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301
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa fu il Gran Consiglio del Fascismo
Il Gran consiglio del fascismo fu un organo del Partito Nazionale Fascista e, in seguito, un organo costituzionale del Regno d'Italia. Le sue sedute, che erano a porte chiuse, si tenevano solitamente a palazzo Venezia, Roma, sede dal giugno 1923 della Presidenza del Consiglio dei ministri.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa fu il Gran Consiglio del Fascismo
Il Gran consiglio del fascismo fu poi istituito in maniera informale l'11 gennaio 1923 con un annuncio di Mussolini su Il Popolo d'Italia, quale organo supremo del Partito Nazionale Fascista, e tenne la sua prima seduta il 12 gennaio 1923.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa fu la mozione Grandi
L'ordine del giorno Grandi - talvolta indicato come mozione Grandi - fu uno dei tre ordini del giorno (O.d.G.) presentati alla seduta segreta del Gran Consiglio del Fascismo convocata per sabato 24 luglio 1943, di fatto anche l'ultima.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa fu la mozione Grandi
La minaccia dell'invasione del territorio nazionale, la convinzione dell'inevitabilità della sconfitta, l'incapacità di Mussolini di «sganciarsi dalla Germania», insieme alla consapevolezza che la sua presenza impediva ogni trattativa con gli Alleati, determinarono la caduta del suo governo: nella notte tra il 24 ed il 25 luglio il Gran Consiglio del Fascismo approvò una mozione di sfiducia contro il primo ministro, denominata ordine del giorno Grandi, dal nome del suo promotore Dino Grandi. L'indomani il re Vittorio Emanuele III fece mettere agli arresti Mussolini e lo sostituì al governo con il maresciallo Pietro Badoglio. Di fronte al colpo di Stato, i fascisti rimasero inerti e l'esercito poté occupare senza incontrare resistenze sia palazzo Wedekind che palazzo Braschi, rispettivamente sedi del partito e della federazione romana. In mancanza di ordini da parte del generale Enzo Emilio Galbiati (che pure aveva votato contro la destituzione di Mussolini), non si mosse nemmeno la milizia fascista, sebbene potesse contare sulla 1ª Divisione corazzata "M", costituita da elementi fedeli al regime, che era dislocata a nord del Lago di Bracciano.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa fu l'operazione Husky
Lo sbarco in Sicilia (nome in codice operazione Husky) fu un'operazione militare, avvenuta durante la seconda guerra mondiale, messa in atto dagli Alleati. Fu la prima operazione delle truppe alleate sul suolo italiano durante il conflitto; e costituì l'inizio della campagna d'Italia.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa fu l'operazione Husky
L'operazione Husky costituì una delle più grandi operazione anfibie della seconda guerra mondiale. Le grandi unità impegnate appartenevano alla 7ª armata statunitense, al comando del generale George S. Patton, e l'8ª Armata britannica, al comando del generale Bernard Law Montgomery, riunite nel 15º Gruppo di Armate, sotto la responsabilità del generale britannico Harold Alexander.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa fu l'operazione Husky
Il piano definitivo di Husky prevedeva l'impiego di sette divisioni, quattro britanniche e tre statunitensi, che sarebbero sbarcate nella Sicilia sudorientale, in ventisei punti lungo centocinquanta chilometri di costa. Le truppe sarebbero state precedute da alcune unità di due divisioni aviotrasportate, un'innovazione che costringeva gli Alleati ad attaccare durante il secondo quarto di luna di luglio, quando il chiarore sarebbe stato sufficiente per permettere ai paracadutisti di vedere ma non ai nemici di scorgere le navi in avvicinamento. Nell'invasione sarebbero state utilizzate in tutto tredici divisioni.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa fu l'operazione Husky
Il corpo di spedizione alleato forte di circa 160.000 uomini era articolato sulla 7ª Armata statunitense del generale Patton e sulla 8ª Armata di Montgomery, inquadrate nel 15° gruppo d'armate sotto il comando di sir Harold Alexander. Le due armate secondo i piani operativi, dopo aver rastrellato le loro zone di sbarco avrebbero dovuto stringere in una morsa le forze nemiche impedendone l'attraversamento dello Stretto. I piani di Husky prevedevano quindi lo sbarco di 67 battaglioni di fanteria, con circa 800 uomini ciascuno, distribuiti in 26 punti del litorale siciliano per una lunghezza di 170 chilometri.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa fu l'operazione Husky
In un giorno 3.000 mezzi da sbarco riversarono sulle coste siciliane più di 150.000 uomini. A presidiare l'isola c'era la VI armata italiana, rafforzata da un contingente tedesco - una divisione corazzata e una di paracadutisti - a cui Hitler aveva ordinato di combattere in autonomia dall'alleato. Alle pendici dell'Etna Montgomery incontrò più resistenza del previsto nel suo cammino verso Messina, mentre Patton avanzava celermente verso le coste settentrionali dell'isola. Sul piano militare l'operazione Husky non fu un successo: quando più di un mese dopo gli Alleati entrarono a Messina, la maggior parte dei contingenti dell'Asse avevano già attraversato indisturbati lo stretto. La conquista della Sicilia costò agli Alleati circa 22.000 uomini: per gli USA 2.237 morti e 6.544 tra feriti e dispersi; gli inglesi ebbero 2.721 morti e 10.122 tra feriti e dispersi; le perdite canadesi ammontarono invece a 2.410, di cui 562 morti e 1.848 tra feriti e dispersi. Di tutt'altra portata furono invece le conseguenze politiche di un'invasione che darà l'ultimo scossone a un regime da tempo in bilico.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa fu l'operazione Husky
L'operazione Husky, il nome in codice alleato per designare l'invasione della Sicilia, ebbe inizio il 9 luglio 1943, preceduta nel mese di giugno dall'occupazione delle isole di Lampedusa, Linosa, Lampione e Pantelleria, la quale cadde il 12 giugno, dopo avere subito intensi bombardamenti da parte della Royal Air Force (che aveva perso quarantacinque aerei abbattuti dalla contraerea italiana), e venne occupata da reparti di una divisione britannica senza incontrare resistenza.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa fu l'operazione Husky
La campagna d'Italia iniziò l'11 giugno 1943 con l'attacco degli Alleati all'isola di Pantelleria, noto agli Alleati col nome in codice di operazione Corkscrew. Il 10 luglio iniziò lo sbarco in Sicilia (operazione Husky) della VII armata americana comandata dal generale George Patton, nel golfo di Gela, e dell'VIII armata britannica di Bernard Law Montgomery, a Siracusa, per un totale di oltre 150.000 uomini, trasportati da circa 3000 mezzi da sbarco. La conquista della Sicilia costò agli Alleati circa 22.000 uominidato da verificare. Il 19 luglio seguì il massiccio bombardamento di Roma, che provocò circa 2000 vittime.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa fu l'operazione Husky
Durante la seconda guerra mondiale, e precisamente nel 1942, si sta per decidere come organizzare lo sbarco in Sicilia, l' operazione Husky. Purtroppo uno degli ideatori del piano è stato catturato ed esiste il rischio che parli.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa fu l'operazione Husky
Nel Mediterraneo la nave supportò lo sbarco in Sicilia, l'Operazione Husky, e accompagnò il Primo ministro Winston Churchill nel suo viaggio di ritorno in patria dalla Conferenza di Teheran.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa fu l'operazione Husky
L'operazione Corkscrew (in italiano "cavatappi") fu il nome in codice utilizzato dagli Alleati per indicare le azioni preliminari, compiute dalle forze inglesi nell'ambito della più vasta operazione Husky, che avrebbero permesso all'esercito alleato la conquista delle isole di Pantelleria, Lampedusa, Linosa e Lampione da usare in seguito come punti d'appoggio avanzati in occasione delle operazioni di sbarco in Sicilia. L'operazione ebbe inizio il 9 maggio 1943 con un violento bombardamento alleato sull'isola di Pantelleria, la più fortificata e presidiata delle quattro .
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa fu l'operazione Husky
Nel 1941 arruolatosi volontario nei Darby’s Rangers (U.S. Army Ranger), partì per il fronte e venne inviato prima in Tunisia, dove fu ferito. Ristabilitosi, seguì i Rangers nello sbarco in Sicilia, durante l'Operazione Husky, venendo nuovamente ferito.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
A quale paese venne assegnata Fiume nel patto di Londra
Nel 1915 con il Patto di Londra le potenze dell'Intesa avevano promesso all'Italia in caso di vittoria il Trentino, il Tirolo fino al passo del Brennero (attuale Alto Adige), l'intera Venezia Giulia fino alle Alpi Giulie col confine includente le cittadine di Castua, Mattugliee Volosca e le Isole del Carnaro (Cherso e Lussino, ma non Veglia e Arbe) ma con l'esclusione di Fiume, la Dalmazia settentrionale nei suoi confini amministrativi fino al porto di Sebenico incluso, con tutte le isole prospicienti, il porto di Valona in Albania, l'isolotto di Saseno di fronte alle coste albanesi, e diritto di chiedere aggiustamenti dei confini coloniali con i possedimenti francesi e britannici in Africa. Inoltre si prevedeva, in caso di smembramento dell'Impero ottomano, il bacino carbonifero di Adalia in Anatolia meridionale, il protettorato sull'Albania e la neutralizzazione di tutti i porti dalmati che fossero stati assegnati ai croati, ai serbi o ai montenegrini. La città di Fiume, invece, veniva espressamente assegnata quale principale sbocco marittimo di un eventuale futuro stato croato o dell'Ungheria, se la Croazia avesse continuato ad essere un banato dello stato magiaro o della Duplice Monarchia.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
A quale paese venne assegnata Fiume nel patto di Londra
Alla conferenza di pace di Parigi, la delegazione italiana capitanata da Orlando impugnò il patto di Londra del 1915 e domandò, oltre alla sua integrale applicazione, anche la concessione della città di Fiume, in virtù della maggioranza etnica italiana e del proclama del 30 ottobre. La città però, in base al patto, era stata espressamente assegnata quale principale sbocco marittimo a un eventuale Stato croato o ungherese: gli Alleati negarono fin dall'inizio le richieste dell'Italia, i cui dirigenti peraltro erano divisi su come agire. Se Orlando, amareggiato, abbandonò per protesta la conferenza di pace, il nuovo presidente del consiglio Francesco Saverio Nitti ribadì la posizione italiana e nel contempo iniziò delle trattative dirette col nuovo Regno dei Serbi, Croati e Sloveni.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
A quale paese venne assegnata Fiume nel patto di Londra
Nel 1915 l'Italia entrò nella Grande Guerra a fianco della Triplice Intesa, in base ai termini del Patto di Londra, che le assicuravano il possesso dell'intera Venezia Giulia e della Dalmazia settentrionale - incluse molte isole. La città di Fiume, invece, veniva espressamente assegnata quale principale sbocco marittimo di un eventuale futuro stato croato o del Regno d'Ungheria, se la Croazia avesse continuato ad essere un banato dello stato magiaro o della Duplice Monarchia.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
A quale paese venne assegnata Fiume nel patto di Londra
Due mesi dopo l'inizio delle agitazioni socialiste, Gabriele D'Annunzio provocava l'ammutinamento di 2.500 soldati del Regio Esercito e li portò a marciare sulla città quarnerina di Fiume, che le potenze alleate occupavano. Fiume, infatti, pur avendo nella maggioranza della popolazione espresso sentimenti di italianità, non era compresa negli Accordi di Londra del 1915 e pertanto sarebbe dovuta essere assegnata al nuovo regno Serbo-Croato-Sloveno creato dagli Alleati nel Balcani. Contemporaneamente nelle città dalmate che venivano rifiutate all'Italia (Zara e Sebenico) le popolazioni italofone si organizzavano e iniziavano ad accumulare armi. Zara veniva anche liberata dallo sbarco di un contingente di italiani, che sostanzialmente si poneva in sintonia con D'Annunzio, sebbene ufficialmente non fosse ammutinato.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
A quale paese venne assegnata Fiume nel patto di Londra
Con la fine della prima guerra mondiale, essendo l'Italia risultata anch'essa vittoriosa nel conflitto, alla Conferenza di pace richiese che venisse applicato alla lettera il patto di Londra, la cui applicazione integrale avrebbe consentito all'Italia di ottenere buona parte della Dalmazia con le isole adiacenti ., aumentando le richieste con la concessione anche della città di Fiume a motivo della prevalenza numerica dell'etnia italiana nel capoluogo quarnerinoLa città però, in base al patto, veniva espressamente assegnata quale principale sbocco marittimo di un eventuale futuro stato croato o ungherese.. I contrasti con Wilson furono netti; il presidente statunitense non era disponibile ad applicare alla lettera il patto di Londra e non era disponibile ad accettare le richieste di Roma a spese degli slavi, perché «si spianerebbe la strada all'influenza russa e allo sviluppo di un blocco navale dell'Europa occidentale». La Francia inoltre non vedeva di buon occhio una Dalmazia italiana poiché avrebbe consentito all'Italia di controllare i traffici provenienti dal Danubio. Il risultato fu che le potenze dell'Intesa alleate dell'Italia opposero un rifiuto e ritrattarono parte di quanto promesso nel 1915.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
A quale paese venne assegnata Fiume nel patto di Londra
Nel 1915 l'Italia entrò nella Grande Guerra a fianco della Triplice Intesa, in base ai termini del Patto di Londra, che le assicuravano il possesso dell'intera Venezia Giulia e della Dalmazia settentrionale - incluse molte isole. La città di Fiume, invece, veniva espressamente assegnata quale principale sbocco marittimo di un eventuale futuro stato croato o del Regno d'Ungheria, se la Croazia avesse continuato ad essere un banato dello stato magiaro o della Duplice MonarchiaSi vedano la voce Trattato di Londra e il testo integrale del trattato su Wikisource.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa fu lo sciopero delle lancette
Nel marzo 1920 scoppiarono importanti scioperi, in particolare, presso la Fiat di Torino, il cosiddetto sciopero delle lancette, cosiddetto per l'episodio che diede origine alla vertenza. Gli operai di Torino della FIAT avevano chiesto alla direzione dello stabilimento, in concomitanza con l'entrata in vigore dell'ora legale, di posticipare di un'ora l'ingresso al lavoro. Dopo il diniego da parte della proprietà, la Commissione interna dell'officina Industrie Metallurgiche aveva proceduto, di sua iniziativa, a spostare di un'ora indietro l'orologio della fabbrica. In seguito a ciò, la direzione licenziò tre membri della Commissione interna; gli operai risposero con uno sciopero di solidarietà che, il 29 marzo 1920, coinvolse tutte le officine metallurgiche di Torino ed al quale gli industriali risposero a loro volta con una serrata, pretendendo, come condizione per riprendere il lavoro negli stabilimenti, che venissero sciolti i Consigli di fabbrica. Lo sciopero generale, indetto alla metà di aprile, coinvolse circa 120.000 lavoratori di Torino e provincia. Tuttavia, tanto la direzione nazionale della CGdL quanto quella del Partito socialista si rifiutarono di dare il loro appoggio al movimento torinese, né vollero estendere la vertenza al resto d'Italia mediante la proclamazione di uno sciopero generale. Inoltre in quei giorni il governo inviò a presidiare la città una truppa di circa 50.000 militari. Isolati a livello nazionale e sotto la minaccia delle armi, gli operai di Torino dovettero capitolare: la vertenza si chiuse con un concordato che prevedeva un forte ridimensionamento dei Consigli di fabbrica. Lo sciopero terminò così il 24 aprile senza che i lavoratori coinvolti avessero visto riconosciute le proprie richieste, fra cui il riconoscimento, da parte degli industriali, dei Consigli di fabbrica. Antonio Gramsci, dalla rivista L'Ordine Nuovo, ammise la momentanea sconfitta:
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa furono i GAP
Il 23 marzo, giorno in cui si celebrava l'anniversario della fondazione dei Fasci italiani di combattimento, l'11ª Compagnia fu colpita dall'attentato di via Rasella a opera di varie unità dei Gruppi di Azione Patriottica (GAP). Giorgio Amendola, uno dei comandanti dei GAP a Roma, dichiarò di aver scelto personalmente il "Bozen" come obiettivo, avendo notato la ripetitività del suo percorso di marcia e la puntualità del suo passaggio ogni pomeriggio. Secondo un'altra versione, a notare il reparto in marcia e a proporlo come oggetto di un'azione armata fu il gappista Mario Fiorentini "Giovanni", di padre ebreo, che aveva riconosciuto in quei soldati «le stesse uniformi verde marcio» degli uomini venuti a prendere i suoi genitori.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa furono i GAP
Contemporaneamente alla costituzione delle prime "bande" partigiane nelle montagne, si organizzarono, soprattutto per iniziativa dei comunisti, nuclei di militanti della Resistenza in azione in piccoli gruppi nelle grandi città dominate dai nazifascisti per diffondere l'insicurezza, la paura ed il terrore tra i nemici. Organizzati in piccole cellule di tre-quattro elementi i GAP ("Gruppi di azione patriottica") e comandati sovente da veterani che avevano già combattuto in Spagna contro il fascismo; i GAP seguivano rigide regole di compartimentazione, operavano isolati e dimostrarono grande determinazione, coraggio e forte motivazione. Gli attentati, diretti contro importanti personalità fasciste o naziste, contro ufficiali, o contro ritrovi e locali frequentati dalle truppe occupanti, miravano anche a provocare i nazifascisti, ad innescare la rappresaglia ed a accentuare l'odio e la vendetta. Oltre ai GAP inoltre si costituirono nelle fabbriche, con funzioni di sabotaggio e controllo, i SAP ("Squadre di azione patriottica"), una vera e propria milizia clandestina di fabbrica con l'obiettivo di rendere più ampia possibile la partecipazione popolare al momento insurrezionale.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa furono i GAP
L'attentato di via Rasella fu un'azione della Resistenza romana condotta il 23 marzo 1944 dai Gruppi di Azione Patriottica (GAP) contro un reparto delle truppe d'occupazione tedesche, l'11ª compagnia del III battaglione del Polizeiregiment "Bozen", appartenente alla Ordnungspolizei (polizia d'ordine). Fu il più sanguinoso e clamoroso attentato urbano antitedesco in tutta l'Europa occidentale.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa furono i GAP
I Gruppi di Azione Patriottica (GAP) furono l'organizzazione attraverso cui il PCI operò nella resistenza armata romana: ne furono costituiti quattro (per un totale di circa trenta militanti) dotati di autonomia operativa e coordinati da un organo apposito che fu capeggiato da Antonello Trombadori fino al suo arresto, e successivamente da Carlo Salinari.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa furono i Vespri Fiumani
Trasfigurato dall'amarezza per la cosiddetta "Vittoria mutilata" e da un senso di delusione e di ostilità verso gli ex alleati colpevoli del "tradimento" degli impegni, nonché di disprezzo verso i governanti italiani incapaci di ottenere il rispetto dei patti, il movimento irredentista caratterizzò l'occupazione da parte di Gabriele d'Annunzio di Fiume, città a maggioranza italiana ma la cui attribuzione all'Italia non era prevista nel Patto di Londra, disconosciuto dal presidente statunitense Wilson. Dopo l'arrivo di alcune navi da guerra italiane (3 novembre) e poi di un contingente di 13.000 uomini dell'Esercito (17 novembre), immediatamente seguito dall'invio di truppe francesi (28 novembre) e dalla proclamazione dell'inclusione di Fiume nella sfera d’occupazione dell’Armée d’Orient (10 dicembre), nonché di un battaglione di Fanteria U.S.A., vi furono agli scontri noti come "Vespri Fiumani" (29 giugno - 6 luglio 1919), la successiva richiesta francese del ritiro da Fiume dei Granatieri di Sardegna e la richiesta di aiuto rivolta dai Fiumani, tramite il Presidente del Consiglio Nazionale Fiumano, Antonio Grossich, al "poeta soldato" Gabriele d'Annunzio. Radunati i volontari (soprattutto membri del Corpo degli Arditi e della III Armata, entrambi sciolti dal Governo per la sintonia con la causa irredentista) a Ronchi di Monfalcone con Riccardo Gigante e Giovanni Giuriati, ivi d'Annunzio fu raggiunto dai Granatieri provenienti da Fiume, che si unirono ai Legionari e sollecitarono il ritorno in Città. L'ingresso dei dannunziani in Città avvenne, tramite quella che sarebbe stata chiamata "Via della santa Entrata" il 12 settembre 1919 e fu seguita dalla proclamazione dell'annessione all'Italia e poi, a fronte della reticenza di Roma, dalla costituzione della Reggenza italiana del Carnaro l'8 settembre 1920. Sottoscritto, il 12 novembre 1920, il trattato di Rapallo, tra Regno d'Italia e Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, e prevedendo il trattato la costituzione di Fiume in "Stato Libero", il nuovo capo del Governo, Giovanni Giolitti, ordinò al generale Enrico Caviglia di farla finita con d'Annunzio e la Reggenza del Carnaro. Il 24 dicembre il Regio Esercitò diede inizio alle ostilità e la corazzata "Andrea Doria" aprì il fuoco contro la Città; i combattimenti proseguirono fino al 29 dicembre, costando la vita, tra l'altro, a ventidue legionari, diciassette soldati italiani e cinque civili, prima della resa. L'abbandono della città da parte di d'Annunzio, il 2 febbraio 1921, rese possibile la trasformazione in Stato libero di Fiume, dapprima sotto il governo del capo del Partito Autonomista Fiumano, Riccardo Zanella, fino alla sua deposizione il 22 marzo 1922, e poi, dopo l’insurrezione nazionalista guidata dai dannunziani Francesco Giunta e Nino Host Venturi, sotto il governatorato del generale Gaetano Giardino, e infine annessa a seguito del trattato di Roma sottoscritto il 27 gennaio 1924.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa prevedeva il Patto Gentiloni
Giolitti sapeva tuttavia che il suffragio universale maschile avrebbe rafforzato le sinistre. Da questa preoccupazione nacque il «patto Gentiloni»: una intesa che avrebbe garantito a Giolitti l'appoggio dei cattolici contro l'impegno ad accantonare la legge sul divorzio (già proposta da Zanardelli), difendere le scuole confessionali, garantire alle attività economico-sociali dei cattolici lo stesso trattamento che lo Stato riservava a quelle dei laici.»
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa prevedeva il Patto Gentiloni
I rapporti tra la Chiesa e lo Stato italiano andarono peggiorando quando, nel 1874, la Curia romana giunse a vietare esplicitamente ai cattolici, con la formula del "non expedit" ("non conviene"), la partecipazione alla vita politica. Soltanto nell'età giolittiana tale divieto sarebbe stato eliminato progressivamente, fino al completo rientro dei cattolici "come elettori e come eletti" nella vita politica italiana con il Patto Gentiloni del 1913.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa prevedeva il Patto Gentiloni
Giovanni Giolitti, erede della tradizione liberale e monarchica, promosse per primo un accordo con i cattolici tradizionalisti (Patto Gentiloni), in seguito all'approvazione, nel 1912, della riforma elettorale che introduceva il suffragio universale, anche se solo maschile. Giolitti aveva promesso ai socialisti di Leonida Bissolati e Filippo Turati la riforma elettorale in cambio del loro appoggio alla guerra italo-turcasenza fonte. Fino ad allora nel Regno d'Italia il suffragio era stato ristretto a una base elettorale esigua.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa prevedeva il "piano Sicilia" del 1942
Sebbene un attacco all'Italia fu deciso da americani ed inglesi durante la Conferenza di Casablanca del 14 gennaio 1943 e la sua pianificazione ed organizzazione vennero affidate al generale Dwight Eisenhower, un "piano Sicilia", (Italy (Sicily) Project), fu presentato al generale Donovan, capo dell'Office of Strategic Services (OSS) fin dal 9 settembre 1942. Il documento, firmato da Earl Brennan, futuro direttore dell'OSS in Italia, riguardava il reclutamento e l'impiego di sei agenti di origine siciliana, il cui compito era lo spionaggio, tramite due radio ricetrasmittenti a onde corte.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa producevano gli stabilimenti Putilov a Pietrogrado
Su tutto il fronte i bolscevichi incitavano gli uomini a rifiutarsi di combattere e a partecipare ai comitati dei soldati per sostenere e diffondere le idee rivoluzionarie. Dal fronte le agitazioni si trasmisero alle città e alla capitale. A Pietrogrado il 3 marzo scoppiò un violento sciopero negli stabilimenti Putilov, la principale fabbrica di armamenti e munizioni per l'esercito. L'8 marzo gli operai in sciopero erano circa 90.000, il 10 marzo a Pietrogrado fu proclamata la legge marziale, e lo stesso giorno il potere della Duma fu messo in discussione dal Soviet cittadino del principe menscevico Cereteli. Il 12, a Pietrogrado 17.000 soldati si unirono alla folla che protestava contro lo zar, alle 11 del mattino fu dato alle fiamme il tribunale sulla prospettiva Litejnyj e le stazioni di polizia, era cominciata la prima rivoluzione russa.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa producevano gli stabilimenti Putilov a Pietrogrado
Le enormi perdite subite dalla Russia avevano minato alle fondamenta la resistenza morale e fisica del suo esercito, tanto che al fronte molti ufficiali non riuscivano più a mantenere la disciplina. Su tutto il fronte i bolscevichi incitavano gli uomini a rifiutarsi di combattere e a partecipare ai comitati dei soldati per sostenere e diffondere le idee rivoluzionarie; dal fronte le agitazioni si trasmisero alle città e alla capitale. Il 3 marzo 1917 a Pietrogrado scoppiò un violento sciopero nelle officine Putilov, la principale fabbrica di armamenti e munizioni: l'8 marzo gli operai in sciopero erano circa 90.000, il 10 marzo fu proclamata la legge marziale e il potere della Duma fu messo in discussione dal Soviet cittadino guidato dal menscevico Chkheidze. I soldati inviati in città si unirono alla folla che protestava contro lo zar, al quale non restò altro che abdicare il 15 marzo 1917.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa producevano gli stabilimenti Putilov a Pietrogrado
Le enormi perdite della Russia, dovute ai difetti del suo apparato bellico, che pur tuttavia aveva evitato molti sacrifici agli Alleati, avevano minato alle fondamenta la resistenza morale e fisica del suo esercito, e al fronte molti ufficiali russi non riuscivano più a mantenere la disciplina . Su tutto il fronte i bolscevichi incitavano gli uomini a rifiutarsi di combattere e a partecipare ai comitati dei soldati per sostenere e diffondere le idee rivoluzionarie. Dal fronte le agitazioni si trasmisero alle città e alla capitale. A Pietrogrado il 3 marzo 1917 scoppiò un violento sciopero negli stabilimenti Putilov, la principale fabbrica di armamenti e munizioni per l'esercito. L'8 marzo gli operai in sciopero erano circa 90.000, il 10 marzo a Pietrogrado fu proclamata la legge marziale, e lo stesso giorno il potere della Duma fu messo in discussione dal Soviet cittadino del principe menscevico Cereteli. Il 12, a Pietrogrado 17.000 soldati si unirono alla folla che protestava contro lo zar, alle 11 del mattino fu dato alle fiamme il tribunale sulla prospettiva Litejnyj e le stazioni di polizia: era cominciata la prima rivoluzione russa .
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa propose Mussolini a Hitler a Klessheim nell'aprile del 1943
Dal 7 al 10 aprile 1943 Mussolini incontra Hitler a Klessheim (nei dintorni di Salisburgo). Sempre più pessimista sull'esito della guerra, gli propone di giungere ad un armistizio coi sovietici, al fine di concentrare gli sforzi sugli altri fronti di guerra. Il Führer rimane irremovibile sulle sue posizioni. Hitler ha capito che Mussolini vuole tirare fuori l'Italia dal conflitto, ma se acconsentisse creerebbe un precedente cui si appellerebbero tutte le nazioni dell'Asse.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa propose Mussolini a Hitler a Klessheim nell'aprile del 1943
Dal 7 al 10 aprile 1943 Mussolini incontra Hitler a Klessheim (nei dintorni di Salisburgo). Sempre più pessimista sull'esito della guerra, gli propone di giungere ad un armistizio coi sovietici, al fine di concentrare gli sforzi sugli altri fronti di guerra. Il Führer rimane irremovibile sulle sue posizioni. Hitler ha capito che Mussolini vuole tirare fuori l'Italia dal conflitto, ma se acconsentisse creerebbe un precedente cui si appellerebbero tutte le nazioni dell'Asse. .
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa provocò la rivolta dei bersaglieri
Uno degli eventi più significativi di tutto il biennio rosso fu la rivolta dei Bersaglieri che scoppiò ad Ancona nel giugno del 1920. La scintilla che provocò la rivolta fu l'ammutinamento dei bersaglieri di una caserma cittadina che non volevano partire per l'Albania, dove era in corso una occupazione militare decisa dal governo Giolitti. Al contrario di altre manifestazioni del biennio, la Rivolta dei Bersaglieri fu una vera ribellione armata e coinvolse truppe di varie forze che solidarizzarono con i ribelli; da Ancona la rivolta divampò in tutte le Marche, in Romagna (fino al suo cuore, Forlì), in Umbria (Terni e Narni), in Lombardia (Cremona e Milano) e a Roma. Fu indetto uno sciopero da parte del sindacato dei ferrovieri per impedire che ad Ancona arrivassero le guardie regie e infine il moto fu sedato solo grazie all'intervento della marina militare, intervenuta per bombardare la città.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa regolava la legge delle Guarentigie
Per quanto riguarda Roma, la Destra cercò di risolvere la questione con il metodo diplomatico, ma si dovette scontrare con l'opposizione del Papa, di Napoleone III e della Sinistra, che tentò di percorrere la via insurrezionale (tentativi di Garibaldi, 1862 e 1867). Nel 1864 venne stipulata con la Francia la Convenzione di settembre, che imponeva all'Italia il trasferimento della capitale da Torino ad un'altra città; la scelta cadde su Firenze, suscitando l'opposizione dei Torinesi. Nel 1870, con la breccia di Porta Pia, Roma venne conquistata da un gruppo di bersaglieri e divenne capitale d'Italia l'anno seguente. Il Papa, ritenendosi aggredito, si proclamò prigioniero e lanciò virulenti attacchi allo Stato italiano, istigando per reazione un altrettanto virulenta campagna laicista e anticlericale da parte della Sinistra. Il governo regolò unilateralmente i rapporti Stato-Chiesa con la legge delle guarentigie; il Papa respinse la legge e, disconoscendo la situazione di fatto, proibì ai cattolici di partecipare alla vita politica del Regno, secondo la formula «né eletti, né elettori» (non expedit).
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa regolava la legge delle Guarentigie
Il rapporto tra Stato e Chiesa era precedentemente disciplinato dalla cosiddetta legge delle Guarentigie approvata unilateralmente dal Parlamento italiano il 13 maggio 1871 dopo la presa di Roma, questa legge non venne mai riconosciuta dai pontefici.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa regolava la legge delle Guarentigie
Vittorio Emanuele, in effetti, considerava la Questione Romana risolta con la Legge delle Guarentigie, che assicuravano la piena autonomia al Pontefice, al quale venivano riconosciuti i diritti di legazione attiva e passiva e la cui persona veniva equiparata, per certi aspetti, specialmente di rilievo penale, a quella del Re.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa regolava la legge delle Guarentigie
La legge delle Guarentigie fu un provvedimento legislativo del Regno d'Italia. Approvata il 13 maggio 1871, regolò i rapporti tra Stato italiano e Santa Sede fino al 1929, quando furono conclusi i Patti Lateranensi.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa regolava la legge delle Guarentigie
All'indomani della Presa di Roma (1870) e dell'insediamento del Governo Italiano nell'Urbe, il Ministro di Grazia, Giustizia e Culti del Governo Lanza, Matteo Raeli, ebbe l'incarico di redigere una legge per disciplinare i rapporti tra il Regno d'Italia e la Santa Sede, che prese nome di «legge delle Guarentigie» e che venne licenziata dal Parlamento il 13 maggio 1871.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa regolava la legge delle Guarentigie
Il rapporto tra Stato e Chiesa era precedentemente disciplinato dalla cosiddetta «legge delle Guarentigie», approvata dal Parlamento italiano il 13 maggio 1871 dopo la presa di Roma. La legge delle Guarentigie non venne mai riconosciuta dai Pontefici, da Pio IX in poi; la somma stanziata anno per anno dal governo italiano venne conservata in un apposito conto, in attesa di concludere un accordo con la Santa Sede.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Di quale guerra sancisce la fine il trattato di Saint-Germain-en-Laye
Il trattato venne firmato il 10 settembre 1919 a Saint-Germain-en-Laye. Fa parte dei pre accordi parigini che sancirono formalmente la conclusione della prima guerra mondiale.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Di quale guerra sancisce la fine il trattato di Saint-Germain-en-Laye
L'attuale confine fu definito con il Trattato di Saint-Germain-en-Laye del 1919 al termine della prima guerra mondiale.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Di quale guerra sancisce la fine il trattato di Saint-Germain-en-Laye
A seguito della vittoria italiana nella prima guerra mondiale con il trattato di Saint-Germain-en-Laye (1919) e il trattato di Rapallo (1920), l'Istria divenne parte del Regno d'Italia.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Di quale guerra sancisce la fine il trattato di Saint-Germain-en-Laye
Trattato di Saint-Germain-en-Laye, firmato il 10 settembre 1919, alla fine della Prima guerra mondiale tra le potenze vincitrici e la nuova Repubblica austriaca
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Di quale guerra sancisce la fine il trattato di Saint-Germain-en-Laye
Il Trattato di Saint-Germain-en-Laye (detto anche Trattato di Saint-Germain) fu stipulato alla fine della prima guerra mondiale e in esso venne stabilita la ripartizione del dissolto Impero Austro-Ungarico e le condizioni per la creazione della repubblica austriaca.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
A quale partito aderì Mariano Rumor
26 gennaio - Italia: Mariano Rumor è il nuovo segretario della Democrazia Cristiana
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
A quale partito aderì Mariano Rumor
Nel 1948 fu eletto per la prima volta deputato, carica che avrebbe poi mantenuto in tutte le legislature successive fino al 1976. Nonostante la sua giovane età, Rumor si mise subito in vista come uno dei leader di spicco della Democrazia Cristiana e, in particolare, della corrente dossettiana di Cronache sociali.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
A quale partito aderì Mariano Rumor
Rumor proveniva da una famiglia profondamente cattolica. Dopo l'Armistizio di Cassibile, entrò a far parte della Democrazia Cristiana e del movimento di Resistenza, rappresentando il suo partito a livello regionale nel comitato di liberazione.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
A quale partito aderì Mariano Rumor
Rumor fu Segretario politico della Democrazia Cristiana tra il 1964 e il 1968, guidando il partito nella complessa fase di collaborazione di governo con il PSI. Nei cinque anni alla guida della DC, Rumor cercò di rassicurare l'elettorato moderato, nel tentativo di recuperare i consensi persi nelle elezioni precedenti.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
A quale partito aderì Mariano Rumor
Mariano Rumor, Presidente del Consiglio dei ministri e Segretario della Democrazia Cristiana
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
A quale partito aderì Mariano Rumor
Laureato in Lettere, Mariano Rumor proveniva da una famiglia profondamente cattolicail nonno e il padre erano titolari di una stamperia che produceva giornali di area cattolica, e anche i testi delle encicliche papali. Dopo l'Armistizio di Cassibile, entrò a far parte della Democrazia Cristiana e del movimento di Resistenza, rappresentando il suo partito a livello regionale nel comitato di liberazione.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa scelse di fare Hailé Selassié I quando l'Italia conquistò l'Etiopia
Hailé Selassié I (ge'ez:ኃይለ፡ ሥላሴ, "Potenza della Trinità"), al secolo Tafari Makonnen Woldemikael (Egersa Goro, 23 luglio 1892 – Addis Abeba, 27 agosto 1975) è stato negus neghesti d'Etiopia dal 1930 al 1936, e dal 1941 al 1974. Era l'erede della Dinastia Salomonide, che secondo la tradizione ha origine dal re Salomone e dalla regina di Saba. Quando l'Impero d'Etiopia fu invaso e conquistato dall'Italia fascista nel 1936, scelse l'esilio volontario, fino al 1941, quando il Regno Unito conquistò l'Africa Orientale Italiana e riconsegnò il trono al negus. Verrà nuovamente detronizzato nel 1974, quando Menghistu Hailè Mariàm rovesciò l'impero e trasformò l'Etiopia in uno stato socialista.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa scelse di fare Hailé Selassié I quando l'Italia conquistò l'Etiopia
Al termine della conquista italiana Hailé Selassié sceglie l'esilio volontario dal suo Paese e si reca a Bath, in Gran Bretagna, dopo essere stato per qualche giorno a Gerusalemme. Quando, il 12 maggio, la Società delle Nazioni gli concesse la possibilità di tenere un discorso all'assemblea, l'Italia ritirò la propria delegazione. L'Imperatore etiopico, nel suo discorso tenuto in amarico (nonostante conoscesse il francese) denunciò l'uso da parte dell'esercito italiano di armi chimiche contro la popolazione etiope:
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa scelse di fare Hailé Selassié I quando l'Italia conquistò l'Etiopia
Quando l'Impero d'Etiopia fu invaso e conquistato dall'Italia fascista nel 1936, scelse l'esilio volontario, fino al 1941, quando il Regno Unito conquisto l'Africa Orientale Italiana e riconsegno il trono al negus. Verrà nuovamente detronizzato nel 1974, quando Menghistu Hailè Mariàm rovesciò l'impero e trasformò l'Etiopia in uno stato socialista.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa si cercò di ripristinare nell'Italia del sud subito dopo la liberazione da parte degli Alleati
Nell'Italia del sud liberata dagli Alleati e formalmente guidata dal re e dal suo governo si cercava di tornare lentamente alla normalità, ripristinando - per quanto possibile - l'ordinamento pre-fascista. Contemporaneamente Mussolini, liberato dalla prigionia dai tedeschi su ordine di Adolf Hitler , dette vita ad uno stato nell'Italia centro-settentrionale. Si trattava della Repubblica Sociale Italiana , fondata a Salò in provincia di Brescia e riconosciuta internazionalmente solo dalle forze dell'Asse.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa significa l'acronimo MVAC
A causa dell'annessione della Dalmazia costiera al Regno d'Italia, cominciarono a crescere le tensioni tra il regime ustascia e le forze d'occupazione italiane. Venne perciò a formarsi, a partire dal 1942, un'alleanza tattica tra le forze italiane e diversi gruppi cetnici. Gli italiani incorporarono i cetnici nella Milizia Volontaria Anti Comunista (MVAC) per combattere la resistenza titoista, provocando fortissime tensioni con il regime ustascia.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa significa l'acronimo MVAC
Nello Stato Indipendente di Croazia, il regime ustascia scatenò una feroce pulizia etnica nei confronti dei serbi, nonché di zingari ed ebrei, simboleggiata dall'istituzione del campo di concentramento di Jasenovac, e contro il regime e gli occupanti presero le armi i partigiani di Tito, plurietnici e comunisti, ed i cetnici, nazionalisti monarchici a prevalenza serba., i quali perpetrarono a loro volta crimini contro la popolazione civile croata che appoggiava il regime ustascia e si combatterono reciprocamente. A causa dell'annessione della Dalmazia costiera al Regno d'Italia, cominciarono inoltre a crescere le tensioni tra il regime ustascia e le forze d'occupazione italiane; venne perciò a formarsi, a partire dal 1942, un'alleanza tattica tra le forze italiane ed i vari gruppi cetnici: gli italiani incorporarono i cetnici nella Milizia volontaria anticomunista (MVAC) per combattere la resistenza titoista, provocando fortissime tensioni con il regime ustasciasenza fonte.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa significa l'acronimo TLT
Il Territorio libero di Trieste (in sloveno: Svobodno tržaško ozemlje, in croato: Slobodni teritorij Trsta, in inglese Free Territory of Trieste) era previsto dal trattato di Parigi fra l'Italia e le potenze alleate come uno Stato neutrale di 738 km², con circa 375 000 abitanti (264 000 italiani, 85 000 sloveni, 11 000 croati e 15 000 di nazionalità diverse). Comprendeva la città di Trieste (che ne era la capitale), a nord il litorale fino al Timavo, e a sud parte dell'Istria fino al fiume Quieto. Era noto con la sigla TLT.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa si indica con "questione meridionale"
La locuzione questione meridionale indica, nella storiografia italiana, la situazione di difficoltà del mezzogiorno d'Italia rispetto alle altre regioni del Paese.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa si indica con "questione meridionale"
La questione meridionale non è limitata alla sola diversa condizione di sviluppo economico tra il settentrione ed il meridione, in quanto il divario si estende anche a molti aspetti socio-culturali rilevati dai dati Istat, che investono i più diversi argomenti e comportamenti sociali nella penisola. Lo stesso Giustino Fortunato, nella frase all'inizio di questo argomento, affermava che, oltre che nel campo economico, esisteva "... anche una profonda diversità fra le consuetudini, le tradizioni, il mondo intellettuale e morale." Anche lo scrittore Giuseppe Tomasi di Lampedusa, nel suo famoso romanzo Il Gattopardo, rappresenta il differente atteggiamento culturale siciliano ed in generale meridionale, nei confronti dei cambiamenti apportati dall'unità d'Italia.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa si intende con "grande emigrazione"
La grande emigrazione meridionale ha inizio solo alcuni decenni dopo l'unità d'Italia, laddove nella prima metà del XIX secolo aveva già riguardato diverse zone del Nord, in particolare del Piemonte, del Comacchio e del Veneto. Le ragioni storiche della prima emigrazione meridionale della seconda metà del XIX secolo sono da ritrovare per letteratura diffusa sia per la crisi delle campagne e del grano, sia per la situazione di impoverimento economico che colpisce il Sud all'indomani dell'unità, quando gli investimenti industriali si concentrano nel Nord, nonché per altri fattori.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa si intende con "grande emigrazione"
Si può distinguere l'emigrazione italiana in due grandi periodi: quello della grande emigrazione tra la fine del XIX secolo e gli anni trenta del XX secolo (dove fu preponderante l'emigrazione americana) e quello dell'emigrazione europea, che ha avuto inizio a partire dagli anni cinquanta.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa si intende con "grande emigrazione"
La grande emigrazione ha avuto come punto d'origine la diffusa povertà di vaste aree dell'Italia e la voglia di riscatto d'intere fasce della popolazione, la cui partenza significò per lo Stato e la società italiana un forte alleggerimento della "pressione demografica". Essa ebbe come destinazioni soprattutto l'America del sud ed il Nord America (in particolare Argentina, Stati Uniti e Brasile, paesi con grandi estensioni di terre non sfruttate e necessità di manodopera) e, in Europa, la Francia. Ebbe modalità e forme diverse a seconda dei paesi di destinazione.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa si intende con l'espressione "campagna d'Italia"
Lo sbarco in Sicilia (nome in codice operazione Husky) fu un'operazione militare, avvenuta durante la seconda guerra mondiale, messa in atto dagli Alleati. Fu la prima operazione delle truppe alleate sul suolo italiano durante il conflitto; e costituì l'inizio della campagna d'Italia.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa si intende con l'espressione "campagna d'Italia"
Dopo la vittoria conseguita nella campagna del Nordafrica, gli Alleati diedero avvio alla Campagna d'Italia: tra l'11 e il 12 giugno del 1943 Lampedusa e Pantelleria furono i primi territori italiani ad essere conquistati, il 10 luglio iniziò lo sbarco in Sicilia, mentre il 19 luglio Roma fu bombardata per la prima volta.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa si intende con Regno d'Italia
Regno d'Italia fu il nome assunto dallo stato italiano il 17 marzo 1861 in seguito alle guerre risorgimentali combattute dal Regno di Sardegna, suo predecessore, per conseguire l'unificazione nazionale italiana.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa si intende per condivisione nucleare
La condivisione nucleare (in inglese: nuclear sharing) è un concetto politico della NATO di deterrenza nucleare, che coinvolge i paesi membri, nella pianificazione per l'uso di armi nucleari da parte della NATO, ed in particolare prevede, per le forze armate di questi paesi, che siano coinvolte nella fornitura di queste armi in caso di necessità del loro utilizzo.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa si intende per condivisione nucleare
Per i paesi partecipanti, la condivisione nucleare consiste nel prendere decisioni comuni in materia di politica sulle armi nucleari, nel mantenere le attrezzature tecniche necessarie per l'uso delle armi nucleari (tra cui aerei da guerra, sottomarini e così via) e conservare le armi nucleari sul loro territorio.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa si intende per neofascismo
Una spinta decisiva alla nascita del fascismo è dovuta anche al fenomeno, conseguenza della prima guerra mondiale, dell'arditismo. La critica storica di alcuni studiosi come Piero Calamandrei o Paolo Alatri esita tuttavia ad attribuire una base ideologica al movimento fascista connotato, specie fra il 1920 ed il 1924, da diverse filosofie operative, con repentini ed opportunistici cambiamenti di impostazione politica tali da negare di per se stessi l'esistenza di una dottrina unitaria al movimento prima ed al partito poi.senza fonte Dopo la fine della seconda guerra mondiale si sono sviluppate una serie di correnti che si rifanno all'ideologia, definite come neofascismo; tuttavia la natura prevalente del movimento è tuttora ancora oggi oggetto di dibattito.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa si intende per neofascismo
Neofascismo è il termine con cui si definisce l'insieme di quei movimenti politici che, dopo la seconda guerra mondiale, si sono auto-definiti eredi dei movimenti fascisti, acquisendo dopo la fine del conflitto una certa visibilità. Questi gruppi si possono ispirare a tradizionalisti come Julius Evola, a politici come Codreanu, al fascismo italiano ma anche al Nazionalsocialismo vero e proprio.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa si intende per neofascismo
Nel 1931 Mussolini esplicitò il proprio rifiuto della democrazia, definendo la disuguaglianza come «feconda e benefica» e in "Dottrina del Fascismo" scrisse che «regimi democratici possono essere definiti quelli nei quali, di tanto in tanto, si dà al popolo l'illusione di essere sovrano, mentre la vera effettiva sovranità sta in altre forze talora irresponsabili e segrete».187 Il Neofascismo (come il fascismo) sostiene che le "autoproclamatesi" democrazie siano in realtà effettivamente regimi "plutocratici", sorta di dittature massoniche basate sulla manipolazione della volontà popolare. I cittadini non hanno né la conoscenza né i nobili motivi necessari per prendere decisioni coerenti e giuste per il bene comune; Platone definì la democrazia “una piacevolissima forma di governo, piena di varietà e di disordine, che dispensa una sorta d’eguaglianza agli eguali come agli ineguali”.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa si intende per neofascismo
Il neofascismo si basa su una concezione antimaterialista della vitasenza fonte partendo da una diversa impostazione del sistema economico, attraverso la netta opposizione tanto al capitalismo quanto al comunismo e la ricerca di una Terza via. Sulla base di questo punto di partenza aspira ad un sistema comunitaristico identitario fondato su concetti di solidarietà di stirpe e su un ideale pauperistico tendente a creare l'"uomo nuovo". A questo scopo sostiene come propri i cardini economici ideati dal fascismo:
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
A chi fu affidato l'incarico di formare un governo dopo la liberazione di Roma
Il 4 giugno 1944, Roma viene liberata dalla V armata USA, comandata dal generale Clark ponendo così termine al cosiddetto "Regno del Sud". Il Re Vittorio Emanuele III nomina suo figlio Luogotenente del regno e si ritira a vita privata. Umberto si insedia al Quirinale e su proposta del CLN affida l'incarico di formare il nuovo governo a Ivanoe Bonomi, anziano leader politico già presidente del consiglio prima dell'avvento del fascismo. Con il governo Bonomi Salerno divenne a tutti gli effetti "Capitale" del Regno d'Italia e non solo del momentaneo Regno del Sud.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
A chi fu affidato l'incarico di formare un governo dopo la liberazione di Roma
La liberazione della capitale ebbe degli effetti sul Regno del Sud, essendo già terminata dal febbraio 1944 come in quasi tutto il resto dell'Italia sotto controllo Alleato la subordinazione all'AMGOT, Amministrazione militare alleata dei territori occupati. Il re Vittorio Emanuele III nominò suo figlio Umberto Luogotenente del regno e si ritirò a vita privata. Umberto si insediò al Quirinale e su proposta del Comitato di Liberazione Nazionale affidò l'incarico di formare il nuovo governo ad Ivanoe Bonomi, anziano leader politico già presidente del consiglio prima dell'avvento del fascismo. Con il governo Bonomi Salerno divenne a tutti gli effetti "Capitale" del Regno d'Italia e non solo del momentaneo Regno del Sud.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
A quale pattuglia fu assegnato Riccardo Giusto
Il 24 maggio 1915, all'inizio della prima guerra mondiale il suo reparto prendeva posizione sul monte Colovrat in comune di Drenchia (UD), alture che in quella zona segnavano il confine tra Italia e Austria-Ungheria. Riccardo Giusto fu assegnato a una delle tante pattuglie di esploratori che precedevano il grosso delle truppe, che in quel frangente avevano il compito di occupare la cima del Monte Jeza, davanti a Tolmino. La pattuglia di esploratori entrò in territorio nemico per alcune centinaia di metri, ma i gendarmi austroungarici che presidiavano il valico di Cappella Sleme aprirono il fuoco contro gli italiani.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa si intende per unità nazionale
Per unità nazionale s'intende la condizione mediante la quale la parte preponderante di una nazione è soggetta alla sovranità di un unico Stato.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa sono i trattati di Parigi del 1947
I trattati di Parigi furono dei trattati di pace firmati nella capitale francese il 10 febbraio 1947 dopo la fine della seconda guerra mondiale.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa sono i trattati di Parigi del 1947
Gli ultimi trattati di pace tra i due stati furono siglati a Parigi nel 1947.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa sono i trattati di Parigi del 1947
L'Assemblea Costituente votò la fiducia ai Governi De Gasperi II, III e IV, approvò le leggi di bilancio per il 1947 e 1948 e ratificò i trattati di pace, firmati a Parigi il 10 febbraio 1947.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa sono i trattati di Parigi del 1947
Trattati di Parigi (1947) – trattati di pace firmati da Italia, Romania, Ungheria, Bulgaria dopo la seconda guerra mondiale, con costituzione del Territorio libero di Trieste controllato dalle Nazioni Unite.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa sono le Fosse Ardeatine
Le "Fosse Ardeatine", antiche cave di pozzolana situate nei pressi della via Ardeatina, scelte quali luogo dell'esecuzione e per occultare i cadaveri degli uccisi, nel dopoguerra sono state trasformate in un sacrario-monumento nazionale. Sono oggi visitabili e luogo di cerimonie pubbliche in memoria.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa sono le leggi fascistissime
Tra il 1925 e il 1926 furono varate le leggi fascistissime, ispirate dal giurista Alfredo Rocco. La legge 26 novembre 1925, n. 2029, sanciva che i corpi collettivi operanti in Italia (associazioni, istituti ed enti) erano tenuti, su richiesta dell'autorità di pubblica sicurezza, a dichiarare statuti, atti costitutivi, regolamenti interni ed elenchi di soci e di dirigenti, pena, in caso di dichiarazione omessa o infedele, lo scioglimento del corpo medesimo, sanzioni detentive indeterminate e sanzioni pecuniarie da un minimo di 2.000 ad un massimo di 30.000 lire. In tal modo, il governo arrivò a disporre di una chiara mappa del tipo e del numero di associazioni non governative presenti.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa sono le leggi fascistissime
Nei giorni successivi (gennaio 1925) furono chiusi 35 circoli politici di opposizione, sciolte 25 organizzazioni definite "sovversive", arrestati 111 oppositori ed eseguite 655 perquisizioni domiciliari. Nel novembre 1925 il Re firmò le cosiddette Leggi fascistissime con cui furono sciolti tutti i partiti politici (tranne il P.N.F.) e instaurata la censura sulla stampa. Con la legge del 24/12/1925 venne modificato lo Statuto Albertino, attribuendo al Capo del Governo, responsabile solo di fronte al Re, la nomina e revoca dei ministri; nel 1926 il Re autorizzò la nascita del Tribunale Speciale per la difesa dello Stato, che sottraeva alla magistratura ordinaria tutti i reati politici, e la formazione della polizia politica segreta (O.V.R.A.). Venne istituito il confino di polizia per gli oppositori. I successivi rapporti con Mussolini furono caratterizzati da burrascose scenate private, nelle quali il Re difendeva le proprie prerogative, preoccupato di salvaguardare una legalità formale e rigorosi silenzi pubblici.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa sono le leggi fascistissime
Le locuzione leggi fascistissime, (anche leggi eccezionali del fascismo) identifica una serie di norme giuridiche, emanate tra il 1925 e il 1926, che iniziarono la trasformazione di fatto dell'ordinamento giuridico del Regno d'Italia nel regime fascista, ossia in uno Stato autoritario di tipo nazionalista, centralista, statalista, corporativista ed imperialista.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa sottolineò Bedell Smith a proposito delle clausole aggiuntive dell'armistizio
A Castellano furono solo allora sottoposte le clausole contenute nel testo dell'armistizio 'lungo', già presentate invece a suo tempo dall'ambasciatore Campbell al generale Giacomo Zanussi, anch'egli presente a Cassibile già dal 31 agosto, che tuttavia, per ragioni non chiare, aveva omesso di informarne il collega. Bedell Smith sottolineò che le clausole aggiuntive contenute nel testo dell'armistizio "lungo" avevano tuttavia un valore dipendente dalla effettiva collaborazione italiana alla guerra contro i tedeschi.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa stabilì il Manifesto di Verona
Al terzo Cdm del 27 ottobre Mussolini annuncia «la preparazione della Grande Assemblea Costituente, che getterà le solide fondamenta della Repubblica Sociale Italiana», tuttavia lo Stato non cambia nome. Il 17 novembre il Manifesto di Verona approvato dal PFR delinea la creazione di una «Repubblica Sociale». Il 24 novembre il quarto Consiglio dei ministri delibera che «lo Stato nazionale repubblicano prenda il nome definitivo di “Repubblica Sociale Italiana”» a partire dal 1º dicembre 1943.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa stabilì il Manifesto di Verona
Nella R.S.I. si sarebbe dovuta attuare, secondo le intenzioni di Benito Mussolini, la trasformazione della struttura organizzativa economica da un sistema di tipo capitalista, quello trovato nel 1922, ad uno di tipo organico, corporativo e partecipativo. Nel Manifesto di Verona (il cui testo fu elaborato da Angelo Tarchi, Alessandro Pavolini, Nicola Bombacci, Manlio Sargenti, sotto la supervisione di Benito Mussolini) erano presenti alcuni richiami alla socializzazione delle imprese, che prevedeva la partecipazione dei lavoratori alle decisioni ed agli utili d'azienda, la nazionalizzazione e la gestione statale delle aziende strategiche per la nazione (tra cui la Fiat), il diritto al lavoro ed il diritto alla proprietà della casa. Con tali misure Mussolini sperava di raccogliere consensi fra le masse.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa stabilì il Manifesto di Verona
La Repubblica Sociale Italiana fu formalizzata dal Congresso di Verona, ricreando il partito e il governo fascista sciolti dal 25 luglio 1943. Nel corso del congresso fu sancita la nascita di una nuova Repubblica denominata "sociale" e la successiva convocazione di una Assemblea Costituente, riaffermando i principi ispiratori della prima fase del Fascismo (cosiddetto diciannovista") persi - a detta degli estensori della Carta stessa - durante il ventennio fascista; fu riaffermata l'alleanza con la Germania nazista; fu redatto un manifesto programmatico noto come "Manifesto di Verona|Manifesto (o carta) di Verona" che sancì la struttura del nuovo Stato; fu prevista, come elemento caratterizzante di politica economica, la socializzazione delle fabbriche (che tuttavia non venne mai attuata); fu istituito un Tribunale straordinario speciale per processare i gerarchi che firmando l'Ordine del giorno Grandi durante il Gran Consiglio del Fascismo il 24 luglio 1943 si erano schierati contro Mussolini e avevano provocato di fatto la caduta del governo fascista e l'arresto di Mussolini.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa stabilì il Manifesto di Verona
Il 14 novembre si tiene a Verona la prima assemblea nazionale del Partito Fascista Repubblicano, durante la quale viene redatto il Manifesto di Verona, ovvero il programma di governo del PFR. Mussolini (che ricopre la carica di "duce, capo del governo" della repubblica de facto, essendo tale carica prevista nel manifesto ma non essendo stata da lui assunta in forza di elezioni) annuncia che verrà rimandata al termine del conflitto la convocazione di un'assemblea costituzionale per la redazione della costituzione della RSI, della quale si era prefigurata la convocazione il 13 ottobre.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa succede a Giannini il 5 febbraio del 1945
Lo scopo dell'ideatore era quello di dare voce alle opinioni dell'uomo della strada, contrario al regime dei partiti e ad ogni forma di statalizzazione. Fin dal primo numero la posizione del settimanale è chiara; contraria al fascismo, di cui condanna il centralismo decisionale, ma anche al comunismo e agli "antifascisti di professione", accostati al primo fascismo per l'accento epurazionista dei primi anni del dopoguerra. Paradossalmente, quindi, il giornale viene accusato di essere cripto-fascista e per questo motivo verrà chiesta a più voci la soppressione della testata. Il 5 febbraio 1945 Giannini viene denunciato dall'alto commissario dell'epurazione, Grieco, senza esito alcuno.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa successe agli Arditi in seguito alla disfatta di Caporetto
Dopo il disastro di Caporetto, gli Arditi caddero per qualche tempo in disgrazia e furono riorganizzati pesantemente; il colonnello Bassi perse a sua volta prestigio ed invece di sopraintendere all'organizzazione degli Arditi quale ispettore fu inviato a comandare un normale reggimento di linea. In particolare la riorganizzazione prevedeva la normalizzazione dei reparti (portati a 21, e numerati da I a XIII, XVI, XVII, e da XIX a XXIV) con l'invio di ufficiali più conservatori e dediti alla cura della disciplina. L'organizzazione fu portata da 4 a 3 compagnie, di 150 uomini ciascuna, cui erano associati 3 sezioni autonome di mitragliatrici (Fiat Mod. 14), 6 sezioni autonome di pistole mitragliatrici (mitragliatrici leggere Villar Perosa), 6 sezioni autonome di lanciafiamme, per un totale di 600 uomini circa; le mitragliatrici e le pistole mitragliatrici furono tolte alle compagnie e raccolte in sezioni (contrariamente all'intuizione di Bassi e di Capello), anche se poi queste sezioni per lo più venivano, nella pratica, riassegnate alle compagnie. Inoltre, per snellire i reparti, furono eliminati, almeno temporaneamente i due cannoni da 37 o i due obici da 65/17 che Capello aveva aggiunto ai reparti Arditi della 2ª Armata.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa successe agli italiani presenti in Albania nel 1945
Ai cittadini italiani presenti in Albania nel 1945 fu preclusa la possibilità di rientrare in Italia. Molti furono imprigionati dal nuovo regime. La soluzione dell'intricata questione internazionale avvenne solo dopo oltre 40 anni.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Cosa successe ai maggiori esponenti del PPI dopo lo scioglimento del partito
Dopo il forzato scioglimento del Partito Popolare Italiano da parte del fascismo il 5 novembre del 1926, i maggiori esponenti del PPI, costretti all'esilio o a ritirarsi dalla vita politica e sociale, mantennero la rete di rapporti e relazioni grazie al faticoso lavoro di collegamento di Don Luigi Sturzo che, dall'esilio londinese, mantenne viva la breve esperienza di impegno politico del disciolto partito. L'indicazione delle gerarchie ecclesiastiche di concentrare i ristretti spazi concessi dal regime fascista nell'opera educativa e nell'asilo concesso ai leader del partito consentirono a formazioni sociali come l'Azione Cattolica e la Federazione Universitaria Cattolica Italiana di sopravvivere e di operare anche sotto il regime.
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A quale secessione prese parte Gronchi
Gronchi partecipò alla "Secessione aventiniana" e, nel 1926, con l'adozione delle leggi fascistissime (R.D. n. 1848/26), fu dichiarato decaduto dal mandato parlamentare. Successivamente si appartò dalla vita politica e prima lavorò come rappresentante di commercio e poi intraprese iniziative industriali. Rimasto vedovo della prima moglie, nel 1941 si sposò con Carla Bissatini, di venticinque anni più giovane.
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Cosa successe alla popolazione Italiana con l'arrivo delle forze Jugoslave nella Venezia Giulia
Nel maggio del 1945 in Europa le potenze dell'Asse furono sconfitte e la fine della guerra vide l'Italia in condizioni critiche: i combattimenti ed i bombardamenti aerei avevano ridotto molte città e paesi a cumuli di macerie, le principali vie di comunicazione erano interrotte, il territorio era occupato dalle truppe angloamericane. Particolarmente critica la situazione in Dalmazia e nella Venezia Giulia, che erano state occupate dall'Esercito popolare di liberazione della Jugoslavia, che arrestarono o giustiziarono centinaia di italiani; a Gorizia, Trieste e Pola tali atrocità cessarono nella seconda decade di giugno quando l’amministrazione jugoslava venne sostituita con quella degli angloamericani.
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Cosa successe alla popolazione Italiana con l'arrivo delle forze Jugoslave nella Venezia Giulia
L'arrivo, nella primavera del 1945, delle forze jugoslave preluse a una nuova fase d'infoibamenti: furono eliminati, non soltanto militari della RSI, poliziotti, impiegati civili e funzionari statali, ma, in modo almeno apparentemente indiscriminato (e cioè lucidamente terroristico) civili di ogni categoria, e furono uccisi o internati in campi tutti coloro che avrebbero potuto opporsi alle rivendicazioni jugoslave sulla Venezia Giulia compresi membri del movimento antifascista italiano. Tali azioni spinsero la maggior parte della popolazione di lingua italiana a lasciare la regione nell'immediato dopoguerra. L'esodo era comunque già iniziato prima della fine della guerra per diversi motivi che andavano dal terrore sistematico provocato dai massacri delle foibe, annegamenti, deportazioni dei civili italiani in campi di sterminio operato dalle forze di occupazione jugoslave, al timore di vivere sottomessi alla dittatura comunista in terre non più italiane. Indubbiamente gli italiani erano esposti a violenze e rappresaglie da parte delle autorità jugoslave ma in quel periodo, ossia subito dopo l'8 settembre 1943, non era chiara quale fosse la priorità per Tito e i suoi seguaci: priorità nazionalistica per una pulizia etnica, priorità politica ossia contro gli oppositori anticomunisti, priorità ideologica ossia contro i reazionari, priorità sociale ossia contro i borghesi. Si consideri che nella prima metà del 1946 il Bollettino Ufficiale jugoslavo pubblicò ordinanze secondo le quali si conferiva al Comitato Popolare locale il diritto di disporre delle case e di cederle ai cittadini croati; si sequestravano tutti i beni del nemico e degli assenti; si considerava nemico e fascista, quindi da epurare, chiunque si opponesse al passaggio dell'Istria alla Jugoslavia.
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Cosa successe alla popolazione Italiana con l'arrivo delle forze Jugoslave nella Venezia Giulia
Pertanto gli eccidi "si verificarono in un clima di resa dei conti per la violenza fascista e di guerra ed appaiono in larga misura il frutto" di una "violenza di stato", attuata con la repressione politica e l'intimidazione, in vista dell'annessione alla Jugoslavia di tutta la Venezia Giulia (incluse Trieste e Gorizia) e per eliminare gli oppositori (reali o presunti) del costituendo regime comunista. In vista di questi due obiettivi era infatti necessario reprimere le classi dirigenti italiane (compresi antifascisti e resistenti), per eliminare ogni forma di resistenza organizzata. Questo aspetto era particolarmente importante a Gorizia e Trieste, della cui annessione gli Jugoslavi non erano (a ragione) certi. Tito, pertanto, fece il possibile per occupare le due città prima di ogni altra forza alleata, per assicurarsi una posizione di forza nelle trattative. Durante l'occupazione di Gorizia e di Trieste diverse migliaia di italiani furono arrestati, uccisi o deportati nei lager jugoslavi (soprattutto nel campo di lavoro e detenzione di Borovnica e nel carcere dell'OZNA di Lubiana). Neutralizzando i vertici dirigenziali, ed eliminando o intimorendo i cittadini italiani tentò di far credere che gli jugoslavi fossero la maggioranza assoluta della popolazione: la composizione etnica sarebbe stata, infatti, un fattore decisivo nelle conferenze del dopoguerra e per questo motivo la riduzione della popolazione italiana risultava essenziale.