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IT100027 | Esame: biopsia | non disponibile | 2 | Un paziente di 83 anni nel dicembre 2006, riceve diagnosi di carcinoma prostatico su biopsia in seguito alla comparsa di disturbi urinari. Al momento della diagnosi i parametri laboratoristico-strumentali erano i seguenti: PSA 127 ng/ml, il Gleason score 8 (4+4), due lesioni ossee evidenti alla scintigrafia ossea e la TC risultava negativa per ripetizioni viscerali. Paziente asintomatico. Nell’anamnesi patologica era riferita ipertensione arteriosa controllata con terapia medica. Dal momento della diagnosi veniva sottoposto a terapia continua con analoghi LH-RH (Luteinizing Hormone-Releasing Hormone) e riduzione del PSA al nadir di 10 ng/ ml dopo 6 mesi. Il PSA del paziente aumentava da 10 a 26 ng/ml in 3 mesi, una nuova scintigrafia ossea evidenziava la comparsa di nuove metastasi ossee, la TC continuava ad essere negativa per lesioni viscerali, la fosfatasi alcalina risultava esser incrementata, continuava ad essere asintomatico e in buone condizioni cliniche generali per cui veniva ritenuto “fit” secondo la valutazione geriatrica. Si sottoponeva a 4 serie, di 12 cicli ciascuno, di ritrattamenti con docetaxel (75 mg/mq/ogni 3 settimane) da ottobre 2007 a novembre 2011 che il paziente tollerava in maniera soddisfacente senza tossicità di rilievo, con una buona qualità di vita e il nadir del PSA raggiungeva 2 ng/ml. Lo studio clinico randomizzato di fase III TAX 327, docetaxel verso mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza del docetaxel trisettimanale nei pazienti con mCRPC. L’analisi per sottogruppi dei pazienti trattati con docetaxel trisettimanale verso mitoxantrone ha confermato che i pazienti di età ≥ 75 anni (20%) avevano un beneficio in termini di sopravvivenza sovrapponibile ai pazienti di età < 75 anni. Durante il trattamento con docetaxel, nel novembre 2011, il paziente andava in progressione biochimica e strumentale, quattro nuove lesioni ossee erano presenti ad una scintigrafia ossea, assenti le lesioni viscerali e il PSA aumentava da 2 a 62 ng/ml. Nel dicembre 2011 (88 anni) il paziente veniva arruolato nel programma italiano di accesso allargato al cabazitaxel (early access program, EAP), il PSA era ulteriormente incrementato a 71 ng/ml solo nell’ultimo mese, il performance status secondo ECOG (Eastern Cooperative Oncology Group) era uguale a 1 ed era lievemente sintomatico. Veniva sottoposto a terapia con cabazitaxel (25 mg/mq/ogni 3 settimane) in associazione a prednisone 10 mg/die. Da dicembre 2011 a settembre 2013 (90 anni) il paziente riceveva 17 cicli di cabazitaxel, il PSA diventava non rilevabile e la scintigrafia ossea non evidenziava nuove lesioni. Il trattamento era ben tollerato senza tossicità e il paziente asintomatico, a scopo profilattico solo i primi cicli venivano somministrati con il supporto dei fattori di crescita G-CSF (granulocyte colonystimulating factor). Lo studio randomizzato di fase III TROPIC, che ha confrontato il cabazitaxel verso il mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza a favore del cabazitaxel per i pazienti con mCRPC in progressione di malattia dopo o durante il trattamento chemioterapico con docetaxel. Inoltre il cabazitaxel è stato associato ad una riduzione del dolore relativo alla patologia neoplastica, con un profilo di sicurezza consistente con altre chemioterapie e una bassa percentuale di neuropatia periferica. Nello studio TROPIC è stato evidenziato, per i pazienti di età ≥ 75 anni (18%), un beneficio di sopravvivenza dal cabazitaxel sovrapponibile a quello riportato nei pazienti di età inferiore ai 75 anni. Il trial segnalava un rischio aumentato di neutropenia per i pazienti anziani con età > 75 anni ma gestibile con la profilassi primaria impiegando G-CSF. Il decesso del paziente avveniva dopo un anno dall’ultima somministrazione di cabazitaxel per cause naturali.
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IT100027 | Esame: TnI | non disponibile | 2 | Un paziente di 83 anni nel dicembre 2006, riceve diagnosi di carcinoma prostatico su biopsia in seguito alla comparsa di disturbi urinari. Al momento della diagnosi i parametri laboratoristico-strumentali erano i seguenti: PSA 127 ng/ml, il Gleason score 8 (4+4), due lesioni ossee evidenti alla scintigrafia ossea e la TC risultava negativa per ripetizioni viscerali. Paziente asintomatico. Nell’anamnesi patologica era riferita ipertensione arteriosa controllata con terapia medica. Dal momento della diagnosi veniva sottoposto a terapia continua con analoghi LH-RH (Luteinizing Hormone-Releasing Hormone) e riduzione del PSA al nadir di 10 ng/ ml dopo 6 mesi. Il PSA del paziente aumentava da 10 a 26 ng/ml in 3 mesi, una nuova scintigrafia ossea evidenziava la comparsa di nuove metastasi ossee, la TC continuava ad essere negativa per lesioni viscerali, la fosfatasi alcalina risultava esser incrementata, continuava ad essere asintomatico e in buone condizioni cliniche generali per cui veniva ritenuto “fit” secondo la valutazione geriatrica. Si sottoponeva a 4 serie, di 12 cicli ciascuno, di ritrattamenti con docetaxel (75 mg/mq/ogni 3 settimane) da ottobre 2007 a novembre 2011 che il paziente tollerava in maniera soddisfacente senza tossicità di rilievo, con una buona qualità di vita e il nadir del PSA raggiungeva 2 ng/ml. Lo studio clinico randomizzato di fase III TAX 327, docetaxel verso mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza del docetaxel trisettimanale nei pazienti con mCRPC. L’analisi per sottogruppi dei pazienti trattati con docetaxel trisettimanale verso mitoxantrone ha confermato che i pazienti di età ≥ 75 anni (20%) avevano un beneficio in termini di sopravvivenza sovrapponibile ai pazienti di età < 75 anni. Durante il trattamento con docetaxel, nel novembre 2011, il paziente andava in progressione biochimica e strumentale, quattro nuove lesioni ossee erano presenti ad una scintigrafia ossea, assenti le lesioni viscerali e il PSA aumentava da 2 a 62 ng/ml. Nel dicembre 2011 (88 anni) il paziente veniva arruolato nel programma italiano di accesso allargato al cabazitaxel (early access program, EAP), il PSA era ulteriormente incrementato a 71 ng/ml solo nell’ultimo mese, il performance status secondo ECOG (Eastern Cooperative Oncology Group) era uguale a 1 ed era lievemente sintomatico. Veniva sottoposto a terapia con cabazitaxel (25 mg/mq/ogni 3 settimane) in associazione a prednisone 10 mg/die. Da dicembre 2011 a settembre 2013 (90 anni) il paziente riceveva 17 cicli di cabazitaxel, il PSA diventava non rilevabile e la scintigrafia ossea non evidenziava nuove lesioni. Il trattamento era ben tollerato senza tossicità e il paziente asintomatico, a scopo profilattico solo i primi cicli venivano somministrati con il supporto dei fattori di crescita G-CSF (granulocyte colonystimulating factor). Lo studio randomizzato di fase III TROPIC, che ha confrontato il cabazitaxel verso il mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza a favore del cabazitaxel per i pazienti con mCRPC in progressione di malattia dopo o durante il trattamento chemioterapico con docetaxel. Inoltre il cabazitaxel è stato associato ad una riduzione del dolore relativo alla patologia neoplastica, con un profilo di sicurezza consistente con altre chemioterapie e una bassa percentuale di neuropatia periferica. Nello studio TROPIC è stato evidenziato, per i pazienti di età ≥ 75 anni (18%), un beneficio di sopravvivenza dal cabazitaxel sovrapponibile a quello riportato nei pazienti di età inferiore ai 75 anni. Il trial segnalava un rischio aumentato di neutropenia per i pazienti anziani con età > 75 anni ma gestibile con la profilassi primaria impiegando G-CSF. Il decesso del paziente avveniva dopo un anno dall’ultima somministrazione di cabazitaxel per cause naturali.
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IT100027 | Esame: HBV | non disponibile | 2 | Un paziente di 83 anni nel dicembre 2006, riceve diagnosi di carcinoma prostatico su biopsia in seguito alla comparsa di disturbi urinari. Al momento della diagnosi i parametri laboratoristico-strumentali erano i seguenti: PSA 127 ng/ml, il Gleason score 8 (4+4), due lesioni ossee evidenti alla scintigrafia ossea e la TC risultava negativa per ripetizioni viscerali. Paziente asintomatico. Nell’anamnesi patologica era riferita ipertensione arteriosa controllata con terapia medica. Dal momento della diagnosi veniva sottoposto a terapia continua con analoghi LH-RH (Luteinizing Hormone-Releasing Hormone) e riduzione del PSA al nadir di 10 ng/ ml dopo 6 mesi. Il PSA del paziente aumentava da 10 a 26 ng/ml in 3 mesi, una nuova scintigrafia ossea evidenziava la comparsa di nuove metastasi ossee, la TC continuava ad essere negativa per lesioni viscerali, la fosfatasi alcalina risultava esser incrementata, continuava ad essere asintomatico e in buone condizioni cliniche generali per cui veniva ritenuto “fit” secondo la valutazione geriatrica. Si sottoponeva a 4 serie, di 12 cicli ciascuno, di ritrattamenti con docetaxel (75 mg/mq/ogni 3 settimane) da ottobre 2007 a novembre 2011 che il paziente tollerava in maniera soddisfacente senza tossicità di rilievo, con una buona qualità di vita e il nadir del PSA raggiungeva 2 ng/ml. Lo studio clinico randomizzato di fase III TAX 327, docetaxel verso mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza del docetaxel trisettimanale nei pazienti con mCRPC. L’analisi per sottogruppi dei pazienti trattati con docetaxel trisettimanale verso mitoxantrone ha confermato che i pazienti di età ≥ 75 anni (20%) avevano un beneficio in termini di sopravvivenza sovrapponibile ai pazienti di età < 75 anni. Durante il trattamento con docetaxel, nel novembre 2011, il paziente andava in progressione biochimica e strumentale, quattro nuove lesioni ossee erano presenti ad una scintigrafia ossea, assenti le lesioni viscerali e il PSA aumentava da 2 a 62 ng/ml. Nel dicembre 2011 (88 anni) il paziente veniva arruolato nel programma italiano di accesso allargato al cabazitaxel (early access program, EAP), il PSA era ulteriormente incrementato a 71 ng/ml solo nell’ultimo mese, il performance status secondo ECOG (Eastern Cooperative Oncology Group) era uguale a 1 ed era lievemente sintomatico. Veniva sottoposto a terapia con cabazitaxel (25 mg/mq/ogni 3 settimane) in associazione a prednisone 10 mg/die. Da dicembre 2011 a settembre 2013 (90 anni) il paziente riceveva 17 cicli di cabazitaxel, il PSA diventava non rilevabile e la scintigrafia ossea non evidenziava nuove lesioni. Il trattamento era ben tollerato senza tossicità e il paziente asintomatico, a scopo profilattico solo i primi cicli venivano somministrati con il supporto dei fattori di crescita G-CSF (granulocyte colonystimulating factor). Lo studio randomizzato di fase III TROPIC, che ha confrontato il cabazitaxel verso il mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza a favore del cabazitaxel per i pazienti con mCRPC in progressione di malattia dopo o durante il trattamento chemioterapico con docetaxel. Inoltre il cabazitaxel è stato associato ad una riduzione del dolore relativo alla patologia neoplastica, con un profilo di sicurezza consistente con altre chemioterapie e una bassa percentuale di neuropatia periferica. Nello studio TROPIC è stato evidenziato, per i pazienti di età ≥ 75 anni (18%), un beneficio di sopravvivenza dal cabazitaxel sovrapponibile a quello riportato nei pazienti di età inferiore ai 75 anni. Il trial segnalava un rischio aumentato di neutropenia per i pazienti anziani con età > 75 anni ma gestibile con la profilassi primaria impiegando G-CSF. Il decesso del paziente avveniva dopo un anno dall’ultima somministrazione di cabazitaxel per cause naturali.
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IT100027 | Esame: transaminasi | non disponibile | 2 | Un paziente di 83 anni nel dicembre 2006, riceve diagnosi di carcinoma prostatico su biopsia in seguito alla comparsa di disturbi urinari. Al momento della diagnosi i parametri laboratoristico-strumentali erano i seguenti: PSA 127 ng/ml, il Gleason score 8 (4+4), due lesioni ossee evidenti alla scintigrafia ossea e la TC risultava negativa per ripetizioni viscerali. Paziente asintomatico. Nell’anamnesi patologica era riferita ipertensione arteriosa controllata con terapia medica. Dal momento della diagnosi veniva sottoposto a terapia continua con analoghi LH-RH (Luteinizing Hormone-Releasing Hormone) e riduzione del PSA al nadir di 10 ng/ ml dopo 6 mesi. Il PSA del paziente aumentava da 10 a 26 ng/ml in 3 mesi, una nuova scintigrafia ossea evidenziava la comparsa di nuove metastasi ossee, la TC continuava ad essere negativa per lesioni viscerali, la fosfatasi alcalina risultava esser incrementata, continuava ad essere asintomatico e in buone condizioni cliniche generali per cui veniva ritenuto “fit” secondo la valutazione geriatrica. Si sottoponeva a 4 serie, di 12 cicli ciascuno, di ritrattamenti con docetaxel (75 mg/mq/ogni 3 settimane) da ottobre 2007 a novembre 2011 che il paziente tollerava in maniera soddisfacente senza tossicità di rilievo, con una buona qualità di vita e il nadir del PSA raggiungeva 2 ng/ml. Lo studio clinico randomizzato di fase III TAX 327, docetaxel verso mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza del docetaxel trisettimanale nei pazienti con mCRPC. L’analisi per sottogruppi dei pazienti trattati con docetaxel trisettimanale verso mitoxantrone ha confermato che i pazienti di età ≥ 75 anni (20%) avevano un beneficio in termini di sopravvivenza sovrapponibile ai pazienti di età < 75 anni. Durante il trattamento con docetaxel, nel novembre 2011, il paziente andava in progressione biochimica e strumentale, quattro nuove lesioni ossee erano presenti ad una scintigrafia ossea, assenti le lesioni viscerali e il PSA aumentava da 2 a 62 ng/ml. Nel dicembre 2011 (88 anni) il paziente veniva arruolato nel programma italiano di accesso allargato al cabazitaxel (early access program, EAP), il PSA era ulteriormente incrementato a 71 ng/ml solo nell’ultimo mese, il performance status secondo ECOG (Eastern Cooperative Oncology Group) era uguale a 1 ed era lievemente sintomatico. Veniva sottoposto a terapia con cabazitaxel (25 mg/mq/ogni 3 settimane) in associazione a prednisone 10 mg/die. Da dicembre 2011 a settembre 2013 (90 anni) il paziente riceveva 17 cicli di cabazitaxel, il PSA diventava non rilevabile e la scintigrafia ossea non evidenziava nuove lesioni. Il trattamento era ben tollerato senza tossicità e il paziente asintomatico, a scopo profilattico solo i primi cicli venivano somministrati con il supporto dei fattori di crescita G-CSF (granulocyte colonystimulating factor). Lo studio randomizzato di fase III TROPIC, che ha confrontato il cabazitaxel verso il mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza a favore del cabazitaxel per i pazienti con mCRPC in progressione di malattia dopo o durante il trattamento chemioterapico con docetaxel. Inoltre il cabazitaxel è stato associato ad una riduzione del dolore relativo alla patologia neoplastica, con un profilo di sicurezza consistente con altre chemioterapie e una bassa percentuale di neuropatia periferica. Nello studio TROPIC è stato evidenziato, per i pazienti di età ≥ 75 anni (18%), un beneficio di sopravvivenza dal cabazitaxel sovrapponibile a quello riportato nei pazienti di età inferiore ai 75 anni. Il trial segnalava un rischio aumentato di neutropenia per i pazienti anziani con età > 75 anni ma gestibile con la profilassi primaria impiegando G-CSF. Il decesso del paziente avveniva dopo un anno dall’ultima somministrazione di cabazitaxel per cause naturali.
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IT100027 | Esame: pressione | non disponibile | 2 | Un paziente di 83 anni nel dicembre 2006, riceve diagnosi di carcinoma prostatico su biopsia in seguito alla comparsa di disturbi urinari. Al momento della diagnosi i parametri laboratoristico-strumentali erano i seguenti: PSA 127 ng/ml, il Gleason score 8 (4+4), due lesioni ossee evidenti alla scintigrafia ossea e la TC risultava negativa per ripetizioni viscerali. Paziente asintomatico. Nell’anamnesi patologica era riferita ipertensione arteriosa controllata con terapia medica. Dal momento della diagnosi veniva sottoposto a terapia continua con analoghi LH-RH (Luteinizing Hormone-Releasing Hormone) e riduzione del PSA al nadir di 10 ng/ ml dopo 6 mesi. Il PSA del paziente aumentava da 10 a 26 ng/ml in 3 mesi, una nuova scintigrafia ossea evidenziava la comparsa di nuove metastasi ossee, la TC continuava ad essere negativa per lesioni viscerali, la fosfatasi alcalina risultava esser incrementata, continuava ad essere asintomatico e in buone condizioni cliniche generali per cui veniva ritenuto “fit” secondo la valutazione geriatrica. Si sottoponeva a 4 serie, di 12 cicli ciascuno, di ritrattamenti con docetaxel (75 mg/mq/ogni 3 settimane) da ottobre 2007 a novembre 2011 che il paziente tollerava in maniera soddisfacente senza tossicità di rilievo, con una buona qualità di vita e il nadir del PSA raggiungeva 2 ng/ml. Lo studio clinico randomizzato di fase III TAX 327, docetaxel verso mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza del docetaxel trisettimanale nei pazienti con mCRPC. L’analisi per sottogruppi dei pazienti trattati con docetaxel trisettimanale verso mitoxantrone ha confermato che i pazienti di età ≥ 75 anni (20%) avevano un beneficio in termini di sopravvivenza sovrapponibile ai pazienti di età < 75 anni. Durante il trattamento con docetaxel, nel novembre 2011, il paziente andava in progressione biochimica e strumentale, quattro nuove lesioni ossee erano presenti ad una scintigrafia ossea, assenti le lesioni viscerali e il PSA aumentava da 2 a 62 ng/ml. Nel dicembre 2011 (88 anni) il paziente veniva arruolato nel programma italiano di accesso allargato al cabazitaxel (early access program, EAP), il PSA era ulteriormente incrementato a 71 ng/ml solo nell’ultimo mese, il performance status secondo ECOG (Eastern Cooperative Oncology Group) era uguale a 1 ed era lievemente sintomatico. Veniva sottoposto a terapia con cabazitaxel (25 mg/mq/ogni 3 settimane) in associazione a prednisone 10 mg/die. Da dicembre 2011 a settembre 2013 (90 anni) il paziente riceveva 17 cicli di cabazitaxel, il PSA diventava non rilevabile e la scintigrafia ossea non evidenziava nuove lesioni. Il trattamento era ben tollerato senza tossicità e il paziente asintomatico, a scopo profilattico solo i primi cicli venivano somministrati con il supporto dei fattori di crescita G-CSF (granulocyte colonystimulating factor). Lo studio randomizzato di fase III TROPIC, che ha confrontato il cabazitaxel verso il mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza a favore del cabazitaxel per i pazienti con mCRPC in progressione di malattia dopo o durante il trattamento chemioterapico con docetaxel. Inoltre il cabazitaxel è stato associato ad una riduzione del dolore relativo alla patologia neoplastica, con un profilo di sicurezza consistente con altre chemioterapie e una bassa percentuale di neuropatia periferica. Nello studio TROPIC è stato evidenziato, per i pazienti di età ≥ 75 anni (18%), un beneficio di sopravvivenza dal cabazitaxel sovrapponibile a quello riportato nei pazienti di età inferiore ai 75 anni. Il trial segnalava un rischio aumentato di neutropenia per i pazienti anziani con età > 75 anni ma gestibile con la profilassi primaria impiegando G-CSF. Il decesso del paziente avveniva dopo un anno dall’ultima somministrazione di cabazitaxel per cause naturali.
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IT100027 | Esame: GGT | non disponibile | 2 | Un paziente di 83 anni nel dicembre 2006, riceve diagnosi di carcinoma prostatico su biopsia in seguito alla comparsa di disturbi urinari. Al momento della diagnosi i parametri laboratoristico-strumentali erano i seguenti: PSA 127 ng/ml, il Gleason score 8 (4+4), due lesioni ossee evidenti alla scintigrafia ossea e la TC risultava negativa per ripetizioni viscerali. Paziente asintomatico. Nell’anamnesi patologica era riferita ipertensione arteriosa controllata con terapia medica. Dal momento della diagnosi veniva sottoposto a terapia continua con analoghi LH-RH (Luteinizing Hormone-Releasing Hormone) e riduzione del PSA al nadir di 10 ng/ ml dopo 6 mesi. Il PSA del paziente aumentava da 10 a 26 ng/ml in 3 mesi, una nuova scintigrafia ossea evidenziava la comparsa di nuove metastasi ossee, la TC continuava ad essere negativa per lesioni viscerali, la fosfatasi alcalina risultava esser incrementata, continuava ad essere asintomatico e in buone condizioni cliniche generali per cui veniva ritenuto “fit” secondo la valutazione geriatrica. Si sottoponeva a 4 serie, di 12 cicli ciascuno, di ritrattamenti con docetaxel (75 mg/mq/ogni 3 settimane) da ottobre 2007 a novembre 2011 che il paziente tollerava in maniera soddisfacente senza tossicità di rilievo, con una buona qualità di vita e il nadir del PSA raggiungeva 2 ng/ml. Lo studio clinico randomizzato di fase III TAX 327, docetaxel verso mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza del docetaxel trisettimanale nei pazienti con mCRPC. L’analisi per sottogruppi dei pazienti trattati con docetaxel trisettimanale verso mitoxantrone ha confermato che i pazienti di età ≥ 75 anni (20%) avevano un beneficio in termini di sopravvivenza sovrapponibile ai pazienti di età < 75 anni. Durante il trattamento con docetaxel, nel novembre 2011, il paziente andava in progressione biochimica e strumentale, quattro nuove lesioni ossee erano presenti ad una scintigrafia ossea, assenti le lesioni viscerali e il PSA aumentava da 2 a 62 ng/ml. Nel dicembre 2011 (88 anni) il paziente veniva arruolato nel programma italiano di accesso allargato al cabazitaxel (early access program, EAP), il PSA era ulteriormente incrementato a 71 ng/ml solo nell’ultimo mese, il performance status secondo ECOG (Eastern Cooperative Oncology Group) era uguale a 1 ed era lievemente sintomatico. Veniva sottoposto a terapia con cabazitaxel (25 mg/mq/ogni 3 settimane) in associazione a prednisone 10 mg/die. Da dicembre 2011 a settembre 2013 (90 anni) il paziente riceveva 17 cicli di cabazitaxel, il PSA diventava non rilevabile e la scintigrafia ossea non evidenziava nuove lesioni. Il trattamento era ben tollerato senza tossicità e il paziente asintomatico, a scopo profilattico solo i primi cicli venivano somministrati con il supporto dei fattori di crescita G-CSF (granulocyte colonystimulating factor). Lo studio randomizzato di fase III TROPIC, che ha confrontato il cabazitaxel verso il mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza a favore del cabazitaxel per i pazienti con mCRPC in progressione di malattia dopo o durante il trattamento chemioterapico con docetaxel. Inoltre il cabazitaxel è stato associato ad una riduzione del dolore relativo alla patologia neoplastica, con un profilo di sicurezza consistente con altre chemioterapie e una bassa percentuale di neuropatia periferica. Nello studio TROPIC è stato evidenziato, per i pazienti di età ≥ 75 anni (18%), un beneficio di sopravvivenza dal cabazitaxel sovrapponibile a quello riportato nei pazienti di età inferiore ai 75 anni. Il trial segnalava un rischio aumentato di neutropenia per i pazienti anziani con età > 75 anni ma gestibile con la profilassi primaria impiegando G-CSF. Il decesso del paziente avveniva dopo un anno dall’ultima somministrazione di cabazitaxel per cause naturali.
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IT100027 | Esame: AFP | non disponibile | 2 | Un paziente di 83 anni nel dicembre 2006, riceve diagnosi di carcinoma prostatico su biopsia in seguito alla comparsa di disturbi urinari. Al momento della diagnosi i parametri laboratoristico-strumentali erano i seguenti: PSA 127 ng/ml, il Gleason score 8 (4+4), due lesioni ossee evidenti alla scintigrafia ossea e la TC risultava negativa per ripetizioni viscerali. Paziente asintomatico. Nell’anamnesi patologica era riferita ipertensione arteriosa controllata con terapia medica. Dal momento della diagnosi veniva sottoposto a terapia continua con analoghi LH-RH (Luteinizing Hormone-Releasing Hormone) e riduzione del PSA al nadir di 10 ng/ ml dopo 6 mesi. Il PSA del paziente aumentava da 10 a 26 ng/ml in 3 mesi, una nuova scintigrafia ossea evidenziava la comparsa di nuove metastasi ossee, la TC continuava ad essere negativa per lesioni viscerali, la fosfatasi alcalina risultava esser incrementata, continuava ad essere asintomatico e in buone condizioni cliniche generali per cui veniva ritenuto “fit” secondo la valutazione geriatrica. Si sottoponeva a 4 serie, di 12 cicli ciascuno, di ritrattamenti con docetaxel (75 mg/mq/ogni 3 settimane) da ottobre 2007 a novembre 2011 che il paziente tollerava in maniera soddisfacente senza tossicità di rilievo, con una buona qualità di vita e il nadir del PSA raggiungeva 2 ng/ml. Lo studio clinico randomizzato di fase III TAX 327, docetaxel verso mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza del docetaxel trisettimanale nei pazienti con mCRPC. L’analisi per sottogruppi dei pazienti trattati con docetaxel trisettimanale verso mitoxantrone ha confermato che i pazienti di età ≥ 75 anni (20%) avevano un beneficio in termini di sopravvivenza sovrapponibile ai pazienti di età < 75 anni. Durante il trattamento con docetaxel, nel novembre 2011, il paziente andava in progressione biochimica e strumentale, quattro nuove lesioni ossee erano presenti ad una scintigrafia ossea, assenti le lesioni viscerali e il PSA aumentava da 2 a 62 ng/ml. Nel dicembre 2011 (88 anni) il paziente veniva arruolato nel programma italiano di accesso allargato al cabazitaxel (early access program, EAP), il PSA era ulteriormente incrementato a 71 ng/ml solo nell’ultimo mese, il performance status secondo ECOG (Eastern Cooperative Oncology Group) era uguale a 1 ed era lievemente sintomatico. Veniva sottoposto a terapia con cabazitaxel (25 mg/mq/ogni 3 settimane) in associazione a prednisone 10 mg/die. Da dicembre 2011 a settembre 2013 (90 anni) il paziente riceveva 17 cicli di cabazitaxel, il PSA diventava non rilevabile e la scintigrafia ossea non evidenziava nuove lesioni. Il trattamento era ben tollerato senza tossicità e il paziente asintomatico, a scopo profilattico solo i primi cicli venivano somministrati con il supporto dei fattori di crescita G-CSF (granulocyte colonystimulating factor). Lo studio randomizzato di fase III TROPIC, che ha confrontato il cabazitaxel verso il mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza a favore del cabazitaxel per i pazienti con mCRPC in progressione di malattia dopo o durante il trattamento chemioterapico con docetaxel. Inoltre il cabazitaxel è stato associato ad una riduzione del dolore relativo alla patologia neoplastica, con un profilo di sicurezza consistente con altre chemioterapie e una bassa percentuale di neuropatia periferica. Nello studio TROPIC è stato evidenziato, per i pazienti di età ≥ 75 anni (18%), un beneficio di sopravvivenza dal cabazitaxel sovrapponibile a quello riportato nei pazienti di età inferiore ai 75 anni. Il trial segnalava un rischio aumentato di neutropenia per i pazienti anziani con età > 75 anni ma gestibile con la profilassi primaria impiegando G-CSF. Il decesso del paziente avveniva dopo un anno dall’ultima somministrazione di cabazitaxel per cause naturali.
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IT100027 | Esame: TPA | non disponibile | 2 | Un paziente di 83 anni nel dicembre 2006, riceve diagnosi di carcinoma prostatico su biopsia in seguito alla comparsa di disturbi urinari. Al momento della diagnosi i parametri laboratoristico-strumentali erano i seguenti: PSA 127 ng/ml, il Gleason score 8 (4+4), due lesioni ossee evidenti alla scintigrafia ossea e la TC risultava negativa per ripetizioni viscerali. Paziente asintomatico. Nell’anamnesi patologica era riferita ipertensione arteriosa controllata con terapia medica. Dal momento della diagnosi veniva sottoposto a terapia continua con analoghi LH-RH (Luteinizing Hormone-Releasing Hormone) e riduzione del PSA al nadir di 10 ng/ ml dopo 6 mesi. Il PSA del paziente aumentava da 10 a 26 ng/ml in 3 mesi, una nuova scintigrafia ossea evidenziava la comparsa di nuove metastasi ossee, la TC continuava ad essere negativa per lesioni viscerali, la fosfatasi alcalina risultava esser incrementata, continuava ad essere asintomatico e in buone condizioni cliniche generali per cui veniva ritenuto “fit” secondo la valutazione geriatrica. Si sottoponeva a 4 serie, di 12 cicli ciascuno, di ritrattamenti con docetaxel (75 mg/mq/ogni 3 settimane) da ottobre 2007 a novembre 2011 che il paziente tollerava in maniera soddisfacente senza tossicità di rilievo, con una buona qualità di vita e il nadir del PSA raggiungeva 2 ng/ml. Lo studio clinico randomizzato di fase III TAX 327, docetaxel verso mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza del docetaxel trisettimanale nei pazienti con mCRPC. L’analisi per sottogruppi dei pazienti trattati con docetaxel trisettimanale verso mitoxantrone ha confermato che i pazienti di età ≥ 75 anni (20%) avevano un beneficio in termini di sopravvivenza sovrapponibile ai pazienti di età < 75 anni. Durante il trattamento con docetaxel, nel novembre 2011, il paziente andava in progressione biochimica e strumentale, quattro nuove lesioni ossee erano presenti ad una scintigrafia ossea, assenti le lesioni viscerali e il PSA aumentava da 2 a 62 ng/ml. Nel dicembre 2011 (88 anni) il paziente veniva arruolato nel programma italiano di accesso allargato al cabazitaxel (early access program, EAP), il PSA era ulteriormente incrementato a 71 ng/ml solo nell’ultimo mese, il performance status secondo ECOG (Eastern Cooperative Oncology Group) era uguale a 1 ed era lievemente sintomatico. Veniva sottoposto a terapia con cabazitaxel (25 mg/mq/ogni 3 settimane) in associazione a prednisone 10 mg/die. Da dicembre 2011 a settembre 2013 (90 anni) il paziente riceveva 17 cicli di cabazitaxel, il PSA diventava non rilevabile e la scintigrafia ossea non evidenziava nuove lesioni. Il trattamento era ben tollerato senza tossicità e il paziente asintomatico, a scopo profilattico solo i primi cicli venivano somministrati con il supporto dei fattori di crescita G-CSF (granulocyte colonystimulating factor). Lo studio randomizzato di fase III TROPIC, che ha confrontato il cabazitaxel verso il mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza a favore del cabazitaxel per i pazienti con mCRPC in progressione di malattia dopo o durante il trattamento chemioterapico con docetaxel. Inoltre il cabazitaxel è stato associato ad una riduzione del dolore relativo alla patologia neoplastica, con un profilo di sicurezza consistente con altre chemioterapie e una bassa percentuale di neuropatia periferica. Nello studio TROPIC è stato evidenziato, per i pazienti di età ≥ 75 anni (18%), un beneficio di sopravvivenza dal cabazitaxel sovrapponibile a quello riportato nei pazienti di età inferiore ai 75 anni. Il trial segnalava un rischio aumentato di neutropenia per i pazienti anziani con età > 75 anni ma gestibile con la profilassi primaria impiegando G-CSF. Il decesso del paziente avveniva dopo un anno dall’ultima somministrazione di cabazitaxel per cause naturali.
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IT100027 | Esame: Ca19 | non disponibile | 2 | Un paziente di 83 anni nel dicembre 2006, riceve diagnosi di carcinoma prostatico su biopsia in seguito alla comparsa di disturbi urinari. Al momento della diagnosi i parametri laboratoristico-strumentali erano i seguenti: PSA 127 ng/ml, il Gleason score 8 (4+4), due lesioni ossee evidenti alla scintigrafia ossea e la TC risultava negativa per ripetizioni viscerali. Paziente asintomatico. Nell’anamnesi patologica era riferita ipertensione arteriosa controllata con terapia medica. Dal momento della diagnosi veniva sottoposto a terapia continua con analoghi LH-RH (Luteinizing Hormone-Releasing Hormone) e riduzione del PSA al nadir di 10 ng/ ml dopo 6 mesi. Il PSA del paziente aumentava da 10 a 26 ng/ml in 3 mesi, una nuova scintigrafia ossea evidenziava la comparsa di nuove metastasi ossee, la TC continuava ad essere negativa per lesioni viscerali, la fosfatasi alcalina risultava esser incrementata, continuava ad essere asintomatico e in buone condizioni cliniche generali per cui veniva ritenuto “fit” secondo la valutazione geriatrica. Si sottoponeva a 4 serie, di 12 cicli ciascuno, di ritrattamenti con docetaxel (75 mg/mq/ogni 3 settimane) da ottobre 2007 a novembre 2011 che il paziente tollerava in maniera soddisfacente senza tossicità di rilievo, con una buona qualità di vita e il nadir del PSA raggiungeva 2 ng/ml. Lo studio clinico randomizzato di fase III TAX 327, docetaxel verso mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza del docetaxel trisettimanale nei pazienti con mCRPC. L’analisi per sottogruppi dei pazienti trattati con docetaxel trisettimanale verso mitoxantrone ha confermato che i pazienti di età ≥ 75 anni (20%) avevano un beneficio in termini di sopravvivenza sovrapponibile ai pazienti di età < 75 anni. Durante il trattamento con docetaxel, nel novembre 2011, il paziente andava in progressione biochimica e strumentale, quattro nuove lesioni ossee erano presenti ad una scintigrafia ossea, assenti le lesioni viscerali e il PSA aumentava da 2 a 62 ng/ml. Nel dicembre 2011 (88 anni) il paziente veniva arruolato nel programma italiano di accesso allargato al cabazitaxel (early access program, EAP), il PSA era ulteriormente incrementato a 71 ng/ml solo nell’ultimo mese, il performance status secondo ECOG (Eastern Cooperative Oncology Group) era uguale a 1 ed era lievemente sintomatico. Veniva sottoposto a terapia con cabazitaxel (25 mg/mq/ogni 3 settimane) in associazione a prednisone 10 mg/die. Da dicembre 2011 a settembre 2013 (90 anni) il paziente riceveva 17 cicli di cabazitaxel, il PSA diventava non rilevabile e la scintigrafia ossea non evidenziava nuove lesioni. Il trattamento era ben tollerato senza tossicità e il paziente asintomatico, a scopo profilattico solo i primi cicli venivano somministrati con il supporto dei fattori di crescita G-CSF (granulocyte colonystimulating factor). Lo studio randomizzato di fase III TROPIC, che ha confrontato il cabazitaxel verso il mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza a favore del cabazitaxel per i pazienti con mCRPC in progressione di malattia dopo o durante il trattamento chemioterapico con docetaxel. Inoltre il cabazitaxel è stato associato ad una riduzione del dolore relativo alla patologia neoplastica, con un profilo di sicurezza consistente con altre chemioterapie e una bassa percentuale di neuropatia periferica. Nello studio TROPIC è stato evidenziato, per i pazienti di età ≥ 75 anni (18%), un beneficio di sopravvivenza dal cabazitaxel sovrapponibile a quello riportato nei pazienti di età inferiore ai 75 anni. Il trial segnalava un rischio aumentato di neutropenia per i pazienti anziani con età > 75 anni ma gestibile con la profilassi primaria impiegando G-CSF. Il decesso del paziente avveniva dopo un anno dall’ultima somministrazione di cabazitaxel per cause naturali.
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IT100027 | Esame: diametro | non disponibile | 2 | Un paziente di 83 anni nel dicembre 2006, riceve diagnosi di carcinoma prostatico su biopsia in seguito alla comparsa di disturbi urinari. Al momento della diagnosi i parametri laboratoristico-strumentali erano i seguenti: PSA 127 ng/ml, il Gleason score 8 (4+4), due lesioni ossee evidenti alla scintigrafia ossea e la TC risultava negativa per ripetizioni viscerali. Paziente asintomatico. Nell’anamnesi patologica era riferita ipertensione arteriosa controllata con terapia medica. Dal momento della diagnosi veniva sottoposto a terapia continua con analoghi LH-RH (Luteinizing Hormone-Releasing Hormone) e riduzione del PSA al nadir di 10 ng/ ml dopo 6 mesi. Il PSA del paziente aumentava da 10 a 26 ng/ml in 3 mesi, una nuova scintigrafia ossea evidenziava la comparsa di nuove metastasi ossee, la TC continuava ad essere negativa per lesioni viscerali, la fosfatasi alcalina risultava esser incrementata, continuava ad essere asintomatico e in buone condizioni cliniche generali per cui veniva ritenuto “fit” secondo la valutazione geriatrica. Si sottoponeva a 4 serie, di 12 cicli ciascuno, di ritrattamenti con docetaxel (75 mg/mq/ogni 3 settimane) da ottobre 2007 a novembre 2011 che il paziente tollerava in maniera soddisfacente senza tossicità di rilievo, con una buona qualità di vita e il nadir del PSA raggiungeva 2 ng/ml. Lo studio clinico randomizzato di fase III TAX 327, docetaxel verso mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza del docetaxel trisettimanale nei pazienti con mCRPC. L’analisi per sottogruppi dei pazienti trattati con docetaxel trisettimanale verso mitoxantrone ha confermato che i pazienti di età ≥ 75 anni (20%) avevano un beneficio in termini di sopravvivenza sovrapponibile ai pazienti di età < 75 anni. Durante il trattamento con docetaxel, nel novembre 2011, il paziente andava in progressione biochimica e strumentale, quattro nuove lesioni ossee erano presenti ad una scintigrafia ossea, assenti le lesioni viscerali e il PSA aumentava da 2 a 62 ng/ml. Nel dicembre 2011 (88 anni) il paziente veniva arruolato nel programma italiano di accesso allargato al cabazitaxel (early access program, EAP), il PSA era ulteriormente incrementato a 71 ng/ml solo nell’ultimo mese, il performance status secondo ECOG (Eastern Cooperative Oncology Group) era uguale a 1 ed era lievemente sintomatico. Veniva sottoposto a terapia con cabazitaxel (25 mg/mq/ogni 3 settimane) in associazione a prednisone 10 mg/die. Da dicembre 2011 a settembre 2013 (90 anni) il paziente riceveva 17 cicli di cabazitaxel, il PSA diventava non rilevabile e la scintigrafia ossea non evidenziava nuove lesioni. Il trattamento era ben tollerato senza tossicità e il paziente asintomatico, a scopo profilattico solo i primi cicli venivano somministrati con il supporto dei fattori di crescita G-CSF (granulocyte colonystimulating factor). Lo studio randomizzato di fase III TROPIC, che ha confrontato il cabazitaxel verso il mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza a favore del cabazitaxel per i pazienti con mCRPC in progressione di malattia dopo o durante il trattamento chemioterapico con docetaxel. Inoltre il cabazitaxel è stato associato ad una riduzione del dolore relativo alla patologia neoplastica, con un profilo di sicurezza consistente con altre chemioterapie e una bassa percentuale di neuropatia periferica. Nello studio TROPIC è stato evidenziato, per i pazienti di età ≥ 75 anni (18%), un beneficio di sopravvivenza dal cabazitaxel sovrapponibile a quello riportato nei pazienti di età inferiore ai 75 anni. Il trial segnalava un rischio aumentato di neutropenia per i pazienti anziani con età > 75 anni ma gestibile con la profilassi primaria impiegando G-CSF. Il decesso del paziente avveniva dopo un anno dall’ultima somministrazione di cabazitaxel per cause naturali.
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IT100027 | Esame: FE | non disponibile | 2 | Un paziente di 83 anni nel dicembre 2006, riceve diagnosi di carcinoma prostatico su biopsia in seguito alla comparsa di disturbi urinari. Al momento della diagnosi i parametri laboratoristico-strumentali erano i seguenti: PSA 127 ng/ml, il Gleason score 8 (4+4), due lesioni ossee evidenti alla scintigrafia ossea e la TC risultava negativa per ripetizioni viscerali. Paziente asintomatico. Nell’anamnesi patologica era riferita ipertensione arteriosa controllata con terapia medica. Dal momento della diagnosi veniva sottoposto a terapia continua con analoghi LH-RH (Luteinizing Hormone-Releasing Hormone) e riduzione del PSA al nadir di 10 ng/ ml dopo 6 mesi. Il PSA del paziente aumentava da 10 a 26 ng/ml in 3 mesi, una nuova scintigrafia ossea evidenziava la comparsa di nuove metastasi ossee, la TC continuava ad essere negativa per lesioni viscerali, la fosfatasi alcalina risultava esser incrementata, continuava ad essere asintomatico e in buone condizioni cliniche generali per cui veniva ritenuto “fit” secondo la valutazione geriatrica. Si sottoponeva a 4 serie, di 12 cicli ciascuno, di ritrattamenti con docetaxel (75 mg/mq/ogni 3 settimane) da ottobre 2007 a novembre 2011 che il paziente tollerava in maniera soddisfacente senza tossicità di rilievo, con una buona qualità di vita e il nadir del PSA raggiungeva 2 ng/ml. Lo studio clinico randomizzato di fase III TAX 327, docetaxel verso mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza del docetaxel trisettimanale nei pazienti con mCRPC. L’analisi per sottogruppi dei pazienti trattati con docetaxel trisettimanale verso mitoxantrone ha confermato che i pazienti di età ≥ 75 anni (20%) avevano un beneficio in termini di sopravvivenza sovrapponibile ai pazienti di età < 75 anni. Durante il trattamento con docetaxel, nel novembre 2011, il paziente andava in progressione biochimica e strumentale, quattro nuove lesioni ossee erano presenti ad una scintigrafia ossea, assenti le lesioni viscerali e il PSA aumentava da 2 a 62 ng/ml. Nel dicembre 2011 (88 anni) il paziente veniva arruolato nel programma italiano di accesso allargato al cabazitaxel (early access program, EAP), il PSA era ulteriormente incrementato a 71 ng/ml solo nell’ultimo mese, il performance status secondo ECOG (Eastern Cooperative Oncology Group) era uguale a 1 ed era lievemente sintomatico. Veniva sottoposto a terapia con cabazitaxel (25 mg/mq/ogni 3 settimane) in associazione a prednisone 10 mg/die. Da dicembre 2011 a settembre 2013 (90 anni) il paziente riceveva 17 cicli di cabazitaxel, il PSA diventava non rilevabile e la scintigrafia ossea non evidenziava nuove lesioni. Il trattamento era ben tollerato senza tossicità e il paziente asintomatico, a scopo profilattico solo i primi cicli venivano somministrati con il supporto dei fattori di crescita G-CSF (granulocyte colonystimulating factor). Lo studio randomizzato di fase III TROPIC, che ha confrontato il cabazitaxel verso il mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza a favore del cabazitaxel per i pazienti con mCRPC in progressione di malattia dopo o durante il trattamento chemioterapico con docetaxel. Inoltre il cabazitaxel è stato associato ad una riduzione del dolore relativo alla patologia neoplastica, con un profilo di sicurezza consistente con altre chemioterapie e una bassa percentuale di neuropatia periferica. Nello studio TROPIC è stato evidenziato, per i pazienti di età ≥ 75 anni (18%), un beneficio di sopravvivenza dal cabazitaxel sovrapponibile a quello riportato nei pazienti di età inferiore ai 75 anni. Il trial segnalava un rischio aumentato di neutropenia per i pazienti anziani con età > 75 anni ma gestibile con la profilassi primaria impiegando G-CSF. Il decesso del paziente avveniva dopo un anno dall’ultima somministrazione di cabazitaxel per cause naturali.
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IT100027 | Esame: manovra di Giordano | non disponibile | 2 | Un paziente di 83 anni nel dicembre 2006, riceve diagnosi di carcinoma prostatico su biopsia in seguito alla comparsa di disturbi urinari. Al momento della diagnosi i parametri laboratoristico-strumentali erano i seguenti: PSA 127 ng/ml, il Gleason score 8 (4+4), due lesioni ossee evidenti alla scintigrafia ossea e la TC risultava negativa per ripetizioni viscerali. Paziente asintomatico. Nell’anamnesi patologica era riferita ipertensione arteriosa controllata con terapia medica. Dal momento della diagnosi veniva sottoposto a terapia continua con analoghi LH-RH (Luteinizing Hormone-Releasing Hormone) e riduzione del PSA al nadir di 10 ng/ ml dopo 6 mesi. Il PSA del paziente aumentava da 10 a 26 ng/ml in 3 mesi, una nuova scintigrafia ossea evidenziava la comparsa di nuove metastasi ossee, la TC continuava ad essere negativa per lesioni viscerali, la fosfatasi alcalina risultava esser incrementata, continuava ad essere asintomatico e in buone condizioni cliniche generali per cui veniva ritenuto “fit” secondo la valutazione geriatrica. Si sottoponeva a 4 serie, di 12 cicli ciascuno, di ritrattamenti con docetaxel (75 mg/mq/ogni 3 settimane) da ottobre 2007 a novembre 2011 che il paziente tollerava in maniera soddisfacente senza tossicità di rilievo, con una buona qualità di vita e il nadir del PSA raggiungeva 2 ng/ml. Lo studio clinico randomizzato di fase III TAX 327, docetaxel verso mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza del docetaxel trisettimanale nei pazienti con mCRPC. L’analisi per sottogruppi dei pazienti trattati con docetaxel trisettimanale verso mitoxantrone ha confermato che i pazienti di età ≥ 75 anni (20%) avevano un beneficio in termini di sopravvivenza sovrapponibile ai pazienti di età < 75 anni. Durante il trattamento con docetaxel, nel novembre 2011, il paziente andava in progressione biochimica e strumentale, quattro nuove lesioni ossee erano presenti ad una scintigrafia ossea, assenti le lesioni viscerali e il PSA aumentava da 2 a 62 ng/ml. Nel dicembre 2011 (88 anni) il paziente veniva arruolato nel programma italiano di accesso allargato al cabazitaxel (early access program, EAP), il PSA era ulteriormente incrementato a 71 ng/ml solo nell’ultimo mese, il performance status secondo ECOG (Eastern Cooperative Oncology Group) era uguale a 1 ed era lievemente sintomatico. Veniva sottoposto a terapia con cabazitaxel (25 mg/mq/ogni 3 settimane) in associazione a prednisone 10 mg/die. Da dicembre 2011 a settembre 2013 (90 anni) il paziente riceveva 17 cicli di cabazitaxel, il PSA diventava non rilevabile e la scintigrafia ossea non evidenziava nuove lesioni. Il trattamento era ben tollerato senza tossicità e il paziente asintomatico, a scopo profilattico solo i primi cicli venivano somministrati con il supporto dei fattori di crescita G-CSF (granulocyte colonystimulating factor). Lo studio randomizzato di fase III TROPIC, che ha confrontato il cabazitaxel verso il mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza a favore del cabazitaxel per i pazienti con mCRPC in progressione di malattia dopo o durante il trattamento chemioterapico con docetaxel. Inoltre il cabazitaxel è stato associato ad una riduzione del dolore relativo alla patologia neoplastica, con un profilo di sicurezza consistente con altre chemioterapie e una bassa percentuale di neuropatia periferica. Nello studio TROPIC è stato evidenziato, per i pazienti di età ≥ 75 anni (18%), un beneficio di sopravvivenza dal cabazitaxel sovrapponibile a quello riportato nei pazienti di età inferiore ai 75 anni. Il trial segnalava un rischio aumentato di neutropenia per i pazienti anziani con età > 75 anni ma gestibile con la profilassi primaria impiegando G-CSF. Il decesso del paziente avveniva dopo un anno dall’ultima somministrazione di cabazitaxel per cause naturali.
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IT100027 | Esame: GCS | non disponibile | 2 | Un paziente di 83 anni nel dicembre 2006, riceve diagnosi di carcinoma prostatico su biopsia in seguito alla comparsa di disturbi urinari. Al momento della diagnosi i parametri laboratoristico-strumentali erano i seguenti: PSA 127 ng/ml, il Gleason score 8 (4+4), due lesioni ossee evidenti alla scintigrafia ossea e la TC risultava negativa per ripetizioni viscerali. Paziente asintomatico. Nell’anamnesi patologica era riferita ipertensione arteriosa controllata con terapia medica. Dal momento della diagnosi veniva sottoposto a terapia continua con analoghi LH-RH (Luteinizing Hormone-Releasing Hormone) e riduzione del PSA al nadir di 10 ng/ ml dopo 6 mesi. Il PSA del paziente aumentava da 10 a 26 ng/ml in 3 mesi, una nuova scintigrafia ossea evidenziava la comparsa di nuove metastasi ossee, la TC continuava ad essere negativa per lesioni viscerali, la fosfatasi alcalina risultava esser incrementata, continuava ad essere asintomatico e in buone condizioni cliniche generali per cui veniva ritenuto “fit” secondo la valutazione geriatrica. Si sottoponeva a 4 serie, di 12 cicli ciascuno, di ritrattamenti con docetaxel (75 mg/mq/ogni 3 settimane) da ottobre 2007 a novembre 2011 che il paziente tollerava in maniera soddisfacente senza tossicità di rilievo, con una buona qualità di vita e il nadir del PSA raggiungeva 2 ng/ml. Lo studio clinico randomizzato di fase III TAX 327, docetaxel verso mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza del docetaxel trisettimanale nei pazienti con mCRPC. L’analisi per sottogruppi dei pazienti trattati con docetaxel trisettimanale verso mitoxantrone ha confermato che i pazienti di età ≥ 75 anni (20%) avevano un beneficio in termini di sopravvivenza sovrapponibile ai pazienti di età < 75 anni. Durante il trattamento con docetaxel, nel novembre 2011, il paziente andava in progressione biochimica e strumentale, quattro nuove lesioni ossee erano presenti ad una scintigrafia ossea, assenti le lesioni viscerali e il PSA aumentava da 2 a 62 ng/ml. Nel dicembre 2011 (88 anni) il paziente veniva arruolato nel programma italiano di accesso allargato al cabazitaxel (early access program, EAP), il PSA era ulteriormente incrementato a 71 ng/ml solo nell’ultimo mese, il performance status secondo ECOG (Eastern Cooperative Oncology Group) era uguale a 1 ed era lievemente sintomatico. Veniva sottoposto a terapia con cabazitaxel (25 mg/mq/ogni 3 settimane) in associazione a prednisone 10 mg/die. Da dicembre 2011 a settembre 2013 (90 anni) il paziente riceveva 17 cicli di cabazitaxel, il PSA diventava non rilevabile e la scintigrafia ossea non evidenziava nuove lesioni. Il trattamento era ben tollerato senza tossicità e il paziente asintomatico, a scopo profilattico solo i primi cicli venivano somministrati con il supporto dei fattori di crescita G-CSF (granulocyte colonystimulating factor). Lo studio randomizzato di fase III TROPIC, che ha confrontato il cabazitaxel verso il mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza a favore del cabazitaxel per i pazienti con mCRPC in progressione di malattia dopo o durante il trattamento chemioterapico con docetaxel. Inoltre il cabazitaxel è stato associato ad una riduzione del dolore relativo alla patologia neoplastica, con un profilo di sicurezza consistente con altre chemioterapie e una bassa percentuale di neuropatia periferica. Nello studio TROPIC è stato evidenziato, per i pazienti di età ≥ 75 anni (18%), un beneficio di sopravvivenza dal cabazitaxel sovrapponibile a quello riportato nei pazienti di età inferiore ai 75 anni. Il trial segnalava un rischio aumentato di neutropenia per i pazienti anziani con età > 75 anni ma gestibile con la profilassi primaria impiegando G-CSF. Il decesso del paziente avveniva dopo un anno dall’ultima somministrazione di cabazitaxel per cause naturali.
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IT100027 | Esame: K | non disponibile | 2 | Un paziente di 83 anni nel dicembre 2006, riceve diagnosi di carcinoma prostatico su biopsia in seguito alla comparsa di disturbi urinari. Al momento della diagnosi i parametri laboratoristico-strumentali erano i seguenti: PSA 127 ng/ml, il Gleason score 8 (4+4), due lesioni ossee evidenti alla scintigrafia ossea e la TC risultava negativa per ripetizioni viscerali. Paziente asintomatico. Nell’anamnesi patologica era riferita ipertensione arteriosa controllata con terapia medica. Dal momento della diagnosi veniva sottoposto a terapia continua con analoghi LH-RH (Luteinizing Hormone-Releasing Hormone) e riduzione del PSA al nadir di 10 ng/ ml dopo 6 mesi. Il PSA del paziente aumentava da 10 a 26 ng/ml in 3 mesi, una nuova scintigrafia ossea evidenziava la comparsa di nuove metastasi ossee, la TC continuava ad essere negativa per lesioni viscerali, la fosfatasi alcalina risultava esser incrementata, continuava ad essere asintomatico e in buone condizioni cliniche generali per cui veniva ritenuto “fit” secondo la valutazione geriatrica. Si sottoponeva a 4 serie, di 12 cicli ciascuno, di ritrattamenti con docetaxel (75 mg/mq/ogni 3 settimane) da ottobre 2007 a novembre 2011 che il paziente tollerava in maniera soddisfacente senza tossicità di rilievo, con una buona qualità di vita e il nadir del PSA raggiungeva 2 ng/ml. Lo studio clinico randomizzato di fase III TAX 327, docetaxel verso mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza del docetaxel trisettimanale nei pazienti con mCRPC. L’analisi per sottogruppi dei pazienti trattati con docetaxel trisettimanale verso mitoxantrone ha confermato che i pazienti di età ≥ 75 anni (20%) avevano un beneficio in termini di sopravvivenza sovrapponibile ai pazienti di età < 75 anni. Durante il trattamento con docetaxel, nel novembre 2011, il paziente andava in progressione biochimica e strumentale, quattro nuove lesioni ossee erano presenti ad una scintigrafia ossea, assenti le lesioni viscerali e il PSA aumentava da 2 a 62 ng/ml. Nel dicembre 2011 (88 anni) il paziente veniva arruolato nel programma italiano di accesso allargato al cabazitaxel (early access program, EAP), il PSA era ulteriormente incrementato a 71 ng/ml solo nell’ultimo mese, il performance status secondo ECOG (Eastern Cooperative Oncology Group) era uguale a 1 ed era lievemente sintomatico. Veniva sottoposto a terapia con cabazitaxel (25 mg/mq/ogni 3 settimane) in associazione a prednisone 10 mg/die. Da dicembre 2011 a settembre 2013 (90 anni) il paziente riceveva 17 cicli di cabazitaxel, il PSA diventava non rilevabile e la scintigrafia ossea non evidenziava nuove lesioni. Il trattamento era ben tollerato senza tossicità e il paziente asintomatico, a scopo profilattico solo i primi cicli venivano somministrati con il supporto dei fattori di crescita G-CSF (granulocyte colonystimulating factor). Lo studio randomizzato di fase III TROPIC, che ha confrontato il cabazitaxel verso il mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza a favore del cabazitaxel per i pazienti con mCRPC in progressione di malattia dopo o durante il trattamento chemioterapico con docetaxel. Inoltre il cabazitaxel è stato associato ad una riduzione del dolore relativo alla patologia neoplastica, con un profilo di sicurezza consistente con altre chemioterapie e una bassa percentuale di neuropatia periferica. Nello studio TROPIC è stato evidenziato, per i pazienti di età ≥ 75 anni (18%), un beneficio di sopravvivenza dal cabazitaxel sovrapponibile a quello riportato nei pazienti di età inferiore ai 75 anni. Il trial segnalava un rischio aumentato di neutropenia per i pazienti anziani con età > 75 anni ma gestibile con la profilassi primaria impiegando G-CSF. Il decesso del paziente avveniva dopo un anno dall’ultima somministrazione di cabazitaxel per cause naturali.
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IT100027 | Esame: IgG4 | non disponibile | 2 | Un paziente di 83 anni nel dicembre 2006, riceve diagnosi di carcinoma prostatico su biopsia in seguito alla comparsa di disturbi urinari. Al momento della diagnosi i parametri laboratoristico-strumentali erano i seguenti: PSA 127 ng/ml, il Gleason score 8 (4+4), due lesioni ossee evidenti alla scintigrafia ossea e la TC risultava negativa per ripetizioni viscerali. Paziente asintomatico. Nell’anamnesi patologica era riferita ipertensione arteriosa controllata con terapia medica. Dal momento della diagnosi veniva sottoposto a terapia continua con analoghi LH-RH (Luteinizing Hormone-Releasing Hormone) e riduzione del PSA al nadir di 10 ng/ ml dopo 6 mesi. Il PSA del paziente aumentava da 10 a 26 ng/ml in 3 mesi, una nuova scintigrafia ossea evidenziava la comparsa di nuove metastasi ossee, la TC continuava ad essere negativa per lesioni viscerali, la fosfatasi alcalina risultava esser incrementata, continuava ad essere asintomatico e in buone condizioni cliniche generali per cui veniva ritenuto “fit” secondo la valutazione geriatrica. Si sottoponeva a 4 serie, di 12 cicli ciascuno, di ritrattamenti con docetaxel (75 mg/mq/ogni 3 settimane) da ottobre 2007 a novembre 2011 che il paziente tollerava in maniera soddisfacente senza tossicità di rilievo, con una buona qualità di vita e il nadir del PSA raggiungeva 2 ng/ml. Lo studio clinico randomizzato di fase III TAX 327, docetaxel verso mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza del docetaxel trisettimanale nei pazienti con mCRPC. L’analisi per sottogruppi dei pazienti trattati con docetaxel trisettimanale verso mitoxantrone ha confermato che i pazienti di età ≥ 75 anni (20%) avevano un beneficio in termini di sopravvivenza sovrapponibile ai pazienti di età < 75 anni. Durante il trattamento con docetaxel, nel novembre 2011, il paziente andava in progressione biochimica e strumentale, quattro nuove lesioni ossee erano presenti ad una scintigrafia ossea, assenti le lesioni viscerali e il PSA aumentava da 2 a 62 ng/ml. Nel dicembre 2011 (88 anni) il paziente veniva arruolato nel programma italiano di accesso allargato al cabazitaxel (early access program, EAP), il PSA era ulteriormente incrementato a 71 ng/ml solo nell’ultimo mese, il performance status secondo ECOG (Eastern Cooperative Oncology Group) era uguale a 1 ed era lievemente sintomatico. Veniva sottoposto a terapia con cabazitaxel (25 mg/mq/ogni 3 settimane) in associazione a prednisone 10 mg/die. Da dicembre 2011 a settembre 2013 (90 anni) il paziente riceveva 17 cicli di cabazitaxel, il PSA diventava non rilevabile e la scintigrafia ossea non evidenziava nuove lesioni. Il trattamento era ben tollerato senza tossicità e il paziente asintomatico, a scopo profilattico solo i primi cicli venivano somministrati con il supporto dei fattori di crescita G-CSF (granulocyte colonystimulating factor). Lo studio randomizzato di fase III TROPIC, che ha confrontato il cabazitaxel verso il mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza a favore del cabazitaxel per i pazienti con mCRPC in progressione di malattia dopo o durante il trattamento chemioterapico con docetaxel. Inoltre il cabazitaxel è stato associato ad una riduzione del dolore relativo alla patologia neoplastica, con un profilo di sicurezza consistente con altre chemioterapie e una bassa percentuale di neuropatia periferica. Nello studio TROPIC è stato evidenziato, per i pazienti di età ≥ 75 anni (18%), un beneficio di sopravvivenza dal cabazitaxel sovrapponibile a quello riportato nei pazienti di età inferiore ai 75 anni. Il trial segnalava un rischio aumentato di neutropenia per i pazienti anziani con età > 75 anni ma gestibile con la profilassi primaria impiegando G-CSF. Il decesso del paziente avveniva dopo un anno dall’ultima somministrazione di cabazitaxel per cause naturali.
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IT100027 | Esame: GT | non disponibile | 2 | Un paziente di 83 anni nel dicembre 2006, riceve diagnosi di carcinoma prostatico su biopsia in seguito alla comparsa di disturbi urinari. Al momento della diagnosi i parametri laboratoristico-strumentali erano i seguenti: PSA 127 ng/ml, il Gleason score 8 (4+4), due lesioni ossee evidenti alla scintigrafia ossea e la TC risultava negativa per ripetizioni viscerali. Paziente asintomatico. Nell’anamnesi patologica era riferita ipertensione arteriosa controllata con terapia medica. Dal momento della diagnosi veniva sottoposto a terapia continua con analoghi LH-RH (Luteinizing Hormone-Releasing Hormone) e riduzione del PSA al nadir di 10 ng/ ml dopo 6 mesi. Il PSA del paziente aumentava da 10 a 26 ng/ml in 3 mesi, una nuova scintigrafia ossea evidenziava la comparsa di nuove metastasi ossee, la TC continuava ad essere negativa per lesioni viscerali, la fosfatasi alcalina risultava esser incrementata, continuava ad essere asintomatico e in buone condizioni cliniche generali per cui veniva ritenuto “fit” secondo la valutazione geriatrica. Si sottoponeva a 4 serie, di 12 cicli ciascuno, di ritrattamenti con docetaxel (75 mg/mq/ogni 3 settimane) da ottobre 2007 a novembre 2011 che il paziente tollerava in maniera soddisfacente senza tossicità di rilievo, con una buona qualità di vita e il nadir del PSA raggiungeva 2 ng/ml. Lo studio clinico randomizzato di fase III TAX 327, docetaxel verso mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza del docetaxel trisettimanale nei pazienti con mCRPC. L’analisi per sottogruppi dei pazienti trattati con docetaxel trisettimanale verso mitoxantrone ha confermato che i pazienti di età ≥ 75 anni (20%) avevano un beneficio in termini di sopravvivenza sovrapponibile ai pazienti di età < 75 anni. Durante il trattamento con docetaxel, nel novembre 2011, il paziente andava in progressione biochimica e strumentale, quattro nuove lesioni ossee erano presenti ad una scintigrafia ossea, assenti le lesioni viscerali e il PSA aumentava da 2 a 62 ng/ml. Nel dicembre 2011 (88 anni) il paziente veniva arruolato nel programma italiano di accesso allargato al cabazitaxel (early access program, EAP), il PSA era ulteriormente incrementato a 71 ng/ml solo nell’ultimo mese, il performance status secondo ECOG (Eastern Cooperative Oncology Group) era uguale a 1 ed era lievemente sintomatico. Veniva sottoposto a terapia con cabazitaxel (25 mg/mq/ogni 3 settimane) in associazione a prednisone 10 mg/die. Da dicembre 2011 a settembre 2013 (90 anni) il paziente riceveva 17 cicli di cabazitaxel, il PSA diventava non rilevabile e la scintigrafia ossea non evidenziava nuove lesioni. Il trattamento era ben tollerato senza tossicità e il paziente asintomatico, a scopo profilattico solo i primi cicli venivano somministrati con il supporto dei fattori di crescita G-CSF (granulocyte colonystimulating factor). Lo studio randomizzato di fase III TROPIC, che ha confrontato il cabazitaxel verso il mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza a favore del cabazitaxel per i pazienti con mCRPC in progressione di malattia dopo o durante il trattamento chemioterapico con docetaxel. Inoltre il cabazitaxel è stato associato ad una riduzione del dolore relativo alla patologia neoplastica, con un profilo di sicurezza consistente con altre chemioterapie e una bassa percentuale di neuropatia periferica. Nello studio TROPIC è stato evidenziato, per i pazienti di età ≥ 75 anni (18%), un beneficio di sopravvivenza dal cabazitaxel sovrapponibile a quello riportato nei pazienti di età inferiore ai 75 anni. Il trial segnalava un rischio aumentato di neutropenia per i pazienti anziani con età > 75 anni ma gestibile con la profilassi primaria impiegando G-CSF. Il decesso del paziente avveniva dopo un anno dall’ultima somministrazione di cabazitaxel per cause naturali.
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IT100027 | Esame: Ca | non disponibile | 2 | Un paziente di 83 anni nel dicembre 2006, riceve diagnosi di carcinoma prostatico su biopsia in seguito alla comparsa di disturbi urinari. Al momento della diagnosi i parametri laboratoristico-strumentali erano i seguenti: PSA 127 ng/ml, il Gleason score 8 (4+4), due lesioni ossee evidenti alla scintigrafia ossea e la TC risultava negativa per ripetizioni viscerali. Paziente asintomatico. Nell’anamnesi patologica era riferita ipertensione arteriosa controllata con terapia medica. Dal momento della diagnosi veniva sottoposto a terapia continua con analoghi LH-RH (Luteinizing Hormone-Releasing Hormone) e riduzione del PSA al nadir di 10 ng/ ml dopo 6 mesi. Il PSA del paziente aumentava da 10 a 26 ng/ml in 3 mesi, una nuova scintigrafia ossea evidenziava la comparsa di nuove metastasi ossee, la TC continuava ad essere negativa per lesioni viscerali, la fosfatasi alcalina risultava esser incrementata, continuava ad essere asintomatico e in buone condizioni cliniche generali per cui veniva ritenuto “fit” secondo la valutazione geriatrica. Si sottoponeva a 4 serie, di 12 cicli ciascuno, di ritrattamenti con docetaxel (75 mg/mq/ogni 3 settimane) da ottobre 2007 a novembre 2011 che il paziente tollerava in maniera soddisfacente senza tossicità di rilievo, con una buona qualità di vita e il nadir del PSA raggiungeva 2 ng/ml. Lo studio clinico randomizzato di fase III TAX 327, docetaxel verso mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza del docetaxel trisettimanale nei pazienti con mCRPC. L’analisi per sottogruppi dei pazienti trattati con docetaxel trisettimanale verso mitoxantrone ha confermato che i pazienti di età ≥ 75 anni (20%) avevano un beneficio in termini di sopravvivenza sovrapponibile ai pazienti di età < 75 anni. Durante il trattamento con docetaxel, nel novembre 2011, il paziente andava in progressione biochimica e strumentale, quattro nuove lesioni ossee erano presenti ad una scintigrafia ossea, assenti le lesioni viscerali e il PSA aumentava da 2 a 62 ng/ml. Nel dicembre 2011 (88 anni) il paziente veniva arruolato nel programma italiano di accesso allargato al cabazitaxel (early access program, EAP), il PSA era ulteriormente incrementato a 71 ng/ml solo nell’ultimo mese, il performance status secondo ECOG (Eastern Cooperative Oncology Group) era uguale a 1 ed era lievemente sintomatico. Veniva sottoposto a terapia con cabazitaxel (25 mg/mq/ogni 3 settimane) in associazione a prednisone 10 mg/die. Da dicembre 2011 a settembre 2013 (90 anni) il paziente riceveva 17 cicli di cabazitaxel, il PSA diventava non rilevabile e la scintigrafia ossea non evidenziava nuove lesioni. Il trattamento era ben tollerato senza tossicità e il paziente asintomatico, a scopo profilattico solo i primi cicli venivano somministrati con il supporto dei fattori di crescita G-CSF (granulocyte colonystimulating factor). Lo studio randomizzato di fase III TROPIC, che ha confrontato il cabazitaxel verso il mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza a favore del cabazitaxel per i pazienti con mCRPC in progressione di malattia dopo o durante il trattamento chemioterapico con docetaxel. Inoltre il cabazitaxel è stato associato ad una riduzione del dolore relativo alla patologia neoplastica, con un profilo di sicurezza consistente con altre chemioterapie e una bassa percentuale di neuropatia periferica. Nello studio TROPIC è stato evidenziato, per i pazienti di età ≥ 75 anni (18%), un beneficio di sopravvivenza dal cabazitaxel sovrapponibile a quello riportato nei pazienti di età inferiore ai 75 anni. Il trial segnalava un rischio aumentato di neutropenia per i pazienti anziani con età > 75 anni ma gestibile con la profilassi primaria impiegando G-CSF. Il decesso del paziente avveniva dopo un anno dall’ultima somministrazione di cabazitaxel per cause naturali.
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IT100027 | Esame: F.C. | non disponibile | 2 | Un paziente di 83 anni nel dicembre 2006, riceve diagnosi di carcinoma prostatico su biopsia in seguito alla comparsa di disturbi urinari. Al momento della diagnosi i parametri laboratoristico-strumentali erano i seguenti: PSA 127 ng/ml, il Gleason score 8 (4+4), due lesioni ossee evidenti alla scintigrafia ossea e la TC risultava negativa per ripetizioni viscerali. Paziente asintomatico. Nell’anamnesi patologica era riferita ipertensione arteriosa controllata con terapia medica. Dal momento della diagnosi veniva sottoposto a terapia continua con analoghi LH-RH (Luteinizing Hormone-Releasing Hormone) e riduzione del PSA al nadir di 10 ng/ ml dopo 6 mesi. Il PSA del paziente aumentava da 10 a 26 ng/ml in 3 mesi, una nuova scintigrafia ossea evidenziava la comparsa di nuove metastasi ossee, la TC continuava ad essere negativa per lesioni viscerali, la fosfatasi alcalina risultava esser incrementata, continuava ad essere asintomatico e in buone condizioni cliniche generali per cui veniva ritenuto “fit” secondo la valutazione geriatrica. Si sottoponeva a 4 serie, di 12 cicli ciascuno, di ritrattamenti con docetaxel (75 mg/mq/ogni 3 settimane) da ottobre 2007 a novembre 2011 che il paziente tollerava in maniera soddisfacente senza tossicità di rilievo, con una buona qualità di vita e il nadir del PSA raggiungeva 2 ng/ml. Lo studio clinico randomizzato di fase III TAX 327, docetaxel verso mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza del docetaxel trisettimanale nei pazienti con mCRPC. L’analisi per sottogruppi dei pazienti trattati con docetaxel trisettimanale verso mitoxantrone ha confermato che i pazienti di età ≥ 75 anni (20%) avevano un beneficio in termini di sopravvivenza sovrapponibile ai pazienti di età < 75 anni. Durante il trattamento con docetaxel, nel novembre 2011, il paziente andava in progressione biochimica e strumentale, quattro nuove lesioni ossee erano presenti ad una scintigrafia ossea, assenti le lesioni viscerali e il PSA aumentava da 2 a 62 ng/ml. Nel dicembre 2011 (88 anni) il paziente veniva arruolato nel programma italiano di accesso allargato al cabazitaxel (early access program, EAP), il PSA era ulteriormente incrementato a 71 ng/ml solo nell’ultimo mese, il performance status secondo ECOG (Eastern Cooperative Oncology Group) era uguale a 1 ed era lievemente sintomatico. Veniva sottoposto a terapia con cabazitaxel (25 mg/mq/ogni 3 settimane) in associazione a prednisone 10 mg/die. Da dicembre 2011 a settembre 2013 (90 anni) il paziente riceveva 17 cicli di cabazitaxel, il PSA diventava non rilevabile e la scintigrafia ossea non evidenziava nuove lesioni. Il trattamento era ben tollerato senza tossicità e il paziente asintomatico, a scopo profilattico solo i primi cicli venivano somministrati con il supporto dei fattori di crescita G-CSF (granulocyte colonystimulating factor). Lo studio randomizzato di fase III TROPIC, che ha confrontato il cabazitaxel verso il mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza a favore del cabazitaxel per i pazienti con mCRPC in progressione di malattia dopo o durante il trattamento chemioterapico con docetaxel. Inoltre il cabazitaxel è stato associato ad una riduzione del dolore relativo alla patologia neoplastica, con un profilo di sicurezza consistente con altre chemioterapie e una bassa percentuale di neuropatia periferica. Nello studio TROPIC è stato evidenziato, per i pazienti di età ≥ 75 anni (18%), un beneficio di sopravvivenza dal cabazitaxel sovrapponibile a quello riportato nei pazienti di età inferiore ai 75 anni. Il trial segnalava un rischio aumentato di neutropenia per i pazienti anziani con età > 75 anni ma gestibile con la profilassi primaria impiegando G-CSF. Il decesso del paziente avveniva dopo un anno dall’ultima somministrazione di cabazitaxel per cause naturali.
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IT100027 | Esame: piastrinopenia | non disponibile | 2 | Un paziente di 83 anni nel dicembre 2006, riceve diagnosi di carcinoma prostatico su biopsia in seguito alla comparsa di disturbi urinari. Al momento della diagnosi i parametri laboratoristico-strumentali erano i seguenti: PSA 127 ng/ml, il Gleason score 8 (4+4), due lesioni ossee evidenti alla scintigrafia ossea e la TC risultava negativa per ripetizioni viscerali. Paziente asintomatico. Nell’anamnesi patologica era riferita ipertensione arteriosa controllata con terapia medica. Dal momento della diagnosi veniva sottoposto a terapia continua con analoghi LH-RH (Luteinizing Hormone-Releasing Hormone) e riduzione del PSA al nadir di 10 ng/ ml dopo 6 mesi. Il PSA del paziente aumentava da 10 a 26 ng/ml in 3 mesi, una nuova scintigrafia ossea evidenziava la comparsa di nuove metastasi ossee, la TC continuava ad essere negativa per lesioni viscerali, la fosfatasi alcalina risultava esser incrementata, continuava ad essere asintomatico e in buone condizioni cliniche generali per cui veniva ritenuto “fit” secondo la valutazione geriatrica. Si sottoponeva a 4 serie, di 12 cicli ciascuno, di ritrattamenti con docetaxel (75 mg/mq/ogni 3 settimane) da ottobre 2007 a novembre 2011 che il paziente tollerava in maniera soddisfacente senza tossicità di rilievo, con una buona qualità di vita e il nadir del PSA raggiungeva 2 ng/ml. Lo studio clinico randomizzato di fase III TAX 327, docetaxel verso mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza del docetaxel trisettimanale nei pazienti con mCRPC. L’analisi per sottogruppi dei pazienti trattati con docetaxel trisettimanale verso mitoxantrone ha confermato che i pazienti di età ≥ 75 anni (20%) avevano un beneficio in termini di sopravvivenza sovrapponibile ai pazienti di età < 75 anni. Durante il trattamento con docetaxel, nel novembre 2011, il paziente andava in progressione biochimica e strumentale, quattro nuove lesioni ossee erano presenti ad una scintigrafia ossea, assenti le lesioni viscerali e il PSA aumentava da 2 a 62 ng/ml. Nel dicembre 2011 (88 anni) il paziente veniva arruolato nel programma italiano di accesso allargato al cabazitaxel (early access program, EAP), il PSA era ulteriormente incrementato a 71 ng/ml solo nell’ultimo mese, il performance status secondo ECOG (Eastern Cooperative Oncology Group) era uguale a 1 ed era lievemente sintomatico. Veniva sottoposto a terapia con cabazitaxel (25 mg/mq/ogni 3 settimane) in associazione a prednisone 10 mg/die. Da dicembre 2011 a settembre 2013 (90 anni) il paziente riceveva 17 cicli di cabazitaxel, il PSA diventava non rilevabile e la scintigrafia ossea non evidenziava nuove lesioni. Il trattamento era ben tollerato senza tossicità e il paziente asintomatico, a scopo profilattico solo i primi cicli venivano somministrati con il supporto dei fattori di crescita G-CSF (granulocyte colonystimulating factor). Lo studio randomizzato di fase III TROPIC, che ha confrontato il cabazitaxel verso il mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza a favore del cabazitaxel per i pazienti con mCRPC in progressione di malattia dopo o durante il trattamento chemioterapico con docetaxel. Inoltre il cabazitaxel è stato associato ad una riduzione del dolore relativo alla patologia neoplastica, con un profilo di sicurezza consistente con altre chemioterapie e una bassa percentuale di neuropatia periferica. Nello studio TROPIC è stato evidenziato, per i pazienti di età ≥ 75 anni (18%), un beneficio di sopravvivenza dal cabazitaxel sovrapponibile a quello riportato nei pazienti di età inferiore ai 75 anni. Il trial segnalava un rischio aumentato di neutropenia per i pazienti anziani con età > 75 anni ma gestibile con la profilassi primaria impiegando G-CSF. Il decesso del paziente avveniva dopo un anno dall’ultima somministrazione di cabazitaxel per cause naturali.
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IT100027 | Esame: HCV-RNA | non disponibile | 2 | Un paziente di 83 anni nel dicembre 2006, riceve diagnosi di carcinoma prostatico su biopsia in seguito alla comparsa di disturbi urinari. Al momento della diagnosi i parametri laboratoristico-strumentali erano i seguenti: PSA 127 ng/ml, il Gleason score 8 (4+4), due lesioni ossee evidenti alla scintigrafia ossea e la TC risultava negativa per ripetizioni viscerali. Paziente asintomatico. Nell’anamnesi patologica era riferita ipertensione arteriosa controllata con terapia medica. Dal momento della diagnosi veniva sottoposto a terapia continua con analoghi LH-RH (Luteinizing Hormone-Releasing Hormone) e riduzione del PSA al nadir di 10 ng/ ml dopo 6 mesi. Il PSA del paziente aumentava da 10 a 26 ng/ml in 3 mesi, una nuova scintigrafia ossea evidenziava la comparsa di nuove metastasi ossee, la TC continuava ad essere negativa per lesioni viscerali, la fosfatasi alcalina risultava esser incrementata, continuava ad essere asintomatico e in buone condizioni cliniche generali per cui veniva ritenuto “fit” secondo la valutazione geriatrica. Si sottoponeva a 4 serie, di 12 cicli ciascuno, di ritrattamenti con docetaxel (75 mg/mq/ogni 3 settimane) da ottobre 2007 a novembre 2011 che il paziente tollerava in maniera soddisfacente senza tossicità di rilievo, con una buona qualità di vita e il nadir del PSA raggiungeva 2 ng/ml. Lo studio clinico randomizzato di fase III TAX 327, docetaxel verso mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza del docetaxel trisettimanale nei pazienti con mCRPC. L’analisi per sottogruppi dei pazienti trattati con docetaxel trisettimanale verso mitoxantrone ha confermato che i pazienti di età ≥ 75 anni (20%) avevano un beneficio in termini di sopravvivenza sovrapponibile ai pazienti di età < 75 anni. Durante il trattamento con docetaxel, nel novembre 2011, il paziente andava in progressione biochimica e strumentale, quattro nuove lesioni ossee erano presenti ad una scintigrafia ossea, assenti le lesioni viscerali e il PSA aumentava da 2 a 62 ng/ml. Nel dicembre 2011 (88 anni) il paziente veniva arruolato nel programma italiano di accesso allargato al cabazitaxel (early access program, EAP), il PSA era ulteriormente incrementato a 71 ng/ml solo nell’ultimo mese, il performance status secondo ECOG (Eastern Cooperative Oncology Group) era uguale a 1 ed era lievemente sintomatico. Veniva sottoposto a terapia con cabazitaxel (25 mg/mq/ogni 3 settimane) in associazione a prednisone 10 mg/die. Da dicembre 2011 a settembre 2013 (90 anni) il paziente riceveva 17 cicli di cabazitaxel, il PSA diventava non rilevabile e la scintigrafia ossea non evidenziava nuove lesioni. Il trattamento era ben tollerato senza tossicità e il paziente asintomatico, a scopo profilattico solo i primi cicli venivano somministrati con il supporto dei fattori di crescita G-CSF (granulocyte colonystimulating factor). Lo studio randomizzato di fase III TROPIC, che ha confrontato il cabazitaxel verso il mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza a favore del cabazitaxel per i pazienti con mCRPC in progressione di malattia dopo o durante il trattamento chemioterapico con docetaxel. Inoltre il cabazitaxel è stato associato ad una riduzione del dolore relativo alla patologia neoplastica, con un profilo di sicurezza consistente con altre chemioterapie e una bassa percentuale di neuropatia periferica. Nello studio TROPIC è stato evidenziato, per i pazienti di età ≥ 75 anni (18%), un beneficio di sopravvivenza dal cabazitaxel sovrapponibile a quello riportato nei pazienti di età inferiore ai 75 anni. Il trial segnalava un rischio aumentato di neutropenia per i pazienti anziani con età > 75 anni ma gestibile con la profilassi primaria impiegando G-CSF. Il decesso del paziente avveniva dopo un anno dall’ultima somministrazione di cabazitaxel per cause naturali.
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IT100027 | Esame: piastrine | non disponibile | 2 | Un paziente di 83 anni nel dicembre 2006, riceve diagnosi di carcinoma prostatico su biopsia in seguito alla comparsa di disturbi urinari. Al momento della diagnosi i parametri laboratoristico-strumentali erano i seguenti: PSA 127 ng/ml, il Gleason score 8 (4+4), due lesioni ossee evidenti alla scintigrafia ossea e la TC risultava negativa per ripetizioni viscerali. Paziente asintomatico. Nell’anamnesi patologica era riferita ipertensione arteriosa controllata con terapia medica. Dal momento della diagnosi veniva sottoposto a terapia continua con analoghi LH-RH (Luteinizing Hormone-Releasing Hormone) e riduzione del PSA al nadir di 10 ng/ ml dopo 6 mesi. Il PSA del paziente aumentava da 10 a 26 ng/ml in 3 mesi, una nuova scintigrafia ossea evidenziava la comparsa di nuove metastasi ossee, la TC continuava ad essere negativa per lesioni viscerali, la fosfatasi alcalina risultava esser incrementata, continuava ad essere asintomatico e in buone condizioni cliniche generali per cui veniva ritenuto “fit” secondo la valutazione geriatrica. Si sottoponeva a 4 serie, di 12 cicli ciascuno, di ritrattamenti con docetaxel (75 mg/mq/ogni 3 settimane) da ottobre 2007 a novembre 2011 che il paziente tollerava in maniera soddisfacente senza tossicità di rilievo, con una buona qualità di vita e il nadir del PSA raggiungeva 2 ng/ml. Lo studio clinico randomizzato di fase III TAX 327, docetaxel verso mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza del docetaxel trisettimanale nei pazienti con mCRPC. L’analisi per sottogruppi dei pazienti trattati con docetaxel trisettimanale verso mitoxantrone ha confermato che i pazienti di età ≥ 75 anni (20%) avevano un beneficio in termini di sopravvivenza sovrapponibile ai pazienti di età < 75 anni. Durante il trattamento con docetaxel, nel novembre 2011, il paziente andava in progressione biochimica e strumentale, quattro nuove lesioni ossee erano presenti ad una scintigrafia ossea, assenti le lesioni viscerali e il PSA aumentava da 2 a 62 ng/ml. Nel dicembre 2011 (88 anni) il paziente veniva arruolato nel programma italiano di accesso allargato al cabazitaxel (early access program, EAP), il PSA era ulteriormente incrementato a 71 ng/ml solo nell’ultimo mese, il performance status secondo ECOG (Eastern Cooperative Oncology Group) era uguale a 1 ed era lievemente sintomatico. Veniva sottoposto a terapia con cabazitaxel (25 mg/mq/ogni 3 settimane) in associazione a prednisone 10 mg/die. Da dicembre 2011 a settembre 2013 (90 anni) il paziente riceveva 17 cicli di cabazitaxel, il PSA diventava non rilevabile e la scintigrafia ossea non evidenziava nuove lesioni. Il trattamento era ben tollerato senza tossicità e il paziente asintomatico, a scopo profilattico solo i primi cicli venivano somministrati con il supporto dei fattori di crescita G-CSF (granulocyte colonystimulating factor). Lo studio randomizzato di fase III TROPIC, che ha confrontato il cabazitaxel verso il mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza a favore del cabazitaxel per i pazienti con mCRPC in progressione di malattia dopo o durante il trattamento chemioterapico con docetaxel. Inoltre il cabazitaxel è stato associato ad una riduzione del dolore relativo alla patologia neoplastica, con un profilo di sicurezza consistente con altre chemioterapie e una bassa percentuale di neuropatia periferica. Nello studio TROPIC è stato evidenziato, per i pazienti di età ≥ 75 anni (18%), un beneficio di sopravvivenza dal cabazitaxel sovrapponibile a quello riportato nei pazienti di età inferiore ai 75 anni. Il trial segnalava un rischio aumentato di neutropenia per i pazienti anziani con età > 75 anni ma gestibile con la profilassi primaria impiegando G-CSF. Il decesso del paziente avveniva dopo un anno dall’ultima somministrazione di cabazitaxel per cause naturali.
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IT100027 | Esame: TAC | non disponibile | 2 | Un paziente di 83 anni nel dicembre 2006, riceve diagnosi di carcinoma prostatico su biopsia in seguito alla comparsa di disturbi urinari. Al momento della diagnosi i parametri laboratoristico-strumentali erano i seguenti: PSA 127 ng/ml, il Gleason score 8 (4+4), due lesioni ossee evidenti alla scintigrafia ossea e la TC risultava negativa per ripetizioni viscerali. Paziente asintomatico. Nell’anamnesi patologica era riferita ipertensione arteriosa controllata con terapia medica. Dal momento della diagnosi veniva sottoposto a terapia continua con analoghi LH-RH (Luteinizing Hormone-Releasing Hormone) e riduzione del PSA al nadir di 10 ng/ ml dopo 6 mesi. Il PSA del paziente aumentava da 10 a 26 ng/ml in 3 mesi, una nuova scintigrafia ossea evidenziava la comparsa di nuove metastasi ossee, la TC continuava ad essere negativa per lesioni viscerali, la fosfatasi alcalina risultava esser incrementata, continuava ad essere asintomatico e in buone condizioni cliniche generali per cui veniva ritenuto “fit” secondo la valutazione geriatrica. Si sottoponeva a 4 serie, di 12 cicli ciascuno, di ritrattamenti con docetaxel (75 mg/mq/ogni 3 settimane) da ottobre 2007 a novembre 2011 che il paziente tollerava in maniera soddisfacente senza tossicità di rilievo, con una buona qualità di vita e il nadir del PSA raggiungeva 2 ng/ml. Lo studio clinico randomizzato di fase III TAX 327, docetaxel verso mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza del docetaxel trisettimanale nei pazienti con mCRPC. L’analisi per sottogruppi dei pazienti trattati con docetaxel trisettimanale verso mitoxantrone ha confermato che i pazienti di età ≥ 75 anni (20%) avevano un beneficio in termini di sopravvivenza sovrapponibile ai pazienti di età < 75 anni. Durante il trattamento con docetaxel, nel novembre 2011, il paziente andava in progressione biochimica e strumentale, quattro nuove lesioni ossee erano presenti ad una scintigrafia ossea, assenti le lesioni viscerali e il PSA aumentava da 2 a 62 ng/ml. Nel dicembre 2011 (88 anni) il paziente veniva arruolato nel programma italiano di accesso allargato al cabazitaxel (early access program, EAP), il PSA era ulteriormente incrementato a 71 ng/ml solo nell’ultimo mese, il performance status secondo ECOG (Eastern Cooperative Oncology Group) era uguale a 1 ed era lievemente sintomatico. Veniva sottoposto a terapia con cabazitaxel (25 mg/mq/ogni 3 settimane) in associazione a prednisone 10 mg/die. Da dicembre 2011 a settembre 2013 (90 anni) il paziente riceveva 17 cicli di cabazitaxel, il PSA diventava non rilevabile e la scintigrafia ossea non evidenziava nuove lesioni. Il trattamento era ben tollerato senza tossicità e il paziente asintomatico, a scopo profilattico solo i primi cicli venivano somministrati con il supporto dei fattori di crescita G-CSF (granulocyte colonystimulating factor). Lo studio randomizzato di fase III TROPIC, che ha confrontato il cabazitaxel verso il mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza a favore del cabazitaxel per i pazienti con mCRPC in progressione di malattia dopo o durante il trattamento chemioterapico con docetaxel. Inoltre il cabazitaxel è stato associato ad una riduzione del dolore relativo alla patologia neoplastica, con un profilo di sicurezza consistente con altre chemioterapie e una bassa percentuale di neuropatia periferica. Nello studio TROPIC è stato evidenziato, per i pazienti di età ≥ 75 anni (18%), un beneficio di sopravvivenza dal cabazitaxel sovrapponibile a quello riportato nei pazienti di età inferiore ai 75 anni. Il trial segnalava un rischio aumentato di neutropenia per i pazienti anziani con età > 75 anni ma gestibile con la profilassi primaria impiegando G-CSF. Il decesso del paziente avveniva dopo un anno dall’ultima somministrazione di cabazitaxel per cause naturali.
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IT100027 | Esame: EGDS | non disponibile | 2 | Un paziente di 83 anni nel dicembre 2006, riceve diagnosi di carcinoma prostatico su biopsia in seguito alla comparsa di disturbi urinari. Al momento della diagnosi i parametri laboratoristico-strumentali erano i seguenti: PSA 127 ng/ml, il Gleason score 8 (4+4), due lesioni ossee evidenti alla scintigrafia ossea e la TC risultava negativa per ripetizioni viscerali. Paziente asintomatico. Nell’anamnesi patologica era riferita ipertensione arteriosa controllata con terapia medica. Dal momento della diagnosi veniva sottoposto a terapia continua con analoghi LH-RH (Luteinizing Hormone-Releasing Hormone) e riduzione del PSA al nadir di 10 ng/ ml dopo 6 mesi. Il PSA del paziente aumentava da 10 a 26 ng/ml in 3 mesi, una nuova scintigrafia ossea evidenziava la comparsa di nuove metastasi ossee, la TC continuava ad essere negativa per lesioni viscerali, la fosfatasi alcalina risultava esser incrementata, continuava ad essere asintomatico e in buone condizioni cliniche generali per cui veniva ritenuto “fit” secondo la valutazione geriatrica. Si sottoponeva a 4 serie, di 12 cicli ciascuno, di ritrattamenti con docetaxel (75 mg/mq/ogni 3 settimane) da ottobre 2007 a novembre 2011 che il paziente tollerava in maniera soddisfacente senza tossicità di rilievo, con una buona qualità di vita e il nadir del PSA raggiungeva 2 ng/ml. Lo studio clinico randomizzato di fase III TAX 327, docetaxel verso mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza del docetaxel trisettimanale nei pazienti con mCRPC. L’analisi per sottogruppi dei pazienti trattati con docetaxel trisettimanale verso mitoxantrone ha confermato che i pazienti di età ≥ 75 anni (20%) avevano un beneficio in termini di sopravvivenza sovrapponibile ai pazienti di età < 75 anni. Durante il trattamento con docetaxel, nel novembre 2011, il paziente andava in progressione biochimica e strumentale, quattro nuove lesioni ossee erano presenti ad una scintigrafia ossea, assenti le lesioni viscerali e il PSA aumentava da 2 a 62 ng/ml. Nel dicembre 2011 (88 anni) il paziente veniva arruolato nel programma italiano di accesso allargato al cabazitaxel (early access program, EAP), il PSA era ulteriormente incrementato a 71 ng/ml solo nell’ultimo mese, il performance status secondo ECOG (Eastern Cooperative Oncology Group) era uguale a 1 ed era lievemente sintomatico. Veniva sottoposto a terapia con cabazitaxel (25 mg/mq/ogni 3 settimane) in associazione a prednisone 10 mg/die. Da dicembre 2011 a settembre 2013 (90 anni) il paziente riceveva 17 cicli di cabazitaxel, il PSA diventava non rilevabile e la scintigrafia ossea non evidenziava nuove lesioni. Il trattamento era ben tollerato senza tossicità e il paziente asintomatico, a scopo profilattico solo i primi cicli venivano somministrati con il supporto dei fattori di crescita G-CSF (granulocyte colonystimulating factor). Lo studio randomizzato di fase III TROPIC, che ha confrontato il cabazitaxel verso il mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza a favore del cabazitaxel per i pazienti con mCRPC in progressione di malattia dopo o durante il trattamento chemioterapico con docetaxel. Inoltre il cabazitaxel è stato associato ad una riduzione del dolore relativo alla patologia neoplastica, con un profilo di sicurezza consistente con altre chemioterapie e una bassa percentuale di neuropatia periferica. Nello studio TROPIC è stato evidenziato, per i pazienti di età ≥ 75 anni (18%), un beneficio di sopravvivenza dal cabazitaxel sovrapponibile a quello riportato nei pazienti di età inferiore ai 75 anni. Il trial segnalava un rischio aumentato di neutropenia per i pazienti anziani con età > 75 anni ma gestibile con la profilassi primaria impiegando G-CSF. Il decesso del paziente avveniva dopo un anno dall’ultima somministrazione di cabazitaxel per cause naturali.
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IT100027 | Esame: EF | non disponibile | 2 | Un paziente di 83 anni nel dicembre 2006, riceve diagnosi di carcinoma prostatico su biopsia in seguito alla comparsa di disturbi urinari. Al momento della diagnosi i parametri laboratoristico-strumentali erano i seguenti: PSA 127 ng/ml, il Gleason score 8 (4+4), due lesioni ossee evidenti alla scintigrafia ossea e la TC risultava negativa per ripetizioni viscerali. Paziente asintomatico. Nell’anamnesi patologica era riferita ipertensione arteriosa controllata con terapia medica. Dal momento della diagnosi veniva sottoposto a terapia continua con analoghi LH-RH (Luteinizing Hormone-Releasing Hormone) e riduzione del PSA al nadir di 10 ng/ ml dopo 6 mesi. Il PSA del paziente aumentava da 10 a 26 ng/ml in 3 mesi, una nuova scintigrafia ossea evidenziava la comparsa di nuove metastasi ossee, la TC continuava ad essere negativa per lesioni viscerali, la fosfatasi alcalina risultava esser incrementata, continuava ad essere asintomatico e in buone condizioni cliniche generali per cui veniva ritenuto “fit” secondo la valutazione geriatrica. Si sottoponeva a 4 serie, di 12 cicli ciascuno, di ritrattamenti con docetaxel (75 mg/mq/ogni 3 settimane) da ottobre 2007 a novembre 2011 che il paziente tollerava in maniera soddisfacente senza tossicità di rilievo, con una buona qualità di vita e il nadir del PSA raggiungeva 2 ng/ml. Lo studio clinico randomizzato di fase III TAX 327, docetaxel verso mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza del docetaxel trisettimanale nei pazienti con mCRPC. L’analisi per sottogruppi dei pazienti trattati con docetaxel trisettimanale verso mitoxantrone ha confermato che i pazienti di età ≥ 75 anni (20%) avevano un beneficio in termini di sopravvivenza sovrapponibile ai pazienti di età < 75 anni. Durante il trattamento con docetaxel, nel novembre 2011, il paziente andava in progressione biochimica e strumentale, quattro nuove lesioni ossee erano presenti ad una scintigrafia ossea, assenti le lesioni viscerali e il PSA aumentava da 2 a 62 ng/ml. Nel dicembre 2011 (88 anni) il paziente veniva arruolato nel programma italiano di accesso allargato al cabazitaxel (early access program, EAP), il PSA era ulteriormente incrementato a 71 ng/ml solo nell’ultimo mese, il performance status secondo ECOG (Eastern Cooperative Oncology Group) era uguale a 1 ed era lievemente sintomatico. Veniva sottoposto a terapia con cabazitaxel (25 mg/mq/ogni 3 settimane) in associazione a prednisone 10 mg/die. Da dicembre 2011 a settembre 2013 (90 anni) il paziente riceveva 17 cicli di cabazitaxel, il PSA diventava non rilevabile e la scintigrafia ossea non evidenziava nuove lesioni. Il trattamento era ben tollerato senza tossicità e il paziente asintomatico, a scopo profilattico solo i primi cicli venivano somministrati con il supporto dei fattori di crescita G-CSF (granulocyte colonystimulating factor). Lo studio randomizzato di fase III TROPIC, che ha confrontato il cabazitaxel verso il mitoxantrone, ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza a favore del cabazitaxel per i pazienti con mCRPC in progressione di malattia dopo o durante il trattamento chemioterapico con docetaxel. Inoltre il cabazitaxel è stato associato ad una riduzione del dolore relativo alla patologia neoplastica, con un profilo di sicurezza consistente con altre chemioterapie e una bassa percentuale di neuropatia periferica. Nello studio TROPIC è stato evidenziato, per i pazienti di età ≥ 75 anni (18%), un beneficio di sopravvivenza dal cabazitaxel sovrapponibile a quello riportato nei pazienti di età inferiore ai 75 anni. Il trial segnalava un rischio aumentato di neutropenia per i pazienti anziani con età > 75 anni ma gestibile con la profilassi primaria impiegando G-CSF. Il decesso del paziente avveniva dopo un anno dall’ultima somministrazione di cabazitaxel per cause naturali.
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IT100344 | Esame: creatinina | non disponibile | 2 | Una donna di 68 anni viene inviata dal medico di medicina generale al nostro ospedale per comparsa da circa due mesi di astenia, dolore addominale ricorrente, inappetenza, alcuni episodi di febbre elevata e diarrea. Tre mesi prima del ricovero si era manifestata la comparsa di artralgie diffuse, ancora presenti, per cui era stata formulata diagnosi di probabile artrite reumatoide sieronegativa con esordio senile e consigliata terapia con idrossiclorochina subito sospesa per comparsa di eruzione cutanea e metilprednisone assunto dalla paziente in modo discontinuo e sospeso dieci giorni prima del ricovero. All’ingresso si presentava in buone condizioni generali con esame obiettivo sostanzialmente normale; in particolare non vi erano segni di flogosi articolare né febbre. Dato il netto incremento della lattico deidrogenasi (LDH) e della ferritina sierica veniva posto il sospetto di febbre sistemica in patologia linfoproliferativa. Alla TC addome erano riconoscibili alcuni linfonodi in sede para-aortica sinistra e nel ventaglio mesenteriale, lungo gli assi iliaci comuni di cui i maggiori di circa 1,9 cm. La TC PET rilevava una diffusa linfadenopatia aspecifica in tutte le stazioni linfonodali. La biopsia linfonodale non veniva eseguita per difficoltà nell’individuare ecograficamente linfonodi nelle stazioni superficiali. La biopsia osteomidollare risultava nei limiti. La paziente durante la degenza presentava puntate febbrili fino a 40°C accompagnate da rash cutaneo evanescente al tronco e profonda astenia, per cui veniva posta in terapia antibiotica inizialmente con ceftriaxone e in seguito con meropenem. In tali occasioni gli esami ematochimici eseguiti, comprensivi di emocolture, urocolture e sierologia per autoimmunità, risultavano sempre nella norma. All’emocromo i globuli bianchi erano fra 2.500 e 5.000/ mm3 con modica linfopenia alla formula leucocitaria e la PCR risultava solo modestamente elevata. In occasione di un rialzo febbrile la paziente manifestava edema polmonare acuto accompagnato da severo bronco-spasmo e dolore toracico, per il quale si rendeva necessario somministrare ossigenoterapia, furosemide e corticosteroide per via sistemica. Veniva documentato, inoltre, il rialzo della troponina TnT-hs (289; vn < 14 pg/ ml) con comparsa all’ECG di onde T negative diffuse, QTc nella norma. L’ecocardiogramma eseguito in urgenza evidenziava un quadro di ipo-acinesia dell’apice con aspetto globoso (aspetto Tako- Tsubo-like) associato a moderata depressione della funzione sistolica globale. In seguito si eseguiva una risonanza magnetica cardiaca che permetteva di escludere una miocardite; la coronarografia eseguita a completamento diagnostico escludeva stenosi coronariche emodinamicamente significative confermando quindi l’ipotesi di sindrome Tako-Tsubo. Alla luce della risposta clinica alla terapia steroidea, della aspecificità delle indagini sierologiche e strumentali e sulla base dei criteri diagnostici della letteratura veniva formulata diagnosi di morbo di Still dell’adulto. La paziente veniva posta in terapia steroidea con prednisone al dosaggio di 1 mg/kg/die per 7 giorni e in seguito a scalare con sospensione completa dopo 3 mesi. Si osservava un netto e rapido miglioramento del quadro clinico con recupero ottimale della cenestesi. A distanza di sei mesi dal ricovero la paziente rimaneva asintomatica e in compenso emodinamico. Nel corso del follow-up si raggiungeva una completa normalizzazione di LDH e ferritina. L’ECG e l’ecocardiogramma documentavano, rispettivamente, normalizzazione della ripolarizzazione ventricolare, della funzione sistolica globale e della cinetica ventricolare sinistra.
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IT100344 | Esame: ecocardiogramma | non disponibile | 2 | Una donna di 68 anni viene inviata dal medico di medicina generale al nostro ospedale per comparsa da circa due mesi di astenia, dolore addominale ricorrente, inappetenza, alcuni episodi di febbre elevata e diarrea. Tre mesi prima del ricovero si era manifestata la comparsa di artralgie diffuse, ancora presenti, per cui era stata formulata diagnosi di probabile artrite reumatoide sieronegativa con esordio senile e consigliata terapia con idrossiclorochina subito sospesa per comparsa di eruzione cutanea e metilprednisone assunto dalla paziente in modo discontinuo e sospeso dieci giorni prima del ricovero. All’ingresso si presentava in buone condizioni generali con esame obiettivo sostanzialmente normale; in particolare non vi erano segni di flogosi articolare né febbre. Dato il netto incremento della lattico deidrogenasi (LDH) e della ferritina sierica veniva posto il sospetto di febbre sistemica in patologia linfoproliferativa. Alla TC addome erano riconoscibili alcuni linfonodi in sede para-aortica sinistra e nel ventaglio mesenteriale, lungo gli assi iliaci comuni di cui i maggiori di circa 1,9 cm. La TC PET rilevava una diffusa linfadenopatia aspecifica in tutte le stazioni linfonodali. La biopsia linfonodale non veniva eseguita per difficoltà nell’individuare ecograficamente linfonodi nelle stazioni superficiali. La biopsia osteomidollare risultava nei limiti. La paziente durante la degenza presentava puntate febbrili fino a 40°C accompagnate da rash cutaneo evanescente al tronco e profonda astenia, per cui veniva posta in terapia antibiotica inizialmente con ceftriaxone e in seguito con meropenem. In tali occasioni gli esami ematochimici eseguiti, comprensivi di emocolture, urocolture e sierologia per autoimmunità, risultavano sempre nella norma. All’emocromo i globuli bianchi erano fra 2.500 e 5.000/ mm3 con modica linfopenia alla formula leucocitaria e la PCR risultava solo modestamente elevata. In occasione di un rialzo febbrile la paziente manifestava edema polmonare acuto accompagnato da severo bronco-spasmo e dolore toracico, per il quale si rendeva necessario somministrare ossigenoterapia, furosemide e corticosteroide per via sistemica. Veniva documentato, inoltre, il rialzo della troponina TnT-hs (289; vn < 14 pg/ ml) con comparsa all’ECG di onde T negative diffuse, QTc nella norma. L’ecocardiogramma eseguito in urgenza evidenziava un quadro di ipo-acinesia dell’apice con aspetto globoso (aspetto Tako- Tsubo-like) associato a moderata depressione della funzione sistolica globale. In seguito si eseguiva una risonanza magnetica cardiaca che permetteva di escludere una miocardite; la coronarografia eseguita a completamento diagnostico escludeva stenosi coronariche emodinamicamente significative confermando quindi l’ipotesi di sindrome Tako-Tsubo. Alla luce della risposta clinica alla terapia steroidea, della aspecificità delle indagini sierologiche e strumentali e sulla base dei criteri diagnostici della letteratura veniva formulata diagnosi di morbo di Still dell’adulto. La paziente veniva posta in terapia steroidea con prednisone al dosaggio di 1 mg/kg/die per 7 giorni e in seguito a scalare con sospensione completa dopo 3 mesi. Si osservava un netto e rapido miglioramento del quadro clinico con recupero ottimale della cenestesi. A distanza di sei mesi dal ricovero la paziente rimaneva asintomatica e in compenso emodinamico. Nel corso del follow-up si raggiungeva una completa normalizzazione di LDH e ferritina. L’ECG e l’ecocardiogramma documentavano, rispettivamente, normalizzazione della ripolarizzazione ventricolare, della funzione sistolica globale e della cinetica ventricolare sinistra.
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IT100344 | Esame: proteinuria | non disponibile | 2 | Una donna di 68 anni viene inviata dal medico di medicina generale al nostro ospedale per comparsa da circa due mesi di astenia, dolore addominale ricorrente, inappetenza, alcuni episodi di febbre elevata e diarrea. Tre mesi prima del ricovero si era manifestata la comparsa di artralgie diffuse, ancora presenti, per cui era stata formulata diagnosi di probabile artrite reumatoide sieronegativa con esordio senile e consigliata terapia con idrossiclorochina subito sospesa per comparsa di eruzione cutanea e metilprednisone assunto dalla paziente in modo discontinuo e sospeso dieci giorni prima del ricovero. All’ingresso si presentava in buone condizioni generali con esame obiettivo sostanzialmente normale; in particolare non vi erano segni di flogosi articolare né febbre. Dato il netto incremento della lattico deidrogenasi (LDH) e della ferritina sierica veniva posto il sospetto di febbre sistemica in patologia linfoproliferativa. Alla TC addome erano riconoscibili alcuni linfonodi in sede para-aortica sinistra e nel ventaglio mesenteriale, lungo gli assi iliaci comuni di cui i maggiori di circa 1,9 cm. La TC PET rilevava una diffusa linfadenopatia aspecifica in tutte le stazioni linfonodali. La biopsia linfonodale non veniva eseguita per difficoltà nell’individuare ecograficamente linfonodi nelle stazioni superficiali. La biopsia osteomidollare risultava nei limiti. La paziente durante la degenza presentava puntate febbrili fino a 40°C accompagnate da rash cutaneo evanescente al tronco e profonda astenia, per cui veniva posta in terapia antibiotica inizialmente con ceftriaxone e in seguito con meropenem. In tali occasioni gli esami ematochimici eseguiti, comprensivi di emocolture, urocolture e sierologia per autoimmunità, risultavano sempre nella norma. All’emocromo i globuli bianchi erano fra 2.500 e 5.000/ mm3 con modica linfopenia alla formula leucocitaria e la PCR risultava solo modestamente elevata. In occasione di un rialzo febbrile la paziente manifestava edema polmonare acuto accompagnato da severo bronco-spasmo e dolore toracico, per il quale si rendeva necessario somministrare ossigenoterapia, furosemide e corticosteroide per via sistemica. Veniva documentato, inoltre, il rialzo della troponina TnT-hs (289; vn < 14 pg/ ml) con comparsa all’ECG di onde T negative diffuse, QTc nella norma. L’ecocardiogramma eseguito in urgenza evidenziava un quadro di ipo-acinesia dell’apice con aspetto globoso (aspetto Tako- Tsubo-like) associato a moderata depressione della funzione sistolica globale. In seguito si eseguiva una risonanza magnetica cardiaca che permetteva di escludere una miocardite; la coronarografia eseguita a completamento diagnostico escludeva stenosi coronariche emodinamicamente significative confermando quindi l’ipotesi di sindrome Tako-Tsubo. Alla luce della risposta clinica alla terapia steroidea, della aspecificità delle indagini sierologiche e strumentali e sulla base dei criteri diagnostici della letteratura veniva formulata diagnosi di morbo di Still dell’adulto. La paziente veniva posta in terapia steroidea con prednisone al dosaggio di 1 mg/kg/die per 7 giorni e in seguito a scalare con sospensione completa dopo 3 mesi. Si osservava un netto e rapido miglioramento del quadro clinico con recupero ottimale della cenestesi. A distanza di sei mesi dal ricovero la paziente rimaneva asintomatica e in compenso emodinamico. Nel corso del follow-up si raggiungeva una completa normalizzazione di LDH e ferritina. L’ECG e l’ecocardiogramma documentavano, rispettivamente, normalizzazione della ripolarizzazione ventricolare, della funzione sistolica globale e della cinetica ventricolare sinistra.
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IT100344 | Esame: p-ANCA | non disponibile | 2 | Una donna di 68 anni viene inviata dal medico di medicina generale al nostro ospedale per comparsa da circa due mesi di astenia, dolore addominale ricorrente, inappetenza, alcuni episodi di febbre elevata e diarrea. Tre mesi prima del ricovero si era manifestata la comparsa di artralgie diffuse, ancora presenti, per cui era stata formulata diagnosi di probabile artrite reumatoide sieronegativa con esordio senile e consigliata terapia con idrossiclorochina subito sospesa per comparsa di eruzione cutanea e metilprednisone assunto dalla paziente in modo discontinuo e sospeso dieci giorni prima del ricovero. All’ingresso si presentava in buone condizioni generali con esame obiettivo sostanzialmente normale; in particolare non vi erano segni di flogosi articolare né febbre. Dato il netto incremento della lattico deidrogenasi (LDH) e della ferritina sierica veniva posto il sospetto di febbre sistemica in patologia linfoproliferativa. Alla TC addome erano riconoscibili alcuni linfonodi in sede para-aortica sinistra e nel ventaglio mesenteriale, lungo gli assi iliaci comuni di cui i maggiori di circa 1,9 cm. La TC PET rilevava una diffusa linfadenopatia aspecifica in tutte le stazioni linfonodali. La biopsia linfonodale non veniva eseguita per difficoltà nell’individuare ecograficamente linfonodi nelle stazioni superficiali. La biopsia osteomidollare risultava nei limiti. La paziente durante la degenza presentava puntate febbrili fino a 40°C accompagnate da rash cutaneo evanescente al tronco e profonda astenia, per cui veniva posta in terapia antibiotica inizialmente con ceftriaxone e in seguito con meropenem. In tali occasioni gli esami ematochimici eseguiti, comprensivi di emocolture, urocolture e sierologia per autoimmunità, risultavano sempre nella norma. All’emocromo i globuli bianchi erano fra 2.500 e 5.000/ mm3 con modica linfopenia alla formula leucocitaria e la PCR risultava solo modestamente elevata. In occasione di un rialzo febbrile la paziente manifestava edema polmonare acuto accompagnato da severo bronco-spasmo e dolore toracico, per il quale si rendeva necessario somministrare ossigenoterapia, furosemide e corticosteroide per via sistemica. Veniva documentato, inoltre, il rialzo della troponina TnT-hs (289; vn < 14 pg/ ml) con comparsa all’ECG di onde T negative diffuse, QTc nella norma. L’ecocardiogramma eseguito in urgenza evidenziava un quadro di ipo-acinesia dell’apice con aspetto globoso (aspetto Tako- Tsubo-like) associato a moderata depressione della funzione sistolica globale. In seguito si eseguiva una risonanza magnetica cardiaca che permetteva di escludere una miocardite; la coronarografia eseguita a completamento diagnostico escludeva stenosi coronariche emodinamicamente significative confermando quindi l’ipotesi di sindrome Tako-Tsubo. Alla luce della risposta clinica alla terapia steroidea, della aspecificità delle indagini sierologiche e strumentali e sulla base dei criteri diagnostici della letteratura veniva formulata diagnosi di morbo di Still dell’adulto. La paziente veniva posta in terapia steroidea con prednisone al dosaggio di 1 mg/kg/die per 7 giorni e in seguito a scalare con sospensione completa dopo 3 mesi. Si osservava un netto e rapido miglioramento del quadro clinico con recupero ottimale della cenestesi. A distanza di sei mesi dal ricovero la paziente rimaneva asintomatica e in compenso emodinamico. Nel corso del follow-up si raggiungeva una completa normalizzazione di LDH e ferritina. L’ECG e l’ecocardiogramma documentavano, rispettivamente, normalizzazione della ripolarizzazione ventricolare, della funzione sistolica globale e della cinetica ventricolare sinistra.
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IT100344 | Esame: IFI | non disponibile | 2 | Una donna di 68 anni viene inviata dal medico di medicina generale al nostro ospedale per comparsa da circa due mesi di astenia, dolore addominale ricorrente, inappetenza, alcuni episodi di febbre elevata e diarrea. Tre mesi prima del ricovero si era manifestata la comparsa di artralgie diffuse, ancora presenti, per cui era stata formulata diagnosi di probabile artrite reumatoide sieronegativa con esordio senile e consigliata terapia con idrossiclorochina subito sospesa per comparsa di eruzione cutanea e metilprednisone assunto dalla paziente in modo discontinuo e sospeso dieci giorni prima del ricovero. All’ingresso si presentava in buone condizioni generali con esame obiettivo sostanzialmente normale; in particolare non vi erano segni di flogosi articolare né febbre. Dato il netto incremento della lattico deidrogenasi (LDH) e della ferritina sierica veniva posto il sospetto di febbre sistemica in patologia linfoproliferativa. Alla TC addome erano riconoscibili alcuni linfonodi in sede para-aortica sinistra e nel ventaglio mesenteriale, lungo gli assi iliaci comuni di cui i maggiori di circa 1,9 cm. La TC PET rilevava una diffusa linfadenopatia aspecifica in tutte le stazioni linfonodali. La biopsia linfonodale non veniva eseguita per difficoltà nell’individuare ecograficamente linfonodi nelle stazioni superficiali. La biopsia osteomidollare risultava nei limiti. La paziente durante la degenza presentava puntate febbrili fino a 40°C accompagnate da rash cutaneo evanescente al tronco e profonda astenia, per cui veniva posta in terapia antibiotica inizialmente con ceftriaxone e in seguito con meropenem. In tali occasioni gli esami ematochimici eseguiti, comprensivi di emocolture, urocolture e sierologia per autoimmunità, risultavano sempre nella norma. All’emocromo i globuli bianchi erano fra 2.500 e 5.000/ mm3 con modica linfopenia alla formula leucocitaria e la PCR risultava solo modestamente elevata. In occasione di un rialzo febbrile la paziente manifestava edema polmonare acuto accompagnato da severo bronco-spasmo e dolore toracico, per il quale si rendeva necessario somministrare ossigenoterapia, furosemide e corticosteroide per via sistemica. Veniva documentato, inoltre, il rialzo della troponina TnT-hs (289; vn < 14 pg/ ml) con comparsa all’ECG di onde T negative diffuse, QTc nella norma. L’ecocardiogramma eseguito in urgenza evidenziava un quadro di ipo-acinesia dell’apice con aspetto globoso (aspetto Tako- Tsubo-like) associato a moderata depressione della funzione sistolica globale. In seguito si eseguiva una risonanza magnetica cardiaca che permetteva di escludere una miocardite; la coronarografia eseguita a completamento diagnostico escludeva stenosi coronariche emodinamicamente significative confermando quindi l’ipotesi di sindrome Tako-Tsubo. Alla luce della risposta clinica alla terapia steroidea, della aspecificità delle indagini sierologiche e strumentali e sulla base dei criteri diagnostici della letteratura veniva formulata diagnosi di morbo di Still dell’adulto. La paziente veniva posta in terapia steroidea con prednisone al dosaggio di 1 mg/kg/die per 7 giorni e in seguito a scalare con sospensione completa dopo 3 mesi. Si osservava un netto e rapido miglioramento del quadro clinico con recupero ottimale della cenestesi. A distanza di sei mesi dal ricovero la paziente rimaneva asintomatica e in compenso emodinamico. Nel corso del follow-up si raggiungeva una completa normalizzazione di LDH e ferritina. L’ECG e l’ecocardiogramma documentavano, rispettivamente, normalizzazione della ripolarizzazione ventricolare, della funzione sistolica globale e della cinetica ventricolare sinistra.
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IT100344 | Esame: EIA | non disponibile | 2 | Una donna di 68 anni viene inviata dal medico di medicina generale al nostro ospedale per comparsa da circa due mesi di astenia, dolore addominale ricorrente, inappetenza, alcuni episodi di febbre elevata e diarrea. Tre mesi prima del ricovero si era manifestata la comparsa di artralgie diffuse, ancora presenti, per cui era stata formulata diagnosi di probabile artrite reumatoide sieronegativa con esordio senile e consigliata terapia con idrossiclorochina subito sospesa per comparsa di eruzione cutanea e metilprednisone assunto dalla paziente in modo discontinuo e sospeso dieci giorni prima del ricovero. All’ingresso si presentava in buone condizioni generali con esame obiettivo sostanzialmente normale; in particolare non vi erano segni di flogosi articolare né febbre. Dato il netto incremento della lattico deidrogenasi (LDH) e della ferritina sierica veniva posto il sospetto di febbre sistemica in patologia linfoproliferativa. Alla TC addome erano riconoscibili alcuni linfonodi in sede para-aortica sinistra e nel ventaglio mesenteriale, lungo gli assi iliaci comuni di cui i maggiori di circa 1,9 cm. La TC PET rilevava una diffusa linfadenopatia aspecifica in tutte le stazioni linfonodali. La biopsia linfonodale non veniva eseguita per difficoltà nell’individuare ecograficamente linfonodi nelle stazioni superficiali. La biopsia osteomidollare risultava nei limiti. La paziente durante la degenza presentava puntate febbrili fino a 40°C accompagnate da rash cutaneo evanescente al tronco e profonda astenia, per cui veniva posta in terapia antibiotica inizialmente con ceftriaxone e in seguito con meropenem. In tali occasioni gli esami ematochimici eseguiti, comprensivi di emocolture, urocolture e sierologia per autoimmunità, risultavano sempre nella norma. All’emocromo i globuli bianchi erano fra 2.500 e 5.000/ mm3 con modica linfopenia alla formula leucocitaria e la PCR risultava solo modestamente elevata. In occasione di un rialzo febbrile la paziente manifestava edema polmonare acuto accompagnato da severo bronco-spasmo e dolore toracico, per il quale si rendeva necessario somministrare ossigenoterapia, furosemide e corticosteroide per via sistemica. Veniva documentato, inoltre, il rialzo della troponina TnT-hs (289; vn < 14 pg/ ml) con comparsa all’ECG di onde T negative diffuse, QTc nella norma. L’ecocardiogramma eseguito in urgenza evidenziava un quadro di ipo-acinesia dell’apice con aspetto globoso (aspetto Tako- Tsubo-like) associato a moderata depressione della funzione sistolica globale. In seguito si eseguiva una risonanza magnetica cardiaca che permetteva di escludere una miocardite; la coronarografia eseguita a completamento diagnostico escludeva stenosi coronariche emodinamicamente significative confermando quindi l’ipotesi di sindrome Tako-Tsubo. Alla luce della risposta clinica alla terapia steroidea, della aspecificità delle indagini sierologiche e strumentali e sulla base dei criteri diagnostici della letteratura veniva formulata diagnosi di morbo di Still dell’adulto. La paziente veniva posta in terapia steroidea con prednisone al dosaggio di 1 mg/kg/die per 7 giorni e in seguito a scalare con sospensione completa dopo 3 mesi. Si osservava un netto e rapido miglioramento del quadro clinico con recupero ottimale della cenestesi. A distanza di sei mesi dal ricovero la paziente rimaneva asintomatica e in compenso emodinamico. Nel corso del follow-up si raggiungeva una completa normalizzazione di LDH e ferritina. L’ECG e l’ecocardiogramma documentavano, rispettivamente, normalizzazione della ripolarizzazione ventricolare, della funzione sistolica globale e della cinetica ventricolare sinistra.
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IT100344 | Esame: espettorato | non disponibile | 2 | Una donna di 68 anni viene inviata dal medico di medicina generale al nostro ospedale per comparsa da circa due mesi di astenia, dolore addominale ricorrente, inappetenza, alcuni episodi di febbre elevata e diarrea. Tre mesi prima del ricovero si era manifestata la comparsa di artralgie diffuse, ancora presenti, per cui era stata formulata diagnosi di probabile artrite reumatoide sieronegativa con esordio senile e consigliata terapia con idrossiclorochina subito sospesa per comparsa di eruzione cutanea e metilprednisone assunto dalla paziente in modo discontinuo e sospeso dieci giorni prima del ricovero. All’ingresso si presentava in buone condizioni generali con esame obiettivo sostanzialmente normale; in particolare non vi erano segni di flogosi articolare né febbre. Dato il netto incremento della lattico deidrogenasi (LDH) e della ferritina sierica veniva posto il sospetto di febbre sistemica in patologia linfoproliferativa. Alla TC addome erano riconoscibili alcuni linfonodi in sede para-aortica sinistra e nel ventaglio mesenteriale, lungo gli assi iliaci comuni di cui i maggiori di circa 1,9 cm. La TC PET rilevava una diffusa linfadenopatia aspecifica in tutte le stazioni linfonodali. La biopsia linfonodale non veniva eseguita per difficoltà nell’individuare ecograficamente linfonodi nelle stazioni superficiali. La biopsia osteomidollare risultava nei limiti. La paziente durante la degenza presentava puntate febbrili fino a 40°C accompagnate da rash cutaneo evanescente al tronco e profonda astenia, per cui veniva posta in terapia antibiotica inizialmente con ceftriaxone e in seguito con meropenem. In tali occasioni gli esami ematochimici eseguiti, comprensivi di emocolture, urocolture e sierologia per autoimmunità, risultavano sempre nella norma. All’emocromo i globuli bianchi erano fra 2.500 e 5.000/ mm3 con modica linfopenia alla formula leucocitaria e la PCR risultava solo modestamente elevata. In occasione di un rialzo febbrile la paziente manifestava edema polmonare acuto accompagnato da severo bronco-spasmo e dolore toracico, per il quale si rendeva necessario somministrare ossigenoterapia, furosemide e corticosteroide per via sistemica. Veniva documentato, inoltre, il rialzo della troponina TnT-hs (289; vn < 14 pg/ ml) con comparsa all’ECG di onde T negative diffuse, QTc nella norma. L’ecocardiogramma eseguito in urgenza evidenziava un quadro di ipo-acinesia dell’apice con aspetto globoso (aspetto Tako- Tsubo-like) associato a moderata depressione della funzione sistolica globale. In seguito si eseguiva una risonanza magnetica cardiaca che permetteva di escludere una miocardite; la coronarografia eseguita a completamento diagnostico escludeva stenosi coronariche emodinamicamente significative confermando quindi l’ipotesi di sindrome Tako-Tsubo. Alla luce della risposta clinica alla terapia steroidea, della aspecificità delle indagini sierologiche e strumentali e sulla base dei criteri diagnostici della letteratura veniva formulata diagnosi di morbo di Still dell’adulto. La paziente veniva posta in terapia steroidea con prednisone al dosaggio di 1 mg/kg/die per 7 giorni e in seguito a scalare con sospensione completa dopo 3 mesi. Si osservava un netto e rapido miglioramento del quadro clinico con recupero ottimale della cenestesi. A distanza di sei mesi dal ricovero la paziente rimaneva asintomatica e in compenso emodinamico. Nel corso del follow-up si raggiungeva una completa normalizzazione di LDH e ferritina. L’ECG e l’ecocardiogramma documentavano, rispettivamente, normalizzazione della ripolarizzazione ventricolare, della funzione sistolica globale e della cinetica ventricolare sinistra.
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IT100344 | Esame: urinocoltura | non disponibile | 2 | Una donna di 68 anni viene inviata dal medico di medicina generale al nostro ospedale per comparsa da circa due mesi di astenia, dolore addominale ricorrente, inappetenza, alcuni episodi di febbre elevata e diarrea. Tre mesi prima del ricovero si era manifestata la comparsa di artralgie diffuse, ancora presenti, per cui era stata formulata diagnosi di probabile artrite reumatoide sieronegativa con esordio senile e consigliata terapia con idrossiclorochina subito sospesa per comparsa di eruzione cutanea e metilprednisone assunto dalla paziente in modo discontinuo e sospeso dieci giorni prima del ricovero. All’ingresso si presentava in buone condizioni generali con esame obiettivo sostanzialmente normale; in particolare non vi erano segni di flogosi articolare né febbre. Dato il netto incremento della lattico deidrogenasi (LDH) e della ferritina sierica veniva posto il sospetto di febbre sistemica in patologia linfoproliferativa. Alla TC addome erano riconoscibili alcuni linfonodi in sede para-aortica sinistra e nel ventaglio mesenteriale, lungo gli assi iliaci comuni di cui i maggiori di circa 1,9 cm. La TC PET rilevava una diffusa linfadenopatia aspecifica in tutte le stazioni linfonodali. La biopsia linfonodale non veniva eseguita per difficoltà nell’individuare ecograficamente linfonodi nelle stazioni superficiali. La biopsia osteomidollare risultava nei limiti. La paziente durante la degenza presentava puntate febbrili fino a 40°C accompagnate da rash cutaneo evanescente al tronco e profonda astenia, per cui veniva posta in terapia antibiotica inizialmente con ceftriaxone e in seguito con meropenem. In tali occasioni gli esami ematochimici eseguiti, comprensivi di emocolture, urocolture e sierologia per autoimmunità, risultavano sempre nella norma. All’emocromo i globuli bianchi erano fra 2.500 e 5.000/ mm3 con modica linfopenia alla formula leucocitaria e la PCR risultava solo modestamente elevata. In occasione di un rialzo febbrile la paziente manifestava edema polmonare acuto accompagnato da severo bronco-spasmo e dolore toracico, per il quale si rendeva necessario somministrare ossigenoterapia, furosemide e corticosteroide per via sistemica. Veniva documentato, inoltre, il rialzo della troponina TnT-hs (289; vn < 14 pg/ ml) con comparsa all’ECG di onde T negative diffuse, QTc nella norma. L’ecocardiogramma eseguito in urgenza evidenziava un quadro di ipo-acinesia dell’apice con aspetto globoso (aspetto Tako- Tsubo-like) associato a moderata depressione della funzione sistolica globale. In seguito si eseguiva una risonanza magnetica cardiaca che permetteva di escludere una miocardite; la coronarografia eseguita a completamento diagnostico escludeva stenosi coronariche emodinamicamente significative confermando quindi l’ipotesi di sindrome Tako-Tsubo. Alla luce della risposta clinica alla terapia steroidea, della aspecificità delle indagini sierologiche e strumentali e sulla base dei criteri diagnostici della letteratura veniva formulata diagnosi di morbo di Still dell’adulto. La paziente veniva posta in terapia steroidea con prednisone al dosaggio di 1 mg/kg/die per 7 giorni e in seguito a scalare con sospensione completa dopo 3 mesi. Si osservava un netto e rapido miglioramento del quadro clinico con recupero ottimale della cenestesi. A distanza di sei mesi dal ricovero la paziente rimaneva asintomatica e in compenso emodinamico. Nel corso del follow-up si raggiungeva una completa normalizzazione di LDH e ferritina. L’ECG e l’ecocardiogramma documentavano, rispettivamente, normalizzazione della ripolarizzazione ventricolare, della funzione sistolica globale e della cinetica ventricolare sinistra.
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IT100344 | Esame: BMI | non disponibile | 2 | Una donna di 68 anni viene inviata dal medico di medicina generale al nostro ospedale per comparsa da circa due mesi di astenia, dolore addominale ricorrente, inappetenza, alcuni episodi di febbre elevata e diarrea. Tre mesi prima del ricovero si era manifestata la comparsa di artralgie diffuse, ancora presenti, per cui era stata formulata diagnosi di probabile artrite reumatoide sieronegativa con esordio senile e consigliata terapia con idrossiclorochina subito sospesa per comparsa di eruzione cutanea e metilprednisone assunto dalla paziente in modo discontinuo e sospeso dieci giorni prima del ricovero. All’ingresso si presentava in buone condizioni generali con esame obiettivo sostanzialmente normale; in particolare non vi erano segni di flogosi articolare né febbre. Dato il netto incremento della lattico deidrogenasi (LDH) e della ferritina sierica veniva posto il sospetto di febbre sistemica in patologia linfoproliferativa. Alla TC addome erano riconoscibili alcuni linfonodi in sede para-aortica sinistra e nel ventaglio mesenteriale, lungo gli assi iliaci comuni di cui i maggiori di circa 1,9 cm. La TC PET rilevava una diffusa linfadenopatia aspecifica in tutte le stazioni linfonodali. La biopsia linfonodale non veniva eseguita per difficoltà nell’individuare ecograficamente linfonodi nelle stazioni superficiali. La biopsia osteomidollare risultava nei limiti. La paziente durante la degenza presentava puntate febbrili fino a 40°C accompagnate da rash cutaneo evanescente al tronco e profonda astenia, per cui veniva posta in terapia antibiotica inizialmente con ceftriaxone e in seguito con meropenem. In tali occasioni gli esami ematochimici eseguiti, comprensivi di emocolture, urocolture e sierologia per autoimmunità, risultavano sempre nella norma. All’emocromo i globuli bianchi erano fra 2.500 e 5.000/ mm3 con modica linfopenia alla formula leucocitaria e la PCR risultava solo modestamente elevata. In occasione di un rialzo febbrile la paziente manifestava edema polmonare acuto accompagnato da severo bronco-spasmo e dolore toracico, per il quale si rendeva necessario somministrare ossigenoterapia, furosemide e corticosteroide per via sistemica. Veniva documentato, inoltre, il rialzo della troponina TnT-hs (289; vn < 14 pg/ ml) con comparsa all’ECG di onde T negative diffuse, QTc nella norma. L’ecocardiogramma eseguito in urgenza evidenziava un quadro di ipo-acinesia dell’apice con aspetto globoso (aspetto Tako- Tsubo-like) associato a moderata depressione della funzione sistolica globale. In seguito si eseguiva una risonanza magnetica cardiaca che permetteva di escludere una miocardite; la coronarografia eseguita a completamento diagnostico escludeva stenosi coronariche emodinamicamente significative confermando quindi l’ipotesi di sindrome Tako-Tsubo. Alla luce della risposta clinica alla terapia steroidea, della aspecificità delle indagini sierologiche e strumentali e sulla base dei criteri diagnostici della letteratura veniva formulata diagnosi di morbo di Still dell’adulto. La paziente veniva posta in terapia steroidea con prednisone al dosaggio di 1 mg/kg/die per 7 giorni e in seguito a scalare con sospensione completa dopo 3 mesi. Si osservava un netto e rapido miglioramento del quadro clinico con recupero ottimale della cenestesi. A distanza di sei mesi dal ricovero la paziente rimaneva asintomatica e in compenso emodinamico. Nel corso del follow-up si raggiungeva una completa normalizzazione di LDH e ferritina. L’ECG e l’ecocardiogramma documentavano, rispettivamente, normalizzazione della ripolarizzazione ventricolare, della funzione sistolica globale e della cinetica ventricolare sinistra.
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IT100344 | Esame: fosfatasi | non disponibile | 2 | Una donna di 68 anni viene inviata dal medico di medicina generale al nostro ospedale per comparsa da circa due mesi di astenia, dolore addominale ricorrente, inappetenza, alcuni episodi di febbre elevata e diarrea. Tre mesi prima del ricovero si era manifestata la comparsa di artralgie diffuse, ancora presenti, per cui era stata formulata diagnosi di probabile artrite reumatoide sieronegativa con esordio senile e consigliata terapia con idrossiclorochina subito sospesa per comparsa di eruzione cutanea e metilprednisone assunto dalla paziente in modo discontinuo e sospeso dieci giorni prima del ricovero. All’ingresso si presentava in buone condizioni generali con esame obiettivo sostanzialmente normale; in particolare non vi erano segni di flogosi articolare né febbre. Dato il netto incremento della lattico deidrogenasi (LDH) e della ferritina sierica veniva posto il sospetto di febbre sistemica in patologia linfoproliferativa. Alla TC addome erano riconoscibili alcuni linfonodi in sede para-aortica sinistra e nel ventaglio mesenteriale, lungo gli assi iliaci comuni di cui i maggiori di circa 1,9 cm. La TC PET rilevava una diffusa linfadenopatia aspecifica in tutte le stazioni linfonodali. La biopsia linfonodale non veniva eseguita per difficoltà nell’individuare ecograficamente linfonodi nelle stazioni superficiali. La biopsia osteomidollare risultava nei limiti. La paziente durante la degenza presentava puntate febbrili fino a 40°C accompagnate da rash cutaneo evanescente al tronco e profonda astenia, per cui veniva posta in terapia antibiotica inizialmente con ceftriaxone e in seguito con meropenem. In tali occasioni gli esami ematochimici eseguiti, comprensivi di emocolture, urocolture e sierologia per autoimmunità, risultavano sempre nella norma. All’emocromo i globuli bianchi erano fra 2.500 e 5.000/ mm3 con modica linfopenia alla formula leucocitaria e la PCR risultava solo modestamente elevata. In occasione di un rialzo febbrile la paziente manifestava edema polmonare acuto accompagnato da severo bronco-spasmo e dolore toracico, per il quale si rendeva necessario somministrare ossigenoterapia, furosemide e corticosteroide per via sistemica. Veniva documentato, inoltre, il rialzo della troponina TnT-hs (289; vn < 14 pg/ ml) con comparsa all’ECG di onde T negative diffuse, QTc nella norma. L’ecocardiogramma eseguito in urgenza evidenziava un quadro di ipo-acinesia dell’apice con aspetto globoso (aspetto Tako- Tsubo-like) associato a moderata depressione della funzione sistolica globale. In seguito si eseguiva una risonanza magnetica cardiaca che permetteva di escludere una miocardite; la coronarografia eseguita a completamento diagnostico escludeva stenosi coronariche emodinamicamente significative confermando quindi l’ipotesi di sindrome Tako-Tsubo. Alla luce della risposta clinica alla terapia steroidea, della aspecificità delle indagini sierologiche e strumentali e sulla base dei criteri diagnostici della letteratura veniva formulata diagnosi di morbo di Still dell’adulto. La paziente veniva posta in terapia steroidea con prednisone al dosaggio di 1 mg/kg/die per 7 giorni e in seguito a scalare con sospensione completa dopo 3 mesi. Si osservava un netto e rapido miglioramento del quadro clinico con recupero ottimale della cenestesi. A distanza di sei mesi dal ricovero la paziente rimaneva asintomatica e in compenso emodinamico. Nel corso del follow-up si raggiungeva una completa normalizzazione di LDH e ferritina. L’ECG e l’ecocardiogramma documentavano, rispettivamente, normalizzazione della ripolarizzazione ventricolare, della funzione sistolica globale e della cinetica ventricolare sinistra.
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IT100344 | Esame: PSA | non disponibile | 2 | Una donna di 68 anni viene inviata dal medico di medicina generale al nostro ospedale per comparsa da circa due mesi di astenia, dolore addominale ricorrente, inappetenza, alcuni episodi di febbre elevata e diarrea. Tre mesi prima del ricovero si era manifestata la comparsa di artralgie diffuse, ancora presenti, per cui era stata formulata diagnosi di probabile artrite reumatoide sieronegativa con esordio senile e consigliata terapia con idrossiclorochina subito sospesa per comparsa di eruzione cutanea e metilprednisone assunto dalla paziente in modo discontinuo e sospeso dieci giorni prima del ricovero. All’ingresso si presentava in buone condizioni generali con esame obiettivo sostanzialmente normale; in particolare non vi erano segni di flogosi articolare né febbre. Dato il netto incremento della lattico deidrogenasi (LDH) e della ferritina sierica veniva posto il sospetto di febbre sistemica in patologia linfoproliferativa. Alla TC addome erano riconoscibili alcuni linfonodi in sede para-aortica sinistra e nel ventaglio mesenteriale, lungo gli assi iliaci comuni di cui i maggiori di circa 1,9 cm. La TC PET rilevava una diffusa linfadenopatia aspecifica in tutte le stazioni linfonodali. La biopsia linfonodale non veniva eseguita per difficoltà nell’individuare ecograficamente linfonodi nelle stazioni superficiali. La biopsia osteomidollare risultava nei limiti. La paziente durante la degenza presentava puntate febbrili fino a 40°C accompagnate da rash cutaneo evanescente al tronco e profonda astenia, per cui veniva posta in terapia antibiotica inizialmente con ceftriaxone e in seguito con meropenem. In tali occasioni gli esami ematochimici eseguiti, comprensivi di emocolture, urocolture e sierologia per autoimmunità, risultavano sempre nella norma. All’emocromo i globuli bianchi erano fra 2.500 e 5.000/ mm3 con modica linfopenia alla formula leucocitaria e la PCR risultava solo modestamente elevata. In occasione di un rialzo febbrile la paziente manifestava edema polmonare acuto accompagnato da severo bronco-spasmo e dolore toracico, per il quale si rendeva necessario somministrare ossigenoterapia, furosemide e corticosteroide per via sistemica. Veniva documentato, inoltre, il rialzo della troponina TnT-hs (289; vn < 14 pg/ ml) con comparsa all’ECG di onde T negative diffuse, QTc nella norma. L’ecocardiogramma eseguito in urgenza evidenziava un quadro di ipo-acinesia dell’apice con aspetto globoso (aspetto Tako- Tsubo-like) associato a moderata depressione della funzione sistolica globale. In seguito si eseguiva una risonanza magnetica cardiaca che permetteva di escludere una miocardite; la coronarografia eseguita a completamento diagnostico escludeva stenosi coronariche emodinamicamente significative confermando quindi l’ipotesi di sindrome Tako-Tsubo. Alla luce della risposta clinica alla terapia steroidea, della aspecificità delle indagini sierologiche e strumentali e sulla base dei criteri diagnostici della letteratura veniva formulata diagnosi di morbo di Still dell’adulto. La paziente veniva posta in terapia steroidea con prednisone al dosaggio di 1 mg/kg/die per 7 giorni e in seguito a scalare con sospensione completa dopo 3 mesi. Si osservava un netto e rapido miglioramento del quadro clinico con recupero ottimale della cenestesi. A distanza di sei mesi dal ricovero la paziente rimaneva asintomatica e in compenso emodinamico. Nel corso del follow-up si raggiungeva una completa normalizzazione di LDH e ferritina. L’ECG e l’ecocardiogramma documentavano, rispettivamente, normalizzazione della ripolarizzazione ventricolare, della funzione sistolica globale e della cinetica ventricolare sinistra.
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IT100344 | Esame: TC | non disponibile | 2 | Una donna di 68 anni viene inviata dal medico di medicina generale al nostro ospedale per comparsa da circa due mesi di astenia, dolore addominale ricorrente, inappetenza, alcuni episodi di febbre elevata e diarrea. Tre mesi prima del ricovero si era manifestata la comparsa di artralgie diffuse, ancora presenti, per cui era stata formulata diagnosi di probabile artrite reumatoide sieronegativa con esordio senile e consigliata terapia con idrossiclorochina subito sospesa per comparsa di eruzione cutanea e metilprednisone assunto dalla paziente in modo discontinuo e sospeso dieci giorni prima del ricovero. All’ingresso si presentava in buone condizioni generali con esame obiettivo sostanzialmente normale; in particolare non vi erano segni di flogosi articolare né febbre. Dato il netto incremento della lattico deidrogenasi (LDH) e della ferritina sierica veniva posto il sospetto di febbre sistemica in patologia linfoproliferativa. Alla TC addome erano riconoscibili alcuni linfonodi in sede para-aortica sinistra e nel ventaglio mesenteriale, lungo gli assi iliaci comuni di cui i maggiori di circa 1,9 cm. La TC PET rilevava una diffusa linfadenopatia aspecifica in tutte le stazioni linfonodali. La biopsia linfonodale non veniva eseguita per difficoltà nell’individuare ecograficamente linfonodi nelle stazioni superficiali. La biopsia osteomidollare risultava nei limiti. La paziente durante la degenza presentava puntate febbrili fino a 40°C accompagnate da rash cutaneo evanescente al tronco e profonda astenia, per cui veniva posta in terapia antibiotica inizialmente con ceftriaxone e in seguito con meropenem. In tali occasioni gli esami ematochimici eseguiti, comprensivi di emocolture, urocolture e sierologia per autoimmunità, risultavano sempre nella norma. All’emocromo i globuli bianchi erano fra 2.500 e 5.000/ mm3 con modica linfopenia alla formula leucocitaria e la PCR risultava solo modestamente elevata. In occasione di un rialzo febbrile la paziente manifestava edema polmonare acuto accompagnato da severo bronco-spasmo e dolore toracico, per il quale si rendeva necessario somministrare ossigenoterapia, furosemide e corticosteroide per via sistemica. Veniva documentato, inoltre, il rialzo della troponina TnT-hs (289; vn < 14 pg/ ml) con comparsa all’ECG di onde T negative diffuse, QTc nella norma. L’ecocardiogramma eseguito in urgenza evidenziava un quadro di ipo-acinesia dell’apice con aspetto globoso (aspetto Tako- Tsubo-like) associato a moderata depressione della funzione sistolica globale. In seguito si eseguiva una risonanza magnetica cardiaca che permetteva di escludere una miocardite; la coronarografia eseguita a completamento diagnostico escludeva stenosi coronariche emodinamicamente significative confermando quindi l’ipotesi di sindrome Tako-Tsubo. Alla luce della risposta clinica alla terapia steroidea, della aspecificità delle indagini sierologiche e strumentali e sulla base dei criteri diagnostici della letteratura veniva formulata diagnosi di morbo di Still dell’adulto. La paziente veniva posta in terapia steroidea con prednisone al dosaggio di 1 mg/kg/die per 7 giorni e in seguito a scalare con sospensione completa dopo 3 mesi. Si osservava un netto e rapido miglioramento del quadro clinico con recupero ottimale della cenestesi. A distanza di sei mesi dal ricovero la paziente rimaneva asintomatica e in compenso emodinamico. Nel corso del follow-up si raggiungeva una completa normalizzazione di LDH e ferritina. L’ECG e l’ecocardiogramma documentavano, rispettivamente, normalizzazione della ripolarizzazione ventricolare, della funzione sistolica globale e della cinetica ventricolare sinistra.
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IT100344 | Esame: biopsia | nei limiti. | 2 | Una donna di 68 anni viene inviata dal medico di medicina generale al nostro ospedale per comparsa da circa due mesi di astenia, dolore addominale ricorrente, inappetenza, alcuni episodi di febbre elevata e diarrea. Tre mesi prima del ricovero si era manifestata la comparsa di artralgie diffuse, ancora presenti, per cui era stata formulata diagnosi di probabile artrite reumatoide sieronegativa con esordio senile e consigliata terapia con idrossiclorochina subito sospesa per comparsa di eruzione cutanea e metilprednisone assunto dalla paziente in modo discontinuo e sospeso dieci giorni prima del ricovero. All’ingresso si presentava in buone condizioni generali con esame obiettivo sostanzialmente normale; in particolare non vi erano segni di flogosi articolare né febbre. Dato il netto incremento della lattico deidrogenasi (LDH) e della ferritina sierica veniva posto il sospetto di febbre sistemica in patologia linfoproliferativa. Alla TC addome erano riconoscibili alcuni linfonodi in sede para-aortica sinistra e nel ventaglio mesenteriale, lungo gli assi iliaci comuni di cui i maggiori di circa 1,9 cm. La TC PET rilevava una diffusa linfadenopatia aspecifica in tutte le stazioni linfonodali. La biopsia linfonodale non veniva eseguita per difficoltà nell’individuare ecograficamente linfonodi nelle stazioni superficiali. La biopsia osteomidollare risultava nei limiti. La paziente durante la degenza presentava puntate febbrili fino a 40°C accompagnate da rash cutaneo evanescente al tronco e profonda astenia, per cui veniva posta in terapia antibiotica inizialmente con ceftriaxone e in seguito con meropenem. In tali occasioni gli esami ematochimici eseguiti, comprensivi di emocolture, urocolture e sierologia per autoimmunità, risultavano sempre nella norma. All’emocromo i globuli bianchi erano fra 2.500 e 5.000/ mm3 con modica linfopenia alla formula leucocitaria e la PCR risultava solo modestamente elevata. In occasione di un rialzo febbrile la paziente manifestava edema polmonare acuto accompagnato da severo bronco-spasmo e dolore toracico, per il quale si rendeva necessario somministrare ossigenoterapia, furosemide e corticosteroide per via sistemica. Veniva documentato, inoltre, il rialzo della troponina TnT-hs (289; vn < 14 pg/ ml) con comparsa all’ECG di onde T negative diffuse, QTc nella norma. L’ecocardiogramma eseguito in urgenza evidenziava un quadro di ipo-acinesia dell’apice con aspetto globoso (aspetto Tako- Tsubo-like) associato a moderata depressione della funzione sistolica globale. In seguito si eseguiva una risonanza magnetica cardiaca che permetteva di escludere una miocardite; la coronarografia eseguita a completamento diagnostico escludeva stenosi coronariche emodinamicamente significative confermando quindi l’ipotesi di sindrome Tako-Tsubo. Alla luce della risposta clinica alla terapia steroidea, della aspecificità delle indagini sierologiche e strumentali e sulla base dei criteri diagnostici della letteratura veniva formulata diagnosi di morbo di Still dell’adulto. La paziente veniva posta in terapia steroidea con prednisone al dosaggio di 1 mg/kg/die per 7 giorni e in seguito a scalare con sospensione completa dopo 3 mesi. Si osservava un netto e rapido miglioramento del quadro clinico con recupero ottimale della cenestesi. A distanza di sei mesi dal ricovero la paziente rimaneva asintomatica e in compenso emodinamico. Nel corso del follow-up si raggiungeva una completa normalizzazione di LDH e ferritina. L’ECG e l’ecocardiogramma documentavano, rispettivamente, normalizzazione della ripolarizzazione ventricolare, della funzione sistolica globale e della cinetica ventricolare sinistra.
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IT100344 | Esame: TnI | 289. | 2 | Una donna di 68 anni viene inviata dal medico di medicina generale al nostro ospedale per comparsa da circa due mesi di astenia, dolore addominale ricorrente, inappetenza, alcuni episodi di febbre elevata e diarrea. Tre mesi prima del ricovero si era manifestata la comparsa di artralgie diffuse, ancora presenti, per cui era stata formulata diagnosi di probabile artrite reumatoide sieronegativa con esordio senile e consigliata terapia con idrossiclorochina subito sospesa per comparsa di eruzione cutanea e metilprednisone assunto dalla paziente in modo discontinuo e sospeso dieci giorni prima del ricovero. All’ingresso si presentava in buone condizioni generali con esame obiettivo sostanzialmente normale; in particolare non vi erano segni di flogosi articolare né febbre. Dato il netto incremento della lattico deidrogenasi (LDH) e della ferritina sierica veniva posto il sospetto di febbre sistemica in patologia linfoproliferativa. Alla TC addome erano riconoscibili alcuni linfonodi in sede para-aortica sinistra e nel ventaglio mesenteriale, lungo gli assi iliaci comuni di cui i maggiori di circa 1,9 cm. La TC PET rilevava una diffusa linfadenopatia aspecifica in tutte le stazioni linfonodali. La biopsia linfonodale non veniva eseguita per difficoltà nell’individuare ecograficamente linfonodi nelle stazioni superficiali. La biopsia osteomidollare risultava nei limiti. La paziente durante la degenza presentava puntate febbrili fino a 40°C accompagnate da rash cutaneo evanescente al tronco e profonda astenia, per cui veniva posta in terapia antibiotica inizialmente con ceftriaxone e in seguito con meropenem. In tali occasioni gli esami ematochimici eseguiti, comprensivi di emocolture, urocolture e sierologia per autoimmunità, risultavano sempre nella norma. All’emocromo i globuli bianchi erano fra 2.500 e 5.000/ mm3 con modica linfopenia alla formula leucocitaria e la PCR risultava solo modestamente elevata. In occasione di un rialzo febbrile la paziente manifestava edema polmonare acuto accompagnato da severo bronco-spasmo e dolore toracico, per il quale si rendeva necessario somministrare ossigenoterapia, furosemide e corticosteroide per via sistemica. Veniva documentato, inoltre, il rialzo della troponina TnT-hs (289; vn < 14 pg/ ml) con comparsa all’ECG di onde T negative diffuse, QTc nella norma. L’ecocardiogramma eseguito in urgenza evidenziava un quadro di ipo-acinesia dell’apice con aspetto globoso (aspetto Tako- Tsubo-like) associato a moderata depressione della funzione sistolica globale. In seguito si eseguiva una risonanza magnetica cardiaca che permetteva di escludere una miocardite; la coronarografia eseguita a completamento diagnostico escludeva stenosi coronariche emodinamicamente significative confermando quindi l’ipotesi di sindrome Tako-Tsubo. Alla luce della risposta clinica alla terapia steroidea, della aspecificità delle indagini sierologiche e strumentali e sulla base dei criteri diagnostici della letteratura veniva formulata diagnosi di morbo di Still dell’adulto. La paziente veniva posta in terapia steroidea con prednisone al dosaggio di 1 mg/kg/die per 7 giorni e in seguito a scalare con sospensione completa dopo 3 mesi. Si osservava un netto e rapido miglioramento del quadro clinico con recupero ottimale della cenestesi. A distanza di sei mesi dal ricovero la paziente rimaneva asintomatica e in compenso emodinamico. Nel corso del follow-up si raggiungeva una completa normalizzazione di LDH e ferritina. L’ECG e l’ecocardiogramma documentavano, rispettivamente, normalizzazione della ripolarizzazione ventricolare, della funzione sistolica globale e della cinetica ventricolare sinistra.
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IT100344 | Esame: HBV | non disponibile | 2 | Una donna di 68 anni viene inviata dal medico di medicina generale al nostro ospedale per comparsa da circa due mesi di astenia, dolore addominale ricorrente, inappetenza, alcuni episodi di febbre elevata e diarrea. Tre mesi prima del ricovero si era manifestata la comparsa di artralgie diffuse, ancora presenti, per cui era stata formulata diagnosi di probabile artrite reumatoide sieronegativa con esordio senile e consigliata terapia con idrossiclorochina subito sospesa per comparsa di eruzione cutanea e metilprednisone assunto dalla paziente in modo discontinuo e sospeso dieci giorni prima del ricovero. All’ingresso si presentava in buone condizioni generali con esame obiettivo sostanzialmente normale; in particolare non vi erano segni di flogosi articolare né febbre. Dato il netto incremento della lattico deidrogenasi (LDH) e della ferritina sierica veniva posto il sospetto di febbre sistemica in patologia linfoproliferativa. Alla TC addome erano riconoscibili alcuni linfonodi in sede para-aortica sinistra e nel ventaglio mesenteriale, lungo gli assi iliaci comuni di cui i maggiori di circa 1,9 cm. La TC PET rilevava una diffusa linfadenopatia aspecifica in tutte le stazioni linfonodali. La biopsia linfonodale non veniva eseguita per difficoltà nell’individuare ecograficamente linfonodi nelle stazioni superficiali. La biopsia osteomidollare risultava nei limiti. La paziente durante la degenza presentava puntate febbrili fino a 40°C accompagnate da rash cutaneo evanescente al tronco e profonda astenia, per cui veniva posta in terapia antibiotica inizialmente con ceftriaxone e in seguito con meropenem. In tali occasioni gli esami ematochimici eseguiti, comprensivi di emocolture, urocolture e sierologia per autoimmunità, risultavano sempre nella norma. All’emocromo i globuli bianchi erano fra 2.500 e 5.000/ mm3 con modica linfopenia alla formula leucocitaria e la PCR risultava solo modestamente elevata. In occasione di un rialzo febbrile la paziente manifestava edema polmonare acuto accompagnato da severo bronco-spasmo e dolore toracico, per il quale si rendeva necessario somministrare ossigenoterapia, furosemide e corticosteroide per via sistemica. Veniva documentato, inoltre, il rialzo della troponina TnT-hs (289; vn < 14 pg/ ml) con comparsa all’ECG di onde T negative diffuse, QTc nella norma. L’ecocardiogramma eseguito in urgenza evidenziava un quadro di ipo-acinesia dell’apice con aspetto globoso (aspetto Tako- Tsubo-like) associato a moderata depressione della funzione sistolica globale. In seguito si eseguiva una risonanza magnetica cardiaca che permetteva di escludere una miocardite; la coronarografia eseguita a completamento diagnostico escludeva stenosi coronariche emodinamicamente significative confermando quindi l’ipotesi di sindrome Tako-Tsubo. Alla luce della risposta clinica alla terapia steroidea, della aspecificità delle indagini sierologiche e strumentali e sulla base dei criteri diagnostici della letteratura veniva formulata diagnosi di morbo di Still dell’adulto. La paziente veniva posta in terapia steroidea con prednisone al dosaggio di 1 mg/kg/die per 7 giorni e in seguito a scalare con sospensione completa dopo 3 mesi. Si osservava un netto e rapido miglioramento del quadro clinico con recupero ottimale della cenestesi. A distanza di sei mesi dal ricovero la paziente rimaneva asintomatica e in compenso emodinamico. Nel corso del follow-up si raggiungeva una completa normalizzazione di LDH e ferritina. L’ECG e l’ecocardiogramma documentavano, rispettivamente, normalizzazione della ripolarizzazione ventricolare, della funzione sistolica globale e della cinetica ventricolare sinistra.
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IT100344 | Esame: transaminasi | non disponibile | 2 | Una donna di 68 anni viene inviata dal medico di medicina generale al nostro ospedale per comparsa da circa due mesi di astenia, dolore addominale ricorrente, inappetenza, alcuni episodi di febbre elevata e diarrea. Tre mesi prima del ricovero si era manifestata la comparsa di artralgie diffuse, ancora presenti, per cui era stata formulata diagnosi di probabile artrite reumatoide sieronegativa con esordio senile e consigliata terapia con idrossiclorochina subito sospesa per comparsa di eruzione cutanea e metilprednisone assunto dalla paziente in modo discontinuo e sospeso dieci giorni prima del ricovero. All’ingresso si presentava in buone condizioni generali con esame obiettivo sostanzialmente normale; in particolare non vi erano segni di flogosi articolare né febbre. Dato il netto incremento della lattico deidrogenasi (LDH) e della ferritina sierica veniva posto il sospetto di febbre sistemica in patologia linfoproliferativa. Alla TC addome erano riconoscibili alcuni linfonodi in sede para-aortica sinistra e nel ventaglio mesenteriale, lungo gli assi iliaci comuni di cui i maggiori di circa 1,9 cm. La TC PET rilevava una diffusa linfadenopatia aspecifica in tutte le stazioni linfonodali. La biopsia linfonodale non veniva eseguita per difficoltà nell’individuare ecograficamente linfonodi nelle stazioni superficiali. La biopsia osteomidollare risultava nei limiti. La paziente durante la degenza presentava puntate febbrili fino a 40°C accompagnate da rash cutaneo evanescente al tronco e profonda astenia, per cui veniva posta in terapia antibiotica inizialmente con ceftriaxone e in seguito con meropenem. In tali occasioni gli esami ematochimici eseguiti, comprensivi di emocolture, urocolture e sierologia per autoimmunità, risultavano sempre nella norma. All’emocromo i globuli bianchi erano fra 2.500 e 5.000/ mm3 con modica linfopenia alla formula leucocitaria e la PCR risultava solo modestamente elevata. In occasione di un rialzo febbrile la paziente manifestava edema polmonare acuto accompagnato da severo bronco-spasmo e dolore toracico, per il quale si rendeva necessario somministrare ossigenoterapia, furosemide e corticosteroide per via sistemica. Veniva documentato, inoltre, il rialzo della troponina TnT-hs (289; vn < 14 pg/ ml) con comparsa all’ECG di onde T negative diffuse, QTc nella norma. L’ecocardiogramma eseguito in urgenza evidenziava un quadro di ipo-acinesia dell’apice con aspetto globoso (aspetto Tako- Tsubo-like) associato a moderata depressione della funzione sistolica globale. In seguito si eseguiva una risonanza magnetica cardiaca che permetteva di escludere una miocardite; la coronarografia eseguita a completamento diagnostico escludeva stenosi coronariche emodinamicamente significative confermando quindi l’ipotesi di sindrome Tako-Tsubo. Alla luce della risposta clinica alla terapia steroidea, della aspecificità delle indagini sierologiche e strumentali e sulla base dei criteri diagnostici della letteratura veniva formulata diagnosi di morbo di Still dell’adulto. La paziente veniva posta in terapia steroidea con prednisone al dosaggio di 1 mg/kg/die per 7 giorni e in seguito a scalare con sospensione completa dopo 3 mesi. Si osservava un netto e rapido miglioramento del quadro clinico con recupero ottimale della cenestesi. A distanza di sei mesi dal ricovero la paziente rimaneva asintomatica e in compenso emodinamico. Nel corso del follow-up si raggiungeva una completa normalizzazione di LDH e ferritina. L’ECG e l’ecocardiogramma documentavano, rispettivamente, normalizzazione della ripolarizzazione ventricolare, della funzione sistolica globale e della cinetica ventricolare sinistra.
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IT100344 | Esame: pressione | non disponibile | 2 | Una donna di 68 anni viene inviata dal medico di medicina generale al nostro ospedale per comparsa da circa due mesi di astenia, dolore addominale ricorrente, inappetenza, alcuni episodi di febbre elevata e diarrea. Tre mesi prima del ricovero si era manifestata la comparsa di artralgie diffuse, ancora presenti, per cui era stata formulata diagnosi di probabile artrite reumatoide sieronegativa con esordio senile e consigliata terapia con idrossiclorochina subito sospesa per comparsa di eruzione cutanea e metilprednisone assunto dalla paziente in modo discontinuo e sospeso dieci giorni prima del ricovero. All’ingresso si presentava in buone condizioni generali con esame obiettivo sostanzialmente normale; in particolare non vi erano segni di flogosi articolare né febbre. Dato il netto incremento della lattico deidrogenasi (LDH) e della ferritina sierica veniva posto il sospetto di febbre sistemica in patologia linfoproliferativa. Alla TC addome erano riconoscibili alcuni linfonodi in sede para-aortica sinistra e nel ventaglio mesenteriale, lungo gli assi iliaci comuni di cui i maggiori di circa 1,9 cm. La TC PET rilevava una diffusa linfadenopatia aspecifica in tutte le stazioni linfonodali. La biopsia linfonodale non veniva eseguita per difficoltà nell’individuare ecograficamente linfonodi nelle stazioni superficiali. La biopsia osteomidollare risultava nei limiti. La paziente durante la degenza presentava puntate febbrili fino a 40°C accompagnate da rash cutaneo evanescente al tronco e profonda astenia, per cui veniva posta in terapia antibiotica inizialmente con ceftriaxone e in seguito con meropenem. In tali occasioni gli esami ematochimici eseguiti, comprensivi di emocolture, urocolture e sierologia per autoimmunità, risultavano sempre nella norma. All’emocromo i globuli bianchi erano fra 2.500 e 5.000/ mm3 con modica linfopenia alla formula leucocitaria e la PCR risultava solo modestamente elevata. In occasione di un rialzo febbrile la paziente manifestava edema polmonare acuto accompagnato da severo bronco-spasmo e dolore toracico, per il quale si rendeva necessario somministrare ossigenoterapia, furosemide e corticosteroide per via sistemica. Veniva documentato, inoltre, il rialzo della troponina TnT-hs (289; vn < 14 pg/ ml) con comparsa all’ECG di onde T negative diffuse, QTc nella norma. L’ecocardiogramma eseguito in urgenza evidenziava un quadro di ipo-acinesia dell’apice con aspetto globoso (aspetto Tako- Tsubo-like) associato a moderata depressione della funzione sistolica globale. In seguito si eseguiva una risonanza magnetica cardiaca che permetteva di escludere una miocardite; la coronarografia eseguita a completamento diagnostico escludeva stenosi coronariche emodinamicamente significative confermando quindi l’ipotesi di sindrome Tako-Tsubo. Alla luce della risposta clinica alla terapia steroidea, della aspecificità delle indagini sierologiche e strumentali e sulla base dei criteri diagnostici della letteratura veniva formulata diagnosi di morbo di Still dell’adulto. La paziente veniva posta in terapia steroidea con prednisone al dosaggio di 1 mg/kg/die per 7 giorni e in seguito a scalare con sospensione completa dopo 3 mesi. Si osservava un netto e rapido miglioramento del quadro clinico con recupero ottimale della cenestesi. A distanza di sei mesi dal ricovero la paziente rimaneva asintomatica e in compenso emodinamico. Nel corso del follow-up si raggiungeva una completa normalizzazione di LDH e ferritina. L’ECG e l’ecocardiogramma documentavano, rispettivamente, normalizzazione della ripolarizzazione ventricolare, della funzione sistolica globale e della cinetica ventricolare sinistra.
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IT100344 | Esame: GGT | non disponibile | 2 | Una donna di 68 anni viene inviata dal medico di medicina generale al nostro ospedale per comparsa da circa due mesi di astenia, dolore addominale ricorrente, inappetenza, alcuni episodi di febbre elevata e diarrea. Tre mesi prima del ricovero si era manifestata la comparsa di artralgie diffuse, ancora presenti, per cui era stata formulata diagnosi di probabile artrite reumatoide sieronegativa con esordio senile e consigliata terapia con idrossiclorochina subito sospesa per comparsa di eruzione cutanea e metilprednisone assunto dalla paziente in modo discontinuo e sospeso dieci giorni prima del ricovero. All’ingresso si presentava in buone condizioni generali con esame obiettivo sostanzialmente normale; in particolare non vi erano segni di flogosi articolare né febbre. Dato il netto incremento della lattico deidrogenasi (LDH) e della ferritina sierica veniva posto il sospetto di febbre sistemica in patologia linfoproliferativa. Alla TC addome erano riconoscibili alcuni linfonodi in sede para-aortica sinistra e nel ventaglio mesenteriale, lungo gli assi iliaci comuni di cui i maggiori di circa 1,9 cm. La TC PET rilevava una diffusa linfadenopatia aspecifica in tutte le stazioni linfonodali. La biopsia linfonodale non veniva eseguita per difficoltà nell’individuare ecograficamente linfonodi nelle stazioni superficiali. La biopsia osteomidollare risultava nei limiti. La paziente durante la degenza presentava puntate febbrili fino a 40°C accompagnate da rash cutaneo evanescente al tronco e profonda astenia, per cui veniva posta in terapia antibiotica inizialmente con ceftriaxone e in seguito con meropenem. In tali occasioni gli esami ematochimici eseguiti, comprensivi di emocolture, urocolture e sierologia per autoimmunità, risultavano sempre nella norma. All’emocromo i globuli bianchi erano fra 2.500 e 5.000/ mm3 con modica linfopenia alla formula leucocitaria e la PCR risultava solo modestamente elevata. In occasione di un rialzo febbrile la paziente manifestava edema polmonare acuto accompagnato da severo bronco-spasmo e dolore toracico, per il quale si rendeva necessario somministrare ossigenoterapia, furosemide e corticosteroide per via sistemica. Veniva documentato, inoltre, il rialzo della troponina TnT-hs (289; vn < 14 pg/ ml) con comparsa all’ECG di onde T negative diffuse, QTc nella norma. L’ecocardiogramma eseguito in urgenza evidenziava un quadro di ipo-acinesia dell’apice con aspetto globoso (aspetto Tako- Tsubo-like) associato a moderata depressione della funzione sistolica globale. In seguito si eseguiva una risonanza magnetica cardiaca che permetteva di escludere una miocardite; la coronarografia eseguita a completamento diagnostico escludeva stenosi coronariche emodinamicamente significative confermando quindi l’ipotesi di sindrome Tako-Tsubo. Alla luce della risposta clinica alla terapia steroidea, della aspecificità delle indagini sierologiche e strumentali e sulla base dei criteri diagnostici della letteratura veniva formulata diagnosi di morbo di Still dell’adulto. La paziente veniva posta in terapia steroidea con prednisone al dosaggio di 1 mg/kg/die per 7 giorni e in seguito a scalare con sospensione completa dopo 3 mesi. Si osservava un netto e rapido miglioramento del quadro clinico con recupero ottimale della cenestesi. A distanza di sei mesi dal ricovero la paziente rimaneva asintomatica e in compenso emodinamico. Nel corso del follow-up si raggiungeva una completa normalizzazione di LDH e ferritina. L’ECG e l’ecocardiogramma documentavano, rispettivamente, normalizzazione della ripolarizzazione ventricolare, della funzione sistolica globale e della cinetica ventricolare sinistra.
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IT100344 | Esame: AFP | non disponibile | 2 | Una donna di 68 anni viene inviata dal medico di medicina generale al nostro ospedale per comparsa da circa due mesi di astenia, dolore addominale ricorrente, inappetenza, alcuni episodi di febbre elevata e diarrea. Tre mesi prima del ricovero si era manifestata la comparsa di artralgie diffuse, ancora presenti, per cui era stata formulata diagnosi di probabile artrite reumatoide sieronegativa con esordio senile e consigliata terapia con idrossiclorochina subito sospesa per comparsa di eruzione cutanea e metilprednisone assunto dalla paziente in modo discontinuo e sospeso dieci giorni prima del ricovero. All’ingresso si presentava in buone condizioni generali con esame obiettivo sostanzialmente normale; in particolare non vi erano segni di flogosi articolare né febbre. Dato il netto incremento della lattico deidrogenasi (LDH) e della ferritina sierica veniva posto il sospetto di febbre sistemica in patologia linfoproliferativa. Alla TC addome erano riconoscibili alcuni linfonodi in sede para-aortica sinistra e nel ventaglio mesenteriale, lungo gli assi iliaci comuni di cui i maggiori di circa 1,9 cm. La TC PET rilevava una diffusa linfadenopatia aspecifica in tutte le stazioni linfonodali. La biopsia linfonodale non veniva eseguita per difficoltà nell’individuare ecograficamente linfonodi nelle stazioni superficiali. La biopsia osteomidollare risultava nei limiti. La paziente durante la degenza presentava puntate febbrili fino a 40°C accompagnate da rash cutaneo evanescente al tronco e profonda astenia, per cui veniva posta in terapia antibiotica inizialmente con ceftriaxone e in seguito con meropenem. In tali occasioni gli esami ematochimici eseguiti, comprensivi di emocolture, urocolture e sierologia per autoimmunità, risultavano sempre nella norma. All’emocromo i globuli bianchi erano fra 2.500 e 5.000/ mm3 con modica linfopenia alla formula leucocitaria e la PCR risultava solo modestamente elevata. In occasione di un rialzo febbrile la paziente manifestava edema polmonare acuto accompagnato da severo bronco-spasmo e dolore toracico, per il quale si rendeva necessario somministrare ossigenoterapia, furosemide e corticosteroide per via sistemica. Veniva documentato, inoltre, il rialzo della troponina TnT-hs (289; vn < 14 pg/ ml) con comparsa all’ECG di onde T negative diffuse, QTc nella norma. L’ecocardiogramma eseguito in urgenza evidenziava un quadro di ipo-acinesia dell’apice con aspetto globoso (aspetto Tako- Tsubo-like) associato a moderata depressione della funzione sistolica globale. In seguito si eseguiva una risonanza magnetica cardiaca che permetteva di escludere una miocardite; la coronarografia eseguita a completamento diagnostico escludeva stenosi coronariche emodinamicamente significative confermando quindi l’ipotesi di sindrome Tako-Tsubo. Alla luce della risposta clinica alla terapia steroidea, della aspecificità delle indagini sierologiche e strumentali e sulla base dei criteri diagnostici della letteratura veniva formulata diagnosi di morbo di Still dell’adulto. La paziente veniva posta in terapia steroidea con prednisone al dosaggio di 1 mg/kg/die per 7 giorni e in seguito a scalare con sospensione completa dopo 3 mesi. Si osservava un netto e rapido miglioramento del quadro clinico con recupero ottimale della cenestesi. A distanza di sei mesi dal ricovero la paziente rimaneva asintomatica e in compenso emodinamico. Nel corso del follow-up si raggiungeva una completa normalizzazione di LDH e ferritina. L’ECG e l’ecocardiogramma documentavano, rispettivamente, normalizzazione della ripolarizzazione ventricolare, della funzione sistolica globale e della cinetica ventricolare sinistra.
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IT100344 | Esame: TPA | non disponibile | 2 | Una donna di 68 anni viene inviata dal medico di medicina generale al nostro ospedale per comparsa da circa due mesi di astenia, dolore addominale ricorrente, inappetenza, alcuni episodi di febbre elevata e diarrea. Tre mesi prima del ricovero si era manifestata la comparsa di artralgie diffuse, ancora presenti, per cui era stata formulata diagnosi di probabile artrite reumatoide sieronegativa con esordio senile e consigliata terapia con idrossiclorochina subito sospesa per comparsa di eruzione cutanea e metilprednisone assunto dalla paziente in modo discontinuo e sospeso dieci giorni prima del ricovero. All’ingresso si presentava in buone condizioni generali con esame obiettivo sostanzialmente normale; in particolare non vi erano segni di flogosi articolare né febbre. Dato il netto incremento della lattico deidrogenasi (LDH) e della ferritina sierica veniva posto il sospetto di febbre sistemica in patologia linfoproliferativa. Alla TC addome erano riconoscibili alcuni linfonodi in sede para-aortica sinistra e nel ventaglio mesenteriale, lungo gli assi iliaci comuni di cui i maggiori di circa 1,9 cm. La TC PET rilevava una diffusa linfadenopatia aspecifica in tutte le stazioni linfonodali. La biopsia linfonodale non veniva eseguita per difficoltà nell’individuare ecograficamente linfonodi nelle stazioni superficiali. La biopsia osteomidollare risultava nei limiti. La paziente durante la degenza presentava puntate febbrili fino a 40°C accompagnate da rash cutaneo evanescente al tronco e profonda astenia, per cui veniva posta in terapia antibiotica inizialmente con ceftriaxone e in seguito con meropenem. In tali occasioni gli esami ematochimici eseguiti, comprensivi di emocolture, urocolture e sierologia per autoimmunità, risultavano sempre nella norma. All’emocromo i globuli bianchi erano fra 2.500 e 5.000/ mm3 con modica linfopenia alla formula leucocitaria e la PCR risultava solo modestamente elevata. In occasione di un rialzo febbrile la paziente manifestava edema polmonare acuto accompagnato da severo bronco-spasmo e dolore toracico, per il quale si rendeva necessario somministrare ossigenoterapia, furosemide e corticosteroide per via sistemica. Veniva documentato, inoltre, il rialzo della troponina TnT-hs (289; vn < 14 pg/ ml) con comparsa all’ECG di onde T negative diffuse, QTc nella norma. L’ecocardiogramma eseguito in urgenza evidenziava un quadro di ipo-acinesia dell’apice con aspetto globoso (aspetto Tako- Tsubo-like) associato a moderata depressione della funzione sistolica globale. In seguito si eseguiva una risonanza magnetica cardiaca che permetteva di escludere una miocardite; la coronarografia eseguita a completamento diagnostico escludeva stenosi coronariche emodinamicamente significative confermando quindi l’ipotesi di sindrome Tako-Tsubo. Alla luce della risposta clinica alla terapia steroidea, della aspecificità delle indagini sierologiche e strumentali e sulla base dei criteri diagnostici della letteratura veniva formulata diagnosi di morbo di Still dell’adulto. La paziente veniva posta in terapia steroidea con prednisone al dosaggio di 1 mg/kg/die per 7 giorni e in seguito a scalare con sospensione completa dopo 3 mesi. Si osservava un netto e rapido miglioramento del quadro clinico con recupero ottimale della cenestesi. A distanza di sei mesi dal ricovero la paziente rimaneva asintomatica e in compenso emodinamico. Nel corso del follow-up si raggiungeva una completa normalizzazione di LDH e ferritina. L’ECG e l’ecocardiogramma documentavano, rispettivamente, normalizzazione della ripolarizzazione ventricolare, della funzione sistolica globale e della cinetica ventricolare sinistra.
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IT100344 | Esame: Ca19 | non disponibile | 2 | Una donna di 68 anni viene inviata dal medico di medicina generale al nostro ospedale per comparsa da circa due mesi di astenia, dolore addominale ricorrente, inappetenza, alcuni episodi di febbre elevata e diarrea. Tre mesi prima del ricovero si era manifestata la comparsa di artralgie diffuse, ancora presenti, per cui era stata formulata diagnosi di probabile artrite reumatoide sieronegativa con esordio senile e consigliata terapia con idrossiclorochina subito sospesa per comparsa di eruzione cutanea e metilprednisone assunto dalla paziente in modo discontinuo e sospeso dieci giorni prima del ricovero. All’ingresso si presentava in buone condizioni generali con esame obiettivo sostanzialmente normale; in particolare non vi erano segni di flogosi articolare né febbre. Dato il netto incremento della lattico deidrogenasi (LDH) e della ferritina sierica veniva posto il sospetto di febbre sistemica in patologia linfoproliferativa. Alla TC addome erano riconoscibili alcuni linfonodi in sede para-aortica sinistra e nel ventaglio mesenteriale, lungo gli assi iliaci comuni di cui i maggiori di circa 1,9 cm. La TC PET rilevava una diffusa linfadenopatia aspecifica in tutte le stazioni linfonodali. La biopsia linfonodale non veniva eseguita per difficoltà nell’individuare ecograficamente linfonodi nelle stazioni superficiali. La biopsia osteomidollare risultava nei limiti. La paziente durante la degenza presentava puntate febbrili fino a 40°C accompagnate da rash cutaneo evanescente al tronco e profonda astenia, per cui veniva posta in terapia antibiotica inizialmente con ceftriaxone e in seguito con meropenem. In tali occasioni gli esami ematochimici eseguiti, comprensivi di emocolture, urocolture e sierologia per autoimmunità, risultavano sempre nella norma. All’emocromo i globuli bianchi erano fra 2.500 e 5.000/ mm3 con modica linfopenia alla formula leucocitaria e la PCR risultava solo modestamente elevata. In occasione di un rialzo febbrile la paziente manifestava edema polmonare acuto accompagnato da severo bronco-spasmo e dolore toracico, per il quale si rendeva necessario somministrare ossigenoterapia, furosemide e corticosteroide per via sistemica. Veniva documentato, inoltre, il rialzo della troponina TnT-hs (289; vn < 14 pg/ ml) con comparsa all’ECG di onde T negative diffuse, QTc nella norma. L’ecocardiogramma eseguito in urgenza evidenziava un quadro di ipo-acinesia dell’apice con aspetto globoso (aspetto Tako- Tsubo-like) associato a moderata depressione della funzione sistolica globale. In seguito si eseguiva una risonanza magnetica cardiaca che permetteva di escludere una miocardite; la coronarografia eseguita a completamento diagnostico escludeva stenosi coronariche emodinamicamente significative confermando quindi l’ipotesi di sindrome Tako-Tsubo. Alla luce della risposta clinica alla terapia steroidea, della aspecificità delle indagini sierologiche e strumentali e sulla base dei criteri diagnostici della letteratura veniva formulata diagnosi di morbo di Still dell’adulto. La paziente veniva posta in terapia steroidea con prednisone al dosaggio di 1 mg/kg/die per 7 giorni e in seguito a scalare con sospensione completa dopo 3 mesi. Si osservava un netto e rapido miglioramento del quadro clinico con recupero ottimale della cenestesi. A distanza di sei mesi dal ricovero la paziente rimaneva asintomatica e in compenso emodinamico. Nel corso del follow-up si raggiungeva una completa normalizzazione di LDH e ferritina. L’ECG e l’ecocardiogramma documentavano, rispettivamente, normalizzazione della ripolarizzazione ventricolare, della funzione sistolica globale e della cinetica ventricolare sinistra.
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IT100344 | Esame: diametro | non disponibile | 2 | Una donna di 68 anni viene inviata dal medico di medicina generale al nostro ospedale per comparsa da circa due mesi di astenia, dolore addominale ricorrente, inappetenza, alcuni episodi di febbre elevata e diarrea. Tre mesi prima del ricovero si era manifestata la comparsa di artralgie diffuse, ancora presenti, per cui era stata formulata diagnosi di probabile artrite reumatoide sieronegativa con esordio senile e consigliata terapia con idrossiclorochina subito sospesa per comparsa di eruzione cutanea e metilprednisone assunto dalla paziente in modo discontinuo e sospeso dieci giorni prima del ricovero. All’ingresso si presentava in buone condizioni generali con esame obiettivo sostanzialmente normale; in particolare non vi erano segni di flogosi articolare né febbre. Dato il netto incremento della lattico deidrogenasi (LDH) e della ferritina sierica veniva posto il sospetto di febbre sistemica in patologia linfoproliferativa. Alla TC addome erano riconoscibili alcuni linfonodi in sede para-aortica sinistra e nel ventaglio mesenteriale, lungo gli assi iliaci comuni di cui i maggiori di circa 1,9 cm. La TC PET rilevava una diffusa linfadenopatia aspecifica in tutte le stazioni linfonodali. La biopsia linfonodale non veniva eseguita per difficoltà nell’individuare ecograficamente linfonodi nelle stazioni superficiali. La biopsia osteomidollare risultava nei limiti. La paziente durante la degenza presentava puntate febbrili fino a 40°C accompagnate da rash cutaneo evanescente al tronco e profonda astenia, per cui veniva posta in terapia antibiotica inizialmente con ceftriaxone e in seguito con meropenem. In tali occasioni gli esami ematochimici eseguiti, comprensivi di emocolture, urocolture e sierologia per autoimmunità, risultavano sempre nella norma. All’emocromo i globuli bianchi erano fra 2.500 e 5.000/ mm3 con modica linfopenia alla formula leucocitaria e la PCR risultava solo modestamente elevata. In occasione di un rialzo febbrile la paziente manifestava edema polmonare acuto accompagnato da severo bronco-spasmo e dolore toracico, per il quale si rendeva necessario somministrare ossigenoterapia, furosemide e corticosteroide per via sistemica. Veniva documentato, inoltre, il rialzo della troponina TnT-hs (289; vn < 14 pg/ ml) con comparsa all’ECG di onde T negative diffuse, QTc nella norma. L’ecocardiogramma eseguito in urgenza evidenziava un quadro di ipo-acinesia dell’apice con aspetto globoso (aspetto Tako- Tsubo-like) associato a moderata depressione della funzione sistolica globale. In seguito si eseguiva una risonanza magnetica cardiaca che permetteva di escludere una miocardite; la coronarografia eseguita a completamento diagnostico escludeva stenosi coronariche emodinamicamente significative confermando quindi l’ipotesi di sindrome Tako-Tsubo. Alla luce della risposta clinica alla terapia steroidea, della aspecificità delle indagini sierologiche e strumentali e sulla base dei criteri diagnostici della letteratura veniva formulata diagnosi di morbo di Still dell’adulto. La paziente veniva posta in terapia steroidea con prednisone al dosaggio di 1 mg/kg/die per 7 giorni e in seguito a scalare con sospensione completa dopo 3 mesi. Si osservava un netto e rapido miglioramento del quadro clinico con recupero ottimale della cenestesi. A distanza di sei mesi dal ricovero la paziente rimaneva asintomatica e in compenso emodinamico. Nel corso del follow-up si raggiungeva una completa normalizzazione di LDH e ferritina. L’ECG e l’ecocardiogramma documentavano, rispettivamente, normalizzazione della ripolarizzazione ventricolare, della funzione sistolica globale e della cinetica ventricolare sinistra.
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IT100344 | Esame: FE | non disponibile | 2 | Una donna di 68 anni viene inviata dal medico di medicina generale al nostro ospedale per comparsa da circa due mesi di astenia, dolore addominale ricorrente, inappetenza, alcuni episodi di febbre elevata e diarrea. Tre mesi prima del ricovero si era manifestata la comparsa di artralgie diffuse, ancora presenti, per cui era stata formulata diagnosi di probabile artrite reumatoide sieronegativa con esordio senile e consigliata terapia con idrossiclorochina subito sospesa per comparsa di eruzione cutanea e metilprednisone assunto dalla paziente in modo discontinuo e sospeso dieci giorni prima del ricovero. All’ingresso si presentava in buone condizioni generali con esame obiettivo sostanzialmente normale; in particolare non vi erano segni di flogosi articolare né febbre. Dato il netto incremento della lattico deidrogenasi (LDH) e della ferritina sierica veniva posto il sospetto di febbre sistemica in patologia linfoproliferativa. Alla TC addome erano riconoscibili alcuni linfonodi in sede para-aortica sinistra e nel ventaglio mesenteriale, lungo gli assi iliaci comuni di cui i maggiori di circa 1,9 cm. La TC PET rilevava una diffusa linfadenopatia aspecifica in tutte le stazioni linfonodali. La biopsia linfonodale non veniva eseguita per difficoltà nell’individuare ecograficamente linfonodi nelle stazioni superficiali. La biopsia osteomidollare risultava nei limiti. La paziente durante la degenza presentava puntate febbrili fino a 40°C accompagnate da rash cutaneo evanescente al tronco e profonda astenia, per cui veniva posta in terapia antibiotica inizialmente con ceftriaxone e in seguito con meropenem. In tali occasioni gli esami ematochimici eseguiti, comprensivi di emocolture, urocolture e sierologia per autoimmunità, risultavano sempre nella norma. All’emocromo i globuli bianchi erano fra 2.500 e 5.000/ mm3 con modica linfopenia alla formula leucocitaria e la PCR risultava solo modestamente elevata. In occasione di un rialzo febbrile la paziente manifestava edema polmonare acuto accompagnato da severo bronco-spasmo e dolore toracico, per il quale si rendeva necessario somministrare ossigenoterapia, furosemide e corticosteroide per via sistemica. Veniva documentato, inoltre, il rialzo della troponina TnT-hs (289; vn < 14 pg/ ml) con comparsa all’ECG di onde T negative diffuse, QTc nella norma. L’ecocardiogramma eseguito in urgenza evidenziava un quadro di ipo-acinesia dell’apice con aspetto globoso (aspetto Tako- Tsubo-like) associato a moderata depressione della funzione sistolica globale. In seguito si eseguiva una risonanza magnetica cardiaca che permetteva di escludere una miocardite; la coronarografia eseguita a completamento diagnostico escludeva stenosi coronariche emodinamicamente significative confermando quindi l’ipotesi di sindrome Tako-Tsubo. Alla luce della risposta clinica alla terapia steroidea, della aspecificità delle indagini sierologiche e strumentali e sulla base dei criteri diagnostici della letteratura veniva formulata diagnosi di morbo di Still dell’adulto. La paziente veniva posta in terapia steroidea con prednisone al dosaggio di 1 mg/kg/die per 7 giorni e in seguito a scalare con sospensione completa dopo 3 mesi. Si osservava un netto e rapido miglioramento del quadro clinico con recupero ottimale della cenestesi. A distanza di sei mesi dal ricovero la paziente rimaneva asintomatica e in compenso emodinamico. Nel corso del follow-up si raggiungeva una completa normalizzazione di LDH e ferritina. L’ECG e l’ecocardiogramma documentavano, rispettivamente, normalizzazione della ripolarizzazione ventricolare, della funzione sistolica globale e della cinetica ventricolare sinistra.
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IT100344 | Esame: manovra di Giordano | non disponibile | 2 | Una donna di 68 anni viene inviata dal medico di medicina generale al nostro ospedale per comparsa da circa due mesi di astenia, dolore addominale ricorrente, inappetenza, alcuni episodi di febbre elevata e diarrea. Tre mesi prima del ricovero si era manifestata la comparsa di artralgie diffuse, ancora presenti, per cui era stata formulata diagnosi di probabile artrite reumatoide sieronegativa con esordio senile e consigliata terapia con idrossiclorochina subito sospesa per comparsa di eruzione cutanea e metilprednisone assunto dalla paziente in modo discontinuo e sospeso dieci giorni prima del ricovero. All’ingresso si presentava in buone condizioni generali con esame obiettivo sostanzialmente normale; in particolare non vi erano segni di flogosi articolare né febbre. Dato il netto incremento della lattico deidrogenasi (LDH) e della ferritina sierica veniva posto il sospetto di febbre sistemica in patologia linfoproliferativa. Alla TC addome erano riconoscibili alcuni linfonodi in sede para-aortica sinistra e nel ventaglio mesenteriale, lungo gli assi iliaci comuni di cui i maggiori di circa 1,9 cm. La TC PET rilevava una diffusa linfadenopatia aspecifica in tutte le stazioni linfonodali. La biopsia linfonodale non veniva eseguita per difficoltà nell’individuare ecograficamente linfonodi nelle stazioni superficiali. La biopsia osteomidollare risultava nei limiti. La paziente durante la degenza presentava puntate febbrili fino a 40°C accompagnate da rash cutaneo evanescente al tronco e profonda astenia, per cui veniva posta in terapia antibiotica inizialmente con ceftriaxone e in seguito con meropenem. In tali occasioni gli esami ematochimici eseguiti, comprensivi di emocolture, urocolture e sierologia per autoimmunità, risultavano sempre nella norma. All’emocromo i globuli bianchi erano fra 2.500 e 5.000/ mm3 con modica linfopenia alla formula leucocitaria e la PCR risultava solo modestamente elevata. In occasione di un rialzo febbrile la paziente manifestava edema polmonare acuto accompagnato da severo bronco-spasmo e dolore toracico, per il quale si rendeva necessario somministrare ossigenoterapia, furosemide e corticosteroide per via sistemica. Veniva documentato, inoltre, il rialzo della troponina TnT-hs (289; vn < 14 pg/ ml) con comparsa all’ECG di onde T negative diffuse, QTc nella norma. L’ecocardiogramma eseguito in urgenza evidenziava un quadro di ipo-acinesia dell’apice con aspetto globoso (aspetto Tako- Tsubo-like) associato a moderata depressione della funzione sistolica globale. In seguito si eseguiva una risonanza magnetica cardiaca che permetteva di escludere una miocardite; la coronarografia eseguita a completamento diagnostico escludeva stenosi coronariche emodinamicamente significative confermando quindi l’ipotesi di sindrome Tako-Tsubo. Alla luce della risposta clinica alla terapia steroidea, della aspecificità delle indagini sierologiche e strumentali e sulla base dei criteri diagnostici della letteratura veniva formulata diagnosi di morbo di Still dell’adulto. La paziente veniva posta in terapia steroidea con prednisone al dosaggio di 1 mg/kg/die per 7 giorni e in seguito a scalare con sospensione completa dopo 3 mesi. Si osservava un netto e rapido miglioramento del quadro clinico con recupero ottimale della cenestesi. A distanza di sei mesi dal ricovero la paziente rimaneva asintomatica e in compenso emodinamico. Nel corso del follow-up si raggiungeva una completa normalizzazione di LDH e ferritina. L’ECG e l’ecocardiogramma documentavano, rispettivamente, normalizzazione della ripolarizzazione ventricolare, della funzione sistolica globale e della cinetica ventricolare sinistra.
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IT100344 | Esame: GCS | non disponibile | 2 | Una donna di 68 anni viene inviata dal medico di medicina generale al nostro ospedale per comparsa da circa due mesi di astenia, dolore addominale ricorrente, inappetenza, alcuni episodi di febbre elevata e diarrea. Tre mesi prima del ricovero si era manifestata la comparsa di artralgie diffuse, ancora presenti, per cui era stata formulata diagnosi di probabile artrite reumatoide sieronegativa con esordio senile e consigliata terapia con idrossiclorochina subito sospesa per comparsa di eruzione cutanea e metilprednisone assunto dalla paziente in modo discontinuo e sospeso dieci giorni prima del ricovero. All’ingresso si presentava in buone condizioni generali con esame obiettivo sostanzialmente normale; in particolare non vi erano segni di flogosi articolare né febbre. Dato il netto incremento della lattico deidrogenasi (LDH) e della ferritina sierica veniva posto il sospetto di febbre sistemica in patologia linfoproliferativa. Alla TC addome erano riconoscibili alcuni linfonodi in sede para-aortica sinistra e nel ventaglio mesenteriale, lungo gli assi iliaci comuni di cui i maggiori di circa 1,9 cm. La TC PET rilevava una diffusa linfadenopatia aspecifica in tutte le stazioni linfonodali. La biopsia linfonodale non veniva eseguita per difficoltà nell’individuare ecograficamente linfonodi nelle stazioni superficiali. La biopsia osteomidollare risultava nei limiti. La paziente durante la degenza presentava puntate febbrili fino a 40°C accompagnate da rash cutaneo evanescente al tronco e profonda astenia, per cui veniva posta in terapia antibiotica inizialmente con ceftriaxone e in seguito con meropenem. In tali occasioni gli esami ematochimici eseguiti, comprensivi di emocolture, urocolture e sierologia per autoimmunità, risultavano sempre nella norma. All’emocromo i globuli bianchi erano fra 2.500 e 5.000/ mm3 con modica linfopenia alla formula leucocitaria e la PCR risultava solo modestamente elevata. In occasione di un rialzo febbrile la paziente manifestava edema polmonare acuto accompagnato da severo bronco-spasmo e dolore toracico, per il quale si rendeva necessario somministrare ossigenoterapia, furosemide e corticosteroide per via sistemica. Veniva documentato, inoltre, il rialzo della troponina TnT-hs (289; vn < 14 pg/ ml) con comparsa all’ECG di onde T negative diffuse, QTc nella norma. L’ecocardiogramma eseguito in urgenza evidenziava un quadro di ipo-acinesia dell’apice con aspetto globoso (aspetto Tako- Tsubo-like) associato a moderata depressione della funzione sistolica globale. In seguito si eseguiva una risonanza magnetica cardiaca che permetteva di escludere una miocardite; la coronarografia eseguita a completamento diagnostico escludeva stenosi coronariche emodinamicamente significative confermando quindi l’ipotesi di sindrome Tako-Tsubo. Alla luce della risposta clinica alla terapia steroidea, della aspecificità delle indagini sierologiche e strumentali e sulla base dei criteri diagnostici della letteratura veniva formulata diagnosi di morbo di Still dell’adulto. La paziente veniva posta in terapia steroidea con prednisone al dosaggio di 1 mg/kg/die per 7 giorni e in seguito a scalare con sospensione completa dopo 3 mesi. Si osservava un netto e rapido miglioramento del quadro clinico con recupero ottimale della cenestesi. A distanza di sei mesi dal ricovero la paziente rimaneva asintomatica e in compenso emodinamico. Nel corso del follow-up si raggiungeva una completa normalizzazione di LDH e ferritina. L’ECG e l’ecocardiogramma documentavano, rispettivamente, normalizzazione della ripolarizzazione ventricolare, della funzione sistolica globale e della cinetica ventricolare sinistra.
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IT100344 | Esame: K | non disponibile | 2 | Una donna di 68 anni viene inviata dal medico di medicina generale al nostro ospedale per comparsa da circa due mesi di astenia, dolore addominale ricorrente, inappetenza, alcuni episodi di febbre elevata e diarrea. Tre mesi prima del ricovero si era manifestata la comparsa di artralgie diffuse, ancora presenti, per cui era stata formulata diagnosi di probabile artrite reumatoide sieronegativa con esordio senile e consigliata terapia con idrossiclorochina subito sospesa per comparsa di eruzione cutanea e metilprednisone assunto dalla paziente in modo discontinuo e sospeso dieci giorni prima del ricovero. All’ingresso si presentava in buone condizioni generali con esame obiettivo sostanzialmente normale; in particolare non vi erano segni di flogosi articolare né febbre. Dato il netto incremento della lattico deidrogenasi (LDH) e della ferritina sierica veniva posto il sospetto di febbre sistemica in patologia linfoproliferativa. Alla TC addome erano riconoscibili alcuni linfonodi in sede para-aortica sinistra e nel ventaglio mesenteriale, lungo gli assi iliaci comuni di cui i maggiori di circa 1,9 cm. La TC PET rilevava una diffusa linfadenopatia aspecifica in tutte le stazioni linfonodali. La biopsia linfonodale non veniva eseguita per difficoltà nell’individuare ecograficamente linfonodi nelle stazioni superficiali. La biopsia osteomidollare risultava nei limiti. La paziente durante la degenza presentava puntate febbrili fino a 40°C accompagnate da rash cutaneo evanescente al tronco e profonda astenia, per cui veniva posta in terapia antibiotica inizialmente con ceftriaxone e in seguito con meropenem. In tali occasioni gli esami ematochimici eseguiti, comprensivi di emocolture, urocolture e sierologia per autoimmunità, risultavano sempre nella norma. All’emocromo i globuli bianchi erano fra 2.500 e 5.000/ mm3 con modica linfopenia alla formula leucocitaria e la PCR risultava solo modestamente elevata. In occasione di un rialzo febbrile la paziente manifestava edema polmonare acuto accompagnato da severo bronco-spasmo e dolore toracico, per il quale si rendeva necessario somministrare ossigenoterapia, furosemide e corticosteroide per via sistemica. Veniva documentato, inoltre, il rialzo della troponina TnT-hs (289; vn < 14 pg/ ml) con comparsa all’ECG di onde T negative diffuse, QTc nella norma. L’ecocardiogramma eseguito in urgenza evidenziava un quadro di ipo-acinesia dell’apice con aspetto globoso (aspetto Tako- Tsubo-like) associato a moderata depressione della funzione sistolica globale. In seguito si eseguiva una risonanza magnetica cardiaca che permetteva di escludere una miocardite; la coronarografia eseguita a completamento diagnostico escludeva stenosi coronariche emodinamicamente significative confermando quindi l’ipotesi di sindrome Tako-Tsubo. Alla luce della risposta clinica alla terapia steroidea, della aspecificità delle indagini sierologiche e strumentali e sulla base dei criteri diagnostici della letteratura veniva formulata diagnosi di morbo di Still dell’adulto. La paziente veniva posta in terapia steroidea con prednisone al dosaggio di 1 mg/kg/die per 7 giorni e in seguito a scalare con sospensione completa dopo 3 mesi. Si osservava un netto e rapido miglioramento del quadro clinico con recupero ottimale della cenestesi. A distanza di sei mesi dal ricovero la paziente rimaneva asintomatica e in compenso emodinamico. Nel corso del follow-up si raggiungeva una completa normalizzazione di LDH e ferritina. L’ECG e l’ecocardiogramma documentavano, rispettivamente, normalizzazione della ripolarizzazione ventricolare, della funzione sistolica globale e della cinetica ventricolare sinistra.
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IT100344 | Esame: IgG4 | non disponibile | 2 | Una donna di 68 anni viene inviata dal medico di medicina generale al nostro ospedale per comparsa da circa due mesi di astenia, dolore addominale ricorrente, inappetenza, alcuni episodi di febbre elevata e diarrea. Tre mesi prima del ricovero si era manifestata la comparsa di artralgie diffuse, ancora presenti, per cui era stata formulata diagnosi di probabile artrite reumatoide sieronegativa con esordio senile e consigliata terapia con idrossiclorochina subito sospesa per comparsa di eruzione cutanea e metilprednisone assunto dalla paziente in modo discontinuo e sospeso dieci giorni prima del ricovero. All’ingresso si presentava in buone condizioni generali con esame obiettivo sostanzialmente normale; in particolare non vi erano segni di flogosi articolare né febbre. Dato il netto incremento della lattico deidrogenasi (LDH) e della ferritina sierica veniva posto il sospetto di febbre sistemica in patologia linfoproliferativa. Alla TC addome erano riconoscibili alcuni linfonodi in sede para-aortica sinistra e nel ventaglio mesenteriale, lungo gli assi iliaci comuni di cui i maggiori di circa 1,9 cm. La TC PET rilevava una diffusa linfadenopatia aspecifica in tutte le stazioni linfonodali. La biopsia linfonodale non veniva eseguita per difficoltà nell’individuare ecograficamente linfonodi nelle stazioni superficiali. La biopsia osteomidollare risultava nei limiti. La paziente durante la degenza presentava puntate febbrili fino a 40°C accompagnate da rash cutaneo evanescente al tronco e profonda astenia, per cui veniva posta in terapia antibiotica inizialmente con ceftriaxone e in seguito con meropenem. In tali occasioni gli esami ematochimici eseguiti, comprensivi di emocolture, urocolture e sierologia per autoimmunità, risultavano sempre nella norma. All’emocromo i globuli bianchi erano fra 2.500 e 5.000/ mm3 con modica linfopenia alla formula leucocitaria e la PCR risultava solo modestamente elevata. In occasione di un rialzo febbrile la paziente manifestava edema polmonare acuto accompagnato da severo bronco-spasmo e dolore toracico, per il quale si rendeva necessario somministrare ossigenoterapia, furosemide e corticosteroide per via sistemica. Veniva documentato, inoltre, il rialzo della troponina TnT-hs (289; vn < 14 pg/ ml) con comparsa all’ECG di onde T negative diffuse, QTc nella norma. L’ecocardiogramma eseguito in urgenza evidenziava un quadro di ipo-acinesia dell’apice con aspetto globoso (aspetto Tako- Tsubo-like) associato a moderata depressione della funzione sistolica globale. In seguito si eseguiva una risonanza magnetica cardiaca che permetteva di escludere una miocardite; la coronarografia eseguita a completamento diagnostico escludeva stenosi coronariche emodinamicamente significative confermando quindi l’ipotesi di sindrome Tako-Tsubo. Alla luce della risposta clinica alla terapia steroidea, della aspecificità delle indagini sierologiche e strumentali e sulla base dei criteri diagnostici della letteratura veniva formulata diagnosi di morbo di Still dell’adulto. La paziente veniva posta in terapia steroidea con prednisone al dosaggio di 1 mg/kg/die per 7 giorni e in seguito a scalare con sospensione completa dopo 3 mesi. Si osservava un netto e rapido miglioramento del quadro clinico con recupero ottimale della cenestesi. A distanza di sei mesi dal ricovero la paziente rimaneva asintomatica e in compenso emodinamico. Nel corso del follow-up si raggiungeva una completa normalizzazione di LDH e ferritina. L’ECG e l’ecocardiogramma documentavano, rispettivamente, normalizzazione della ripolarizzazione ventricolare, della funzione sistolica globale e della cinetica ventricolare sinistra.
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IT100344 | Esame: GT | non disponibile | 2 | Una donna di 68 anni viene inviata dal medico di medicina generale al nostro ospedale per comparsa da circa due mesi di astenia, dolore addominale ricorrente, inappetenza, alcuni episodi di febbre elevata e diarrea. Tre mesi prima del ricovero si era manifestata la comparsa di artralgie diffuse, ancora presenti, per cui era stata formulata diagnosi di probabile artrite reumatoide sieronegativa con esordio senile e consigliata terapia con idrossiclorochina subito sospesa per comparsa di eruzione cutanea e metilprednisone assunto dalla paziente in modo discontinuo e sospeso dieci giorni prima del ricovero. All’ingresso si presentava in buone condizioni generali con esame obiettivo sostanzialmente normale; in particolare non vi erano segni di flogosi articolare né febbre. Dato il netto incremento della lattico deidrogenasi (LDH) e della ferritina sierica veniva posto il sospetto di febbre sistemica in patologia linfoproliferativa. Alla TC addome erano riconoscibili alcuni linfonodi in sede para-aortica sinistra e nel ventaglio mesenteriale, lungo gli assi iliaci comuni di cui i maggiori di circa 1,9 cm. La TC PET rilevava una diffusa linfadenopatia aspecifica in tutte le stazioni linfonodali. La biopsia linfonodale non veniva eseguita per difficoltà nell’individuare ecograficamente linfonodi nelle stazioni superficiali. La biopsia osteomidollare risultava nei limiti. La paziente durante la degenza presentava puntate febbrili fino a 40°C accompagnate da rash cutaneo evanescente al tronco e profonda astenia, per cui veniva posta in terapia antibiotica inizialmente con ceftriaxone e in seguito con meropenem. In tali occasioni gli esami ematochimici eseguiti, comprensivi di emocolture, urocolture e sierologia per autoimmunità, risultavano sempre nella norma. All’emocromo i globuli bianchi erano fra 2.500 e 5.000/ mm3 con modica linfopenia alla formula leucocitaria e la PCR risultava solo modestamente elevata. In occasione di un rialzo febbrile la paziente manifestava edema polmonare acuto accompagnato da severo bronco-spasmo e dolore toracico, per il quale si rendeva necessario somministrare ossigenoterapia, furosemide e corticosteroide per via sistemica. Veniva documentato, inoltre, il rialzo della troponina TnT-hs (289; vn < 14 pg/ ml) con comparsa all’ECG di onde T negative diffuse, QTc nella norma. L’ecocardiogramma eseguito in urgenza evidenziava un quadro di ipo-acinesia dell’apice con aspetto globoso (aspetto Tako- Tsubo-like) associato a moderata depressione della funzione sistolica globale. In seguito si eseguiva una risonanza magnetica cardiaca che permetteva di escludere una miocardite; la coronarografia eseguita a completamento diagnostico escludeva stenosi coronariche emodinamicamente significative confermando quindi l’ipotesi di sindrome Tako-Tsubo. Alla luce della risposta clinica alla terapia steroidea, della aspecificità delle indagini sierologiche e strumentali e sulla base dei criteri diagnostici della letteratura veniva formulata diagnosi di morbo di Still dell’adulto. La paziente veniva posta in terapia steroidea con prednisone al dosaggio di 1 mg/kg/die per 7 giorni e in seguito a scalare con sospensione completa dopo 3 mesi. Si osservava un netto e rapido miglioramento del quadro clinico con recupero ottimale della cenestesi. A distanza di sei mesi dal ricovero la paziente rimaneva asintomatica e in compenso emodinamico. Nel corso del follow-up si raggiungeva una completa normalizzazione di LDH e ferritina. L’ECG e l’ecocardiogramma documentavano, rispettivamente, normalizzazione della ripolarizzazione ventricolare, della funzione sistolica globale e della cinetica ventricolare sinistra.
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IT100344 | Esame: Ca | non disponibile | 2 | Una donna di 68 anni viene inviata dal medico di medicina generale al nostro ospedale per comparsa da circa due mesi di astenia, dolore addominale ricorrente, inappetenza, alcuni episodi di febbre elevata e diarrea. Tre mesi prima del ricovero si era manifestata la comparsa di artralgie diffuse, ancora presenti, per cui era stata formulata diagnosi di probabile artrite reumatoide sieronegativa con esordio senile e consigliata terapia con idrossiclorochina subito sospesa per comparsa di eruzione cutanea e metilprednisone assunto dalla paziente in modo discontinuo e sospeso dieci giorni prima del ricovero. All’ingresso si presentava in buone condizioni generali con esame obiettivo sostanzialmente normale; in particolare non vi erano segni di flogosi articolare né febbre. Dato il netto incremento della lattico deidrogenasi (LDH) e della ferritina sierica veniva posto il sospetto di febbre sistemica in patologia linfoproliferativa. Alla TC addome erano riconoscibili alcuni linfonodi in sede para-aortica sinistra e nel ventaglio mesenteriale, lungo gli assi iliaci comuni di cui i maggiori di circa 1,9 cm. La TC PET rilevava una diffusa linfadenopatia aspecifica in tutte le stazioni linfonodali. La biopsia linfonodale non veniva eseguita per difficoltà nell’individuare ecograficamente linfonodi nelle stazioni superficiali. La biopsia osteomidollare risultava nei limiti. La paziente durante la degenza presentava puntate febbrili fino a 40°C accompagnate da rash cutaneo evanescente al tronco e profonda astenia, per cui veniva posta in terapia antibiotica inizialmente con ceftriaxone e in seguito con meropenem. In tali occasioni gli esami ematochimici eseguiti, comprensivi di emocolture, urocolture e sierologia per autoimmunità, risultavano sempre nella norma. All’emocromo i globuli bianchi erano fra 2.500 e 5.000/ mm3 con modica linfopenia alla formula leucocitaria e la PCR risultava solo modestamente elevata. In occasione di un rialzo febbrile la paziente manifestava edema polmonare acuto accompagnato da severo bronco-spasmo e dolore toracico, per il quale si rendeva necessario somministrare ossigenoterapia, furosemide e corticosteroide per via sistemica. Veniva documentato, inoltre, il rialzo della troponina TnT-hs (289; vn < 14 pg/ ml) con comparsa all’ECG di onde T negative diffuse, QTc nella norma. L’ecocardiogramma eseguito in urgenza evidenziava un quadro di ipo-acinesia dell’apice con aspetto globoso (aspetto Tako- Tsubo-like) associato a moderata depressione della funzione sistolica globale. In seguito si eseguiva una risonanza magnetica cardiaca che permetteva di escludere una miocardite; la coronarografia eseguita a completamento diagnostico escludeva stenosi coronariche emodinamicamente significative confermando quindi l’ipotesi di sindrome Tako-Tsubo. Alla luce della risposta clinica alla terapia steroidea, della aspecificità delle indagini sierologiche e strumentali e sulla base dei criteri diagnostici della letteratura veniva formulata diagnosi di morbo di Still dell’adulto. La paziente veniva posta in terapia steroidea con prednisone al dosaggio di 1 mg/kg/die per 7 giorni e in seguito a scalare con sospensione completa dopo 3 mesi. Si osservava un netto e rapido miglioramento del quadro clinico con recupero ottimale della cenestesi. A distanza di sei mesi dal ricovero la paziente rimaneva asintomatica e in compenso emodinamico. Nel corso del follow-up si raggiungeva una completa normalizzazione di LDH e ferritina. L’ECG e l’ecocardiogramma documentavano, rispettivamente, normalizzazione della ripolarizzazione ventricolare, della funzione sistolica globale e della cinetica ventricolare sinistra.
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IT100344 | Esame: F.C. | non disponibile | 2 | Una donna di 68 anni viene inviata dal medico di medicina generale al nostro ospedale per comparsa da circa due mesi di astenia, dolore addominale ricorrente, inappetenza, alcuni episodi di febbre elevata e diarrea. Tre mesi prima del ricovero si era manifestata la comparsa di artralgie diffuse, ancora presenti, per cui era stata formulata diagnosi di probabile artrite reumatoide sieronegativa con esordio senile e consigliata terapia con idrossiclorochina subito sospesa per comparsa di eruzione cutanea e metilprednisone assunto dalla paziente in modo discontinuo e sospeso dieci giorni prima del ricovero. All’ingresso si presentava in buone condizioni generali con esame obiettivo sostanzialmente normale; in particolare non vi erano segni di flogosi articolare né febbre. Dato il netto incremento della lattico deidrogenasi (LDH) e della ferritina sierica veniva posto il sospetto di febbre sistemica in patologia linfoproliferativa. Alla TC addome erano riconoscibili alcuni linfonodi in sede para-aortica sinistra e nel ventaglio mesenteriale, lungo gli assi iliaci comuni di cui i maggiori di circa 1,9 cm. La TC PET rilevava una diffusa linfadenopatia aspecifica in tutte le stazioni linfonodali. La biopsia linfonodale non veniva eseguita per difficoltà nell’individuare ecograficamente linfonodi nelle stazioni superficiali. La biopsia osteomidollare risultava nei limiti. La paziente durante la degenza presentava puntate febbrili fino a 40°C accompagnate da rash cutaneo evanescente al tronco e profonda astenia, per cui veniva posta in terapia antibiotica inizialmente con ceftriaxone e in seguito con meropenem. In tali occasioni gli esami ematochimici eseguiti, comprensivi di emocolture, urocolture e sierologia per autoimmunità, risultavano sempre nella norma. All’emocromo i globuli bianchi erano fra 2.500 e 5.000/ mm3 con modica linfopenia alla formula leucocitaria e la PCR risultava solo modestamente elevata. In occasione di un rialzo febbrile la paziente manifestava edema polmonare acuto accompagnato da severo bronco-spasmo e dolore toracico, per il quale si rendeva necessario somministrare ossigenoterapia, furosemide e corticosteroide per via sistemica. Veniva documentato, inoltre, il rialzo della troponina TnT-hs (289; vn < 14 pg/ ml) con comparsa all’ECG di onde T negative diffuse, QTc nella norma. L’ecocardiogramma eseguito in urgenza evidenziava un quadro di ipo-acinesia dell’apice con aspetto globoso (aspetto Tako- Tsubo-like) associato a moderata depressione della funzione sistolica globale. In seguito si eseguiva una risonanza magnetica cardiaca che permetteva di escludere una miocardite; la coronarografia eseguita a completamento diagnostico escludeva stenosi coronariche emodinamicamente significative confermando quindi l’ipotesi di sindrome Tako-Tsubo. Alla luce della risposta clinica alla terapia steroidea, della aspecificità delle indagini sierologiche e strumentali e sulla base dei criteri diagnostici della letteratura veniva formulata diagnosi di morbo di Still dell’adulto. La paziente veniva posta in terapia steroidea con prednisone al dosaggio di 1 mg/kg/die per 7 giorni e in seguito a scalare con sospensione completa dopo 3 mesi. Si osservava un netto e rapido miglioramento del quadro clinico con recupero ottimale della cenestesi. A distanza di sei mesi dal ricovero la paziente rimaneva asintomatica e in compenso emodinamico. Nel corso del follow-up si raggiungeva una completa normalizzazione di LDH e ferritina. L’ECG e l’ecocardiogramma documentavano, rispettivamente, normalizzazione della ripolarizzazione ventricolare, della funzione sistolica globale e della cinetica ventricolare sinistra.
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IT100344 | Esame: piastrinopenia | non disponibile | 2 | Una donna di 68 anni viene inviata dal medico di medicina generale al nostro ospedale per comparsa da circa due mesi di astenia, dolore addominale ricorrente, inappetenza, alcuni episodi di febbre elevata e diarrea. Tre mesi prima del ricovero si era manifestata la comparsa di artralgie diffuse, ancora presenti, per cui era stata formulata diagnosi di probabile artrite reumatoide sieronegativa con esordio senile e consigliata terapia con idrossiclorochina subito sospesa per comparsa di eruzione cutanea e metilprednisone assunto dalla paziente in modo discontinuo e sospeso dieci giorni prima del ricovero. All’ingresso si presentava in buone condizioni generali con esame obiettivo sostanzialmente normale; in particolare non vi erano segni di flogosi articolare né febbre. Dato il netto incremento della lattico deidrogenasi (LDH) e della ferritina sierica veniva posto il sospetto di febbre sistemica in patologia linfoproliferativa. Alla TC addome erano riconoscibili alcuni linfonodi in sede para-aortica sinistra e nel ventaglio mesenteriale, lungo gli assi iliaci comuni di cui i maggiori di circa 1,9 cm. La TC PET rilevava una diffusa linfadenopatia aspecifica in tutte le stazioni linfonodali. La biopsia linfonodale non veniva eseguita per difficoltà nell’individuare ecograficamente linfonodi nelle stazioni superficiali. La biopsia osteomidollare risultava nei limiti. La paziente durante la degenza presentava puntate febbrili fino a 40°C accompagnate da rash cutaneo evanescente al tronco e profonda astenia, per cui veniva posta in terapia antibiotica inizialmente con ceftriaxone e in seguito con meropenem. In tali occasioni gli esami ematochimici eseguiti, comprensivi di emocolture, urocolture e sierologia per autoimmunità, risultavano sempre nella norma. All’emocromo i globuli bianchi erano fra 2.500 e 5.000/ mm3 con modica linfopenia alla formula leucocitaria e la PCR risultava solo modestamente elevata. In occasione di un rialzo febbrile la paziente manifestava edema polmonare acuto accompagnato da severo bronco-spasmo e dolore toracico, per il quale si rendeva necessario somministrare ossigenoterapia, furosemide e corticosteroide per via sistemica. Veniva documentato, inoltre, il rialzo della troponina TnT-hs (289; vn < 14 pg/ ml) con comparsa all’ECG di onde T negative diffuse, QTc nella norma. L’ecocardiogramma eseguito in urgenza evidenziava un quadro di ipo-acinesia dell’apice con aspetto globoso (aspetto Tako- Tsubo-like) associato a moderata depressione della funzione sistolica globale. In seguito si eseguiva una risonanza magnetica cardiaca che permetteva di escludere una miocardite; la coronarografia eseguita a completamento diagnostico escludeva stenosi coronariche emodinamicamente significative confermando quindi l’ipotesi di sindrome Tako-Tsubo. Alla luce della risposta clinica alla terapia steroidea, della aspecificità delle indagini sierologiche e strumentali e sulla base dei criteri diagnostici della letteratura veniva formulata diagnosi di morbo di Still dell’adulto. La paziente veniva posta in terapia steroidea con prednisone al dosaggio di 1 mg/kg/die per 7 giorni e in seguito a scalare con sospensione completa dopo 3 mesi. Si osservava un netto e rapido miglioramento del quadro clinico con recupero ottimale della cenestesi. A distanza di sei mesi dal ricovero la paziente rimaneva asintomatica e in compenso emodinamico. Nel corso del follow-up si raggiungeva una completa normalizzazione di LDH e ferritina. L’ECG e l’ecocardiogramma documentavano, rispettivamente, normalizzazione della ripolarizzazione ventricolare, della funzione sistolica globale e della cinetica ventricolare sinistra.
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IT100344 | Esame: HCV-RNA | non disponibile | 2 | Una donna di 68 anni viene inviata dal medico di medicina generale al nostro ospedale per comparsa da circa due mesi di astenia, dolore addominale ricorrente, inappetenza, alcuni episodi di febbre elevata e diarrea. Tre mesi prima del ricovero si era manifestata la comparsa di artralgie diffuse, ancora presenti, per cui era stata formulata diagnosi di probabile artrite reumatoide sieronegativa con esordio senile e consigliata terapia con idrossiclorochina subito sospesa per comparsa di eruzione cutanea e metilprednisone assunto dalla paziente in modo discontinuo e sospeso dieci giorni prima del ricovero. All’ingresso si presentava in buone condizioni generali con esame obiettivo sostanzialmente normale; in particolare non vi erano segni di flogosi articolare né febbre. Dato il netto incremento della lattico deidrogenasi (LDH) e della ferritina sierica veniva posto il sospetto di febbre sistemica in patologia linfoproliferativa. Alla TC addome erano riconoscibili alcuni linfonodi in sede para-aortica sinistra e nel ventaglio mesenteriale, lungo gli assi iliaci comuni di cui i maggiori di circa 1,9 cm. La TC PET rilevava una diffusa linfadenopatia aspecifica in tutte le stazioni linfonodali. La biopsia linfonodale non veniva eseguita per difficoltà nell’individuare ecograficamente linfonodi nelle stazioni superficiali. La biopsia osteomidollare risultava nei limiti. La paziente durante la degenza presentava puntate febbrili fino a 40°C accompagnate da rash cutaneo evanescente al tronco e profonda astenia, per cui veniva posta in terapia antibiotica inizialmente con ceftriaxone e in seguito con meropenem. In tali occasioni gli esami ematochimici eseguiti, comprensivi di emocolture, urocolture e sierologia per autoimmunità, risultavano sempre nella norma. All’emocromo i globuli bianchi erano fra 2.500 e 5.000/ mm3 con modica linfopenia alla formula leucocitaria e la PCR risultava solo modestamente elevata. In occasione di un rialzo febbrile la paziente manifestava edema polmonare acuto accompagnato da severo bronco-spasmo e dolore toracico, per il quale si rendeva necessario somministrare ossigenoterapia, furosemide e corticosteroide per via sistemica. Veniva documentato, inoltre, il rialzo della troponina TnT-hs (289; vn < 14 pg/ ml) con comparsa all’ECG di onde T negative diffuse, QTc nella norma. L’ecocardiogramma eseguito in urgenza evidenziava un quadro di ipo-acinesia dell’apice con aspetto globoso (aspetto Tako- Tsubo-like) associato a moderata depressione della funzione sistolica globale. In seguito si eseguiva una risonanza magnetica cardiaca che permetteva di escludere una miocardite; la coronarografia eseguita a completamento diagnostico escludeva stenosi coronariche emodinamicamente significative confermando quindi l’ipotesi di sindrome Tako-Tsubo. Alla luce della risposta clinica alla terapia steroidea, della aspecificità delle indagini sierologiche e strumentali e sulla base dei criteri diagnostici della letteratura veniva formulata diagnosi di morbo di Still dell’adulto. La paziente veniva posta in terapia steroidea con prednisone al dosaggio di 1 mg/kg/die per 7 giorni e in seguito a scalare con sospensione completa dopo 3 mesi. Si osservava un netto e rapido miglioramento del quadro clinico con recupero ottimale della cenestesi. A distanza di sei mesi dal ricovero la paziente rimaneva asintomatica e in compenso emodinamico. Nel corso del follow-up si raggiungeva una completa normalizzazione di LDH e ferritina. L’ECG e l’ecocardiogramma documentavano, rispettivamente, normalizzazione della ripolarizzazione ventricolare, della funzione sistolica globale e della cinetica ventricolare sinistra.
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IT100344 | Esame: piastrine | non disponibile | 2 | Una donna di 68 anni viene inviata dal medico di medicina generale al nostro ospedale per comparsa da circa due mesi di astenia, dolore addominale ricorrente, inappetenza, alcuni episodi di febbre elevata e diarrea. Tre mesi prima del ricovero si era manifestata la comparsa di artralgie diffuse, ancora presenti, per cui era stata formulata diagnosi di probabile artrite reumatoide sieronegativa con esordio senile e consigliata terapia con idrossiclorochina subito sospesa per comparsa di eruzione cutanea e metilprednisone assunto dalla paziente in modo discontinuo e sospeso dieci giorni prima del ricovero. All’ingresso si presentava in buone condizioni generali con esame obiettivo sostanzialmente normale; in particolare non vi erano segni di flogosi articolare né febbre. Dato il netto incremento della lattico deidrogenasi (LDH) e della ferritina sierica veniva posto il sospetto di febbre sistemica in patologia linfoproliferativa. Alla TC addome erano riconoscibili alcuni linfonodi in sede para-aortica sinistra e nel ventaglio mesenteriale, lungo gli assi iliaci comuni di cui i maggiori di circa 1,9 cm. La TC PET rilevava una diffusa linfadenopatia aspecifica in tutte le stazioni linfonodali. La biopsia linfonodale non veniva eseguita per difficoltà nell’individuare ecograficamente linfonodi nelle stazioni superficiali. La biopsia osteomidollare risultava nei limiti. La paziente durante la degenza presentava puntate febbrili fino a 40°C accompagnate da rash cutaneo evanescente al tronco e profonda astenia, per cui veniva posta in terapia antibiotica inizialmente con ceftriaxone e in seguito con meropenem. In tali occasioni gli esami ematochimici eseguiti, comprensivi di emocolture, urocolture e sierologia per autoimmunità, risultavano sempre nella norma. All’emocromo i globuli bianchi erano fra 2.500 e 5.000/ mm3 con modica linfopenia alla formula leucocitaria e la PCR risultava solo modestamente elevata. In occasione di un rialzo febbrile la paziente manifestava edema polmonare acuto accompagnato da severo bronco-spasmo e dolore toracico, per il quale si rendeva necessario somministrare ossigenoterapia, furosemide e corticosteroide per via sistemica. Veniva documentato, inoltre, il rialzo della troponina TnT-hs (289; vn < 14 pg/ ml) con comparsa all’ECG di onde T negative diffuse, QTc nella norma. L’ecocardiogramma eseguito in urgenza evidenziava un quadro di ipo-acinesia dell’apice con aspetto globoso (aspetto Tako- Tsubo-like) associato a moderata depressione della funzione sistolica globale. In seguito si eseguiva una risonanza magnetica cardiaca che permetteva di escludere una miocardite; la coronarografia eseguita a completamento diagnostico escludeva stenosi coronariche emodinamicamente significative confermando quindi l’ipotesi di sindrome Tako-Tsubo. Alla luce della risposta clinica alla terapia steroidea, della aspecificità delle indagini sierologiche e strumentali e sulla base dei criteri diagnostici della letteratura veniva formulata diagnosi di morbo di Still dell’adulto. La paziente veniva posta in terapia steroidea con prednisone al dosaggio di 1 mg/kg/die per 7 giorni e in seguito a scalare con sospensione completa dopo 3 mesi. Si osservava un netto e rapido miglioramento del quadro clinico con recupero ottimale della cenestesi. A distanza di sei mesi dal ricovero la paziente rimaneva asintomatica e in compenso emodinamico. Nel corso del follow-up si raggiungeva una completa normalizzazione di LDH e ferritina. L’ECG e l’ecocardiogramma documentavano, rispettivamente, normalizzazione della ripolarizzazione ventricolare, della funzione sistolica globale e della cinetica ventricolare sinistra.
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IT100344 | Esame: TAC | non disponibile | 2 | Una donna di 68 anni viene inviata dal medico di medicina generale al nostro ospedale per comparsa da circa due mesi di astenia, dolore addominale ricorrente, inappetenza, alcuni episodi di febbre elevata e diarrea. Tre mesi prima del ricovero si era manifestata la comparsa di artralgie diffuse, ancora presenti, per cui era stata formulata diagnosi di probabile artrite reumatoide sieronegativa con esordio senile e consigliata terapia con idrossiclorochina subito sospesa per comparsa di eruzione cutanea e metilprednisone assunto dalla paziente in modo discontinuo e sospeso dieci giorni prima del ricovero. All’ingresso si presentava in buone condizioni generali con esame obiettivo sostanzialmente normale; in particolare non vi erano segni di flogosi articolare né febbre. Dato il netto incremento della lattico deidrogenasi (LDH) e della ferritina sierica veniva posto il sospetto di febbre sistemica in patologia linfoproliferativa. Alla TC addome erano riconoscibili alcuni linfonodi in sede para-aortica sinistra e nel ventaglio mesenteriale, lungo gli assi iliaci comuni di cui i maggiori di circa 1,9 cm. La TC PET rilevava una diffusa linfadenopatia aspecifica in tutte le stazioni linfonodali. La biopsia linfonodale non veniva eseguita per difficoltà nell’individuare ecograficamente linfonodi nelle stazioni superficiali. La biopsia osteomidollare risultava nei limiti. La paziente durante la degenza presentava puntate febbrili fino a 40°C accompagnate da rash cutaneo evanescente al tronco e profonda astenia, per cui veniva posta in terapia antibiotica inizialmente con ceftriaxone e in seguito con meropenem. In tali occasioni gli esami ematochimici eseguiti, comprensivi di emocolture, urocolture e sierologia per autoimmunità, risultavano sempre nella norma. All’emocromo i globuli bianchi erano fra 2.500 e 5.000/ mm3 con modica linfopenia alla formula leucocitaria e la PCR risultava solo modestamente elevata. In occasione di un rialzo febbrile la paziente manifestava edema polmonare acuto accompagnato da severo bronco-spasmo e dolore toracico, per il quale si rendeva necessario somministrare ossigenoterapia, furosemide e corticosteroide per via sistemica. Veniva documentato, inoltre, il rialzo della troponina TnT-hs (289; vn < 14 pg/ ml) con comparsa all’ECG di onde T negative diffuse, QTc nella norma. L’ecocardiogramma eseguito in urgenza evidenziava un quadro di ipo-acinesia dell’apice con aspetto globoso (aspetto Tako- Tsubo-like) associato a moderata depressione della funzione sistolica globale. In seguito si eseguiva una risonanza magnetica cardiaca che permetteva di escludere una miocardite; la coronarografia eseguita a completamento diagnostico escludeva stenosi coronariche emodinamicamente significative confermando quindi l’ipotesi di sindrome Tako-Tsubo. Alla luce della risposta clinica alla terapia steroidea, della aspecificità delle indagini sierologiche e strumentali e sulla base dei criteri diagnostici della letteratura veniva formulata diagnosi di morbo di Still dell’adulto. La paziente veniva posta in terapia steroidea con prednisone al dosaggio di 1 mg/kg/die per 7 giorni e in seguito a scalare con sospensione completa dopo 3 mesi. Si osservava un netto e rapido miglioramento del quadro clinico con recupero ottimale della cenestesi. A distanza di sei mesi dal ricovero la paziente rimaneva asintomatica e in compenso emodinamico. Nel corso del follow-up si raggiungeva una completa normalizzazione di LDH e ferritina. L’ECG e l’ecocardiogramma documentavano, rispettivamente, normalizzazione della ripolarizzazione ventricolare, della funzione sistolica globale e della cinetica ventricolare sinistra.
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IT100344 | Esame: EGDS | non disponibile | 2 | Una donna di 68 anni viene inviata dal medico di medicina generale al nostro ospedale per comparsa da circa due mesi di astenia, dolore addominale ricorrente, inappetenza, alcuni episodi di febbre elevata e diarrea. Tre mesi prima del ricovero si era manifestata la comparsa di artralgie diffuse, ancora presenti, per cui era stata formulata diagnosi di probabile artrite reumatoide sieronegativa con esordio senile e consigliata terapia con idrossiclorochina subito sospesa per comparsa di eruzione cutanea e metilprednisone assunto dalla paziente in modo discontinuo e sospeso dieci giorni prima del ricovero. All’ingresso si presentava in buone condizioni generali con esame obiettivo sostanzialmente normale; in particolare non vi erano segni di flogosi articolare né febbre. Dato il netto incremento della lattico deidrogenasi (LDH) e della ferritina sierica veniva posto il sospetto di febbre sistemica in patologia linfoproliferativa. Alla TC addome erano riconoscibili alcuni linfonodi in sede para-aortica sinistra e nel ventaglio mesenteriale, lungo gli assi iliaci comuni di cui i maggiori di circa 1,9 cm. La TC PET rilevava una diffusa linfadenopatia aspecifica in tutte le stazioni linfonodali. La biopsia linfonodale non veniva eseguita per difficoltà nell’individuare ecograficamente linfonodi nelle stazioni superficiali. La biopsia osteomidollare risultava nei limiti. La paziente durante la degenza presentava puntate febbrili fino a 40°C accompagnate da rash cutaneo evanescente al tronco e profonda astenia, per cui veniva posta in terapia antibiotica inizialmente con ceftriaxone e in seguito con meropenem. In tali occasioni gli esami ematochimici eseguiti, comprensivi di emocolture, urocolture e sierologia per autoimmunità, risultavano sempre nella norma. All’emocromo i globuli bianchi erano fra 2.500 e 5.000/ mm3 con modica linfopenia alla formula leucocitaria e la PCR risultava solo modestamente elevata. In occasione di un rialzo febbrile la paziente manifestava edema polmonare acuto accompagnato da severo bronco-spasmo e dolore toracico, per il quale si rendeva necessario somministrare ossigenoterapia, furosemide e corticosteroide per via sistemica. Veniva documentato, inoltre, il rialzo della troponina TnT-hs (289; vn < 14 pg/ ml) con comparsa all’ECG di onde T negative diffuse, QTc nella norma. L’ecocardiogramma eseguito in urgenza evidenziava un quadro di ipo-acinesia dell’apice con aspetto globoso (aspetto Tako- Tsubo-like) associato a moderata depressione della funzione sistolica globale. In seguito si eseguiva una risonanza magnetica cardiaca che permetteva di escludere una miocardite; la coronarografia eseguita a completamento diagnostico escludeva stenosi coronariche emodinamicamente significative confermando quindi l’ipotesi di sindrome Tako-Tsubo. Alla luce della risposta clinica alla terapia steroidea, della aspecificità delle indagini sierologiche e strumentali e sulla base dei criteri diagnostici della letteratura veniva formulata diagnosi di morbo di Still dell’adulto. La paziente veniva posta in terapia steroidea con prednisone al dosaggio di 1 mg/kg/die per 7 giorni e in seguito a scalare con sospensione completa dopo 3 mesi. Si osservava un netto e rapido miglioramento del quadro clinico con recupero ottimale della cenestesi. A distanza di sei mesi dal ricovero la paziente rimaneva asintomatica e in compenso emodinamico. Nel corso del follow-up si raggiungeva una completa normalizzazione di LDH e ferritina. L’ECG e l’ecocardiogramma documentavano, rispettivamente, normalizzazione della ripolarizzazione ventricolare, della funzione sistolica globale e della cinetica ventricolare sinistra.
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IT100344 | Esame: EF | non disponibile | 2 | Una donna di 68 anni viene inviata dal medico di medicina generale al nostro ospedale per comparsa da circa due mesi di astenia, dolore addominale ricorrente, inappetenza, alcuni episodi di febbre elevata e diarrea. Tre mesi prima del ricovero si era manifestata la comparsa di artralgie diffuse, ancora presenti, per cui era stata formulata diagnosi di probabile artrite reumatoide sieronegativa con esordio senile e consigliata terapia con idrossiclorochina subito sospesa per comparsa di eruzione cutanea e metilprednisone assunto dalla paziente in modo discontinuo e sospeso dieci giorni prima del ricovero. All’ingresso si presentava in buone condizioni generali con esame obiettivo sostanzialmente normale; in particolare non vi erano segni di flogosi articolare né febbre. Dato il netto incremento della lattico deidrogenasi (LDH) e della ferritina sierica veniva posto il sospetto di febbre sistemica in patologia linfoproliferativa. Alla TC addome erano riconoscibili alcuni linfonodi in sede para-aortica sinistra e nel ventaglio mesenteriale, lungo gli assi iliaci comuni di cui i maggiori di circa 1,9 cm. La TC PET rilevava una diffusa linfadenopatia aspecifica in tutte le stazioni linfonodali. La biopsia linfonodale non veniva eseguita per difficoltà nell’individuare ecograficamente linfonodi nelle stazioni superficiali. La biopsia osteomidollare risultava nei limiti. La paziente durante la degenza presentava puntate febbrili fino a 40°C accompagnate da rash cutaneo evanescente al tronco e profonda astenia, per cui veniva posta in terapia antibiotica inizialmente con ceftriaxone e in seguito con meropenem. In tali occasioni gli esami ematochimici eseguiti, comprensivi di emocolture, urocolture e sierologia per autoimmunità, risultavano sempre nella norma. All’emocromo i globuli bianchi erano fra 2.500 e 5.000/ mm3 con modica linfopenia alla formula leucocitaria e la PCR risultava solo modestamente elevata. In occasione di un rialzo febbrile la paziente manifestava edema polmonare acuto accompagnato da severo bronco-spasmo e dolore toracico, per il quale si rendeva necessario somministrare ossigenoterapia, furosemide e corticosteroide per via sistemica. Veniva documentato, inoltre, il rialzo della troponina TnT-hs (289; vn < 14 pg/ ml) con comparsa all’ECG di onde T negative diffuse, QTc nella norma. L’ecocardiogramma eseguito in urgenza evidenziava un quadro di ipo-acinesia dell’apice con aspetto globoso (aspetto Tako- Tsubo-like) associato a moderata depressione della funzione sistolica globale. In seguito si eseguiva una risonanza magnetica cardiaca che permetteva di escludere una miocardite; la coronarografia eseguita a completamento diagnostico escludeva stenosi coronariche emodinamicamente significative confermando quindi l’ipotesi di sindrome Tako-Tsubo. Alla luce della risposta clinica alla terapia steroidea, della aspecificità delle indagini sierologiche e strumentali e sulla base dei criteri diagnostici della letteratura veniva formulata diagnosi di morbo di Still dell’adulto. La paziente veniva posta in terapia steroidea con prednisone al dosaggio di 1 mg/kg/die per 7 giorni e in seguito a scalare con sospensione completa dopo 3 mesi. Si osservava un netto e rapido miglioramento del quadro clinico con recupero ottimale della cenestesi. A distanza di sei mesi dal ricovero la paziente rimaneva asintomatica e in compenso emodinamico. Nel corso del follow-up si raggiungeva una completa normalizzazione di LDH e ferritina. L’ECG e l’ecocardiogramma documentavano, rispettivamente, normalizzazione della ripolarizzazione ventricolare, della funzione sistolica globale e della cinetica ventricolare sinistra.
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IT100414 | Esame: creatinina | non disponibile | 2 | P.A. sesso M, anni 51, di professione verniciatore delle FF.SS, manifesta epistassi e, su suggerimento del MMG, effettua ecocardiogramma ambulatoriale che evidenzia massa in atrio dx; durante ricovero c/o altro nosocomio il pz presenta rialzo delle transaminasi (dati non disponibili), viene confermata all’ecocardiogramma massa in atrio dx. Giunge nella ns UO per trasferimento in Cardiochirurgia. In data 10/1 nuovo ecocardiogramma ribadisce la presenza di formazione rotondeggiante atrio dx 30x23 mm adesa al setto interatriale (verosimile mixoma). Esami di laboratorio mostrano HBV positività, AST 155, ALT 148, PAL 105, GGT 182. La consulenza CCH conferma mixoma atrio dx, richiede nuovo ecocardiogramma e pone il pz in lista di attesa per intervento chirurgico. In data 14/1 il pz viene sottoposto ad ulteriore ecocardiogramma che evidenzia: “massa in atrio dx a margini sfrangiati, non compatta, senza rapporti con setto interatriale e con origine nella VCI”. Esegue prelievo per markers oncologici: AFP 461, TPA 290, Ca19-9 163. L’eco addome (16/1) evidenzia fegato aumentato di volume, ecostruttura disomogenea, vie biliari ectasiche con lesione focale iperecogena VIII segmento di 13 mm. La TC torace ed addome con mdc (21/1) evidenzia: “voluminosa lesione solida, disomogenea e con circoli arteriosi neoformati, di tipo eteroplasico (verosimile HCC) al IV, V e VIII segmento con sconfinamento nel lobo sn; si associa trombosi vena porta all’ilo, linfonodi aumentati di volume all’ilo epatico. Ad entrambi i polmoni numerose lesioni nodulari verosimilmente secondarie con diametro tra pochi mm e 1,5 cm”. Viene affidato alle cure della UOC di Oncologia ed inizia terapia con sorafenib tosilato 200 mg/die.
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IT100414 | Esame: ecocardiogramma | non disponibile | 2 | P.A. sesso M, anni 51, di professione verniciatore delle FF.SS, manifesta epistassi e, su suggerimento del MMG, effettua ecocardiogramma ambulatoriale che evidenzia massa in atrio dx; durante ricovero c/o altro nosocomio il pz presenta rialzo delle transaminasi (dati non disponibili), viene confermata all’ecocardiogramma massa in atrio dx. Giunge nella ns UO per trasferimento in Cardiochirurgia. In data 10/1 nuovo ecocardiogramma ribadisce la presenza di formazione rotondeggiante atrio dx 30x23 mm adesa al setto interatriale (verosimile mixoma). Esami di laboratorio mostrano HBV positività, AST 155, ALT 148, PAL 105, GGT 182. La consulenza CCH conferma mixoma atrio dx, richiede nuovo ecocardiogramma e pone il pz in lista di attesa per intervento chirurgico. In data 14/1 il pz viene sottoposto ad ulteriore ecocardiogramma che evidenzia: “massa in atrio dx a margini sfrangiati, non compatta, senza rapporti con setto interatriale e con origine nella VCI”. Esegue prelievo per markers oncologici: AFP 461, TPA 290, Ca19-9 163. L’eco addome (16/1) evidenzia fegato aumentato di volume, ecostruttura disomogenea, vie biliari ectasiche con lesione focale iperecogena VIII segmento di 13 mm. La TC torace ed addome con mdc (21/1) evidenzia: “voluminosa lesione solida, disomogenea e con circoli arteriosi neoformati, di tipo eteroplasico (verosimile HCC) al IV, V e VIII segmento con sconfinamento nel lobo sn; si associa trombosi vena porta all’ilo, linfonodi aumentati di volume all’ilo epatico. Ad entrambi i polmoni numerose lesioni nodulari verosimilmente secondarie con diametro tra pochi mm e 1,5 cm”. Viene affidato alle cure della UOC di Oncologia ed inizia terapia con sorafenib tosilato 200 mg/die.
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IT100414 | Esame: proteinuria | non disponibile | 2 | P.A. sesso M, anni 51, di professione verniciatore delle FF.SS, manifesta epistassi e, su suggerimento del MMG, effettua ecocardiogramma ambulatoriale che evidenzia massa in atrio dx; durante ricovero c/o altro nosocomio il pz presenta rialzo delle transaminasi (dati non disponibili), viene confermata all’ecocardiogramma massa in atrio dx. Giunge nella ns UO per trasferimento in Cardiochirurgia. In data 10/1 nuovo ecocardiogramma ribadisce la presenza di formazione rotondeggiante atrio dx 30x23 mm adesa al setto interatriale (verosimile mixoma). Esami di laboratorio mostrano HBV positività, AST 155, ALT 148, PAL 105, GGT 182. La consulenza CCH conferma mixoma atrio dx, richiede nuovo ecocardiogramma e pone il pz in lista di attesa per intervento chirurgico. In data 14/1 il pz viene sottoposto ad ulteriore ecocardiogramma che evidenzia: “massa in atrio dx a margini sfrangiati, non compatta, senza rapporti con setto interatriale e con origine nella VCI”. Esegue prelievo per markers oncologici: AFP 461, TPA 290, Ca19-9 163. L’eco addome (16/1) evidenzia fegato aumentato di volume, ecostruttura disomogenea, vie biliari ectasiche con lesione focale iperecogena VIII segmento di 13 mm. La TC torace ed addome con mdc (21/1) evidenzia: “voluminosa lesione solida, disomogenea e con circoli arteriosi neoformati, di tipo eteroplasico (verosimile HCC) al IV, V e VIII segmento con sconfinamento nel lobo sn; si associa trombosi vena porta all’ilo, linfonodi aumentati di volume all’ilo epatico. Ad entrambi i polmoni numerose lesioni nodulari verosimilmente secondarie con diametro tra pochi mm e 1,5 cm”. Viene affidato alle cure della UOC di Oncologia ed inizia terapia con sorafenib tosilato 200 mg/die.
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IT100414 | Esame: p-ANCA | non disponibile | 2 | P.A. sesso M, anni 51, di professione verniciatore delle FF.SS, manifesta epistassi e, su suggerimento del MMG, effettua ecocardiogramma ambulatoriale che evidenzia massa in atrio dx; durante ricovero c/o altro nosocomio il pz presenta rialzo delle transaminasi (dati non disponibili), viene confermata all’ecocardiogramma massa in atrio dx. Giunge nella ns UO per trasferimento in Cardiochirurgia. In data 10/1 nuovo ecocardiogramma ribadisce la presenza di formazione rotondeggiante atrio dx 30x23 mm adesa al setto interatriale (verosimile mixoma). Esami di laboratorio mostrano HBV positività, AST 155, ALT 148, PAL 105, GGT 182. La consulenza CCH conferma mixoma atrio dx, richiede nuovo ecocardiogramma e pone il pz in lista di attesa per intervento chirurgico. In data 14/1 il pz viene sottoposto ad ulteriore ecocardiogramma che evidenzia: “massa in atrio dx a margini sfrangiati, non compatta, senza rapporti con setto interatriale e con origine nella VCI”. Esegue prelievo per markers oncologici: AFP 461, TPA 290, Ca19-9 163. L’eco addome (16/1) evidenzia fegato aumentato di volume, ecostruttura disomogenea, vie biliari ectasiche con lesione focale iperecogena VIII segmento di 13 mm. La TC torace ed addome con mdc (21/1) evidenzia: “voluminosa lesione solida, disomogenea e con circoli arteriosi neoformati, di tipo eteroplasico (verosimile HCC) al IV, V e VIII segmento con sconfinamento nel lobo sn; si associa trombosi vena porta all’ilo, linfonodi aumentati di volume all’ilo epatico. Ad entrambi i polmoni numerose lesioni nodulari verosimilmente secondarie con diametro tra pochi mm e 1,5 cm”. Viene affidato alle cure della UOC di Oncologia ed inizia terapia con sorafenib tosilato 200 mg/die.
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IT100414 | Esame: IFI | non disponibile | 2 | P.A. sesso M, anni 51, di professione verniciatore delle FF.SS, manifesta epistassi e, su suggerimento del MMG, effettua ecocardiogramma ambulatoriale che evidenzia massa in atrio dx; durante ricovero c/o altro nosocomio il pz presenta rialzo delle transaminasi (dati non disponibili), viene confermata all’ecocardiogramma massa in atrio dx. Giunge nella ns UO per trasferimento in Cardiochirurgia. In data 10/1 nuovo ecocardiogramma ribadisce la presenza di formazione rotondeggiante atrio dx 30x23 mm adesa al setto interatriale (verosimile mixoma). Esami di laboratorio mostrano HBV positività, AST 155, ALT 148, PAL 105, GGT 182. La consulenza CCH conferma mixoma atrio dx, richiede nuovo ecocardiogramma e pone il pz in lista di attesa per intervento chirurgico. In data 14/1 il pz viene sottoposto ad ulteriore ecocardiogramma che evidenzia: “massa in atrio dx a margini sfrangiati, non compatta, senza rapporti con setto interatriale e con origine nella VCI”. Esegue prelievo per markers oncologici: AFP 461, TPA 290, Ca19-9 163. L’eco addome (16/1) evidenzia fegato aumentato di volume, ecostruttura disomogenea, vie biliari ectasiche con lesione focale iperecogena VIII segmento di 13 mm. La TC torace ed addome con mdc (21/1) evidenzia: “voluminosa lesione solida, disomogenea e con circoli arteriosi neoformati, di tipo eteroplasico (verosimile HCC) al IV, V e VIII segmento con sconfinamento nel lobo sn; si associa trombosi vena porta all’ilo, linfonodi aumentati di volume all’ilo epatico. Ad entrambi i polmoni numerose lesioni nodulari verosimilmente secondarie con diametro tra pochi mm e 1,5 cm”. Viene affidato alle cure della UOC di Oncologia ed inizia terapia con sorafenib tosilato 200 mg/die.
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IT100414 | Esame: EIA | non disponibile | 2 | P.A. sesso M, anni 51, di professione verniciatore delle FF.SS, manifesta epistassi e, su suggerimento del MMG, effettua ecocardiogramma ambulatoriale che evidenzia massa in atrio dx; durante ricovero c/o altro nosocomio il pz presenta rialzo delle transaminasi (dati non disponibili), viene confermata all’ecocardiogramma massa in atrio dx. Giunge nella ns UO per trasferimento in Cardiochirurgia. In data 10/1 nuovo ecocardiogramma ribadisce la presenza di formazione rotondeggiante atrio dx 30x23 mm adesa al setto interatriale (verosimile mixoma). Esami di laboratorio mostrano HBV positività, AST 155, ALT 148, PAL 105, GGT 182. La consulenza CCH conferma mixoma atrio dx, richiede nuovo ecocardiogramma e pone il pz in lista di attesa per intervento chirurgico. In data 14/1 il pz viene sottoposto ad ulteriore ecocardiogramma che evidenzia: “massa in atrio dx a margini sfrangiati, non compatta, senza rapporti con setto interatriale e con origine nella VCI”. Esegue prelievo per markers oncologici: AFP 461, TPA 290, Ca19-9 163. L’eco addome (16/1) evidenzia fegato aumentato di volume, ecostruttura disomogenea, vie biliari ectasiche con lesione focale iperecogena VIII segmento di 13 mm. La TC torace ed addome con mdc (21/1) evidenzia: “voluminosa lesione solida, disomogenea e con circoli arteriosi neoformati, di tipo eteroplasico (verosimile HCC) al IV, V e VIII segmento con sconfinamento nel lobo sn; si associa trombosi vena porta all’ilo, linfonodi aumentati di volume all’ilo epatico. Ad entrambi i polmoni numerose lesioni nodulari verosimilmente secondarie con diametro tra pochi mm e 1,5 cm”. Viene affidato alle cure della UOC di Oncologia ed inizia terapia con sorafenib tosilato 200 mg/die.
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IT100414 | Esame: espettorato | non disponibile | 2 | P.A. sesso M, anni 51, di professione verniciatore delle FF.SS, manifesta epistassi e, su suggerimento del MMG, effettua ecocardiogramma ambulatoriale che evidenzia massa in atrio dx; durante ricovero c/o altro nosocomio il pz presenta rialzo delle transaminasi (dati non disponibili), viene confermata all’ecocardiogramma massa in atrio dx. Giunge nella ns UO per trasferimento in Cardiochirurgia. In data 10/1 nuovo ecocardiogramma ribadisce la presenza di formazione rotondeggiante atrio dx 30x23 mm adesa al setto interatriale (verosimile mixoma). Esami di laboratorio mostrano HBV positività, AST 155, ALT 148, PAL 105, GGT 182. La consulenza CCH conferma mixoma atrio dx, richiede nuovo ecocardiogramma e pone il pz in lista di attesa per intervento chirurgico. In data 14/1 il pz viene sottoposto ad ulteriore ecocardiogramma che evidenzia: “massa in atrio dx a margini sfrangiati, non compatta, senza rapporti con setto interatriale e con origine nella VCI”. Esegue prelievo per markers oncologici: AFP 461, TPA 290, Ca19-9 163. L’eco addome (16/1) evidenzia fegato aumentato di volume, ecostruttura disomogenea, vie biliari ectasiche con lesione focale iperecogena VIII segmento di 13 mm. La TC torace ed addome con mdc (21/1) evidenzia: “voluminosa lesione solida, disomogenea e con circoli arteriosi neoformati, di tipo eteroplasico (verosimile HCC) al IV, V e VIII segmento con sconfinamento nel lobo sn; si associa trombosi vena porta all’ilo, linfonodi aumentati di volume all’ilo epatico. Ad entrambi i polmoni numerose lesioni nodulari verosimilmente secondarie con diametro tra pochi mm e 1,5 cm”. Viene affidato alle cure della UOC di Oncologia ed inizia terapia con sorafenib tosilato 200 mg/die.
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IT100414 | Esame: urinocoltura | non disponibile | 2 | P.A. sesso M, anni 51, di professione verniciatore delle FF.SS, manifesta epistassi e, su suggerimento del MMG, effettua ecocardiogramma ambulatoriale che evidenzia massa in atrio dx; durante ricovero c/o altro nosocomio il pz presenta rialzo delle transaminasi (dati non disponibili), viene confermata all’ecocardiogramma massa in atrio dx. Giunge nella ns UO per trasferimento in Cardiochirurgia. In data 10/1 nuovo ecocardiogramma ribadisce la presenza di formazione rotondeggiante atrio dx 30x23 mm adesa al setto interatriale (verosimile mixoma). Esami di laboratorio mostrano HBV positività, AST 155, ALT 148, PAL 105, GGT 182. La consulenza CCH conferma mixoma atrio dx, richiede nuovo ecocardiogramma e pone il pz in lista di attesa per intervento chirurgico. In data 14/1 il pz viene sottoposto ad ulteriore ecocardiogramma che evidenzia: “massa in atrio dx a margini sfrangiati, non compatta, senza rapporti con setto interatriale e con origine nella VCI”. Esegue prelievo per markers oncologici: AFP 461, TPA 290, Ca19-9 163. L’eco addome (16/1) evidenzia fegato aumentato di volume, ecostruttura disomogenea, vie biliari ectasiche con lesione focale iperecogena VIII segmento di 13 mm. La TC torace ed addome con mdc (21/1) evidenzia: “voluminosa lesione solida, disomogenea e con circoli arteriosi neoformati, di tipo eteroplasico (verosimile HCC) al IV, V e VIII segmento con sconfinamento nel lobo sn; si associa trombosi vena porta all’ilo, linfonodi aumentati di volume all’ilo epatico. Ad entrambi i polmoni numerose lesioni nodulari verosimilmente secondarie con diametro tra pochi mm e 1,5 cm”. Viene affidato alle cure della UOC di Oncologia ed inizia terapia con sorafenib tosilato 200 mg/die.
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IT100414 | Esame: BMI | non disponibile | 2 | P.A. sesso M, anni 51, di professione verniciatore delle FF.SS, manifesta epistassi e, su suggerimento del MMG, effettua ecocardiogramma ambulatoriale che evidenzia massa in atrio dx; durante ricovero c/o altro nosocomio il pz presenta rialzo delle transaminasi (dati non disponibili), viene confermata all’ecocardiogramma massa in atrio dx. Giunge nella ns UO per trasferimento in Cardiochirurgia. In data 10/1 nuovo ecocardiogramma ribadisce la presenza di formazione rotondeggiante atrio dx 30x23 mm adesa al setto interatriale (verosimile mixoma). Esami di laboratorio mostrano HBV positività, AST 155, ALT 148, PAL 105, GGT 182. La consulenza CCH conferma mixoma atrio dx, richiede nuovo ecocardiogramma e pone il pz in lista di attesa per intervento chirurgico. In data 14/1 il pz viene sottoposto ad ulteriore ecocardiogramma che evidenzia: “massa in atrio dx a margini sfrangiati, non compatta, senza rapporti con setto interatriale e con origine nella VCI”. Esegue prelievo per markers oncologici: AFP 461, TPA 290, Ca19-9 163. L’eco addome (16/1) evidenzia fegato aumentato di volume, ecostruttura disomogenea, vie biliari ectasiche con lesione focale iperecogena VIII segmento di 13 mm. La TC torace ed addome con mdc (21/1) evidenzia: “voluminosa lesione solida, disomogenea e con circoli arteriosi neoformati, di tipo eteroplasico (verosimile HCC) al IV, V e VIII segmento con sconfinamento nel lobo sn; si associa trombosi vena porta all’ilo, linfonodi aumentati di volume all’ilo epatico. Ad entrambi i polmoni numerose lesioni nodulari verosimilmente secondarie con diametro tra pochi mm e 1,5 cm”. Viene affidato alle cure della UOC di Oncologia ed inizia terapia con sorafenib tosilato 200 mg/die.
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IT100414 | Esame: fosfatasi | non disponibile | 2 | P.A. sesso M, anni 51, di professione verniciatore delle FF.SS, manifesta epistassi e, su suggerimento del MMG, effettua ecocardiogramma ambulatoriale che evidenzia massa in atrio dx; durante ricovero c/o altro nosocomio il pz presenta rialzo delle transaminasi (dati non disponibili), viene confermata all’ecocardiogramma massa in atrio dx. Giunge nella ns UO per trasferimento in Cardiochirurgia. In data 10/1 nuovo ecocardiogramma ribadisce la presenza di formazione rotondeggiante atrio dx 30x23 mm adesa al setto interatriale (verosimile mixoma). Esami di laboratorio mostrano HBV positività, AST 155, ALT 148, PAL 105, GGT 182. La consulenza CCH conferma mixoma atrio dx, richiede nuovo ecocardiogramma e pone il pz in lista di attesa per intervento chirurgico. In data 14/1 il pz viene sottoposto ad ulteriore ecocardiogramma che evidenzia: “massa in atrio dx a margini sfrangiati, non compatta, senza rapporti con setto interatriale e con origine nella VCI”. Esegue prelievo per markers oncologici: AFP 461, TPA 290, Ca19-9 163. L’eco addome (16/1) evidenzia fegato aumentato di volume, ecostruttura disomogenea, vie biliari ectasiche con lesione focale iperecogena VIII segmento di 13 mm. La TC torace ed addome con mdc (21/1) evidenzia: “voluminosa lesione solida, disomogenea e con circoli arteriosi neoformati, di tipo eteroplasico (verosimile HCC) al IV, V e VIII segmento con sconfinamento nel lobo sn; si associa trombosi vena porta all’ilo, linfonodi aumentati di volume all’ilo epatico. Ad entrambi i polmoni numerose lesioni nodulari verosimilmente secondarie con diametro tra pochi mm e 1,5 cm”. Viene affidato alle cure della UOC di Oncologia ed inizia terapia con sorafenib tosilato 200 mg/die.
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IT100414 | Esame: PSA | non disponibile | 2 | P.A. sesso M, anni 51, di professione verniciatore delle FF.SS, manifesta epistassi e, su suggerimento del MMG, effettua ecocardiogramma ambulatoriale che evidenzia massa in atrio dx; durante ricovero c/o altro nosocomio il pz presenta rialzo delle transaminasi (dati non disponibili), viene confermata all’ecocardiogramma massa in atrio dx. Giunge nella ns UO per trasferimento in Cardiochirurgia. In data 10/1 nuovo ecocardiogramma ribadisce la presenza di formazione rotondeggiante atrio dx 30x23 mm adesa al setto interatriale (verosimile mixoma). Esami di laboratorio mostrano HBV positività, AST 155, ALT 148, PAL 105, GGT 182. La consulenza CCH conferma mixoma atrio dx, richiede nuovo ecocardiogramma e pone il pz in lista di attesa per intervento chirurgico. In data 14/1 il pz viene sottoposto ad ulteriore ecocardiogramma che evidenzia: “massa in atrio dx a margini sfrangiati, non compatta, senza rapporti con setto interatriale e con origine nella VCI”. Esegue prelievo per markers oncologici: AFP 461, TPA 290, Ca19-9 163. L’eco addome (16/1) evidenzia fegato aumentato di volume, ecostruttura disomogenea, vie biliari ectasiche con lesione focale iperecogena VIII segmento di 13 mm. La TC torace ed addome con mdc (21/1) evidenzia: “voluminosa lesione solida, disomogenea e con circoli arteriosi neoformati, di tipo eteroplasico (verosimile HCC) al IV, V e VIII segmento con sconfinamento nel lobo sn; si associa trombosi vena porta all’ilo, linfonodi aumentati di volume all’ilo epatico. Ad entrambi i polmoni numerose lesioni nodulari verosimilmente secondarie con diametro tra pochi mm e 1,5 cm”. Viene affidato alle cure della UOC di Oncologia ed inizia terapia con sorafenib tosilato 200 mg/die.
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IT100414 | Esame: TC | non disponibile | 2 | P.A. sesso M, anni 51, di professione verniciatore delle FF.SS, manifesta epistassi e, su suggerimento del MMG, effettua ecocardiogramma ambulatoriale che evidenzia massa in atrio dx; durante ricovero c/o altro nosocomio il pz presenta rialzo delle transaminasi (dati non disponibili), viene confermata all’ecocardiogramma massa in atrio dx. Giunge nella ns UO per trasferimento in Cardiochirurgia. In data 10/1 nuovo ecocardiogramma ribadisce la presenza di formazione rotondeggiante atrio dx 30x23 mm adesa al setto interatriale (verosimile mixoma). Esami di laboratorio mostrano HBV positività, AST 155, ALT 148, PAL 105, GGT 182. La consulenza CCH conferma mixoma atrio dx, richiede nuovo ecocardiogramma e pone il pz in lista di attesa per intervento chirurgico. In data 14/1 il pz viene sottoposto ad ulteriore ecocardiogramma che evidenzia: “massa in atrio dx a margini sfrangiati, non compatta, senza rapporti con setto interatriale e con origine nella VCI”. Esegue prelievo per markers oncologici: AFP 461, TPA 290, Ca19-9 163. L’eco addome (16/1) evidenzia fegato aumentato di volume, ecostruttura disomogenea, vie biliari ectasiche con lesione focale iperecogena VIII segmento di 13 mm. La TC torace ed addome con mdc (21/1) evidenzia: “voluminosa lesione solida, disomogenea e con circoli arteriosi neoformati, di tipo eteroplasico (verosimile HCC) al IV, V e VIII segmento con sconfinamento nel lobo sn; si associa trombosi vena porta all’ilo, linfonodi aumentati di volume all’ilo epatico. Ad entrambi i polmoni numerose lesioni nodulari verosimilmente secondarie con diametro tra pochi mm e 1,5 cm”. Viene affidato alle cure della UOC di Oncologia ed inizia terapia con sorafenib tosilato 200 mg/die.
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IT100414 | Esame: biopsia | non disponibile | 2 | P.A. sesso M, anni 51, di professione verniciatore delle FF.SS, manifesta epistassi e, su suggerimento del MMG, effettua ecocardiogramma ambulatoriale che evidenzia massa in atrio dx; durante ricovero c/o altro nosocomio il pz presenta rialzo delle transaminasi (dati non disponibili), viene confermata all’ecocardiogramma massa in atrio dx. Giunge nella ns UO per trasferimento in Cardiochirurgia. In data 10/1 nuovo ecocardiogramma ribadisce la presenza di formazione rotondeggiante atrio dx 30x23 mm adesa al setto interatriale (verosimile mixoma). Esami di laboratorio mostrano HBV positività, AST 155, ALT 148, PAL 105, GGT 182. La consulenza CCH conferma mixoma atrio dx, richiede nuovo ecocardiogramma e pone il pz in lista di attesa per intervento chirurgico. In data 14/1 il pz viene sottoposto ad ulteriore ecocardiogramma che evidenzia: “massa in atrio dx a margini sfrangiati, non compatta, senza rapporti con setto interatriale e con origine nella VCI”. Esegue prelievo per markers oncologici: AFP 461, TPA 290, Ca19-9 163. L’eco addome (16/1) evidenzia fegato aumentato di volume, ecostruttura disomogenea, vie biliari ectasiche con lesione focale iperecogena VIII segmento di 13 mm. La TC torace ed addome con mdc (21/1) evidenzia: “voluminosa lesione solida, disomogenea e con circoli arteriosi neoformati, di tipo eteroplasico (verosimile HCC) al IV, V e VIII segmento con sconfinamento nel lobo sn; si associa trombosi vena porta all’ilo, linfonodi aumentati di volume all’ilo epatico. Ad entrambi i polmoni numerose lesioni nodulari verosimilmente secondarie con diametro tra pochi mm e 1,5 cm”. Viene affidato alle cure della UOC di Oncologia ed inizia terapia con sorafenib tosilato 200 mg/die.
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IT100414 | Esame: TnI | non disponibile | 2 | P.A. sesso M, anni 51, di professione verniciatore delle FF.SS, manifesta epistassi e, su suggerimento del MMG, effettua ecocardiogramma ambulatoriale che evidenzia massa in atrio dx; durante ricovero c/o altro nosocomio il pz presenta rialzo delle transaminasi (dati non disponibili), viene confermata all’ecocardiogramma massa in atrio dx. Giunge nella ns UO per trasferimento in Cardiochirurgia. In data 10/1 nuovo ecocardiogramma ribadisce la presenza di formazione rotondeggiante atrio dx 30x23 mm adesa al setto interatriale (verosimile mixoma). Esami di laboratorio mostrano HBV positività, AST 155, ALT 148, PAL 105, GGT 182. La consulenza CCH conferma mixoma atrio dx, richiede nuovo ecocardiogramma e pone il pz in lista di attesa per intervento chirurgico. In data 14/1 il pz viene sottoposto ad ulteriore ecocardiogramma che evidenzia: “massa in atrio dx a margini sfrangiati, non compatta, senza rapporti con setto interatriale e con origine nella VCI”. Esegue prelievo per markers oncologici: AFP 461, TPA 290, Ca19-9 163. L’eco addome (16/1) evidenzia fegato aumentato di volume, ecostruttura disomogenea, vie biliari ectasiche con lesione focale iperecogena VIII segmento di 13 mm. La TC torace ed addome con mdc (21/1) evidenzia: “voluminosa lesione solida, disomogenea e con circoli arteriosi neoformati, di tipo eteroplasico (verosimile HCC) al IV, V e VIII segmento con sconfinamento nel lobo sn; si associa trombosi vena porta all’ilo, linfonodi aumentati di volume all’ilo epatico. Ad entrambi i polmoni numerose lesioni nodulari verosimilmente secondarie con diametro tra pochi mm e 1,5 cm”. Viene affidato alle cure della UOC di Oncologia ed inizia terapia con sorafenib tosilato 200 mg/die.
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IT100414 | Esame: HBV | positività. | 2 | P.A. sesso M, anni 51, di professione verniciatore delle FF.SS, manifesta epistassi e, su suggerimento del MMG, effettua ecocardiogramma ambulatoriale che evidenzia massa in atrio dx; durante ricovero c/o altro nosocomio il pz presenta rialzo delle transaminasi (dati non disponibili), viene confermata all’ecocardiogramma massa in atrio dx. Giunge nella ns UO per trasferimento in Cardiochirurgia. In data 10/1 nuovo ecocardiogramma ribadisce la presenza di formazione rotondeggiante atrio dx 30x23 mm adesa al setto interatriale (verosimile mixoma). Esami di laboratorio mostrano HBV positività, AST 155, ALT 148, PAL 105, GGT 182. La consulenza CCH conferma mixoma atrio dx, richiede nuovo ecocardiogramma e pone il pz in lista di attesa per intervento chirurgico. In data 14/1 il pz viene sottoposto ad ulteriore ecocardiogramma che evidenzia: “massa in atrio dx a margini sfrangiati, non compatta, senza rapporti con setto interatriale e con origine nella VCI”. Esegue prelievo per markers oncologici: AFP 461, TPA 290, Ca19-9 163. L’eco addome (16/1) evidenzia fegato aumentato di volume, ecostruttura disomogenea, vie biliari ectasiche con lesione focale iperecogena VIII segmento di 13 mm. La TC torace ed addome con mdc (21/1) evidenzia: “voluminosa lesione solida, disomogenea e con circoli arteriosi neoformati, di tipo eteroplasico (verosimile HCC) al IV, V e VIII segmento con sconfinamento nel lobo sn; si associa trombosi vena porta all’ilo, linfonodi aumentati di volume all’ilo epatico. Ad entrambi i polmoni numerose lesioni nodulari verosimilmente secondarie con diametro tra pochi mm e 1,5 cm”. Viene affidato alle cure della UOC di Oncologia ed inizia terapia con sorafenib tosilato 200 mg/die.
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IT100414 | Esame: transaminasi | 155. | 2 | P.A. sesso M, anni 51, di professione verniciatore delle FF.SS, manifesta epistassi e, su suggerimento del MMG, effettua ecocardiogramma ambulatoriale che evidenzia massa in atrio dx; durante ricovero c/o altro nosocomio il pz presenta rialzo delle transaminasi (dati non disponibili), viene confermata all’ecocardiogramma massa in atrio dx. Giunge nella ns UO per trasferimento in Cardiochirurgia. In data 10/1 nuovo ecocardiogramma ribadisce la presenza di formazione rotondeggiante atrio dx 30x23 mm adesa al setto interatriale (verosimile mixoma). Esami di laboratorio mostrano HBV positività, AST 155, ALT 148, PAL 105, GGT 182. La consulenza CCH conferma mixoma atrio dx, richiede nuovo ecocardiogramma e pone il pz in lista di attesa per intervento chirurgico. In data 14/1 il pz viene sottoposto ad ulteriore ecocardiogramma che evidenzia: “massa in atrio dx a margini sfrangiati, non compatta, senza rapporti con setto interatriale e con origine nella VCI”. Esegue prelievo per markers oncologici: AFP 461, TPA 290, Ca19-9 163. L’eco addome (16/1) evidenzia fegato aumentato di volume, ecostruttura disomogenea, vie biliari ectasiche con lesione focale iperecogena VIII segmento di 13 mm. La TC torace ed addome con mdc (21/1) evidenzia: “voluminosa lesione solida, disomogenea e con circoli arteriosi neoformati, di tipo eteroplasico (verosimile HCC) al IV, V e VIII segmento con sconfinamento nel lobo sn; si associa trombosi vena porta all’ilo, linfonodi aumentati di volume all’ilo epatico. Ad entrambi i polmoni numerose lesioni nodulari verosimilmente secondarie con diametro tra pochi mm e 1,5 cm”. Viene affidato alle cure della UOC di Oncologia ed inizia terapia con sorafenib tosilato 200 mg/die.
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IT100414 | Esame: pressione | 105. | 2 | P.A. sesso M, anni 51, di professione verniciatore delle FF.SS, manifesta epistassi e, su suggerimento del MMG, effettua ecocardiogramma ambulatoriale che evidenzia massa in atrio dx; durante ricovero c/o altro nosocomio il pz presenta rialzo delle transaminasi (dati non disponibili), viene confermata all’ecocardiogramma massa in atrio dx. Giunge nella ns UO per trasferimento in Cardiochirurgia. In data 10/1 nuovo ecocardiogramma ribadisce la presenza di formazione rotondeggiante atrio dx 30x23 mm adesa al setto interatriale (verosimile mixoma). Esami di laboratorio mostrano HBV positività, AST 155, ALT 148, PAL 105, GGT 182. La consulenza CCH conferma mixoma atrio dx, richiede nuovo ecocardiogramma e pone il pz in lista di attesa per intervento chirurgico. In data 14/1 il pz viene sottoposto ad ulteriore ecocardiogramma che evidenzia: “massa in atrio dx a margini sfrangiati, non compatta, senza rapporti con setto interatriale e con origine nella VCI”. Esegue prelievo per markers oncologici: AFP 461, TPA 290, Ca19-9 163. L’eco addome (16/1) evidenzia fegato aumentato di volume, ecostruttura disomogenea, vie biliari ectasiche con lesione focale iperecogena VIII segmento di 13 mm. La TC torace ed addome con mdc (21/1) evidenzia: “voluminosa lesione solida, disomogenea e con circoli arteriosi neoformati, di tipo eteroplasico (verosimile HCC) al IV, V e VIII segmento con sconfinamento nel lobo sn; si associa trombosi vena porta all’ilo, linfonodi aumentati di volume all’ilo epatico. Ad entrambi i polmoni numerose lesioni nodulari verosimilmente secondarie con diametro tra pochi mm e 1,5 cm”. Viene affidato alle cure della UOC di Oncologia ed inizia terapia con sorafenib tosilato 200 mg/die.
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IT100414 | Esame: GGT | 182. | 2 | P.A. sesso M, anni 51, di professione verniciatore delle FF.SS, manifesta epistassi e, su suggerimento del MMG, effettua ecocardiogramma ambulatoriale che evidenzia massa in atrio dx; durante ricovero c/o altro nosocomio il pz presenta rialzo delle transaminasi (dati non disponibili), viene confermata all’ecocardiogramma massa in atrio dx. Giunge nella ns UO per trasferimento in Cardiochirurgia. In data 10/1 nuovo ecocardiogramma ribadisce la presenza di formazione rotondeggiante atrio dx 30x23 mm adesa al setto interatriale (verosimile mixoma). Esami di laboratorio mostrano HBV positività, AST 155, ALT 148, PAL 105, GGT 182. La consulenza CCH conferma mixoma atrio dx, richiede nuovo ecocardiogramma e pone il pz in lista di attesa per intervento chirurgico. In data 14/1 il pz viene sottoposto ad ulteriore ecocardiogramma che evidenzia: “massa in atrio dx a margini sfrangiati, non compatta, senza rapporti con setto interatriale e con origine nella VCI”. Esegue prelievo per markers oncologici: AFP 461, TPA 290, Ca19-9 163. L’eco addome (16/1) evidenzia fegato aumentato di volume, ecostruttura disomogenea, vie biliari ectasiche con lesione focale iperecogena VIII segmento di 13 mm. La TC torace ed addome con mdc (21/1) evidenzia: “voluminosa lesione solida, disomogenea e con circoli arteriosi neoformati, di tipo eteroplasico (verosimile HCC) al IV, V e VIII segmento con sconfinamento nel lobo sn; si associa trombosi vena porta all’ilo, linfonodi aumentati di volume all’ilo epatico. Ad entrambi i polmoni numerose lesioni nodulari verosimilmente secondarie con diametro tra pochi mm e 1,5 cm”. Viene affidato alle cure della UOC di Oncologia ed inizia terapia con sorafenib tosilato 200 mg/die.
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IT100414 | Esame: AFP | 290. | 2 | P.A. sesso M, anni 51, di professione verniciatore delle FF.SS, manifesta epistassi e, su suggerimento del MMG, effettua ecocardiogramma ambulatoriale che evidenzia massa in atrio dx; durante ricovero c/o altro nosocomio il pz presenta rialzo delle transaminasi (dati non disponibili), viene confermata all’ecocardiogramma massa in atrio dx. Giunge nella ns UO per trasferimento in Cardiochirurgia. In data 10/1 nuovo ecocardiogramma ribadisce la presenza di formazione rotondeggiante atrio dx 30x23 mm adesa al setto interatriale (verosimile mixoma). Esami di laboratorio mostrano HBV positività, AST 155, ALT 148, PAL 105, GGT 182. La consulenza CCH conferma mixoma atrio dx, richiede nuovo ecocardiogramma e pone il pz in lista di attesa per intervento chirurgico. In data 14/1 il pz viene sottoposto ad ulteriore ecocardiogramma che evidenzia: “massa in atrio dx a margini sfrangiati, non compatta, senza rapporti con setto interatriale e con origine nella VCI”. Esegue prelievo per markers oncologici: AFP 461, TPA 290, Ca19-9 163. L’eco addome (16/1) evidenzia fegato aumentato di volume, ecostruttura disomogenea, vie biliari ectasiche con lesione focale iperecogena VIII segmento di 13 mm. La TC torace ed addome con mdc (21/1) evidenzia: “voluminosa lesione solida, disomogenea e con circoli arteriosi neoformati, di tipo eteroplasico (verosimile HCC) al IV, V e VIII segmento con sconfinamento nel lobo sn; si associa trombosi vena porta all’ilo, linfonodi aumentati di volume all’ilo epatico. Ad entrambi i polmoni numerose lesioni nodulari verosimilmente secondarie con diametro tra pochi mm e 1,5 cm”. Viene affidato alle cure della UOC di Oncologia ed inizia terapia con sorafenib tosilato 200 mg/die.
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IT100414 | Esame: TPA | 290. | 2 | P.A. sesso M, anni 51, di professione verniciatore delle FF.SS, manifesta epistassi e, su suggerimento del MMG, effettua ecocardiogramma ambulatoriale che evidenzia massa in atrio dx; durante ricovero c/o altro nosocomio il pz presenta rialzo delle transaminasi (dati non disponibili), viene confermata all’ecocardiogramma massa in atrio dx. Giunge nella ns UO per trasferimento in Cardiochirurgia. In data 10/1 nuovo ecocardiogramma ribadisce la presenza di formazione rotondeggiante atrio dx 30x23 mm adesa al setto interatriale (verosimile mixoma). Esami di laboratorio mostrano HBV positività, AST 155, ALT 148, PAL 105, GGT 182. La consulenza CCH conferma mixoma atrio dx, richiede nuovo ecocardiogramma e pone il pz in lista di attesa per intervento chirurgico. In data 14/1 il pz viene sottoposto ad ulteriore ecocardiogramma che evidenzia: “massa in atrio dx a margini sfrangiati, non compatta, senza rapporti con setto interatriale e con origine nella VCI”. Esegue prelievo per markers oncologici: AFP 461, TPA 290, Ca19-9 163. L’eco addome (16/1) evidenzia fegato aumentato di volume, ecostruttura disomogenea, vie biliari ectasiche con lesione focale iperecogena VIII segmento di 13 mm. La TC torace ed addome con mdc (21/1) evidenzia: “voluminosa lesione solida, disomogenea e con circoli arteriosi neoformati, di tipo eteroplasico (verosimile HCC) al IV, V e VIII segmento con sconfinamento nel lobo sn; si associa trombosi vena porta all’ilo, linfonodi aumentati di volume all’ilo epatico. Ad entrambi i polmoni numerose lesioni nodulari verosimilmente secondarie con diametro tra pochi mm e 1,5 cm”. Viene affidato alle cure della UOC di Oncologia ed inizia terapia con sorafenib tosilato 200 mg/die.
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IT100414 | Esame: Ca19 | 163. | 2 | P.A. sesso M, anni 51, di professione verniciatore delle FF.SS, manifesta epistassi e, su suggerimento del MMG, effettua ecocardiogramma ambulatoriale che evidenzia massa in atrio dx; durante ricovero c/o altro nosocomio il pz presenta rialzo delle transaminasi (dati non disponibili), viene confermata all’ecocardiogramma massa in atrio dx. Giunge nella ns UO per trasferimento in Cardiochirurgia. In data 10/1 nuovo ecocardiogramma ribadisce la presenza di formazione rotondeggiante atrio dx 30x23 mm adesa al setto interatriale (verosimile mixoma). Esami di laboratorio mostrano HBV positività, AST 155, ALT 148, PAL 105, GGT 182. La consulenza CCH conferma mixoma atrio dx, richiede nuovo ecocardiogramma e pone il pz in lista di attesa per intervento chirurgico. In data 14/1 il pz viene sottoposto ad ulteriore ecocardiogramma che evidenzia: “massa in atrio dx a margini sfrangiati, non compatta, senza rapporti con setto interatriale e con origine nella VCI”. Esegue prelievo per markers oncologici: AFP 461, TPA 290, Ca19-9 163. L’eco addome (16/1) evidenzia fegato aumentato di volume, ecostruttura disomogenea, vie biliari ectasiche con lesione focale iperecogena VIII segmento di 13 mm. La TC torace ed addome con mdc (21/1) evidenzia: “voluminosa lesione solida, disomogenea e con circoli arteriosi neoformati, di tipo eteroplasico (verosimile HCC) al IV, V e VIII segmento con sconfinamento nel lobo sn; si associa trombosi vena porta all’ilo, linfonodi aumentati di volume all’ilo epatico. Ad entrambi i polmoni numerose lesioni nodulari verosimilmente secondarie con diametro tra pochi mm e 1,5 cm”. Viene affidato alle cure della UOC di Oncologia ed inizia terapia con sorafenib tosilato 200 mg/die.
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IT100414 | Esame: diametro | Risultato:
0) dalla data unknown:
in contemporanea: pochi mm. [\MULTI_ANSWER]
in contemporanea: 1,5 cm. | 2 | P.A. sesso M, anni 51, di professione verniciatore delle FF.SS, manifesta epistassi e, su suggerimento del MMG, effettua ecocardiogramma ambulatoriale che evidenzia massa in atrio dx; durante ricovero c/o altro nosocomio il pz presenta rialzo delle transaminasi (dati non disponibili), viene confermata all’ecocardiogramma massa in atrio dx. Giunge nella ns UO per trasferimento in Cardiochirurgia. In data 10/1 nuovo ecocardiogramma ribadisce la presenza di formazione rotondeggiante atrio dx 30x23 mm adesa al setto interatriale (verosimile mixoma). Esami di laboratorio mostrano HBV positività, AST 155, ALT 148, PAL 105, GGT 182. La consulenza CCH conferma mixoma atrio dx, richiede nuovo ecocardiogramma e pone il pz in lista di attesa per intervento chirurgico. In data 14/1 il pz viene sottoposto ad ulteriore ecocardiogramma che evidenzia: “massa in atrio dx a margini sfrangiati, non compatta, senza rapporti con setto interatriale e con origine nella VCI”. Esegue prelievo per markers oncologici: AFP 461, TPA 290, Ca19-9 163. L’eco addome (16/1) evidenzia fegato aumentato di volume, ecostruttura disomogenea, vie biliari ectasiche con lesione focale iperecogena VIII segmento di 13 mm. La TC torace ed addome con mdc (21/1) evidenzia: “voluminosa lesione solida, disomogenea e con circoli arteriosi neoformati, di tipo eteroplasico (verosimile HCC) al IV, V e VIII segmento con sconfinamento nel lobo sn; si associa trombosi vena porta all’ilo, linfonodi aumentati di volume all’ilo epatico. Ad entrambi i polmoni numerose lesioni nodulari verosimilmente secondarie con diametro tra pochi mm e 1,5 cm”. Viene affidato alle cure della UOC di Oncologia ed inizia terapia con sorafenib tosilato 200 mg/die.
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IT100414 | Esame: FE | non disponibile | 2 | P.A. sesso M, anni 51, di professione verniciatore delle FF.SS, manifesta epistassi e, su suggerimento del MMG, effettua ecocardiogramma ambulatoriale che evidenzia massa in atrio dx; durante ricovero c/o altro nosocomio il pz presenta rialzo delle transaminasi (dati non disponibili), viene confermata all’ecocardiogramma massa in atrio dx. Giunge nella ns UO per trasferimento in Cardiochirurgia. In data 10/1 nuovo ecocardiogramma ribadisce la presenza di formazione rotondeggiante atrio dx 30x23 mm adesa al setto interatriale (verosimile mixoma). Esami di laboratorio mostrano HBV positività, AST 155, ALT 148, PAL 105, GGT 182. La consulenza CCH conferma mixoma atrio dx, richiede nuovo ecocardiogramma e pone il pz in lista di attesa per intervento chirurgico. In data 14/1 il pz viene sottoposto ad ulteriore ecocardiogramma che evidenzia: “massa in atrio dx a margini sfrangiati, non compatta, senza rapporti con setto interatriale e con origine nella VCI”. Esegue prelievo per markers oncologici: AFP 461, TPA 290, Ca19-9 163. L’eco addome (16/1) evidenzia fegato aumentato di volume, ecostruttura disomogenea, vie biliari ectasiche con lesione focale iperecogena VIII segmento di 13 mm. La TC torace ed addome con mdc (21/1) evidenzia: “voluminosa lesione solida, disomogenea e con circoli arteriosi neoformati, di tipo eteroplasico (verosimile HCC) al IV, V e VIII segmento con sconfinamento nel lobo sn; si associa trombosi vena porta all’ilo, linfonodi aumentati di volume all’ilo epatico. Ad entrambi i polmoni numerose lesioni nodulari verosimilmente secondarie con diametro tra pochi mm e 1,5 cm”. Viene affidato alle cure della UOC di Oncologia ed inizia terapia con sorafenib tosilato 200 mg/die.
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IT100414 | Esame: manovra di Giordano | non disponibile | 2 | P.A. sesso M, anni 51, di professione verniciatore delle FF.SS, manifesta epistassi e, su suggerimento del MMG, effettua ecocardiogramma ambulatoriale che evidenzia massa in atrio dx; durante ricovero c/o altro nosocomio il pz presenta rialzo delle transaminasi (dati non disponibili), viene confermata all’ecocardiogramma massa in atrio dx. Giunge nella ns UO per trasferimento in Cardiochirurgia. In data 10/1 nuovo ecocardiogramma ribadisce la presenza di formazione rotondeggiante atrio dx 30x23 mm adesa al setto interatriale (verosimile mixoma). Esami di laboratorio mostrano HBV positività, AST 155, ALT 148, PAL 105, GGT 182. La consulenza CCH conferma mixoma atrio dx, richiede nuovo ecocardiogramma e pone il pz in lista di attesa per intervento chirurgico. In data 14/1 il pz viene sottoposto ad ulteriore ecocardiogramma che evidenzia: “massa in atrio dx a margini sfrangiati, non compatta, senza rapporti con setto interatriale e con origine nella VCI”. Esegue prelievo per markers oncologici: AFP 461, TPA 290, Ca19-9 163. L’eco addome (16/1) evidenzia fegato aumentato di volume, ecostruttura disomogenea, vie biliari ectasiche con lesione focale iperecogena VIII segmento di 13 mm. La TC torace ed addome con mdc (21/1) evidenzia: “voluminosa lesione solida, disomogenea e con circoli arteriosi neoformati, di tipo eteroplasico (verosimile HCC) al IV, V e VIII segmento con sconfinamento nel lobo sn; si associa trombosi vena porta all’ilo, linfonodi aumentati di volume all’ilo epatico. Ad entrambi i polmoni numerose lesioni nodulari verosimilmente secondarie con diametro tra pochi mm e 1,5 cm”. Viene affidato alle cure della UOC di Oncologia ed inizia terapia con sorafenib tosilato 200 mg/die.
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IT100414 | Esame: GCS | non disponibile | 2 | P.A. sesso M, anni 51, di professione verniciatore delle FF.SS, manifesta epistassi e, su suggerimento del MMG, effettua ecocardiogramma ambulatoriale che evidenzia massa in atrio dx; durante ricovero c/o altro nosocomio il pz presenta rialzo delle transaminasi (dati non disponibili), viene confermata all’ecocardiogramma massa in atrio dx. Giunge nella ns UO per trasferimento in Cardiochirurgia. In data 10/1 nuovo ecocardiogramma ribadisce la presenza di formazione rotondeggiante atrio dx 30x23 mm adesa al setto interatriale (verosimile mixoma). Esami di laboratorio mostrano HBV positività, AST 155, ALT 148, PAL 105, GGT 182. La consulenza CCH conferma mixoma atrio dx, richiede nuovo ecocardiogramma e pone il pz in lista di attesa per intervento chirurgico. In data 14/1 il pz viene sottoposto ad ulteriore ecocardiogramma che evidenzia: “massa in atrio dx a margini sfrangiati, non compatta, senza rapporti con setto interatriale e con origine nella VCI”. Esegue prelievo per markers oncologici: AFP 461, TPA 290, Ca19-9 163. L’eco addome (16/1) evidenzia fegato aumentato di volume, ecostruttura disomogenea, vie biliari ectasiche con lesione focale iperecogena VIII segmento di 13 mm. La TC torace ed addome con mdc (21/1) evidenzia: “voluminosa lesione solida, disomogenea e con circoli arteriosi neoformati, di tipo eteroplasico (verosimile HCC) al IV, V e VIII segmento con sconfinamento nel lobo sn; si associa trombosi vena porta all’ilo, linfonodi aumentati di volume all’ilo epatico. Ad entrambi i polmoni numerose lesioni nodulari verosimilmente secondarie con diametro tra pochi mm e 1,5 cm”. Viene affidato alle cure della UOC di Oncologia ed inizia terapia con sorafenib tosilato 200 mg/die.
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IT100414 | Esame: K | non disponibile | 2 | P.A. sesso M, anni 51, di professione verniciatore delle FF.SS, manifesta epistassi e, su suggerimento del MMG, effettua ecocardiogramma ambulatoriale che evidenzia massa in atrio dx; durante ricovero c/o altro nosocomio il pz presenta rialzo delle transaminasi (dati non disponibili), viene confermata all’ecocardiogramma massa in atrio dx. Giunge nella ns UO per trasferimento in Cardiochirurgia. In data 10/1 nuovo ecocardiogramma ribadisce la presenza di formazione rotondeggiante atrio dx 30x23 mm adesa al setto interatriale (verosimile mixoma). Esami di laboratorio mostrano HBV positività, AST 155, ALT 148, PAL 105, GGT 182. La consulenza CCH conferma mixoma atrio dx, richiede nuovo ecocardiogramma e pone il pz in lista di attesa per intervento chirurgico. In data 14/1 il pz viene sottoposto ad ulteriore ecocardiogramma che evidenzia: “massa in atrio dx a margini sfrangiati, non compatta, senza rapporti con setto interatriale e con origine nella VCI”. Esegue prelievo per markers oncologici: AFP 461, TPA 290, Ca19-9 163. L’eco addome (16/1) evidenzia fegato aumentato di volume, ecostruttura disomogenea, vie biliari ectasiche con lesione focale iperecogena VIII segmento di 13 mm. La TC torace ed addome con mdc (21/1) evidenzia: “voluminosa lesione solida, disomogenea e con circoli arteriosi neoformati, di tipo eteroplasico (verosimile HCC) al IV, V e VIII segmento con sconfinamento nel lobo sn; si associa trombosi vena porta all’ilo, linfonodi aumentati di volume all’ilo epatico. Ad entrambi i polmoni numerose lesioni nodulari verosimilmente secondarie con diametro tra pochi mm e 1,5 cm”. Viene affidato alle cure della UOC di Oncologia ed inizia terapia con sorafenib tosilato 200 mg/die.
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IT100414 | Esame: IgG4 | non disponibile | 2 | P.A. sesso M, anni 51, di professione verniciatore delle FF.SS, manifesta epistassi e, su suggerimento del MMG, effettua ecocardiogramma ambulatoriale che evidenzia massa in atrio dx; durante ricovero c/o altro nosocomio il pz presenta rialzo delle transaminasi (dati non disponibili), viene confermata all’ecocardiogramma massa in atrio dx. Giunge nella ns UO per trasferimento in Cardiochirurgia. In data 10/1 nuovo ecocardiogramma ribadisce la presenza di formazione rotondeggiante atrio dx 30x23 mm adesa al setto interatriale (verosimile mixoma). Esami di laboratorio mostrano HBV positività, AST 155, ALT 148, PAL 105, GGT 182. La consulenza CCH conferma mixoma atrio dx, richiede nuovo ecocardiogramma e pone il pz in lista di attesa per intervento chirurgico. In data 14/1 il pz viene sottoposto ad ulteriore ecocardiogramma che evidenzia: “massa in atrio dx a margini sfrangiati, non compatta, senza rapporti con setto interatriale e con origine nella VCI”. Esegue prelievo per markers oncologici: AFP 461, TPA 290, Ca19-9 163. L’eco addome (16/1) evidenzia fegato aumentato di volume, ecostruttura disomogenea, vie biliari ectasiche con lesione focale iperecogena VIII segmento di 13 mm. La TC torace ed addome con mdc (21/1) evidenzia: “voluminosa lesione solida, disomogenea e con circoli arteriosi neoformati, di tipo eteroplasico (verosimile HCC) al IV, V e VIII segmento con sconfinamento nel lobo sn; si associa trombosi vena porta all’ilo, linfonodi aumentati di volume all’ilo epatico. Ad entrambi i polmoni numerose lesioni nodulari verosimilmente secondarie con diametro tra pochi mm e 1,5 cm”. Viene affidato alle cure della UOC di Oncologia ed inizia terapia con sorafenib tosilato 200 mg/die.
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IT100414 | Esame: GT | non disponibile | 2 | P.A. sesso M, anni 51, di professione verniciatore delle FF.SS, manifesta epistassi e, su suggerimento del MMG, effettua ecocardiogramma ambulatoriale che evidenzia massa in atrio dx; durante ricovero c/o altro nosocomio il pz presenta rialzo delle transaminasi (dati non disponibili), viene confermata all’ecocardiogramma massa in atrio dx. Giunge nella ns UO per trasferimento in Cardiochirurgia. In data 10/1 nuovo ecocardiogramma ribadisce la presenza di formazione rotondeggiante atrio dx 30x23 mm adesa al setto interatriale (verosimile mixoma). Esami di laboratorio mostrano HBV positività, AST 155, ALT 148, PAL 105, GGT 182. La consulenza CCH conferma mixoma atrio dx, richiede nuovo ecocardiogramma e pone il pz in lista di attesa per intervento chirurgico. In data 14/1 il pz viene sottoposto ad ulteriore ecocardiogramma che evidenzia: “massa in atrio dx a margini sfrangiati, non compatta, senza rapporti con setto interatriale e con origine nella VCI”. Esegue prelievo per markers oncologici: AFP 461, TPA 290, Ca19-9 163. L’eco addome (16/1) evidenzia fegato aumentato di volume, ecostruttura disomogenea, vie biliari ectasiche con lesione focale iperecogena VIII segmento di 13 mm. La TC torace ed addome con mdc (21/1) evidenzia: “voluminosa lesione solida, disomogenea e con circoli arteriosi neoformati, di tipo eteroplasico (verosimile HCC) al IV, V e VIII segmento con sconfinamento nel lobo sn; si associa trombosi vena porta all’ilo, linfonodi aumentati di volume all’ilo epatico. Ad entrambi i polmoni numerose lesioni nodulari verosimilmente secondarie con diametro tra pochi mm e 1,5 cm”. Viene affidato alle cure della UOC di Oncologia ed inizia terapia con sorafenib tosilato 200 mg/die.
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IT100414 | Esame: Ca | non disponibile | 2 | P.A. sesso M, anni 51, di professione verniciatore delle FF.SS, manifesta epistassi e, su suggerimento del MMG, effettua ecocardiogramma ambulatoriale che evidenzia massa in atrio dx; durante ricovero c/o altro nosocomio il pz presenta rialzo delle transaminasi (dati non disponibili), viene confermata all’ecocardiogramma massa in atrio dx. Giunge nella ns UO per trasferimento in Cardiochirurgia. In data 10/1 nuovo ecocardiogramma ribadisce la presenza di formazione rotondeggiante atrio dx 30x23 mm adesa al setto interatriale (verosimile mixoma). Esami di laboratorio mostrano HBV positività, AST 155, ALT 148, PAL 105, GGT 182. La consulenza CCH conferma mixoma atrio dx, richiede nuovo ecocardiogramma e pone il pz in lista di attesa per intervento chirurgico. In data 14/1 il pz viene sottoposto ad ulteriore ecocardiogramma che evidenzia: “massa in atrio dx a margini sfrangiati, non compatta, senza rapporti con setto interatriale e con origine nella VCI”. Esegue prelievo per markers oncologici: AFP 461, TPA 290, Ca19-9 163. L’eco addome (16/1) evidenzia fegato aumentato di volume, ecostruttura disomogenea, vie biliari ectasiche con lesione focale iperecogena VIII segmento di 13 mm. La TC torace ed addome con mdc (21/1) evidenzia: “voluminosa lesione solida, disomogenea e con circoli arteriosi neoformati, di tipo eteroplasico (verosimile HCC) al IV, V e VIII segmento con sconfinamento nel lobo sn; si associa trombosi vena porta all’ilo, linfonodi aumentati di volume all’ilo epatico. Ad entrambi i polmoni numerose lesioni nodulari verosimilmente secondarie con diametro tra pochi mm e 1,5 cm”. Viene affidato alle cure della UOC di Oncologia ed inizia terapia con sorafenib tosilato 200 mg/die.
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IT100414 | Esame: F.C. | non disponibile | 2 | P.A. sesso M, anni 51, di professione verniciatore delle FF.SS, manifesta epistassi e, su suggerimento del MMG, effettua ecocardiogramma ambulatoriale che evidenzia massa in atrio dx; durante ricovero c/o altro nosocomio il pz presenta rialzo delle transaminasi (dati non disponibili), viene confermata all’ecocardiogramma massa in atrio dx. Giunge nella ns UO per trasferimento in Cardiochirurgia. In data 10/1 nuovo ecocardiogramma ribadisce la presenza di formazione rotondeggiante atrio dx 30x23 mm adesa al setto interatriale (verosimile mixoma). Esami di laboratorio mostrano HBV positività, AST 155, ALT 148, PAL 105, GGT 182. La consulenza CCH conferma mixoma atrio dx, richiede nuovo ecocardiogramma e pone il pz in lista di attesa per intervento chirurgico. In data 14/1 il pz viene sottoposto ad ulteriore ecocardiogramma che evidenzia: “massa in atrio dx a margini sfrangiati, non compatta, senza rapporti con setto interatriale e con origine nella VCI”. Esegue prelievo per markers oncologici: AFP 461, TPA 290, Ca19-9 163. L’eco addome (16/1) evidenzia fegato aumentato di volume, ecostruttura disomogenea, vie biliari ectasiche con lesione focale iperecogena VIII segmento di 13 mm. La TC torace ed addome con mdc (21/1) evidenzia: “voluminosa lesione solida, disomogenea e con circoli arteriosi neoformati, di tipo eteroplasico (verosimile HCC) al IV, V e VIII segmento con sconfinamento nel lobo sn; si associa trombosi vena porta all’ilo, linfonodi aumentati di volume all’ilo epatico. Ad entrambi i polmoni numerose lesioni nodulari verosimilmente secondarie con diametro tra pochi mm e 1,5 cm”. Viene affidato alle cure della UOC di Oncologia ed inizia terapia con sorafenib tosilato 200 mg/die.
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IT100414 | Esame: piastrinopenia | non disponibile | 2 | P.A. sesso M, anni 51, di professione verniciatore delle FF.SS, manifesta epistassi e, su suggerimento del MMG, effettua ecocardiogramma ambulatoriale che evidenzia massa in atrio dx; durante ricovero c/o altro nosocomio il pz presenta rialzo delle transaminasi (dati non disponibili), viene confermata all’ecocardiogramma massa in atrio dx. Giunge nella ns UO per trasferimento in Cardiochirurgia. In data 10/1 nuovo ecocardiogramma ribadisce la presenza di formazione rotondeggiante atrio dx 30x23 mm adesa al setto interatriale (verosimile mixoma). Esami di laboratorio mostrano HBV positività, AST 155, ALT 148, PAL 105, GGT 182. La consulenza CCH conferma mixoma atrio dx, richiede nuovo ecocardiogramma e pone il pz in lista di attesa per intervento chirurgico. In data 14/1 il pz viene sottoposto ad ulteriore ecocardiogramma che evidenzia: “massa in atrio dx a margini sfrangiati, non compatta, senza rapporti con setto interatriale e con origine nella VCI”. Esegue prelievo per markers oncologici: AFP 461, TPA 290, Ca19-9 163. L’eco addome (16/1) evidenzia fegato aumentato di volume, ecostruttura disomogenea, vie biliari ectasiche con lesione focale iperecogena VIII segmento di 13 mm. La TC torace ed addome con mdc (21/1) evidenzia: “voluminosa lesione solida, disomogenea e con circoli arteriosi neoformati, di tipo eteroplasico (verosimile HCC) al IV, V e VIII segmento con sconfinamento nel lobo sn; si associa trombosi vena porta all’ilo, linfonodi aumentati di volume all’ilo epatico. Ad entrambi i polmoni numerose lesioni nodulari verosimilmente secondarie con diametro tra pochi mm e 1,5 cm”. Viene affidato alle cure della UOC di Oncologia ed inizia terapia con sorafenib tosilato 200 mg/die.
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IT100414 | Esame: HCV-RNA | non disponibile | 2 | P.A. sesso M, anni 51, di professione verniciatore delle FF.SS, manifesta epistassi e, su suggerimento del MMG, effettua ecocardiogramma ambulatoriale che evidenzia massa in atrio dx; durante ricovero c/o altro nosocomio il pz presenta rialzo delle transaminasi (dati non disponibili), viene confermata all’ecocardiogramma massa in atrio dx. Giunge nella ns UO per trasferimento in Cardiochirurgia. In data 10/1 nuovo ecocardiogramma ribadisce la presenza di formazione rotondeggiante atrio dx 30x23 mm adesa al setto interatriale (verosimile mixoma). Esami di laboratorio mostrano HBV positività, AST 155, ALT 148, PAL 105, GGT 182. La consulenza CCH conferma mixoma atrio dx, richiede nuovo ecocardiogramma e pone il pz in lista di attesa per intervento chirurgico. In data 14/1 il pz viene sottoposto ad ulteriore ecocardiogramma che evidenzia: “massa in atrio dx a margini sfrangiati, non compatta, senza rapporti con setto interatriale e con origine nella VCI”. Esegue prelievo per markers oncologici: AFP 461, TPA 290, Ca19-9 163. L’eco addome (16/1) evidenzia fegato aumentato di volume, ecostruttura disomogenea, vie biliari ectasiche con lesione focale iperecogena VIII segmento di 13 mm. La TC torace ed addome con mdc (21/1) evidenzia: “voluminosa lesione solida, disomogenea e con circoli arteriosi neoformati, di tipo eteroplasico (verosimile HCC) al IV, V e VIII segmento con sconfinamento nel lobo sn; si associa trombosi vena porta all’ilo, linfonodi aumentati di volume all’ilo epatico. Ad entrambi i polmoni numerose lesioni nodulari verosimilmente secondarie con diametro tra pochi mm e 1,5 cm”. Viene affidato alle cure della UOC di Oncologia ed inizia terapia con sorafenib tosilato 200 mg/die.
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IT100414 | Esame: piastrine | non disponibile | 2 | P.A. sesso M, anni 51, di professione verniciatore delle FF.SS, manifesta epistassi e, su suggerimento del MMG, effettua ecocardiogramma ambulatoriale che evidenzia massa in atrio dx; durante ricovero c/o altro nosocomio il pz presenta rialzo delle transaminasi (dati non disponibili), viene confermata all’ecocardiogramma massa in atrio dx. Giunge nella ns UO per trasferimento in Cardiochirurgia. In data 10/1 nuovo ecocardiogramma ribadisce la presenza di formazione rotondeggiante atrio dx 30x23 mm adesa al setto interatriale (verosimile mixoma). Esami di laboratorio mostrano HBV positività, AST 155, ALT 148, PAL 105, GGT 182. La consulenza CCH conferma mixoma atrio dx, richiede nuovo ecocardiogramma e pone il pz in lista di attesa per intervento chirurgico. In data 14/1 il pz viene sottoposto ad ulteriore ecocardiogramma che evidenzia: “massa in atrio dx a margini sfrangiati, non compatta, senza rapporti con setto interatriale e con origine nella VCI”. Esegue prelievo per markers oncologici: AFP 461, TPA 290, Ca19-9 163. L’eco addome (16/1) evidenzia fegato aumentato di volume, ecostruttura disomogenea, vie biliari ectasiche con lesione focale iperecogena VIII segmento di 13 mm. La TC torace ed addome con mdc (21/1) evidenzia: “voluminosa lesione solida, disomogenea e con circoli arteriosi neoformati, di tipo eteroplasico (verosimile HCC) al IV, V e VIII segmento con sconfinamento nel lobo sn; si associa trombosi vena porta all’ilo, linfonodi aumentati di volume all’ilo epatico. Ad entrambi i polmoni numerose lesioni nodulari verosimilmente secondarie con diametro tra pochi mm e 1,5 cm”. Viene affidato alle cure della UOC di Oncologia ed inizia terapia con sorafenib tosilato 200 mg/die.
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IT100414 | Esame: TAC | non disponibile | 2 | P.A. sesso M, anni 51, di professione verniciatore delle FF.SS, manifesta epistassi e, su suggerimento del MMG, effettua ecocardiogramma ambulatoriale che evidenzia massa in atrio dx; durante ricovero c/o altro nosocomio il pz presenta rialzo delle transaminasi (dati non disponibili), viene confermata all’ecocardiogramma massa in atrio dx. Giunge nella ns UO per trasferimento in Cardiochirurgia. In data 10/1 nuovo ecocardiogramma ribadisce la presenza di formazione rotondeggiante atrio dx 30x23 mm adesa al setto interatriale (verosimile mixoma). Esami di laboratorio mostrano HBV positività, AST 155, ALT 148, PAL 105, GGT 182. La consulenza CCH conferma mixoma atrio dx, richiede nuovo ecocardiogramma e pone il pz in lista di attesa per intervento chirurgico. In data 14/1 il pz viene sottoposto ad ulteriore ecocardiogramma che evidenzia: “massa in atrio dx a margini sfrangiati, non compatta, senza rapporti con setto interatriale e con origine nella VCI”. Esegue prelievo per markers oncologici: AFP 461, TPA 290, Ca19-9 163. L’eco addome (16/1) evidenzia fegato aumentato di volume, ecostruttura disomogenea, vie biliari ectasiche con lesione focale iperecogena VIII segmento di 13 mm. La TC torace ed addome con mdc (21/1) evidenzia: “voluminosa lesione solida, disomogenea e con circoli arteriosi neoformati, di tipo eteroplasico (verosimile HCC) al IV, V e VIII segmento con sconfinamento nel lobo sn; si associa trombosi vena porta all’ilo, linfonodi aumentati di volume all’ilo epatico. Ad entrambi i polmoni numerose lesioni nodulari verosimilmente secondarie con diametro tra pochi mm e 1,5 cm”. Viene affidato alle cure della UOC di Oncologia ed inizia terapia con sorafenib tosilato 200 mg/die.
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IT100414 | Esame: EGDS | non disponibile | 2 | P.A. sesso M, anni 51, di professione verniciatore delle FF.SS, manifesta epistassi e, su suggerimento del MMG, effettua ecocardiogramma ambulatoriale che evidenzia massa in atrio dx; durante ricovero c/o altro nosocomio il pz presenta rialzo delle transaminasi (dati non disponibili), viene confermata all’ecocardiogramma massa in atrio dx. Giunge nella ns UO per trasferimento in Cardiochirurgia. In data 10/1 nuovo ecocardiogramma ribadisce la presenza di formazione rotondeggiante atrio dx 30x23 mm adesa al setto interatriale (verosimile mixoma). Esami di laboratorio mostrano HBV positività, AST 155, ALT 148, PAL 105, GGT 182. La consulenza CCH conferma mixoma atrio dx, richiede nuovo ecocardiogramma e pone il pz in lista di attesa per intervento chirurgico. In data 14/1 il pz viene sottoposto ad ulteriore ecocardiogramma che evidenzia: “massa in atrio dx a margini sfrangiati, non compatta, senza rapporti con setto interatriale e con origine nella VCI”. Esegue prelievo per markers oncologici: AFP 461, TPA 290, Ca19-9 163. L’eco addome (16/1) evidenzia fegato aumentato di volume, ecostruttura disomogenea, vie biliari ectasiche con lesione focale iperecogena VIII segmento di 13 mm. La TC torace ed addome con mdc (21/1) evidenzia: “voluminosa lesione solida, disomogenea e con circoli arteriosi neoformati, di tipo eteroplasico (verosimile HCC) al IV, V e VIII segmento con sconfinamento nel lobo sn; si associa trombosi vena porta all’ilo, linfonodi aumentati di volume all’ilo epatico. Ad entrambi i polmoni numerose lesioni nodulari verosimilmente secondarie con diametro tra pochi mm e 1,5 cm”. Viene affidato alle cure della UOC di Oncologia ed inizia terapia con sorafenib tosilato 200 mg/die.
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IT100414 | Esame: EF | non disponibile | 2 | P.A. sesso M, anni 51, di professione verniciatore delle FF.SS, manifesta epistassi e, su suggerimento del MMG, effettua ecocardiogramma ambulatoriale che evidenzia massa in atrio dx; durante ricovero c/o altro nosocomio il pz presenta rialzo delle transaminasi (dati non disponibili), viene confermata all’ecocardiogramma massa in atrio dx. Giunge nella ns UO per trasferimento in Cardiochirurgia. In data 10/1 nuovo ecocardiogramma ribadisce la presenza di formazione rotondeggiante atrio dx 30x23 mm adesa al setto interatriale (verosimile mixoma). Esami di laboratorio mostrano HBV positività, AST 155, ALT 148, PAL 105, GGT 182. La consulenza CCH conferma mixoma atrio dx, richiede nuovo ecocardiogramma e pone il pz in lista di attesa per intervento chirurgico. In data 14/1 il pz viene sottoposto ad ulteriore ecocardiogramma che evidenzia: “massa in atrio dx a margini sfrangiati, non compatta, senza rapporti con setto interatriale e con origine nella VCI”. Esegue prelievo per markers oncologici: AFP 461, TPA 290, Ca19-9 163. L’eco addome (16/1) evidenzia fegato aumentato di volume, ecostruttura disomogenea, vie biliari ectasiche con lesione focale iperecogena VIII segmento di 13 mm. La TC torace ed addome con mdc (21/1) evidenzia: “voluminosa lesione solida, disomogenea e con circoli arteriosi neoformati, di tipo eteroplasico (verosimile HCC) al IV, V e VIII segmento con sconfinamento nel lobo sn; si associa trombosi vena porta all’ilo, linfonodi aumentati di volume all’ilo epatico. Ad entrambi i polmoni numerose lesioni nodulari verosimilmente secondarie con diametro tra pochi mm e 1,5 cm”. Viene affidato alle cure della UOC di Oncologia ed inizia terapia con sorafenib tosilato 200 mg/die.
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IT100415 | Esame: creatinina | non disponibile | 2 | Vi presentiamo un caso clinico. Giunge alla nostra osservazione una donna di 50 anni, fumatrice di circa 10 sigarette al dì, che riferisce dolori addominali post prandiali, che durano circa un paio d’ore, accompagnati da nausea, conati di vomito e senso di fatica respiratoria. La paziente riferisce inoltre gonfiore addominale subito dopo i pasti e riduzione del peso corporeo (circa in un mese). Si decide di ricoverare la paziente in regime di DH presso la nostra struttura ospedaliera per sottoporla ad indagini laboratoristiche e diagnostiche. All’esame obiettivo, oltre ad un valore di PA di 145/95 mmHg, si riscontra un rinforzo del secondo tono sul focolaio aortico. All’esame obiettivo del torace si apprezza un murmure aspro su tutto l’ambito polmonare e all’esame obiettivo dell’addome, assenza di dolenzia alla palpazione profonda e superficiale, con organi ipocondriaci all’arco. Gli esami di laboratorio evidenziano un’alterata glicemia a digiuno (110 mg/dL) e un lieve aumento delle transaminasi (GOT: 50 U/L, GPT: 60 U/L). ECG: ritmo sinusale con frequenza cardiaca di 75 b/minuto. All’ecografia dell’addome: presenza di brigth disomogeneo, in assenza di lesioni focali e versamento in addome. RX torace: incremento della trama bronco vascolare con assenza di lesioni focali. Ecografia cardiaca: nella norma. Esame EGDS: segni di gastrite aspecifica. HP negativo. Per tale motivo viene iniziata terapia con farmaci antiipertensivi: TRIATEC 5 mg una compressa al mattino, associata a terapia anti reflusso: ANTRA 20 mg e PERIDON 10 mg prima dei pasti. La paziente viene dimessa col consiglio di assumere un regime dietetico alimentare corretto, evitando cibi reflussogeni, quali caffè, menta, thè, spezie, di osservare una buona masticazione, di utilizzare cibi ben cotti. Viene consigliato inoltre di ridurre l’utilizzo del sale e l’abolizione completa dell’abitudine tabagica. Dopo tre settimane, la paziente rientra riferendo assenza di miglioramento della sintomatologia clinica, nonostante la terapia e la modifica dello stile di vita. La paziente viene rivisitata. L’esame obiettivo risulta invariato rispetto al precedente, fatta eccezione per l’evidenza di una riduzione della pressione arteriosa (130/85 mmHg). Ad un esame più accurato dell’addome si reperta all’auscultazione un soffio sistolico a livello epigastrico. La paziente viene sottoposta ad esame EcoColorDoppler (ECD) dei vasi addominali da cui emerge: stenosi emodinamica del tripode celiaco, con presenza di ectasia post-stenotica. Generalmente, nel paziente affetto da aterosclerosi pluridistrettuale, il ritrovamento all’ECD di una stenosi asintomatica del tripode celiaco è un evento abbastanza frequente. Poiché la paziente però, non presentava localizzazione di malattia aterosclerotica in nessun distretto, è stata sospettata una patologia da legamento arcuato, che ben si evidenzia all’ECD durante gli atti respiratori forzati. Viene effettuata Angio-TC addome per conferma diagnostica che ben evidenzia la costrizione del tronco celiaco da parte del legamento arcuato. La paziente avendo attualmente una sintomatologia saltuaria è in attuale controllo clinico-strumentale in previsione di un intervento chirurgico.
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IT100415 | Esame: ecocardiogramma | non disponibile | 2 | Vi presentiamo un caso clinico. Giunge alla nostra osservazione una donna di 50 anni, fumatrice di circa 10 sigarette al dì, che riferisce dolori addominali post prandiali, che durano circa un paio d’ore, accompagnati da nausea, conati di vomito e senso di fatica respiratoria. La paziente riferisce inoltre gonfiore addominale subito dopo i pasti e riduzione del peso corporeo (circa in un mese). Si decide di ricoverare la paziente in regime di DH presso la nostra struttura ospedaliera per sottoporla ad indagini laboratoristiche e diagnostiche. All’esame obiettivo, oltre ad un valore di PA di 145/95 mmHg, si riscontra un rinforzo del secondo tono sul focolaio aortico. All’esame obiettivo del torace si apprezza un murmure aspro su tutto l’ambito polmonare e all’esame obiettivo dell’addome, assenza di dolenzia alla palpazione profonda e superficiale, con organi ipocondriaci all’arco. Gli esami di laboratorio evidenziano un’alterata glicemia a digiuno (110 mg/dL) e un lieve aumento delle transaminasi (GOT: 50 U/L, GPT: 60 U/L). ECG: ritmo sinusale con frequenza cardiaca di 75 b/minuto. All’ecografia dell’addome: presenza di brigth disomogeneo, in assenza di lesioni focali e versamento in addome. RX torace: incremento della trama bronco vascolare con assenza di lesioni focali. Ecografia cardiaca: nella norma. Esame EGDS: segni di gastrite aspecifica. HP negativo. Per tale motivo viene iniziata terapia con farmaci antiipertensivi: TRIATEC 5 mg una compressa al mattino, associata a terapia anti reflusso: ANTRA 20 mg e PERIDON 10 mg prima dei pasti. La paziente viene dimessa col consiglio di assumere un regime dietetico alimentare corretto, evitando cibi reflussogeni, quali caffè, menta, thè, spezie, di osservare una buona masticazione, di utilizzare cibi ben cotti. Viene consigliato inoltre di ridurre l’utilizzo del sale e l’abolizione completa dell’abitudine tabagica. Dopo tre settimane, la paziente rientra riferendo assenza di miglioramento della sintomatologia clinica, nonostante la terapia e la modifica dello stile di vita. La paziente viene rivisitata. L’esame obiettivo risulta invariato rispetto al precedente, fatta eccezione per l’evidenza di una riduzione della pressione arteriosa (130/85 mmHg). Ad un esame più accurato dell’addome si reperta all’auscultazione un soffio sistolico a livello epigastrico. La paziente viene sottoposta ad esame EcoColorDoppler (ECD) dei vasi addominali da cui emerge: stenosi emodinamica del tripode celiaco, con presenza di ectasia post-stenotica. Generalmente, nel paziente affetto da aterosclerosi pluridistrettuale, il ritrovamento all’ECD di una stenosi asintomatica del tripode celiaco è un evento abbastanza frequente. Poiché la paziente però, non presentava localizzazione di malattia aterosclerotica in nessun distretto, è stata sospettata una patologia da legamento arcuato, che ben si evidenzia all’ECD durante gli atti respiratori forzati. Viene effettuata Angio-TC addome per conferma diagnostica che ben evidenzia la costrizione del tronco celiaco da parte del legamento arcuato. La paziente avendo attualmente una sintomatologia saltuaria è in attuale controllo clinico-strumentale in previsione di un intervento chirurgico.
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IT100415 | Esame: proteinuria | non disponibile | 2 | Vi presentiamo un caso clinico. Giunge alla nostra osservazione una donna di 50 anni, fumatrice di circa 10 sigarette al dì, che riferisce dolori addominali post prandiali, che durano circa un paio d’ore, accompagnati da nausea, conati di vomito e senso di fatica respiratoria. La paziente riferisce inoltre gonfiore addominale subito dopo i pasti e riduzione del peso corporeo (circa in un mese). Si decide di ricoverare la paziente in regime di DH presso la nostra struttura ospedaliera per sottoporla ad indagini laboratoristiche e diagnostiche. All’esame obiettivo, oltre ad un valore di PA di 145/95 mmHg, si riscontra un rinforzo del secondo tono sul focolaio aortico. All’esame obiettivo del torace si apprezza un murmure aspro su tutto l’ambito polmonare e all’esame obiettivo dell’addome, assenza di dolenzia alla palpazione profonda e superficiale, con organi ipocondriaci all’arco. Gli esami di laboratorio evidenziano un’alterata glicemia a digiuno (110 mg/dL) e un lieve aumento delle transaminasi (GOT: 50 U/L, GPT: 60 U/L). ECG: ritmo sinusale con frequenza cardiaca di 75 b/minuto. All’ecografia dell’addome: presenza di brigth disomogeneo, in assenza di lesioni focali e versamento in addome. RX torace: incremento della trama bronco vascolare con assenza di lesioni focali. Ecografia cardiaca: nella norma. Esame EGDS: segni di gastrite aspecifica. HP negativo. Per tale motivo viene iniziata terapia con farmaci antiipertensivi: TRIATEC 5 mg una compressa al mattino, associata a terapia anti reflusso: ANTRA 20 mg e PERIDON 10 mg prima dei pasti. La paziente viene dimessa col consiglio di assumere un regime dietetico alimentare corretto, evitando cibi reflussogeni, quali caffè, menta, thè, spezie, di osservare una buona masticazione, di utilizzare cibi ben cotti. Viene consigliato inoltre di ridurre l’utilizzo del sale e l’abolizione completa dell’abitudine tabagica. Dopo tre settimane, la paziente rientra riferendo assenza di miglioramento della sintomatologia clinica, nonostante la terapia e la modifica dello stile di vita. La paziente viene rivisitata. L’esame obiettivo risulta invariato rispetto al precedente, fatta eccezione per l’evidenza di una riduzione della pressione arteriosa (130/85 mmHg). Ad un esame più accurato dell’addome si reperta all’auscultazione un soffio sistolico a livello epigastrico. La paziente viene sottoposta ad esame EcoColorDoppler (ECD) dei vasi addominali da cui emerge: stenosi emodinamica del tripode celiaco, con presenza di ectasia post-stenotica. Generalmente, nel paziente affetto da aterosclerosi pluridistrettuale, il ritrovamento all’ECD di una stenosi asintomatica del tripode celiaco è un evento abbastanza frequente. Poiché la paziente però, non presentava localizzazione di malattia aterosclerotica in nessun distretto, è stata sospettata una patologia da legamento arcuato, che ben si evidenzia all’ECD durante gli atti respiratori forzati. Viene effettuata Angio-TC addome per conferma diagnostica che ben evidenzia la costrizione del tronco celiaco da parte del legamento arcuato. La paziente avendo attualmente una sintomatologia saltuaria è in attuale controllo clinico-strumentale in previsione di un intervento chirurgico.
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IT100415 | Esame: p-ANCA | non disponibile | 2 | Vi presentiamo un caso clinico. Giunge alla nostra osservazione una donna di 50 anni, fumatrice di circa 10 sigarette al dì, che riferisce dolori addominali post prandiali, che durano circa un paio d’ore, accompagnati da nausea, conati di vomito e senso di fatica respiratoria. La paziente riferisce inoltre gonfiore addominale subito dopo i pasti e riduzione del peso corporeo (circa in un mese). Si decide di ricoverare la paziente in regime di DH presso la nostra struttura ospedaliera per sottoporla ad indagini laboratoristiche e diagnostiche. All’esame obiettivo, oltre ad un valore di PA di 145/95 mmHg, si riscontra un rinforzo del secondo tono sul focolaio aortico. All’esame obiettivo del torace si apprezza un murmure aspro su tutto l’ambito polmonare e all’esame obiettivo dell’addome, assenza di dolenzia alla palpazione profonda e superficiale, con organi ipocondriaci all’arco. Gli esami di laboratorio evidenziano un’alterata glicemia a digiuno (110 mg/dL) e un lieve aumento delle transaminasi (GOT: 50 U/L, GPT: 60 U/L). ECG: ritmo sinusale con frequenza cardiaca di 75 b/minuto. All’ecografia dell’addome: presenza di brigth disomogeneo, in assenza di lesioni focali e versamento in addome. RX torace: incremento della trama bronco vascolare con assenza di lesioni focali. Ecografia cardiaca: nella norma. Esame EGDS: segni di gastrite aspecifica. HP negativo. Per tale motivo viene iniziata terapia con farmaci antiipertensivi: TRIATEC 5 mg una compressa al mattino, associata a terapia anti reflusso: ANTRA 20 mg e PERIDON 10 mg prima dei pasti. La paziente viene dimessa col consiglio di assumere un regime dietetico alimentare corretto, evitando cibi reflussogeni, quali caffè, menta, thè, spezie, di osservare una buona masticazione, di utilizzare cibi ben cotti. Viene consigliato inoltre di ridurre l’utilizzo del sale e l’abolizione completa dell’abitudine tabagica. Dopo tre settimane, la paziente rientra riferendo assenza di miglioramento della sintomatologia clinica, nonostante la terapia e la modifica dello stile di vita. La paziente viene rivisitata. L’esame obiettivo risulta invariato rispetto al precedente, fatta eccezione per l’evidenza di una riduzione della pressione arteriosa (130/85 mmHg). Ad un esame più accurato dell’addome si reperta all’auscultazione un soffio sistolico a livello epigastrico. La paziente viene sottoposta ad esame EcoColorDoppler (ECD) dei vasi addominali da cui emerge: stenosi emodinamica del tripode celiaco, con presenza di ectasia post-stenotica. Generalmente, nel paziente affetto da aterosclerosi pluridistrettuale, il ritrovamento all’ECD di una stenosi asintomatica del tripode celiaco è un evento abbastanza frequente. Poiché la paziente però, non presentava localizzazione di malattia aterosclerotica in nessun distretto, è stata sospettata una patologia da legamento arcuato, che ben si evidenzia all’ECD durante gli atti respiratori forzati. Viene effettuata Angio-TC addome per conferma diagnostica che ben evidenzia la costrizione del tronco celiaco da parte del legamento arcuato. La paziente avendo attualmente una sintomatologia saltuaria è in attuale controllo clinico-strumentale in previsione di un intervento chirurgico.
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Subsets and Splits