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1,701 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi fu proclamato re di Albania nel 1939 | Dopo la conquista del regno, venne instaurato un governo fantoccio con una nuova Costituzione, approvata il 12 aprile del 1939 a Tirana, che trasformò il regno europeo nel Protettorato Italiano del Regno d'Albania, le cui premesse furono poste con la campagna di Albania. Il 16 aprile dello stesso anno il trono albanese fu assunto dal Re d'Italia Vittorio Emanuele III. |
1,702 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi fu proclamato re di Albania nel 1939 | Il paese, a neanche 150 chilometri dalle coste pugliesi, era di fatto fin dalla prima guerra mondiale profondamente influenzato dall'Italia, che aveva accettato nel settembre del 1928 l'auto-proclamazione di re Zog I (Ahmed Bey Zogu), in seguito accusato di essere un tiranno incline all'arricchimento personale e al nepotismo. Mentre Zog I, all'arrivo degli italiani, riparava in Grecia, la conquista fu perfezionata con l'offerta della corona d'Albania a Vittorio Emanuele III il 16 aprile 1939, con una piccola cerimonia svoltasi al Quirinale. |
1,703 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi fu proclamato re di Albania nel 1939 | L'occupazione italiana del Regno di Albania ebbe luogo tra il 1939 al 1943, quando la corona del Regno Albanese fu assunta da Vittorio Emanuele III d'Italia, a seguito della guerra promossa dal regime fascista e dell'instaurazione del Protettorato Italiano del Regno d'Albania. |
1,704 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi fu proclamato re di Albania nel 1939 | Gli italiani instaurarono un governo albanese fantoccio con una nuova Costituzione, approvata il 12 aprile a Tirana, che trasformò l'Albania in Protettorato Italiano del Regno d'Albania. Il 16 aprile il trono albanese fu assunto dal Re d'Italia Vittorio Emanuele III. |
1,705 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi fu proclamato re di Albania nel 1939 | Il regime monarchico fu rovesciato nel 1939, quando l'Albania fu occupata dall'esercito italiano. Mussolini, infatti, sentiva il bisogno di controbilanciare le azioni dell'alleato tedesco che nel marzo del '39 aveva occupato la Cecoslovacchia ("Ogni volta che Hitler prende uno stato, mi manda un messaggio," disse a Ciano). Vi erano inoltre supposte collaborazioni tra Re Zog e i governi anglofrancesi. Con un'invasione-lampo, il 7 aprile '39 l'esercito italiano disarmò la debole resistenza albanese quasi senza colpo ferire. Re Zog riparò subito in Grecia. Il 16 aprile, l'Albania venne accorpata al territorio metropolitano italiano e Vittorio Emanuele III venne proclamato Re d'Albania. |
1,706 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi fu proclamato re di Albania nel 1939 | Vittorio Emanuele III (1869-1947), re d'Italia (1900-1946), imperatore d'Etiopia (1936-1945) e re d'Albania (1939-1945), sposato con la principessa Elena del Montenegro, da cui nacquero: |
1,707 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi fu proclamato re di Albania nel 1939 | Il regno di Zog fu ben presto molto legato all'Italia di Mussolini. Ma il 7 aprile 1939 il Duce occupò militarmente l'Albania e costrinse Zog alla fuga. Cinque giorni dopo, il parlamento albanese proclamò nuovo re Vittorio Emanuele III d'Italia, che assunse il titolo di Re d'Albania. Il titolo fu mantenuto formalmente fino alla sua abdicazione nel 1943, quando Zog I, pur non facendo mai più ritorno in Albania, fu restaurato come re. |
1,708 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi fu proclamato re di Albania nel 1939 | Nell'aprile 1938 il Re Zog sposò la Contessa Géraldine Apponyi de Nagyappony, una cattolica che era metà ungherese e metà americana: il loro unico figlio, Principe Leka Zogu, nacque il 5 aprile 1939. Due giorni dopo, il 7 aprile 1939, le truppe italiane entrarono in Albania. L'Albania entrò nell'orbita italiana, pur mantenendo un governo autonomo, e Vittorio Emanuele III assunse il titolo di Re d'Albania. Zog e la sua famiglia si rifugiarono in esilio in Grecia, Turchia, Gran Bretagna, Egitto, e infine in Francia. |
1,709 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi furono i "martiri trentini" dell'irredentismo | La propaganda irredentista prese vigore dopo il Congresso di Berlino del 1878, dando vita ad un ampio dibattito presso settori della pubblica opinione nazionale. Nel Regno d'Italia sorsero movimenti come l'Associazione pro Italia irredenta, mentre in Trentino e in Venezia Giulia il movimento non poté esprimersi oltre la clandestinità (o l'esilio) a causa del controllo poliziesco; solo una parte della popolazione svolgeva attività cospirative e manifestazioni separatiste. Nel suo complesso, il movimento irredentista fu largamente ispirato ad ideali schiettamente risorgimentali, traendo forza soprattutto dagli ideali di Giuseppe Mazzini e raccogliendo adesioni soprattutto nell'ambito dei nascenti movimenti anti-imperialisti socialisti, dai quali vennero alcuni dei più illustri esponenti dell'irredentismo, come l'irredentista giuliano Guglielmo Oberdan ed i cosiddetti "Martiri trentini": il socialista Cesare Battisti, il suo allievo Fabio Filzi (allievo di Battisti, ma istriano di Pisino), ed il giovane roveretano Damiano Chiesa, tutti giustiziati dal governo austriaco. Nell'ambito dell'irredentismo si sviluppò, accanto all'originaria corrente anti-austriaca, anche una corrente anti-slava, che vedeva negli sloveni e soprattutto nei croati i futuri antagonisti dell'Italia in Adriatico (sebbene, almeno inizialmente, si tendesse invece a solidarizzare con quanti di loro si contrapponevano all'Impero). Una corrente che, seppur minoritaria, avrebbe trovato ampio credito e adesioni in epoca fascista e che ebbe il suo massimo rappresentante in Ruggero Timeus. |
1,710 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi furono i "martiri trentini" dell'irredentismo | L'Austria-Ungheria, presa com'era da due fronti in cui infuriavano battaglie cruente e dopo il ripiegamento in Tirolo, non sarebbe più stata in grado di sferrare campagne offensive senza l'aiuto tedesco; peraltro, l'aiuto tecnico-tattico tedesco sarebbe stato determinante nello sfondamento operato a Caporetto. Politicamente, i più grandi sconvolgimenti si ebbero in Italia. Benché il disastro fosse stato quasi miracolosamente evitato, la Strafexpedition provocò una grave crisi politica. A livello popolare, aveva destato grande scalpore la morte o la cattura (e la conseguente esecuzione) di alcuni tra i più illustri e conosciuti personaggi dell'irredentismo italiano, quali Fabio Filzi, Damiano Chiesa, Cesare Battisti, Nazario Sauro, ed anche quella di Enrico Toti. La vita e la morte di questi personaggi avrebbero guidato, in Italia, molte delle campagne d'arruolamento e molta parte della letteratura propagandistica del periodo. |
1,711 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi furono i primi ad usare l'espressione "guerra fredda" | L'espressione era stata usata già nel 1945 da George Orwell che, riflettendo sulla bomba atomica , preconizzava uno scenario in cui le due grandi potenze, non potendo affrontarsi direttamente, avrebbero finito per dominare e opprimere tutti gli altri. Nel 1947 fu ripresa dal consigliere presidenziale Bernard Baruch e dal giornalista Walter Lippmann per descrivere l'emergere delle tensioni tra i due alleati della seconda guerra mondiale . |
1,712 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | A cosa ci si riferisce con l'espressione regno del sud | Con l'espressione "Regno del Sud" si suole indicare il Regno d'Italia nel periodo compreso tra il 10 settembre 1943 e il 4 giugno 1944 (data della liberazione di Roma). |
1,713 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi furono i primi partecipanti ai fasci di combattimento | Il 23 marzo 1919 Mussolini fondò a Milano i Fasci italiani di combattimento, nei quali andarono a confluire in breve tempo la maggioranza delle squadre formatesi autonomamente sul territorio nazionale. Ciononostante, a causa del basso numero di adesioni, almeno per tutto il 1919 l'iscrizione coincideva spesso con l'attività di squadrista. Solo nella Venezia Giulia, che sarebbe stata di lì a poco assegnata all'Italia con il Trattato di Saint Germain e che quindi viveva un periodo di forte esaltazione nazionalistica, l'adesione ai Fasci italiani di combattimento assunse subito caratteri di massa, mentre nel resto del territorio nazionale l'espansione dello squadrismo fu limitata alle sole città del nord Italia. Ciò fu dovuto principalmente alla vicinanza della Venezia Giulia stessa al confine orientale che, sottoposto a rivendicazioni territoriali e politiche (irredentismo), convogliò sui Fasci di combattimento le simpatie dei nazionalisti. A questi si aggiunsero inoltre numerosi legionari dannunziani reduci dell'Impresa di Fiume, che ne costituirono il nerbo iniziale. |
1,714 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi furono i primi partecipanti ai fasci di combattimento | I Fasci riunirono cittadini italiani accomunati dallo scopo di fermare l'attività bolscevica. La maggior parte dei partecipanti della prima ora furono reduci interventisti della prima guerra mondiale. Molti di loro avevano precedentemente militato in formazioni di sinistra (socialisti, repubblicani, sindacalisti rivoluzionari). |
1,715 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi furono i protagonisti del colonialismo in Africa | Il colonialismo in Africa: la colonizzazione dell'Africa da parte delle nazioni europee, raggiunse il proprio apice a partire dalla seconda metà del XIX secolo, periodo in cui si ebbe una vera e propria spartizione dell'Africa i cui protagonisti furono soprattutto Francia e Gran Bretagna e, in misura minore, Germania, Portogallo, Italia, Belgio e Spagna. |
1,716 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi fu uno dei più giovani padri costituenti italiani | Emilio Colombo fu uno dei più giovani padri costituenti, eletto nel 1946 a 26 anni con 26.000 voti; in seguito a questo successo elettorale Francesco Saverio Nitti, che in passato aveva definito il giovane Colombo un "sagrestanello", sarà costretto ad ammettere: «è un colombo che volerà». Dopo aver rivestito in numerosi governi l'incarico di sottosegretario all'Agricoltura, fu ministro dell'Agricoltura nel I governo Segni e nel governo Zoli, passò quindi al Commercio con l'Estero nel secondo governo Fanfani e all'Industria, Commercio e Artigianato nei governi Segni II, Tambroni, Fanfani III e Fanfani IV. |
1,717 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi fu viceré di Etiopia dal 1937 | Nel novembre 1937 il Duca d'Aosta fu nominato viceré d'Etiopia e Graziani nel febbraio dell'anno seguente rientrò in Italia. |
1,718 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi fu viceré di Etiopia dal 1937 | Dal 15 gennaio 1935 venne nominato Emilio De Bono, che mantenne la carica fino al 27 novembre dello stesso anno: a lui viene sostituito Pietro Badoglio. Con la dichiarazione della nascita dell'Impero il 9 maggio del 1936, Badoglio diviene il primo Viceré d'Etiopia e Duca di Addis Abeba, fino a quando, nel giugno, viene designato Rodolfo Graziani. Il 21 dicembre 1937 gli succede Amedeo di Savoia, duca di Aosta, che siede sul trono dell'Etiopia fino alla definitiva perdita dei territori nel 1941. Lo seguono brevemente Pietro Gazzera (dal 23 maggio al 6 luglio) e Guglielmo Nasi (fino al 27 novembre 1941). |
1,719 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi fu viceré di Etiopia dal 1937 | Da Amedeo Ferdinando Maria (1845-1890), duca d'Aosta e re di Spagna dal 1870 al 1873, figlio di Vittorio Emanuele II, derivò infine la linea dei Savoia-Aosta. Da lui nacquero infatti Emanuele Filiberto (1869-1931), Vittorio Emanuele di Savoia-Aosta, conte di Torino (1870-1946), comandante generale dell'arma di cavalleria nella guerra del 1915-1918, Luigi Amedeo, duca degli Abruzzi, e Umberto, conte di Salemi (1889-1918). Nel 1895 Emanuele Filiberto sposò Elena d'Orléans, da cui ebbe Amedeo, duca d'Aosta e viceré d'Etiopia dal 1937, e Aimone (1900-1948), duca prima di Spoleto e poi (1942) d'Aosta, nominalmente re di Croazia dal 1941 al 1943, sposato con la principessa Irene di Grecia e padre di Amedeo (nato nel 1943, sposato in prime nozze con Claudia di Francia e in seconde nozze con Silvia Paternò dei marchesi di Regiovanni). Amedeo ha un figlio, Aimone, nato nel 1967, e sposato con la principessa Olga di Grecia, da cui ha avuto Umberto nato a Parigi il 7 marzo 2009, Amedeo, nato a Parigi il 24 maggio 2011 e Isabella, nata a Parigi il 14 dicembre 2012. |
1,720 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi fu viceré di Etiopia dal 1937 | Amedeo Umberto Lorenzo Marco Paolo Isabella Luigi Filippo Maria Giuseppe Giovanni di Savoia-Aosta, soprannominato Duca di Ferro ed eroe dell'Amba Alagi (Torino, 21 ottobre 1898 – Nairobi, 3 marzo 1942), è stato un membro di Casa Savoia, appartenente al ramo Savoia-Aosta, ed un generale italiano. Fu viceré d'Etiopia dal 1937 al 1941. |
1,721 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi fu viceré di Etiopia dal 1937 | A seguito della morte del padre Emanuele Filiberto nel 1931, Amedeo assunse il titolo di duca d'Aosta. Nel 1932 entrò nella Regia Aeronautica e diventò, dopo la conquista italiana del 1936, viceré d'Etiopia. Dopo la seconda guerra italo-abissina, il 21 ottobre 1937 Amedeo di Savoia fu nominato governatore generale (e quindi comandante in capo) dell'Africa Orientale Italiana e viceré d'Etiopia. Nel 1941, di fronte alla travolgente avanzata degli inglesi nell'Africa Orientale Italiana, le poche truppe italiane rimaste al suo comando si ritirarono per organizzare l'ultima resistenza sulle montagne etiopi. Amedeo si asserragliò dal 17 aprile al 17 maggio 1941 sull'Amba Alagi con 7.000 uomini, una forza composta da carabinieri, avieri, marinai della base di Assab, 500 soldati della sanità e circa 3.000 militari delle truppe indigene. |
1,722 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi fu viceré di Etiopia dal 1937 | Con l'annessione dell'Etiopia, i possedimenti italiani in Africa Orientale (Etiopia, Somalia ed Eritrea) furono unificati sotto il nome di Africa Orientale Italiana A.O.I., e posti sotto il governo di un Viceré che inizialmente il maresciallo Graziani sostituito nel dicembre 1937 da Amedeo Duca d'Aosta. |
1,723 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi fu viceré di Etiopia dal 1937 | Con la dichiarazione della nascita dell'Impero il 9 maggio del 1936, Badoglio divenne il primo Viceré d'Etiopia e Duca di Addis Abeba, fino a quando, nel giugno, venne designato Rodolfo Graziani. Il 21 dicembre 1937 gli succedette Amedeo di Savoia, duca di Aosta, che ebbe il trono dell'Etiopia fino alla definitiva perdita dei territori nel 1941. Lo seguirono brevemente Pietro Gazzera (dal 23 maggio al 6 luglio) e Guglielmo Nasi (fino al 27 novembre 1941). |
1,724 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi fu viceré di Etiopia dal 1937 | Con la dichiarazione della nascita dell'Impero il 9 maggio del 1936, Badoglio divenne il primo Viceré d'Etiopia e Duca di Addis Abeba, fino a quando, nel giugno, venne designato Rodolfo Graziani. Il 21 dicembre 1937 gli successe Amedeo di Savoia, duca di Aosta, che ebbe il trono dell'Etiopia fino alla definitiva perdita dei territori nel 1941. Lo seguirono brevemente Pietro Gazzera (dal 23 maggio al 6 luglio) e Guglielmo Nasi (fino al 27 novembre 1941). |
1,725 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi fu viceré di Etiopia dal 1937 | Fra 1.200 e 1.600 monaci. Moltissimi erano giovani e ragazzi, catechisti e diaconi. Tra le vittime delle rappresaglie anche indovini e cantastorie colpevoli di aver predetto la fine del regime.Andrea Semplici, La strage cancellata, in "Nigrizia", 1997, n. 2, pp. 19-21. Tra marzo e dicembre centinaia di abissini, tra cui importanti personaggi, vennero imprigionati e deportati in Italia con cinque piroscafi. Nel novembre 1937 il Duca d'Aosta fu nominato viceré d'Etiopia e Graziani nel febbraio dell'anno seguente rientrò in Italia. |
1,726 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi guidò il governo italiano durante il periodo della neutralità italiana | La decisione ufficiale e definitiva della neutralità italiana fu presa dal governo del Presidente del Consiglio dei ministri Antonio Salandra il 2 agosto 1914, cinque giorni dopo la dichiarazione di guerra dell'Austria-Ungheria alla Serbia, e fu diramata il 3 mattina. La neutralità ottenne inizialmente consenso quasi unanime negli ambienti politici e nell'opinione pubblica italiana, tuttavia il brusco arresto dell'offensiva tedesca sulla Marna (5-12 settembre) suscitò i primi dubbi sull'invincibilità tedesca: movimenti interventisti andarono formandosi nell'autunno 1914, fino a raggiungere una consistenza non trascurabile appena pochi mesi dopo. Gli interventisti, in particolare, denunciavano l'incombente diminuzione della statura politica dell'Italia se il paese fosse rimasto spettatore passivo; se i vincitori del conflitto fossero stati gli Imperi centrali, non avrebbero dimenticato né perdonato una nazione che, dal lor punto di vista, aveva tradito un'alleanza trentennale. |
1,727 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi guidò il governo italiano durante il periodo della neutralità italiana | La neutralità italiana (1914-1915) consistette nella politica condotta dal governo italiano, guidato da Antonio Salandra, nel periodo fra l'ultimatum austriaco del 23 luglio 1914 alla Serbia e la dichiarazione di guerra italiana all'Impero austro-ungarico, il 23 maggio 1915. |
1,728 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi guidò il governo italiano durante il periodo della neutralità italiana | La neutralità italiana (1914-1915) consistette nella politica condotta dal governo italiano, guidato da Antonio Salandra, nel periodo fra l'ultimatum austriaco del 23 luglio 1914 alla Serbia e la dichiarazione di guerra italiana all'Austria-Ungheria, il 23 maggio 1915. |
1,729 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi guidò il governo italiano durante il periodo della neutralità italiana | Antonio Salandra, La Neutralità Italiana (1914), Mondadori, Milano 1928. |
1,730 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi guidò il governo italiano durante il periodo della neutralità italiana | Sonnino, dopo un momento di incertezza iniziale, accettò. Il primo governo Salandra diede le dimissioni il 31 ottobre 1914 e il 5 novembre fu annunciato il secondo governo Salandra con Sonnino agli Affari Esteri.Salandra, La neutralità italiana, Milano, 1928, pp. 364-369. |
1,731 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi guidò il governo italiano durante il periodo della neutralità italiana | Antonio Salandra, La neutralità italiana 1914. Mondadori, Milano, 1928. |
1,732 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi guidò l'impresa di Fiume | Nominato Senatore il 24 febbraio 1919, il 13 settembre successivo (e sino al mese di novembre) divenne commissario straordinario militare per la Venezia Giulia. Rivestiva tale ruolo quando Gabriele D'Annunzio procedette all'Impresa di Fiume. Il 2 dicembre 1919 Badoglio fu promosso capo di stato maggiore dell'Esercito, succedendo ad Armando Diaz; ricoprì tale incarico sino al 3 febbraio 1921, quando venne collocato a disposizione per ispezioni, divenendo anche membro del Consiglio per l'Esercito. |
1,733 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi guidò l'impresa di Fiume | 1919 – Impresa di Fiume: Gabriele d'Annunzio a capo di 2500 legionari al motto di "O Fiume o morte" occupa la città di Fiume. |
1,734 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi guidò l'impresa di Fiume | La reazione dei nazionalisti ed ex-combattenti italiani fu rabbiosa e, il 12 settembre 1919, una forza volontaria irregolare guidata dal poeta Gabriele D'Annunzio e composta da circa 2500 legionari, occupò la città in quella che sarebbe passata alla storia come l'impresa di Fiume, rivendicandone l'annessione all'Italia. D'Annunzio proclamò la Reggenza Italiana del Carnaro, uno Stato indipendente in attesa del congiungimento al Regno d'Italia. |
1,735 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi guidò l'impresa di Fiume | Il 12 settembre, Mussolini promosse davanti alla sede de Il Popolo d'Italia una sottoscrizione a favore dell'impresa fiumana di Gabriele D'Annunzio, dopo aver incontrato quest'ultimo per la prima volta a Roma il 23 giugno. Il 7 ottobre era a Fiume, dove ebbe colloqui con D'Annunzio. I rapporti con il Vate furono comunque estremamente fugaci, e condizionati da reciproca diffidenza e rivalità: Mussolini mal sopportava l'idea che D'Annunzio potesse relegarlo in secondo piano; D'Annunzio gli scrisse una lettera tacciandolo di codardia, ma quando la missiva venne pubblicata dal Popolo d'Italia questo passaggio fu censurato. |
1,736 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi guidò l'impresa di Fiume | 12 settembre - Impresa di Fiume: Gabriele d'Annunzio a capo di 2500 legionari al motto di "O Fiume o morte" occupa la città, proclamandone l'annessione all'Italia |
1,737 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi guidò l'impresa di Fiume | Gli arditi parteciparono attivamente all'impresa fiumana sotto la guida dell'ispiratore del colpo di mano che portò alla presa di Fiume, Gabriele d'Annunzio. Una volta occupata la città, venne instaurata la "Reggenza del Carnaro" e D'Annunzio rivendicò apertamente l'italianità della città di Fiume. Venne promulgata, come carta costituzionale del nuovo Stato, la Carta del Carnaro. Tra i principali ispiratori del contenuto della Carta vi fu il sindacalista rivoluzionario Alceste De Ambris, anche lui con passato di Ardito. Il 25 dicembre 1920 (il cosiddetto Natale di Sangue) le truppe regolari dell'esercito italiano guidate dal generale Caviglia posero termine alla fugace esperienza della Repubblica del Carnaro dopo brevi scontri. Il Presidente del Consiglio Giolitti aveva ordinato l'operazione perché temeva i possibili risvolti internazionali negativi che sarebbero potuti scaturire dal prosieguo dell'impresa fiumana, nonché il fatto che il consolidarsi dello Stato dannunziano avrebbe potuto comportare gravi conseguenze per il regime liberale italiano. |
1,738 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi guidò l'impresa di Fiume | La questione fiumana divenne un vulnus per l'orgoglio nazionale italiano, tale da spingere D'Annunzio all'impresa e buona parte dell'opinione pubblica a simpatizzare con essa. Quando però, con lo svilupparsi degli eventi internazionali, fu chiaro che lo Stato italiano non avrebbe accettato il fatto compiuto dell'annessione di Fiume, D'Annunzio dichiarò indipendente il comune (fino a suo possibile ricongiungimento con la Madrepatria) e varò una costituzione dai tratti apertamente rivoluzionari (12 novembre 1920), influenzata largamente dal sindacalista rivoluzionario Alceste De Ambris. Per suggellare la sterzata rivoluzionaria dell'Impresa di Fiume, D'Annunzio aprì all'Unione dei Sovieti di Lenin, tanto che costui definì D'Annunzio "l'unico rivoluzionario che vi sia in Italia". |
1,739 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi guidò l'impresa di Fiume | Alla fine del 1920 in seguito all'Impresa di Fiume di Gabriele d'Annunzio presero parte al blocco di Fiume, e al bombardamento della città, nei giorni che passarono poi alla storia con il nome di Natale di sangue. |
1,740 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi guidò l'impresa di Fiume | Nel 1922 sostiene apertamente dell'impresa nazionalistica di D'Annunzio a Fiume. |
1,741 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi guidò l'impresa di Fiume | Mimmo Franzinelli - Paolo Cavassini, Fiume. L'ultima impresa di d'Annunzio, Mondadori, 2009 |
1,742 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi guidò l'impresa di Fiume | Con Natale di sangue ci si riferisce agli scontri avvenuti a Fiume, che portarono alla conclusione dell'impresa di Fiume portata avanti da Gabriele D'Annunzio nel 1920. |
1,743 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi guidò l'impresa di Fiume | Franzinelli-Cavassini Fiume: l'ultima impresa di D'Annunzio, 2009. |
1,744 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi ha fondato il movimento nazionalista degli Ustascia | Ante Pavelić (Bradina, 14 luglio 1889 – Madrid, 28 dicembre 1959) è stato un politico croato, fondatore del movimento nazionalista degli Ustascia (ustaše = insorti) e Poglavnik (Guida) dell'autoproclamato "Stato indipendente di Croazia" (Nezavisna Država Hrvatska, NDH) dal 1941 al 1945. |
1,745 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi ha fondato il movimento nazionalista degli Ustascia | Pavelić si recò a Sofia per stabilire contatti con i terroristi macedoni del VMRO in ordine a complotti per rovesciare il regno. In seguito alla proclamazione della dittatura da parte di Alessandro I il 6 gennaio 1929, il giorno seguente proclamò la fondazione del movimento ustascia (che divenne operativa solo l'anno seguente) e fuggì all'estero. Venne giudicato in contumacia e condannato a morte. |
1,746 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi ideò il principio dell'autodeterminazione dei popoli | Alla Conferenza per la pace i rappresentanti dell'Italia (Vittorio Emanuele Orlando e il Ministro per gli affari esteri Sidney Sonnino) chiesero l'applicazione integrale del Patto di Londra, e, in aggiunta, l'annessione della città di Fiume. Tali richieste si rivelarono in controtendenza con i princìpi della Conferenza per la pace. A Parigi, infatti, le potenze vincitrici accolsero i principi di nazionalità e di autodeterminazione dei popoli, quest'ultimo propugnato dal presidente statunitense Wilson, che non aveva sottoscritto il Patto di Londra. Wilson, individuava quattordici punti per una pace equa tra le nazioni: tra essi la “rettifica delle frontiere italiane secondo linee di demarcazione chiaramente riconoscibili tra le due nazionalità” (punto 9); “un libero e sicuro accesso al mare alla Serbia”, e delle “garanzie internazionali dell'indipendenza politica ed economica e dell'integrità territoriale degli stati balcanici” (punto 11). |
1,747 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi ideò il principio dell'autodeterminazione dei popoli | Da questi trattati la cartina d'Europa uscì completamente ridefinita in base al principio della autodeterminazione dei popoli, concepito dal presidente degli Stati Uniti d'America Woodrow Wilson, nel tentativo, in seguito rivelatosi fallace, di riorganizzare su base etnica gli equilibri del continente europeo. Nel tentativo di creare, sulle ceneri degli imperi multietnici di Austria-Ungheria e Turchia, stati "etnicamente omogenei", vennero creati ex novo stati quali la Cecoslovacchia, la Jugoslavia, destinati ad alimentare nuove tensioni ed instabilità, oltre ad esodi e conflitti di popoli e nazioni. |
1,748 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi ideò il principio dell'autodeterminazione dei popoli | Il caso del Memelland costituì uno dei tanti casi in cui, contrariamente al principio di autodeterminazione dei popoli solennemente proclamato anche nei Quattordici Punti del presidente americano Wilson, si procedette a modifiche di confine senza la previa consultazione (mediante referendum) della popolazione locale. |
1,749 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi ideò il principio dell'autodeterminazione dei popoli | Il motivo essenziale che porta a giudicare negativamente le tesi di Wilson è l'autodeterminazione dei popoli in esso postulata: Steiner riconosceva in essa un'idea illusoria che al contrario della sua palese plausibilità avrebbe generato un'epoca di nazionalismo e razzismo. In una verità sociale plasmata sempre più da una moltitudine di appartenenze etniche e culturali, a quest'idea distruttiva Steiner vi opponeva "l'autodeterminazione dell'individuo". |
1,750 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi ispirò le leggi fascistissime | Tra il 1925 e il 1926 furono varate le leggi fascistissime, ispirate dal giurista Alfredo Rocco. La legge 26 novembre 1925, n. 2029, sanciva che i corpi collettivi operanti in Italia (associazioni, istituti ed enti) erano tenuti, su richiesta dell'autorità di pubblica sicurezza, a dichiarare statuti, atti costitutivi, regolamenti interni ed elenchi di soci e di dirigenti, pena, in caso di dichiarazione omessa o infedele, lo scioglimento del corpo medesimo, sanzioni detentive indeterminate e sanzioni pecuniarie da un minimo di 2.000 ad un massimo di 30.000 lire. In tal modo, il governo arrivò a disporre di una chiara mappa del tipo e del numero di associazioni non governative presenti. |
1,751 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi ispirò le leggi fascistissime | In virtù di queste premesse teoriche e operative, appoggiò Mussolini durante la crisi causata dal delitto Matteotti, al fine di incrementare il processo di riforma statuale avviato dal fascismo, che si sarebbe di lì a poco concretizzato nelle leggi fascistissime volute da Alfredo Rocco e, soprattutto, nella Legge n. 563 del 3 aprile 1926, che istituzionalizzò i sindacati, e nella redazione della Carta del Lavoro, il documento fondamentale della politica economica e sociale fascista. |
1,752 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi occupò il comune di Milano nel 1922 | Profittò perciò del coinvolgimento di Gabriele D'Annunzio nell'occupazione del Comune di Milano (3 agosto 1922), per sottintenderne la sua adesione al partito. A partire dalla primavera del 1922, e poi soprattutto dal luglio quando avvennero gravi crisi e rapide alternanze di governo, la politica parlamentare seguì le manovre dei popolari di Don Sturzo per un governo guidato da Vittorio Emanuele Orlando in coalizione con il Partito Socialista Italiano. |
1,753 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | A cosa era autorizzato il programma GARIOA | Dato che il programma GARIOA (Government Aid and Relief in Occupied Areas) era comunque consistito in una serie di aiuti prevalentemente alimentari, a sostegno dei soli Paesi sconfitti, caratterizzati da una certa disorganicità nonché pesantemente condizionati dalle contingenze post-belliche, i pianificatori del Dipartimento di Stato, a cominciare da William Clayton e da George F. Kennan, si preoccuparono innanzitutto di dare al nuovo piano un carattere quanto più omogeneo possibile. |
1,754 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | A cosa era autorizzato il programma GARIOA | Il Government and Relief in Occupied Areas (GARIOA) era un programma statunitense attivato nel 1946, dedicato a fornire aiuti di emergenza alle nazioni occupate durante seconda guerra mondiale, ossia Austria, Germania e Giappone. L'aiuto è stato prevalentemente assegnato sotto forma di cibo per alleviare la fame nelle aree occupate. |
1,755 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi proclamò la Reggenza Italiana del Carnaro | La reazione dei nazionalisti ed ex-combattenti italiani fu rabbiosa e, il 12 settembre 1919, una forza volontaria irregolare guidata dal poeta Gabriele D'Annunzio e composta da circa 2500 legionari, occupò la città in quella che sarebbe passata alla storia come l'impresa di Fiume, rivendicandone l'annessione all'Italia. D'Annunzio proclamò la Reggenza Italiana del Carnaro, uno Stato indipendente in attesa del congiungimento al Regno d'Italia. |
1,756 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi proclamò la Reggenza Italiana del Carnaro | Gli arditi parteciparono attivamente all'impresa fiumana sotto la guida dell'ispiratore del colpo di mano che portò alla presa di Fiume, Gabriele d'Annunzio. Una volta occupata la città, venne instaurata la "Reggenza del Carnaro" e D'Annunzio rivendicò apertamente l'italianità della città di Fiume. Venne promulgata, come carta costituzionale del nuovo Stato, la Carta del Carnaro. Tra i principali ispiratori del contenuto della Carta vi fu il sindacalista rivoluzionario Alceste De Ambris, anche lui con passato di Ardito. Il 25 dicembre 1920 (il cosiddetto Natale di Sangue) le truppe regolari dell'esercito italiano guidate dal generale Caviglia posero termine alla fugace esperienza della Repubblica del Carnaro dopo brevi scontri. Il Presidente del Consiglio Giolitti aveva ordinato l'operazione perché temeva i possibili risvolti internazionali negativi che sarebbero potuti scaturire dal prosieguo dell'impresa fiumana, nonché il fatto che il consolidarsi dello Stato dannunziano avrebbe potuto comportare gravi conseguenze per il regime liberale italiano. |
1,757 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi proclamò la Reggenza Italiana del Carnaro | Trasfigurato dall'amarezza per la cosiddetta "Vittoria mutilata" e da un senso di delusione e di ostilità verso gli ex alleati colpevoli del "tradimento" degli impegni, nonché di disprezzo verso i governanti italiani incapaci di ottenere il rispetto dei patti, il movimento irredentista caratterizzò l'occupazione da parte di Gabriele d'Annunzio di Fiume, città a maggioranza italiana ma la cui attribuzione all'Italia non era prevista nel Patto di Londra, disconosciuto dal presidente statunitense Wilson. Dopo l'arrivo di alcune navi da guerra italiane (3 novembre) e poi di un contingente di 13.000 uomini dell'Esercito (17 novembre), immediatamente seguito dall'invio di truppe francesi (28 novembre) e dalla proclamazione dell'inclusione di Fiume nella sfera d’occupazione dell’Armée d’Orient (10 dicembre), nonché di un battaglione di Fanteria U.S.A., vi furono agli scontri noti come "Vespri Fiumani" (29 giugno - 6 luglio 1919), la successiva richiesta francese del ritiro da Fiume dei Granatieri di Sardegna e la richiesta di aiuto rivolta dai Fiumani, tramite il Presidente del Consiglio Nazionale Fiumano, Antonio Grossich, al "poeta soldato" Gabriele d'Annunzio. Radunati i volontari (soprattutto membri del Corpo degli Arditi e della III Armata, entrambi sciolti dal Governo per la sintonia con la causa irredentista) a Ronchi di Monfalcone con Riccardo Gigante e Giovanni Giuriati, ivi d'Annunzio fu raggiunto dai Granatieri provenienti da Fiume, che si unirono ai Legionari e sollecitarono il ritorno in Città. L'ingresso dei dannunziani in Città avvenne, tramite quella che sarebbe stata chiamata "Via della santa Entrata" il 12 settembre 1919 e fu seguita dalla proclamazione dell'annessione all'Italia e poi, a fronte della reticenza di Roma, dalla costituzione della Reggenza italiana del Carnaro l'8 settembre 1920. Sottoscritto, il 12 novembre 1920, il trattato di Rapallo, tra Regno d'Italia e Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, e prevedendo il trattato la costituzione di Fiume in "Stato Libero", il nuovo capo del Governo, Giovanni Giolitti, ordinò al generale Enrico Caviglia di farla finita con d'Annunzio e la Reggenza del Carnaro. Il 24 dicembre il Regio Esercitò diede inizio alle ostilità e la corazzata "Andrea Doria" aprì il fuoco contro la Città; i combattimenti proseguirono fino al 29 dicembre, costando la vita, tra l'altro, a ventidue legionari, diciassette soldati italiani e cinque civili, prima della resa. L'abbandono della città da parte di d'Annunzio, il 2 febbraio 1921, rese possibile la trasformazione in Stato libero di Fiume, dapprima sotto il governo del capo del Partito Autonomista Fiumano, Riccardo Zanella, fino alla sua deposizione il 22 marzo 1922, e poi, dopo l’insurrezione nazionalista guidata dai dannunziani Francesco Giunta e Nino Host Venturi, sotto il governatorato del generale Gaetano Giardino, e infine annessa a seguito del trattato di Roma sottoscritto il 27 gennaio 1924. |
1,758 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi proclamò la Reggenza Italiana del Carnaro | Partecipò all'impresa di Fiume. Fu favorevole alla reggenza del Carnaro istituita da Gabriele D'Annunzio su Fiume, sull'impresa del celebre poeta scrisse nel 1929 La marcia di Ronchi e sempre in quell'anno ultimò Mussolini e il problema adriatico. Aderì al fascismo e successivamente scrisse Le giornate fiumane di Mussolini (Garzanti, 1937) e Fiume e il Carnaro (Hoepli, 1939). Fu Preside della Provincia del Carnaro. Aderì alla RSI e fu ultimo prefetto di Fiume italiana nel 1945Centro Studi Repubblica Sociale Italiana. |
1,759 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi proclamò la Reggenza Italiana del Carnaro | I negoziati si interruppero bruscamente quando, il 12 settembre 1919, una forza volontaria irregolare di nazionalisti ed ex-combattenti italiani composta da circa 2500 legionari, guidata dal famoso poeta Gabriele d'Annunzio, partita da Ronchi di Monfalcone (ora Ronchi dei Legionari in ricordo dell'impresa di Fiume), occupò la città chiedendo l'annessione all'Italia. Ai costanti rifiuti del governo italiano D'Annunzio si risolse a proclamare la Reggenza Italiana del Carnaro. |
1,760 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi proclamò la Reggenza Italiana del Carnaro | Osteggiato dal governo italiano, D'Annunzio tentò di resistere alle pressioni che gli giungevano dall'Italia. Nel frattempo, l'approvazione del Trattato di Rapallo, il 12 novembre 1920, trasformò Fiume in uno stato indipendente. D'Annunzio proclamò la Reggenza Italiana del Carnaro. Il 24 dicembre 1920 l'esercito italiano procedette con la forza allo sgombero dei legionari fiumani dalla città. |
1,761 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi proclamò la Reggenza Italiana del Carnaro | La situazione di stallo in cui si trovava la città di Fiume da ormai diversi mesi, e forse la rinuncia ufficiale dell'Ungheria a ogni diritto sull'antico possedimento, spinsero D'Annunzio a una nuova azione, la proclamazione di uno stato indipendente, la Reggenza Italiana del Carnaro, proclamata ufficialmente il 12 agosto 1920. |
1,762 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi proclamò la Reggenza Italiana del Carnaro | La medaglia commemorativa della spedizione di Fiume è una medaglia del Regno d'Italia, nacque come coniatura non ufficiale della Reggenza italiana del Carnaro, istituita da Gabriele d'Annunzio, con il nome di medaglia commemorativa della marcia di Ronchi, subito dopo l'occupazione di Fiume del 12 settembre 1919. |
1,763 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi proclamò la Reggenza Italiana del Carnaro | Nell'epoca dei nazionalismi il Quarnaro fu uno dei simboli della lotta irredentista italiana e slava: Gabriele d'Annunzio dedicò una poesia al Quarnaro, intitolata La canzone del Carnaro. D'Annunzio, proclamando l'8 settembre 1920 un'entità statuale autonoma nella città di Fiume, le dette il nome di Reggenza italiana del Carnaro. |
1,764 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi proclamò la Reggenza Italiana del Carnaro | La Reggenza italiana del Carnaro fu un'entità statuale autoproclamata dal poeta, militare e politico Gabriele D'Annunzio l'8 settembre 1920 nella città di Fiume, oggigiorno in Croazia, sulla base dell'impresa di Fiume, un'esperienza rivoluzionaria avvenuta il 12 settembre 1919. |
1,765 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi proclamò la Reggenza Italiana del Carnaro | Complice la diffusa situazione di incertezza sia in Italia (caduta del governo Nitti, maggio 1920) che all'estero, l'occupazione di Fiume proseguì per mesi e l'8 settembre 1920 D'Annunzio istituì la Reggenza Italiana del Carnaro proclamata ufficialmente il 12 agosto 1920. |
1,766 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi proclamò la Reggenza Italiana del Carnaro | La reazione alla fine fu rabbiosa ed una forza volontaria irregolare di nazionalisti ed ex-combattenti italiani composta da circa 2500 legionari, guidata dal poeta Gabriele d'Annunzio, partita da Ronchi di Monfalcone, nel settembre 1919 occupò la città in quella che sarebbe passata alla storia come l'impresa di Fiume, chiedendo l'annessione all'Italia. Ai costanti rifiuti del governo italiano D'Annunzio proclamò la Reggenza Italiana del Carnaro, uno stato indipendente in attesa del ricongiungimento alla madrepatria. |
1,767 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi proclamò la Reggenza Italiana del Carnaro | La reazione dei nazionalisti ed ex-combattenti italiani fu rabbiosa e, il 12 settembre 1919, una forza volontaria irregolare guidata dal poeta Gabriele d'Annunzio e composta da circa 2500 legionari, occupò la città in quella che sarebbe passata alla storia come l'impresa di Fiume, rivendicandone l'annessione all'Italia. D'Annunzio proclamò la Reggenza Italiana del Carnaro, uno stato indipendente in attesa del congiungimento al Regno d'Italia. |
1,768 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi proclamò la Reggenza Italiana del Carnaro | 12 settembre 1919 - 25 dicembre 1920 - D'Annunzio occupa Fiume partendo con 7.000 volontari da Ronchi, instaurando la Reggenza italiana del Carnaro. |
1,769 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi proclamò via radio lo sciopero generale insurrezionale di Milano nel 1945 | Il 29 marzo del 1945 costituì, con Leo Valiani per il Partito d'Azione ed Emilio Sereni per il PCI (supplente di Luigi Longo), un comitato militare insurrezionale in seno al CLNAI con lo scopo di preparare l'insurrezione di Milano e l'occupazione della città. Il 25 aprile 1945 fu lo stesso Pertini a proclamare alla radio lo sciopero generale insurrezionale della città: |
1,770 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi proclamò via radio lo sciopero generale insurrezionale di Milano nel 1945 | Nel frattempo, mentre si moltiplicano gli scontri a fuoco fra insorti e forze repubblicane e tedesche, lo stesso 25 aprile Sandro Pertini proclamava alla radioCESP - Audio Audio dell'annuncio radiofonico. lo sciopero generale insurrezionale della città di Milano. |
1,771 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi proclamò via radio lo sciopero generale insurrezionale di Milano nel 1945 | Pertini proclama lo sciopero generale a Milano 25 aprile 1945.ogg |
1,772 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi proclamò via radio lo sciopero generale insurrezionale di Milano nel 1945 | Il 29 marzo del 1945 costituì, con Leo Valiani per il Partito d'Azione ed Emilio Sereni per il PCI (supplente di Luigi Longo), un comitato militare insurrezionale in seno al CLNAI con lo scopo di preparare l'insurrezione di Milano e l'occupazione della città. Il 25 aprile 1945 fu lo stesso Pertini a proclamare alla radioCESP - Audio Audio dell'annuncio radiofonico lo sciopero generale insurrezionale della città: |
1,773 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi ricevette l'incarico di formare il primo Governo della Repubblica Italiana | Sempre ai sensi dell'art. 2, D.L.Lgt. n. 98/1946, il Governo presentò le proprie dimissioni nelle mani del nuovo Capo Provvisorio dello Stato che, successivamente conferì a De Gasperi l'incarico di formare il primo Governo della Repubblica Italiana. |
1,774 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi, secondo Salvemini, appoggiò lo squadrismo | Anni dopo, Gaetano Salvemini, pur riconoscendo qualche giustificazione alle primissime azioni squadriste del 1919 e dei primi mesi del 1920, evidenziò che l'attività degli squadristi successiva al biennio rosso non era più interpretabile come una reazione legittima a precedenti violenze "bolsceviche" (benché tale fosse quasi sempre il pretesto addotto dagli squadristi). Infatti, secondo Salvemini, dopo la fine del biennio rosso lo squadrismo ebbe il carattere di un'offensiva antisindacale violenta e indiscriminata, che fu diretta contro tutte le organizzazioni operaie (non solo socialiste, comuniste o anarchiche, ma anche cattoliche e repubblicane); offensiva che si esercitò fuori dalla legalità, e che, secondo Salvemini, risultò vittoriosa non in virtù del sedicente "eroismo" degli squadristi, bensì in virtù dell'appoggio economico da parte degli industriali e dei proprietari terrieri, nonché in virtù del sostegno, più o meno palese, da parte delle autorità militari, della polizia e della magistratura: |
1,775 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi si affrontò nella seconda battaglia di El Alamein | L'Ottava Armata era ormai esausta e per il 31 luglio Auchinleck ordinò la fine dell'offensiva e il rafforzamento delle difese per contrastare una massiccia controffensiva, che riteneva ormai imminente. La battaglia finì in stallo, ma fu decisiva per fermare l'avanzata dell'Asse verso Alessandria d'Egitto. Un secondo tentativo di sfondare le linee Alleate venne sventato dalle forze del Commonwealth nella Battaglia di Alam Halfa in agosto, e in ottobre, l'8ª Armata britannica, con il nuovo comandante Bernard Montgomery, riportò una netta vittoria contro le forze dell'Asse nella Seconda battaglia di El Alamein. |
1,776 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi si affrontò nella seconda battaglia di El Alamein | La seconda battaglia di El Alamein (o terza battaglia di El Alamein per quegli autori che chiamano la battaglia di Alam Halfa seconda battaglia di El Alamein) venne combattuta tra il 23 ottobre e il 3 novembre 1942 durante la campagna del Nordafrica della seconda guerra mondiale. Lo scontro vide fronteggiarsi le forze dell'Asse dell'Armata corazzata italo-tedesca comandate dal feldmaresciallo Erwin Rommel, e l'Ottava armata britannica del generale Bernard Law Montgomery. |
1,777 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi si affrontò nella seconda battaglia di El Alamein | La prima battaglia di El Alamein ebbe luogo tra il 1º luglio e il 27 luglio 1942. Le truppe dell'Asse avanzarono fino all'ultimo punto difendibile prima di Alessandria d'Egitto e del Canale di Suez, ma rimasero a corto di rifornimenti e i britannici ebbero modo di allestire una solida linea difensiva. La seconda battaglia di El Alamein avvenne tra il 23 ottobre e il 3 novembre 1942 dopo che il generale Bernard Montgomery sostituì Claude Auchinleck come comandante dell'Ottava Armata. Le forze del Commonwealth lanciarono l'offensiva e nonostante la disperata resistenza delle divisioni italiane (tra le quali ricordiamo la "Folgore" e l'"Ariete") e tedesche sfondarono il fronte facendo migliaia e migliaia di prigionieri. Rommel venne respinto indietro, e questa volta non si fermò fino a che non giunse in Tunisia. |
1,778 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi si affrontò nella seconda battaglia di El Alamein | In Nordafrica i britannici sconfissero i tedeschi nella Seconda battaglia di El Alamein, contrastando i piani di Hitler di occupare il Canale di Suez e il Medio Oriente. A proposito della certezza della vittoria bellica da parte del dittatore e dei suoi fedeli, Hitler dichiarò testualmente in presenza dei suoi generali: |
1,779 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi si affrontò nella seconda battaglia di El Alamein | A partire dall'autunno del 1942 l'andamento della seconda guerra mondiale nel teatro del Mediterraneo aveva subito una svolta irreversibile a favore delle potenze alleate. Mentre i britannici del generale Bernard Law Montgomery concludevano vittoriosamente il 4 novembre 1942 la dura seconda battaglia di El Alamein e costringevano le residue forze italo-tedesche del feldmaresciallo Erwin Rommel a una estenuante ritirata lungo l'intera costa libica, un imponente corpo di spedizione anglo-americano al comando del generale Dwight Eisenhower effettuò con pieno successo a partire dall'8 novembre 1942 l'operazione Torch, cioè lo sbarco in Marocco e Algeria. |
1,780 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi si indicava con l'espressione "ragazzi del '99" | Durante la prima guerra mondiale, ragazzi del '99 era la denominazione data ai coscritti negli elenchi di leva che nel 1917 compivano diciotto anni e che pertanto potevano essere impiegati sul campo di battaglia. |
1,781 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi si indicava con l'espressione "ragazzi del '99" | Furono precettati quando non avevano ancora compiuto diciotto anni. I primi contingenti, 80.000 circa, furono chiamati nei primi quattro mesi del 1917, e frettolosamente istruiti, vennero inquadrati in battaglioni di Milizia Territoriale. Alla fine di maggio furono chiamati altri 180.000 ed altri ancora, ma in minor numero, nel mese di luglio. Ma i primi ragazzi del '99 furono inviati al fronte solo nel novembre del 1917, nei giorni successivi alla battaglia di Caporetto. Il loro apporto, unito all'esperienza dei veterani, si dimostrò fondamentale per la vittoria finale. |
1,782 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi si indicava con l'espressione "ragazzi del '99" | Le giovanissime reclute appena diciottenni del '99 sono da ricordare in quanto nella prima guerra mondiale, dopo la disfatta di Caporetto (24 ottobre 1917), in un momento di gravissima crisi per il Paese e per il Regio Esercito, rinsaldarono le file sul Piave, del Grappa e del Montello, permettendo all'Italia la riscossa nel '18 a un anno esatto da Caporetto con la battaglia di Vittorio Veneto e quindi la firma dell'armistizio di Villa Giusti da parte dell'Impero austro-ungarico. A partire dal primo dopoguerra, il termine "ragazzi del '99" si radicò ampiamente nella storiografia e nella pubblicistica italiana da entrare nell'uso comune per riferirsi a tutti i militari nati nel 1899. |
1,783 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi si indicava con l'espressione "ragazzi del '99" | La severa disciplina di Cadorna, i lunghi mesi in trincea e il disastro di Caporetto avevano fiaccato l'esercito. Per i militari più religiosi furono anche determinanti le parole di papa Benedetto XV sull'”inutile strage”. Diaz, per fronteggiare questi problemi e per raggiungere la vittoria, cambiò completamente strategia. Innanzitutto alleggerì la disciplina ferrea. Secondariamente, essendo il nuovo fronte meglio difendibile di quello lungo l'Isonzo, puntò ad azioni mirate alla difesa del territorio nazionale, piuttosto che a sterili ma sanguinosi contrattacchi. Ciò il compattamento delle truppe e della nazione, presupposto per la vittoria finale. Già nel 1917 furono chiamata alle armi la classe dei nati nel 1899 (i cosiddetti “Ragazzi del '99”). |
1,784 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi si indicava con l'espressione "ragazzi del '99" | La nuova linea difensiva italiana si attestò lungo la sponda meridionale del Piave, dalla foce sul mare Adriatico fino al massiccio del monte Grappa a ovest, da dove si ricollegava poi al vecchio fronte sull'altopiano di Asiago e nel Trentino meridionale. Il nuovo fronte era più corto di circa 170 chilometri, un fatto che aiutava gli italiani: Diaz poteva schierare solo 33 divisioni intatte e pronte al combattimento, circa metà di quelle disponibili prima di Caporetto. Per rimpinguare i ranghi si ricorse alla mobilitazione dei diciottenni della classe 1899 (i cosiddetti "Ragazzi del '99") e per il febbraio 1918 altre 25 divisioni erano state ricostituite. Entro l'8 dicembre 1917 sei divisioni francesi e cinque britanniche con artiglieria e unità di supporto (in tutto circa 130.000 francesi e 110.000 britannici) erano affluite in Italia e, sebbene non entrate subito in azione, funsero da riserva strategica permettendo al Regio Esercito di concentrare le proprie truppe in prima linea. I tedeschi, al contrario, trasferirono ad occidente metà dei propri cannoni già a novembre e poi il grosso delle proprie truppe ai primi di dicembre, lasciando soli gli austro-ungarici. |
1,785 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi si indicava con l'espressione "ragazzi del '99" | Tutti i principali Stati europei basavano i loro sistemi militari sulla coscrizione militare obbligatoria della popolazione maschile, generalmente partendo dalle classi di ventenni ma estendendola poi, con l'aumentare delle perdite, anche alle classi più giovani (l'Italia ad esempio mobilitò nel 1917 i diciottenni, i cosiddetti "ragazzi del '99"). L'eccezione più rilevante era costituita dall'Impero britannico, che invece si affidava a un esercito interamente di volontari; esaurito l'entusiasmo iniziale e aumentate le perdite, anche i britannici dovettero ricorrere alla coscrizione obbligatoria: nel Regno Unito la leva fu introdotta nel gennaio del 1916 per gli scapoli e nel giugno seguente per il resto della popolazione maschile, mentre il Canada la introdusse nel 1917. Due tentativi di introdurre la coscrizione in Australia furono entrambi respinti da referendum popolari, anche se i tassi di reclutamento volontario rimasero alti per tutta la durata del conflitto. |
1,786 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi si indicava con l'espressione "ragazzi del '99" | Diaz dedicò molti sforzi a ricostruire le forze italiane, ricorrendo ai diciottenni della leva del 1899 (i cosiddetti "ragazzi del '99") per rimpinguare i ranghi. Dopo un lungo periodo di stasi e riorganizzazione, il 15 giugno 1918 i reparti austro-ungarici tentarono un'offensiva risolutiva attaccando sia a ovest il massiccio del monte Grappa che al centro la linea italiana sul Piave, dando avvio alla battaglia del Solstizio: le truppe italiane ressero all'urto, e per il 22 giugno l'azione si concluse con la ritirata delle forze austro-ungariche. Diaz continuò con la sua paziente opera di riorganizzazione e rafforzamento dei reparti italiani, ricevendo anche il sostegno di un nucleo di divisioni francesi e britanniche; il 24 ottobre 1918, infine, le forze degli Alleati lanciarono la loro offensiva risolutiva: l'attacco italiano nel settore del Monte Grappa fu inizialmente bloccato dalla dura resistenza degli austro-ungarici, ma al centro i reparti italiani, britannici e francesi stabilirono una serie di teste di ponte sulla riva settentrionale del Piave, che furono a mano a mano allargate. Il 30 ottobre i reparti italiani entrarono a Vittorio Veneto, punto di giunzione delle armate austro-ungariche schierate sul Piave, mentre Borojević ordinava una ritirata generale lungo tutto il fronte: stremate dalla scarsità di viveri ed equipaggiamenti e in preda a forti divisioni dettate dalle istanze nazionaliste delle varie etnie contro le autorità centrali, le forze austro-ungariche si disgregarono lasciando migliaia di prigionieri in mano agli Alleati avanzati. Il 3 novembre 1918, mentre reparti italiani entravano a Trento e sbarcavano a Trieste, i delegati dell'Austria-Ungheria firmarono l'armistizio di Villa Giusti, conclusivo delle ostilità sul fronte italiano. |
1,787 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi si indicava con l'espressione "ragazzi del '99" | Ragazzi del '99 - denominazione data ai coscritti negli elenchi di leva che nel 1917 compivano diciotto anni (nati quindi nel 1899) e che pertanto potevano essere impiegati sul campo di battaglia |
1,788 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi sono stati i primi due presidenti della Repubblica Italiana | Il PLI non svolse mai un ruolo fondamentale nel panorama politico italiano, a causa di un modesto consenso elettorale; tuttavia esercitò sempre un notevole prestigio intellettuale ed espresse i primi due Presidenti della Repubblica Italiana: Enrico De Nicola e Luigi Einaudi. |
1,789 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi sostituì De Bono come Maresciallo d'Italia in Etiopia | Il 30 novembre 1935, Badoglio fu inviato a Massaua quale comandante del corpo di spedizione in Etiopia, in sostituzione del generale Emilio De Bono. Quest'ultimo aveva aperto le ostilità con l'Impero etiopico il 3 ottobre precedente, con l'occupazione di Adigrat, Adua, Axum e Macallè, ma stava procedendo troppo lentamente per i canoni del regime fascista. Badoglio non trovò una situazione particolarmente favorevole. Gli Italiani, infatti, si erano spinti circa cento chilometri avanti e gli abissini, riorganizzatisi, avevano ripreso l'iniziativa da entrambi i lati, con l'intenzione di tagliare in due l'offensiva italiana. |
1,790 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi sostituì De Bono come Maresciallo d'Italia in Etiopia | Il 2 ottobre del 1935, poi Mussolini dichiarò guerra all'Etiopia (Guerra d'Etiopia) e il giorno successivo iniziarono le operazioni, con un doppio attacco italiano proveniente sia dalle basi eritree, sotto il comando di De Bono, che da quelle somale, sotto al guida di Graziani. Contemporaneamente la Società delle Nazioni decise di sanzionare l'Italia per aver attaccato uno Stato membro, con pesanti ripercussioni sull'economia italiana. In poco tempo gli italiani avanzarono e sconfissero ripetutamente le truppe abissine. A novembre Pietro Badoglio sostituì De Bono e il 7 maggio 1936 l'Etiopia venne sconfitta ed entrò a fare parte del Regno d'Italia, divenuto Impero. Vittorio Emanuele III assunse infatti il titolo di “Imperatore d'Etiopia”. |
1,791 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi sostituì De Bono come Maresciallo d'Italia in Etiopia | Dal 15 gennaio 1935 venne nominato Emilio De Bono, che mantenne la carica fino al 27 novembre dello stesso anno: a lui viene sostituito Pietro Badoglio. Con la dichiarazione della nascita dell'Impero il 9 maggio del 1936, Badoglio diviene il primo Viceré d'Etiopia e Duca di Addis Abeba, fino a quando, nel giugno, viene designato Rodolfo Graziani. Il 21 dicembre 1937 gli succede Amedeo di Savoia, duca di Aosta, che siede sul trono dell'Etiopia fino alla definitiva perdita dei territori nel 1941. Lo seguono brevemente Pietro Gazzera (dal 23 maggio al 6 luglio) e Guglielmo Nasi (fino al 27 novembre 1941). |
1,792 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi sostituì De Bono come Maresciallo d'Italia in Etiopia | Il 16 novembre, De Bono venne promosso Maresciallo d'Italia ma cercò di proseguire la sua tattica di avanzata prudente, ben sapendo che tutto il fronte ora si trovava in pericolo. L’ala sinistra era troppo sbilanciata verso l’esterno e quasi isolata. I rifornimenti, che dalla base di Senafè raggiungevano Adigrat dopo 80 chilometri di piste, ora dovevano superarne altri 120 per arrivare fino al II Corpo sul Tacazzè. In più, se gli Etiopici avessero attaccato in forze, avrebbero potuto sfondare, piombare su Macallè con tutti i suoi depositi, distruggerli ed accerchiare l’armata italiana. Per queste ragioni, ricevuto l'ordine d'occupare l'Amba Alagi, obiettivo indifendibile ma legato alla memoria dell'eroica resistenza sostenutavi da Pietro Toselli nel 1895, De Bono telegrafò a Mussolini muovendo parecchie obiezioni; ciò determinò, il 17 dicembre, la sua sostituzione con Pietro Badoglio, con il Telegramma di Stato n.13181, nel quale si ribadiva che con la conquista di Macallé cinque settimane prima la sua missione poteva dirsi conclusa e pertanto veniva nominato Ispettore delle Truppe Oltremare. |
1,793 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi sostituì De Bono come Maresciallo d'Italia in Etiopia | 1935 – L'Italia invade l'Etiopia con le truppe guidate dal generale de Bono (sostituito l'11 novembre da Pietro Badoglio) |
1,794 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi sostituì De Bono come Maresciallo d'Italia in Etiopia | Il comandante superiore fu il generale Emilio De Bono (3 ottobre - 14 novembre 1935), poi sostituito dal Maresciallo d'Italia Pietro Badoglio (dal 15 novembre 1935). Le truppe Italiane in Etiopia, nell'aprile 1936 erano così composte: |
1,795 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi sostituì De Bono come Maresciallo d'Italia in Etiopia | Il 3 ottobre 1935, il generale Emilio De Bono avanzò nell'Etiopia dall'Eritrea senza che fosse stata emanata una dichiarazione di guerra. De Bono poteva disporre approssimativamente di una forza pari a 100.000 soldati italiani e 25.000 ascari. Nel dicembre di quell'anno, dopo un breve periodo di inattività, De Bono venne rimpiazzato da Pietro Badoglio alla guida delle truppe. |
1,796 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi sostituì De Bono come Maresciallo d'Italia in Etiopia | Il 3 ottobre 1935, il generale Emilio De Bono era avanzato in Etiopia dall'Eritrea senza che fosse stata firmata alcuna dichiarazione di guerra, alla guida di circa 100.000 soldati italiani e 25.000 ascari eritrei verso la capitale etiope di Addis Abeba. Nel dicembre di quello stesso anno, dopo un breve periodo di inattività, De Bono venne rimpiazzato da Badoglio. |
1,797 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi sostituì De Bono come Maresciallo d'Italia in Etiopia | Il 2 ottobre del 1935, poi Mussolini dichiarò guerra all'Etiopia (Guerra d'Etiopia) e il giorno successivo iniziarono le operazioni, con un doppio attacco italiano proveniente sia dalle basi eritree, sotto il comando di De Bono, che da quelle somale, sotto al guida di Graziani. Contemporaneamente la Società delle Nazioni decise di sanzionare l'Italia per aver attaccato uno Stato membro, con pesanti ripercussioni sull'economia italianaDa “Tesi on-line. In poco tempo gli italiani avanzarono e sconfissero ripetutamente le truppe abissine. A novembre Pietro Badoglio sostituì De Bono e il 7 maggio 1936 l'Etiopia venne sconfitta ed entrò a fare parte del Regno d'Italia, divenuto Impero. Vittorio Emanuele III assunse infatti il titolo di “Imperatore d'Etiopia”. |
1,798 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi sparò a Togliatti | In Italia dopo la seconda guerra mondiale alcune organizzazioni di anticomunisti liberali e cattolici avevano conservato un arsenale per opporsi ad un'eventuale sollevazione armata del PCI. Difatti secondo un'informativa senza fontedel governo di Alcide De Gasperi dal 1º gennaio 1947 al 30 aprile 1948 in diversi conventi furono recuperati 974.200 chili di esplosivi, 30.896 bombe a mano, 11.473 bombe da mortaio, 11.270 fucili, 5.944 pistole, 1.876 mitra, 189 cannoni o mortai. Il 14 luglio 1948 a Roma, l'attivista di estrema destra Antonio Pallante sparò al segretario del PCI Palmiro Togliatti il quale, dopo un intervento chirurgico, sopravvisse. I servizi segreti italiani sostenuti dalla Central Intelligence Agency organizzarono il piano Demagnetize attivo anche in Francia con denominazione Cloven. Altra organizzazione anticomunista ed eversiva fu quella nota come P2 che aveva per programma il piano di rinascita democratica. Grandi oppositori italiani del comunismo negli anni cinquanta furono i movimenti cattolici incentivati da Papa Pacelli a capo dei quali vi furono Luigi Gedda e Monsignor Lombardi. Nel 2008 il deputato Luca Volontè ha presentato una proposta di legge contro la propaganda di violenza ispirata al totalitarismo comunista. |
1,799 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi stipulò il Patto di Londra | Il Patto di Londra (o Trattato di Londra) del 26 aprile 1915 fu un trattato segreto stipulato dal governo italiano con i rappresentanti della Triplice Intesa in cui l'Italia si impegnò a scendere in guerra contro gli Imperi Centrali nella prima guerra mondiale in cambio di cospicui compensi territoriali. |
1,800 | Storia italiana della prima metà del XX secolo | Chi stipulò il Patto di Londra | I primi tre articoli del Patto di Londra ne evidenziano la natura di patto militare. Venne infatti stabilito che gli Stati Maggiori Generali di Francia, Regno Unito, Italia e Russia avrebbero concluso "immediatamente" una convenzione militare per fissare da un lato il minimo delle forze armate che la Russia avrebbe dovuto impiegare sul fronte austriaco (per alleggerire il fronte italiano) e regolare in futuro la questione degli armistizi. |
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