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IT100002
Esame: PHE-S
Risultato: 0) dalla data 2017-03: dopo 2 eventi: un punteggio di 2,5. [\MULTI_ANSWER] 1) dalla data unknown: dopo 1 eventi: un punteggio pari a 3.
1
Anna è una donna di 47 anni, vive con il figlio in un piccolo appartamento in un paese carsico, lavora nel campo della ristorazione e, nonostante una patologia genetica familiare che provoca delle alterazioni scheletriche, cardiologiche, oculari e cutanee, vive una vita serena e tranquilla. Ha una buona rete familiare e informale che supporta la famiglia. Viene seguita da un centro di riferimento specifico per patologia rara a Bologna e si sottopone a controlli clinicostrumentali periodici e regolari. Nel gennaio del 2017 esegue un intervento chirurgico di piede torto congenito presso l’Istituto Rizzoli. Durante la degenza, a seguito di un dolore retrosternale e di una sincope, viene sottoposta a un intervento di endoprotesi di aorta per dissezione acuta. Al rientro a casa, nel marzo del 2017, deve proseguire i controlli cardiologici ed eseguire la fisioterapia per gli esiti di intervento al piede e regolari controlli ematici. Non essendo autonoma nella deambulazione, viene presa in carico dai servizi del Distretto n. 1 dell’ASUGI di Trieste. Anna sembra, in un primo momento, una persona collaborante al piano assistenziale predisposto, ma, dopo un paio di interventi per controllare gli esiti della ferita al piede, si intuisce che qualcosa non funziona. Si somministra la scheda PHE-S® per una valutazione dell’elaborazione del vissuto della malattia, riscontrando un punteggio di 2,5. Parlando con lei emerge una profonda difficoltà ad accettare l’intervento al cuore, riferisce di sentirsi bloccata e ripete spesso: “Sono in black out”. Questa incapacità di reagire è evidente sul piano pratico: non controlla la pressione arteriosa come suggerito dalle dimissioni ospedaliere, non si preoccupa dei risultati delle analisi diagnostico-strumentali, ma è, invece, molto concentrata sul piede che le provoca molto dolore. In questo caso, il piano assistenziale individuale ha previsto un ciclo di fisiokinesiterapia per l’arto inferiore, interventi infermieristici di monitoraggio dei parametri vitali e del dolore, educazione terapeutica, controlli cardiologici ed esami ematochimici. Per lo stato di “black out”, si è proposto l’intervento di una psicoterapeuta del Distretto Sanitario, per cercare di attivare risorse atte a superare lo shock dell’intervento chirurgico al cuore. La vita è cambiata radicalmente per questa giovane donna, non può rientrare presso la sua sede lavorativa, l’attività in piedi per molte ore non è consentita per il suo stato di salute e arriva, quindi, il licenziamento. Un colloquio con l’assistente sociale si rende necessario per capire come indirizzare Anna alle varie possibilità di sostegno economico per lei e la sua famiglia. I valori della PHE-S dopo 4 mesi di interventi sono incrementati fino a raggiungere un punteggio pari a 3. Lentamente e con il supporto dell’infermiera e della fisioterapista, Anna inizia ad avere un ruolo attivo nella gestione della sua salute. Si misura costantemente la pressione arteriosa, che si mantiene nei valori consigliati dal cardiologo, si sottopone agli accertamenti di controllo, inizia a riconoscere gli effetti di 60 Engagement e coinvolgimento attivo ciascuna terapia, riesce a fare spostamenti munita di stampelle in autonomia e sostituisce il medico di medicina generale che è andato in pensione con un professionista attivo e collaborante. Infine, riesce a mettere in atto e a mantenere cambiamenti dello stile di vita relativi al suo stato di salute: segue una corretta alimentazione e un’adeguata attività fisica, si iscrive alle liste di collocamento speciali per persone con ridotte capacità e inizia a frequentare corsi di formazione per poter avere la possibilità di esercitare un nuovo lavoro.
IT100002
Esame: temperatura
non disponibile
1
Anna è una donna di 47 anni, vive con il figlio in un piccolo appartamento in un paese carsico, lavora nel campo della ristorazione e, nonostante una patologia genetica familiare che provoca delle alterazioni scheletriche, cardiologiche, oculari e cutanee, vive una vita serena e tranquilla. Ha una buona rete familiare e informale che supporta la famiglia. Viene seguita da un centro di riferimento specifico per patologia rara a Bologna e si sottopone a controlli clinicostrumentali periodici e regolari. Nel gennaio del 2017 esegue un intervento chirurgico di piede torto congenito presso l’Istituto Rizzoli. Durante la degenza, a seguito di un dolore retrosternale e di una sincope, viene sottoposta a un intervento di endoprotesi di aorta per dissezione acuta. Al rientro a casa, nel marzo del 2017, deve proseguire i controlli cardiologici ed eseguire la fisioterapia per gli esiti di intervento al piede e regolari controlli ematici. Non essendo autonoma nella deambulazione, viene presa in carico dai servizi del Distretto n. 1 dell’ASUGI di Trieste. Anna sembra, in un primo momento, una persona collaborante al piano assistenziale predisposto, ma, dopo un paio di interventi per controllare gli esiti della ferita al piede, si intuisce che qualcosa non funziona. Si somministra la scheda PHE-S® per una valutazione dell’elaborazione del vissuto della malattia, riscontrando un punteggio di 2,5. Parlando con lei emerge una profonda difficoltà ad accettare l’intervento al cuore, riferisce di sentirsi bloccata e ripete spesso: “Sono in black out”. Questa incapacità di reagire è evidente sul piano pratico: non controlla la pressione arteriosa come suggerito dalle dimissioni ospedaliere, non si preoccupa dei risultati delle analisi diagnostico-strumentali, ma è, invece, molto concentrata sul piede che le provoca molto dolore. In questo caso, il piano assistenziale individuale ha previsto un ciclo di fisiokinesiterapia per l’arto inferiore, interventi infermieristici di monitoraggio dei parametri vitali e del dolore, educazione terapeutica, controlli cardiologici ed esami ematochimici. Per lo stato di “black out”, si è proposto l’intervento di una psicoterapeuta del Distretto Sanitario, per cercare di attivare risorse atte a superare lo shock dell’intervento chirurgico al cuore. La vita è cambiata radicalmente per questa giovane donna, non può rientrare presso la sua sede lavorativa, l’attività in piedi per molte ore non è consentita per il suo stato di salute e arriva, quindi, il licenziamento. Un colloquio con l’assistente sociale si rende necessario per capire come indirizzare Anna alle varie possibilità di sostegno economico per lei e la sua famiglia. I valori della PHE-S dopo 4 mesi di interventi sono incrementati fino a raggiungere un punteggio pari a 3. Lentamente e con il supporto dell’infermiera e della fisioterapista, Anna inizia ad avere un ruolo attivo nella gestione della sua salute. Si misura costantemente la pressione arteriosa, che si mantiene nei valori consigliati dal cardiologo, si sottopone agli accertamenti di controllo, inizia a riconoscere gli effetti di 60 Engagement e coinvolgimento attivo ciascuna terapia, riesce a fare spostamenti munita di stampelle in autonomia e sostituisce il medico di medicina generale che è andato in pensione con un professionista attivo e collaborante. Infine, riesce a mettere in atto e a mantenere cambiamenti dello stile di vita relativi al suo stato di salute: segue una corretta alimentazione e un’adeguata attività fisica, si iscrive alle liste di collocamento speciali per persone con ridotte capacità e inizia a frequentare corsi di formazione per poter avere la possibilità di esercitare un nuovo lavoro.
IT100341
Esame: PHE-S
non disponibile
1
Descriviamo il caso di una donna di 92 anni ricoverata presso la nostra Unità Operativa per la sua seconda recidiva di colite da Clostridium difficile. Dall’anamnesi emerge la presenza di comorbilità multiple: diabete mellito di tipo 2, insufficienza renale cronica, scompenso cardiaco cronico con valvulopatia mitro-aortica, allettamento cronico, diverticolosi del sigma. A Novembre del 2013 veniva ricoverata per sindrome coronarica acuta e polmonite. La degenza si complicava a causa di un episodio di colite da Clostridium difficile (diagnosticata con riscontro della tossina su materiale fecale), che veniva trattata con vancomicina per os (500 mg × 4) per 10 giorni, con risoluzione del quadro flogistico e della sindrome diarroica. Dopo 7 giorni si verificava la prima recidiva di colite da Clostridium difficile (nuovo riscontro di positività della ricerca della tossina su feci) e veniva effettuato un nuovo ciclo di terapia con vancomicina per 10 giorni, a cui seguiva la risoluzione del quadro clinico. Il giorno seguente la dimissione, la paziente ripresentava, sin da subito, a 4 giorni dalla risoluzione dei sintomi, alvo diarroico (10 scariche di feci liquide al giorno), febbre e meteorismo addominale. All’ingresso in reparto viene impostata una terapia reidratante, monitorando il bilancio idrico, e viene eseguita una nuova ricerca della tossina del Clostridium difficile: per il riscontro di positività, si comincia inizialmente una terapia con vancomicina per os 500 mg ogni 6 ore. Dopo 6 giorni, date la storia clinica della paziente (seconda recidiva e presenza di plurime comorbilità) e l’indicazione all’utilizzo, viene quindi iniziata una terapia con fidaxomicina 200 mg ogni 12 ore per 10 giorni, con risoluzione completa dalla sintomatologia diarroica dopo 4 giorni di impiego. È da sottolineare come la paziente durante il ciclo di terapia con fidaxomicina debba eseguire una terapia concomitante con meropenem e.v. a causa di una polmonite nosocomiale. La terapia viene ben tollerata e non si riscontrano effetti collaterali o tossicità. La paziente rimane degente in reparto per ulteriori 40 giorni, per ragioni indipendenti dalla colite da Clostridium. Nonostante ciò, non presenta alcuna ricorrenza di diarrea. Anche dopo la dimissione, sino a maggio 2014 la paziente non ha più presentato recidive di infezione da Clostridium difficile. In data 27 maggio, dopo essere stata sottoposta a terapia con ciprofloxacina per infezione urinaria, la paziente presenta nuovamente sindrome diarroica per cui viene ricoverata presso un reparto di Medicina interna del nostro ospedale. La tossina del Clostridium risulta positiva e inizia una terapia con vancomicina 500 mg qid. Dopo 6 giorni la sintomatologia non recede e quindi viene deciso di iniziare un nuovo ciclo di terapia con fidaxomicina per 10 giorni, con rapida risposta clinica a 4 giorni dall’inizio della somministrazione. La paziente risulta degente sino ad agosto, senza evidenza di recidiva diarroica. Il 27 agosto la paziente decede per cause non correlate alla pregressa colite da Clostridium (scompenso cardiaco).
IT100341
Esame: temperatura
non disponibile
1
Descriviamo il caso di una donna di 92 anni ricoverata presso la nostra Unità Operativa per la sua seconda recidiva di colite da Clostridium difficile. Dall’anamnesi emerge la presenza di comorbilità multiple: diabete mellito di tipo 2, insufficienza renale cronica, scompenso cardiaco cronico con valvulopatia mitro-aortica, allettamento cronico, diverticolosi del sigma. A Novembre del 2013 veniva ricoverata per sindrome coronarica acuta e polmonite. La degenza si complicava a causa di un episodio di colite da Clostridium difficile (diagnosticata con riscontro della tossina su materiale fecale), che veniva trattata con vancomicina per os (500 mg × 4) per 10 giorni, con risoluzione del quadro flogistico e della sindrome diarroica. Dopo 7 giorni si verificava la prima recidiva di colite da Clostridium difficile (nuovo riscontro di positività della ricerca della tossina su feci) e veniva effettuato un nuovo ciclo di terapia con vancomicina per 10 giorni, a cui seguiva la risoluzione del quadro clinico. Il giorno seguente la dimissione, la paziente ripresentava, sin da subito, a 4 giorni dalla risoluzione dei sintomi, alvo diarroico (10 scariche di feci liquide al giorno), febbre e meteorismo addominale. All’ingresso in reparto viene impostata una terapia reidratante, monitorando il bilancio idrico, e viene eseguita una nuova ricerca della tossina del Clostridium difficile: per il riscontro di positività, si comincia inizialmente una terapia con vancomicina per os 500 mg ogni 6 ore. Dopo 6 giorni, date la storia clinica della paziente (seconda recidiva e presenza di plurime comorbilità) e l’indicazione all’utilizzo, viene quindi iniziata una terapia con fidaxomicina 200 mg ogni 12 ore per 10 giorni, con risoluzione completa dalla sintomatologia diarroica dopo 4 giorni di impiego. È da sottolineare come la paziente durante il ciclo di terapia con fidaxomicina debba eseguire una terapia concomitante con meropenem e.v. a causa di una polmonite nosocomiale. La terapia viene ben tollerata e non si riscontrano effetti collaterali o tossicità. La paziente rimane degente in reparto per ulteriori 40 giorni, per ragioni indipendenti dalla colite da Clostridium. Nonostante ciò, non presenta alcuna ricorrenza di diarrea. Anche dopo la dimissione, sino a maggio 2014 la paziente non ha più presentato recidive di infezione da Clostridium difficile. In data 27 maggio, dopo essere stata sottoposta a terapia con ciprofloxacina per infezione urinaria, la paziente presenta nuovamente sindrome diarroica per cui viene ricoverata presso un reparto di Medicina interna del nostro ospedale. La tossina del Clostridium risulta positiva e inizia una terapia con vancomicina 500 mg qid. Dopo 6 giorni la sintomatologia non recede e quindi viene deciso di iniziare un nuovo ciclo di terapia con fidaxomicina per 10 giorni, con rapida risposta clinica a 4 giorni dall’inizio della somministrazione. La paziente risulta degente sino ad agosto, senza evidenza di recidiva diarroica. Il 27 agosto la paziente decede per cause non correlate alla pregressa colite da Clostridium (scompenso cardiaco).
IT100589
Esame: PHE-S
non disponibile
1
Segnaliamo il caso di una giovane con polmonite a focolai multipli e ARDS severa giunta in Medicina, trattata con terapia antibiotica e CPAP casco e successivamente trasferita in ICU. A causa della mancata risposta alla CPAP supina, d’accordo con la paziente, si è avviata la tecnica di posizionamento in pronazione avvalendosi di un cuscinetto in gel per l’appoggio del viso all’interno del casco. Riportiamo nello schema i valori EGA prima e dopo pronazione. La tecnica ha consentito di evitare l’intubazione con le possibili conseguenti complicanze, in attesa della risposta alla terapia medica.
IT100589
Esame: temperatura
non disponibile
1
Segnaliamo il caso di una giovane con polmonite a focolai multipli e ARDS severa giunta in Medicina, trattata con terapia antibiotica e CPAP casco e successivamente trasferita in ICU. A causa della mancata risposta alla CPAP supina, d’accordo con la paziente, si è avviata la tecnica di posizionamento in pronazione avvalendosi di un cuscinetto in gel per l’appoggio del viso all’interno del casco. Riportiamo nello schema i valori EGA prima e dopo pronazione. La tecnica ha consentito di evitare l’intubazione con le possibili conseguenti complicanze, in attesa della risposta alla terapia medica.
IT100862
Esame: PHE-S
non disponibile
1
Un uomo di 27 anni si presenta alla nostra attenzione per insorgenza improvvisa di dolore a livello dell’emitorace destro irradiato alla spalla. In anamnesi riferiti disturbi dell’alvo con feci poco formate e occasionale riscontro di muco e sangue da un anno. Agli esami ematochimici: incremento di PCR e VES, severa anemia microcitica ipocromica (Hb 6,5 g/dl), leucocitosi neutrofila, piastrinosi, aumento del D-dimero, ipoferritinemia. All’esame obiettivo del torace: MV ridotto al campo medio di destra, praticamente abolito in sede basale bilateralmente; all’ EGA alcalosi respiratoria; all’ECG tachicardia sinusale con blocco incompleto di branca destra. Veniva pertanto effettuata TC torace che mostrava quadro di embolia polmonare. Negativo il doppler artero-venoso degli arti inferiori. Ecocardiografia nei limiti. Per positività del sangue occulto fecale e della calprotectina fecale veniva praticata EGDS risultata negativa e colonscopia che diagnosticava rettocolite ulcerosa acuta estesa a tutto il colon. Uno screening per patologie trombofiliche risultava positivo per mutazione in eterozigosi del gene dell’enzima MTHFR e in omozigosi del polimorfismo 5G/4G del promotore del gene PAI. In relazione al riscontro di elevati valori di anticorpi anti-muscolo liscio, nel sospetto di colangite sclerosante primitiva, veniva inoltre effettuata Colangio-RM risultata negativa. Il paziente veniva sottoposto ad emotrasfusione, a terapia con warfarin, mesalazina e ferro. Le condizioni generali sono progressivamente migliorate con stabilizzazione dei valori di emoglobina ed il paziente è stato pertanto dimesso. Ad un mese dalla dimissione nella norma i valori di emoglobina con normalizzazione della piastrinosi. Continua tutt’ora la terapia con mesalazina e con warfarin.
IT100862
Esame: temperatura
non disponibile
1
Un uomo di 27 anni si presenta alla nostra attenzione per insorgenza improvvisa di dolore a livello dell’emitorace destro irradiato alla spalla. In anamnesi riferiti disturbi dell’alvo con feci poco formate e occasionale riscontro di muco e sangue da un anno. Agli esami ematochimici: incremento di PCR e VES, severa anemia microcitica ipocromica (Hb 6,5 g/dl), leucocitosi neutrofila, piastrinosi, aumento del D-dimero, ipoferritinemia. All’esame obiettivo del torace: MV ridotto al campo medio di destra, praticamente abolito in sede basale bilateralmente; all’ EGA alcalosi respiratoria; all’ECG tachicardia sinusale con blocco incompleto di branca destra. Veniva pertanto effettuata TC torace che mostrava quadro di embolia polmonare. Negativo il doppler artero-venoso degli arti inferiori. Ecocardiografia nei limiti. Per positività del sangue occulto fecale e della calprotectina fecale veniva praticata EGDS risultata negativa e colonscopia che diagnosticava rettocolite ulcerosa acuta estesa a tutto il colon. Uno screening per patologie trombofiliche risultava positivo per mutazione in eterozigosi del gene dell’enzima MTHFR e in omozigosi del polimorfismo 5G/4G del promotore del gene PAI. In relazione al riscontro di elevati valori di anticorpi anti-muscolo liscio, nel sospetto di colangite sclerosante primitiva, veniva inoltre effettuata Colangio-RM risultata negativa. Il paziente veniva sottoposto ad emotrasfusione, a terapia con warfarin, mesalazina e ferro. Le condizioni generali sono progressivamente migliorate con stabilizzazione dei valori di emoglobina ed il paziente è stato pertanto dimesso. Ad un mese dalla dimissione nella norma i valori di emoglobina con normalizzazione della piastrinosi. Continua tutt’ora la terapia con mesalazina e con warfarin.
IT101011
Esame: PHE-S
non disponibile
1
Marco di anni 23 si presenta al pronto soccorso dopo una notte insonne per un dolore in fossa iliaca destra, accompagnato da nausea; non ha febbre. Riferisce all’infermiere di triage che da due giorni accusava i seguenti sintomi: senso di pesantezza allo stomaco, aerofagia, un vago dolore addominale con crampi soprattutto intorno all’ombelico, stipsi. La sera precedente, dopo aver cenato, il dolore è aumentato e si è localizzato in fossa iliaca destra. Vengono programmati alcuni accertamenti nell’ipotesi che si tratti di appendicite acuta. Confermata la diagnosi il ragazzo viene ricoverato presso la U.O. di Chirurgia dove viene preparato per sottoporsi ad un intervento di appendicectomia in regime di urgenza.
IT101011
Esame: temperatura
non disponibile
1
Marco di anni 23 si presenta al pronto soccorso dopo una notte insonne per un dolore in fossa iliaca destra, accompagnato da nausea; non ha febbre. Riferisce all’infermiere di triage che da due giorni accusava i seguenti sintomi: senso di pesantezza allo stomaco, aerofagia, un vago dolore addominale con crampi soprattutto intorno all’ombelico, stipsi. La sera precedente, dopo aver cenato, il dolore è aumentato e si è localizzato in fossa iliaca destra. Vengono programmati alcuni accertamenti nell’ipotesi che si tratti di appendicite acuta. Confermata la diagnosi il ragazzo viene ricoverato presso la U.O. di Chirurgia dove viene preparato per sottoporsi ad un intervento di appendicectomia in regime di urgenza.
IT101038
Esame: PHE-S
non disponibile
1
Marco di anni 23 si presenta al Pronto Soccorso dopo una notte insonne per un dolore in fossa iliaca destra, accompagnato da nausea; non ha febbre. Riferisce all’infermiere di triage che da due giorni accusa i seguenti sintomi: senso di pesantezza allo stomaco, aerofagia, un vago dolore addominale con crampi soprattutto intorno all’ombelico e stipsi. La sera precedente, dopo aver cenato, il dolore è aumentato e si è localizzato in fossa iliaca destra. Vengono programmati alcuni accertamenti nell’ipotesi che si tratti di appendicite acuta. Confermata la diagnosi il ragazzo viene ricoverato presso la U.O. di Chirurgia dove viene preparato per sottoporsi ad un intervento di appendicectomia in regime di urgenza.
IT101038
Esame: temperatura
non disponibile
1
Marco di anni 23 si presenta al Pronto Soccorso dopo una notte insonne per un dolore in fossa iliaca destra, accompagnato da nausea; non ha febbre. Riferisce all’infermiere di triage che da due giorni accusa i seguenti sintomi: senso di pesantezza allo stomaco, aerofagia, un vago dolore addominale con crampi soprattutto intorno all’ombelico e stipsi. La sera precedente, dopo aver cenato, il dolore è aumentato e si è localizzato in fossa iliaca destra. Vengono programmati alcuni accertamenti nell’ipotesi che si tratti di appendicite acuta. Confermata la diagnosi il ragazzo viene ricoverato presso la U.O. di Chirurgia dove viene preparato per sottoporsi ad un intervento di appendicectomia in regime di urgenza.
IT101060
Esame: PHE-S
non disponibile
1
IL signor Massimo di 86 anni, da stamani manifesta dispnea, affaticabilità nelle attività di vita quotidiane, confusione mentale. La moglie, viste le condizioni generali di salute, rileva la temperatura corporea che risulta 38,5 °C. Decide quindi di chiamare il Medico della Continuità ssistenziale che all’auscultazione rileva “sfregamenti” alla base polmonare di destra. Visto che il paziente ha avuto un infarto 6 mesi fa, si decide per il ricovero. In Ospedale il medico di Pronto Soccorso fa diagnosi di “broncopolmonite destra” e decide di prescrivere una terapia antibiotica per via intramuscolare da eseguire per 7 giorni.
IT101060
Esame: temperatura
38,5 °C.
1
IL signor Massimo di 86 anni, da stamani manifesta dispnea, affaticabilità nelle attività di vita quotidiane, confusione mentale. La moglie, viste le condizioni generali di salute, rileva la temperatura corporea che risulta 38,5 °C. Decide quindi di chiamare il Medico della Continuità ssistenziale che all’auscultazione rileva “sfregamenti” alla base polmonare di destra. Visto che il paziente ha avuto un infarto 6 mesi fa, si decide per il ricovero. In Ospedale il medico di Pronto Soccorso fa diagnosi di “broncopolmonite destra” e decide di prescrivere una terapia antibiotica per via intramuscolare da eseguire per 7 giorni.
IT101154
Esame: PHE-S
non disponibile
1
Il caso riguarda un ragazzo di 12 anni, ricoverato presso l’UOC di Chirurgia Pediatrica di Treviso per addome acuto. Il ragazzo manifestava da circa una settimana vomiti ripetuti accompagnati da coliche addominali, inappetenza e vistoso calo ponderale (4 kg circa in una settimana). Al ricovero il paziente si presentava molto sofferente, astenico, disidratato, apiretico, con addome globoso, trattabile ma dolente alla palpazione profonda elettivamente in fossa iliaca destra; all’ascoltazione si percepiva una peristalsi metallica. Un’ecografia eseguita in pronto soccorso poneva la diagnosi di una peritonite da verosimile appendicite acuta complicata. Il ragazzo era quindi sottoposto in urgenza a una laparoscopia esplorativa, subito convertita per impossibilità di acquisire una camera laparoscopica sufficiente con le pressioni usuali, a causa dell’estrema distensione delle anse ileali, riscontrando una matassa ileale diffusamente dilatata e infiammata fino all’ileo terminale. A livello del medio-ileo si trovava un DM con al suo interno una massa palpabile occludente. Durante la resezione del diverticolo si apprezzava la fuoriuscita di abbondante materiale simil legnoso che successivamente risultava trattarsi di residui di semi di girasole che il ragazzo aveva ingerito interi volontariamente in grande quantità circa 10 giorni prima. L’intervento si concludeva con un’anastomosi ileo-ileale e con un’appendicectomia d’occasione. L’esame istologico del tratto intestinale asportato ha confermato trattarsi di una malformazione diverticolare del piccolo intestino. In quarta giornata post-operatoria il ragazzo manifestava nuovamente un quadro clinico addominale peritonitico da perforazione intestinale su deiscenza dell’anastomosi con abbondante dispersione di altro materiale ligneo nel peritoneo. Ripulita la cavità addominale e riconfezionata l’anastomosi intestinale, il ragazzo presentava in dodicesima giornata una fistola enterica con fuoriuscita di materiale biliare frammisto ancora a materiale ligneo. Il terzo approccio chirurgico evidenziava una peritonite plastica con parziale deiscenza dell’anastomosi. Il solo confezionamento di un’ileostomia a doppia canna di fucile a fronte delle precedenti anastomosi garantiva il successivo regolare decorso post-operatorio: all’alimentazione enterale era affiancata una nutrizione parenterale notturna con ripresa graduale del peso corporeo del paziente che a fronte dei 3 interventi aveva perso quasi 6 kg di peso corporeo. La ricanalizzazione intestinale veniva confezionata a distanza di altri 2 mesi dall’ultimo intervento.
IT101154
Esame: temperatura
non disponibile
1
Il caso riguarda un ragazzo di 12 anni, ricoverato presso l’UOC di Chirurgia Pediatrica di Treviso per addome acuto. Il ragazzo manifestava da circa una settimana vomiti ripetuti accompagnati da coliche addominali, inappetenza e vistoso calo ponderale (4 kg circa in una settimana). Al ricovero il paziente si presentava molto sofferente, astenico, disidratato, apiretico, con addome globoso, trattabile ma dolente alla palpazione profonda elettivamente in fossa iliaca destra; all’ascoltazione si percepiva una peristalsi metallica. Un’ecografia eseguita in pronto soccorso poneva la diagnosi di una peritonite da verosimile appendicite acuta complicata. Il ragazzo era quindi sottoposto in urgenza a una laparoscopia esplorativa, subito convertita per impossibilità di acquisire una camera laparoscopica sufficiente con le pressioni usuali, a causa dell’estrema distensione delle anse ileali, riscontrando una matassa ileale diffusamente dilatata e infiammata fino all’ileo terminale. A livello del medio-ileo si trovava un DM con al suo interno una massa palpabile occludente. Durante la resezione del diverticolo si apprezzava la fuoriuscita di abbondante materiale simil legnoso che successivamente risultava trattarsi di residui di semi di girasole che il ragazzo aveva ingerito interi volontariamente in grande quantità circa 10 giorni prima. L’intervento si concludeva con un’anastomosi ileo-ileale e con un’appendicectomia d’occasione. L’esame istologico del tratto intestinale asportato ha confermato trattarsi di una malformazione diverticolare del piccolo intestino. In quarta giornata post-operatoria il ragazzo manifestava nuovamente un quadro clinico addominale peritonitico da perforazione intestinale su deiscenza dell’anastomosi con abbondante dispersione di altro materiale ligneo nel peritoneo. Ripulita la cavità addominale e riconfezionata l’anastomosi intestinale, il ragazzo presentava in dodicesima giornata una fistola enterica con fuoriuscita di materiale biliare frammisto ancora a materiale ligneo. Il terzo approccio chirurgico evidenziava una peritonite plastica con parziale deiscenza dell’anastomosi. Il solo confezionamento di un’ileostomia a doppia canna di fucile a fronte delle precedenti anastomosi garantiva il successivo regolare decorso post-operatorio: all’alimentazione enterale era affiancata una nutrizione parenterale notturna con ripresa graduale del peso corporeo del paziente che a fronte dei 3 interventi aveva perso quasi 6 kg di peso corporeo. La ricanalizzazione intestinale veniva confezionata a distanza di altri 2 mesi dall’ultimo intervento.
IT100010
Esame: creatinina
1,5→6 mg/dL.
2
È descritto il caso clinico di una donna di 84 anni, forte fumatrice per circa 30 anni. Non familiarità per malattie renali. Principali rilievi anamnestici: ipertensione arteriosa da almeno 20 anni controllata dalla terapia farmacologica (calcio antagonisti, diuretici), colelitiasi, ipotiroidismo in terapia sostitutiva ormonale. Non disturbi dell’udito. All’età di 70 anni quadrantectomia mammaria destra per carcinoma. All’età di 80 anni la paziente effettuava due ricoveri durante i quali venivano evidenziati addensamenti polmonari multipli, bilaterali e veniva posta diagnosi di “Alveolite allergica estrinseca”. In tale occasione era esclusa patologia infettiva e prescritto steroide a seguito del quale la paziente presentava un miglioramento del quadro clinico; non dati disponibili sulla funzione renale. Nel 2005, all’età di 82 anni, la paziente era ricoverata per insufficienza renale acuta rapidamente progressiva (creatininemia 1,5→6 mg/dL) e insufficienza respiratoria. Dal punto di vista sistemico la paziente presentava dolori osteoarticolari diffusi, febbricola e tosse secca con un solo episodio di emottisi. Alla radiografia del torace venivano evidenziati addensamenti polmonari bilaterali. La TC del torace mostrava aspetto a vetro smerigliato del parenchima polmonare, edema alveolare, addensamenti parenchimali multipli. Un ecocardiogramma risultava nella norma per l’età. La paziente effettuava una broncoscopia che mostrava un albero tracheobronchiale nella norma; l’esame citologico del liquido alveolare mostrava la presenza di numerosi macrofagi contenenti pigmento emosiderinico. Gli esami colturali (germi comuni, BK) risultavano negativi. La paziente eseguiva agobiopsia renale che evidenziava un quadro istologico di glomerulonefrite crescentica necrotizzante con depositi lineari di IgG nelle membrane basali glomerulari compatibile con S. di Goodpasture. Presenza nel siero di anticorpi antimembrana basale glomerulare (anti MBG); negativa la ricerca di anticorpi anti citoplasma dei neutrofili (ANCA). La paziente praticava terapia steroidea dapprima ev poi per os, boli mensili di ciclofosfamide e plasmaferesi con risoluzione del quadro clinico e negativizzazione degli anti MBG. La paziente assumeva terapia immunosoppressiva con acido micofenolico e cortisone per oltre un anno. Nel corso di questo periodo anti MBG e ANCA sempre negativi. La creatinina oscillava tra 1,5-2 mg/dL con proteinuria sempre < 1 g die. All’età di 84 anni dopo circa 6 mesi dalla sospensione della terapia immunosoppressiva recidiva di malattia con grave riacutizzazione dell’insufficienza renale, con necessità di emodialisi e della patologia polmonare. Il quadro laboratoristico evidenziava negatività degli anti MBG e comparsa di positività dei p-ANCA pur se a titolo non elevato (IFI 1:80; EIA 9,6). L’esame TC torace mostrava presenza di limitato ispessimento di natura reticolare e reticolo-nodulare della trama interstiziale. Non eseguita broncoscopia per impossibilità da parte della paziente a sostenere l’esame. Negativi gli esami colturali (escreatocoltura, urinocoltura). Nell’ipotesi di una riattivazione della malattia autoimmunitaria e con l’evidenza di esami colturali negativi la paziente praticava nuovamente boli di cortisone ev ma l’evoluzione clinica era complicata da polmonite da K. pneumoniae che determinava rapidamente il decesso della paziente.
IT100010
Esame: ecocardiogramma
nella norma.
2
È descritto il caso clinico di una donna di 84 anni, forte fumatrice per circa 30 anni. Non familiarità per malattie renali. Principali rilievi anamnestici: ipertensione arteriosa da almeno 20 anni controllata dalla terapia farmacologica (calcio antagonisti, diuretici), colelitiasi, ipotiroidismo in terapia sostitutiva ormonale. Non disturbi dell’udito. All’età di 70 anni quadrantectomia mammaria destra per carcinoma. All’età di 80 anni la paziente effettuava due ricoveri durante i quali venivano evidenziati addensamenti polmonari multipli, bilaterali e veniva posta diagnosi di “Alveolite allergica estrinseca”. In tale occasione era esclusa patologia infettiva e prescritto steroide a seguito del quale la paziente presentava un miglioramento del quadro clinico; non dati disponibili sulla funzione renale. Nel 2005, all’età di 82 anni, la paziente era ricoverata per insufficienza renale acuta rapidamente progressiva (creatininemia 1,5→6 mg/dL) e insufficienza respiratoria. Dal punto di vista sistemico la paziente presentava dolori osteoarticolari diffusi, febbricola e tosse secca con un solo episodio di emottisi. Alla radiografia del torace venivano evidenziati addensamenti polmonari bilaterali. La TC del torace mostrava aspetto a vetro smerigliato del parenchima polmonare, edema alveolare, addensamenti parenchimali multipli. Un ecocardiogramma risultava nella norma per l’età. La paziente effettuava una broncoscopia che mostrava un albero tracheobronchiale nella norma; l’esame citologico del liquido alveolare mostrava la presenza di numerosi macrofagi contenenti pigmento emosiderinico. Gli esami colturali (germi comuni, BK) risultavano negativi. La paziente eseguiva agobiopsia renale che evidenziava un quadro istologico di glomerulonefrite crescentica necrotizzante con depositi lineari di IgG nelle membrane basali glomerulari compatibile con S. di Goodpasture. Presenza nel siero di anticorpi antimembrana basale glomerulare (anti MBG); negativa la ricerca di anticorpi anti citoplasma dei neutrofili (ANCA). La paziente praticava terapia steroidea dapprima ev poi per os, boli mensili di ciclofosfamide e plasmaferesi con risoluzione del quadro clinico e negativizzazione degli anti MBG. La paziente assumeva terapia immunosoppressiva con acido micofenolico e cortisone per oltre un anno. Nel corso di questo periodo anti MBG e ANCA sempre negativi. La creatinina oscillava tra 1,5-2 mg/dL con proteinuria sempre < 1 g die. All’età di 84 anni dopo circa 6 mesi dalla sospensione della terapia immunosoppressiva recidiva di malattia con grave riacutizzazione dell’insufficienza renale, con necessità di emodialisi e della patologia polmonare. Il quadro laboratoristico evidenziava negatività degli anti MBG e comparsa di positività dei p-ANCA pur se a titolo non elevato (IFI 1:80; EIA 9,6). L’esame TC torace mostrava presenza di limitato ispessimento di natura reticolare e reticolo-nodulare della trama interstiziale. Non eseguita broncoscopia per impossibilità da parte della paziente a sostenere l’esame. Negativi gli esami colturali (escreatocoltura, urinocoltura). Nell’ipotesi di una riattivazione della malattia autoimmunitaria e con l’evidenza di esami colturali negativi la paziente praticava nuovamente boli di cortisone ev ma l’evoluzione clinica era complicata da polmonite da K. pneumoniae che determinava rapidamente il decesso della paziente.
IT100010
Esame: proteinuria
< 1 g die.
2
È descritto il caso clinico di una donna di 84 anni, forte fumatrice per circa 30 anni. Non familiarità per malattie renali. Principali rilievi anamnestici: ipertensione arteriosa da almeno 20 anni controllata dalla terapia farmacologica (calcio antagonisti, diuretici), colelitiasi, ipotiroidismo in terapia sostitutiva ormonale. Non disturbi dell’udito. All’età di 70 anni quadrantectomia mammaria destra per carcinoma. All’età di 80 anni la paziente effettuava due ricoveri durante i quali venivano evidenziati addensamenti polmonari multipli, bilaterali e veniva posta diagnosi di “Alveolite allergica estrinseca”. In tale occasione era esclusa patologia infettiva e prescritto steroide a seguito del quale la paziente presentava un miglioramento del quadro clinico; non dati disponibili sulla funzione renale. Nel 2005, all’età di 82 anni, la paziente era ricoverata per insufficienza renale acuta rapidamente progressiva (creatininemia 1,5→6 mg/dL) e insufficienza respiratoria. Dal punto di vista sistemico la paziente presentava dolori osteoarticolari diffusi, febbricola e tosse secca con un solo episodio di emottisi. Alla radiografia del torace venivano evidenziati addensamenti polmonari bilaterali. La TC del torace mostrava aspetto a vetro smerigliato del parenchima polmonare, edema alveolare, addensamenti parenchimali multipli. Un ecocardiogramma risultava nella norma per l’età. La paziente effettuava una broncoscopia che mostrava un albero tracheobronchiale nella norma; l’esame citologico del liquido alveolare mostrava la presenza di numerosi macrofagi contenenti pigmento emosiderinico. Gli esami colturali (germi comuni, BK) risultavano negativi. La paziente eseguiva agobiopsia renale che evidenziava un quadro istologico di glomerulonefrite crescentica necrotizzante con depositi lineari di IgG nelle membrane basali glomerulari compatibile con S. di Goodpasture. Presenza nel siero di anticorpi antimembrana basale glomerulare (anti MBG); negativa la ricerca di anticorpi anti citoplasma dei neutrofili (ANCA). La paziente praticava terapia steroidea dapprima ev poi per os, boli mensili di ciclofosfamide e plasmaferesi con risoluzione del quadro clinico e negativizzazione degli anti MBG. La paziente assumeva terapia immunosoppressiva con acido micofenolico e cortisone per oltre un anno. Nel corso di questo periodo anti MBG e ANCA sempre negativi. La creatinina oscillava tra 1,5-2 mg/dL con proteinuria sempre < 1 g die. All’età di 84 anni dopo circa 6 mesi dalla sospensione della terapia immunosoppressiva recidiva di malattia con grave riacutizzazione dell’insufficienza renale, con necessità di emodialisi e della patologia polmonare. Il quadro laboratoristico evidenziava negatività degli anti MBG e comparsa di positività dei p-ANCA pur se a titolo non elevato (IFI 1:80; EIA 9,6). L’esame TC torace mostrava presenza di limitato ispessimento di natura reticolare e reticolo-nodulare della trama interstiziale. Non eseguita broncoscopia per impossibilità da parte della paziente a sostenere l’esame. Negativi gli esami colturali (escreatocoltura, urinocoltura). Nell’ipotesi di una riattivazione della malattia autoimmunitaria e con l’evidenza di esami colturali negativi la paziente praticava nuovamente boli di cortisone ev ma l’evoluzione clinica era complicata da polmonite da K. pneumoniae che determinava rapidamente il decesso della paziente.
IT100010
Esame: p-ANCA
Risultato: 0) dalla data 2005: dopo 4 eventi: negativa. [\MULTI_ANSWER] dopo 4 eventi: negativi.
2
È descritto il caso clinico di una donna di 84 anni, forte fumatrice per circa 30 anni. Non familiarità per malattie renali. Principali rilievi anamnestici: ipertensione arteriosa da almeno 20 anni controllata dalla terapia farmacologica (calcio antagonisti, diuretici), colelitiasi, ipotiroidismo in terapia sostitutiva ormonale. Non disturbi dell’udito. All’età di 70 anni quadrantectomia mammaria destra per carcinoma. All’età di 80 anni la paziente effettuava due ricoveri durante i quali venivano evidenziati addensamenti polmonari multipli, bilaterali e veniva posta diagnosi di “Alveolite allergica estrinseca”. In tale occasione era esclusa patologia infettiva e prescritto steroide a seguito del quale la paziente presentava un miglioramento del quadro clinico; non dati disponibili sulla funzione renale. Nel 2005, all’età di 82 anni, la paziente era ricoverata per insufficienza renale acuta rapidamente progressiva (creatininemia 1,5→6 mg/dL) e insufficienza respiratoria. Dal punto di vista sistemico la paziente presentava dolori osteoarticolari diffusi, febbricola e tosse secca con un solo episodio di emottisi. Alla radiografia del torace venivano evidenziati addensamenti polmonari bilaterali. La TC del torace mostrava aspetto a vetro smerigliato del parenchima polmonare, edema alveolare, addensamenti parenchimali multipli. Un ecocardiogramma risultava nella norma per l’età. La paziente effettuava una broncoscopia che mostrava un albero tracheobronchiale nella norma; l’esame citologico del liquido alveolare mostrava la presenza di numerosi macrofagi contenenti pigmento emosiderinico. Gli esami colturali (germi comuni, BK) risultavano negativi. La paziente eseguiva agobiopsia renale che evidenziava un quadro istologico di glomerulonefrite crescentica necrotizzante con depositi lineari di IgG nelle membrane basali glomerulari compatibile con S. di Goodpasture. Presenza nel siero di anticorpi antimembrana basale glomerulare (anti MBG); negativa la ricerca di anticorpi anti citoplasma dei neutrofili (ANCA). La paziente praticava terapia steroidea dapprima ev poi per os, boli mensili di ciclofosfamide e plasmaferesi con risoluzione del quadro clinico e negativizzazione degli anti MBG. La paziente assumeva terapia immunosoppressiva con acido micofenolico e cortisone per oltre un anno. Nel corso di questo periodo anti MBG e ANCA sempre negativi. La creatinina oscillava tra 1,5-2 mg/dL con proteinuria sempre < 1 g die. All’età di 84 anni dopo circa 6 mesi dalla sospensione della terapia immunosoppressiva recidiva di malattia con grave riacutizzazione dell’insufficienza renale, con necessità di emodialisi e della patologia polmonare. Il quadro laboratoristico evidenziava negatività degli anti MBG e comparsa di positività dei p-ANCA pur se a titolo non elevato (IFI 1:80; EIA 9,6). L’esame TC torace mostrava presenza di limitato ispessimento di natura reticolare e reticolo-nodulare della trama interstiziale. Non eseguita broncoscopia per impossibilità da parte della paziente a sostenere l’esame. Negativi gli esami colturali (escreatocoltura, urinocoltura). Nell’ipotesi di una riattivazione della malattia autoimmunitaria e con l’evidenza di esami colturali negativi la paziente praticava nuovamente boli di cortisone ev ma l’evoluzione clinica era complicata da polmonite da K. pneumoniae che determinava rapidamente il decesso della paziente.
IT100010
Esame: IFI
1:80.
2
È descritto il caso clinico di una donna di 84 anni, forte fumatrice per circa 30 anni. Non familiarità per malattie renali. Principali rilievi anamnestici: ipertensione arteriosa da almeno 20 anni controllata dalla terapia farmacologica (calcio antagonisti, diuretici), colelitiasi, ipotiroidismo in terapia sostitutiva ormonale. Non disturbi dell’udito. All’età di 70 anni quadrantectomia mammaria destra per carcinoma. All’età di 80 anni la paziente effettuava due ricoveri durante i quali venivano evidenziati addensamenti polmonari multipli, bilaterali e veniva posta diagnosi di “Alveolite allergica estrinseca”. In tale occasione era esclusa patologia infettiva e prescritto steroide a seguito del quale la paziente presentava un miglioramento del quadro clinico; non dati disponibili sulla funzione renale. Nel 2005, all’età di 82 anni, la paziente era ricoverata per insufficienza renale acuta rapidamente progressiva (creatininemia 1,5→6 mg/dL) e insufficienza respiratoria. Dal punto di vista sistemico la paziente presentava dolori osteoarticolari diffusi, febbricola e tosse secca con un solo episodio di emottisi. Alla radiografia del torace venivano evidenziati addensamenti polmonari bilaterali. La TC del torace mostrava aspetto a vetro smerigliato del parenchima polmonare, edema alveolare, addensamenti parenchimali multipli. Un ecocardiogramma risultava nella norma per l’età. La paziente effettuava una broncoscopia che mostrava un albero tracheobronchiale nella norma; l’esame citologico del liquido alveolare mostrava la presenza di numerosi macrofagi contenenti pigmento emosiderinico. Gli esami colturali (germi comuni, BK) risultavano negativi. La paziente eseguiva agobiopsia renale che evidenziava un quadro istologico di glomerulonefrite crescentica necrotizzante con depositi lineari di IgG nelle membrane basali glomerulari compatibile con S. di Goodpasture. Presenza nel siero di anticorpi antimembrana basale glomerulare (anti MBG); negativa la ricerca di anticorpi anti citoplasma dei neutrofili (ANCA). La paziente praticava terapia steroidea dapprima ev poi per os, boli mensili di ciclofosfamide e plasmaferesi con risoluzione del quadro clinico e negativizzazione degli anti MBG. La paziente assumeva terapia immunosoppressiva con acido micofenolico e cortisone per oltre un anno. Nel corso di questo periodo anti MBG e ANCA sempre negativi. La creatinina oscillava tra 1,5-2 mg/dL con proteinuria sempre < 1 g die. All’età di 84 anni dopo circa 6 mesi dalla sospensione della terapia immunosoppressiva recidiva di malattia con grave riacutizzazione dell’insufficienza renale, con necessità di emodialisi e della patologia polmonare. Il quadro laboratoristico evidenziava negatività degli anti MBG e comparsa di positività dei p-ANCA pur se a titolo non elevato (IFI 1:80; EIA 9,6). L’esame TC torace mostrava presenza di limitato ispessimento di natura reticolare e reticolo-nodulare della trama interstiziale. Non eseguita broncoscopia per impossibilità da parte della paziente a sostenere l’esame. Negativi gli esami colturali (escreatocoltura, urinocoltura). Nell’ipotesi di una riattivazione della malattia autoimmunitaria e con l’evidenza di esami colturali negativi la paziente praticava nuovamente boli di cortisone ev ma l’evoluzione clinica era complicata da polmonite da K. pneumoniae che determinava rapidamente il decesso della paziente.
IT100010
Esame: EIA
9,6.
2
È descritto il caso clinico di una donna di 84 anni, forte fumatrice per circa 30 anni. Non familiarità per malattie renali. Principali rilievi anamnestici: ipertensione arteriosa da almeno 20 anni controllata dalla terapia farmacologica (calcio antagonisti, diuretici), colelitiasi, ipotiroidismo in terapia sostitutiva ormonale. Non disturbi dell’udito. All’età di 70 anni quadrantectomia mammaria destra per carcinoma. All’età di 80 anni la paziente effettuava due ricoveri durante i quali venivano evidenziati addensamenti polmonari multipli, bilaterali e veniva posta diagnosi di “Alveolite allergica estrinseca”. In tale occasione era esclusa patologia infettiva e prescritto steroide a seguito del quale la paziente presentava un miglioramento del quadro clinico; non dati disponibili sulla funzione renale. Nel 2005, all’età di 82 anni, la paziente era ricoverata per insufficienza renale acuta rapidamente progressiva (creatininemia 1,5→6 mg/dL) e insufficienza respiratoria. Dal punto di vista sistemico la paziente presentava dolori osteoarticolari diffusi, febbricola e tosse secca con un solo episodio di emottisi. Alla radiografia del torace venivano evidenziati addensamenti polmonari bilaterali. La TC del torace mostrava aspetto a vetro smerigliato del parenchima polmonare, edema alveolare, addensamenti parenchimali multipli. Un ecocardiogramma risultava nella norma per l’età. La paziente effettuava una broncoscopia che mostrava un albero tracheobronchiale nella norma; l’esame citologico del liquido alveolare mostrava la presenza di numerosi macrofagi contenenti pigmento emosiderinico. Gli esami colturali (germi comuni, BK) risultavano negativi. La paziente eseguiva agobiopsia renale che evidenziava un quadro istologico di glomerulonefrite crescentica necrotizzante con depositi lineari di IgG nelle membrane basali glomerulari compatibile con S. di Goodpasture. Presenza nel siero di anticorpi antimembrana basale glomerulare (anti MBG); negativa la ricerca di anticorpi anti citoplasma dei neutrofili (ANCA). La paziente praticava terapia steroidea dapprima ev poi per os, boli mensili di ciclofosfamide e plasmaferesi con risoluzione del quadro clinico e negativizzazione degli anti MBG. La paziente assumeva terapia immunosoppressiva con acido micofenolico e cortisone per oltre un anno. Nel corso di questo periodo anti MBG e ANCA sempre negativi. La creatinina oscillava tra 1,5-2 mg/dL con proteinuria sempre < 1 g die. All’età di 84 anni dopo circa 6 mesi dalla sospensione della terapia immunosoppressiva recidiva di malattia con grave riacutizzazione dell’insufficienza renale, con necessità di emodialisi e della patologia polmonare. Il quadro laboratoristico evidenziava negatività degli anti MBG e comparsa di positività dei p-ANCA pur se a titolo non elevato (IFI 1:80; EIA 9,6). L’esame TC torace mostrava presenza di limitato ispessimento di natura reticolare e reticolo-nodulare della trama interstiziale. Non eseguita broncoscopia per impossibilità da parte della paziente a sostenere l’esame. Negativi gli esami colturali (escreatocoltura, urinocoltura). Nell’ipotesi di una riattivazione della malattia autoimmunitaria e con l’evidenza di esami colturali negativi la paziente praticava nuovamente boli di cortisone ev ma l’evoluzione clinica era complicata da polmonite da K. pneumoniae che determinava rapidamente il decesso della paziente.
IT100010
Esame: espettorato
Negativi.
2
È descritto il caso clinico di una donna di 84 anni, forte fumatrice per circa 30 anni. Non familiarità per malattie renali. Principali rilievi anamnestici: ipertensione arteriosa da almeno 20 anni controllata dalla terapia farmacologica (calcio antagonisti, diuretici), colelitiasi, ipotiroidismo in terapia sostitutiva ormonale. Non disturbi dell’udito. All’età di 70 anni quadrantectomia mammaria destra per carcinoma. All’età di 80 anni la paziente effettuava due ricoveri durante i quali venivano evidenziati addensamenti polmonari multipli, bilaterali e veniva posta diagnosi di “Alveolite allergica estrinseca”. In tale occasione era esclusa patologia infettiva e prescritto steroide a seguito del quale la paziente presentava un miglioramento del quadro clinico; non dati disponibili sulla funzione renale. Nel 2005, all’età di 82 anni, la paziente era ricoverata per insufficienza renale acuta rapidamente progressiva (creatininemia 1,5→6 mg/dL) e insufficienza respiratoria. Dal punto di vista sistemico la paziente presentava dolori osteoarticolari diffusi, febbricola e tosse secca con un solo episodio di emottisi. Alla radiografia del torace venivano evidenziati addensamenti polmonari bilaterali. La TC del torace mostrava aspetto a vetro smerigliato del parenchima polmonare, edema alveolare, addensamenti parenchimali multipli. Un ecocardiogramma risultava nella norma per l’età. La paziente effettuava una broncoscopia che mostrava un albero tracheobronchiale nella norma; l’esame citologico del liquido alveolare mostrava la presenza di numerosi macrofagi contenenti pigmento emosiderinico. Gli esami colturali (germi comuni, BK) risultavano negativi. La paziente eseguiva agobiopsia renale che evidenziava un quadro istologico di glomerulonefrite crescentica necrotizzante con depositi lineari di IgG nelle membrane basali glomerulari compatibile con S. di Goodpasture. Presenza nel siero di anticorpi antimembrana basale glomerulare (anti MBG); negativa la ricerca di anticorpi anti citoplasma dei neutrofili (ANCA). La paziente praticava terapia steroidea dapprima ev poi per os, boli mensili di ciclofosfamide e plasmaferesi con risoluzione del quadro clinico e negativizzazione degli anti MBG. La paziente assumeva terapia immunosoppressiva con acido micofenolico e cortisone per oltre un anno. Nel corso di questo periodo anti MBG e ANCA sempre negativi. La creatinina oscillava tra 1,5-2 mg/dL con proteinuria sempre < 1 g die. All’età di 84 anni dopo circa 6 mesi dalla sospensione della terapia immunosoppressiva recidiva di malattia con grave riacutizzazione dell’insufficienza renale, con necessità di emodialisi e della patologia polmonare. Il quadro laboratoristico evidenziava negatività degli anti MBG e comparsa di positività dei p-ANCA pur se a titolo non elevato (IFI 1:80; EIA 9,6). L’esame TC torace mostrava presenza di limitato ispessimento di natura reticolare e reticolo-nodulare della trama interstiziale. Non eseguita broncoscopia per impossibilità da parte della paziente a sostenere l’esame. Negativi gli esami colturali (escreatocoltura, urinocoltura). Nell’ipotesi di una riattivazione della malattia autoimmunitaria e con l’evidenza di esami colturali negativi la paziente praticava nuovamente boli di cortisone ev ma l’evoluzione clinica era complicata da polmonite da K. pneumoniae che determinava rapidamente il decesso della paziente.
IT100010
Esame: urinocoltura
Negativi.
2
È descritto il caso clinico di una donna di 84 anni, forte fumatrice per circa 30 anni. Non familiarità per malattie renali. Principali rilievi anamnestici: ipertensione arteriosa da almeno 20 anni controllata dalla terapia farmacologica (calcio antagonisti, diuretici), colelitiasi, ipotiroidismo in terapia sostitutiva ormonale. Non disturbi dell’udito. All’età di 70 anni quadrantectomia mammaria destra per carcinoma. All’età di 80 anni la paziente effettuava due ricoveri durante i quali venivano evidenziati addensamenti polmonari multipli, bilaterali e veniva posta diagnosi di “Alveolite allergica estrinseca”. In tale occasione era esclusa patologia infettiva e prescritto steroide a seguito del quale la paziente presentava un miglioramento del quadro clinico; non dati disponibili sulla funzione renale. Nel 2005, all’età di 82 anni, la paziente era ricoverata per insufficienza renale acuta rapidamente progressiva (creatininemia 1,5→6 mg/dL) e insufficienza respiratoria. Dal punto di vista sistemico la paziente presentava dolori osteoarticolari diffusi, febbricola e tosse secca con un solo episodio di emottisi. Alla radiografia del torace venivano evidenziati addensamenti polmonari bilaterali. La TC del torace mostrava aspetto a vetro smerigliato del parenchima polmonare, edema alveolare, addensamenti parenchimali multipli. Un ecocardiogramma risultava nella norma per l’età. La paziente effettuava una broncoscopia che mostrava un albero tracheobronchiale nella norma; l’esame citologico del liquido alveolare mostrava la presenza di numerosi macrofagi contenenti pigmento emosiderinico. Gli esami colturali (germi comuni, BK) risultavano negativi. La paziente eseguiva agobiopsia renale che evidenziava un quadro istologico di glomerulonefrite crescentica necrotizzante con depositi lineari di IgG nelle membrane basali glomerulari compatibile con S. di Goodpasture. Presenza nel siero di anticorpi antimembrana basale glomerulare (anti MBG); negativa la ricerca di anticorpi anti citoplasma dei neutrofili (ANCA). La paziente praticava terapia steroidea dapprima ev poi per os, boli mensili di ciclofosfamide e plasmaferesi con risoluzione del quadro clinico e negativizzazione degli anti MBG. La paziente assumeva terapia immunosoppressiva con acido micofenolico e cortisone per oltre un anno. Nel corso di questo periodo anti MBG e ANCA sempre negativi. La creatinina oscillava tra 1,5-2 mg/dL con proteinuria sempre < 1 g die. All’età di 84 anni dopo circa 6 mesi dalla sospensione della terapia immunosoppressiva recidiva di malattia con grave riacutizzazione dell’insufficienza renale, con necessità di emodialisi e della patologia polmonare. Il quadro laboratoristico evidenziava negatività degli anti MBG e comparsa di positività dei p-ANCA pur se a titolo non elevato (IFI 1:80; EIA 9,6). L’esame TC torace mostrava presenza di limitato ispessimento di natura reticolare e reticolo-nodulare della trama interstiziale. Non eseguita broncoscopia per impossibilità da parte della paziente a sostenere l’esame. Negativi gli esami colturali (escreatocoltura, urinocoltura). Nell’ipotesi di una riattivazione della malattia autoimmunitaria e con l’evidenza di esami colturali negativi la paziente praticava nuovamente boli di cortisone ev ma l’evoluzione clinica era complicata da polmonite da K. pneumoniae che determinava rapidamente il decesso della paziente.
IT100010
Esame: BMI
non disponibile
2
È descritto il caso clinico di una donna di 84 anni, forte fumatrice per circa 30 anni. Non familiarità per malattie renali. Principali rilievi anamnestici: ipertensione arteriosa da almeno 20 anni controllata dalla terapia farmacologica (calcio antagonisti, diuretici), colelitiasi, ipotiroidismo in terapia sostitutiva ormonale. Non disturbi dell’udito. All’età di 70 anni quadrantectomia mammaria destra per carcinoma. All’età di 80 anni la paziente effettuava due ricoveri durante i quali venivano evidenziati addensamenti polmonari multipli, bilaterali e veniva posta diagnosi di “Alveolite allergica estrinseca”. In tale occasione era esclusa patologia infettiva e prescritto steroide a seguito del quale la paziente presentava un miglioramento del quadro clinico; non dati disponibili sulla funzione renale. Nel 2005, all’età di 82 anni, la paziente era ricoverata per insufficienza renale acuta rapidamente progressiva (creatininemia 1,5→6 mg/dL) e insufficienza respiratoria. Dal punto di vista sistemico la paziente presentava dolori osteoarticolari diffusi, febbricola e tosse secca con un solo episodio di emottisi. Alla radiografia del torace venivano evidenziati addensamenti polmonari bilaterali. La TC del torace mostrava aspetto a vetro smerigliato del parenchima polmonare, edema alveolare, addensamenti parenchimali multipli. Un ecocardiogramma risultava nella norma per l’età. La paziente effettuava una broncoscopia che mostrava un albero tracheobronchiale nella norma; l’esame citologico del liquido alveolare mostrava la presenza di numerosi macrofagi contenenti pigmento emosiderinico. Gli esami colturali (germi comuni, BK) risultavano negativi. La paziente eseguiva agobiopsia renale che evidenziava un quadro istologico di glomerulonefrite crescentica necrotizzante con depositi lineari di IgG nelle membrane basali glomerulari compatibile con S. di Goodpasture. Presenza nel siero di anticorpi antimembrana basale glomerulare (anti MBG); negativa la ricerca di anticorpi anti citoplasma dei neutrofili (ANCA). La paziente praticava terapia steroidea dapprima ev poi per os, boli mensili di ciclofosfamide e plasmaferesi con risoluzione del quadro clinico e negativizzazione degli anti MBG. La paziente assumeva terapia immunosoppressiva con acido micofenolico e cortisone per oltre un anno. Nel corso di questo periodo anti MBG e ANCA sempre negativi. La creatinina oscillava tra 1,5-2 mg/dL con proteinuria sempre < 1 g die. All’età di 84 anni dopo circa 6 mesi dalla sospensione della terapia immunosoppressiva recidiva di malattia con grave riacutizzazione dell’insufficienza renale, con necessità di emodialisi e della patologia polmonare. Il quadro laboratoristico evidenziava negatività degli anti MBG e comparsa di positività dei p-ANCA pur se a titolo non elevato (IFI 1:80; EIA 9,6). L’esame TC torace mostrava presenza di limitato ispessimento di natura reticolare e reticolo-nodulare della trama interstiziale. Non eseguita broncoscopia per impossibilità da parte della paziente a sostenere l’esame. Negativi gli esami colturali (escreatocoltura, urinocoltura). Nell’ipotesi di una riattivazione della malattia autoimmunitaria e con l’evidenza di esami colturali negativi la paziente praticava nuovamente boli di cortisone ev ma l’evoluzione clinica era complicata da polmonite da K. pneumoniae che determinava rapidamente il decesso della paziente.
IT100010
Esame: fosfatasi
non disponibile
2
È descritto il caso clinico di una donna di 84 anni, forte fumatrice per circa 30 anni. Non familiarità per malattie renali. Principali rilievi anamnestici: ipertensione arteriosa da almeno 20 anni controllata dalla terapia farmacologica (calcio antagonisti, diuretici), colelitiasi, ipotiroidismo in terapia sostitutiva ormonale. Non disturbi dell’udito. All’età di 70 anni quadrantectomia mammaria destra per carcinoma. All’età di 80 anni la paziente effettuava due ricoveri durante i quali venivano evidenziati addensamenti polmonari multipli, bilaterali e veniva posta diagnosi di “Alveolite allergica estrinseca”. In tale occasione era esclusa patologia infettiva e prescritto steroide a seguito del quale la paziente presentava un miglioramento del quadro clinico; non dati disponibili sulla funzione renale. Nel 2005, all’età di 82 anni, la paziente era ricoverata per insufficienza renale acuta rapidamente progressiva (creatininemia 1,5→6 mg/dL) e insufficienza respiratoria. Dal punto di vista sistemico la paziente presentava dolori osteoarticolari diffusi, febbricola e tosse secca con un solo episodio di emottisi. Alla radiografia del torace venivano evidenziati addensamenti polmonari bilaterali. La TC del torace mostrava aspetto a vetro smerigliato del parenchima polmonare, edema alveolare, addensamenti parenchimali multipli. Un ecocardiogramma risultava nella norma per l’età. La paziente effettuava una broncoscopia che mostrava un albero tracheobronchiale nella norma; l’esame citologico del liquido alveolare mostrava la presenza di numerosi macrofagi contenenti pigmento emosiderinico. Gli esami colturali (germi comuni, BK) risultavano negativi. La paziente eseguiva agobiopsia renale che evidenziava un quadro istologico di glomerulonefrite crescentica necrotizzante con depositi lineari di IgG nelle membrane basali glomerulari compatibile con S. di Goodpasture. Presenza nel siero di anticorpi antimembrana basale glomerulare (anti MBG); negativa la ricerca di anticorpi anti citoplasma dei neutrofili (ANCA). La paziente praticava terapia steroidea dapprima ev poi per os, boli mensili di ciclofosfamide e plasmaferesi con risoluzione del quadro clinico e negativizzazione degli anti MBG. La paziente assumeva terapia immunosoppressiva con acido micofenolico e cortisone per oltre un anno. Nel corso di questo periodo anti MBG e ANCA sempre negativi. La creatinina oscillava tra 1,5-2 mg/dL con proteinuria sempre < 1 g die. All’età di 84 anni dopo circa 6 mesi dalla sospensione della terapia immunosoppressiva recidiva di malattia con grave riacutizzazione dell’insufficienza renale, con necessità di emodialisi e della patologia polmonare. Il quadro laboratoristico evidenziava negatività degli anti MBG e comparsa di positività dei p-ANCA pur se a titolo non elevato (IFI 1:80; EIA 9,6). L’esame TC torace mostrava presenza di limitato ispessimento di natura reticolare e reticolo-nodulare della trama interstiziale. Non eseguita broncoscopia per impossibilità da parte della paziente a sostenere l’esame. Negativi gli esami colturali (escreatocoltura, urinocoltura). Nell’ipotesi di una riattivazione della malattia autoimmunitaria e con l’evidenza di esami colturali negativi la paziente praticava nuovamente boli di cortisone ev ma l’evoluzione clinica era complicata da polmonite da K. pneumoniae che determinava rapidamente il decesso della paziente.
IT100010
Esame: PSA
non disponibile
2
È descritto il caso clinico di una donna di 84 anni, forte fumatrice per circa 30 anni. Non familiarità per malattie renali. Principali rilievi anamnestici: ipertensione arteriosa da almeno 20 anni controllata dalla terapia farmacologica (calcio antagonisti, diuretici), colelitiasi, ipotiroidismo in terapia sostitutiva ormonale. Non disturbi dell’udito. All’età di 70 anni quadrantectomia mammaria destra per carcinoma. All’età di 80 anni la paziente effettuava due ricoveri durante i quali venivano evidenziati addensamenti polmonari multipli, bilaterali e veniva posta diagnosi di “Alveolite allergica estrinseca”. In tale occasione era esclusa patologia infettiva e prescritto steroide a seguito del quale la paziente presentava un miglioramento del quadro clinico; non dati disponibili sulla funzione renale. Nel 2005, all’età di 82 anni, la paziente era ricoverata per insufficienza renale acuta rapidamente progressiva (creatininemia 1,5→6 mg/dL) e insufficienza respiratoria. Dal punto di vista sistemico la paziente presentava dolori osteoarticolari diffusi, febbricola e tosse secca con un solo episodio di emottisi. Alla radiografia del torace venivano evidenziati addensamenti polmonari bilaterali. La TC del torace mostrava aspetto a vetro smerigliato del parenchima polmonare, edema alveolare, addensamenti parenchimali multipli. Un ecocardiogramma risultava nella norma per l’età. La paziente effettuava una broncoscopia che mostrava un albero tracheobronchiale nella norma; l’esame citologico del liquido alveolare mostrava la presenza di numerosi macrofagi contenenti pigmento emosiderinico. Gli esami colturali (germi comuni, BK) risultavano negativi. La paziente eseguiva agobiopsia renale che evidenziava un quadro istologico di glomerulonefrite crescentica necrotizzante con depositi lineari di IgG nelle membrane basali glomerulari compatibile con S. di Goodpasture. Presenza nel siero di anticorpi antimembrana basale glomerulare (anti MBG); negativa la ricerca di anticorpi anti citoplasma dei neutrofili (ANCA). La paziente praticava terapia steroidea dapprima ev poi per os, boli mensili di ciclofosfamide e plasmaferesi con risoluzione del quadro clinico e negativizzazione degli anti MBG. La paziente assumeva terapia immunosoppressiva con acido micofenolico e cortisone per oltre un anno. Nel corso di questo periodo anti MBG e ANCA sempre negativi. La creatinina oscillava tra 1,5-2 mg/dL con proteinuria sempre < 1 g die. All’età di 84 anni dopo circa 6 mesi dalla sospensione della terapia immunosoppressiva recidiva di malattia con grave riacutizzazione dell’insufficienza renale, con necessità di emodialisi e della patologia polmonare. Il quadro laboratoristico evidenziava negatività degli anti MBG e comparsa di positività dei p-ANCA pur se a titolo non elevato (IFI 1:80; EIA 9,6). L’esame TC torace mostrava presenza di limitato ispessimento di natura reticolare e reticolo-nodulare della trama interstiziale. Non eseguita broncoscopia per impossibilità da parte della paziente a sostenere l’esame. Negativi gli esami colturali (escreatocoltura, urinocoltura). Nell’ipotesi di una riattivazione della malattia autoimmunitaria e con l’evidenza di esami colturali negativi la paziente praticava nuovamente boli di cortisone ev ma l’evoluzione clinica era complicata da polmonite da K. pneumoniae che determinava rapidamente il decesso della paziente.
IT100010
Esame: TC
non disponibile
2
È descritto il caso clinico di una donna di 84 anni, forte fumatrice per circa 30 anni. Non familiarità per malattie renali. Principali rilievi anamnestici: ipertensione arteriosa da almeno 20 anni controllata dalla terapia farmacologica (calcio antagonisti, diuretici), colelitiasi, ipotiroidismo in terapia sostitutiva ormonale. Non disturbi dell’udito. All’età di 70 anni quadrantectomia mammaria destra per carcinoma. All’età di 80 anni la paziente effettuava due ricoveri durante i quali venivano evidenziati addensamenti polmonari multipli, bilaterali e veniva posta diagnosi di “Alveolite allergica estrinseca”. In tale occasione era esclusa patologia infettiva e prescritto steroide a seguito del quale la paziente presentava un miglioramento del quadro clinico; non dati disponibili sulla funzione renale. Nel 2005, all’età di 82 anni, la paziente era ricoverata per insufficienza renale acuta rapidamente progressiva (creatininemia 1,5→6 mg/dL) e insufficienza respiratoria. Dal punto di vista sistemico la paziente presentava dolori osteoarticolari diffusi, febbricola e tosse secca con un solo episodio di emottisi. Alla radiografia del torace venivano evidenziati addensamenti polmonari bilaterali. La TC del torace mostrava aspetto a vetro smerigliato del parenchima polmonare, edema alveolare, addensamenti parenchimali multipli. Un ecocardiogramma risultava nella norma per l’età. La paziente effettuava una broncoscopia che mostrava un albero tracheobronchiale nella norma; l’esame citologico del liquido alveolare mostrava la presenza di numerosi macrofagi contenenti pigmento emosiderinico. Gli esami colturali (germi comuni, BK) risultavano negativi. La paziente eseguiva agobiopsia renale che evidenziava un quadro istologico di glomerulonefrite crescentica necrotizzante con depositi lineari di IgG nelle membrane basali glomerulari compatibile con S. di Goodpasture. Presenza nel siero di anticorpi antimembrana basale glomerulare (anti MBG); negativa la ricerca di anticorpi anti citoplasma dei neutrofili (ANCA). La paziente praticava terapia steroidea dapprima ev poi per os, boli mensili di ciclofosfamide e plasmaferesi con risoluzione del quadro clinico e negativizzazione degli anti MBG. La paziente assumeva terapia immunosoppressiva con acido micofenolico e cortisone per oltre un anno. Nel corso di questo periodo anti MBG e ANCA sempre negativi. La creatinina oscillava tra 1,5-2 mg/dL con proteinuria sempre < 1 g die. All’età di 84 anni dopo circa 6 mesi dalla sospensione della terapia immunosoppressiva recidiva di malattia con grave riacutizzazione dell’insufficienza renale, con necessità di emodialisi e della patologia polmonare. Il quadro laboratoristico evidenziava negatività degli anti MBG e comparsa di positività dei p-ANCA pur se a titolo non elevato (IFI 1:80; EIA 9,6). L’esame TC torace mostrava presenza di limitato ispessimento di natura reticolare e reticolo-nodulare della trama interstiziale. Non eseguita broncoscopia per impossibilità da parte della paziente a sostenere l’esame. Negativi gli esami colturali (escreatocoltura, urinocoltura). Nell’ipotesi di una riattivazione della malattia autoimmunitaria e con l’evidenza di esami colturali negativi la paziente praticava nuovamente boli di cortisone ev ma l’evoluzione clinica era complicata da polmonite da K. pneumoniae che determinava rapidamente il decesso della paziente.
IT100010
Esame: biopsia
non disponibile
2
È descritto il caso clinico di una donna di 84 anni, forte fumatrice per circa 30 anni. Non familiarità per malattie renali. Principali rilievi anamnestici: ipertensione arteriosa da almeno 20 anni controllata dalla terapia farmacologica (calcio antagonisti, diuretici), colelitiasi, ipotiroidismo in terapia sostitutiva ormonale. Non disturbi dell’udito. All’età di 70 anni quadrantectomia mammaria destra per carcinoma. All’età di 80 anni la paziente effettuava due ricoveri durante i quali venivano evidenziati addensamenti polmonari multipli, bilaterali e veniva posta diagnosi di “Alveolite allergica estrinseca”. In tale occasione era esclusa patologia infettiva e prescritto steroide a seguito del quale la paziente presentava un miglioramento del quadro clinico; non dati disponibili sulla funzione renale. Nel 2005, all’età di 82 anni, la paziente era ricoverata per insufficienza renale acuta rapidamente progressiva (creatininemia 1,5→6 mg/dL) e insufficienza respiratoria. Dal punto di vista sistemico la paziente presentava dolori osteoarticolari diffusi, febbricola e tosse secca con un solo episodio di emottisi. Alla radiografia del torace venivano evidenziati addensamenti polmonari bilaterali. La TC del torace mostrava aspetto a vetro smerigliato del parenchima polmonare, edema alveolare, addensamenti parenchimali multipli. Un ecocardiogramma risultava nella norma per l’età. La paziente effettuava una broncoscopia che mostrava un albero tracheobronchiale nella norma; l’esame citologico del liquido alveolare mostrava la presenza di numerosi macrofagi contenenti pigmento emosiderinico. Gli esami colturali (germi comuni, BK) risultavano negativi. La paziente eseguiva agobiopsia renale che evidenziava un quadro istologico di glomerulonefrite crescentica necrotizzante con depositi lineari di IgG nelle membrane basali glomerulari compatibile con S. di Goodpasture. Presenza nel siero di anticorpi antimembrana basale glomerulare (anti MBG); negativa la ricerca di anticorpi anti citoplasma dei neutrofili (ANCA). La paziente praticava terapia steroidea dapprima ev poi per os, boli mensili di ciclofosfamide e plasmaferesi con risoluzione del quadro clinico e negativizzazione degli anti MBG. La paziente assumeva terapia immunosoppressiva con acido micofenolico e cortisone per oltre un anno. Nel corso di questo periodo anti MBG e ANCA sempre negativi. La creatinina oscillava tra 1,5-2 mg/dL con proteinuria sempre < 1 g die. All’età di 84 anni dopo circa 6 mesi dalla sospensione della terapia immunosoppressiva recidiva di malattia con grave riacutizzazione dell’insufficienza renale, con necessità di emodialisi e della patologia polmonare. Il quadro laboratoristico evidenziava negatività degli anti MBG e comparsa di positività dei p-ANCA pur se a titolo non elevato (IFI 1:80; EIA 9,6). L’esame TC torace mostrava presenza di limitato ispessimento di natura reticolare e reticolo-nodulare della trama interstiziale. Non eseguita broncoscopia per impossibilità da parte della paziente a sostenere l’esame. Negativi gli esami colturali (escreatocoltura, urinocoltura). Nell’ipotesi di una riattivazione della malattia autoimmunitaria e con l’evidenza di esami colturali negativi la paziente praticava nuovamente boli di cortisone ev ma l’evoluzione clinica era complicata da polmonite da K. pneumoniae che determinava rapidamente il decesso della paziente.
IT100010
Esame: TnI
non disponibile
2
È descritto il caso clinico di una donna di 84 anni, forte fumatrice per circa 30 anni. Non familiarità per malattie renali. Principali rilievi anamnestici: ipertensione arteriosa da almeno 20 anni controllata dalla terapia farmacologica (calcio antagonisti, diuretici), colelitiasi, ipotiroidismo in terapia sostitutiva ormonale. Non disturbi dell’udito. All’età di 70 anni quadrantectomia mammaria destra per carcinoma. All’età di 80 anni la paziente effettuava due ricoveri durante i quali venivano evidenziati addensamenti polmonari multipli, bilaterali e veniva posta diagnosi di “Alveolite allergica estrinseca”. In tale occasione era esclusa patologia infettiva e prescritto steroide a seguito del quale la paziente presentava un miglioramento del quadro clinico; non dati disponibili sulla funzione renale. Nel 2005, all’età di 82 anni, la paziente era ricoverata per insufficienza renale acuta rapidamente progressiva (creatininemia 1,5→6 mg/dL) e insufficienza respiratoria. Dal punto di vista sistemico la paziente presentava dolori osteoarticolari diffusi, febbricola e tosse secca con un solo episodio di emottisi. Alla radiografia del torace venivano evidenziati addensamenti polmonari bilaterali. La TC del torace mostrava aspetto a vetro smerigliato del parenchima polmonare, edema alveolare, addensamenti parenchimali multipli. Un ecocardiogramma risultava nella norma per l’età. La paziente effettuava una broncoscopia che mostrava un albero tracheobronchiale nella norma; l’esame citologico del liquido alveolare mostrava la presenza di numerosi macrofagi contenenti pigmento emosiderinico. Gli esami colturali (germi comuni, BK) risultavano negativi. La paziente eseguiva agobiopsia renale che evidenziava un quadro istologico di glomerulonefrite crescentica necrotizzante con depositi lineari di IgG nelle membrane basali glomerulari compatibile con S. di Goodpasture. Presenza nel siero di anticorpi antimembrana basale glomerulare (anti MBG); negativa la ricerca di anticorpi anti citoplasma dei neutrofili (ANCA). La paziente praticava terapia steroidea dapprima ev poi per os, boli mensili di ciclofosfamide e plasmaferesi con risoluzione del quadro clinico e negativizzazione degli anti MBG. La paziente assumeva terapia immunosoppressiva con acido micofenolico e cortisone per oltre un anno. Nel corso di questo periodo anti MBG e ANCA sempre negativi. La creatinina oscillava tra 1,5-2 mg/dL con proteinuria sempre < 1 g die. All’età di 84 anni dopo circa 6 mesi dalla sospensione della terapia immunosoppressiva recidiva di malattia con grave riacutizzazione dell’insufficienza renale, con necessità di emodialisi e della patologia polmonare. Il quadro laboratoristico evidenziava negatività degli anti MBG e comparsa di positività dei p-ANCA pur se a titolo non elevato (IFI 1:80; EIA 9,6). L’esame TC torace mostrava presenza di limitato ispessimento di natura reticolare e reticolo-nodulare della trama interstiziale. Non eseguita broncoscopia per impossibilità da parte della paziente a sostenere l’esame. Negativi gli esami colturali (escreatocoltura, urinocoltura). Nell’ipotesi di una riattivazione della malattia autoimmunitaria e con l’evidenza di esami colturali negativi la paziente praticava nuovamente boli di cortisone ev ma l’evoluzione clinica era complicata da polmonite da K. pneumoniae che determinava rapidamente il decesso della paziente.
IT100010
Esame: HBV
non disponibile
2
È descritto il caso clinico di una donna di 84 anni, forte fumatrice per circa 30 anni. Non familiarità per malattie renali. Principali rilievi anamnestici: ipertensione arteriosa da almeno 20 anni controllata dalla terapia farmacologica (calcio antagonisti, diuretici), colelitiasi, ipotiroidismo in terapia sostitutiva ormonale. Non disturbi dell’udito. All’età di 70 anni quadrantectomia mammaria destra per carcinoma. All’età di 80 anni la paziente effettuava due ricoveri durante i quali venivano evidenziati addensamenti polmonari multipli, bilaterali e veniva posta diagnosi di “Alveolite allergica estrinseca”. In tale occasione era esclusa patologia infettiva e prescritto steroide a seguito del quale la paziente presentava un miglioramento del quadro clinico; non dati disponibili sulla funzione renale. Nel 2005, all’età di 82 anni, la paziente era ricoverata per insufficienza renale acuta rapidamente progressiva (creatininemia 1,5→6 mg/dL) e insufficienza respiratoria. Dal punto di vista sistemico la paziente presentava dolori osteoarticolari diffusi, febbricola e tosse secca con un solo episodio di emottisi. Alla radiografia del torace venivano evidenziati addensamenti polmonari bilaterali. La TC del torace mostrava aspetto a vetro smerigliato del parenchima polmonare, edema alveolare, addensamenti parenchimali multipli. Un ecocardiogramma risultava nella norma per l’età. La paziente effettuava una broncoscopia che mostrava un albero tracheobronchiale nella norma; l’esame citologico del liquido alveolare mostrava la presenza di numerosi macrofagi contenenti pigmento emosiderinico. Gli esami colturali (germi comuni, BK) risultavano negativi. La paziente eseguiva agobiopsia renale che evidenziava un quadro istologico di glomerulonefrite crescentica necrotizzante con depositi lineari di IgG nelle membrane basali glomerulari compatibile con S. di Goodpasture. Presenza nel siero di anticorpi antimembrana basale glomerulare (anti MBG); negativa la ricerca di anticorpi anti citoplasma dei neutrofili (ANCA). La paziente praticava terapia steroidea dapprima ev poi per os, boli mensili di ciclofosfamide e plasmaferesi con risoluzione del quadro clinico e negativizzazione degli anti MBG. La paziente assumeva terapia immunosoppressiva con acido micofenolico e cortisone per oltre un anno. Nel corso di questo periodo anti MBG e ANCA sempre negativi. La creatinina oscillava tra 1,5-2 mg/dL con proteinuria sempre < 1 g die. All’età di 84 anni dopo circa 6 mesi dalla sospensione della terapia immunosoppressiva recidiva di malattia con grave riacutizzazione dell’insufficienza renale, con necessità di emodialisi e della patologia polmonare. Il quadro laboratoristico evidenziava negatività degli anti MBG e comparsa di positività dei p-ANCA pur se a titolo non elevato (IFI 1:80; EIA 9,6). L’esame TC torace mostrava presenza di limitato ispessimento di natura reticolare e reticolo-nodulare della trama interstiziale. Non eseguita broncoscopia per impossibilità da parte della paziente a sostenere l’esame. Negativi gli esami colturali (escreatocoltura, urinocoltura). Nell’ipotesi di una riattivazione della malattia autoimmunitaria e con l’evidenza di esami colturali negativi la paziente praticava nuovamente boli di cortisone ev ma l’evoluzione clinica era complicata da polmonite da K. pneumoniae che determinava rapidamente il decesso della paziente.
IT100010
Esame: transaminasi
non disponibile
2
È descritto il caso clinico di una donna di 84 anni, forte fumatrice per circa 30 anni. Non familiarità per malattie renali. Principali rilievi anamnestici: ipertensione arteriosa da almeno 20 anni controllata dalla terapia farmacologica (calcio antagonisti, diuretici), colelitiasi, ipotiroidismo in terapia sostitutiva ormonale. Non disturbi dell’udito. All’età di 70 anni quadrantectomia mammaria destra per carcinoma. All’età di 80 anni la paziente effettuava due ricoveri durante i quali venivano evidenziati addensamenti polmonari multipli, bilaterali e veniva posta diagnosi di “Alveolite allergica estrinseca”. In tale occasione era esclusa patologia infettiva e prescritto steroide a seguito del quale la paziente presentava un miglioramento del quadro clinico; non dati disponibili sulla funzione renale. Nel 2005, all’età di 82 anni, la paziente era ricoverata per insufficienza renale acuta rapidamente progressiva (creatininemia 1,5→6 mg/dL) e insufficienza respiratoria. Dal punto di vista sistemico la paziente presentava dolori osteoarticolari diffusi, febbricola e tosse secca con un solo episodio di emottisi. Alla radiografia del torace venivano evidenziati addensamenti polmonari bilaterali. La TC del torace mostrava aspetto a vetro smerigliato del parenchima polmonare, edema alveolare, addensamenti parenchimali multipli. Un ecocardiogramma risultava nella norma per l’età. La paziente effettuava una broncoscopia che mostrava un albero tracheobronchiale nella norma; l’esame citologico del liquido alveolare mostrava la presenza di numerosi macrofagi contenenti pigmento emosiderinico. Gli esami colturali (germi comuni, BK) risultavano negativi. La paziente eseguiva agobiopsia renale che evidenziava un quadro istologico di glomerulonefrite crescentica necrotizzante con depositi lineari di IgG nelle membrane basali glomerulari compatibile con S. di Goodpasture. Presenza nel siero di anticorpi antimembrana basale glomerulare (anti MBG); negativa la ricerca di anticorpi anti citoplasma dei neutrofili (ANCA). La paziente praticava terapia steroidea dapprima ev poi per os, boli mensili di ciclofosfamide e plasmaferesi con risoluzione del quadro clinico e negativizzazione degli anti MBG. La paziente assumeva terapia immunosoppressiva con acido micofenolico e cortisone per oltre un anno. Nel corso di questo periodo anti MBG e ANCA sempre negativi. La creatinina oscillava tra 1,5-2 mg/dL con proteinuria sempre < 1 g die. All’età di 84 anni dopo circa 6 mesi dalla sospensione della terapia immunosoppressiva recidiva di malattia con grave riacutizzazione dell’insufficienza renale, con necessità di emodialisi e della patologia polmonare. Il quadro laboratoristico evidenziava negatività degli anti MBG e comparsa di positività dei p-ANCA pur se a titolo non elevato (IFI 1:80; EIA 9,6). L’esame TC torace mostrava presenza di limitato ispessimento di natura reticolare e reticolo-nodulare della trama interstiziale. Non eseguita broncoscopia per impossibilità da parte della paziente a sostenere l’esame. Negativi gli esami colturali (escreatocoltura, urinocoltura). Nell’ipotesi di una riattivazione della malattia autoimmunitaria e con l’evidenza di esami colturali negativi la paziente praticava nuovamente boli di cortisone ev ma l’evoluzione clinica era complicata da polmonite da K. pneumoniae che determinava rapidamente il decesso della paziente.
IT100010
Esame: pressione
non disponibile
2
È descritto il caso clinico di una donna di 84 anni, forte fumatrice per circa 30 anni. Non familiarità per malattie renali. Principali rilievi anamnestici: ipertensione arteriosa da almeno 20 anni controllata dalla terapia farmacologica (calcio antagonisti, diuretici), colelitiasi, ipotiroidismo in terapia sostitutiva ormonale. Non disturbi dell’udito. All’età di 70 anni quadrantectomia mammaria destra per carcinoma. All’età di 80 anni la paziente effettuava due ricoveri durante i quali venivano evidenziati addensamenti polmonari multipli, bilaterali e veniva posta diagnosi di “Alveolite allergica estrinseca”. In tale occasione era esclusa patologia infettiva e prescritto steroide a seguito del quale la paziente presentava un miglioramento del quadro clinico; non dati disponibili sulla funzione renale. Nel 2005, all’età di 82 anni, la paziente era ricoverata per insufficienza renale acuta rapidamente progressiva (creatininemia 1,5→6 mg/dL) e insufficienza respiratoria. Dal punto di vista sistemico la paziente presentava dolori osteoarticolari diffusi, febbricola e tosse secca con un solo episodio di emottisi. Alla radiografia del torace venivano evidenziati addensamenti polmonari bilaterali. La TC del torace mostrava aspetto a vetro smerigliato del parenchima polmonare, edema alveolare, addensamenti parenchimali multipli. Un ecocardiogramma risultava nella norma per l’età. La paziente effettuava una broncoscopia che mostrava un albero tracheobronchiale nella norma; l’esame citologico del liquido alveolare mostrava la presenza di numerosi macrofagi contenenti pigmento emosiderinico. Gli esami colturali (germi comuni, BK) risultavano negativi. La paziente eseguiva agobiopsia renale che evidenziava un quadro istologico di glomerulonefrite crescentica necrotizzante con depositi lineari di IgG nelle membrane basali glomerulari compatibile con S. di Goodpasture. Presenza nel siero di anticorpi antimembrana basale glomerulare (anti MBG); negativa la ricerca di anticorpi anti citoplasma dei neutrofili (ANCA). La paziente praticava terapia steroidea dapprima ev poi per os, boli mensili di ciclofosfamide e plasmaferesi con risoluzione del quadro clinico e negativizzazione degli anti MBG. La paziente assumeva terapia immunosoppressiva con acido micofenolico e cortisone per oltre un anno. Nel corso di questo periodo anti MBG e ANCA sempre negativi. La creatinina oscillava tra 1,5-2 mg/dL con proteinuria sempre < 1 g die. All’età di 84 anni dopo circa 6 mesi dalla sospensione della terapia immunosoppressiva recidiva di malattia con grave riacutizzazione dell’insufficienza renale, con necessità di emodialisi e della patologia polmonare. Il quadro laboratoristico evidenziava negatività degli anti MBG e comparsa di positività dei p-ANCA pur se a titolo non elevato (IFI 1:80; EIA 9,6). L’esame TC torace mostrava presenza di limitato ispessimento di natura reticolare e reticolo-nodulare della trama interstiziale. Non eseguita broncoscopia per impossibilità da parte della paziente a sostenere l’esame. Negativi gli esami colturali (escreatocoltura, urinocoltura). Nell’ipotesi di una riattivazione della malattia autoimmunitaria e con l’evidenza di esami colturali negativi la paziente praticava nuovamente boli di cortisone ev ma l’evoluzione clinica era complicata da polmonite da K. pneumoniae che determinava rapidamente il decesso della paziente.
IT100010
Esame: GGT
non disponibile
2
È descritto il caso clinico di una donna di 84 anni, forte fumatrice per circa 30 anni. Non familiarità per malattie renali. Principali rilievi anamnestici: ipertensione arteriosa da almeno 20 anni controllata dalla terapia farmacologica (calcio antagonisti, diuretici), colelitiasi, ipotiroidismo in terapia sostitutiva ormonale. Non disturbi dell’udito. All’età di 70 anni quadrantectomia mammaria destra per carcinoma. All’età di 80 anni la paziente effettuava due ricoveri durante i quali venivano evidenziati addensamenti polmonari multipli, bilaterali e veniva posta diagnosi di “Alveolite allergica estrinseca”. In tale occasione era esclusa patologia infettiva e prescritto steroide a seguito del quale la paziente presentava un miglioramento del quadro clinico; non dati disponibili sulla funzione renale. Nel 2005, all’età di 82 anni, la paziente era ricoverata per insufficienza renale acuta rapidamente progressiva (creatininemia 1,5→6 mg/dL) e insufficienza respiratoria. Dal punto di vista sistemico la paziente presentava dolori osteoarticolari diffusi, febbricola e tosse secca con un solo episodio di emottisi. Alla radiografia del torace venivano evidenziati addensamenti polmonari bilaterali. La TC del torace mostrava aspetto a vetro smerigliato del parenchima polmonare, edema alveolare, addensamenti parenchimali multipli. Un ecocardiogramma risultava nella norma per l’età. La paziente effettuava una broncoscopia che mostrava un albero tracheobronchiale nella norma; l’esame citologico del liquido alveolare mostrava la presenza di numerosi macrofagi contenenti pigmento emosiderinico. Gli esami colturali (germi comuni, BK) risultavano negativi. La paziente eseguiva agobiopsia renale che evidenziava un quadro istologico di glomerulonefrite crescentica necrotizzante con depositi lineari di IgG nelle membrane basali glomerulari compatibile con S. di Goodpasture. Presenza nel siero di anticorpi antimembrana basale glomerulare (anti MBG); negativa la ricerca di anticorpi anti citoplasma dei neutrofili (ANCA). La paziente praticava terapia steroidea dapprima ev poi per os, boli mensili di ciclofosfamide e plasmaferesi con risoluzione del quadro clinico e negativizzazione degli anti MBG. La paziente assumeva terapia immunosoppressiva con acido micofenolico e cortisone per oltre un anno. Nel corso di questo periodo anti MBG e ANCA sempre negativi. La creatinina oscillava tra 1,5-2 mg/dL con proteinuria sempre < 1 g die. All’età di 84 anni dopo circa 6 mesi dalla sospensione della terapia immunosoppressiva recidiva di malattia con grave riacutizzazione dell’insufficienza renale, con necessità di emodialisi e della patologia polmonare. Il quadro laboratoristico evidenziava negatività degli anti MBG e comparsa di positività dei p-ANCA pur se a titolo non elevato (IFI 1:80; EIA 9,6). L’esame TC torace mostrava presenza di limitato ispessimento di natura reticolare e reticolo-nodulare della trama interstiziale. Non eseguita broncoscopia per impossibilità da parte della paziente a sostenere l’esame. Negativi gli esami colturali (escreatocoltura, urinocoltura). Nell’ipotesi di una riattivazione della malattia autoimmunitaria e con l’evidenza di esami colturali negativi la paziente praticava nuovamente boli di cortisone ev ma l’evoluzione clinica era complicata da polmonite da K. pneumoniae che determinava rapidamente il decesso della paziente.
IT100010
Esame: AFP
non disponibile
2
È descritto il caso clinico di una donna di 84 anni, forte fumatrice per circa 30 anni. Non familiarità per malattie renali. Principali rilievi anamnestici: ipertensione arteriosa da almeno 20 anni controllata dalla terapia farmacologica (calcio antagonisti, diuretici), colelitiasi, ipotiroidismo in terapia sostitutiva ormonale. Non disturbi dell’udito. All’età di 70 anni quadrantectomia mammaria destra per carcinoma. All’età di 80 anni la paziente effettuava due ricoveri durante i quali venivano evidenziati addensamenti polmonari multipli, bilaterali e veniva posta diagnosi di “Alveolite allergica estrinseca”. In tale occasione era esclusa patologia infettiva e prescritto steroide a seguito del quale la paziente presentava un miglioramento del quadro clinico; non dati disponibili sulla funzione renale. Nel 2005, all’età di 82 anni, la paziente era ricoverata per insufficienza renale acuta rapidamente progressiva (creatininemia 1,5→6 mg/dL) e insufficienza respiratoria. Dal punto di vista sistemico la paziente presentava dolori osteoarticolari diffusi, febbricola e tosse secca con un solo episodio di emottisi. Alla radiografia del torace venivano evidenziati addensamenti polmonari bilaterali. La TC del torace mostrava aspetto a vetro smerigliato del parenchima polmonare, edema alveolare, addensamenti parenchimali multipli. Un ecocardiogramma risultava nella norma per l’età. La paziente effettuava una broncoscopia che mostrava un albero tracheobronchiale nella norma; l’esame citologico del liquido alveolare mostrava la presenza di numerosi macrofagi contenenti pigmento emosiderinico. Gli esami colturali (germi comuni, BK) risultavano negativi. La paziente eseguiva agobiopsia renale che evidenziava un quadro istologico di glomerulonefrite crescentica necrotizzante con depositi lineari di IgG nelle membrane basali glomerulari compatibile con S. di Goodpasture. Presenza nel siero di anticorpi antimembrana basale glomerulare (anti MBG); negativa la ricerca di anticorpi anti citoplasma dei neutrofili (ANCA). La paziente praticava terapia steroidea dapprima ev poi per os, boli mensili di ciclofosfamide e plasmaferesi con risoluzione del quadro clinico e negativizzazione degli anti MBG. La paziente assumeva terapia immunosoppressiva con acido micofenolico e cortisone per oltre un anno. Nel corso di questo periodo anti MBG e ANCA sempre negativi. La creatinina oscillava tra 1,5-2 mg/dL con proteinuria sempre < 1 g die. All’età di 84 anni dopo circa 6 mesi dalla sospensione della terapia immunosoppressiva recidiva di malattia con grave riacutizzazione dell’insufficienza renale, con necessità di emodialisi e della patologia polmonare. Il quadro laboratoristico evidenziava negatività degli anti MBG e comparsa di positività dei p-ANCA pur se a titolo non elevato (IFI 1:80; EIA 9,6). L’esame TC torace mostrava presenza di limitato ispessimento di natura reticolare e reticolo-nodulare della trama interstiziale. Non eseguita broncoscopia per impossibilità da parte della paziente a sostenere l’esame. Negativi gli esami colturali (escreatocoltura, urinocoltura). Nell’ipotesi di una riattivazione della malattia autoimmunitaria e con l’evidenza di esami colturali negativi la paziente praticava nuovamente boli di cortisone ev ma l’evoluzione clinica era complicata da polmonite da K. pneumoniae che determinava rapidamente il decesso della paziente.
IT100010
Esame: TPA
non disponibile
2
È descritto il caso clinico di una donna di 84 anni, forte fumatrice per circa 30 anni. Non familiarità per malattie renali. Principali rilievi anamnestici: ipertensione arteriosa da almeno 20 anni controllata dalla terapia farmacologica (calcio antagonisti, diuretici), colelitiasi, ipotiroidismo in terapia sostitutiva ormonale. Non disturbi dell’udito. All’età di 70 anni quadrantectomia mammaria destra per carcinoma. All’età di 80 anni la paziente effettuava due ricoveri durante i quali venivano evidenziati addensamenti polmonari multipli, bilaterali e veniva posta diagnosi di “Alveolite allergica estrinseca”. In tale occasione era esclusa patologia infettiva e prescritto steroide a seguito del quale la paziente presentava un miglioramento del quadro clinico; non dati disponibili sulla funzione renale. Nel 2005, all’età di 82 anni, la paziente era ricoverata per insufficienza renale acuta rapidamente progressiva (creatininemia 1,5→6 mg/dL) e insufficienza respiratoria. Dal punto di vista sistemico la paziente presentava dolori osteoarticolari diffusi, febbricola e tosse secca con un solo episodio di emottisi. Alla radiografia del torace venivano evidenziati addensamenti polmonari bilaterali. La TC del torace mostrava aspetto a vetro smerigliato del parenchima polmonare, edema alveolare, addensamenti parenchimali multipli. Un ecocardiogramma risultava nella norma per l’età. La paziente effettuava una broncoscopia che mostrava un albero tracheobronchiale nella norma; l’esame citologico del liquido alveolare mostrava la presenza di numerosi macrofagi contenenti pigmento emosiderinico. Gli esami colturali (germi comuni, BK) risultavano negativi. La paziente eseguiva agobiopsia renale che evidenziava un quadro istologico di glomerulonefrite crescentica necrotizzante con depositi lineari di IgG nelle membrane basali glomerulari compatibile con S. di Goodpasture. Presenza nel siero di anticorpi antimembrana basale glomerulare (anti MBG); negativa la ricerca di anticorpi anti citoplasma dei neutrofili (ANCA). La paziente praticava terapia steroidea dapprima ev poi per os, boli mensili di ciclofosfamide e plasmaferesi con risoluzione del quadro clinico e negativizzazione degli anti MBG. La paziente assumeva terapia immunosoppressiva con acido micofenolico e cortisone per oltre un anno. Nel corso di questo periodo anti MBG e ANCA sempre negativi. La creatinina oscillava tra 1,5-2 mg/dL con proteinuria sempre < 1 g die. All’età di 84 anni dopo circa 6 mesi dalla sospensione della terapia immunosoppressiva recidiva di malattia con grave riacutizzazione dell’insufficienza renale, con necessità di emodialisi e della patologia polmonare. Il quadro laboratoristico evidenziava negatività degli anti MBG e comparsa di positività dei p-ANCA pur se a titolo non elevato (IFI 1:80; EIA 9,6). L’esame TC torace mostrava presenza di limitato ispessimento di natura reticolare e reticolo-nodulare della trama interstiziale. Non eseguita broncoscopia per impossibilità da parte della paziente a sostenere l’esame. Negativi gli esami colturali (escreatocoltura, urinocoltura). Nell’ipotesi di una riattivazione della malattia autoimmunitaria e con l’evidenza di esami colturali negativi la paziente praticava nuovamente boli di cortisone ev ma l’evoluzione clinica era complicata da polmonite da K. pneumoniae che determinava rapidamente il decesso della paziente.
IT100010
Esame: Ca19
non disponibile
2
È descritto il caso clinico di una donna di 84 anni, forte fumatrice per circa 30 anni. Non familiarità per malattie renali. Principali rilievi anamnestici: ipertensione arteriosa da almeno 20 anni controllata dalla terapia farmacologica (calcio antagonisti, diuretici), colelitiasi, ipotiroidismo in terapia sostitutiva ormonale. Non disturbi dell’udito. All’età di 70 anni quadrantectomia mammaria destra per carcinoma. All’età di 80 anni la paziente effettuava due ricoveri durante i quali venivano evidenziati addensamenti polmonari multipli, bilaterali e veniva posta diagnosi di “Alveolite allergica estrinseca”. In tale occasione era esclusa patologia infettiva e prescritto steroide a seguito del quale la paziente presentava un miglioramento del quadro clinico; non dati disponibili sulla funzione renale. Nel 2005, all’età di 82 anni, la paziente era ricoverata per insufficienza renale acuta rapidamente progressiva (creatininemia 1,5→6 mg/dL) e insufficienza respiratoria. Dal punto di vista sistemico la paziente presentava dolori osteoarticolari diffusi, febbricola e tosse secca con un solo episodio di emottisi. Alla radiografia del torace venivano evidenziati addensamenti polmonari bilaterali. La TC del torace mostrava aspetto a vetro smerigliato del parenchima polmonare, edema alveolare, addensamenti parenchimali multipli. Un ecocardiogramma risultava nella norma per l’età. La paziente effettuava una broncoscopia che mostrava un albero tracheobronchiale nella norma; l’esame citologico del liquido alveolare mostrava la presenza di numerosi macrofagi contenenti pigmento emosiderinico. Gli esami colturali (germi comuni, BK) risultavano negativi. La paziente eseguiva agobiopsia renale che evidenziava un quadro istologico di glomerulonefrite crescentica necrotizzante con depositi lineari di IgG nelle membrane basali glomerulari compatibile con S. di Goodpasture. Presenza nel siero di anticorpi antimembrana basale glomerulare (anti MBG); negativa la ricerca di anticorpi anti citoplasma dei neutrofili (ANCA). La paziente praticava terapia steroidea dapprima ev poi per os, boli mensili di ciclofosfamide e plasmaferesi con risoluzione del quadro clinico e negativizzazione degli anti MBG. La paziente assumeva terapia immunosoppressiva con acido micofenolico e cortisone per oltre un anno. Nel corso di questo periodo anti MBG e ANCA sempre negativi. La creatinina oscillava tra 1,5-2 mg/dL con proteinuria sempre < 1 g die. All’età di 84 anni dopo circa 6 mesi dalla sospensione della terapia immunosoppressiva recidiva di malattia con grave riacutizzazione dell’insufficienza renale, con necessità di emodialisi e della patologia polmonare. Il quadro laboratoristico evidenziava negatività degli anti MBG e comparsa di positività dei p-ANCA pur se a titolo non elevato (IFI 1:80; EIA 9,6). L’esame TC torace mostrava presenza di limitato ispessimento di natura reticolare e reticolo-nodulare della trama interstiziale. Non eseguita broncoscopia per impossibilità da parte della paziente a sostenere l’esame. Negativi gli esami colturali (escreatocoltura, urinocoltura). Nell’ipotesi di una riattivazione della malattia autoimmunitaria e con l’evidenza di esami colturali negativi la paziente praticava nuovamente boli di cortisone ev ma l’evoluzione clinica era complicata da polmonite da K. pneumoniae che determinava rapidamente il decesso della paziente.
IT100010
Esame: diametro
non disponibile
2
È descritto il caso clinico di una donna di 84 anni, forte fumatrice per circa 30 anni. Non familiarità per malattie renali. Principali rilievi anamnestici: ipertensione arteriosa da almeno 20 anni controllata dalla terapia farmacologica (calcio antagonisti, diuretici), colelitiasi, ipotiroidismo in terapia sostitutiva ormonale. Non disturbi dell’udito. All’età di 70 anni quadrantectomia mammaria destra per carcinoma. All’età di 80 anni la paziente effettuava due ricoveri durante i quali venivano evidenziati addensamenti polmonari multipli, bilaterali e veniva posta diagnosi di “Alveolite allergica estrinseca”. In tale occasione era esclusa patologia infettiva e prescritto steroide a seguito del quale la paziente presentava un miglioramento del quadro clinico; non dati disponibili sulla funzione renale. Nel 2005, all’età di 82 anni, la paziente era ricoverata per insufficienza renale acuta rapidamente progressiva (creatininemia 1,5→6 mg/dL) e insufficienza respiratoria. Dal punto di vista sistemico la paziente presentava dolori osteoarticolari diffusi, febbricola e tosse secca con un solo episodio di emottisi. Alla radiografia del torace venivano evidenziati addensamenti polmonari bilaterali. La TC del torace mostrava aspetto a vetro smerigliato del parenchima polmonare, edema alveolare, addensamenti parenchimali multipli. Un ecocardiogramma risultava nella norma per l’età. La paziente effettuava una broncoscopia che mostrava un albero tracheobronchiale nella norma; l’esame citologico del liquido alveolare mostrava la presenza di numerosi macrofagi contenenti pigmento emosiderinico. Gli esami colturali (germi comuni, BK) risultavano negativi. La paziente eseguiva agobiopsia renale che evidenziava un quadro istologico di glomerulonefrite crescentica necrotizzante con depositi lineari di IgG nelle membrane basali glomerulari compatibile con S. di Goodpasture. Presenza nel siero di anticorpi antimembrana basale glomerulare (anti MBG); negativa la ricerca di anticorpi anti citoplasma dei neutrofili (ANCA). La paziente praticava terapia steroidea dapprima ev poi per os, boli mensili di ciclofosfamide e plasmaferesi con risoluzione del quadro clinico e negativizzazione degli anti MBG. La paziente assumeva terapia immunosoppressiva con acido micofenolico e cortisone per oltre un anno. Nel corso di questo periodo anti MBG e ANCA sempre negativi. La creatinina oscillava tra 1,5-2 mg/dL con proteinuria sempre < 1 g die. All’età di 84 anni dopo circa 6 mesi dalla sospensione della terapia immunosoppressiva recidiva di malattia con grave riacutizzazione dell’insufficienza renale, con necessità di emodialisi e della patologia polmonare. Il quadro laboratoristico evidenziava negatività degli anti MBG e comparsa di positività dei p-ANCA pur se a titolo non elevato (IFI 1:80; EIA 9,6). L’esame TC torace mostrava presenza di limitato ispessimento di natura reticolare e reticolo-nodulare della trama interstiziale. Non eseguita broncoscopia per impossibilità da parte della paziente a sostenere l’esame. Negativi gli esami colturali (escreatocoltura, urinocoltura). Nell’ipotesi di una riattivazione della malattia autoimmunitaria e con l’evidenza di esami colturali negativi la paziente praticava nuovamente boli di cortisone ev ma l’evoluzione clinica era complicata da polmonite da K. pneumoniae che determinava rapidamente il decesso della paziente.
IT100010
Esame: FE
non disponibile
2
È descritto il caso clinico di una donna di 84 anni, forte fumatrice per circa 30 anni. Non familiarità per malattie renali. Principali rilievi anamnestici: ipertensione arteriosa da almeno 20 anni controllata dalla terapia farmacologica (calcio antagonisti, diuretici), colelitiasi, ipotiroidismo in terapia sostitutiva ormonale. Non disturbi dell’udito. All’età di 70 anni quadrantectomia mammaria destra per carcinoma. All’età di 80 anni la paziente effettuava due ricoveri durante i quali venivano evidenziati addensamenti polmonari multipli, bilaterali e veniva posta diagnosi di “Alveolite allergica estrinseca”. In tale occasione era esclusa patologia infettiva e prescritto steroide a seguito del quale la paziente presentava un miglioramento del quadro clinico; non dati disponibili sulla funzione renale. Nel 2005, all’età di 82 anni, la paziente era ricoverata per insufficienza renale acuta rapidamente progressiva (creatininemia 1,5→6 mg/dL) e insufficienza respiratoria. Dal punto di vista sistemico la paziente presentava dolori osteoarticolari diffusi, febbricola e tosse secca con un solo episodio di emottisi. Alla radiografia del torace venivano evidenziati addensamenti polmonari bilaterali. La TC del torace mostrava aspetto a vetro smerigliato del parenchima polmonare, edema alveolare, addensamenti parenchimali multipli. Un ecocardiogramma risultava nella norma per l’età. La paziente effettuava una broncoscopia che mostrava un albero tracheobronchiale nella norma; l’esame citologico del liquido alveolare mostrava la presenza di numerosi macrofagi contenenti pigmento emosiderinico. Gli esami colturali (germi comuni, BK) risultavano negativi. La paziente eseguiva agobiopsia renale che evidenziava un quadro istologico di glomerulonefrite crescentica necrotizzante con depositi lineari di IgG nelle membrane basali glomerulari compatibile con S. di Goodpasture. Presenza nel siero di anticorpi antimembrana basale glomerulare (anti MBG); negativa la ricerca di anticorpi anti citoplasma dei neutrofili (ANCA). La paziente praticava terapia steroidea dapprima ev poi per os, boli mensili di ciclofosfamide e plasmaferesi con risoluzione del quadro clinico e negativizzazione degli anti MBG. La paziente assumeva terapia immunosoppressiva con acido micofenolico e cortisone per oltre un anno. Nel corso di questo periodo anti MBG e ANCA sempre negativi. La creatinina oscillava tra 1,5-2 mg/dL con proteinuria sempre < 1 g die. All’età di 84 anni dopo circa 6 mesi dalla sospensione della terapia immunosoppressiva recidiva di malattia con grave riacutizzazione dell’insufficienza renale, con necessità di emodialisi e della patologia polmonare. Il quadro laboratoristico evidenziava negatività degli anti MBG e comparsa di positività dei p-ANCA pur se a titolo non elevato (IFI 1:80; EIA 9,6). L’esame TC torace mostrava presenza di limitato ispessimento di natura reticolare e reticolo-nodulare della trama interstiziale. Non eseguita broncoscopia per impossibilità da parte della paziente a sostenere l’esame. Negativi gli esami colturali (escreatocoltura, urinocoltura). Nell’ipotesi di una riattivazione della malattia autoimmunitaria e con l’evidenza di esami colturali negativi la paziente praticava nuovamente boli di cortisone ev ma l’evoluzione clinica era complicata da polmonite da K. pneumoniae che determinava rapidamente il decesso della paziente.
IT100010
Esame: manovra di Giordano
non disponibile
2
È descritto il caso clinico di una donna di 84 anni, forte fumatrice per circa 30 anni. Non familiarità per malattie renali. Principali rilievi anamnestici: ipertensione arteriosa da almeno 20 anni controllata dalla terapia farmacologica (calcio antagonisti, diuretici), colelitiasi, ipotiroidismo in terapia sostitutiva ormonale. Non disturbi dell’udito. All’età di 70 anni quadrantectomia mammaria destra per carcinoma. All’età di 80 anni la paziente effettuava due ricoveri durante i quali venivano evidenziati addensamenti polmonari multipli, bilaterali e veniva posta diagnosi di “Alveolite allergica estrinseca”. In tale occasione era esclusa patologia infettiva e prescritto steroide a seguito del quale la paziente presentava un miglioramento del quadro clinico; non dati disponibili sulla funzione renale. Nel 2005, all’età di 82 anni, la paziente era ricoverata per insufficienza renale acuta rapidamente progressiva (creatininemia 1,5→6 mg/dL) e insufficienza respiratoria. Dal punto di vista sistemico la paziente presentava dolori osteoarticolari diffusi, febbricola e tosse secca con un solo episodio di emottisi. Alla radiografia del torace venivano evidenziati addensamenti polmonari bilaterali. La TC del torace mostrava aspetto a vetro smerigliato del parenchima polmonare, edema alveolare, addensamenti parenchimali multipli. Un ecocardiogramma risultava nella norma per l’età. La paziente effettuava una broncoscopia che mostrava un albero tracheobronchiale nella norma; l’esame citologico del liquido alveolare mostrava la presenza di numerosi macrofagi contenenti pigmento emosiderinico. Gli esami colturali (germi comuni, BK) risultavano negativi. La paziente eseguiva agobiopsia renale che evidenziava un quadro istologico di glomerulonefrite crescentica necrotizzante con depositi lineari di IgG nelle membrane basali glomerulari compatibile con S. di Goodpasture. Presenza nel siero di anticorpi antimembrana basale glomerulare (anti MBG); negativa la ricerca di anticorpi anti citoplasma dei neutrofili (ANCA). La paziente praticava terapia steroidea dapprima ev poi per os, boli mensili di ciclofosfamide e plasmaferesi con risoluzione del quadro clinico e negativizzazione degli anti MBG. La paziente assumeva terapia immunosoppressiva con acido micofenolico e cortisone per oltre un anno. Nel corso di questo periodo anti MBG e ANCA sempre negativi. La creatinina oscillava tra 1,5-2 mg/dL con proteinuria sempre < 1 g die. All’età di 84 anni dopo circa 6 mesi dalla sospensione della terapia immunosoppressiva recidiva di malattia con grave riacutizzazione dell’insufficienza renale, con necessità di emodialisi e della patologia polmonare. Il quadro laboratoristico evidenziava negatività degli anti MBG e comparsa di positività dei p-ANCA pur se a titolo non elevato (IFI 1:80; EIA 9,6). L’esame TC torace mostrava presenza di limitato ispessimento di natura reticolare e reticolo-nodulare della trama interstiziale. Non eseguita broncoscopia per impossibilità da parte della paziente a sostenere l’esame. Negativi gli esami colturali (escreatocoltura, urinocoltura). Nell’ipotesi di una riattivazione della malattia autoimmunitaria e con l’evidenza di esami colturali negativi la paziente praticava nuovamente boli di cortisone ev ma l’evoluzione clinica era complicata da polmonite da K. pneumoniae che determinava rapidamente il decesso della paziente.
IT100010
Esame: GCS
non disponibile
2
È descritto il caso clinico di una donna di 84 anni, forte fumatrice per circa 30 anni. Non familiarità per malattie renali. Principali rilievi anamnestici: ipertensione arteriosa da almeno 20 anni controllata dalla terapia farmacologica (calcio antagonisti, diuretici), colelitiasi, ipotiroidismo in terapia sostitutiva ormonale. Non disturbi dell’udito. All’età di 70 anni quadrantectomia mammaria destra per carcinoma. All’età di 80 anni la paziente effettuava due ricoveri durante i quali venivano evidenziati addensamenti polmonari multipli, bilaterali e veniva posta diagnosi di “Alveolite allergica estrinseca”. In tale occasione era esclusa patologia infettiva e prescritto steroide a seguito del quale la paziente presentava un miglioramento del quadro clinico; non dati disponibili sulla funzione renale. Nel 2005, all’età di 82 anni, la paziente era ricoverata per insufficienza renale acuta rapidamente progressiva (creatininemia 1,5→6 mg/dL) e insufficienza respiratoria. Dal punto di vista sistemico la paziente presentava dolori osteoarticolari diffusi, febbricola e tosse secca con un solo episodio di emottisi. Alla radiografia del torace venivano evidenziati addensamenti polmonari bilaterali. La TC del torace mostrava aspetto a vetro smerigliato del parenchima polmonare, edema alveolare, addensamenti parenchimali multipli. Un ecocardiogramma risultava nella norma per l’età. La paziente effettuava una broncoscopia che mostrava un albero tracheobronchiale nella norma; l’esame citologico del liquido alveolare mostrava la presenza di numerosi macrofagi contenenti pigmento emosiderinico. Gli esami colturali (germi comuni, BK) risultavano negativi. La paziente eseguiva agobiopsia renale che evidenziava un quadro istologico di glomerulonefrite crescentica necrotizzante con depositi lineari di IgG nelle membrane basali glomerulari compatibile con S. di Goodpasture. Presenza nel siero di anticorpi antimembrana basale glomerulare (anti MBG); negativa la ricerca di anticorpi anti citoplasma dei neutrofili (ANCA). La paziente praticava terapia steroidea dapprima ev poi per os, boli mensili di ciclofosfamide e plasmaferesi con risoluzione del quadro clinico e negativizzazione degli anti MBG. La paziente assumeva terapia immunosoppressiva con acido micofenolico e cortisone per oltre un anno. Nel corso di questo periodo anti MBG e ANCA sempre negativi. La creatinina oscillava tra 1,5-2 mg/dL con proteinuria sempre < 1 g die. All’età di 84 anni dopo circa 6 mesi dalla sospensione della terapia immunosoppressiva recidiva di malattia con grave riacutizzazione dell’insufficienza renale, con necessità di emodialisi e della patologia polmonare. Il quadro laboratoristico evidenziava negatività degli anti MBG e comparsa di positività dei p-ANCA pur se a titolo non elevato (IFI 1:80; EIA 9,6). L’esame TC torace mostrava presenza di limitato ispessimento di natura reticolare e reticolo-nodulare della trama interstiziale. Non eseguita broncoscopia per impossibilità da parte della paziente a sostenere l’esame. Negativi gli esami colturali (escreatocoltura, urinocoltura). Nell’ipotesi di una riattivazione della malattia autoimmunitaria e con l’evidenza di esami colturali negativi la paziente praticava nuovamente boli di cortisone ev ma l’evoluzione clinica era complicata da polmonite da K. pneumoniae che determinava rapidamente il decesso della paziente.
IT100010
Esame: K
non disponibile
2
È descritto il caso clinico di una donna di 84 anni, forte fumatrice per circa 30 anni. Non familiarità per malattie renali. Principali rilievi anamnestici: ipertensione arteriosa da almeno 20 anni controllata dalla terapia farmacologica (calcio antagonisti, diuretici), colelitiasi, ipotiroidismo in terapia sostitutiva ormonale. Non disturbi dell’udito. All’età di 70 anni quadrantectomia mammaria destra per carcinoma. All’età di 80 anni la paziente effettuava due ricoveri durante i quali venivano evidenziati addensamenti polmonari multipli, bilaterali e veniva posta diagnosi di “Alveolite allergica estrinseca”. In tale occasione era esclusa patologia infettiva e prescritto steroide a seguito del quale la paziente presentava un miglioramento del quadro clinico; non dati disponibili sulla funzione renale. Nel 2005, all’età di 82 anni, la paziente era ricoverata per insufficienza renale acuta rapidamente progressiva (creatininemia 1,5→6 mg/dL) e insufficienza respiratoria. Dal punto di vista sistemico la paziente presentava dolori osteoarticolari diffusi, febbricola e tosse secca con un solo episodio di emottisi. Alla radiografia del torace venivano evidenziati addensamenti polmonari bilaterali. La TC del torace mostrava aspetto a vetro smerigliato del parenchima polmonare, edema alveolare, addensamenti parenchimali multipli. Un ecocardiogramma risultava nella norma per l’età. La paziente effettuava una broncoscopia che mostrava un albero tracheobronchiale nella norma; l’esame citologico del liquido alveolare mostrava la presenza di numerosi macrofagi contenenti pigmento emosiderinico. Gli esami colturali (germi comuni, BK) risultavano negativi. La paziente eseguiva agobiopsia renale che evidenziava un quadro istologico di glomerulonefrite crescentica necrotizzante con depositi lineari di IgG nelle membrane basali glomerulari compatibile con S. di Goodpasture. Presenza nel siero di anticorpi antimembrana basale glomerulare (anti MBG); negativa la ricerca di anticorpi anti citoplasma dei neutrofili (ANCA). La paziente praticava terapia steroidea dapprima ev poi per os, boli mensili di ciclofosfamide e plasmaferesi con risoluzione del quadro clinico e negativizzazione degli anti MBG. La paziente assumeva terapia immunosoppressiva con acido micofenolico e cortisone per oltre un anno. Nel corso di questo periodo anti MBG e ANCA sempre negativi. La creatinina oscillava tra 1,5-2 mg/dL con proteinuria sempre < 1 g die. All’età di 84 anni dopo circa 6 mesi dalla sospensione della terapia immunosoppressiva recidiva di malattia con grave riacutizzazione dell’insufficienza renale, con necessità di emodialisi e della patologia polmonare. Il quadro laboratoristico evidenziava negatività degli anti MBG e comparsa di positività dei p-ANCA pur se a titolo non elevato (IFI 1:80; EIA 9,6). L’esame TC torace mostrava presenza di limitato ispessimento di natura reticolare e reticolo-nodulare della trama interstiziale. Non eseguita broncoscopia per impossibilità da parte della paziente a sostenere l’esame. Negativi gli esami colturali (escreatocoltura, urinocoltura). Nell’ipotesi di una riattivazione della malattia autoimmunitaria e con l’evidenza di esami colturali negativi la paziente praticava nuovamente boli di cortisone ev ma l’evoluzione clinica era complicata da polmonite da K. pneumoniae che determinava rapidamente il decesso della paziente.
IT100010
Esame: IgG4
non disponibile
2
È descritto il caso clinico di una donna di 84 anni, forte fumatrice per circa 30 anni. Non familiarità per malattie renali. Principali rilievi anamnestici: ipertensione arteriosa da almeno 20 anni controllata dalla terapia farmacologica (calcio antagonisti, diuretici), colelitiasi, ipotiroidismo in terapia sostitutiva ormonale. Non disturbi dell’udito. All’età di 70 anni quadrantectomia mammaria destra per carcinoma. All’età di 80 anni la paziente effettuava due ricoveri durante i quali venivano evidenziati addensamenti polmonari multipli, bilaterali e veniva posta diagnosi di “Alveolite allergica estrinseca”. In tale occasione era esclusa patologia infettiva e prescritto steroide a seguito del quale la paziente presentava un miglioramento del quadro clinico; non dati disponibili sulla funzione renale. Nel 2005, all’età di 82 anni, la paziente era ricoverata per insufficienza renale acuta rapidamente progressiva (creatininemia 1,5→6 mg/dL) e insufficienza respiratoria. Dal punto di vista sistemico la paziente presentava dolori osteoarticolari diffusi, febbricola e tosse secca con un solo episodio di emottisi. Alla radiografia del torace venivano evidenziati addensamenti polmonari bilaterali. La TC del torace mostrava aspetto a vetro smerigliato del parenchima polmonare, edema alveolare, addensamenti parenchimali multipli. Un ecocardiogramma risultava nella norma per l’età. La paziente effettuava una broncoscopia che mostrava un albero tracheobronchiale nella norma; l’esame citologico del liquido alveolare mostrava la presenza di numerosi macrofagi contenenti pigmento emosiderinico. Gli esami colturali (germi comuni, BK) risultavano negativi. La paziente eseguiva agobiopsia renale che evidenziava un quadro istologico di glomerulonefrite crescentica necrotizzante con depositi lineari di IgG nelle membrane basali glomerulari compatibile con S. di Goodpasture. Presenza nel siero di anticorpi antimembrana basale glomerulare (anti MBG); negativa la ricerca di anticorpi anti citoplasma dei neutrofili (ANCA). La paziente praticava terapia steroidea dapprima ev poi per os, boli mensili di ciclofosfamide e plasmaferesi con risoluzione del quadro clinico e negativizzazione degli anti MBG. La paziente assumeva terapia immunosoppressiva con acido micofenolico e cortisone per oltre un anno. Nel corso di questo periodo anti MBG e ANCA sempre negativi. La creatinina oscillava tra 1,5-2 mg/dL con proteinuria sempre < 1 g die. All’età di 84 anni dopo circa 6 mesi dalla sospensione della terapia immunosoppressiva recidiva di malattia con grave riacutizzazione dell’insufficienza renale, con necessità di emodialisi e della patologia polmonare. Il quadro laboratoristico evidenziava negatività degli anti MBG e comparsa di positività dei p-ANCA pur se a titolo non elevato (IFI 1:80; EIA 9,6). L’esame TC torace mostrava presenza di limitato ispessimento di natura reticolare e reticolo-nodulare della trama interstiziale. Non eseguita broncoscopia per impossibilità da parte della paziente a sostenere l’esame. Negativi gli esami colturali (escreatocoltura, urinocoltura). Nell’ipotesi di una riattivazione della malattia autoimmunitaria e con l’evidenza di esami colturali negativi la paziente praticava nuovamente boli di cortisone ev ma l’evoluzione clinica era complicata da polmonite da K. pneumoniae che determinava rapidamente il decesso della paziente.
IT100010
Esame: GT
non disponibile
2
È descritto il caso clinico di una donna di 84 anni, forte fumatrice per circa 30 anni. Non familiarità per malattie renali. Principali rilievi anamnestici: ipertensione arteriosa da almeno 20 anni controllata dalla terapia farmacologica (calcio antagonisti, diuretici), colelitiasi, ipotiroidismo in terapia sostitutiva ormonale. Non disturbi dell’udito. All’età di 70 anni quadrantectomia mammaria destra per carcinoma. All’età di 80 anni la paziente effettuava due ricoveri durante i quali venivano evidenziati addensamenti polmonari multipli, bilaterali e veniva posta diagnosi di “Alveolite allergica estrinseca”. In tale occasione era esclusa patologia infettiva e prescritto steroide a seguito del quale la paziente presentava un miglioramento del quadro clinico; non dati disponibili sulla funzione renale. Nel 2005, all’età di 82 anni, la paziente era ricoverata per insufficienza renale acuta rapidamente progressiva (creatininemia 1,5→6 mg/dL) e insufficienza respiratoria. Dal punto di vista sistemico la paziente presentava dolori osteoarticolari diffusi, febbricola e tosse secca con un solo episodio di emottisi. Alla radiografia del torace venivano evidenziati addensamenti polmonari bilaterali. La TC del torace mostrava aspetto a vetro smerigliato del parenchima polmonare, edema alveolare, addensamenti parenchimali multipli. Un ecocardiogramma risultava nella norma per l’età. La paziente effettuava una broncoscopia che mostrava un albero tracheobronchiale nella norma; l’esame citologico del liquido alveolare mostrava la presenza di numerosi macrofagi contenenti pigmento emosiderinico. Gli esami colturali (germi comuni, BK) risultavano negativi. La paziente eseguiva agobiopsia renale che evidenziava un quadro istologico di glomerulonefrite crescentica necrotizzante con depositi lineari di IgG nelle membrane basali glomerulari compatibile con S. di Goodpasture. Presenza nel siero di anticorpi antimembrana basale glomerulare (anti MBG); negativa la ricerca di anticorpi anti citoplasma dei neutrofili (ANCA). La paziente praticava terapia steroidea dapprima ev poi per os, boli mensili di ciclofosfamide e plasmaferesi con risoluzione del quadro clinico e negativizzazione degli anti MBG. La paziente assumeva terapia immunosoppressiva con acido micofenolico e cortisone per oltre un anno. Nel corso di questo periodo anti MBG e ANCA sempre negativi. La creatinina oscillava tra 1,5-2 mg/dL con proteinuria sempre < 1 g die. All’età di 84 anni dopo circa 6 mesi dalla sospensione della terapia immunosoppressiva recidiva di malattia con grave riacutizzazione dell’insufficienza renale, con necessità di emodialisi e della patologia polmonare. Il quadro laboratoristico evidenziava negatività degli anti MBG e comparsa di positività dei p-ANCA pur se a titolo non elevato (IFI 1:80; EIA 9,6). L’esame TC torace mostrava presenza di limitato ispessimento di natura reticolare e reticolo-nodulare della trama interstiziale. Non eseguita broncoscopia per impossibilità da parte della paziente a sostenere l’esame. Negativi gli esami colturali (escreatocoltura, urinocoltura). Nell’ipotesi di una riattivazione della malattia autoimmunitaria e con l’evidenza di esami colturali negativi la paziente praticava nuovamente boli di cortisone ev ma l’evoluzione clinica era complicata da polmonite da K. pneumoniae che determinava rapidamente il decesso della paziente.
IT100010
Esame: Ca
non disponibile
2
È descritto il caso clinico di una donna di 84 anni, forte fumatrice per circa 30 anni. Non familiarità per malattie renali. Principali rilievi anamnestici: ipertensione arteriosa da almeno 20 anni controllata dalla terapia farmacologica (calcio antagonisti, diuretici), colelitiasi, ipotiroidismo in terapia sostitutiva ormonale. Non disturbi dell’udito. All’età di 70 anni quadrantectomia mammaria destra per carcinoma. All’età di 80 anni la paziente effettuava due ricoveri durante i quali venivano evidenziati addensamenti polmonari multipli, bilaterali e veniva posta diagnosi di “Alveolite allergica estrinseca”. In tale occasione era esclusa patologia infettiva e prescritto steroide a seguito del quale la paziente presentava un miglioramento del quadro clinico; non dati disponibili sulla funzione renale. Nel 2005, all’età di 82 anni, la paziente era ricoverata per insufficienza renale acuta rapidamente progressiva (creatininemia 1,5→6 mg/dL) e insufficienza respiratoria. Dal punto di vista sistemico la paziente presentava dolori osteoarticolari diffusi, febbricola e tosse secca con un solo episodio di emottisi. Alla radiografia del torace venivano evidenziati addensamenti polmonari bilaterali. La TC del torace mostrava aspetto a vetro smerigliato del parenchima polmonare, edema alveolare, addensamenti parenchimali multipli. Un ecocardiogramma risultava nella norma per l’età. La paziente effettuava una broncoscopia che mostrava un albero tracheobronchiale nella norma; l’esame citologico del liquido alveolare mostrava la presenza di numerosi macrofagi contenenti pigmento emosiderinico. Gli esami colturali (germi comuni, BK) risultavano negativi. La paziente eseguiva agobiopsia renale che evidenziava un quadro istologico di glomerulonefrite crescentica necrotizzante con depositi lineari di IgG nelle membrane basali glomerulari compatibile con S. di Goodpasture. Presenza nel siero di anticorpi antimembrana basale glomerulare (anti MBG); negativa la ricerca di anticorpi anti citoplasma dei neutrofili (ANCA). La paziente praticava terapia steroidea dapprima ev poi per os, boli mensili di ciclofosfamide e plasmaferesi con risoluzione del quadro clinico e negativizzazione degli anti MBG. La paziente assumeva terapia immunosoppressiva con acido micofenolico e cortisone per oltre un anno. Nel corso di questo periodo anti MBG e ANCA sempre negativi. La creatinina oscillava tra 1,5-2 mg/dL con proteinuria sempre < 1 g die. All’età di 84 anni dopo circa 6 mesi dalla sospensione della terapia immunosoppressiva recidiva di malattia con grave riacutizzazione dell’insufficienza renale, con necessità di emodialisi e della patologia polmonare. Il quadro laboratoristico evidenziava negatività degli anti MBG e comparsa di positività dei p-ANCA pur se a titolo non elevato (IFI 1:80; EIA 9,6). L’esame TC torace mostrava presenza di limitato ispessimento di natura reticolare e reticolo-nodulare della trama interstiziale. Non eseguita broncoscopia per impossibilità da parte della paziente a sostenere l’esame. Negativi gli esami colturali (escreatocoltura, urinocoltura). Nell’ipotesi di una riattivazione della malattia autoimmunitaria e con l’evidenza di esami colturali negativi la paziente praticava nuovamente boli di cortisone ev ma l’evoluzione clinica era complicata da polmonite da K. pneumoniae che determinava rapidamente il decesso della paziente.
IT100010
Esame: F.C.
non disponibile
2
È descritto il caso clinico di una donna di 84 anni, forte fumatrice per circa 30 anni. Non familiarità per malattie renali. Principali rilievi anamnestici: ipertensione arteriosa da almeno 20 anni controllata dalla terapia farmacologica (calcio antagonisti, diuretici), colelitiasi, ipotiroidismo in terapia sostitutiva ormonale. Non disturbi dell’udito. All’età di 70 anni quadrantectomia mammaria destra per carcinoma. All’età di 80 anni la paziente effettuava due ricoveri durante i quali venivano evidenziati addensamenti polmonari multipli, bilaterali e veniva posta diagnosi di “Alveolite allergica estrinseca”. In tale occasione era esclusa patologia infettiva e prescritto steroide a seguito del quale la paziente presentava un miglioramento del quadro clinico; non dati disponibili sulla funzione renale. Nel 2005, all’età di 82 anni, la paziente era ricoverata per insufficienza renale acuta rapidamente progressiva (creatininemia 1,5→6 mg/dL) e insufficienza respiratoria. Dal punto di vista sistemico la paziente presentava dolori osteoarticolari diffusi, febbricola e tosse secca con un solo episodio di emottisi. Alla radiografia del torace venivano evidenziati addensamenti polmonari bilaterali. La TC del torace mostrava aspetto a vetro smerigliato del parenchima polmonare, edema alveolare, addensamenti parenchimali multipli. Un ecocardiogramma risultava nella norma per l’età. La paziente effettuava una broncoscopia che mostrava un albero tracheobronchiale nella norma; l’esame citologico del liquido alveolare mostrava la presenza di numerosi macrofagi contenenti pigmento emosiderinico. Gli esami colturali (germi comuni, BK) risultavano negativi. La paziente eseguiva agobiopsia renale che evidenziava un quadro istologico di glomerulonefrite crescentica necrotizzante con depositi lineari di IgG nelle membrane basali glomerulari compatibile con S. di Goodpasture. Presenza nel siero di anticorpi antimembrana basale glomerulare (anti MBG); negativa la ricerca di anticorpi anti citoplasma dei neutrofili (ANCA). La paziente praticava terapia steroidea dapprima ev poi per os, boli mensili di ciclofosfamide e plasmaferesi con risoluzione del quadro clinico e negativizzazione degli anti MBG. La paziente assumeva terapia immunosoppressiva con acido micofenolico e cortisone per oltre un anno. Nel corso di questo periodo anti MBG e ANCA sempre negativi. La creatinina oscillava tra 1,5-2 mg/dL con proteinuria sempre < 1 g die. All’età di 84 anni dopo circa 6 mesi dalla sospensione della terapia immunosoppressiva recidiva di malattia con grave riacutizzazione dell’insufficienza renale, con necessità di emodialisi e della patologia polmonare. Il quadro laboratoristico evidenziava negatività degli anti MBG e comparsa di positività dei p-ANCA pur se a titolo non elevato (IFI 1:80; EIA 9,6). L’esame TC torace mostrava presenza di limitato ispessimento di natura reticolare e reticolo-nodulare della trama interstiziale. Non eseguita broncoscopia per impossibilità da parte della paziente a sostenere l’esame. Negativi gli esami colturali (escreatocoltura, urinocoltura). Nell’ipotesi di una riattivazione della malattia autoimmunitaria e con l’evidenza di esami colturali negativi la paziente praticava nuovamente boli di cortisone ev ma l’evoluzione clinica era complicata da polmonite da K. pneumoniae che determinava rapidamente il decesso della paziente.
IT100010
Esame: piastrinopenia
non disponibile
2
È descritto il caso clinico di una donna di 84 anni, forte fumatrice per circa 30 anni. Non familiarità per malattie renali. Principali rilievi anamnestici: ipertensione arteriosa da almeno 20 anni controllata dalla terapia farmacologica (calcio antagonisti, diuretici), colelitiasi, ipotiroidismo in terapia sostitutiva ormonale. Non disturbi dell’udito. All’età di 70 anni quadrantectomia mammaria destra per carcinoma. All’età di 80 anni la paziente effettuava due ricoveri durante i quali venivano evidenziati addensamenti polmonari multipli, bilaterali e veniva posta diagnosi di “Alveolite allergica estrinseca”. In tale occasione era esclusa patologia infettiva e prescritto steroide a seguito del quale la paziente presentava un miglioramento del quadro clinico; non dati disponibili sulla funzione renale. Nel 2005, all’età di 82 anni, la paziente era ricoverata per insufficienza renale acuta rapidamente progressiva (creatininemia 1,5→6 mg/dL) e insufficienza respiratoria. Dal punto di vista sistemico la paziente presentava dolori osteoarticolari diffusi, febbricola e tosse secca con un solo episodio di emottisi. Alla radiografia del torace venivano evidenziati addensamenti polmonari bilaterali. La TC del torace mostrava aspetto a vetro smerigliato del parenchima polmonare, edema alveolare, addensamenti parenchimali multipli. Un ecocardiogramma risultava nella norma per l’età. La paziente effettuava una broncoscopia che mostrava un albero tracheobronchiale nella norma; l’esame citologico del liquido alveolare mostrava la presenza di numerosi macrofagi contenenti pigmento emosiderinico. Gli esami colturali (germi comuni, BK) risultavano negativi. La paziente eseguiva agobiopsia renale che evidenziava un quadro istologico di glomerulonefrite crescentica necrotizzante con depositi lineari di IgG nelle membrane basali glomerulari compatibile con S. di Goodpasture. Presenza nel siero di anticorpi antimembrana basale glomerulare (anti MBG); negativa la ricerca di anticorpi anti citoplasma dei neutrofili (ANCA). La paziente praticava terapia steroidea dapprima ev poi per os, boli mensili di ciclofosfamide e plasmaferesi con risoluzione del quadro clinico e negativizzazione degli anti MBG. La paziente assumeva terapia immunosoppressiva con acido micofenolico e cortisone per oltre un anno. Nel corso di questo periodo anti MBG e ANCA sempre negativi. La creatinina oscillava tra 1,5-2 mg/dL con proteinuria sempre < 1 g die. All’età di 84 anni dopo circa 6 mesi dalla sospensione della terapia immunosoppressiva recidiva di malattia con grave riacutizzazione dell’insufficienza renale, con necessità di emodialisi e della patologia polmonare. Il quadro laboratoristico evidenziava negatività degli anti MBG e comparsa di positività dei p-ANCA pur se a titolo non elevato (IFI 1:80; EIA 9,6). L’esame TC torace mostrava presenza di limitato ispessimento di natura reticolare e reticolo-nodulare della trama interstiziale. Non eseguita broncoscopia per impossibilità da parte della paziente a sostenere l’esame. Negativi gli esami colturali (escreatocoltura, urinocoltura). Nell’ipotesi di una riattivazione della malattia autoimmunitaria e con l’evidenza di esami colturali negativi la paziente praticava nuovamente boli di cortisone ev ma l’evoluzione clinica era complicata da polmonite da K. pneumoniae che determinava rapidamente il decesso della paziente.
IT100010
Esame: HCV-RNA
non disponibile
2
È descritto il caso clinico di una donna di 84 anni, forte fumatrice per circa 30 anni. Non familiarità per malattie renali. Principali rilievi anamnestici: ipertensione arteriosa da almeno 20 anni controllata dalla terapia farmacologica (calcio antagonisti, diuretici), colelitiasi, ipotiroidismo in terapia sostitutiva ormonale. Non disturbi dell’udito. All’età di 70 anni quadrantectomia mammaria destra per carcinoma. All’età di 80 anni la paziente effettuava due ricoveri durante i quali venivano evidenziati addensamenti polmonari multipli, bilaterali e veniva posta diagnosi di “Alveolite allergica estrinseca”. In tale occasione era esclusa patologia infettiva e prescritto steroide a seguito del quale la paziente presentava un miglioramento del quadro clinico; non dati disponibili sulla funzione renale. Nel 2005, all’età di 82 anni, la paziente era ricoverata per insufficienza renale acuta rapidamente progressiva (creatininemia 1,5→6 mg/dL) e insufficienza respiratoria. Dal punto di vista sistemico la paziente presentava dolori osteoarticolari diffusi, febbricola e tosse secca con un solo episodio di emottisi. Alla radiografia del torace venivano evidenziati addensamenti polmonari bilaterali. La TC del torace mostrava aspetto a vetro smerigliato del parenchima polmonare, edema alveolare, addensamenti parenchimali multipli. Un ecocardiogramma risultava nella norma per l’età. La paziente effettuava una broncoscopia che mostrava un albero tracheobronchiale nella norma; l’esame citologico del liquido alveolare mostrava la presenza di numerosi macrofagi contenenti pigmento emosiderinico. Gli esami colturali (germi comuni, BK) risultavano negativi. La paziente eseguiva agobiopsia renale che evidenziava un quadro istologico di glomerulonefrite crescentica necrotizzante con depositi lineari di IgG nelle membrane basali glomerulari compatibile con S. di Goodpasture. Presenza nel siero di anticorpi antimembrana basale glomerulare (anti MBG); negativa la ricerca di anticorpi anti citoplasma dei neutrofili (ANCA). La paziente praticava terapia steroidea dapprima ev poi per os, boli mensili di ciclofosfamide e plasmaferesi con risoluzione del quadro clinico e negativizzazione degli anti MBG. La paziente assumeva terapia immunosoppressiva con acido micofenolico e cortisone per oltre un anno. Nel corso di questo periodo anti MBG e ANCA sempre negativi. La creatinina oscillava tra 1,5-2 mg/dL con proteinuria sempre < 1 g die. All’età di 84 anni dopo circa 6 mesi dalla sospensione della terapia immunosoppressiva recidiva di malattia con grave riacutizzazione dell’insufficienza renale, con necessità di emodialisi e della patologia polmonare. Il quadro laboratoristico evidenziava negatività degli anti MBG e comparsa di positività dei p-ANCA pur se a titolo non elevato (IFI 1:80; EIA 9,6). L’esame TC torace mostrava presenza di limitato ispessimento di natura reticolare e reticolo-nodulare della trama interstiziale. Non eseguita broncoscopia per impossibilità da parte della paziente a sostenere l’esame. Negativi gli esami colturali (escreatocoltura, urinocoltura). Nell’ipotesi di una riattivazione della malattia autoimmunitaria e con l’evidenza di esami colturali negativi la paziente praticava nuovamente boli di cortisone ev ma l’evoluzione clinica era complicata da polmonite da K. pneumoniae che determinava rapidamente il decesso della paziente.
IT100010
Esame: piastrine
non disponibile
2
È descritto il caso clinico di una donna di 84 anni, forte fumatrice per circa 30 anni. Non familiarità per malattie renali. Principali rilievi anamnestici: ipertensione arteriosa da almeno 20 anni controllata dalla terapia farmacologica (calcio antagonisti, diuretici), colelitiasi, ipotiroidismo in terapia sostitutiva ormonale. Non disturbi dell’udito. All’età di 70 anni quadrantectomia mammaria destra per carcinoma. All’età di 80 anni la paziente effettuava due ricoveri durante i quali venivano evidenziati addensamenti polmonari multipli, bilaterali e veniva posta diagnosi di “Alveolite allergica estrinseca”. In tale occasione era esclusa patologia infettiva e prescritto steroide a seguito del quale la paziente presentava un miglioramento del quadro clinico; non dati disponibili sulla funzione renale. Nel 2005, all’età di 82 anni, la paziente era ricoverata per insufficienza renale acuta rapidamente progressiva (creatininemia 1,5→6 mg/dL) e insufficienza respiratoria. Dal punto di vista sistemico la paziente presentava dolori osteoarticolari diffusi, febbricola e tosse secca con un solo episodio di emottisi. Alla radiografia del torace venivano evidenziati addensamenti polmonari bilaterali. La TC del torace mostrava aspetto a vetro smerigliato del parenchima polmonare, edema alveolare, addensamenti parenchimali multipli. Un ecocardiogramma risultava nella norma per l’età. La paziente effettuava una broncoscopia che mostrava un albero tracheobronchiale nella norma; l’esame citologico del liquido alveolare mostrava la presenza di numerosi macrofagi contenenti pigmento emosiderinico. Gli esami colturali (germi comuni, BK) risultavano negativi. La paziente eseguiva agobiopsia renale che evidenziava un quadro istologico di glomerulonefrite crescentica necrotizzante con depositi lineari di IgG nelle membrane basali glomerulari compatibile con S. di Goodpasture. Presenza nel siero di anticorpi antimembrana basale glomerulare (anti MBG); negativa la ricerca di anticorpi anti citoplasma dei neutrofili (ANCA). La paziente praticava terapia steroidea dapprima ev poi per os, boli mensili di ciclofosfamide e plasmaferesi con risoluzione del quadro clinico e negativizzazione degli anti MBG. La paziente assumeva terapia immunosoppressiva con acido micofenolico e cortisone per oltre un anno. Nel corso di questo periodo anti MBG e ANCA sempre negativi. La creatinina oscillava tra 1,5-2 mg/dL con proteinuria sempre < 1 g die. All’età di 84 anni dopo circa 6 mesi dalla sospensione della terapia immunosoppressiva recidiva di malattia con grave riacutizzazione dell’insufficienza renale, con necessità di emodialisi e della patologia polmonare. Il quadro laboratoristico evidenziava negatività degli anti MBG e comparsa di positività dei p-ANCA pur se a titolo non elevato (IFI 1:80; EIA 9,6). L’esame TC torace mostrava presenza di limitato ispessimento di natura reticolare e reticolo-nodulare della trama interstiziale. Non eseguita broncoscopia per impossibilità da parte della paziente a sostenere l’esame. Negativi gli esami colturali (escreatocoltura, urinocoltura). Nell’ipotesi di una riattivazione della malattia autoimmunitaria e con l’evidenza di esami colturali negativi la paziente praticava nuovamente boli di cortisone ev ma l’evoluzione clinica era complicata da polmonite da K. pneumoniae che determinava rapidamente il decesso della paziente.
IT100010
Esame: TAC
non disponibile
2
È descritto il caso clinico di una donna di 84 anni, forte fumatrice per circa 30 anni. Non familiarità per malattie renali. Principali rilievi anamnestici: ipertensione arteriosa da almeno 20 anni controllata dalla terapia farmacologica (calcio antagonisti, diuretici), colelitiasi, ipotiroidismo in terapia sostitutiva ormonale. Non disturbi dell’udito. All’età di 70 anni quadrantectomia mammaria destra per carcinoma. All’età di 80 anni la paziente effettuava due ricoveri durante i quali venivano evidenziati addensamenti polmonari multipli, bilaterali e veniva posta diagnosi di “Alveolite allergica estrinseca”. In tale occasione era esclusa patologia infettiva e prescritto steroide a seguito del quale la paziente presentava un miglioramento del quadro clinico; non dati disponibili sulla funzione renale. Nel 2005, all’età di 82 anni, la paziente era ricoverata per insufficienza renale acuta rapidamente progressiva (creatininemia 1,5→6 mg/dL) e insufficienza respiratoria. Dal punto di vista sistemico la paziente presentava dolori osteoarticolari diffusi, febbricola e tosse secca con un solo episodio di emottisi. Alla radiografia del torace venivano evidenziati addensamenti polmonari bilaterali. La TC del torace mostrava aspetto a vetro smerigliato del parenchima polmonare, edema alveolare, addensamenti parenchimali multipli. Un ecocardiogramma risultava nella norma per l’età. La paziente effettuava una broncoscopia che mostrava un albero tracheobronchiale nella norma; l’esame citologico del liquido alveolare mostrava la presenza di numerosi macrofagi contenenti pigmento emosiderinico. Gli esami colturali (germi comuni, BK) risultavano negativi. La paziente eseguiva agobiopsia renale che evidenziava un quadro istologico di glomerulonefrite crescentica necrotizzante con depositi lineari di IgG nelle membrane basali glomerulari compatibile con S. di Goodpasture. Presenza nel siero di anticorpi antimembrana basale glomerulare (anti MBG); negativa la ricerca di anticorpi anti citoplasma dei neutrofili (ANCA). La paziente praticava terapia steroidea dapprima ev poi per os, boli mensili di ciclofosfamide e plasmaferesi con risoluzione del quadro clinico e negativizzazione degli anti MBG. La paziente assumeva terapia immunosoppressiva con acido micofenolico e cortisone per oltre un anno. Nel corso di questo periodo anti MBG e ANCA sempre negativi. La creatinina oscillava tra 1,5-2 mg/dL con proteinuria sempre < 1 g die. All’età di 84 anni dopo circa 6 mesi dalla sospensione della terapia immunosoppressiva recidiva di malattia con grave riacutizzazione dell’insufficienza renale, con necessità di emodialisi e della patologia polmonare. Il quadro laboratoristico evidenziava negatività degli anti MBG e comparsa di positività dei p-ANCA pur se a titolo non elevato (IFI 1:80; EIA 9,6). L’esame TC torace mostrava presenza di limitato ispessimento di natura reticolare e reticolo-nodulare della trama interstiziale. Non eseguita broncoscopia per impossibilità da parte della paziente a sostenere l’esame. Negativi gli esami colturali (escreatocoltura, urinocoltura). Nell’ipotesi di una riattivazione della malattia autoimmunitaria e con l’evidenza di esami colturali negativi la paziente praticava nuovamente boli di cortisone ev ma l’evoluzione clinica era complicata da polmonite da K. pneumoniae che determinava rapidamente il decesso della paziente.
IT100010
Esame: EGDS
non disponibile
2
È descritto il caso clinico di una donna di 84 anni, forte fumatrice per circa 30 anni. Non familiarità per malattie renali. Principali rilievi anamnestici: ipertensione arteriosa da almeno 20 anni controllata dalla terapia farmacologica (calcio antagonisti, diuretici), colelitiasi, ipotiroidismo in terapia sostitutiva ormonale. Non disturbi dell’udito. All’età di 70 anni quadrantectomia mammaria destra per carcinoma. All’età di 80 anni la paziente effettuava due ricoveri durante i quali venivano evidenziati addensamenti polmonari multipli, bilaterali e veniva posta diagnosi di “Alveolite allergica estrinseca”. In tale occasione era esclusa patologia infettiva e prescritto steroide a seguito del quale la paziente presentava un miglioramento del quadro clinico; non dati disponibili sulla funzione renale. Nel 2005, all’età di 82 anni, la paziente era ricoverata per insufficienza renale acuta rapidamente progressiva (creatininemia 1,5→6 mg/dL) e insufficienza respiratoria. Dal punto di vista sistemico la paziente presentava dolori osteoarticolari diffusi, febbricola e tosse secca con un solo episodio di emottisi. Alla radiografia del torace venivano evidenziati addensamenti polmonari bilaterali. La TC del torace mostrava aspetto a vetro smerigliato del parenchima polmonare, edema alveolare, addensamenti parenchimali multipli. Un ecocardiogramma risultava nella norma per l’età. La paziente effettuava una broncoscopia che mostrava un albero tracheobronchiale nella norma; l’esame citologico del liquido alveolare mostrava la presenza di numerosi macrofagi contenenti pigmento emosiderinico. Gli esami colturali (germi comuni, BK) risultavano negativi. La paziente eseguiva agobiopsia renale che evidenziava un quadro istologico di glomerulonefrite crescentica necrotizzante con depositi lineari di IgG nelle membrane basali glomerulari compatibile con S. di Goodpasture. Presenza nel siero di anticorpi antimembrana basale glomerulare (anti MBG); negativa la ricerca di anticorpi anti citoplasma dei neutrofili (ANCA). La paziente praticava terapia steroidea dapprima ev poi per os, boli mensili di ciclofosfamide e plasmaferesi con risoluzione del quadro clinico e negativizzazione degli anti MBG. La paziente assumeva terapia immunosoppressiva con acido micofenolico e cortisone per oltre un anno. Nel corso di questo periodo anti MBG e ANCA sempre negativi. La creatinina oscillava tra 1,5-2 mg/dL con proteinuria sempre < 1 g die. All’età di 84 anni dopo circa 6 mesi dalla sospensione della terapia immunosoppressiva recidiva di malattia con grave riacutizzazione dell’insufficienza renale, con necessità di emodialisi e della patologia polmonare. Il quadro laboratoristico evidenziava negatività degli anti MBG e comparsa di positività dei p-ANCA pur se a titolo non elevato (IFI 1:80; EIA 9,6). L’esame TC torace mostrava presenza di limitato ispessimento di natura reticolare e reticolo-nodulare della trama interstiziale. Non eseguita broncoscopia per impossibilità da parte della paziente a sostenere l’esame. Negativi gli esami colturali (escreatocoltura, urinocoltura). Nell’ipotesi di una riattivazione della malattia autoimmunitaria e con l’evidenza di esami colturali negativi la paziente praticava nuovamente boli di cortisone ev ma l’evoluzione clinica era complicata da polmonite da K. pneumoniae che determinava rapidamente il decesso della paziente.
IT100010
Esame: EF
non disponibile
2
È descritto il caso clinico di una donna di 84 anni, forte fumatrice per circa 30 anni. Non familiarità per malattie renali. Principali rilievi anamnestici: ipertensione arteriosa da almeno 20 anni controllata dalla terapia farmacologica (calcio antagonisti, diuretici), colelitiasi, ipotiroidismo in terapia sostitutiva ormonale. Non disturbi dell’udito. All’età di 70 anni quadrantectomia mammaria destra per carcinoma. All’età di 80 anni la paziente effettuava due ricoveri durante i quali venivano evidenziati addensamenti polmonari multipli, bilaterali e veniva posta diagnosi di “Alveolite allergica estrinseca”. In tale occasione era esclusa patologia infettiva e prescritto steroide a seguito del quale la paziente presentava un miglioramento del quadro clinico; non dati disponibili sulla funzione renale. Nel 2005, all’età di 82 anni, la paziente era ricoverata per insufficienza renale acuta rapidamente progressiva (creatininemia 1,5→6 mg/dL) e insufficienza respiratoria. Dal punto di vista sistemico la paziente presentava dolori osteoarticolari diffusi, febbricola e tosse secca con un solo episodio di emottisi. Alla radiografia del torace venivano evidenziati addensamenti polmonari bilaterali. La TC del torace mostrava aspetto a vetro smerigliato del parenchima polmonare, edema alveolare, addensamenti parenchimali multipli. Un ecocardiogramma risultava nella norma per l’età. La paziente effettuava una broncoscopia che mostrava un albero tracheobronchiale nella norma; l’esame citologico del liquido alveolare mostrava la presenza di numerosi macrofagi contenenti pigmento emosiderinico. Gli esami colturali (germi comuni, BK) risultavano negativi. La paziente eseguiva agobiopsia renale che evidenziava un quadro istologico di glomerulonefrite crescentica necrotizzante con depositi lineari di IgG nelle membrane basali glomerulari compatibile con S. di Goodpasture. Presenza nel siero di anticorpi antimembrana basale glomerulare (anti MBG); negativa la ricerca di anticorpi anti citoplasma dei neutrofili (ANCA). La paziente praticava terapia steroidea dapprima ev poi per os, boli mensili di ciclofosfamide e plasmaferesi con risoluzione del quadro clinico e negativizzazione degli anti MBG. La paziente assumeva terapia immunosoppressiva con acido micofenolico e cortisone per oltre un anno. Nel corso di questo periodo anti MBG e ANCA sempre negativi. La creatinina oscillava tra 1,5-2 mg/dL con proteinuria sempre < 1 g die. All’età di 84 anni dopo circa 6 mesi dalla sospensione della terapia immunosoppressiva recidiva di malattia con grave riacutizzazione dell’insufficienza renale, con necessità di emodialisi e della patologia polmonare. Il quadro laboratoristico evidenziava negatività degli anti MBG e comparsa di positività dei p-ANCA pur se a titolo non elevato (IFI 1:80; EIA 9,6). L’esame TC torace mostrava presenza di limitato ispessimento di natura reticolare e reticolo-nodulare della trama interstiziale. Non eseguita broncoscopia per impossibilità da parte della paziente a sostenere l’esame. Negativi gli esami colturali (escreatocoltura, urinocoltura). Nell’ipotesi di una riattivazione della malattia autoimmunitaria e con l’evidenza di esami colturali negativi la paziente praticava nuovamente boli di cortisone ev ma l’evoluzione clinica era complicata da polmonite da K. pneumoniae che determinava rapidamente il decesso della paziente.
IT100015
Esame: creatinina
4,5 mg/dl.
2
Si descrive il caso di una paziente di anni 52, con diagnosi bioptica nel 1983 di GN membranosa, sottrattasi al follow-up per alcuni anni e ripresa in carico ambulatoriale con un grado di insufficienza renale avanzato (Crs 4,5 mg/dl). Costituzionalmente obesa (BMI = 34), era stata esclusa dalla dialisi peritoneale per la presenza di alcune controindicazioni cliniche insieme a scarsa accettazione della paziente. Nel maggio 2005 era stata sottoposta a un primo intervento di confezionamento di FAV radiocefalica sinistra che poche settimane dopo, in concomitanza di un episodio ipotensivo, andava incontro a trombosi precoce. Alla fine dello stesso anno si procedeva con successo all’allestimento di una FAV prossimale omerocefalica sinistra. Il trattamento emodialitico cronico era infine avviato nel dicembre 2006. Dopo circa 12 mesi di dialisi trascorsi senza problemi clinici, si osservavano progressivi segni di dilatazione, tortuosità, iperpulsatilità della FAV con tempi di tamponamento prolungati a fine dialisi. L’esecuzione di un ecodoppler, non metteva in evidenza segni di stenosi sul decorso della vena a livello del braccio, mentre più prossimalmente il colordoppler registrava a livello del tratto precedente la confluenza cefalico-succlavia spiccate turbolenze cui corrispondeva al duplex un notevole aumento della velocità di flusso fino a 4,5 m/s. Il reperto nel complesso deponeva per la presenza di una stenosi serrata. Lo studio flebografico confermava una stenosi pre-occlusiva alla confluenza tra vena cefalica e succlavia che veniva trattata con PTA a 7 mm e successivamente a 9 mm a 14 atm, ottenendo l’adeguato ripristino del calibro vascolare. Veniva inserita terapia antiaggregante con 100 mg/die di acido acetilsalicilico. Il controllo ecodoppler del novembre 2008 evidenziava recidiva della stenosi precedentemente dilatata che veniva sottoposta nuovamente a PTA mediante cateteri a palloncino da 7 e 8 mm sino a 30 atm e successivamente da 10 mm, con buon esito angiografico. Tuttavia nel marzo 2009 l’ecodoppler mostrava ancora segni di recidiva stenotica: dopo un inefficace tentativo di dilatazione con palloni ad alta pressione (Conquest da 7 e 8 mm gonfiati fino a 30 atmosfere), l’angioradiologo poneva indicazione a posizionamento di stent convenzionale a 9 mm con buon risultato finale e senza complicanze. La terapia antiaggregante veniva potenziata con doppia copertura farmacologica (acido acetilsalicilico 100 mg + ticlopidina 250 mg die). Nel periodo a seguire fino al maggio 2011 i controlli ecodoppler hanno sempre confermato pervietà dello stent senza segni di restenosi. La misurazione del flusso dell’accesso eseguita con il metodo della diluizione degli ultrasuoni (Transonic) a partire dalla prima procedura ha costantemente evidenziato un’elevata portata della FAV (range 2500-3000 ml/min).
IT100015
Esame: ecocardiogramma
non disponibile
2
Si descrive il caso di una paziente di anni 52, con diagnosi bioptica nel 1983 di GN membranosa, sottrattasi al follow-up per alcuni anni e ripresa in carico ambulatoriale con un grado di insufficienza renale avanzato (Crs 4,5 mg/dl). Costituzionalmente obesa (BMI = 34), era stata esclusa dalla dialisi peritoneale per la presenza di alcune controindicazioni cliniche insieme a scarsa accettazione della paziente. Nel maggio 2005 era stata sottoposta a un primo intervento di confezionamento di FAV radiocefalica sinistra che poche settimane dopo, in concomitanza di un episodio ipotensivo, andava incontro a trombosi precoce. Alla fine dello stesso anno si procedeva con successo all’allestimento di una FAV prossimale omerocefalica sinistra. Il trattamento emodialitico cronico era infine avviato nel dicembre 2006. Dopo circa 12 mesi di dialisi trascorsi senza problemi clinici, si osservavano progressivi segni di dilatazione, tortuosità, iperpulsatilità della FAV con tempi di tamponamento prolungati a fine dialisi. L’esecuzione di un ecodoppler, non metteva in evidenza segni di stenosi sul decorso della vena a livello del braccio, mentre più prossimalmente il colordoppler registrava a livello del tratto precedente la confluenza cefalico-succlavia spiccate turbolenze cui corrispondeva al duplex un notevole aumento della velocità di flusso fino a 4,5 m/s. Il reperto nel complesso deponeva per la presenza di una stenosi serrata. Lo studio flebografico confermava una stenosi pre-occlusiva alla confluenza tra vena cefalica e succlavia che veniva trattata con PTA a 7 mm e successivamente a 9 mm a 14 atm, ottenendo l’adeguato ripristino del calibro vascolare. Veniva inserita terapia antiaggregante con 100 mg/die di acido acetilsalicilico. Il controllo ecodoppler del novembre 2008 evidenziava recidiva della stenosi precedentemente dilatata che veniva sottoposta nuovamente a PTA mediante cateteri a palloncino da 7 e 8 mm sino a 30 atm e successivamente da 10 mm, con buon esito angiografico. Tuttavia nel marzo 2009 l’ecodoppler mostrava ancora segni di recidiva stenotica: dopo un inefficace tentativo di dilatazione con palloni ad alta pressione (Conquest da 7 e 8 mm gonfiati fino a 30 atmosfere), l’angioradiologo poneva indicazione a posizionamento di stent convenzionale a 9 mm con buon risultato finale e senza complicanze. La terapia antiaggregante veniva potenziata con doppia copertura farmacologica (acido acetilsalicilico 100 mg + ticlopidina 250 mg die). Nel periodo a seguire fino al maggio 2011 i controlli ecodoppler hanno sempre confermato pervietà dello stent senza segni di restenosi. La misurazione del flusso dell’accesso eseguita con il metodo della diluizione degli ultrasuoni (Transonic) a partire dalla prima procedura ha costantemente evidenziato un’elevata portata della FAV (range 2500-3000 ml/min).
IT100015
Esame: proteinuria
non disponibile
2
Si descrive il caso di una paziente di anni 52, con diagnosi bioptica nel 1983 di GN membranosa, sottrattasi al follow-up per alcuni anni e ripresa in carico ambulatoriale con un grado di insufficienza renale avanzato (Crs 4,5 mg/dl). Costituzionalmente obesa (BMI = 34), era stata esclusa dalla dialisi peritoneale per la presenza di alcune controindicazioni cliniche insieme a scarsa accettazione della paziente. Nel maggio 2005 era stata sottoposta a un primo intervento di confezionamento di FAV radiocefalica sinistra che poche settimane dopo, in concomitanza di un episodio ipotensivo, andava incontro a trombosi precoce. Alla fine dello stesso anno si procedeva con successo all’allestimento di una FAV prossimale omerocefalica sinistra. Il trattamento emodialitico cronico era infine avviato nel dicembre 2006. Dopo circa 12 mesi di dialisi trascorsi senza problemi clinici, si osservavano progressivi segni di dilatazione, tortuosità, iperpulsatilità della FAV con tempi di tamponamento prolungati a fine dialisi. L’esecuzione di un ecodoppler, non metteva in evidenza segni di stenosi sul decorso della vena a livello del braccio, mentre più prossimalmente il colordoppler registrava a livello del tratto precedente la confluenza cefalico-succlavia spiccate turbolenze cui corrispondeva al duplex un notevole aumento della velocità di flusso fino a 4,5 m/s. Il reperto nel complesso deponeva per la presenza di una stenosi serrata. Lo studio flebografico confermava una stenosi pre-occlusiva alla confluenza tra vena cefalica e succlavia che veniva trattata con PTA a 7 mm e successivamente a 9 mm a 14 atm, ottenendo l’adeguato ripristino del calibro vascolare. Veniva inserita terapia antiaggregante con 100 mg/die di acido acetilsalicilico. Il controllo ecodoppler del novembre 2008 evidenziava recidiva della stenosi precedentemente dilatata che veniva sottoposta nuovamente a PTA mediante cateteri a palloncino da 7 e 8 mm sino a 30 atm e successivamente da 10 mm, con buon esito angiografico. Tuttavia nel marzo 2009 l’ecodoppler mostrava ancora segni di recidiva stenotica: dopo un inefficace tentativo di dilatazione con palloni ad alta pressione (Conquest da 7 e 8 mm gonfiati fino a 30 atmosfere), l’angioradiologo poneva indicazione a posizionamento di stent convenzionale a 9 mm con buon risultato finale e senza complicanze. La terapia antiaggregante veniva potenziata con doppia copertura farmacologica (acido acetilsalicilico 100 mg + ticlopidina 250 mg die). Nel periodo a seguire fino al maggio 2011 i controlli ecodoppler hanno sempre confermato pervietà dello stent senza segni di restenosi. La misurazione del flusso dell’accesso eseguita con il metodo della diluizione degli ultrasuoni (Transonic) a partire dalla prima procedura ha costantemente evidenziato un’elevata portata della FAV (range 2500-3000 ml/min).
IT100015
Esame: p-ANCA
non disponibile
2
Si descrive il caso di una paziente di anni 52, con diagnosi bioptica nel 1983 di GN membranosa, sottrattasi al follow-up per alcuni anni e ripresa in carico ambulatoriale con un grado di insufficienza renale avanzato (Crs 4,5 mg/dl). Costituzionalmente obesa (BMI = 34), era stata esclusa dalla dialisi peritoneale per la presenza di alcune controindicazioni cliniche insieme a scarsa accettazione della paziente. Nel maggio 2005 era stata sottoposta a un primo intervento di confezionamento di FAV radiocefalica sinistra che poche settimane dopo, in concomitanza di un episodio ipotensivo, andava incontro a trombosi precoce. Alla fine dello stesso anno si procedeva con successo all’allestimento di una FAV prossimale omerocefalica sinistra. Il trattamento emodialitico cronico era infine avviato nel dicembre 2006. Dopo circa 12 mesi di dialisi trascorsi senza problemi clinici, si osservavano progressivi segni di dilatazione, tortuosità, iperpulsatilità della FAV con tempi di tamponamento prolungati a fine dialisi. L’esecuzione di un ecodoppler, non metteva in evidenza segni di stenosi sul decorso della vena a livello del braccio, mentre più prossimalmente il colordoppler registrava a livello del tratto precedente la confluenza cefalico-succlavia spiccate turbolenze cui corrispondeva al duplex un notevole aumento della velocità di flusso fino a 4,5 m/s. Il reperto nel complesso deponeva per la presenza di una stenosi serrata. Lo studio flebografico confermava una stenosi pre-occlusiva alla confluenza tra vena cefalica e succlavia che veniva trattata con PTA a 7 mm e successivamente a 9 mm a 14 atm, ottenendo l’adeguato ripristino del calibro vascolare. Veniva inserita terapia antiaggregante con 100 mg/die di acido acetilsalicilico. Il controllo ecodoppler del novembre 2008 evidenziava recidiva della stenosi precedentemente dilatata che veniva sottoposta nuovamente a PTA mediante cateteri a palloncino da 7 e 8 mm sino a 30 atm e successivamente da 10 mm, con buon esito angiografico. Tuttavia nel marzo 2009 l’ecodoppler mostrava ancora segni di recidiva stenotica: dopo un inefficace tentativo di dilatazione con palloni ad alta pressione (Conquest da 7 e 8 mm gonfiati fino a 30 atmosfere), l’angioradiologo poneva indicazione a posizionamento di stent convenzionale a 9 mm con buon risultato finale e senza complicanze. La terapia antiaggregante veniva potenziata con doppia copertura farmacologica (acido acetilsalicilico 100 mg + ticlopidina 250 mg die). Nel periodo a seguire fino al maggio 2011 i controlli ecodoppler hanno sempre confermato pervietà dello stent senza segni di restenosi. La misurazione del flusso dell’accesso eseguita con il metodo della diluizione degli ultrasuoni (Transonic) a partire dalla prima procedura ha costantemente evidenziato un’elevata portata della FAV (range 2500-3000 ml/min).
IT100015
Esame: IFI
non disponibile
2
Si descrive il caso di una paziente di anni 52, con diagnosi bioptica nel 1983 di GN membranosa, sottrattasi al follow-up per alcuni anni e ripresa in carico ambulatoriale con un grado di insufficienza renale avanzato (Crs 4,5 mg/dl). Costituzionalmente obesa (BMI = 34), era stata esclusa dalla dialisi peritoneale per la presenza di alcune controindicazioni cliniche insieme a scarsa accettazione della paziente. Nel maggio 2005 era stata sottoposta a un primo intervento di confezionamento di FAV radiocefalica sinistra che poche settimane dopo, in concomitanza di un episodio ipotensivo, andava incontro a trombosi precoce. Alla fine dello stesso anno si procedeva con successo all’allestimento di una FAV prossimale omerocefalica sinistra. Il trattamento emodialitico cronico era infine avviato nel dicembre 2006. Dopo circa 12 mesi di dialisi trascorsi senza problemi clinici, si osservavano progressivi segni di dilatazione, tortuosità, iperpulsatilità della FAV con tempi di tamponamento prolungati a fine dialisi. L’esecuzione di un ecodoppler, non metteva in evidenza segni di stenosi sul decorso della vena a livello del braccio, mentre più prossimalmente il colordoppler registrava a livello del tratto precedente la confluenza cefalico-succlavia spiccate turbolenze cui corrispondeva al duplex un notevole aumento della velocità di flusso fino a 4,5 m/s. Il reperto nel complesso deponeva per la presenza di una stenosi serrata. Lo studio flebografico confermava una stenosi pre-occlusiva alla confluenza tra vena cefalica e succlavia che veniva trattata con PTA a 7 mm e successivamente a 9 mm a 14 atm, ottenendo l’adeguato ripristino del calibro vascolare. Veniva inserita terapia antiaggregante con 100 mg/die di acido acetilsalicilico. Il controllo ecodoppler del novembre 2008 evidenziava recidiva della stenosi precedentemente dilatata che veniva sottoposta nuovamente a PTA mediante cateteri a palloncino da 7 e 8 mm sino a 30 atm e successivamente da 10 mm, con buon esito angiografico. Tuttavia nel marzo 2009 l’ecodoppler mostrava ancora segni di recidiva stenotica: dopo un inefficace tentativo di dilatazione con palloni ad alta pressione (Conquest da 7 e 8 mm gonfiati fino a 30 atmosfere), l’angioradiologo poneva indicazione a posizionamento di stent convenzionale a 9 mm con buon risultato finale e senza complicanze. La terapia antiaggregante veniva potenziata con doppia copertura farmacologica (acido acetilsalicilico 100 mg + ticlopidina 250 mg die). Nel periodo a seguire fino al maggio 2011 i controlli ecodoppler hanno sempre confermato pervietà dello stent senza segni di restenosi. La misurazione del flusso dell’accesso eseguita con il metodo della diluizione degli ultrasuoni (Transonic) a partire dalla prima procedura ha costantemente evidenziato un’elevata portata della FAV (range 2500-3000 ml/min).
IT100015
Esame: EIA
non disponibile
2
Si descrive il caso di una paziente di anni 52, con diagnosi bioptica nel 1983 di GN membranosa, sottrattasi al follow-up per alcuni anni e ripresa in carico ambulatoriale con un grado di insufficienza renale avanzato (Crs 4,5 mg/dl). Costituzionalmente obesa (BMI = 34), era stata esclusa dalla dialisi peritoneale per la presenza di alcune controindicazioni cliniche insieme a scarsa accettazione della paziente. Nel maggio 2005 era stata sottoposta a un primo intervento di confezionamento di FAV radiocefalica sinistra che poche settimane dopo, in concomitanza di un episodio ipotensivo, andava incontro a trombosi precoce. Alla fine dello stesso anno si procedeva con successo all’allestimento di una FAV prossimale omerocefalica sinistra. Il trattamento emodialitico cronico era infine avviato nel dicembre 2006. Dopo circa 12 mesi di dialisi trascorsi senza problemi clinici, si osservavano progressivi segni di dilatazione, tortuosità, iperpulsatilità della FAV con tempi di tamponamento prolungati a fine dialisi. L’esecuzione di un ecodoppler, non metteva in evidenza segni di stenosi sul decorso della vena a livello del braccio, mentre più prossimalmente il colordoppler registrava a livello del tratto precedente la confluenza cefalico-succlavia spiccate turbolenze cui corrispondeva al duplex un notevole aumento della velocità di flusso fino a 4,5 m/s. Il reperto nel complesso deponeva per la presenza di una stenosi serrata. Lo studio flebografico confermava una stenosi pre-occlusiva alla confluenza tra vena cefalica e succlavia che veniva trattata con PTA a 7 mm e successivamente a 9 mm a 14 atm, ottenendo l’adeguato ripristino del calibro vascolare. Veniva inserita terapia antiaggregante con 100 mg/die di acido acetilsalicilico. Il controllo ecodoppler del novembre 2008 evidenziava recidiva della stenosi precedentemente dilatata che veniva sottoposta nuovamente a PTA mediante cateteri a palloncino da 7 e 8 mm sino a 30 atm e successivamente da 10 mm, con buon esito angiografico. Tuttavia nel marzo 2009 l’ecodoppler mostrava ancora segni di recidiva stenotica: dopo un inefficace tentativo di dilatazione con palloni ad alta pressione (Conquest da 7 e 8 mm gonfiati fino a 30 atmosfere), l’angioradiologo poneva indicazione a posizionamento di stent convenzionale a 9 mm con buon risultato finale e senza complicanze. La terapia antiaggregante veniva potenziata con doppia copertura farmacologica (acido acetilsalicilico 100 mg + ticlopidina 250 mg die). Nel periodo a seguire fino al maggio 2011 i controlli ecodoppler hanno sempre confermato pervietà dello stent senza segni di restenosi. La misurazione del flusso dell’accesso eseguita con il metodo della diluizione degli ultrasuoni (Transonic) a partire dalla prima procedura ha costantemente evidenziato un’elevata portata della FAV (range 2500-3000 ml/min).
IT100015
Esame: espettorato
non disponibile
2
Si descrive il caso di una paziente di anni 52, con diagnosi bioptica nel 1983 di GN membranosa, sottrattasi al follow-up per alcuni anni e ripresa in carico ambulatoriale con un grado di insufficienza renale avanzato (Crs 4,5 mg/dl). Costituzionalmente obesa (BMI = 34), era stata esclusa dalla dialisi peritoneale per la presenza di alcune controindicazioni cliniche insieme a scarsa accettazione della paziente. Nel maggio 2005 era stata sottoposta a un primo intervento di confezionamento di FAV radiocefalica sinistra che poche settimane dopo, in concomitanza di un episodio ipotensivo, andava incontro a trombosi precoce. Alla fine dello stesso anno si procedeva con successo all’allestimento di una FAV prossimale omerocefalica sinistra. Il trattamento emodialitico cronico era infine avviato nel dicembre 2006. Dopo circa 12 mesi di dialisi trascorsi senza problemi clinici, si osservavano progressivi segni di dilatazione, tortuosità, iperpulsatilità della FAV con tempi di tamponamento prolungati a fine dialisi. L’esecuzione di un ecodoppler, non metteva in evidenza segni di stenosi sul decorso della vena a livello del braccio, mentre più prossimalmente il colordoppler registrava a livello del tratto precedente la confluenza cefalico-succlavia spiccate turbolenze cui corrispondeva al duplex un notevole aumento della velocità di flusso fino a 4,5 m/s. Il reperto nel complesso deponeva per la presenza di una stenosi serrata. Lo studio flebografico confermava una stenosi pre-occlusiva alla confluenza tra vena cefalica e succlavia che veniva trattata con PTA a 7 mm e successivamente a 9 mm a 14 atm, ottenendo l’adeguato ripristino del calibro vascolare. Veniva inserita terapia antiaggregante con 100 mg/die di acido acetilsalicilico. Il controllo ecodoppler del novembre 2008 evidenziava recidiva della stenosi precedentemente dilatata che veniva sottoposta nuovamente a PTA mediante cateteri a palloncino da 7 e 8 mm sino a 30 atm e successivamente da 10 mm, con buon esito angiografico. Tuttavia nel marzo 2009 l’ecodoppler mostrava ancora segni di recidiva stenotica: dopo un inefficace tentativo di dilatazione con palloni ad alta pressione (Conquest da 7 e 8 mm gonfiati fino a 30 atmosfere), l’angioradiologo poneva indicazione a posizionamento di stent convenzionale a 9 mm con buon risultato finale e senza complicanze. La terapia antiaggregante veniva potenziata con doppia copertura farmacologica (acido acetilsalicilico 100 mg + ticlopidina 250 mg die). Nel periodo a seguire fino al maggio 2011 i controlli ecodoppler hanno sempre confermato pervietà dello stent senza segni di restenosi. La misurazione del flusso dell’accesso eseguita con il metodo della diluizione degli ultrasuoni (Transonic) a partire dalla prima procedura ha costantemente evidenziato un’elevata portata della FAV (range 2500-3000 ml/min).
IT100015
Esame: urinocoltura
non disponibile
2
Si descrive il caso di una paziente di anni 52, con diagnosi bioptica nel 1983 di GN membranosa, sottrattasi al follow-up per alcuni anni e ripresa in carico ambulatoriale con un grado di insufficienza renale avanzato (Crs 4,5 mg/dl). Costituzionalmente obesa (BMI = 34), era stata esclusa dalla dialisi peritoneale per la presenza di alcune controindicazioni cliniche insieme a scarsa accettazione della paziente. Nel maggio 2005 era stata sottoposta a un primo intervento di confezionamento di FAV radiocefalica sinistra che poche settimane dopo, in concomitanza di un episodio ipotensivo, andava incontro a trombosi precoce. Alla fine dello stesso anno si procedeva con successo all’allestimento di una FAV prossimale omerocefalica sinistra. Il trattamento emodialitico cronico era infine avviato nel dicembre 2006. Dopo circa 12 mesi di dialisi trascorsi senza problemi clinici, si osservavano progressivi segni di dilatazione, tortuosità, iperpulsatilità della FAV con tempi di tamponamento prolungati a fine dialisi. L’esecuzione di un ecodoppler, non metteva in evidenza segni di stenosi sul decorso della vena a livello del braccio, mentre più prossimalmente il colordoppler registrava a livello del tratto precedente la confluenza cefalico-succlavia spiccate turbolenze cui corrispondeva al duplex un notevole aumento della velocità di flusso fino a 4,5 m/s. Il reperto nel complesso deponeva per la presenza di una stenosi serrata. Lo studio flebografico confermava una stenosi pre-occlusiva alla confluenza tra vena cefalica e succlavia che veniva trattata con PTA a 7 mm e successivamente a 9 mm a 14 atm, ottenendo l’adeguato ripristino del calibro vascolare. Veniva inserita terapia antiaggregante con 100 mg/die di acido acetilsalicilico. Il controllo ecodoppler del novembre 2008 evidenziava recidiva della stenosi precedentemente dilatata che veniva sottoposta nuovamente a PTA mediante cateteri a palloncino da 7 e 8 mm sino a 30 atm e successivamente da 10 mm, con buon esito angiografico. Tuttavia nel marzo 2009 l’ecodoppler mostrava ancora segni di recidiva stenotica: dopo un inefficace tentativo di dilatazione con palloni ad alta pressione (Conquest da 7 e 8 mm gonfiati fino a 30 atmosfere), l’angioradiologo poneva indicazione a posizionamento di stent convenzionale a 9 mm con buon risultato finale e senza complicanze. La terapia antiaggregante veniva potenziata con doppia copertura farmacologica (acido acetilsalicilico 100 mg + ticlopidina 250 mg die). Nel periodo a seguire fino al maggio 2011 i controlli ecodoppler hanno sempre confermato pervietà dello stent senza segni di restenosi. La misurazione del flusso dell’accesso eseguita con il metodo della diluizione degli ultrasuoni (Transonic) a partire dalla prima procedura ha costantemente evidenziato un’elevata portata della FAV (range 2500-3000 ml/min).
IT100015
Esame: BMI
34.
2
Si descrive il caso di una paziente di anni 52, con diagnosi bioptica nel 1983 di GN membranosa, sottrattasi al follow-up per alcuni anni e ripresa in carico ambulatoriale con un grado di insufficienza renale avanzato (Crs 4,5 mg/dl). Costituzionalmente obesa (BMI = 34), era stata esclusa dalla dialisi peritoneale per la presenza di alcune controindicazioni cliniche insieme a scarsa accettazione della paziente. Nel maggio 2005 era stata sottoposta a un primo intervento di confezionamento di FAV radiocefalica sinistra che poche settimane dopo, in concomitanza di un episodio ipotensivo, andava incontro a trombosi precoce. Alla fine dello stesso anno si procedeva con successo all’allestimento di una FAV prossimale omerocefalica sinistra. Il trattamento emodialitico cronico era infine avviato nel dicembre 2006. Dopo circa 12 mesi di dialisi trascorsi senza problemi clinici, si osservavano progressivi segni di dilatazione, tortuosità, iperpulsatilità della FAV con tempi di tamponamento prolungati a fine dialisi. L’esecuzione di un ecodoppler, non metteva in evidenza segni di stenosi sul decorso della vena a livello del braccio, mentre più prossimalmente il colordoppler registrava a livello del tratto precedente la confluenza cefalico-succlavia spiccate turbolenze cui corrispondeva al duplex un notevole aumento della velocità di flusso fino a 4,5 m/s. Il reperto nel complesso deponeva per la presenza di una stenosi serrata. Lo studio flebografico confermava una stenosi pre-occlusiva alla confluenza tra vena cefalica e succlavia che veniva trattata con PTA a 7 mm e successivamente a 9 mm a 14 atm, ottenendo l’adeguato ripristino del calibro vascolare. Veniva inserita terapia antiaggregante con 100 mg/die di acido acetilsalicilico. Il controllo ecodoppler del novembre 2008 evidenziava recidiva della stenosi precedentemente dilatata che veniva sottoposta nuovamente a PTA mediante cateteri a palloncino da 7 e 8 mm sino a 30 atm e successivamente da 10 mm, con buon esito angiografico. Tuttavia nel marzo 2009 l’ecodoppler mostrava ancora segni di recidiva stenotica: dopo un inefficace tentativo di dilatazione con palloni ad alta pressione (Conquest da 7 e 8 mm gonfiati fino a 30 atmosfere), l’angioradiologo poneva indicazione a posizionamento di stent convenzionale a 9 mm con buon risultato finale e senza complicanze. La terapia antiaggregante veniva potenziata con doppia copertura farmacologica (acido acetilsalicilico 100 mg + ticlopidina 250 mg die). Nel periodo a seguire fino al maggio 2011 i controlli ecodoppler hanno sempre confermato pervietà dello stent senza segni di restenosi. La misurazione del flusso dell’accesso eseguita con il metodo della diluizione degli ultrasuoni (Transonic) a partire dalla prima procedura ha costantemente evidenziato un’elevata portata della FAV (range 2500-3000 ml/min).
IT100015
Esame: fosfatasi
non disponibile
2
Si descrive il caso di una paziente di anni 52, con diagnosi bioptica nel 1983 di GN membranosa, sottrattasi al follow-up per alcuni anni e ripresa in carico ambulatoriale con un grado di insufficienza renale avanzato (Crs 4,5 mg/dl). Costituzionalmente obesa (BMI = 34), era stata esclusa dalla dialisi peritoneale per la presenza di alcune controindicazioni cliniche insieme a scarsa accettazione della paziente. Nel maggio 2005 era stata sottoposta a un primo intervento di confezionamento di FAV radiocefalica sinistra che poche settimane dopo, in concomitanza di un episodio ipotensivo, andava incontro a trombosi precoce. Alla fine dello stesso anno si procedeva con successo all’allestimento di una FAV prossimale omerocefalica sinistra. Il trattamento emodialitico cronico era infine avviato nel dicembre 2006. Dopo circa 12 mesi di dialisi trascorsi senza problemi clinici, si osservavano progressivi segni di dilatazione, tortuosità, iperpulsatilità della FAV con tempi di tamponamento prolungati a fine dialisi. L’esecuzione di un ecodoppler, non metteva in evidenza segni di stenosi sul decorso della vena a livello del braccio, mentre più prossimalmente il colordoppler registrava a livello del tratto precedente la confluenza cefalico-succlavia spiccate turbolenze cui corrispondeva al duplex un notevole aumento della velocità di flusso fino a 4,5 m/s. Il reperto nel complesso deponeva per la presenza di una stenosi serrata. Lo studio flebografico confermava una stenosi pre-occlusiva alla confluenza tra vena cefalica e succlavia che veniva trattata con PTA a 7 mm e successivamente a 9 mm a 14 atm, ottenendo l’adeguato ripristino del calibro vascolare. Veniva inserita terapia antiaggregante con 100 mg/die di acido acetilsalicilico. Il controllo ecodoppler del novembre 2008 evidenziava recidiva della stenosi precedentemente dilatata che veniva sottoposta nuovamente a PTA mediante cateteri a palloncino da 7 e 8 mm sino a 30 atm e successivamente da 10 mm, con buon esito angiografico. Tuttavia nel marzo 2009 l’ecodoppler mostrava ancora segni di recidiva stenotica: dopo un inefficace tentativo di dilatazione con palloni ad alta pressione (Conquest da 7 e 8 mm gonfiati fino a 30 atmosfere), l’angioradiologo poneva indicazione a posizionamento di stent convenzionale a 9 mm con buon risultato finale e senza complicanze. La terapia antiaggregante veniva potenziata con doppia copertura farmacologica (acido acetilsalicilico 100 mg + ticlopidina 250 mg die). Nel periodo a seguire fino al maggio 2011 i controlli ecodoppler hanno sempre confermato pervietà dello stent senza segni di restenosi. La misurazione del flusso dell’accesso eseguita con il metodo della diluizione degli ultrasuoni (Transonic) a partire dalla prima procedura ha costantemente evidenziato un’elevata portata della FAV (range 2500-3000 ml/min).
IT100015
Esame: PSA
non disponibile
2
Si descrive il caso di una paziente di anni 52, con diagnosi bioptica nel 1983 di GN membranosa, sottrattasi al follow-up per alcuni anni e ripresa in carico ambulatoriale con un grado di insufficienza renale avanzato (Crs 4,5 mg/dl). Costituzionalmente obesa (BMI = 34), era stata esclusa dalla dialisi peritoneale per la presenza di alcune controindicazioni cliniche insieme a scarsa accettazione della paziente. Nel maggio 2005 era stata sottoposta a un primo intervento di confezionamento di FAV radiocefalica sinistra che poche settimane dopo, in concomitanza di un episodio ipotensivo, andava incontro a trombosi precoce. Alla fine dello stesso anno si procedeva con successo all’allestimento di una FAV prossimale omerocefalica sinistra. Il trattamento emodialitico cronico era infine avviato nel dicembre 2006. Dopo circa 12 mesi di dialisi trascorsi senza problemi clinici, si osservavano progressivi segni di dilatazione, tortuosità, iperpulsatilità della FAV con tempi di tamponamento prolungati a fine dialisi. L’esecuzione di un ecodoppler, non metteva in evidenza segni di stenosi sul decorso della vena a livello del braccio, mentre più prossimalmente il colordoppler registrava a livello del tratto precedente la confluenza cefalico-succlavia spiccate turbolenze cui corrispondeva al duplex un notevole aumento della velocità di flusso fino a 4,5 m/s. Il reperto nel complesso deponeva per la presenza di una stenosi serrata. Lo studio flebografico confermava una stenosi pre-occlusiva alla confluenza tra vena cefalica e succlavia che veniva trattata con PTA a 7 mm e successivamente a 9 mm a 14 atm, ottenendo l’adeguato ripristino del calibro vascolare. Veniva inserita terapia antiaggregante con 100 mg/die di acido acetilsalicilico. Il controllo ecodoppler del novembre 2008 evidenziava recidiva della stenosi precedentemente dilatata che veniva sottoposta nuovamente a PTA mediante cateteri a palloncino da 7 e 8 mm sino a 30 atm e successivamente da 10 mm, con buon esito angiografico. Tuttavia nel marzo 2009 l’ecodoppler mostrava ancora segni di recidiva stenotica: dopo un inefficace tentativo di dilatazione con palloni ad alta pressione (Conquest da 7 e 8 mm gonfiati fino a 30 atmosfere), l’angioradiologo poneva indicazione a posizionamento di stent convenzionale a 9 mm con buon risultato finale e senza complicanze. La terapia antiaggregante veniva potenziata con doppia copertura farmacologica (acido acetilsalicilico 100 mg + ticlopidina 250 mg die). Nel periodo a seguire fino al maggio 2011 i controlli ecodoppler hanno sempre confermato pervietà dello stent senza segni di restenosi. La misurazione del flusso dell’accesso eseguita con il metodo della diluizione degli ultrasuoni (Transonic) a partire dalla prima procedura ha costantemente evidenziato un’elevata portata della FAV (range 2500-3000 ml/min).
IT100015
Esame: TC
non disponibile
2
Si descrive il caso di una paziente di anni 52, con diagnosi bioptica nel 1983 di GN membranosa, sottrattasi al follow-up per alcuni anni e ripresa in carico ambulatoriale con un grado di insufficienza renale avanzato (Crs 4,5 mg/dl). Costituzionalmente obesa (BMI = 34), era stata esclusa dalla dialisi peritoneale per la presenza di alcune controindicazioni cliniche insieme a scarsa accettazione della paziente. Nel maggio 2005 era stata sottoposta a un primo intervento di confezionamento di FAV radiocefalica sinistra che poche settimane dopo, in concomitanza di un episodio ipotensivo, andava incontro a trombosi precoce. Alla fine dello stesso anno si procedeva con successo all’allestimento di una FAV prossimale omerocefalica sinistra. Il trattamento emodialitico cronico era infine avviato nel dicembre 2006. Dopo circa 12 mesi di dialisi trascorsi senza problemi clinici, si osservavano progressivi segni di dilatazione, tortuosità, iperpulsatilità della FAV con tempi di tamponamento prolungati a fine dialisi. L’esecuzione di un ecodoppler, non metteva in evidenza segni di stenosi sul decorso della vena a livello del braccio, mentre più prossimalmente il colordoppler registrava a livello del tratto precedente la confluenza cefalico-succlavia spiccate turbolenze cui corrispondeva al duplex un notevole aumento della velocità di flusso fino a 4,5 m/s. Il reperto nel complesso deponeva per la presenza di una stenosi serrata. Lo studio flebografico confermava una stenosi pre-occlusiva alla confluenza tra vena cefalica e succlavia che veniva trattata con PTA a 7 mm e successivamente a 9 mm a 14 atm, ottenendo l’adeguato ripristino del calibro vascolare. Veniva inserita terapia antiaggregante con 100 mg/die di acido acetilsalicilico. Il controllo ecodoppler del novembre 2008 evidenziava recidiva della stenosi precedentemente dilatata che veniva sottoposta nuovamente a PTA mediante cateteri a palloncino da 7 e 8 mm sino a 30 atm e successivamente da 10 mm, con buon esito angiografico. Tuttavia nel marzo 2009 l’ecodoppler mostrava ancora segni di recidiva stenotica: dopo un inefficace tentativo di dilatazione con palloni ad alta pressione (Conquest da 7 e 8 mm gonfiati fino a 30 atmosfere), l’angioradiologo poneva indicazione a posizionamento di stent convenzionale a 9 mm con buon risultato finale e senza complicanze. La terapia antiaggregante veniva potenziata con doppia copertura farmacologica (acido acetilsalicilico 100 mg + ticlopidina 250 mg die). Nel periodo a seguire fino al maggio 2011 i controlli ecodoppler hanno sempre confermato pervietà dello stent senza segni di restenosi. La misurazione del flusso dell’accesso eseguita con il metodo della diluizione degli ultrasuoni (Transonic) a partire dalla prima procedura ha costantemente evidenziato un’elevata portata della FAV (range 2500-3000 ml/min).
IT100015
Esame: biopsia
non disponibile
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Si descrive il caso di una paziente di anni 52, con diagnosi bioptica nel 1983 di GN membranosa, sottrattasi al follow-up per alcuni anni e ripresa in carico ambulatoriale con un grado di insufficienza renale avanzato (Crs 4,5 mg/dl). Costituzionalmente obesa (BMI = 34), era stata esclusa dalla dialisi peritoneale per la presenza di alcune controindicazioni cliniche insieme a scarsa accettazione della paziente. Nel maggio 2005 era stata sottoposta a un primo intervento di confezionamento di FAV radiocefalica sinistra che poche settimane dopo, in concomitanza di un episodio ipotensivo, andava incontro a trombosi precoce. Alla fine dello stesso anno si procedeva con successo all’allestimento di una FAV prossimale omerocefalica sinistra. Il trattamento emodialitico cronico era infine avviato nel dicembre 2006. Dopo circa 12 mesi di dialisi trascorsi senza problemi clinici, si osservavano progressivi segni di dilatazione, tortuosità, iperpulsatilità della FAV con tempi di tamponamento prolungati a fine dialisi. L’esecuzione di un ecodoppler, non metteva in evidenza segni di stenosi sul decorso della vena a livello del braccio, mentre più prossimalmente il colordoppler registrava a livello del tratto precedente la confluenza cefalico-succlavia spiccate turbolenze cui corrispondeva al duplex un notevole aumento della velocità di flusso fino a 4,5 m/s. Il reperto nel complesso deponeva per la presenza di una stenosi serrata. Lo studio flebografico confermava una stenosi pre-occlusiva alla confluenza tra vena cefalica e succlavia che veniva trattata con PTA a 7 mm e successivamente a 9 mm a 14 atm, ottenendo l’adeguato ripristino del calibro vascolare. Veniva inserita terapia antiaggregante con 100 mg/die di acido acetilsalicilico. Il controllo ecodoppler del novembre 2008 evidenziava recidiva della stenosi precedentemente dilatata che veniva sottoposta nuovamente a PTA mediante cateteri a palloncino da 7 e 8 mm sino a 30 atm e successivamente da 10 mm, con buon esito angiografico. Tuttavia nel marzo 2009 l’ecodoppler mostrava ancora segni di recidiva stenotica: dopo un inefficace tentativo di dilatazione con palloni ad alta pressione (Conquest da 7 e 8 mm gonfiati fino a 30 atmosfere), l’angioradiologo poneva indicazione a posizionamento di stent convenzionale a 9 mm con buon risultato finale e senza complicanze. La terapia antiaggregante veniva potenziata con doppia copertura farmacologica (acido acetilsalicilico 100 mg + ticlopidina 250 mg die). Nel periodo a seguire fino al maggio 2011 i controlli ecodoppler hanno sempre confermato pervietà dello stent senza segni di restenosi. La misurazione del flusso dell’accesso eseguita con il metodo della diluizione degli ultrasuoni (Transonic) a partire dalla prima procedura ha costantemente evidenziato un’elevata portata della FAV (range 2500-3000 ml/min).
IT100015
Esame: TnI
non disponibile
2
Si descrive il caso di una paziente di anni 52, con diagnosi bioptica nel 1983 di GN membranosa, sottrattasi al follow-up per alcuni anni e ripresa in carico ambulatoriale con un grado di insufficienza renale avanzato (Crs 4,5 mg/dl). Costituzionalmente obesa (BMI = 34), era stata esclusa dalla dialisi peritoneale per la presenza di alcune controindicazioni cliniche insieme a scarsa accettazione della paziente. Nel maggio 2005 era stata sottoposta a un primo intervento di confezionamento di FAV radiocefalica sinistra che poche settimane dopo, in concomitanza di un episodio ipotensivo, andava incontro a trombosi precoce. Alla fine dello stesso anno si procedeva con successo all’allestimento di una FAV prossimale omerocefalica sinistra. Il trattamento emodialitico cronico era infine avviato nel dicembre 2006. Dopo circa 12 mesi di dialisi trascorsi senza problemi clinici, si osservavano progressivi segni di dilatazione, tortuosità, iperpulsatilità della FAV con tempi di tamponamento prolungati a fine dialisi. L’esecuzione di un ecodoppler, non metteva in evidenza segni di stenosi sul decorso della vena a livello del braccio, mentre più prossimalmente il colordoppler registrava a livello del tratto precedente la confluenza cefalico-succlavia spiccate turbolenze cui corrispondeva al duplex un notevole aumento della velocità di flusso fino a 4,5 m/s. Il reperto nel complesso deponeva per la presenza di una stenosi serrata. Lo studio flebografico confermava una stenosi pre-occlusiva alla confluenza tra vena cefalica e succlavia che veniva trattata con PTA a 7 mm e successivamente a 9 mm a 14 atm, ottenendo l’adeguato ripristino del calibro vascolare. Veniva inserita terapia antiaggregante con 100 mg/die di acido acetilsalicilico. Il controllo ecodoppler del novembre 2008 evidenziava recidiva della stenosi precedentemente dilatata che veniva sottoposta nuovamente a PTA mediante cateteri a palloncino da 7 e 8 mm sino a 30 atm e successivamente da 10 mm, con buon esito angiografico. Tuttavia nel marzo 2009 l’ecodoppler mostrava ancora segni di recidiva stenotica: dopo un inefficace tentativo di dilatazione con palloni ad alta pressione (Conquest da 7 e 8 mm gonfiati fino a 30 atmosfere), l’angioradiologo poneva indicazione a posizionamento di stent convenzionale a 9 mm con buon risultato finale e senza complicanze. La terapia antiaggregante veniva potenziata con doppia copertura farmacologica (acido acetilsalicilico 100 mg + ticlopidina 250 mg die). Nel periodo a seguire fino al maggio 2011 i controlli ecodoppler hanno sempre confermato pervietà dello stent senza segni di restenosi. La misurazione del flusso dell’accesso eseguita con il metodo della diluizione degli ultrasuoni (Transonic) a partire dalla prima procedura ha costantemente evidenziato un’elevata portata della FAV (range 2500-3000 ml/min).
IT100015
Esame: HBV
non disponibile
2
Si descrive il caso di una paziente di anni 52, con diagnosi bioptica nel 1983 di GN membranosa, sottrattasi al follow-up per alcuni anni e ripresa in carico ambulatoriale con un grado di insufficienza renale avanzato (Crs 4,5 mg/dl). Costituzionalmente obesa (BMI = 34), era stata esclusa dalla dialisi peritoneale per la presenza di alcune controindicazioni cliniche insieme a scarsa accettazione della paziente. Nel maggio 2005 era stata sottoposta a un primo intervento di confezionamento di FAV radiocefalica sinistra che poche settimane dopo, in concomitanza di un episodio ipotensivo, andava incontro a trombosi precoce. Alla fine dello stesso anno si procedeva con successo all’allestimento di una FAV prossimale omerocefalica sinistra. Il trattamento emodialitico cronico era infine avviato nel dicembre 2006. Dopo circa 12 mesi di dialisi trascorsi senza problemi clinici, si osservavano progressivi segni di dilatazione, tortuosità, iperpulsatilità della FAV con tempi di tamponamento prolungati a fine dialisi. L’esecuzione di un ecodoppler, non metteva in evidenza segni di stenosi sul decorso della vena a livello del braccio, mentre più prossimalmente il colordoppler registrava a livello del tratto precedente la confluenza cefalico-succlavia spiccate turbolenze cui corrispondeva al duplex un notevole aumento della velocità di flusso fino a 4,5 m/s. Il reperto nel complesso deponeva per la presenza di una stenosi serrata. Lo studio flebografico confermava una stenosi pre-occlusiva alla confluenza tra vena cefalica e succlavia che veniva trattata con PTA a 7 mm e successivamente a 9 mm a 14 atm, ottenendo l’adeguato ripristino del calibro vascolare. Veniva inserita terapia antiaggregante con 100 mg/die di acido acetilsalicilico. Il controllo ecodoppler del novembre 2008 evidenziava recidiva della stenosi precedentemente dilatata che veniva sottoposta nuovamente a PTA mediante cateteri a palloncino da 7 e 8 mm sino a 30 atm e successivamente da 10 mm, con buon esito angiografico. Tuttavia nel marzo 2009 l’ecodoppler mostrava ancora segni di recidiva stenotica: dopo un inefficace tentativo di dilatazione con palloni ad alta pressione (Conquest da 7 e 8 mm gonfiati fino a 30 atmosfere), l’angioradiologo poneva indicazione a posizionamento di stent convenzionale a 9 mm con buon risultato finale e senza complicanze. La terapia antiaggregante veniva potenziata con doppia copertura farmacologica (acido acetilsalicilico 100 mg + ticlopidina 250 mg die). Nel periodo a seguire fino al maggio 2011 i controlli ecodoppler hanno sempre confermato pervietà dello stent senza segni di restenosi. La misurazione del flusso dell’accesso eseguita con il metodo della diluizione degli ultrasuoni (Transonic) a partire dalla prima procedura ha costantemente evidenziato un’elevata portata della FAV (range 2500-3000 ml/min).
IT100015
Esame: transaminasi
non disponibile
2
Si descrive il caso di una paziente di anni 52, con diagnosi bioptica nel 1983 di GN membranosa, sottrattasi al follow-up per alcuni anni e ripresa in carico ambulatoriale con un grado di insufficienza renale avanzato (Crs 4,5 mg/dl). Costituzionalmente obesa (BMI = 34), era stata esclusa dalla dialisi peritoneale per la presenza di alcune controindicazioni cliniche insieme a scarsa accettazione della paziente. Nel maggio 2005 era stata sottoposta a un primo intervento di confezionamento di FAV radiocefalica sinistra che poche settimane dopo, in concomitanza di un episodio ipotensivo, andava incontro a trombosi precoce. Alla fine dello stesso anno si procedeva con successo all’allestimento di una FAV prossimale omerocefalica sinistra. Il trattamento emodialitico cronico era infine avviato nel dicembre 2006. Dopo circa 12 mesi di dialisi trascorsi senza problemi clinici, si osservavano progressivi segni di dilatazione, tortuosità, iperpulsatilità della FAV con tempi di tamponamento prolungati a fine dialisi. L’esecuzione di un ecodoppler, non metteva in evidenza segni di stenosi sul decorso della vena a livello del braccio, mentre più prossimalmente il colordoppler registrava a livello del tratto precedente la confluenza cefalico-succlavia spiccate turbolenze cui corrispondeva al duplex un notevole aumento della velocità di flusso fino a 4,5 m/s. Il reperto nel complesso deponeva per la presenza di una stenosi serrata. Lo studio flebografico confermava una stenosi pre-occlusiva alla confluenza tra vena cefalica e succlavia che veniva trattata con PTA a 7 mm e successivamente a 9 mm a 14 atm, ottenendo l’adeguato ripristino del calibro vascolare. Veniva inserita terapia antiaggregante con 100 mg/die di acido acetilsalicilico. Il controllo ecodoppler del novembre 2008 evidenziava recidiva della stenosi precedentemente dilatata che veniva sottoposta nuovamente a PTA mediante cateteri a palloncino da 7 e 8 mm sino a 30 atm e successivamente da 10 mm, con buon esito angiografico. Tuttavia nel marzo 2009 l’ecodoppler mostrava ancora segni di recidiva stenotica: dopo un inefficace tentativo di dilatazione con palloni ad alta pressione (Conquest da 7 e 8 mm gonfiati fino a 30 atmosfere), l’angioradiologo poneva indicazione a posizionamento di stent convenzionale a 9 mm con buon risultato finale e senza complicanze. La terapia antiaggregante veniva potenziata con doppia copertura farmacologica (acido acetilsalicilico 100 mg + ticlopidina 250 mg die). Nel periodo a seguire fino al maggio 2011 i controlli ecodoppler hanno sempre confermato pervietà dello stent senza segni di restenosi. La misurazione del flusso dell’accesso eseguita con il metodo della diluizione degli ultrasuoni (Transonic) a partire dalla prima procedura ha costantemente evidenziato un’elevata portata della FAV (range 2500-3000 ml/min).
IT100015
Esame: pressione
non disponibile
2
Si descrive il caso di una paziente di anni 52, con diagnosi bioptica nel 1983 di GN membranosa, sottrattasi al follow-up per alcuni anni e ripresa in carico ambulatoriale con un grado di insufficienza renale avanzato (Crs 4,5 mg/dl). Costituzionalmente obesa (BMI = 34), era stata esclusa dalla dialisi peritoneale per la presenza di alcune controindicazioni cliniche insieme a scarsa accettazione della paziente. Nel maggio 2005 era stata sottoposta a un primo intervento di confezionamento di FAV radiocefalica sinistra che poche settimane dopo, in concomitanza di un episodio ipotensivo, andava incontro a trombosi precoce. Alla fine dello stesso anno si procedeva con successo all’allestimento di una FAV prossimale omerocefalica sinistra. Il trattamento emodialitico cronico era infine avviato nel dicembre 2006. Dopo circa 12 mesi di dialisi trascorsi senza problemi clinici, si osservavano progressivi segni di dilatazione, tortuosità, iperpulsatilità della FAV con tempi di tamponamento prolungati a fine dialisi. L’esecuzione di un ecodoppler, non metteva in evidenza segni di stenosi sul decorso della vena a livello del braccio, mentre più prossimalmente il colordoppler registrava a livello del tratto precedente la confluenza cefalico-succlavia spiccate turbolenze cui corrispondeva al duplex un notevole aumento della velocità di flusso fino a 4,5 m/s. Il reperto nel complesso deponeva per la presenza di una stenosi serrata. Lo studio flebografico confermava una stenosi pre-occlusiva alla confluenza tra vena cefalica e succlavia che veniva trattata con PTA a 7 mm e successivamente a 9 mm a 14 atm, ottenendo l’adeguato ripristino del calibro vascolare. Veniva inserita terapia antiaggregante con 100 mg/die di acido acetilsalicilico. Il controllo ecodoppler del novembre 2008 evidenziava recidiva della stenosi precedentemente dilatata che veniva sottoposta nuovamente a PTA mediante cateteri a palloncino da 7 e 8 mm sino a 30 atm e successivamente da 10 mm, con buon esito angiografico. Tuttavia nel marzo 2009 l’ecodoppler mostrava ancora segni di recidiva stenotica: dopo un inefficace tentativo di dilatazione con palloni ad alta pressione (Conquest da 7 e 8 mm gonfiati fino a 30 atmosfere), l’angioradiologo poneva indicazione a posizionamento di stent convenzionale a 9 mm con buon risultato finale e senza complicanze. La terapia antiaggregante veniva potenziata con doppia copertura farmacologica (acido acetilsalicilico 100 mg + ticlopidina 250 mg die). Nel periodo a seguire fino al maggio 2011 i controlli ecodoppler hanno sempre confermato pervietà dello stent senza segni di restenosi. La misurazione del flusso dell’accesso eseguita con il metodo della diluizione degli ultrasuoni (Transonic) a partire dalla prima procedura ha costantemente evidenziato un’elevata portata della FAV (range 2500-3000 ml/min).
IT100015
Esame: GGT
non disponibile
2
Si descrive il caso di una paziente di anni 52, con diagnosi bioptica nel 1983 di GN membranosa, sottrattasi al follow-up per alcuni anni e ripresa in carico ambulatoriale con un grado di insufficienza renale avanzato (Crs 4,5 mg/dl). Costituzionalmente obesa (BMI = 34), era stata esclusa dalla dialisi peritoneale per la presenza di alcune controindicazioni cliniche insieme a scarsa accettazione della paziente. Nel maggio 2005 era stata sottoposta a un primo intervento di confezionamento di FAV radiocefalica sinistra che poche settimane dopo, in concomitanza di un episodio ipotensivo, andava incontro a trombosi precoce. Alla fine dello stesso anno si procedeva con successo all’allestimento di una FAV prossimale omerocefalica sinistra. Il trattamento emodialitico cronico era infine avviato nel dicembre 2006. Dopo circa 12 mesi di dialisi trascorsi senza problemi clinici, si osservavano progressivi segni di dilatazione, tortuosità, iperpulsatilità della FAV con tempi di tamponamento prolungati a fine dialisi. L’esecuzione di un ecodoppler, non metteva in evidenza segni di stenosi sul decorso della vena a livello del braccio, mentre più prossimalmente il colordoppler registrava a livello del tratto precedente la confluenza cefalico-succlavia spiccate turbolenze cui corrispondeva al duplex un notevole aumento della velocità di flusso fino a 4,5 m/s. Il reperto nel complesso deponeva per la presenza di una stenosi serrata. Lo studio flebografico confermava una stenosi pre-occlusiva alla confluenza tra vena cefalica e succlavia che veniva trattata con PTA a 7 mm e successivamente a 9 mm a 14 atm, ottenendo l’adeguato ripristino del calibro vascolare. Veniva inserita terapia antiaggregante con 100 mg/die di acido acetilsalicilico. Il controllo ecodoppler del novembre 2008 evidenziava recidiva della stenosi precedentemente dilatata che veniva sottoposta nuovamente a PTA mediante cateteri a palloncino da 7 e 8 mm sino a 30 atm e successivamente da 10 mm, con buon esito angiografico. Tuttavia nel marzo 2009 l’ecodoppler mostrava ancora segni di recidiva stenotica: dopo un inefficace tentativo di dilatazione con palloni ad alta pressione (Conquest da 7 e 8 mm gonfiati fino a 30 atmosfere), l’angioradiologo poneva indicazione a posizionamento di stent convenzionale a 9 mm con buon risultato finale e senza complicanze. La terapia antiaggregante veniva potenziata con doppia copertura farmacologica (acido acetilsalicilico 100 mg + ticlopidina 250 mg die). Nel periodo a seguire fino al maggio 2011 i controlli ecodoppler hanno sempre confermato pervietà dello stent senza segni di restenosi. La misurazione del flusso dell’accesso eseguita con il metodo della diluizione degli ultrasuoni (Transonic) a partire dalla prima procedura ha costantemente evidenziato un’elevata portata della FAV (range 2500-3000 ml/min).
IT100015
Esame: AFP
non disponibile
2
Si descrive il caso di una paziente di anni 52, con diagnosi bioptica nel 1983 di GN membranosa, sottrattasi al follow-up per alcuni anni e ripresa in carico ambulatoriale con un grado di insufficienza renale avanzato (Crs 4,5 mg/dl). Costituzionalmente obesa (BMI = 34), era stata esclusa dalla dialisi peritoneale per la presenza di alcune controindicazioni cliniche insieme a scarsa accettazione della paziente. Nel maggio 2005 era stata sottoposta a un primo intervento di confezionamento di FAV radiocefalica sinistra che poche settimane dopo, in concomitanza di un episodio ipotensivo, andava incontro a trombosi precoce. Alla fine dello stesso anno si procedeva con successo all’allestimento di una FAV prossimale omerocefalica sinistra. Il trattamento emodialitico cronico era infine avviato nel dicembre 2006. Dopo circa 12 mesi di dialisi trascorsi senza problemi clinici, si osservavano progressivi segni di dilatazione, tortuosità, iperpulsatilità della FAV con tempi di tamponamento prolungati a fine dialisi. L’esecuzione di un ecodoppler, non metteva in evidenza segni di stenosi sul decorso della vena a livello del braccio, mentre più prossimalmente il colordoppler registrava a livello del tratto precedente la confluenza cefalico-succlavia spiccate turbolenze cui corrispondeva al duplex un notevole aumento della velocità di flusso fino a 4,5 m/s. Il reperto nel complesso deponeva per la presenza di una stenosi serrata. Lo studio flebografico confermava una stenosi pre-occlusiva alla confluenza tra vena cefalica e succlavia che veniva trattata con PTA a 7 mm e successivamente a 9 mm a 14 atm, ottenendo l’adeguato ripristino del calibro vascolare. Veniva inserita terapia antiaggregante con 100 mg/die di acido acetilsalicilico. Il controllo ecodoppler del novembre 2008 evidenziava recidiva della stenosi precedentemente dilatata che veniva sottoposta nuovamente a PTA mediante cateteri a palloncino da 7 e 8 mm sino a 30 atm e successivamente da 10 mm, con buon esito angiografico. Tuttavia nel marzo 2009 l’ecodoppler mostrava ancora segni di recidiva stenotica: dopo un inefficace tentativo di dilatazione con palloni ad alta pressione (Conquest da 7 e 8 mm gonfiati fino a 30 atmosfere), l’angioradiologo poneva indicazione a posizionamento di stent convenzionale a 9 mm con buon risultato finale e senza complicanze. La terapia antiaggregante veniva potenziata con doppia copertura farmacologica (acido acetilsalicilico 100 mg + ticlopidina 250 mg die). Nel periodo a seguire fino al maggio 2011 i controlli ecodoppler hanno sempre confermato pervietà dello stent senza segni di restenosi. La misurazione del flusso dell’accesso eseguita con il metodo della diluizione degli ultrasuoni (Transonic) a partire dalla prima procedura ha costantemente evidenziato un’elevata portata della FAV (range 2500-3000 ml/min).
IT100015
Esame: TPA
non disponibile
2
Si descrive il caso di una paziente di anni 52, con diagnosi bioptica nel 1983 di GN membranosa, sottrattasi al follow-up per alcuni anni e ripresa in carico ambulatoriale con un grado di insufficienza renale avanzato (Crs 4,5 mg/dl). Costituzionalmente obesa (BMI = 34), era stata esclusa dalla dialisi peritoneale per la presenza di alcune controindicazioni cliniche insieme a scarsa accettazione della paziente. Nel maggio 2005 era stata sottoposta a un primo intervento di confezionamento di FAV radiocefalica sinistra che poche settimane dopo, in concomitanza di un episodio ipotensivo, andava incontro a trombosi precoce. Alla fine dello stesso anno si procedeva con successo all’allestimento di una FAV prossimale omerocefalica sinistra. Il trattamento emodialitico cronico era infine avviato nel dicembre 2006. Dopo circa 12 mesi di dialisi trascorsi senza problemi clinici, si osservavano progressivi segni di dilatazione, tortuosità, iperpulsatilità della FAV con tempi di tamponamento prolungati a fine dialisi. L’esecuzione di un ecodoppler, non metteva in evidenza segni di stenosi sul decorso della vena a livello del braccio, mentre più prossimalmente il colordoppler registrava a livello del tratto precedente la confluenza cefalico-succlavia spiccate turbolenze cui corrispondeva al duplex un notevole aumento della velocità di flusso fino a 4,5 m/s. Il reperto nel complesso deponeva per la presenza di una stenosi serrata. Lo studio flebografico confermava una stenosi pre-occlusiva alla confluenza tra vena cefalica e succlavia che veniva trattata con PTA a 7 mm e successivamente a 9 mm a 14 atm, ottenendo l’adeguato ripristino del calibro vascolare. Veniva inserita terapia antiaggregante con 100 mg/die di acido acetilsalicilico. Il controllo ecodoppler del novembre 2008 evidenziava recidiva della stenosi precedentemente dilatata che veniva sottoposta nuovamente a PTA mediante cateteri a palloncino da 7 e 8 mm sino a 30 atm e successivamente da 10 mm, con buon esito angiografico. Tuttavia nel marzo 2009 l’ecodoppler mostrava ancora segni di recidiva stenotica: dopo un inefficace tentativo di dilatazione con palloni ad alta pressione (Conquest da 7 e 8 mm gonfiati fino a 30 atmosfere), l’angioradiologo poneva indicazione a posizionamento di stent convenzionale a 9 mm con buon risultato finale e senza complicanze. La terapia antiaggregante veniva potenziata con doppia copertura farmacologica (acido acetilsalicilico 100 mg + ticlopidina 250 mg die). Nel periodo a seguire fino al maggio 2011 i controlli ecodoppler hanno sempre confermato pervietà dello stent senza segni di restenosi. La misurazione del flusso dell’accesso eseguita con il metodo della diluizione degli ultrasuoni (Transonic) a partire dalla prima procedura ha costantemente evidenziato un’elevata portata della FAV (range 2500-3000 ml/min).
IT100015
Esame: Ca19
non disponibile
2
Si descrive il caso di una paziente di anni 52, con diagnosi bioptica nel 1983 di GN membranosa, sottrattasi al follow-up per alcuni anni e ripresa in carico ambulatoriale con un grado di insufficienza renale avanzato (Crs 4,5 mg/dl). Costituzionalmente obesa (BMI = 34), era stata esclusa dalla dialisi peritoneale per la presenza di alcune controindicazioni cliniche insieme a scarsa accettazione della paziente. Nel maggio 2005 era stata sottoposta a un primo intervento di confezionamento di FAV radiocefalica sinistra che poche settimane dopo, in concomitanza di un episodio ipotensivo, andava incontro a trombosi precoce. Alla fine dello stesso anno si procedeva con successo all’allestimento di una FAV prossimale omerocefalica sinistra. Il trattamento emodialitico cronico era infine avviato nel dicembre 2006. Dopo circa 12 mesi di dialisi trascorsi senza problemi clinici, si osservavano progressivi segni di dilatazione, tortuosità, iperpulsatilità della FAV con tempi di tamponamento prolungati a fine dialisi. L’esecuzione di un ecodoppler, non metteva in evidenza segni di stenosi sul decorso della vena a livello del braccio, mentre più prossimalmente il colordoppler registrava a livello del tratto precedente la confluenza cefalico-succlavia spiccate turbolenze cui corrispondeva al duplex un notevole aumento della velocità di flusso fino a 4,5 m/s. Il reperto nel complesso deponeva per la presenza di una stenosi serrata. Lo studio flebografico confermava una stenosi pre-occlusiva alla confluenza tra vena cefalica e succlavia che veniva trattata con PTA a 7 mm e successivamente a 9 mm a 14 atm, ottenendo l’adeguato ripristino del calibro vascolare. Veniva inserita terapia antiaggregante con 100 mg/die di acido acetilsalicilico. Il controllo ecodoppler del novembre 2008 evidenziava recidiva della stenosi precedentemente dilatata che veniva sottoposta nuovamente a PTA mediante cateteri a palloncino da 7 e 8 mm sino a 30 atm e successivamente da 10 mm, con buon esito angiografico. Tuttavia nel marzo 2009 l’ecodoppler mostrava ancora segni di recidiva stenotica: dopo un inefficace tentativo di dilatazione con palloni ad alta pressione (Conquest da 7 e 8 mm gonfiati fino a 30 atmosfere), l’angioradiologo poneva indicazione a posizionamento di stent convenzionale a 9 mm con buon risultato finale e senza complicanze. La terapia antiaggregante veniva potenziata con doppia copertura farmacologica (acido acetilsalicilico 100 mg + ticlopidina 250 mg die). Nel periodo a seguire fino al maggio 2011 i controlli ecodoppler hanno sempre confermato pervietà dello stent senza segni di restenosi. La misurazione del flusso dell’accesso eseguita con il metodo della diluizione degli ultrasuoni (Transonic) a partire dalla prima procedura ha costantemente evidenziato un’elevata portata della FAV (range 2500-3000 ml/min).
IT100015
Esame: diametro
non disponibile
2
Si descrive il caso di una paziente di anni 52, con diagnosi bioptica nel 1983 di GN membranosa, sottrattasi al follow-up per alcuni anni e ripresa in carico ambulatoriale con un grado di insufficienza renale avanzato (Crs 4,5 mg/dl). Costituzionalmente obesa (BMI = 34), era stata esclusa dalla dialisi peritoneale per la presenza di alcune controindicazioni cliniche insieme a scarsa accettazione della paziente. Nel maggio 2005 era stata sottoposta a un primo intervento di confezionamento di FAV radiocefalica sinistra che poche settimane dopo, in concomitanza di un episodio ipotensivo, andava incontro a trombosi precoce. Alla fine dello stesso anno si procedeva con successo all’allestimento di una FAV prossimale omerocefalica sinistra. Il trattamento emodialitico cronico era infine avviato nel dicembre 2006. Dopo circa 12 mesi di dialisi trascorsi senza problemi clinici, si osservavano progressivi segni di dilatazione, tortuosità, iperpulsatilità della FAV con tempi di tamponamento prolungati a fine dialisi. L’esecuzione di un ecodoppler, non metteva in evidenza segni di stenosi sul decorso della vena a livello del braccio, mentre più prossimalmente il colordoppler registrava a livello del tratto precedente la confluenza cefalico-succlavia spiccate turbolenze cui corrispondeva al duplex un notevole aumento della velocità di flusso fino a 4,5 m/s. Il reperto nel complesso deponeva per la presenza di una stenosi serrata. Lo studio flebografico confermava una stenosi pre-occlusiva alla confluenza tra vena cefalica e succlavia che veniva trattata con PTA a 7 mm e successivamente a 9 mm a 14 atm, ottenendo l’adeguato ripristino del calibro vascolare. Veniva inserita terapia antiaggregante con 100 mg/die di acido acetilsalicilico. Il controllo ecodoppler del novembre 2008 evidenziava recidiva della stenosi precedentemente dilatata che veniva sottoposta nuovamente a PTA mediante cateteri a palloncino da 7 e 8 mm sino a 30 atm e successivamente da 10 mm, con buon esito angiografico. Tuttavia nel marzo 2009 l’ecodoppler mostrava ancora segni di recidiva stenotica: dopo un inefficace tentativo di dilatazione con palloni ad alta pressione (Conquest da 7 e 8 mm gonfiati fino a 30 atmosfere), l’angioradiologo poneva indicazione a posizionamento di stent convenzionale a 9 mm con buon risultato finale e senza complicanze. La terapia antiaggregante veniva potenziata con doppia copertura farmacologica (acido acetilsalicilico 100 mg + ticlopidina 250 mg die). Nel periodo a seguire fino al maggio 2011 i controlli ecodoppler hanno sempre confermato pervietà dello stent senza segni di restenosi. La misurazione del flusso dell’accesso eseguita con il metodo della diluizione degli ultrasuoni (Transonic) a partire dalla prima procedura ha costantemente evidenziato un’elevata portata della FAV (range 2500-3000 ml/min).
IT100015
Esame: FE
non disponibile
2
Si descrive il caso di una paziente di anni 52, con diagnosi bioptica nel 1983 di GN membranosa, sottrattasi al follow-up per alcuni anni e ripresa in carico ambulatoriale con un grado di insufficienza renale avanzato (Crs 4,5 mg/dl). Costituzionalmente obesa (BMI = 34), era stata esclusa dalla dialisi peritoneale per la presenza di alcune controindicazioni cliniche insieme a scarsa accettazione della paziente. Nel maggio 2005 era stata sottoposta a un primo intervento di confezionamento di FAV radiocefalica sinistra che poche settimane dopo, in concomitanza di un episodio ipotensivo, andava incontro a trombosi precoce. Alla fine dello stesso anno si procedeva con successo all’allestimento di una FAV prossimale omerocefalica sinistra. Il trattamento emodialitico cronico era infine avviato nel dicembre 2006. Dopo circa 12 mesi di dialisi trascorsi senza problemi clinici, si osservavano progressivi segni di dilatazione, tortuosità, iperpulsatilità della FAV con tempi di tamponamento prolungati a fine dialisi. L’esecuzione di un ecodoppler, non metteva in evidenza segni di stenosi sul decorso della vena a livello del braccio, mentre più prossimalmente il colordoppler registrava a livello del tratto precedente la confluenza cefalico-succlavia spiccate turbolenze cui corrispondeva al duplex un notevole aumento della velocità di flusso fino a 4,5 m/s. Il reperto nel complesso deponeva per la presenza di una stenosi serrata. Lo studio flebografico confermava una stenosi pre-occlusiva alla confluenza tra vena cefalica e succlavia che veniva trattata con PTA a 7 mm e successivamente a 9 mm a 14 atm, ottenendo l’adeguato ripristino del calibro vascolare. Veniva inserita terapia antiaggregante con 100 mg/die di acido acetilsalicilico. Il controllo ecodoppler del novembre 2008 evidenziava recidiva della stenosi precedentemente dilatata che veniva sottoposta nuovamente a PTA mediante cateteri a palloncino da 7 e 8 mm sino a 30 atm e successivamente da 10 mm, con buon esito angiografico. Tuttavia nel marzo 2009 l’ecodoppler mostrava ancora segni di recidiva stenotica: dopo un inefficace tentativo di dilatazione con palloni ad alta pressione (Conquest da 7 e 8 mm gonfiati fino a 30 atmosfere), l’angioradiologo poneva indicazione a posizionamento di stent convenzionale a 9 mm con buon risultato finale e senza complicanze. La terapia antiaggregante veniva potenziata con doppia copertura farmacologica (acido acetilsalicilico 100 mg + ticlopidina 250 mg die). Nel periodo a seguire fino al maggio 2011 i controlli ecodoppler hanno sempre confermato pervietà dello stent senza segni di restenosi. La misurazione del flusso dell’accesso eseguita con il metodo della diluizione degli ultrasuoni (Transonic) a partire dalla prima procedura ha costantemente evidenziato un’elevata portata della FAV (range 2500-3000 ml/min).
IT100015
Esame: manovra di Giordano
non disponibile
2
Si descrive il caso di una paziente di anni 52, con diagnosi bioptica nel 1983 di GN membranosa, sottrattasi al follow-up per alcuni anni e ripresa in carico ambulatoriale con un grado di insufficienza renale avanzato (Crs 4,5 mg/dl). Costituzionalmente obesa (BMI = 34), era stata esclusa dalla dialisi peritoneale per la presenza di alcune controindicazioni cliniche insieme a scarsa accettazione della paziente. Nel maggio 2005 era stata sottoposta a un primo intervento di confezionamento di FAV radiocefalica sinistra che poche settimane dopo, in concomitanza di un episodio ipotensivo, andava incontro a trombosi precoce. Alla fine dello stesso anno si procedeva con successo all’allestimento di una FAV prossimale omerocefalica sinistra. Il trattamento emodialitico cronico era infine avviato nel dicembre 2006. Dopo circa 12 mesi di dialisi trascorsi senza problemi clinici, si osservavano progressivi segni di dilatazione, tortuosità, iperpulsatilità della FAV con tempi di tamponamento prolungati a fine dialisi. L’esecuzione di un ecodoppler, non metteva in evidenza segni di stenosi sul decorso della vena a livello del braccio, mentre più prossimalmente il colordoppler registrava a livello del tratto precedente la confluenza cefalico-succlavia spiccate turbolenze cui corrispondeva al duplex un notevole aumento della velocità di flusso fino a 4,5 m/s. Il reperto nel complesso deponeva per la presenza di una stenosi serrata. Lo studio flebografico confermava una stenosi pre-occlusiva alla confluenza tra vena cefalica e succlavia che veniva trattata con PTA a 7 mm e successivamente a 9 mm a 14 atm, ottenendo l’adeguato ripristino del calibro vascolare. Veniva inserita terapia antiaggregante con 100 mg/die di acido acetilsalicilico. Il controllo ecodoppler del novembre 2008 evidenziava recidiva della stenosi precedentemente dilatata che veniva sottoposta nuovamente a PTA mediante cateteri a palloncino da 7 e 8 mm sino a 30 atm e successivamente da 10 mm, con buon esito angiografico. Tuttavia nel marzo 2009 l’ecodoppler mostrava ancora segni di recidiva stenotica: dopo un inefficace tentativo di dilatazione con palloni ad alta pressione (Conquest da 7 e 8 mm gonfiati fino a 30 atmosfere), l’angioradiologo poneva indicazione a posizionamento di stent convenzionale a 9 mm con buon risultato finale e senza complicanze. La terapia antiaggregante veniva potenziata con doppia copertura farmacologica (acido acetilsalicilico 100 mg + ticlopidina 250 mg die). Nel periodo a seguire fino al maggio 2011 i controlli ecodoppler hanno sempre confermato pervietà dello stent senza segni di restenosi. La misurazione del flusso dell’accesso eseguita con il metodo della diluizione degli ultrasuoni (Transonic) a partire dalla prima procedura ha costantemente evidenziato un’elevata portata della FAV (range 2500-3000 ml/min).
IT100015
Esame: GCS
non disponibile
2
Si descrive il caso di una paziente di anni 52, con diagnosi bioptica nel 1983 di GN membranosa, sottrattasi al follow-up per alcuni anni e ripresa in carico ambulatoriale con un grado di insufficienza renale avanzato (Crs 4,5 mg/dl). Costituzionalmente obesa (BMI = 34), era stata esclusa dalla dialisi peritoneale per la presenza di alcune controindicazioni cliniche insieme a scarsa accettazione della paziente. Nel maggio 2005 era stata sottoposta a un primo intervento di confezionamento di FAV radiocefalica sinistra che poche settimane dopo, in concomitanza di un episodio ipotensivo, andava incontro a trombosi precoce. Alla fine dello stesso anno si procedeva con successo all’allestimento di una FAV prossimale omerocefalica sinistra. Il trattamento emodialitico cronico era infine avviato nel dicembre 2006. Dopo circa 12 mesi di dialisi trascorsi senza problemi clinici, si osservavano progressivi segni di dilatazione, tortuosità, iperpulsatilità della FAV con tempi di tamponamento prolungati a fine dialisi. L’esecuzione di un ecodoppler, non metteva in evidenza segni di stenosi sul decorso della vena a livello del braccio, mentre più prossimalmente il colordoppler registrava a livello del tratto precedente la confluenza cefalico-succlavia spiccate turbolenze cui corrispondeva al duplex un notevole aumento della velocità di flusso fino a 4,5 m/s. Il reperto nel complesso deponeva per la presenza di una stenosi serrata. Lo studio flebografico confermava una stenosi pre-occlusiva alla confluenza tra vena cefalica e succlavia che veniva trattata con PTA a 7 mm e successivamente a 9 mm a 14 atm, ottenendo l’adeguato ripristino del calibro vascolare. Veniva inserita terapia antiaggregante con 100 mg/die di acido acetilsalicilico. Il controllo ecodoppler del novembre 2008 evidenziava recidiva della stenosi precedentemente dilatata che veniva sottoposta nuovamente a PTA mediante cateteri a palloncino da 7 e 8 mm sino a 30 atm e successivamente da 10 mm, con buon esito angiografico. Tuttavia nel marzo 2009 l’ecodoppler mostrava ancora segni di recidiva stenotica: dopo un inefficace tentativo di dilatazione con palloni ad alta pressione (Conquest da 7 e 8 mm gonfiati fino a 30 atmosfere), l’angioradiologo poneva indicazione a posizionamento di stent convenzionale a 9 mm con buon risultato finale e senza complicanze. La terapia antiaggregante veniva potenziata con doppia copertura farmacologica (acido acetilsalicilico 100 mg + ticlopidina 250 mg die). Nel periodo a seguire fino al maggio 2011 i controlli ecodoppler hanno sempre confermato pervietà dello stent senza segni di restenosi. La misurazione del flusso dell’accesso eseguita con il metodo della diluizione degli ultrasuoni (Transonic) a partire dalla prima procedura ha costantemente evidenziato un’elevata portata della FAV (range 2500-3000 ml/min).
IT100015
Esame: K
non disponibile
2
Si descrive il caso di una paziente di anni 52, con diagnosi bioptica nel 1983 di GN membranosa, sottrattasi al follow-up per alcuni anni e ripresa in carico ambulatoriale con un grado di insufficienza renale avanzato (Crs 4,5 mg/dl). Costituzionalmente obesa (BMI = 34), era stata esclusa dalla dialisi peritoneale per la presenza di alcune controindicazioni cliniche insieme a scarsa accettazione della paziente. Nel maggio 2005 era stata sottoposta a un primo intervento di confezionamento di FAV radiocefalica sinistra che poche settimane dopo, in concomitanza di un episodio ipotensivo, andava incontro a trombosi precoce. Alla fine dello stesso anno si procedeva con successo all’allestimento di una FAV prossimale omerocefalica sinistra. Il trattamento emodialitico cronico era infine avviato nel dicembre 2006. Dopo circa 12 mesi di dialisi trascorsi senza problemi clinici, si osservavano progressivi segni di dilatazione, tortuosità, iperpulsatilità della FAV con tempi di tamponamento prolungati a fine dialisi. L’esecuzione di un ecodoppler, non metteva in evidenza segni di stenosi sul decorso della vena a livello del braccio, mentre più prossimalmente il colordoppler registrava a livello del tratto precedente la confluenza cefalico-succlavia spiccate turbolenze cui corrispondeva al duplex un notevole aumento della velocità di flusso fino a 4,5 m/s. Il reperto nel complesso deponeva per la presenza di una stenosi serrata. Lo studio flebografico confermava una stenosi pre-occlusiva alla confluenza tra vena cefalica e succlavia che veniva trattata con PTA a 7 mm e successivamente a 9 mm a 14 atm, ottenendo l’adeguato ripristino del calibro vascolare. Veniva inserita terapia antiaggregante con 100 mg/die di acido acetilsalicilico. Il controllo ecodoppler del novembre 2008 evidenziava recidiva della stenosi precedentemente dilatata che veniva sottoposta nuovamente a PTA mediante cateteri a palloncino da 7 e 8 mm sino a 30 atm e successivamente da 10 mm, con buon esito angiografico. Tuttavia nel marzo 2009 l’ecodoppler mostrava ancora segni di recidiva stenotica: dopo un inefficace tentativo di dilatazione con palloni ad alta pressione (Conquest da 7 e 8 mm gonfiati fino a 30 atmosfere), l’angioradiologo poneva indicazione a posizionamento di stent convenzionale a 9 mm con buon risultato finale e senza complicanze. La terapia antiaggregante veniva potenziata con doppia copertura farmacologica (acido acetilsalicilico 100 mg + ticlopidina 250 mg die). Nel periodo a seguire fino al maggio 2011 i controlli ecodoppler hanno sempre confermato pervietà dello stent senza segni di restenosi. La misurazione del flusso dell’accesso eseguita con il metodo della diluizione degli ultrasuoni (Transonic) a partire dalla prima procedura ha costantemente evidenziato un’elevata portata della FAV (range 2500-3000 ml/min).
IT100015
Esame: IgG4
non disponibile
2
Si descrive il caso di una paziente di anni 52, con diagnosi bioptica nel 1983 di GN membranosa, sottrattasi al follow-up per alcuni anni e ripresa in carico ambulatoriale con un grado di insufficienza renale avanzato (Crs 4,5 mg/dl). Costituzionalmente obesa (BMI = 34), era stata esclusa dalla dialisi peritoneale per la presenza di alcune controindicazioni cliniche insieme a scarsa accettazione della paziente. Nel maggio 2005 era stata sottoposta a un primo intervento di confezionamento di FAV radiocefalica sinistra che poche settimane dopo, in concomitanza di un episodio ipotensivo, andava incontro a trombosi precoce. Alla fine dello stesso anno si procedeva con successo all’allestimento di una FAV prossimale omerocefalica sinistra. Il trattamento emodialitico cronico era infine avviato nel dicembre 2006. Dopo circa 12 mesi di dialisi trascorsi senza problemi clinici, si osservavano progressivi segni di dilatazione, tortuosità, iperpulsatilità della FAV con tempi di tamponamento prolungati a fine dialisi. L’esecuzione di un ecodoppler, non metteva in evidenza segni di stenosi sul decorso della vena a livello del braccio, mentre più prossimalmente il colordoppler registrava a livello del tratto precedente la confluenza cefalico-succlavia spiccate turbolenze cui corrispondeva al duplex un notevole aumento della velocità di flusso fino a 4,5 m/s. Il reperto nel complesso deponeva per la presenza di una stenosi serrata. Lo studio flebografico confermava una stenosi pre-occlusiva alla confluenza tra vena cefalica e succlavia che veniva trattata con PTA a 7 mm e successivamente a 9 mm a 14 atm, ottenendo l’adeguato ripristino del calibro vascolare. Veniva inserita terapia antiaggregante con 100 mg/die di acido acetilsalicilico. Il controllo ecodoppler del novembre 2008 evidenziava recidiva della stenosi precedentemente dilatata che veniva sottoposta nuovamente a PTA mediante cateteri a palloncino da 7 e 8 mm sino a 30 atm e successivamente da 10 mm, con buon esito angiografico. Tuttavia nel marzo 2009 l’ecodoppler mostrava ancora segni di recidiva stenotica: dopo un inefficace tentativo di dilatazione con palloni ad alta pressione (Conquest da 7 e 8 mm gonfiati fino a 30 atmosfere), l’angioradiologo poneva indicazione a posizionamento di stent convenzionale a 9 mm con buon risultato finale e senza complicanze. La terapia antiaggregante veniva potenziata con doppia copertura farmacologica (acido acetilsalicilico 100 mg + ticlopidina 250 mg die). Nel periodo a seguire fino al maggio 2011 i controlli ecodoppler hanno sempre confermato pervietà dello stent senza segni di restenosi. La misurazione del flusso dell’accesso eseguita con il metodo della diluizione degli ultrasuoni (Transonic) a partire dalla prima procedura ha costantemente evidenziato un’elevata portata della FAV (range 2500-3000 ml/min).
IT100015
Esame: GT
non disponibile
2
Si descrive il caso di una paziente di anni 52, con diagnosi bioptica nel 1983 di GN membranosa, sottrattasi al follow-up per alcuni anni e ripresa in carico ambulatoriale con un grado di insufficienza renale avanzato (Crs 4,5 mg/dl). Costituzionalmente obesa (BMI = 34), era stata esclusa dalla dialisi peritoneale per la presenza di alcune controindicazioni cliniche insieme a scarsa accettazione della paziente. Nel maggio 2005 era stata sottoposta a un primo intervento di confezionamento di FAV radiocefalica sinistra che poche settimane dopo, in concomitanza di un episodio ipotensivo, andava incontro a trombosi precoce. Alla fine dello stesso anno si procedeva con successo all’allestimento di una FAV prossimale omerocefalica sinistra. Il trattamento emodialitico cronico era infine avviato nel dicembre 2006. Dopo circa 12 mesi di dialisi trascorsi senza problemi clinici, si osservavano progressivi segni di dilatazione, tortuosità, iperpulsatilità della FAV con tempi di tamponamento prolungati a fine dialisi. L’esecuzione di un ecodoppler, non metteva in evidenza segni di stenosi sul decorso della vena a livello del braccio, mentre più prossimalmente il colordoppler registrava a livello del tratto precedente la confluenza cefalico-succlavia spiccate turbolenze cui corrispondeva al duplex un notevole aumento della velocità di flusso fino a 4,5 m/s. Il reperto nel complesso deponeva per la presenza di una stenosi serrata. Lo studio flebografico confermava una stenosi pre-occlusiva alla confluenza tra vena cefalica e succlavia che veniva trattata con PTA a 7 mm e successivamente a 9 mm a 14 atm, ottenendo l’adeguato ripristino del calibro vascolare. Veniva inserita terapia antiaggregante con 100 mg/die di acido acetilsalicilico. Il controllo ecodoppler del novembre 2008 evidenziava recidiva della stenosi precedentemente dilatata che veniva sottoposta nuovamente a PTA mediante cateteri a palloncino da 7 e 8 mm sino a 30 atm e successivamente da 10 mm, con buon esito angiografico. Tuttavia nel marzo 2009 l’ecodoppler mostrava ancora segni di recidiva stenotica: dopo un inefficace tentativo di dilatazione con palloni ad alta pressione (Conquest da 7 e 8 mm gonfiati fino a 30 atmosfere), l’angioradiologo poneva indicazione a posizionamento di stent convenzionale a 9 mm con buon risultato finale e senza complicanze. La terapia antiaggregante veniva potenziata con doppia copertura farmacologica (acido acetilsalicilico 100 mg + ticlopidina 250 mg die). Nel periodo a seguire fino al maggio 2011 i controlli ecodoppler hanno sempre confermato pervietà dello stent senza segni di restenosi. La misurazione del flusso dell’accesso eseguita con il metodo della diluizione degli ultrasuoni (Transonic) a partire dalla prima procedura ha costantemente evidenziato un’elevata portata della FAV (range 2500-3000 ml/min).
IT100015
Esame: Ca
non disponibile
2
Si descrive il caso di una paziente di anni 52, con diagnosi bioptica nel 1983 di GN membranosa, sottrattasi al follow-up per alcuni anni e ripresa in carico ambulatoriale con un grado di insufficienza renale avanzato (Crs 4,5 mg/dl). Costituzionalmente obesa (BMI = 34), era stata esclusa dalla dialisi peritoneale per la presenza di alcune controindicazioni cliniche insieme a scarsa accettazione della paziente. Nel maggio 2005 era stata sottoposta a un primo intervento di confezionamento di FAV radiocefalica sinistra che poche settimane dopo, in concomitanza di un episodio ipotensivo, andava incontro a trombosi precoce. Alla fine dello stesso anno si procedeva con successo all’allestimento di una FAV prossimale omerocefalica sinistra. Il trattamento emodialitico cronico era infine avviato nel dicembre 2006. Dopo circa 12 mesi di dialisi trascorsi senza problemi clinici, si osservavano progressivi segni di dilatazione, tortuosità, iperpulsatilità della FAV con tempi di tamponamento prolungati a fine dialisi. L’esecuzione di un ecodoppler, non metteva in evidenza segni di stenosi sul decorso della vena a livello del braccio, mentre più prossimalmente il colordoppler registrava a livello del tratto precedente la confluenza cefalico-succlavia spiccate turbolenze cui corrispondeva al duplex un notevole aumento della velocità di flusso fino a 4,5 m/s. Il reperto nel complesso deponeva per la presenza di una stenosi serrata. Lo studio flebografico confermava una stenosi pre-occlusiva alla confluenza tra vena cefalica e succlavia che veniva trattata con PTA a 7 mm e successivamente a 9 mm a 14 atm, ottenendo l’adeguato ripristino del calibro vascolare. Veniva inserita terapia antiaggregante con 100 mg/die di acido acetilsalicilico. Il controllo ecodoppler del novembre 2008 evidenziava recidiva della stenosi precedentemente dilatata che veniva sottoposta nuovamente a PTA mediante cateteri a palloncino da 7 e 8 mm sino a 30 atm e successivamente da 10 mm, con buon esito angiografico. Tuttavia nel marzo 2009 l’ecodoppler mostrava ancora segni di recidiva stenotica: dopo un inefficace tentativo di dilatazione con palloni ad alta pressione (Conquest da 7 e 8 mm gonfiati fino a 30 atmosfere), l’angioradiologo poneva indicazione a posizionamento di stent convenzionale a 9 mm con buon risultato finale e senza complicanze. La terapia antiaggregante veniva potenziata con doppia copertura farmacologica (acido acetilsalicilico 100 mg + ticlopidina 250 mg die). Nel periodo a seguire fino al maggio 2011 i controlli ecodoppler hanno sempre confermato pervietà dello stent senza segni di restenosi. La misurazione del flusso dell’accesso eseguita con il metodo della diluizione degli ultrasuoni (Transonic) a partire dalla prima procedura ha costantemente evidenziato un’elevata portata della FAV (range 2500-3000 ml/min).
IT100015
Esame: F.C.
non disponibile
2
Si descrive il caso di una paziente di anni 52, con diagnosi bioptica nel 1983 di GN membranosa, sottrattasi al follow-up per alcuni anni e ripresa in carico ambulatoriale con un grado di insufficienza renale avanzato (Crs 4,5 mg/dl). Costituzionalmente obesa (BMI = 34), era stata esclusa dalla dialisi peritoneale per la presenza di alcune controindicazioni cliniche insieme a scarsa accettazione della paziente. Nel maggio 2005 era stata sottoposta a un primo intervento di confezionamento di FAV radiocefalica sinistra che poche settimane dopo, in concomitanza di un episodio ipotensivo, andava incontro a trombosi precoce. Alla fine dello stesso anno si procedeva con successo all’allestimento di una FAV prossimale omerocefalica sinistra. Il trattamento emodialitico cronico era infine avviato nel dicembre 2006. Dopo circa 12 mesi di dialisi trascorsi senza problemi clinici, si osservavano progressivi segni di dilatazione, tortuosità, iperpulsatilità della FAV con tempi di tamponamento prolungati a fine dialisi. L’esecuzione di un ecodoppler, non metteva in evidenza segni di stenosi sul decorso della vena a livello del braccio, mentre più prossimalmente il colordoppler registrava a livello del tratto precedente la confluenza cefalico-succlavia spiccate turbolenze cui corrispondeva al duplex un notevole aumento della velocità di flusso fino a 4,5 m/s. Il reperto nel complesso deponeva per la presenza di una stenosi serrata. Lo studio flebografico confermava una stenosi pre-occlusiva alla confluenza tra vena cefalica e succlavia che veniva trattata con PTA a 7 mm e successivamente a 9 mm a 14 atm, ottenendo l’adeguato ripristino del calibro vascolare. Veniva inserita terapia antiaggregante con 100 mg/die di acido acetilsalicilico. Il controllo ecodoppler del novembre 2008 evidenziava recidiva della stenosi precedentemente dilatata che veniva sottoposta nuovamente a PTA mediante cateteri a palloncino da 7 e 8 mm sino a 30 atm e successivamente da 10 mm, con buon esito angiografico. Tuttavia nel marzo 2009 l’ecodoppler mostrava ancora segni di recidiva stenotica: dopo un inefficace tentativo di dilatazione con palloni ad alta pressione (Conquest da 7 e 8 mm gonfiati fino a 30 atmosfere), l’angioradiologo poneva indicazione a posizionamento di stent convenzionale a 9 mm con buon risultato finale e senza complicanze. La terapia antiaggregante veniva potenziata con doppia copertura farmacologica (acido acetilsalicilico 100 mg + ticlopidina 250 mg die). Nel periodo a seguire fino al maggio 2011 i controlli ecodoppler hanno sempre confermato pervietà dello stent senza segni di restenosi. La misurazione del flusso dell’accesso eseguita con il metodo della diluizione degli ultrasuoni (Transonic) a partire dalla prima procedura ha costantemente evidenziato un’elevata portata della FAV (range 2500-3000 ml/min).
IT100015
Esame: piastrinopenia
non disponibile
2
Si descrive il caso di una paziente di anni 52, con diagnosi bioptica nel 1983 di GN membranosa, sottrattasi al follow-up per alcuni anni e ripresa in carico ambulatoriale con un grado di insufficienza renale avanzato (Crs 4,5 mg/dl). Costituzionalmente obesa (BMI = 34), era stata esclusa dalla dialisi peritoneale per la presenza di alcune controindicazioni cliniche insieme a scarsa accettazione della paziente. Nel maggio 2005 era stata sottoposta a un primo intervento di confezionamento di FAV radiocefalica sinistra che poche settimane dopo, in concomitanza di un episodio ipotensivo, andava incontro a trombosi precoce. Alla fine dello stesso anno si procedeva con successo all’allestimento di una FAV prossimale omerocefalica sinistra. Il trattamento emodialitico cronico era infine avviato nel dicembre 2006. Dopo circa 12 mesi di dialisi trascorsi senza problemi clinici, si osservavano progressivi segni di dilatazione, tortuosità, iperpulsatilità della FAV con tempi di tamponamento prolungati a fine dialisi. L’esecuzione di un ecodoppler, non metteva in evidenza segni di stenosi sul decorso della vena a livello del braccio, mentre più prossimalmente il colordoppler registrava a livello del tratto precedente la confluenza cefalico-succlavia spiccate turbolenze cui corrispondeva al duplex un notevole aumento della velocità di flusso fino a 4,5 m/s. Il reperto nel complesso deponeva per la presenza di una stenosi serrata. Lo studio flebografico confermava una stenosi pre-occlusiva alla confluenza tra vena cefalica e succlavia che veniva trattata con PTA a 7 mm e successivamente a 9 mm a 14 atm, ottenendo l’adeguato ripristino del calibro vascolare. Veniva inserita terapia antiaggregante con 100 mg/die di acido acetilsalicilico. Il controllo ecodoppler del novembre 2008 evidenziava recidiva della stenosi precedentemente dilatata che veniva sottoposta nuovamente a PTA mediante cateteri a palloncino da 7 e 8 mm sino a 30 atm e successivamente da 10 mm, con buon esito angiografico. Tuttavia nel marzo 2009 l’ecodoppler mostrava ancora segni di recidiva stenotica: dopo un inefficace tentativo di dilatazione con palloni ad alta pressione (Conquest da 7 e 8 mm gonfiati fino a 30 atmosfere), l’angioradiologo poneva indicazione a posizionamento di stent convenzionale a 9 mm con buon risultato finale e senza complicanze. La terapia antiaggregante veniva potenziata con doppia copertura farmacologica (acido acetilsalicilico 100 mg + ticlopidina 250 mg die). Nel periodo a seguire fino al maggio 2011 i controlli ecodoppler hanno sempre confermato pervietà dello stent senza segni di restenosi. La misurazione del flusso dell’accesso eseguita con il metodo della diluizione degli ultrasuoni (Transonic) a partire dalla prima procedura ha costantemente evidenziato un’elevata portata della FAV (range 2500-3000 ml/min).
IT100015
Esame: HCV-RNA
non disponibile
2
Si descrive il caso di una paziente di anni 52, con diagnosi bioptica nel 1983 di GN membranosa, sottrattasi al follow-up per alcuni anni e ripresa in carico ambulatoriale con un grado di insufficienza renale avanzato (Crs 4,5 mg/dl). Costituzionalmente obesa (BMI = 34), era stata esclusa dalla dialisi peritoneale per la presenza di alcune controindicazioni cliniche insieme a scarsa accettazione della paziente. Nel maggio 2005 era stata sottoposta a un primo intervento di confezionamento di FAV radiocefalica sinistra che poche settimane dopo, in concomitanza di un episodio ipotensivo, andava incontro a trombosi precoce. Alla fine dello stesso anno si procedeva con successo all’allestimento di una FAV prossimale omerocefalica sinistra. Il trattamento emodialitico cronico era infine avviato nel dicembre 2006. Dopo circa 12 mesi di dialisi trascorsi senza problemi clinici, si osservavano progressivi segni di dilatazione, tortuosità, iperpulsatilità della FAV con tempi di tamponamento prolungati a fine dialisi. L’esecuzione di un ecodoppler, non metteva in evidenza segni di stenosi sul decorso della vena a livello del braccio, mentre più prossimalmente il colordoppler registrava a livello del tratto precedente la confluenza cefalico-succlavia spiccate turbolenze cui corrispondeva al duplex un notevole aumento della velocità di flusso fino a 4,5 m/s. Il reperto nel complesso deponeva per la presenza di una stenosi serrata. Lo studio flebografico confermava una stenosi pre-occlusiva alla confluenza tra vena cefalica e succlavia che veniva trattata con PTA a 7 mm e successivamente a 9 mm a 14 atm, ottenendo l’adeguato ripristino del calibro vascolare. Veniva inserita terapia antiaggregante con 100 mg/die di acido acetilsalicilico. Il controllo ecodoppler del novembre 2008 evidenziava recidiva della stenosi precedentemente dilatata che veniva sottoposta nuovamente a PTA mediante cateteri a palloncino da 7 e 8 mm sino a 30 atm e successivamente da 10 mm, con buon esito angiografico. Tuttavia nel marzo 2009 l’ecodoppler mostrava ancora segni di recidiva stenotica: dopo un inefficace tentativo di dilatazione con palloni ad alta pressione (Conquest da 7 e 8 mm gonfiati fino a 30 atmosfere), l’angioradiologo poneva indicazione a posizionamento di stent convenzionale a 9 mm con buon risultato finale e senza complicanze. La terapia antiaggregante veniva potenziata con doppia copertura farmacologica (acido acetilsalicilico 100 mg + ticlopidina 250 mg die). Nel periodo a seguire fino al maggio 2011 i controlli ecodoppler hanno sempre confermato pervietà dello stent senza segni di restenosi. La misurazione del flusso dell’accesso eseguita con il metodo della diluizione degli ultrasuoni (Transonic) a partire dalla prima procedura ha costantemente evidenziato un’elevata portata della FAV (range 2500-3000 ml/min).
IT100015
Esame: piastrine
non disponibile
2
Si descrive il caso di una paziente di anni 52, con diagnosi bioptica nel 1983 di GN membranosa, sottrattasi al follow-up per alcuni anni e ripresa in carico ambulatoriale con un grado di insufficienza renale avanzato (Crs 4,5 mg/dl). Costituzionalmente obesa (BMI = 34), era stata esclusa dalla dialisi peritoneale per la presenza di alcune controindicazioni cliniche insieme a scarsa accettazione della paziente. Nel maggio 2005 era stata sottoposta a un primo intervento di confezionamento di FAV radiocefalica sinistra che poche settimane dopo, in concomitanza di un episodio ipotensivo, andava incontro a trombosi precoce. Alla fine dello stesso anno si procedeva con successo all’allestimento di una FAV prossimale omerocefalica sinistra. Il trattamento emodialitico cronico era infine avviato nel dicembre 2006. Dopo circa 12 mesi di dialisi trascorsi senza problemi clinici, si osservavano progressivi segni di dilatazione, tortuosità, iperpulsatilità della FAV con tempi di tamponamento prolungati a fine dialisi. L’esecuzione di un ecodoppler, non metteva in evidenza segni di stenosi sul decorso della vena a livello del braccio, mentre più prossimalmente il colordoppler registrava a livello del tratto precedente la confluenza cefalico-succlavia spiccate turbolenze cui corrispondeva al duplex un notevole aumento della velocità di flusso fino a 4,5 m/s. Il reperto nel complesso deponeva per la presenza di una stenosi serrata. Lo studio flebografico confermava una stenosi pre-occlusiva alla confluenza tra vena cefalica e succlavia che veniva trattata con PTA a 7 mm e successivamente a 9 mm a 14 atm, ottenendo l’adeguato ripristino del calibro vascolare. Veniva inserita terapia antiaggregante con 100 mg/die di acido acetilsalicilico. Il controllo ecodoppler del novembre 2008 evidenziava recidiva della stenosi precedentemente dilatata che veniva sottoposta nuovamente a PTA mediante cateteri a palloncino da 7 e 8 mm sino a 30 atm e successivamente da 10 mm, con buon esito angiografico. Tuttavia nel marzo 2009 l’ecodoppler mostrava ancora segni di recidiva stenotica: dopo un inefficace tentativo di dilatazione con palloni ad alta pressione (Conquest da 7 e 8 mm gonfiati fino a 30 atmosfere), l’angioradiologo poneva indicazione a posizionamento di stent convenzionale a 9 mm con buon risultato finale e senza complicanze. La terapia antiaggregante veniva potenziata con doppia copertura farmacologica (acido acetilsalicilico 100 mg + ticlopidina 250 mg die). Nel periodo a seguire fino al maggio 2011 i controlli ecodoppler hanno sempre confermato pervietà dello stent senza segni di restenosi. La misurazione del flusso dell’accesso eseguita con il metodo della diluizione degli ultrasuoni (Transonic) a partire dalla prima procedura ha costantemente evidenziato un’elevata portata della FAV (range 2500-3000 ml/min).
IT100015
Esame: TAC
non disponibile
2
Si descrive il caso di una paziente di anni 52, con diagnosi bioptica nel 1983 di GN membranosa, sottrattasi al follow-up per alcuni anni e ripresa in carico ambulatoriale con un grado di insufficienza renale avanzato (Crs 4,5 mg/dl). Costituzionalmente obesa (BMI = 34), era stata esclusa dalla dialisi peritoneale per la presenza di alcune controindicazioni cliniche insieme a scarsa accettazione della paziente. Nel maggio 2005 era stata sottoposta a un primo intervento di confezionamento di FAV radiocefalica sinistra che poche settimane dopo, in concomitanza di un episodio ipotensivo, andava incontro a trombosi precoce. Alla fine dello stesso anno si procedeva con successo all’allestimento di una FAV prossimale omerocefalica sinistra. Il trattamento emodialitico cronico era infine avviato nel dicembre 2006. Dopo circa 12 mesi di dialisi trascorsi senza problemi clinici, si osservavano progressivi segni di dilatazione, tortuosità, iperpulsatilità della FAV con tempi di tamponamento prolungati a fine dialisi. L’esecuzione di un ecodoppler, non metteva in evidenza segni di stenosi sul decorso della vena a livello del braccio, mentre più prossimalmente il colordoppler registrava a livello del tratto precedente la confluenza cefalico-succlavia spiccate turbolenze cui corrispondeva al duplex un notevole aumento della velocità di flusso fino a 4,5 m/s. Il reperto nel complesso deponeva per la presenza di una stenosi serrata. Lo studio flebografico confermava una stenosi pre-occlusiva alla confluenza tra vena cefalica e succlavia che veniva trattata con PTA a 7 mm e successivamente a 9 mm a 14 atm, ottenendo l’adeguato ripristino del calibro vascolare. Veniva inserita terapia antiaggregante con 100 mg/die di acido acetilsalicilico. Il controllo ecodoppler del novembre 2008 evidenziava recidiva della stenosi precedentemente dilatata che veniva sottoposta nuovamente a PTA mediante cateteri a palloncino da 7 e 8 mm sino a 30 atm e successivamente da 10 mm, con buon esito angiografico. Tuttavia nel marzo 2009 l’ecodoppler mostrava ancora segni di recidiva stenotica: dopo un inefficace tentativo di dilatazione con palloni ad alta pressione (Conquest da 7 e 8 mm gonfiati fino a 30 atmosfere), l’angioradiologo poneva indicazione a posizionamento di stent convenzionale a 9 mm con buon risultato finale e senza complicanze. La terapia antiaggregante veniva potenziata con doppia copertura farmacologica (acido acetilsalicilico 100 mg + ticlopidina 250 mg die). Nel periodo a seguire fino al maggio 2011 i controlli ecodoppler hanno sempre confermato pervietà dello stent senza segni di restenosi. La misurazione del flusso dell’accesso eseguita con il metodo della diluizione degli ultrasuoni (Transonic) a partire dalla prima procedura ha costantemente evidenziato un’elevata portata della FAV (range 2500-3000 ml/min).
IT100015
Esame: EGDS
non disponibile
2
Si descrive il caso di una paziente di anni 52, con diagnosi bioptica nel 1983 di GN membranosa, sottrattasi al follow-up per alcuni anni e ripresa in carico ambulatoriale con un grado di insufficienza renale avanzato (Crs 4,5 mg/dl). Costituzionalmente obesa (BMI = 34), era stata esclusa dalla dialisi peritoneale per la presenza di alcune controindicazioni cliniche insieme a scarsa accettazione della paziente. Nel maggio 2005 era stata sottoposta a un primo intervento di confezionamento di FAV radiocefalica sinistra che poche settimane dopo, in concomitanza di un episodio ipotensivo, andava incontro a trombosi precoce. Alla fine dello stesso anno si procedeva con successo all’allestimento di una FAV prossimale omerocefalica sinistra. Il trattamento emodialitico cronico era infine avviato nel dicembre 2006. Dopo circa 12 mesi di dialisi trascorsi senza problemi clinici, si osservavano progressivi segni di dilatazione, tortuosità, iperpulsatilità della FAV con tempi di tamponamento prolungati a fine dialisi. L’esecuzione di un ecodoppler, non metteva in evidenza segni di stenosi sul decorso della vena a livello del braccio, mentre più prossimalmente il colordoppler registrava a livello del tratto precedente la confluenza cefalico-succlavia spiccate turbolenze cui corrispondeva al duplex un notevole aumento della velocità di flusso fino a 4,5 m/s. Il reperto nel complesso deponeva per la presenza di una stenosi serrata. Lo studio flebografico confermava una stenosi pre-occlusiva alla confluenza tra vena cefalica e succlavia che veniva trattata con PTA a 7 mm e successivamente a 9 mm a 14 atm, ottenendo l’adeguato ripristino del calibro vascolare. Veniva inserita terapia antiaggregante con 100 mg/die di acido acetilsalicilico. Il controllo ecodoppler del novembre 2008 evidenziava recidiva della stenosi precedentemente dilatata che veniva sottoposta nuovamente a PTA mediante cateteri a palloncino da 7 e 8 mm sino a 30 atm e successivamente da 10 mm, con buon esito angiografico. Tuttavia nel marzo 2009 l’ecodoppler mostrava ancora segni di recidiva stenotica: dopo un inefficace tentativo di dilatazione con palloni ad alta pressione (Conquest da 7 e 8 mm gonfiati fino a 30 atmosfere), l’angioradiologo poneva indicazione a posizionamento di stent convenzionale a 9 mm con buon risultato finale e senza complicanze. La terapia antiaggregante veniva potenziata con doppia copertura farmacologica (acido acetilsalicilico 100 mg + ticlopidina 250 mg die). Nel periodo a seguire fino al maggio 2011 i controlli ecodoppler hanno sempre confermato pervietà dello stent senza segni di restenosi. La misurazione del flusso dell’accesso eseguita con il metodo della diluizione degli ultrasuoni (Transonic) a partire dalla prima procedura ha costantemente evidenziato un’elevata portata della FAV (range 2500-3000 ml/min).
IT100015
Esame: EF
non disponibile
2
Si descrive il caso di una paziente di anni 52, con diagnosi bioptica nel 1983 di GN membranosa, sottrattasi al follow-up per alcuni anni e ripresa in carico ambulatoriale con un grado di insufficienza renale avanzato (Crs 4,5 mg/dl). Costituzionalmente obesa (BMI = 34), era stata esclusa dalla dialisi peritoneale per la presenza di alcune controindicazioni cliniche insieme a scarsa accettazione della paziente. Nel maggio 2005 era stata sottoposta a un primo intervento di confezionamento di FAV radiocefalica sinistra che poche settimane dopo, in concomitanza di un episodio ipotensivo, andava incontro a trombosi precoce. Alla fine dello stesso anno si procedeva con successo all’allestimento di una FAV prossimale omerocefalica sinistra. Il trattamento emodialitico cronico era infine avviato nel dicembre 2006. Dopo circa 12 mesi di dialisi trascorsi senza problemi clinici, si osservavano progressivi segni di dilatazione, tortuosità, iperpulsatilità della FAV con tempi di tamponamento prolungati a fine dialisi. L’esecuzione di un ecodoppler, non metteva in evidenza segni di stenosi sul decorso della vena a livello del braccio, mentre più prossimalmente il colordoppler registrava a livello del tratto precedente la confluenza cefalico-succlavia spiccate turbolenze cui corrispondeva al duplex un notevole aumento della velocità di flusso fino a 4,5 m/s. Il reperto nel complesso deponeva per la presenza di una stenosi serrata. Lo studio flebografico confermava una stenosi pre-occlusiva alla confluenza tra vena cefalica e succlavia che veniva trattata con PTA a 7 mm e successivamente a 9 mm a 14 atm, ottenendo l’adeguato ripristino del calibro vascolare. Veniva inserita terapia antiaggregante con 100 mg/die di acido acetilsalicilico. Il controllo ecodoppler del novembre 2008 evidenziava recidiva della stenosi precedentemente dilatata che veniva sottoposta nuovamente a PTA mediante cateteri a palloncino da 7 e 8 mm sino a 30 atm e successivamente da 10 mm, con buon esito angiografico. Tuttavia nel marzo 2009 l’ecodoppler mostrava ancora segni di recidiva stenotica: dopo un inefficace tentativo di dilatazione con palloni ad alta pressione (Conquest da 7 e 8 mm gonfiati fino a 30 atmosfere), l’angioradiologo poneva indicazione a posizionamento di stent convenzionale a 9 mm con buon risultato finale e senza complicanze. La terapia antiaggregante veniva potenziata con doppia copertura farmacologica (acido acetilsalicilico 100 mg + ticlopidina 250 mg die). Nel periodo a seguire fino al maggio 2011 i controlli ecodoppler hanno sempre confermato pervietà dello stent senza segni di restenosi. La misurazione del flusso dell’accesso eseguita con il metodo della diluizione degli ultrasuoni (Transonic) a partire dalla prima procedura ha costantemente evidenziato un’elevata portata della FAV (range 2500-3000 ml/min).
IT100027
Esame: creatinina
non disponibile
2
Un paziente di 83 anni nel dicembre 2006, riceve diagnosi di carcinoma prostatico su biopsia in seguito alla comparsa di disturbi urinari. Al momento della diagnosi i parametri laboratoristico-strumentali erano i seguenti: PSA 127 ng/ml, il Gleason score 8 (4+4), due lesioni ossee evidenti alla scintigrafia ossea e la TC risultava negativa per ripetizioni viscerali. Paziente asintomatico. Nell’anamnesi patologica era riferita ipertensione arteriosa controllata con terapia medica. Dal momento della diagnosi veniva sottoposto a terapia continua con analoghi LH-RH (Luteinizing Hormone-Releasing Hormone) e riduzione del PSA al nadir di 10 ng/ ml dopo 6 mesi. Il PSA del paziente aumentava da 10 a 26 ng/ml in 3 mesi, una nuova scintigrafia ossea evidenziava la comparsa di nuove metastasi ossee, la TC continuava ad essere negativa per lesioni viscerali, la fosfatasi alcalina risultava esser incrementata, continuava ad essere asintomatico e in buone condizioni cliniche generali per cui veniva ritenuto “fit” secondo la valutazione geriatrica. Si sottoponeva a 4 serie, di 12 cicli ciascuno, di ritrattamenti con docetaxel (75 mg/mq/ogni 3 settimane) da ottobre 2007 a novembre 2011 che il paziente tollerava in maniera soddisfacente senza tossicità di rilievo, con una buona qualità di vita e il nadir del PSA raggiungeva 2 ng/ml. Lo studio clinico randomizzato di fase III TAX 327, docetaxel verso mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza del docetaxel trisettimanale nei pazienti con mCRPC. L’analisi per sottogruppi dei pazienti trattati con docetaxel trisettimanale verso mitoxantrone ha confermato che i pazienti di età ≥ 75 anni (20%) avevano un beneficio in termini di sopravvivenza sovrapponibile ai pazienti di età < 75 anni. Durante il trattamento con docetaxel, nel novembre 2011, il paziente andava in progressione biochimica e strumentale, quattro nuove lesioni ossee erano presenti ad una scintigrafia ossea, assenti le lesioni viscerali e il PSA aumentava da 2 a 62 ng/ml. Nel dicembre 2011 (88 anni) il paziente veniva arruolato nel programma italiano di accesso allargato al cabazitaxel (early access program, EAP), il PSA era ulteriormente incrementato a 71 ng/ml solo nell’ultimo mese, il performance status secondo ECOG (Eastern Cooperative Oncology Group) era uguale a 1 ed era lievemente sintomatico. Veniva sottoposto a terapia con cabazitaxel (25 mg/mq/ogni 3 settimane) in associazione a prednisone 10 mg/die. Da dicembre 2011 a settembre 2013 (90 anni) il paziente riceveva 17 cicli di cabazitaxel, il PSA diventava non rilevabile e la scintigrafia ossea non evidenziava nuove lesioni. Il trattamento era ben tollerato senza tossicità e il paziente asintomatico, a scopo profilattico solo i primi cicli venivano somministrati con il supporto dei fattori di crescita G-CSF (granulocyte colonystimulating factor). Lo studio randomizzato di fase III TROPIC, che ha confrontato il cabazitaxel verso il mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza a favore del cabazitaxel per i pazienti con mCRPC in progressione di malattia dopo o durante il trattamento chemioterapico con docetaxel. Inoltre il cabazitaxel è stato associato ad una riduzione del dolore relativo alla patologia neoplastica, con un profilo di sicurezza consistente con altre chemioterapie e una bassa percentuale di neuropatia periferica. Nello studio TROPIC è stato evidenziato, per i pazienti di età ≥ 75 anni (18%), un beneficio di sopravvivenza dal cabazitaxel sovrapponibile a quello riportato nei pazienti di età inferiore ai 75 anni. Il trial segnalava un rischio aumentato di neutropenia per i pazienti anziani con età > 75 anni ma gestibile con la profilassi primaria impiegando G-CSF. Il decesso del paziente avveniva dopo un anno dall’ultima somministrazione di cabazitaxel per cause naturali.
IT100027
Esame: ecocardiogramma
non disponibile
2
Un paziente di 83 anni nel dicembre 2006, riceve diagnosi di carcinoma prostatico su biopsia in seguito alla comparsa di disturbi urinari. Al momento della diagnosi i parametri laboratoristico-strumentali erano i seguenti: PSA 127 ng/ml, il Gleason score 8 (4+4), due lesioni ossee evidenti alla scintigrafia ossea e la TC risultava negativa per ripetizioni viscerali. Paziente asintomatico. Nell’anamnesi patologica era riferita ipertensione arteriosa controllata con terapia medica. Dal momento della diagnosi veniva sottoposto a terapia continua con analoghi LH-RH (Luteinizing Hormone-Releasing Hormone) e riduzione del PSA al nadir di 10 ng/ ml dopo 6 mesi. Il PSA del paziente aumentava da 10 a 26 ng/ml in 3 mesi, una nuova scintigrafia ossea evidenziava la comparsa di nuove metastasi ossee, la TC continuava ad essere negativa per lesioni viscerali, la fosfatasi alcalina risultava esser incrementata, continuava ad essere asintomatico e in buone condizioni cliniche generali per cui veniva ritenuto “fit” secondo la valutazione geriatrica. Si sottoponeva a 4 serie, di 12 cicli ciascuno, di ritrattamenti con docetaxel (75 mg/mq/ogni 3 settimane) da ottobre 2007 a novembre 2011 che il paziente tollerava in maniera soddisfacente senza tossicità di rilievo, con una buona qualità di vita e il nadir del PSA raggiungeva 2 ng/ml. Lo studio clinico randomizzato di fase III TAX 327, docetaxel verso mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza del docetaxel trisettimanale nei pazienti con mCRPC. L’analisi per sottogruppi dei pazienti trattati con docetaxel trisettimanale verso mitoxantrone ha confermato che i pazienti di età ≥ 75 anni (20%) avevano un beneficio in termini di sopravvivenza sovrapponibile ai pazienti di età < 75 anni. Durante il trattamento con docetaxel, nel novembre 2011, il paziente andava in progressione biochimica e strumentale, quattro nuove lesioni ossee erano presenti ad una scintigrafia ossea, assenti le lesioni viscerali e il PSA aumentava da 2 a 62 ng/ml. Nel dicembre 2011 (88 anni) il paziente veniva arruolato nel programma italiano di accesso allargato al cabazitaxel (early access program, EAP), il PSA era ulteriormente incrementato a 71 ng/ml solo nell’ultimo mese, il performance status secondo ECOG (Eastern Cooperative Oncology Group) era uguale a 1 ed era lievemente sintomatico. Veniva sottoposto a terapia con cabazitaxel (25 mg/mq/ogni 3 settimane) in associazione a prednisone 10 mg/die. Da dicembre 2011 a settembre 2013 (90 anni) il paziente riceveva 17 cicli di cabazitaxel, il PSA diventava non rilevabile e la scintigrafia ossea non evidenziava nuove lesioni. Il trattamento era ben tollerato senza tossicità e il paziente asintomatico, a scopo profilattico solo i primi cicli venivano somministrati con il supporto dei fattori di crescita G-CSF (granulocyte colonystimulating factor). Lo studio randomizzato di fase III TROPIC, che ha confrontato il cabazitaxel verso il mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza a favore del cabazitaxel per i pazienti con mCRPC in progressione di malattia dopo o durante il trattamento chemioterapico con docetaxel. Inoltre il cabazitaxel è stato associato ad una riduzione del dolore relativo alla patologia neoplastica, con un profilo di sicurezza consistente con altre chemioterapie e una bassa percentuale di neuropatia periferica. Nello studio TROPIC è stato evidenziato, per i pazienti di età ≥ 75 anni (18%), un beneficio di sopravvivenza dal cabazitaxel sovrapponibile a quello riportato nei pazienti di età inferiore ai 75 anni. Il trial segnalava un rischio aumentato di neutropenia per i pazienti anziani con età > 75 anni ma gestibile con la profilassi primaria impiegando G-CSF. Il decesso del paziente avveniva dopo un anno dall’ultima somministrazione di cabazitaxel per cause naturali.
IT100027
Esame: proteinuria
non disponibile
2
Un paziente di 83 anni nel dicembre 2006, riceve diagnosi di carcinoma prostatico su biopsia in seguito alla comparsa di disturbi urinari. Al momento della diagnosi i parametri laboratoristico-strumentali erano i seguenti: PSA 127 ng/ml, il Gleason score 8 (4+4), due lesioni ossee evidenti alla scintigrafia ossea e la TC risultava negativa per ripetizioni viscerali. Paziente asintomatico. Nell’anamnesi patologica era riferita ipertensione arteriosa controllata con terapia medica. Dal momento della diagnosi veniva sottoposto a terapia continua con analoghi LH-RH (Luteinizing Hormone-Releasing Hormone) e riduzione del PSA al nadir di 10 ng/ ml dopo 6 mesi. Il PSA del paziente aumentava da 10 a 26 ng/ml in 3 mesi, una nuova scintigrafia ossea evidenziava la comparsa di nuove metastasi ossee, la TC continuava ad essere negativa per lesioni viscerali, la fosfatasi alcalina risultava esser incrementata, continuava ad essere asintomatico e in buone condizioni cliniche generali per cui veniva ritenuto “fit” secondo la valutazione geriatrica. Si sottoponeva a 4 serie, di 12 cicli ciascuno, di ritrattamenti con docetaxel (75 mg/mq/ogni 3 settimane) da ottobre 2007 a novembre 2011 che il paziente tollerava in maniera soddisfacente senza tossicità di rilievo, con una buona qualità di vita e il nadir del PSA raggiungeva 2 ng/ml. Lo studio clinico randomizzato di fase III TAX 327, docetaxel verso mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza del docetaxel trisettimanale nei pazienti con mCRPC. L’analisi per sottogruppi dei pazienti trattati con docetaxel trisettimanale verso mitoxantrone ha confermato che i pazienti di età ≥ 75 anni (20%) avevano un beneficio in termini di sopravvivenza sovrapponibile ai pazienti di età < 75 anni. Durante il trattamento con docetaxel, nel novembre 2011, il paziente andava in progressione biochimica e strumentale, quattro nuove lesioni ossee erano presenti ad una scintigrafia ossea, assenti le lesioni viscerali e il PSA aumentava da 2 a 62 ng/ml. Nel dicembre 2011 (88 anni) il paziente veniva arruolato nel programma italiano di accesso allargato al cabazitaxel (early access program, EAP), il PSA era ulteriormente incrementato a 71 ng/ml solo nell’ultimo mese, il performance status secondo ECOG (Eastern Cooperative Oncology Group) era uguale a 1 ed era lievemente sintomatico. Veniva sottoposto a terapia con cabazitaxel (25 mg/mq/ogni 3 settimane) in associazione a prednisone 10 mg/die. Da dicembre 2011 a settembre 2013 (90 anni) il paziente riceveva 17 cicli di cabazitaxel, il PSA diventava non rilevabile e la scintigrafia ossea non evidenziava nuove lesioni. Il trattamento era ben tollerato senza tossicità e il paziente asintomatico, a scopo profilattico solo i primi cicli venivano somministrati con il supporto dei fattori di crescita G-CSF (granulocyte colonystimulating factor). Lo studio randomizzato di fase III TROPIC, che ha confrontato il cabazitaxel verso il mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza a favore del cabazitaxel per i pazienti con mCRPC in progressione di malattia dopo o durante il trattamento chemioterapico con docetaxel. Inoltre il cabazitaxel è stato associato ad una riduzione del dolore relativo alla patologia neoplastica, con un profilo di sicurezza consistente con altre chemioterapie e una bassa percentuale di neuropatia periferica. Nello studio TROPIC è stato evidenziato, per i pazienti di età ≥ 75 anni (18%), un beneficio di sopravvivenza dal cabazitaxel sovrapponibile a quello riportato nei pazienti di età inferiore ai 75 anni. Il trial segnalava un rischio aumentato di neutropenia per i pazienti anziani con età > 75 anni ma gestibile con la profilassi primaria impiegando G-CSF. Il decesso del paziente avveniva dopo un anno dall’ultima somministrazione di cabazitaxel per cause naturali.
IT100027
Esame: p-ANCA
non disponibile
2
Un paziente di 83 anni nel dicembre 2006, riceve diagnosi di carcinoma prostatico su biopsia in seguito alla comparsa di disturbi urinari. Al momento della diagnosi i parametri laboratoristico-strumentali erano i seguenti: PSA 127 ng/ml, il Gleason score 8 (4+4), due lesioni ossee evidenti alla scintigrafia ossea e la TC risultava negativa per ripetizioni viscerali. Paziente asintomatico. Nell’anamnesi patologica era riferita ipertensione arteriosa controllata con terapia medica. Dal momento della diagnosi veniva sottoposto a terapia continua con analoghi LH-RH (Luteinizing Hormone-Releasing Hormone) e riduzione del PSA al nadir di 10 ng/ ml dopo 6 mesi. Il PSA del paziente aumentava da 10 a 26 ng/ml in 3 mesi, una nuova scintigrafia ossea evidenziava la comparsa di nuove metastasi ossee, la TC continuava ad essere negativa per lesioni viscerali, la fosfatasi alcalina risultava esser incrementata, continuava ad essere asintomatico e in buone condizioni cliniche generali per cui veniva ritenuto “fit” secondo la valutazione geriatrica. Si sottoponeva a 4 serie, di 12 cicli ciascuno, di ritrattamenti con docetaxel (75 mg/mq/ogni 3 settimane) da ottobre 2007 a novembre 2011 che il paziente tollerava in maniera soddisfacente senza tossicità di rilievo, con una buona qualità di vita e il nadir del PSA raggiungeva 2 ng/ml. Lo studio clinico randomizzato di fase III TAX 327, docetaxel verso mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza del docetaxel trisettimanale nei pazienti con mCRPC. L’analisi per sottogruppi dei pazienti trattati con docetaxel trisettimanale verso mitoxantrone ha confermato che i pazienti di età ≥ 75 anni (20%) avevano un beneficio in termini di sopravvivenza sovrapponibile ai pazienti di età < 75 anni. Durante il trattamento con docetaxel, nel novembre 2011, il paziente andava in progressione biochimica e strumentale, quattro nuove lesioni ossee erano presenti ad una scintigrafia ossea, assenti le lesioni viscerali e il PSA aumentava da 2 a 62 ng/ml. Nel dicembre 2011 (88 anni) il paziente veniva arruolato nel programma italiano di accesso allargato al cabazitaxel (early access program, EAP), il PSA era ulteriormente incrementato a 71 ng/ml solo nell’ultimo mese, il performance status secondo ECOG (Eastern Cooperative Oncology Group) era uguale a 1 ed era lievemente sintomatico. Veniva sottoposto a terapia con cabazitaxel (25 mg/mq/ogni 3 settimane) in associazione a prednisone 10 mg/die. Da dicembre 2011 a settembre 2013 (90 anni) il paziente riceveva 17 cicli di cabazitaxel, il PSA diventava non rilevabile e la scintigrafia ossea non evidenziava nuove lesioni. Il trattamento era ben tollerato senza tossicità e il paziente asintomatico, a scopo profilattico solo i primi cicli venivano somministrati con il supporto dei fattori di crescita G-CSF (granulocyte colonystimulating factor). Lo studio randomizzato di fase III TROPIC, che ha confrontato il cabazitaxel verso il mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza a favore del cabazitaxel per i pazienti con mCRPC in progressione di malattia dopo o durante il trattamento chemioterapico con docetaxel. Inoltre il cabazitaxel è stato associato ad una riduzione del dolore relativo alla patologia neoplastica, con un profilo di sicurezza consistente con altre chemioterapie e una bassa percentuale di neuropatia periferica. Nello studio TROPIC è stato evidenziato, per i pazienti di età ≥ 75 anni (18%), un beneficio di sopravvivenza dal cabazitaxel sovrapponibile a quello riportato nei pazienti di età inferiore ai 75 anni. Il trial segnalava un rischio aumentato di neutropenia per i pazienti anziani con età > 75 anni ma gestibile con la profilassi primaria impiegando G-CSF. Il decesso del paziente avveniva dopo un anno dall’ultima somministrazione di cabazitaxel per cause naturali.
IT100027
Esame: IFI
non disponibile
2
Un paziente di 83 anni nel dicembre 2006, riceve diagnosi di carcinoma prostatico su biopsia in seguito alla comparsa di disturbi urinari. Al momento della diagnosi i parametri laboratoristico-strumentali erano i seguenti: PSA 127 ng/ml, il Gleason score 8 (4+4), due lesioni ossee evidenti alla scintigrafia ossea e la TC risultava negativa per ripetizioni viscerali. Paziente asintomatico. Nell’anamnesi patologica era riferita ipertensione arteriosa controllata con terapia medica. Dal momento della diagnosi veniva sottoposto a terapia continua con analoghi LH-RH (Luteinizing Hormone-Releasing Hormone) e riduzione del PSA al nadir di 10 ng/ ml dopo 6 mesi. Il PSA del paziente aumentava da 10 a 26 ng/ml in 3 mesi, una nuova scintigrafia ossea evidenziava la comparsa di nuove metastasi ossee, la TC continuava ad essere negativa per lesioni viscerali, la fosfatasi alcalina risultava esser incrementata, continuava ad essere asintomatico e in buone condizioni cliniche generali per cui veniva ritenuto “fit” secondo la valutazione geriatrica. Si sottoponeva a 4 serie, di 12 cicli ciascuno, di ritrattamenti con docetaxel (75 mg/mq/ogni 3 settimane) da ottobre 2007 a novembre 2011 che il paziente tollerava in maniera soddisfacente senza tossicità di rilievo, con una buona qualità di vita e il nadir del PSA raggiungeva 2 ng/ml. Lo studio clinico randomizzato di fase III TAX 327, docetaxel verso mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza del docetaxel trisettimanale nei pazienti con mCRPC. L’analisi per sottogruppi dei pazienti trattati con docetaxel trisettimanale verso mitoxantrone ha confermato che i pazienti di età ≥ 75 anni (20%) avevano un beneficio in termini di sopravvivenza sovrapponibile ai pazienti di età < 75 anni. Durante il trattamento con docetaxel, nel novembre 2011, il paziente andava in progressione biochimica e strumentale, quattro nuove lesioni ossee erano presenti ad una scintigrafia ossea, assenti le lesioni viscerali e il PSA aumentava da 2 a 62 ng/ml. Nel dicembre 2011 (88 anni) il paziente veniva arruolato nel programma italiano di accesso allargato al cabazitaxel (early access program, EAP), il PSA era ulteriormente incrementato a 71 ng/ml solo nell’ultimo mese, il performance status secondo ECOG (Eastern Cooperative Oncology Group) era uguale a 1 ed era lievemente sintomatico. Veniva sottoposto a terapia con cabazitaxel (25 mg/mq/ogni 3 settimane) in associazione a prednisone 10 mg/die. Da dicembre 2011 a settembre 2013 (90 anni) il paziente riceveva 17 cicli di cabazitaxel, il PSA diventava non rilevabile e la scintigrafia ossea non evidenziava nuove lesioni. Il trattamento era ben tollerato senza tossicità e il paziente asintomatico, a scopo profilattico solo i primi cicli venivano somministrati con il supporto dei fattori di crescita G-CSF (granulocyte colonystimulating factor). Lo studio randomizzato di fase III TROPIC, che ha confrontato il cabazitaxel verso il mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza a favore del cabazitaxel per i pazienti con mCRPC in progressione di malattia dopo o durante il trattamento chemioterapico con docetaxel. Inoltre il cabazitaxel è stato associato ad una riduzione del dolore relativo alla patologia neoplastica, con un profilo di sicurezza consistente con altre chemioterapie e una bassa percentuale di neuropatia periferica. Nello studio TROPIC è stato evidenziato, per i pazienti di età ≥ 75 anni (18%), un beneficio di sopravvivenza dal cabazitaxel sovrapponibile a quello riportato nei pazienti di età inferiore ai 75 anni. Il trial segnalava un rischio aumentato di neutropenia per i pazienti anziani con età > 75 anni ma gestibile con la profilassi primaria impiegando G-CSF. Il decesso del paziente avveniva dopo un anno dall’ultima somministrazione di cabazitaxel per cause naturali.
IT100027
Esame: EIA
non disponibile
2
Un paziente di 83 anni nel dicembre 2006, riceve diagnosi di carcinoma prostatico su biopsia in seguito alla comparsa di disturbi urinari. Al momento della diagnosi i parametri laboratoristico-strumentali erano i seguenti: PSA 127 ng/ml, il Gleason score 8 (4+4), due lesioni ossee evidenti alla scintigrafia ossea e la TC risultava negativa per ripetizioni viscerali. Paziente asintomatico. Nell’anamnesi patologica era riferita ipertensione arteriosa controllata con terapia medica. Dal momento della diagnosi veniva sottoposto a terapia continua con analoghi LH-RH (Luteinizing Hormone-Releasing Hormone) e riduzione del PSA al nadir di 10 ng/ ml dopo 6 mesi. Il PSA del paziente aumentava da 10 a 26 ng/ml in 3 mesi, una nuova scintigrafia ossea evidenziava la comparsa di nuove metastasi ossee, la TC continuava ad essere negativa per lesioni viscerali, la fosfatasi alcalina risultava esser incrementata, continuava ad essere asintomatico e in buone condizioni cliniche generali per cui veniva ritenuto “fit” secondo la valutazione geriatrica. Si sottoponeva a 4 serie, di 12 cicli ciascuno, di ritrattamenti con docetaxel (75 mg/mq/ogni 3 settimane) da ottobre 2007 a novembre 2011 che il paziente tollerava in maniera soddisfacente senza tossicità di rilievo, con una buona qualità di vita e il nadir del PSA raggiungeva 2 ng/ml. Lo studio clinico randomizzato di fase III TAX 327, docetaxel verso mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza del docetaxel trisettimanale nei pazienti con mCRPC. L’analisi per sottogruppi dei pazienti trattati con docetaxel trisettimanale verso mitoxantrone ha confermato che i pazienti di età ≥ 75 anni (20%) avevano un beneficio in termini di sopravvivenza sovrapponibile ai pazienti di età < 75 anni. Durante il trattamento con docetaxel, nel novembre 2011, il paziente andava in progressione biochimica e strumentale, quattro nuove lesioni ossee erano presenti ad una scintigrafia ossea, assenti le lesioni viscerali e il PSA aumentava da 2 a 62 ng/ml. Nel dicembre 2011 (88 anni) il paziente veniva arruolato nel programma italiano di accesso allargato al cabazitaxel (early access program, EAP), il PSA era ulteriormente incrementato a 71 ng/ml solo nell’ultimo mese, il performance status secondo ECOG (Eastern Cooperative Oncology Group) era uguale a 1 ed era lievemente sintomatico. Veniva sottoposto a terapia con cabazitaxel (25 mg/mq/ogni 3 settimane) in associazione a prednisone 10 mg/die. Da dicembre 2011 a settembre 2013 (90 anni) il paziente riceveva 17 cicli di cabazitaxel, il PSA diventava non rilevabile e la scintigrafia ossea non evidenziava nuove lesioni. Il trattamento era ben tollerato senza tossicità e il paziente asintomatico, a scopo profilattico solo i primi cicli venivano somministrati con il supporto dei fattori di crescita G-CSF (granulocyte colonystimulating factor). Lo studio randomizzato di fase III TROPIC, che ha confrontato il cabazitaxel verso il mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza a favore del cabazitaxel per i pazienti con mCRPC in progressione di malattia dopo o durante il trattamento chemioterapico con docetaxel. Inoltre il cabazitaxel è stato associato ad una riduzione del dolore relativo alla patologia neoplastica, con un profilo di sicurezza consistente con altre chemioterapie e una bassa percentuale di neuropatia periferica. Nello studio TROPIC è stato evidenziato, per i pazienti di età ≥ 75 anni (18%), un beneficio di sopravvivenza dal cabazitaxel sovrapponibile a quello riportato nei pazienti di età inferiore ai 75 anni. Il trial segnalava un rischio aumentato di neutropenia per i pazienti anziani con età > 75 anni ma gestibile con la profilassi primaria impiegando G-CSF. Il decesso del paziente avveniva dopo un anno dall’ultima somministrazione di cabazitaxel per cause naturali.
IT100027
Esame: espettorato
non disponibile
2
Un paziente di 83 anni nel dicembre 2006, riceve diagnosi di carcinoma prostatico su biopsia in seguito alla comparsa di disturbi urinari. Al momento della diagnosi i parametri laboratoristico-strumentali erano i seguenti: PSA 127 ng/ml, il Gleason score 8 (4+4), due lesioni ossee evidenti alla scintigrafia ossea e la TC risultava negativa per ripetizioni viscerali. Paziente asintomatico. Nell’anamnesi patologica era riferita ipertensione arteriosa controllata con terapia medica. Dal momento della diagnosi veniva sottoposto a terapia continua con analoghi LH-RH (Luteinizing Hormone-Releasing Hormone) e riduzione del PSA al nadir di 10 ng/ ml dopo 6 mesi. Il PSA del paziente aumentava da 10 a 26 ng/ml in 3 mesi, una nuova scintigrafia ossea evidenziava la comparsa di nuove metastasi ossee, la TC continuava ad essere negativa per lesioni viscerali, la fosfatasi alcalina risultava esser incrementata, continuava ad essere asintomatico e in buone condizioni cliniche generali per cui veniva ritenuto “fit” secondo la valutazione geriatrica. Si sottoponeva a 4 serie, di 12 cicli ciascuno, di ritrattamenti con docetaxel (75 mg/mq/ogni 3 settimane) da ottobre 2007 a novembre 2011 che il paziente tollerava in maniera soddisfacente senza tossicità di rilievo, con una buona qualità di vita e il nadir del PSA raggiungeva 2 ng/ml. Lo studio clinico randomizzato di fase III TAX 327, docetaxel verso mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza del docetaxel trisettimanale nei pazienti con mCRPC. L’analisi per sottogruppi dei pazienti trattati con docetaxel trisettimanale verso mitoxantrone ha confermato che i pazienti di età ≥ 75 anni (20%) avevano un beneficio in termini di sopravvivenza sovrapponibile ai pazienti di età < 75 anni. Durante il trattamento con docetaxel, nel novembre 2011, il paziente andava in progressione biochimica e strumentale, quattro nuove lesioni ossee erano presenti ad una scintigrafia ossea, assenti le lesioni viscerali e il PSA aumentava da 2 a 62 ng/ml. Nel dicembre 2011 (88 anni) il paziente veniva arruolato nel programma italiano di accesso allargato al cabazitaxel (early access program, EAP), il PSA era ulteriormente incrementato a 71 ng/ml solo nell’ultimo mese, il performance status secondo ECOG (Eastern Cooperative Oncology Group) era uguale a 1 ed era lievemente sintomatico. Veniva sottoposto a terapia con cabazitaxel (25 mg/mq/ogni 3 settimane) in associazione a prednisone 10 mg/die. Da dicembre 2011 a settembre 2013 (90 anni) il paziente riceveva 17 cicli di cabazitaxel, il PSA diventava non rilevabile e la scintigrafia ossea non evidenziava nuove lesioni. Il trattamento era ben tollerato senza tossicità e il paziente asintomatico, a scopo profilattico solo i primi cicli venivano somministrati con il supporto dei fattori di crescita G-CSF (granulocyte colonystimulating factor). Lo studio randomizzato di fase III TROPIC, che ha confrontato il cabazitaxel verso il mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza a favore del cabazitaxel per i pazienti con mCRPC in progressione di malattia dopo o durante il trattamento chemioterapico con docetaxel. Inoltre il cabazitaxel è stato associato ad una riduzione del dolore relativo alla patologia neoplastica, con un profilo di sicurezza consistente con altre chemioterapie e una bassa percentuale di neuropatia periferica. Nello studio TROPIC è stato evidenziato, per i pazienti di età ≥ 75 anni (18%), un beneficio di sopravvivenza dal cabazitaxel sovrapponibile a quello riportato nei pazienti di età inferiore ai 75 anni. Il trial segnalava un rischio aumentato di neutropenia per i pazienti anziani con età > 75 anni ma gestibile con la profilassi primaria impiegando G-CSF. Il decesso del paziente avveniva dopo un anno dall’ultima somministrazione di cabazitaxel per cause naturali.
IT100027
Esame: urinocoltura
non disponibile
2
Un paziente di 83 anni nel dicembre 2006, riceve diagnosi di carcinoma prostatico su biopsia in seguito alla comparsa di disturbi urinari. Al momento della diagnosi i parametri laboratoristico-strumentali erano i seguenti: PSA 127 ng/ml, il Gleason score 8 (4+4), due lesioni ossee evidenti alla scintigrafia ossea e la TC risultava negativa per ripetizioni viscerali. Paziente asintomatico. Nell’anamnesi patologica era riferita ipertensione arteriosa controllata con terapia medica. Dal momento della diagnosi veniva sottoposto a terapia continua con analoghi LH-RH (Luteinizing Hormone-Releasing Hormone) e riduzione del PSA al nadir di 10 ng/ ml dopo 6 mesi. Il PSA del paziente aumentava da 10 a 26 ng/ml in 3 mesi, una nuova scintigrafia ossea evidenziava la comparsa di nuove metastasi ossee, la TC continuava ad essere negativa per lesioni viscerali, la fosfatasi alcalina risultava esser incrementata, continuava ad essere asintomatico e in buone condizioni cliniche generali per cui veniva ritenuto “fit” secondo la valutazione geriatrica. Si sottoponeva a 4 serie, di 12 cicli ciascuno, di ritrattamenti con docetaxel (75 mg/mq/ogni 3 settimane) da ottobre 2007 a novembre 2011 che il paziente tollerava in maniera soddisfacente senza tossicità di rilievo, con una buona qualità di vita e il nadir del PSA raggiungeva 2 ng/ml. Lo studio clinico randomizzato di fase III TAX 327, docetaxel verso mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza del docetaxel trisettimanale nei pazienti con mCRPC. L’analisi per sottogruppi dei pazienti trattati con docetaxel trisettimanale verso mitoxantrone ha confermato che i pazienti di età ≥ 75 anni (20%) avevano un beneficio in termini di sopravvivenza sovrapponibile ai pazienti di età < 75 anni. Durante il trattamento con docetaxel, nel novembre 2011, il paziente andava in progressione biochimica e strumentale, quattro nuove lesioni ossee erano presenti ad una scintigrafia ossea, assenti le lesioni viscerali e il PSA aumentava da 2 a 62 ng/ml. Nel dicembre 2011 (88 anni) il paziente veniva arruolato nel programma italiano di accesso allargato al cabazitaxel (early access program, EAP), il PSA era ulteriormente incrementato a 71 ng/ml solo nell’ultimo mese, il performance status secondo ECOG (Eastern Cooperative Oncology Group) era uguale a 1 ed era lievemente sintomatico. Veniva sottoposto a terapia con cabazitaxel (25 mg/mq/ogni 3 settimane) in associazione a prednisone 10 mg/die. Da dicembre 2011 a settembre 2013 (90 anni) il paziente riceveva 17 cicli di cabazitaxel, il PSA diventava non rilevabile e la scintigrafia ossea non evidenziava nuove lesioni. Il trattamento era ben tollerato senza tossicità e il paziente asintomatico, a scopo profilattico solo i primi cicli venivano somministrati con il supporto dei fattori di crescita G-CSF (granulocyte colonystimulating factor). Lo studio randomizzato di fase III TROPIC, che ha confrontato il cabazitaxel verso il mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza a favore del cabazitaxel per i pazienti con mCRPC in progressione di malattia dopo o durante il trattamento chemioterapico con docetaxel. Inoltre il cabazitaxel è stato associato ad una riduzione del dolore relativo alla patologia neoplastica, con un profilo di sicurezza consistente con altre chemioterapie e una bassa percentuale di neuropatia periferica. Nello studio TROPIC è stato evidenziato, per i pazienti di età ≥ 75 anni (18%), un beneficio di sopravvivenza dal cabazitaxel sovrapponibile a quello riportato nei pazienti di età inferiore ai 75 anni. Il trial segnalava un rischio aumentato di neutropenia per i pazienti anziani con età > 75 anni ma gestibile con la profilassi primaria impiegando G-CSF. Il decesso del paziente avveniva dopo un anno dall’ultima somministrazione di cabazitaxel per cause naturali.
IT100027
Esame: BMI
non disponibile
2
Un paziente di 83 anni nel dicembre 2006, riceve diagnosi di carcinoma prostatico su biopsia in seguito alla comparsa di disturbi urinari. Al momento della diagnosi i parametri laboratoristico-strumentali erano i seguenti: PSA 127 ng/ml, il Gleason score 8 (4+4), due lesioni ossee evidenti alla scintigrafia ossea e la TC risultava negativa per ripetizioni viscerali. Paziente asintomatico. Nell’anamnesi patologica era riferita ipertensione arteriosa controllata con terapia medica. Dal momento della diagnosi veniva sottoposto a terapia continua con analoghi LH-RH (Luteinizing Hormone-Releasing Hormone) e riduzione del PSA al nadir di 10 ng/ ml dopo 6 mesi. Il PSA del paziente aumentava da 10 a 26 ng/ml in 3 mesi, una nuova scintigrafia ossea evidenziava la comparsa di nuove metastasi ossee, la TC continuava ad essere negativa per lesioni viscerali, la fosfatasi alcalina risultava esser incrementata, continuava ad essere asintomatico e in buone condizioni cliniche generali per cui veniva ritenuto “fit” secondo la valutazione geriatrica. Si sottoponeva a 4 serie, di 12 cicli ciascuno, di ritrattamenti con docetaxel (75 mg/mq/ogni 3 settimane) da ottobre 2007 a novembre 2011 che il paziente tollerava in maniera soddisfacente senza tossicità di rilievo, con una buona qualità di vita e il nadir del PSA raggiungeva 2 ng/ml. Lo studio clinico randomizzato di fase III TAX 327, docetaxel verso mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza del docetaxel trisettimanale nei pazienti con mCRPC. L’analisi per sottogruppi dei pazienti trattati con docetaxel trisettimanale verso mitoxantrone ha confermato che i pazienti di età ≥ 75 anni (20%) avevano un beneficio in termini di sopravvivenza sovrapponibile ai pazienti di età < 75 anni. Durante il trattamento con docetaxel, nel novembre 2011, il paziente andava in progressione biochimica e strumentale, quattro nuove lesioni ossee erano presenti ad una scintigrafia ossea, assenti le lesioni viscerali e il PSA aumentava da 2 a 62 ng/ml. Nel dicembre 2011 (88 anni) il paziente veniva arruolato nel programma italiano di accesso allargato al cabazitaxel (early access program, EAP), il PSA era ulteriormente incrementato a 71 ng/ml solo nell’ultimo mese, il performance status secondo ECOG (Eastern Cooperative Oncology Group) era uguale a 1 ed era lievemente sintomatico. Veniva sottoposto a terapia con cabazitaxel (25 mg/mq/ogni 3 settimane) in associazione a prednisone 10 mg/die. Da dicembre 2011 a settembre 2013 (90 anni) il paziente riceveva 17 cicli di cabazitaxel, il PSA diventava non rilevabile e la scintigrafia ossea non evidenziava nuove lesioni. Il trattamento era ben tollerato senza tossicità e il paziente asintomatico, a scopo profilattico solo i primi cicli venivano somministrati con il supporto dei fattori di crescita G-CSF (granulocyte colonystimulating factor). Lo studio randomizzato di fase III TROPIC, che ha confrontato il cabazitaxel verso il mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza a favore del cabazitaxel per i pazienti con mCRPC in progressione di malattia dopo o durante il trattamento chemioterapico con docetaxel. Inoltre il cabazitaxel è stato associato ad una riduzione del dolore relativo alla patologia neoplastica, con un profilo di sicurezza consistente con altre chemioterapie e una bassa percentuale di neuropatia periferica. Nello studio TROPIC è stato evidenziato, per i pazienti di età ≥ 75 anni (18%), un beneficio di sopravvivenza dal cabazitaxel sovrapponibile a quello riportato nei pazienti di età inferiore ai 75 anni. Il trial segnalava un rischio aumentato di neutropenia per i pazienti anziani con età > 75 anni ma gestibile con la profilassi primaria impiegando G-CSF. Il decesso del paziente avveniva dopo un anno dall’ultima somministrazione di cabazitaxel per cause naturali.
IT100027
Esame: fosfatasi
incrementata.
2
Un paziente di 83 anni nel dicembre 2006, riceve diagnosi di carcinoma prostatico su biopsia in seguito alla comparsa di disturbi urinari. Al momento della diagnosi i parametri laboratoristico-strumentali erano i seguenti: PSA 127 ng/ml, il Gleason score 8 (4+4), due lesioni ossee evidenti alla scintigrafia ossea e la TC risultava negativa per ripetizioni viscerali. Paziente asintomatico. Nell’anamnesi patologica era riferita ipertensione arteriosa controllata con terapia medica. Dal momento della diagnosi veniva sottoposto a terapia continua con analoghi LH-RH (Luteinizing Hormone-Releasing Hormone) e riduzione del PSA al nadir di 10 ng/ ml dopo 6 mesi. Il PSA del paziente aumentava da 10 a 26 ng/ml in 3 mesi, una nuova scintigrafia ossea evidenziava la comparsa di nuove metastasi ossee, la TC continuava ad essere negativa per lesioni viscerali, la fosfatasi alcalina risultava esser incrementata, continuava ad essere asintomatico e in buone condizioni cliniche generali per cui veniva ritenuto “fit” secondo la valutazione geriatrica. Si sottoponeva a 4 serie, di 12 cicli ciascuno, di ritrattamenti con docetaxel (75 mg/mq/ogni 3 settimane) da ottobre 2007 a novembre 2011 che il paziente tollerava in maniera soddisfacente senza tossicità di rilievo, con una buona qualità di vita e il nadir del PSA raggiungeva 2 ng/ml. Lo studio clinico randomizzato di fase III TAX 327, docetaxel verso mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza del docetaxel trisettimanale nei pazienti con mCRPC. L’analisi per sottogruppi dei pazienti trattati con docetaxel trisettimanale verso mitoxantrone ha confermato che i pazienti di età ≥ 75 anni (20%) avevano un beneficio in termini di sopravvivenza sovrapponibile ai pazienti di età < 75 anni. Durante il trattamento con docetaxel, nel novembre 2011, il paziente andava in progressione biochimica e strumentale, quattro nuove lesioni ossee erano presenti ad una scintigrafia ossea, assenti le lesioni viscerali e il PSA aumentava da 2 a 62 ng/ml. Nel dicembre 2011 (88 anni) il paziente veniva arruolato nel programma italiano di accesso allargato al cabazitaxel (early access program, EAP), il PSA era ulteriormente incrementato a 71 ng/ml solo nell’ultimo mese, il performance status secondo ECOG (Eastern Cooperative Oncology Group) era uguale a 1 ed era lievemente sintomatico. Veniva sottoposto a terapia con cabazitaxel (25 mg/mq/ogni 3 settimane) in associazione a prednisone 10 mg/die. Da dicembre 2011 a settembre 2013 (90 anni) il paziente riceveva 17 cicli di cabazitaxel, il PSA diventava non rilevabile e la scintigrafia ossea non evidenziava nuove lesioni. Il trattamento era ben tollerato senza tossicità e il paziente asintomatico, a scopo profilattico solo i primi cicli venivano somministrati con il supporto dei fattori di crescita G-CSF (granulocyte colonystimulating factor). Lo studio randomizzato di fase III TROPIC, che ha confrontato il cabazitaxel verso il mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza a favore del cabazitaxel per i pazienti con mCRPC in progressione di malattia dopo o durante il trattamento chemioterapico con docetaxel. Inoltre il cabazitaxel è stato associato ad una riduzione del dolore relativo alla patologia neoplastica, con un profilo di sicurezza consistente con altre chemioterapie e una bassa percentuale di neuropatia periferica. Nello studio TROPIC è stato evidenziato, per i pazienti di età ≥ 75 anni (18%), un beneficio di sopravvivenza dal cabazitaxel sovrapponibile a quello riportato nei pazienti di età inferiore ai 75 anni. Il trial segnalava un rischio aumentato di neutropenia per i pazienti anziani con età > 75 anni ma gestibile con la profilassi primaria impiegando G-CSF. Il decesso del paziente avveniva dopo un anno dall’ultima somministrazione di cabazitaxel per cause naturali.
IT100027
Esame: PSA
Risultato: 0) dalla data unknown: in contemporanea: 127 ng/ml. [\MULTI_ANSWER] 1) dalla data unknown: in contemporanea: nadir di 10 ng/ ml. [\MULTI_ANSWER] 2) dalla data unknown: in contemporanea: 10. [\MULTI_ANSWER] in contemporanea: 26 ng/ml. [\MULTI_ANSWER] 3) dalla data unknown: in contemporanea: 2 ng/ml. [\MULTI_ANSWER] 4) dalla data unknown: in contemporanea: 2. [\MULTI_ANSWER] in contemporanea: 62 ng/ml. [\MULTI_ANSWER] 5) dalla data unknown: in contemporanea: 71 ng/ml. [\MULTI_ANSWER] 6) dalla data unknown: in contemporanea: non rilevabile.
2
Un paziente di 83 anni nel dicembre 2006, riceve diagnosi di carcinoma prostatico su biopsia in seguito alla comparsa di disturbi urinari. Al momento della diagnosi i parametri laboratoristico-strumentali erano i seguenti: PSA 127 ng/ml, il Gleason score 8 (4+4), due lesioni ossee evidenti alla scintigrafia ossea e la TC risultava negativa per ripetizioni viscerali. Paziente asintomatico. Nell’anamnesi patologica era riferita ipertensione arteriosa controllata con terapia medica. Dal momento della diagnosi veniva sottoposto a terapia continua con analoghi LH-RH (Luteinizing Hormone-Releasing Hormone) e riduzione del PSA al nadir di 10 ng/ ml dopo 6 mesi. Il PSA del paziente aumentava da 10 a 26 ng/ml in 3 mesi, una nuova scintigrafia ossea evidenziava la comparsa di nuove metastasi ossee, la TC continuava ad essere negativa per lesioni viscerali, la fosfatasi alcalina risultava esser incrementata, continuava ad essere asintomatico e in buone condizioni cliniche generali per cui veniva ritenuto “fit” secondo la valutazione geriatrica. Si sottoponeva a 4 serie, di 12 cicli ciascuno, di ritrattamenti con docetaxel (75 mg/mq/ogni 3 settimane) da ottobre 2007 a novembre 2011 che il paziente tollerava in maniera soddisfacente senza tossicità di rilievo, con una buona qualità di vita e il nadir del PSA raggiungeva 2 ng/ml. Lo studio clinico randomizzato di fase III TAX 327, docetaxel verso mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza del docetaxel trisettimanale nei pazienti con mCRPC. L’analisi per sottogruppi dei pazienti trattati con docetaxel trisettimanale verso mitoxantrone ha confermato che i pazienti di età ≥ 75 anni (20%) avevano un beneficio in termini di sopravvivenza sovrapponibile ai pazienti di età < 75 anni. Durante il trattamento con docetaxel, nel novembre 2011, il paziente andava in progressione biochimica e strumentale, quattro nuove lesioni ossee erano presenti ad una scintigrafia ossea, assenti le lesioni viscerali e il PSA aumentava da 2 a 62 ng/ml. Nel dicembre 2011 (88 anni) il paziente veniva arruolato nel programma italiano di accesso allargato al cabazitaxel (early access program, EAP), il PSA era ulteriormente incrementato a 71 ng/ml solo nell’ultimo mese, il performance status secondo ECOG (Eastern Cooperative Oncology Group) era uguale a 1 ed era lievemente sintomatico. Veniva sottoposto a terapia con cabazitaxel (25 mg/mq/ogni 3 settimane) in associazione a prednisone 10 mg/die. Da dicembre 2011 a settembre 2013 (90 anni) il paziente riceveva 17 cicli di cabazitaxel, il PSA diventava non rilevabile e la scintigrafia ossea non evidenziava nuove lesioni. Il trattamento era ben tollerato senza tossicità e il paziente asintomatico, a scopo profilattico solo i primi cicli venivano somministrati con il supporto dei fattori di crescita G-CSF (granulocyte colonystimulating factor). Lo studio randomizzato di fase III TROPIC, che ha confrontato il cabazitaxel verso il mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza a favore del cabazitaxel per i pazienti con mCRPC in progressione di malattia dopo o durante il trattamento chemioterapico con docetaxel. Inoltre il cabazitaxel è stato associato ad una riduzione del dolore relativo alla patologia neoplastica, con un profilo di sicurezza consistente con altre chemioterapie e una bassa percentuale di neuropatia periferica. Nello studio TROPIC è stato evidenziato, per i pazienti di età ≥ 75 anni (18%), un beneficio di sopravvivenza dal cabazitaxel sovrapponibile a quello riportato nei pazienti di età inferiore ai 75 anni. Il trial segnalava un rischio aumentato di neutropenia per i pazienti anziani con età > 75 anni ma gestibile con la profilassi primaria impiegando G-CSF. Il decesso del paziente avveniva dopo un anno dall’ultima somministrazione di cabazitaxel per cause naturali.
IT100027
Esame: TC
Risultato: 0) dalla data unknown: in contemporanea: negativa. [\MULTI_ANSWER] 1) dalla data unknown: in contemporanea: negativa.
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Un paziente di 83 anni nel dicembre 2006, riceve diagnosi di carcinoma prostatico su biopsia in seguito alla comparsa di disturbi urinari. Al momento della diagnosi i parametri laboratoristico-strumentali erano i seguenti: PSA 127 ng/ml, il Gleason score 8 (4+4), due lesioni ossee evidenti alla scintigrafia ossea e la TC risultava negativa per ripetizioni viscerali. Paziente asintomatico. Nell’anamnesi patologica era riferita ipertensione arteriosa controllata con terapia medica. Dal momento della diagnosi veniva sottoposto a terapia continua con analoghi LH-RH (Luteinizing Hormone-Releasing Hormone) e riduzione del PSA al nadir di 10 ng/ ml dopo 6 mesi. Il PSA del paziente aumentava da 10 a 26 ng/ml in 3 mesi, una nuova scintigrafia ossea evidenziava la comparsa di nuove metastasi ossee, la TC continuava ad essere negativa per lesioni viscerali, la fosfatasi alcalina risultava esser incrementata, continuava ad essere asintomatico e in buone condizioni cliniche generali per cui veniva ritenuto “fit” secondo la valutazione geriatrica. Si sottoponeva a 4 serie, di 12 cicli ciascuno, di ritrattamenti con docetaxel (75 mg/mq/ogni 3 settimane) da ottobre 2007 a novembre 2011 che il paziente tollerava in maniera soddisfacente senza tossicità di rilievo, con una buona qualità di vita e il nadir del PSA raggiungeva 2 ng/ml. Lo studio clinico randomizzato di fase III TAX 327, docetaxel verso mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza del docetaxel trisettimanale nei pazienti con mCRPC. L’analisi per sottogruppi dei pazienti trattati con docetaxel trisettimanale verso mitoxantrone ha confermato che i pazienti di età ≥ 75 anni (20%) avevano un beneficio in termini di sopravvivenza sovrapponibile ai pazienti di età < 75 anni. Durante il trattamento con docetaxel, nel novembre 2011, il paziente andava in progressione biochimica e strumentale, quattro nuove lesioni ossee erano presenti ad una scintigrafia ossea, assenti le lesioni viscerali e il PSA aumentava da 2 a 62 ng/ml. Nel dicembre 2011 (88 anni) il paziente veniva arruolato nel programma italiano di accesso allargato al cabazitaxel (early access program, EAP), il PSA era ulteriormente incrementato a 71 ng/ml solo nell’ultimo mese, il performance status secondo ECOG (Eastern Cooperative Oncology Group) era uguale a 1 ed era lievemente sintomatico. Veniva sottoposto a terapia con cabazitaxel (25 mg/mq/ogni 3 settimane) in associazione a prednisone 10 mg/die. Da dicembre 2011 a settembre 2013 (90 anni) il paziente riceveva 17 cicli di cabazitaxel, il PSA diventava non rilevabile e la scintigrafia ossea non evidenziava nuove lesioni. Il trattamento era ben tollerato senza tossicità e il paziente asintomatico, a scopo profilattico solo i primi cicli venivano somministrati con il supporto dei fattori di crescita G-CSF (granulocyte colonystimulating factor). Lo studio randomizzato di fase III TROPIC, che ha confrontato il cabazitaxel verso il mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza a favore del cabazitaxel per i pazienti con mCRPC in progressione di malattia dopo o durante il trattamento chemioterapico con docetaxel. Inoltre il cabazitaxel è stato associato ad una riduzione del dolore relativo alla patologia neoplastica, con un profilo di sicurezza consistente con altre chemioterapie e una bassa percentuale di neuropatia periferica. Nello studio TROPIC è stato evidenziato, per i pazienti di età ≥ 75 anni (18%), un beneficio di sopravvivenza dal cabazitaxel sovrapponibile a quello riportato nei pazienti di età inferiore ai 75 anni. Il trial segnalava un rischio aumentato di neutropenia per i pazienti anziani con età > 75 anni ma gestibile con la profilassi primaria impiegando G-CSF. Il decesso del paziente avveniva dopo un anno dall’ultima somministrazione di cabazitaxel per cause naturali.