multiformi malie mi getta nelle reti inestricabili di Cipride. Io temo al suo venire, come un cavallo aggiogato, vincitore negli agoni, vicino alla vecchiaia, controvoglia scende alla gara con il carro veloce.
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E Di Maio in cerca di voti vuole nazionalizzare la rete di Telecom Italia
Il Movimento 5 Stelle auspica la nazionalizzazione della rete Telecom che deve confluire in una società a controllo pubblico. Lo dice a Radiocor il candidato Premier del movimento Luigi Di Maio. Peccato che portar via la rete a Telecom significa azzerare il valore della società stessa visto che l'asset vale circa 15 miliardi ossia la sua capitalizzazione in Borsa. Ma c'è anche un altro problema: la rete, un bene prezioso, deve funzionare a meraviglia ed essere sempre aggiornata. Insomma la gestione pubblica è ben lontana da criteri di efficienza di questo tipo. Terza considerazione: la reazione degli azionisti a una simile mossa dato che certamente soldi pubblici per comperare l'asset non ci sono. E quindi servirebbe una «nazionalizzazione» in piena regola per riportarla in mano pubblica, come auspica Di Maio. Per il candidato premier la mossa «offrirebbe una par condicio regolamentare e operativa a tutti i fornitori di servizi». Intento lodevole, ma che di fatto c'è già e sarà implementato nei prossimi mesi dal progetto presentato dalla stessa Telecom all'Agcom. Forse Di Maio vede la questione anche come fonte di consensi. «Investire nel miglioramento della rete e nella fibra significa creare moltissima ricchezza e posti di lavoro, andando rapidamente verso l'obiettivo di eliminare il digital divide che mina la competitività del Paese». Il problema è che spesso, in Italia, pubblico vuol dire dispersione di ricchezza. Una rete «pubblica» potrebbe investire, per convenienze elettorali, in zone assolutamente prive di valenza economica. Un precedente famoso è il noto progetto Socrate, iniziato nel 1996 quando Telecom era ancora in mani pubbliche. Gli investimenti sulla rete in fibra con tanto di scavi vennero fatti a Palermo e Bari e non a Milano. Risultato: miliardi di (vecchie) lire buttati al vento. Sbagliare è umano, perseverare è diabolico.
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Tour de France 8 tappa: prima vittoria francese, Nibali resiste a Contador
Primi chilometri di tappa molto intensi: scatti e controscatti all'inizio per tentare di allungare sul gruppo, con diverse squadre interessate a piazzare un proprio uomo nella fuga. Ci vogliono ben 20 km., percorsi ad oltre 50 orari, prima che prenda il largo il tentativo giusto; sono in due ad avvantaggiarsi, Chavanel (IAM Cycling) e Terpstra (Omega), inseguiti da tre contrattaccanti. I due davanti, ex compagni di squadra fino all'anno scorso, parlottano fra loro e decidono di attendere gli inseguitori, e al chilometro 40 ecco al comando cinque uomini: oltre ai già citati Terpstra e Chavanel, ci sono i francesi Kadri (Ag2R) e Petit ('Cofidis), insieme al britannico Yates (Orica). Il gruppo, dopo quasi 50 km a tutta, si rilassa e il vantaggio dei battistrada aumenta rapidamente fino a superare i 10 minuti. Mai, in questo Tour de France, era stato concesso tanto vantaggio ad una fuga. La squadra della maglia gialla si limita a mantenere un'andatura regolare in testa al plotone, senza nessuna intenzione di inseguire i cinque in testa. Durante questa settimana, la Francia ha avuto modo di conoscere meglio Nibali, apprezzandolo in particolare per la sua tranquillità; tranquillità che emerge in questa fase della tappa, quando lo si vede sorridere e scambiare qualche battuta con lo spagnolo Joaquim Rodriguez . I cinque vanno di comune accordo, tanto che non fanno neppur la volata per lo sprint intermedio: passa per primo Terpstra, poi Petit e Chavanel. La loro attenzione è tutta rivolta all'arrivo, visto che, per la prima volta in questa edizione del Tour, la fuga ha ottime possibiltà di andare in porto. Il vantaggio, infatti, ha ormai raggiunto gli 11 minuti e il gruppo procede ad andatura piuttosto tranquilla. Ad aggiudicarsi la volata del plotone è Coquard, davanti a Kittel e Sagan. Un forte scroscio di pioggia bagna la corsa quando mancano 50 km al traguardo. In vista della prima salita, le squadre dei big aumentano la velocità e ai piedi del Col de la Croix des Moinats il vantaggio è sceso a 6 minuti, quasi dimezzato dalla spinta di Belkin, Katusha e Garmin. Le prime rampe di ascesa fanno esplodere il gruppetto dei fuggitivi: scatta Chavanel, Kadri risponde mentre gli altri tre non sono in grado di seguire la coppia francese all'attacco. Dietro la Tinkoff di Contador scandisce un ritmo alto che fa una certa selezione nel gruppo. Ai -4 km dalla vetta, Kadri si libera del connazionale e se ne va in completa solitudine. Il lavoro dei gregari di Contador fa male alla maglia bianca Kwiatkowski, che si stacca a sorpresa. Sulla seconda ascesa perdono contatto dal gruppetto dei migliori altri nomi importanti: il capitano della Belkin Mollema, Rolland e Fuglsang, compagno di Nibali e secondo in classifica generale. La Tinkoff non ha mai mollato la testa del gruppo lungo le due salite - encomiabile, in particolare, il lavoro di Michael Rogers - mentre davanti Kadri mantiene un discreto vantaggio su chi insegue e fa incetta di punti per la maglia a pois. Sulla discesa che precede l'ultima difficoltà di giornata, cade il leader della Garmin Talansky . Blel Kadri , lucido a gestirsi durante la lunga fuga, arriva da solo sul traguardo di Gérardmer e regala la prima vittoria alla Francia in questo Tour. Nella tappa di domani vestirà anche la maglia a pois. Sulla rampa conclusiva va all'attacco Contador, ma Nibali non concede neppure un centimetro e si incolla alla ruota dello Spagnolo. Sfida di sguardi e nervi fra i due, che fanno il vuoto e rimangono da soli nell'ultimo, infinito, chilometro. Tenta di resistere alle loro spalle Richie Porte, ma senza riuscire a ricucire il distacco. Contador rilancia più volte l'azione, Nibali risponde puntualmente e soltanto nei 50 metri finali "El Pistolero" si scrolla di dosso la maglia gialla (che probabilmente ha sbagliato una cambiata, mettendo un rapporto troppo duro), rosicchiando un paio di secondi in classifica. I due giungono secondo e terzo sul traguardo, rispettivamente a 2'17'' e 2'20'' da Kadri. Alla spicciolata, con pochi secondi di ritardo, arrivano tutti gli altri, da Porte a Van Garderen e Rui Costa . Nibali rafforza la sua maglia gialla, portando a 1'44'' il vantaggio sul secondo in classifica, che rimane il compagno Fuglsang; terzo Porte a 1'58'', quarto Kwiatkowski a 2'26'', poi Valverde a 2'27'' e Contador, risalito fino alla sesta posizione, a 2'34''. Chiude la top ten Van den Broeck con 3'02'' di ritardo.
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Mohammed Al Nimr: "Mio fratello, lo sceicco, non ha mai inneggiato all'odio contro i sunniti"
MIO fratello non apparteneva soltanto alla sua famiglia ma a tutta la sua comunità. È a nome suo che ci auguriamo che oggi nessuno perda di vista le sue parole e il suo invito alla non violenza: chi vuole protestare lo faccia senza armi e senza ulteriori spargimenti di sangue. È questa la volontà dello sceicco Al Nimr". La voce di Mohammed Al Nimr arriva chiara da Qatif, la capitale degli sciiti sauditi di cui è originaria la famiglia: al telefono i rumori della gente che si accalca nella casa per fare le condoglianze arrivano chiari. Ma il fratello del religioso ucciso a Riad insieme agli altri 46 condannati a morte non si nega a chi lo cerca: vuole che la volontà del fratello ucciso arrivi al mondo senza fraintendimenti. Chi era suo fratello? "Era prima di tutto un religioso riconosciuto e rispettato per il suo sapere, una persona che aveva studiato a lungo per arrivare ai livelli più alti della scienza religiosa. Era un sostenitore della non violenza, che condannava l'uso delle armi come strumento politico. Era una persona che detestava la contrapposizione settaria fra sunniti e sciiti. Sfido chiunque a portare prove del fatto che abbia mai incitato alla rivolta armata o che abbia agito a nome di governi stranieri". Ma suo fratello si occupava anche di politica, non soltanto di religione... "Ha iniziato a interessarsi di politica nel 2009, quando la tensione fra sunniti e sciiti qui in Arabia Saudita si è esacerbata. Da allora è finito nel mirino delle autorità e non ne è più uscito. Nel 2012 ha sposato la causa della primavera araba ed è stato arrestato: la sua condanna è avvenuta alla fine di un processo lontano da qualunque standard internazionale. Ma voglio ribadire: mio fratello non ha mai invitato alla violenza e non è mai stato, come dicono le autorità, un agente del governo iraniano". Ha passato molti anni a Qom per studiare: certo che non si fosse avvicinato ad alcun movimento politico iraniano? "No. Non aveva alcun tipo di relazione con partiti o movimenti politici iraniani o con il governo. Anzi aveva apertamente criticato molte delle politiche iraniane". Vi aspettavate la sua esecuzione? "No. Proprio perché sapevamo quanto il suo caso fosse simbolico e importante, speravamo che si arrivasse a un compromesso. Mio fratello era molto amato e rispettato e per questo non pensavamo che il re avrebbe davvero firmato il decreto di esecuzione. Anche lui lo sperava: l'ultima volta che ci abbiamo parlato era ottimista e di buon umore". Come avete appreso della sua morte? "Dal notiziario in televisione. Poi le strade si sono riempite di gente vestita a lutto: oggi qui a Qatif sembra uno dei giorni della Ashura, il giorno del dolore per gli sciiti. Tutti sono vestiti di bianco, il colore del lutto, tutti sono in lacrime: noi abbiamo fatto un appello alla calma ma non possiamo sapere quello che accadrà nelle prossime ore. Il governo ha militarizzato le strade, la polizia e l'esercito sono ovunque: la tensione è molto alta". In carcere resta suo figlio, Ali Al Nimr, arrestato a 17 anni, anche lui condannato a morte: avete notizie? "No. Sappiamo che non è stato ucciso ma abbiamo paura. Non sappiamo perché stato risparmiato, ma sappiamo che la condanna potrebbe raggiungerlo in ogni minuto". (ha collaborato Fouad Roueiha)
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Figc, le "Leggende azzurre" pronte a scendere un campo
Grandi manovre in Federcalcio: Gabriele Gravina vuole accelerare, la partenza della sua gestione non è stata facilissima, troppi i problemi lasciati da un commissariamento che è meglio dimenticare. Non si sa se nel consiglio federale previsto per il 30 gennaio si parlerà anche della situazione della serie B: per Gravina i giochi sono fatti, il 18 dicembre il c.f. aveva deciso che dal prossimo anno il format tornerà a 22 (ora è a 19). A meno che ci sia un accordo "politico" fra Balata e Ghirelli per passare a venti, ma la Lega di C vuole cinque promozioni. Non facile. Si sta trattando, comunque. Gravina è stato chiaro. I club cadetti potrebbero andare al Tar? Sarebbe un atto clamoroso, la Figc non ne vuole sapere di una B a 18. La questione è assai delicata. Da risolvere anche il problema delle fidujussioni Finworld in Lega Pro: ci sono società che non le hanno sostituite e rischiano una pesante penalizzazione. Un campionato già martoriato: quattro club (Pro Piacenza, Lucchese, Matera e Cuneo) non si sa nemmeno se riusciranno a chiudere la stagione. Per altri sarà un calvario con stipendi non pagati. Ghirelli lo sapeva quello che lo aspettava, bisognerà fare, e in fretta, una vera riforma di tutti i campionati. Il Club Italia sarà strutturato come una vera società di calcio: ma se ne parlerà nei dettagli a febbraio, in un prossimo consiglio federale. Gravina ci sta lavorando, sarà lui il presidente di questa nuova struttura che avrà anche una sua autonomia finanziaria. Previsto un cda di cui dovrebbero fare parte 4-5 elementi fra cui Marotta e Ulivieri. Un ruolo chiave, da coordinatore-direttore generale, per Gianni Grazioli, "colonna" del sindacato calciatori. Ritornano in pista Mauro Vladovich e Giulio Pazzanese che erano stati messi da parte nella precedente gestione. Spazio anche per Giovanni Spitaleri. Inoltre verrà creata una struttura chiama "Leggende azzurri". No, non saranno di sicuro delle figurine ma ex grandi campioni che avranno un ruolo attivo: si andrà a pescare sui vincitori dei Mondiali dell'82 e '96, ma anche su chi ha fatto parte della nazionale del 1990. Si stanno definendo i nomi in questo periodo: alcuni di loro, i più giovani, scenderanno in campo per partite di beneficienza, altri saranno gli "ambasciatori" (fra questi forse Rivera) del calcio italiano nel mondo. I nomi che circolano in questi giorni sono quelli di Paolo Rossi, Zoff, Tardelli, Gentile, Schillaci, eccetera. Tutti campioni indimenticati e indimenticabili. Potrebbero anche andare nelle scuole per parlare dei valori dello sport, contro il bullismo: di sicuro avrebbero un certo impatto. Intanto nel consiglio della prossima settimana verrà ufficializzata la nomina di Demetrio Albertini come presidente del settore tecnico al posto di Gianni Rivera. Si vuole rilanciare la scuola di Coverciano. Rai Sport, Bulbarelli ha scelto sei vicedirettori Rai Sport, il nuovo direttore Auro Bulbarelli ha presentato oggi a Saxa Rubra il suo piano editoriale. Vuole rifare Domenica Sprint, la Domenica Sportiva è già diventata un contenitore unico, nascerà una nuova redazione “Ruote” fra ciclismo e Formula 1, mentre la redazione sport vari diventa “olimpica”. Scelti anche i vicedirettori, saranno sei: Maurizi (responsabilità grandi eventi), Cerqueti (con delega al palinsesto), Varriale (delega al calcio e alla Nazionale), Alessandra De Stefano come quota rosa (delega ciclismo), Gentili (delega notiziari) e Civoli (delega su redazione Milano). Rientrato a Rai Sport, Marco Mazzocchi. Giuseppe Leoni reintegrato alla presidenza dell'Aero Club Nel corso della riunione di Bolzano, è stata aggiornata da Malagò la Giunta Coni sulla sentenza del Tar del Lazio che ha accolto il ricorso dell'ex Presidente dell'Aero Club, Giuseppe Leoni nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, per il suo reintegro al vertice della Federazione. Leoni, ex senatore, è stato fra i fondatori della Lega Nord.
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Le società multietniche? Non esistono
Non esistono «società» multietniche. Quale che sia la buona fede o l’ingenuità di coloro che si affannano in questi giorni ad affermare il contrario, una società multietnica non può esistere perché una «società» non è data dalla somma di singoli individui, ma dal loro appartenere e vivere in una «cultura». Ogni cultura possiede una sua «forma», creata dalle particolari caratteristiche che distinguono un popolo dall’altro e che si manifestano nella diversa visione del mondo, nella diversa sensibilità nei confronti della natura, nella diversità delle lingue, delle religioni, delle arti, dei costumi, dei sentimenti. Ciò che mantiene in vita una cultura è la «personalità di base» del popolo che l’ha creata, quel particolare insieme di comportamenti che ci fa dire con molta semplicità: gli inglesi sono fatti così, gli americani sono fatti così, gli spagnoli sono fatti così, e che ci permette di riconoscere immediatamente come «tedesca» una sinfonia di Wagner e come «italiana» una sinfonia di Rossini. La diversità delle culture costituisce la maggiore ricchezza della storia umana. Ma le culture muoiono. La storia ci dimostra che anche le più forti, le più ricche, le più potenti, a un certo punto spariscono e non sempre perché distrutte da conquistatori di guerra. È sparita quella straordinaria dell’antico Egitto di cui ci rimane, oltre all’immensa ammirazione per le piramidi, anche la consapevolezza di essere talmente diversi da non sapere come abbiano fatto a costruirle; è sparita quella di Omero, di Fidia, della cui morte non riuscivano a darsi pace prima di tutto i romani che hanno fatto l’impossibile per conservarla in vita, ma in seguito innumerevoli pensatori, poeti, artisti d’Occidente così che a un certo punto Hegel ha perso la pazienza e gli ha gridato in faccia brutalmente l’unica risposta: «Laddove un tempo il sole splendeva sui greci, oggi splende sui turchi, dunque smettetela di affannarvi e non ci pensate più!». È così, infatti: sono gli uomini i creatori e portatori di una cultura; non appena sopraggiungono altri uomini, portatori di un’altra personalità di base, di un’altra cultura, quella invasa deperisce e muore. Non è necessario neanche che gli invasori siano numericamente in maggioranza: l’invasore è sempre il più forte per il fatto stesso che si è impadronito del territorio di un altro e che si aggrappa, molto più che a casa propria, ai costumi, ai cibi, ai riti, alla religione della sua cultura nel timore di perdere la propria identità. Chiunque neghi questo, nega agli esseri umani, invasori o invasi che siano, ciò che li contraddistingue come «uomini», riducendone i bisogni e gli scopi alla sopravvivenza biologica. «Non di solo pane vive l’uomo». La Conferenza episcopale italiana sembra essersene dimenticata e tocca a noi, italiani e convinti che la nostra «cultura» debba essere salvaguardata, come e più delle altre, anche per tutto quello che contiene della bellezza del messaggio evangelico, domandare ai vescovi se non sia il caso che essi si interroghino, prima di tutto su che cosa significhi per loro definirsi «italiani», e poi su quale sarà il prossimo (vicinissimo) futuro del cristianesimo in Italia. Riteniamo anche che tocchi a noi, proprio perché laici e convinti che la libertà del pensiero sia il patrimonio irrinunciabile dell’Occidente, difendere il messaggio di Gesù dal tentativo sempre più pressante, e tragicamente traditore, di ridurlo a una variante dell’Antico Testamento e, di conseguenza, anche dell’islamismo. Senza la ribellione di Gesù alla mentalità normativa e tabuistica dell’ebraismo, senza la forza del suo comando: «La vostra parola sia: sì sì, no no», così simile all’assoluto valore riposto dai romani nella propria parola, i suoi seguaci non avrebbero capito che il destino del cristianesimo era Roma. E la sinistra? Strano a dirsi, si comporta più o meno come la Chiesa. Cosa pensa di fare degli italiani, della cultura italiana, quella sinistra che per tanti anni è stata l’unica forza politica a interessarsi di antropologia, a pubblicare Lévi-Strauss, Malinowski, Foucault, Leroi-Gourhan? Perché adesso tace di fronte alla morte della cultura italiana, dopo aver tanto pianto sulla morte delle culture primitive? Perché ci odia? Perché non fa per gli immigrati l’unica cosa giusta e che sarebbe in grado di fare molto meglio degli altri partiti, ossia aiutarli a rimanere nel proprio Paese? Non è iscrivendoli all’anagrafe come italiani che gli stranieri creeranno le melodie di Monteverdi o di Puccini, dipingeranno le Madonne di Raffaello o di Mantegna, scriveranno i versi di Petrarca o di Leopardi. Né si dica che gli stranieri servono a combattere il decremento demografico. Gli italiani fanno pochi figli per tre motivi principali. Il primo: siamo troppi per l’estensione del nostro territorio (260 abitanti per chilometro quadrato contro, per esempio, i 22 abitanti per chilometro quadrato degli Stati Uniti), senza tener conto del fatto che la maggior parte del territorio italiano è formato da montagne. La natura segue le sue leggi di sopravvivenza e, a causa dell’eccessiva densità, fa diminuire la prolificità. Non può sapere che i politici lavorano contro le sue leggi, col risultato che più gente entra, più la natura cerca di far diminuire gli abitanti, ossia gli italiani dato che è nell’interesse degli immigrati fare più figli che possono diventare maggioranza. Il secondo motivo consiste proprio nel senso di condanna a morte che si respira nell’aria. Non c’è bisogno di spiegazioni antropologiche: la gente sente benissimo di essere assediata e che non le è permesso neanche il più piccolo gesto di difesa. A che pro fare figli se non servono a conservare ciò che è italiano? Infine, il terzo motivo: la difficoltà concreta di provvedere ai figli. Questo sarebbe superabile se tutte le forze, il denaro, gli interessi della nazione fossero concentrati sui bisogni della procreazione, delle madri, delle famiglie. Ma non è così. Quel poco che ha fatto il governo Berlusconi, è soltanto un segno di buona volontà, non ciò che sarebbe necessario: una nuova organizzazione impegnata psicologicamente ed economicamente a far nascere molti italiani. E soprattutto, al di là delle cose concrete: cominciare a far sentire agli italiani che qualcuno li ama e vuole che essi vivano.
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Dieselgate, la Volkswagen richiamerà 11 milioni di auto
Volkswagen richiamerà fino a 11 milioni di vetture per sostituire il software incriminato inviando una comunicazione ai clienti già nei prossimi giorni. A Wolfsburg, durante un incontro a porte chiuse con un migliaio di top manager, il neo-amministratore delegato Matthias Mueller promette "un piano esaustivo" che risolva una volta per tutte il problema dei software truffaldini grazie a "soluzioni tecniche che verranno comunicate ai clienti in pochi giorni" . Volkswagen si prepara a entrare nella storia dei richiami automobilistici. Con una maxi operazione, che gli analisti stimano intorno ai 6,5 miliardi di euro, si prepara a richiamare 11 milioni di automobili . Di queste circa 5 milioni sarebbero auto con marchio Volkswagen, 2,1 milioni Audi, 1,2 milioni Skoda e 1,8 milioni veicoli commerciali. Ai proprietari di vetture diesel truccate verrà spiegato come rimettere le proprie vetture in regole. La soluzione dovrà essere annunciata entro la scadenza del 7 ottobre fissata dall’autorità tedesca Kba. "Abbiamo davanti un cammino faticoso e un sacco di duro lavoro - dichiara Mueller - saremo in grado di fare progressi solo a piccoli passi e ci saranno battute d’arresto" . Il nuovo amministratore delegato annuncia inoltre uno scorporo del marchio Volkswagen, destinato in futuro a diventare "indipendente" come Audi e Porsche. Mentre l'incubo di una class action su scala planetaria e di un effetto domino di cause collettive dalle conseguenze finanziarie imprevedibili fa affondare ulteriormente il colosso di Wolfsburg, Bruxelles attende spiegazioni. "La Commissione vuole i fatti" , afferma Ricardo Cardoso, portavoce del commissario per l’Industria, Elzbieta Bienkowska. Il governo giapponese, invece, ha ordinato un'inchiesta sui maggiori produttori di automobili locali (Toyota, Nissan, Mazda e Mitsubishi) e sugli importatori di marchi europei per verificare se i loro veicoli rispettino gli standard sulle emissioni di gas inquinanti. Misure analoghe sono già state adottate da vari altri Paesi, tra cui Gran Bretagna, Francia e Corea del Sud. "I risultati dei controlli - annuncia il ministro dei Trasporti, Akihiro Ohta - verranno consegnati venerdì prossimo" . A causa del Dieselgate , secondo quanto riporta il Financial Times , il fondo sovrano del Qatar ha già perso 12 miliardi di dollari con il calo dei titoli Volkswagen, Glencore e Agricultural Bank of China, tre dei maggiori investimenti del fondo da 250 miliardi di dollari. La sola perdita per il calo dei titoli Volkswagen è di 8,4 miliardi di dollari. Dal 6 ottobre l'azione della casa automobilistica responsabile dello scandalo emissioni verrà, peraltro, eliminata dal Dow Jones Sustainability Index che raggruppa le aziende (teoricamente) attente alla sostenibilità. Intanto a Berlino le autorità hanno un altro cruccio, che è quello dei lavoratori del gruppo. Il vicecancelliere e ministro dell'Economia, Sigmar Gabriel, ha chiaro un punto: "Non stiamo combattendo per i manager, ma per gli occupati". Nella speranza di evitare quello che, senza tanti giri di parole, definisce un possibile "disastro".
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