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1,301
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Chi era al comando del CSIR
Rientrato in Italia, il 14 luglio 1941 Messe ottenne il comando dello CSIR (Corpo di Spedizione Italiano in Russia) con il quale intraprese l'avanzata tra il fiume Dniepr e il Don. Nel luglio del 1942, il CSIR venne rinominato XXXV Corpo d'armata ed inquadrato all'interno dell'ARMIR (Armata Italiana in Russia); Messe conservò il comando del XXXV Corpo fino al novembre 1942, quando divergenze di opinioni con il comandante dell'armata, il generale Italo Gariboldi, lo portarono a richiedere il rimpatrio.
1,302
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Chi era al comando del CSIR
Pertanto fin dal 1º maggio 1942 venne costituito il comando dell'8ª Armata, affidato al generale Italo Gariboldi, che avrebbe assorbito le divisioni del CSIR, trasformato in XXXV Corpo d'armata sempre al comando del generale Giovanni Messe, integrate dalle nuove formazioni del 2º Corpo d'armata e del Corpo d'armata alpino . Le forze dell'8ª Armata (note anche come ARMIR) vennero attivate in Russia il 9 luglio 1942, quando già l'operazione Blu era in pieno svolgimento, ed inizialmente vennero frazionate in due gruppi: il II ed il XXXV Corpo d'armata in marcia verso il Don ed il Corpo d'armata alpino a disposizione del Gruppo d'armate A per partecipare all'offensiva nel Caucaso. Di fatto, il 19 agosto, anche il Corpo d'armata alpino venne assegnato al comando del generale Gariboldi, dato che il comandante dell'8ª Armata preferiva mantenere l'unità di tutte le sue formazioni ed anche perché sembrava non necessario l'impiego degli Alpini nel Caucaso di cui era ritenuta imminente la conquista da parte delle eccellenti divisioni da montagna tedesche ; .
1,303
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Chi era al comando del CSIR
L'intervento tedesco nei Balcani fece rinviare la campagna in Russia, in quanto i nazisti avevano interesse a proteggere dagli inglesi gli stati satelliti. Nel giugno 1941, comunque venne intrapresa la campagna militare, con l'Operazione Barbarossa. Il governo italiano decise un'ampia partecipazione delle proprie truppe, temendo di avere un ruolo sempre più marginale nella guerra, mandando in azione il CSIR al comando del generale Giovanni Messe. Contemporaneamente l'arrivo di Erwin Rommel in Libia vide un netto miglioramento della situazione, ma con il passare dei mesi la scarsità di rifornimenti dovuti all'affondamento di questi da parte degli inglesi stanziati a Malta fece arretrare nuovamente il fronte. In Russia il CSIR vinse alcune battaglie, ma, a partire da ottobre, l'inverno causò vari problemi ai soldati italiani, non muniti di sufficienti protezioni contro il freddo.
1,304
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali erano i partiti della Prima Repubblica Italiana
I principali partiti della Prima Repubblica erano le tre formazioni che avevano combattuto insieme sul fronte antifascista nel biennio 1943-45 durante la Resistenza, cioè la Democrazia Cristiana, il Partito Socialista Italiano e il Partito Comunista Italiano. Dopo la fine della lotta partigiana, la competizione politica rimase costantemente caratterizzata dalla contrapposizione tra la DC e il PCI, il quale nei primi anni aveva formato un blocco unico anche col PSI. Da allora, le percentuali rappresentative dell'elettorato saranno in misura media del 35-40% per la DC, del 10-15% per il PSI, e del 25-30% per il PCI.
1,305
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali erano i termini dell'accordo tra Mussolini e Pierre Laval
Tra il 4 e il 7 gennaio 1935 Mussolini incontrò a Roma il ministro degli esteri francese Pierre Laval: vennero firmati accordi in virtù dei quali la Francia si impegnava a cedere all'Italia la Somalia francese (attuale Gibuti), a riconoscere le consistenti minoranze italiane presenti in Tunisia (che era stata oggetto di rivendicazione da parte italiana) e ad appoggiare diplomaticamente l'Italia in caso di una guerra contro l'Etiopia. Laval e Mussolini speravano così in un reciproco avvicinamento fra Italia e Francia, al fine di dar vita ad un'alleanza in funzione anti-nazista.
1,306
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali erano i termini dell'accordo tra Mussolini e Pierre Laval
L'accordo franco-italiano del 1935 chiamato comunemente trattato Mussolini-Laval o accordi Mussolini-Laval è stato un trattato stipulato tra il capo del governo e ministro degli esteri italiano Benito Mussolini e il ministro degli esteri francese Pierre Laval. Il trattato è stato firmato a Palazzo Venezia a Roma, all'epoca sede del Gran Consiglio del Fascismo il 7 gennaio 1935. Venne approvato dall'Assemblea Nazionale e entrò in vigore con la legge francese del 26 marzo 1935, invece non fu mai approvata dal Parlamento italiano7 janvier 1935 - Accord franco-italien (Laval-Mussolini) (extrait). L'accordo oltre a prevedere uno scambio di territori serviva a fare un fronte comune contro la Germania nazista e a dare all'Italia il via libera francese alla conquista dell'EtiopiaXXIX Legislatura del Regno d'Italia. Il presupposto al trattato era il Patto di Londra e l'Italia rivendicava altri territori oltre all'Oltregiuba, già ceduto dalla Gran Bretagna all'Italia nel 1924.
1,307
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali erano i termini dell'accordo tra Mussolini e Pierre Laval
Tra il 4 e il 7 gennaio 1935 Mussolini incontra a Roma il ministro degli esteri francese Pierre Laval: vengono firmati accordi in virtù dei quali la Francia si impegna a cedere all'Italia la Somalia francese (attuale Gibuti), a riconoscere le consistenti minoranze italiane presenti in Tunisia (che era stata oggetto di rivendicazione da parte italiana) e ad appoggiare diplomaticamente l'Italia in caso di una guerra contro l'Etiopia.A tale accordo si fa riferimento in Langer, William L. (a cura di) An Encyclopaedia of World History, Houghton Mifflin Company, Boston, 1948, p. 990. Laval e Mussolini speravano così in un reciproco avvicinamento fra Italia e Francia, al fine di dar vita ad un'alleanza in funzione anti-nazista.R. De Felice, Mussolini il duce, cit. pp. 395 e ss.
1,308
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali erano i termini dell'accordo tra Mussolini e Pierre Laval
4 gennaio - Il ministro degli Esteri francese Pierre Laval giunge a Roma e nel corso della sua visita assicura al duce "mano libera" in Etiopia
1,309
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali erano i termini dell'accordo tra Mussolini e Pierre Laval
Tra il 4 e il 7 gennaio 1935 Mussolini incontrò a Roma il ministro degli esteri francese Pierre Laval, col quale vennero firmati accordi in virtù dei quali la Francia accordava all'Italia delle rettifiche di frontiera fra la Libia e l'Africa Equatoriale francese, fra l'Eritrea e la Costa francese dei Somali e la sovranità sull'isola di Dumerrah. L'accordo conteneva soprattutto un esplicito "desistment" francese per una non ben specificata penetrazione italiana in Etiopia.Langer, William L. (ed.), An Encyclopaedia of World History. Houghton Mifflin Company, Boston, 1948, p. 990. Tale parola, correttamente tradotta come "disinteressamento", venne interpretata dal governo italiano come "mano libera" da parte della Francia all'invasione dell'Etiopia. Laval sperava in tal modo di avvicinare Mussolini alla Francia, al fine di dar vita a un'alleanza in funzione anti-nazista (Hitler rivendicava l'Alsazia-Lorena, persa dai tedeschi dopo la prima guerra mondiale).
1,310
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali erano i timori di Mussolini nei confronti di Dino Grandi
Fu a questo punto che l'attivismo del ministro richiamò l'attenzione di Mussolini, il quale ancora una volta temette che Grandi avrebbe potuto guadagnare più prestigio di lui e «scippargli» il ruolo di interlocutore nazionale esterno. L'occasione fu data dalle concessioni dialettiche che il ministro cominciava ad avallare informalmente in tema di disarmo ; sebbene al tempo le fabbriche d'armi e dunque la capacità di armamento costituissero uno dei primati italiani, e sebbene tutta la non esigua tecnologia industriale civile fosse accompagnata da una non occulta analoga produzione militare, tali che l'Italia poteva considerare eventuali concessioni come nei fatti niente affatto significative, Mussolini non amava parlare della sicurezza patria con altri. Accusando Grandi di essere andato a letto con l' Inghilterra e con la Francia , lo rimosse dall'incarico, nominandolo ambasciatore a Londra; non un «promoveatur», ma certo in tutto un «amoveatur».
1,311
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali erano i timori di Mussolini nei confronti di Dino Grandi
Per questo fu avvicinato Dino Grandi, uno dei gerarchi più intelligenti e prestigiosi dell'élite di comando, che in gioventù si era evidenziato come il solo vero potenziale antagonista di Mussolini all'interno del Partito Nazionale Fascista, e del quale si aveva motivo di sospettare che avesse di molto rivisto le sue idee sul regime. A Grandi, attraverso garbati e fidati mediatori fra i quali il Conte d'Acquarone, ministro della Real Casa, e lo stesso Pietro Badoglio, si prospettò l'opportunità di avvicendare il dittatore e si convenne che la stagione del fascismo originale, quello dell'"idea pura" dei fasci di Combattimento, era finita ed il regime si era irrimediabilmente annacquato in un qualunque sistema di gestione del potere, avendo perso ogni speranza di sopravvivere a se stesso.
1,312
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali forze si opposero durante la battaglia di Stalingrado
Con il termine battaglia di Stalingrado (in russo: сталинградская битва?, traslitterato: Stalingradskaja bitva, in tedesco Schlacht von Stalingrad) si intendono i duri combattimenti svoltisi durante la seconda guerra mondiale che, tra l'estate del 1942 ed il 2 febbraio 1943, opposero i soldati dell'Armata Rossa alle forze tedesche, italiane, rumene ed ungheresi per il controllo della regione strategica tra il Don e il Volga e dell'importante centro politico ed economico di Stalingrado (oggi Volgograd), sul fronte orientale.
1,313
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali furono gli anni del fronte orientale della seconda guerra mondiale
Il Fronte orientale, noto anche come campagna di Russia, durante la seconda guerra mondiale rappresentò di gran lunga il più importante teatro della guerra tra le potenze Alleate (in particolare l'Unione Sovietica) e la Germania nazista, e, più in generale, lo scenario fondamentale che decise, negli anni tra il 1941 e il 1945, la seconda guerra mondiale in Europa.
1,314
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali furono gli effetti della pubblicazione del Patto di Londra
Il patto restò segreto sino alla sua inattesa pubblicazione, alla fine del 1917, da parte dei bolscevichi, appena giunti al potere in seguito alla Rivoluzione russa. Il governo rivoluzionario, infatti, diede immediata e massima pubblicità ai patti diplomatici segreti rinvenuti negli archivi zaristi, e tra essi il "Patto di Londra". La pubblicazione ebbe vasta risonanza internazionale e causò grave imbarazzo alle potenze firmatarie, suscitando inquietudine presso l'opinione pubblica mondiale e ponendo in scacco il metodo della "diplomazia segreta", seguito da decenni dalle potenze europee. L'emergere del Patto di Londra diede il via ad una modifica degli orientamenti politici internazionali che influì notevolmente sulla sua non completa implementazione a guerra finita. La risoluta opposizione alla diplomazia segreta, e la sua denuncia quale metodo inaccettabile nelle relazioni internazionali, fu uno dei principali motivi ispiratori della stesura, da parte del presidente degli Stati Uniti, Woodrow Wilson, dei suoi celebri Quattordici punti e, non a caso, il presidente statunitense si oppose risolutamente alla completa realizzazione delle rivendicazioni territoriali italiane basate sul Patto di Londra - per altro mai firmato dagli Stati Uniti - non riconoscendo ad esso, come ad accordi similari con altri paesi, alcuna validità.
1,315
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali furono i risultati della divisione Sforzesca
Tra il 20 agosto 1942 e il 1º settembre le truppe sovietiche scatenarono un'offensiva di vaste proporzioni contro i reparti ungheresi, tedeschi e italiani, che subirono il peso maggiore dell'attacco, schierati nell'ansa settentrionale del Don. Nel settore dell'ARMIR, i russi erano riusciti a stabilire due teste di ponte nei villaggi di Bobrovskij (presso Serafimovic) e Kremenskaya (a circa 40 chilometri a est di Serafimovic) e da qui colpirono con tre divisioni (97ª, 203ª e 14ª della Guardia) la divisione Sforzesca, composta da elementi al battesimo del fuoco e sfiancati dalle lunghe marce per raggiungere il fronte (anche 50 chilometri al giorno). L'ordine di resistere a ogni costo su un fronte di 25 chilometri fu eseguito dalla Sforzesca con abnegazione, ma dopo due giorni di aspri combattimenti la divisione venne travolta. Gli italiani riuscirono a chiudere la pericolosa falla intervenendo con reparti della Celere, tra cui il Savoia Cavalleria e un battaglione di Camicie Nere, il Battaglione alpini sciatori "Monte Cervino" e in seguito anche la 2ª Divisione alpina "Tridentina".
1,316
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali furono i termini dell'accordo segreto tra governo italiano e greco riguardo all'occupazione di Adalia
Tra il governo italiano e quello greco sorse un'aspra controversia, poi risolta con un accordo segreto sottoscritto il 29 luglio 1919 da Tittoni e da Venizelos in cui l'Italia rinunciava a Adalia e alle isole del Dodecanneso salvo Rodi, in cambio dell'appoggio greco ad un “mandato” italiano sull'Albania. Tale accordo, peraltro, fu denunciato dal successivo Ministro degli esteri italiano Carlo Sforza (giugno 1920).
1,317
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali furono le azioni più clamorose dei GAP
Il 23 marzo 1944, alle ore 15 circa, un gruppo di 16 partigiani appartenenti ai GAP (Gruppi di Azione Patriottica) attuò, in pieno giorno, un clamoroso attentato contro un reparto armato di 160 SS in marcia lungo Via Rasella. Una carica esplosiva, nascosta in un carretto, venne fatta esplodere al centro della colonna tedesca, mentre altri partigiani lanciavano bombe e sparavano raffiche di mitra verso la coda del reparto. Nell'immediatezza dell'evento rimasero uccisi 32 militari tedeschi e 110 rimasero feriti, oltre a 2 vittime civili. Dei feriti, uno morì poco dopo il ricovero, mentre era in corso la preparazione della rappresaglia, che fu dunque calcolata in base a 33 vittime germaniche. Nei giorni seguenti sarebbero deceduti altri 9 militari feriti, portando così a 42 il totale dei caduti.. I nazisti vollero attuare subito una spaventosa rappresaglia per punire e terrorizzare tutta la città: Hitler intimò la fucilazione, entro le 24 ore, di dieci italiani per ogni tedesco ucciso.
1,318
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali furono le azioni più clamorose dei GAP
L'attentato di via Rasella fu un'azione della Resistenza romana condotta il 23 marzo 1944 dai Gruppi di Azione Patriottica (GAP) contro un reparto delle truppe d'occupazione tedesche, l'11ª compagnia del III battaglione del Polizeiregiment "Bozen", appartenente alla Ordnungspolizei (polizia d'ordine). Fu il più sanguinoso e clamoroso attentato urbano antitedesco in tutta l'Europa occidentale.
1,319
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali furono le azioni più clamorose dei GAP
I GAP furono protagonisti di numerose azioni: la prima il 18 ottobre 1943, quando attaccarono con bombe a mano un corpo di guardia della Milizia; poi, dal dicembre 1943 al marzo 1944, i GAP attaccarono pressoché ogni giorno mezzi e uomini dei nazifascisti; fra le azioni più importanti: un attacco con bombe a mano contro militari tedeschi il 18 dicembre; un attentato dinamitardo contro il Tribunale di guerra tedesco il 19 dicembre; un attentato con spezzoni esplosivi contro un corteo di volontari della Guardia nazionale repubblicana nel mese di marzo. Secondo Alessandro Portelli, nessuna di queste azioni fu seguita da alcuna rappresaglia tedesca su ostaggi civili, benché in esse fossero morti complessivamente più di dieci uomini dell'esercito occupante. Di rilievo, tra quelle sopra menzionate, l'azione del 19 dicembre 1943, quando i GAP penetrarono in zona di alta sicurezza e fecero esplodere ordigni contro l'Hotel Flora, sede del Tribunale Militare germanico.
1,320
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali furono le caratteristiche per le quali era noto Pajetta
Fu deputato al Parlamento nazionale dal 1946 fino alla morte, e al Parlamento europeo dal 1984. Morigerato nella vita privata (viveva in un piccolo appartamento di un anonimo condominio di via Monteverde), in Parlamento e sui giornali dell'epoca, Pajetta era noto per la veemenza e la causticità dei suoi discorsi: fu lui che nella primavera del 1953 - durante la discussione della cosiddetta legge truffa - entrò a Montecitorio con una riga di sangue che scorreva dal capo, lamentando che un cordone di "celerini di Scelba schierato davanti alla Standa di via del Corso" aveva impedito il passaggio di alcuni deputati socialisti e comunisti verso la Camera, e che alla sua esibizione del tesserino di parlamentare avevano risposto manganellandolo. Fino agli anni sessanta capitò spesso che alla Camera, nella foga della discussione, saltasse fuori dal suo banco per andare ad "invadere" le postazioni altrui ed era perciò considerato anche una figura "pittoresca" della politica italiana di allora. Grande era anche la sua capacità oratoria che gli permetteva, con una sola battuta, di mettere in ridicolo il discorso degli avversari politici. Per questo era l'uomo di punta del PCI durante le messe in onda di Tribuna Politica, alle quali parteciperà assiduamente, contribuendo a rendere celebri alcune puntate di quella storica trasmissione RAI.
1,321
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Chi era al comando della Falange Española de las J.O.N.S
La Falange Española de las J.O.N.S fu un movimento politico di ispirazione fascista fondato nella Spagna della Seconda repubblica da José Antonio Primo de Rivera nel 1933. Nel 1937, in piena guerra civile, fusosi con il movimento nazionalista, diede vita a un altro partito (Falange Española Tradicionalista y de las Juntas de Ofensiva Nacional Sindicalista, abbr. FET y de las JONS, sciolto nel 1977), in cui confluirono le forze legate ai vecchi valori monarchici, clericali e conservatori. Il generale Franco ne assurse a leader indiscusso e nel 1939, diventata partito unico franchista (Movimento Nacional), la Falange sopravvisse come partito di riferimento della dittatura fino alla sua caduta.
1,322
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Chi era al comando della Falange Española de las J.O.N.S
La Falange Española de las J.O.N.S fu un movimento politico di ispirazione fascista fondato nella Spagna della Seconda repubblica da José Antonio Primo de Rivera nel 1933. Nel 1937, in piena guerra civile, fusosi con il movimento tradizionalista, diede vita a un altro partito (Falange Española Tradicionalista y de las Juntas de Ofensiva Nacional Sindicalista, abbr. FET y de las JONS, sciolto nel 1977), in cui confluirono le forze legate ai vecchi valori monarchici, clericali e conservatori. Il generale Franco ne assurse a leader indiscusso e nel 1939, diventata partito unico franchista (Movimento Nacional), la Falange sopravvisse come partito di riferimento della dittatura fino alla sua caduta.
1,323
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Chi era al comando della Falange Española de las J.O.N.S
Il governo provvisorio governava sui territori controllati dai nazionalisti durante la durissima guerra civile spagnola: la sua azione politica principale in questo periodo fu il consolidamento delle forze politiche eterogenee di destra, tradizionaliste (Carlismo) e fasciste (Falange Española y de las JONS), che nel 1937 Franco unificò di forza nella Falange Española Tradicionalista y de las JONS.
1,324
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali furono le città più colpite dai massacri da parte dei partigiani jugoslavi
Dopo la liberazione dall'occupazione tedesca, a partire dal maggio del 1945, nelle province di Gorizia , Trieste , Pola e Fiume il potere venne assunto dalle forze partigiane jugoslave; tale periodo fu funestato da arresti, sparizioni e uccisioni di centinaia di persone, alcune delle quali gettate nelle foibe ancora vive. A Gorizia, Trieste e Pola le violenze cessarono solamente dopo la sostituzione della amministrazione jugoslava con quella degli alleati, che avvenne il 12 giugno 1945 a Gorizia e Trieste, ed il 20 giugno a Pola; invece a Fiume, semplicemente, gli alleati non giunsero mai, e le persecuzioni continuarono imperterrite.
1,325
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Chi era proprietario della Sacra Sindone nel 1931
Poi, dal 3 al 24 maggio 1931, vi fu l'ostensione della Sacra Sindone, la prima dal 1898, durante la quale casa Savoia (allora proprietaria della reliquia) fu sempre presente: Umberto nel pomeriggio del 3, in rappresentanza del re, con la moglie, la sorella Mafalda, e Bona di Savoia-Genova con il marito Conrad di Baviera e Lydia d'Arenberg, consegnò le chiavi dell'urna che la conteneva all'arcivescovo Maurilio Fossati e fornì gran parte dei 61 pezzi esposti nella mostra che accompagnò l'evento, come quadri e oggetti liturgici. In segno di devozione, Maria José donò il proprio manto di nozze, da cui vennero ricavati otto pianete. Infine, nel luglio 1931, ci furono le esequie solenni di Emanuele Filiberto, duca d'Aosta. A questi impegni, di carattere prettamente dinastico, se ne affiancavano di politici, nei quali il regime richiedeva la presenza del futuro sovrano: gare di sci per la Coppa delle Federazioni fasciste, l'inaugurazione della nuova Casa del fascio di Torino, sfilate della Milizia, l'inaugurazione della Casa torinese del balilla.
1,326
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali furono le conseguenze del Trattato di Rapallo
In base al trattato di Rapallo 356.000 sudditi dell'Impero austro-ungarico di lingua italiana ottennero la cittadinanza italiana, mentre circa 15.000 di essi divennero sudditi del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni.
1,327
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali furono le conseguenze del Trattato di Rapallo
In base al trattato di Rapallo 356.000 sudditi dell'Impero austro-ungarico di lingua italiana ottennero la cittadinanza italiana, mentre circa 15.000 di essi rimasero in territori assegnati al Regno dei Serbi, Croati e Sloveni.
1,328
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali furono le principali destinazioni della grande emigrazione
Si può distinguere l'emigrazione italiana in due grandi periodi: quello della grande emigrazione tra la fine del XIX secolo e gli anni trenta del XX secolo (dove fu preponderante l'emigrazione americana) e quello dell'emigrazione europea, che ha avuto inizio a partire dagli anni cinquanta.
1,329
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali furono le principali destinazioni della grande emigrazione
La grande emigrazione ha avuto come punto d'origine la diffusa povertà di vaste aree dell'Italia e la voglia di riscatto d'intere fasce della popolazione, la cui partenza significò per lo Stato e la società italiana un forte alleggerimento della "pressione demografica". Essa ebbe come destinazioni soprattutto l'America del sud ed il Nord America (in particolare Argentina, Stati Uniti e Brasile, paesi con grandi estensioni di terre non sfruttate e necessità di manodopera) e, in Europa, la Francia. Ebbe modalità e forme diverse a seconda dei paesi di destinazione.
1,330
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali furono le principali destinazioni della grande emigrazione
Brindisi è stata oggetto di un'ampia emigrazione durante il Novecento, così come tutte le città del Mezzogiorno. L'emigrazione riguardava soprattutto le fasce sociali più basse che abbandonavano le campagne . L'emigrazione può essere ricondotta in due grandi ondate. La prima, che ha il suo picco negli anni immediatamente precedenti e seguenti la prima guerra mondiale, ha per meta esclusiva le Americhe (Stati Uniti, Argentina, Brasile), per poi dirigersi verso l'Europa centro-settentrionale, che diviene così la destinazione principale dell'emigrazione pugliese. Quella dopo la seconda guerra mondiale, attratta dallo sviluppo industriale di alcune aree settentrionali del Paese: il Piemonte e la Lombardia, in particolare Milano.
1,331
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali furono le principali destinazioni della grande emigrazione
La grande emigrazione ha avuto come punto d'origine la diffusa povertà di vaste aree dell'Italia e la voglia di riscatto d'intere fasce della popolazione, la cui partenza significò per lo Stato e la società italiana un forte alleggerimento della "pressione demografica": infatti in media ogni famiglia aveva ben dieci o più figli. Essa ebbe come destinazioni soprattutto l'America del sud ed il Nord America (in particolare Argentina, Stati Uniti e Brasile, paesi con grandi estensioni di terre non sfruttate e necessità di mano d'opera) e, in Europa, la Francia. Ebbe modalità e forme diverse a seconda dei paesi di destinazione.
1,332
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali furono le principali destinazioni della grande emigrazione
Alla fine del XIX secolo l'Italia è un paese di emigrazione di massa, fenomeno che si manifesta prima nelle regioni settentrionali e poi in quelle meridionali. Le principali destinazioni sono le Americhe (Stati Uniti, Argentina, Brasile) e l'Europa centro-settentrionale (in modo particolare la Germania). Nel XX secolo l'emigrazione diviene anche interna, attratta dallo sviluppo industriale di alcune aree settentrionali del Paese. Il numero di Italiani residenti all'estero che conservano la cittadinanza italiana è stimato in circa 4 200 000.
1,333
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali gruppi si mobilitarono in una campagna per trascinare l'Italia in guerra contro l'Austria-Ungheria
Sebbene nazionalisti ed interventisti mussoliniani si odiassero profondamente, essi condivisero insieme ai futuristi, ai vociani ed al poeta Gabriele D'Annunzio una feroce campagna per trascinare l'Italia in guerra. I fini - chiaramente - erano radicalmente differenti: mentre per l'interventismo nazionalista si trattava semplicemente di "chiudere i conti" con l'Austria-Ungheria, negli intenti di futuristi e sindacalisti rivoluzionari la guerra doveva diventare il punto di rottura e la spinta propulsiva grazie alla quale le masse avrebbero preso coscienza della loro condizione innescando un processo rivoluzionario.
1,334
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali gruppi sociali espressero il loro consenso verso le azioni squadriste nel 1920
Nonostante il loro carattere violento e intimidatorio, le azioni squadriste riscossero inizialmente un ampio consenso da parte degli strati della borghesia più reazionari e più conservatori; verso la fine del 1920, non solo i conservatori, ma anche esponenti popolari e repubblicani consideravano il fascismo uno strumento utile sia a ridurre la forza delle organizzazioni sindacali e politiche dei lavoratori, sia a fare pressione sul governo per indurlo a parteggiare in modo più risoluto a favore delle classi possidenti e ad abbandonare l'atteggiamento di neutralità nei conflitti sindacali che aveva caratterizzato il liberalismo giolittiano. Come documento di questa simpatia di cui il fascismo inizialmente godeva presso gli ambienti moderati, è stato citato ad esempio un commento attribuito ad Alcide De Gasperi:
1,335
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali gruppi sociali espressero il loro consenso verso le azioni squadriste nel 1920
Così, mentre i socialisti erano dilaniati dalle diatribe interne e dalla concorrenza sindacale delle leghe bianche dei Popolari sturziani, schiere di appartenenti alla piccola borghesia agraria, artigiana o del commercio, allarmati dalle occupazioni e dai disordini, confluirono nel movimento guidato da Mussolini. In pochi mesi si costituirono in Italia oltre 800 nuovi Fasci, con circa 250.000 iscritti, i quali diedero vita alle squadre d'azione, dette spregiativamente "squadracce" dagli avversari politici, che contrastarono le leghe rosse e bianche, durante gli scioperi o le azioni di occupazione, in un diffuso clima di violenza politica. La direzione velleitaria e confusa delle occupazioni, che aveva mostrato l'incapacità delle forze politiche più radicali a sviluppare una reale e progressiva azione rivoluzionaria, fu immediatamente chiara a molti politici, in particolar modo a Gramsci e a Giolitti, subentrato al secondo governo Nitti. Nel settembre 1920 Giolitti riuscì a spezzare il fronte occupazionista, attraverso la concessione di limitati progressi salariali, ottenendo il ritorno della legalità. Stabilita una temporanea pace sociale interna, affrontò la questione di Fiume, deciso a risolvere il problema internazionale della Reggenza del Carnaro. Dopo serrate trattative fra Italia, Iugoslavia e D'Annunzio, Giolitti diede il via all'azione militare, volta a sgomberare con la forza i legionari dal comune carnero, culminata con Natale di sangue del 1920.
1,336
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali innovazioni tecnologiche ebbero un ruolo cruciale nella seconda guerra mondiale
Tecnologia e logistica svolsero un ruolo decisivo per lo svolgimento e gli esiti della seconda guerra mondiale. Anche in questi settori, per la prima volta, fu guerra totale. Se, infatti, durante la Grande Guerra comparvero già molte innovazioni, spesso a livello di prototipo, fu solo nel secondo conflitto che esse acquistarono un'importanza cruciale. Ricordiamo, tra le altre, l'aeronautica militare, con l'arma micidiale del bombardamento aereo, i carri armati, i sottomarini, la crittografia, e, infine, la bomba atomica.
1,337
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali isole furono occupate dagli anglo-americani nel giugno del 1943
I primi segnali di inizio dell'invasione terrestre si ebbero l'11 giugno 1943, con la presa dell'isola di Pantelleria, primo lembo di terra italiana a cadere in mano alleata, a cui fece seguito la conquista delle tre isole Pelagie. Lampedusa fu presa il 13 giugno, mentre Linosa fu occupata il 13 e Lampione il 14. In tre settimane di attacchi aerei, i bombardieri anglo-statunitensi rovesciarono sulla sola isola di Pantelleria - 12 chilometri di lunghezza per 7 di larghezza - quasi 6000 tonnellate di esplosivi. Nei punti più tempestati dal bombardamento caddero all'incirca 293 bombe per chilometro quadrato, e quando le navi alleate si presentarono davanti all'isola per dare gli ultimi colpi in protezione agli sbarchi, furono accolte dal completo silenzio delle batterie italiane. L'ammiraglio Gino Pavesi, comandante militare dell'isola, aveva già ottenuto da Mussolini il permesso di arrendersi, e i 11.399 soldati italiani della guarnigione caddero prigionieri senza nemmeno sparare un colpo.
1,338
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali isole furono occupate dagli anglo-americani nel giugno del 1943
L'attacco all'Italia fu deciso da americani ed inglesi durante la Conferenza di Casablanca del 14 gennaio 1943 (a tal proposito, celebre rimase la definizione dell'Italia di Winston Churchill: «L'Italia è il ventre molle dell'Asse») e la pianificazione e l'organizzazione venne affidata al generale Dwight Eisenhower. In giugno gli inglesi sbarcarono nelle isole di Pantelleria e Lampedusa. Preceduto da intensi bombardamenti, il 10 luglio 1943 iniziò lo sbarco in Sicilia della VII armata americana del generale George Patton e dell'VIII armata inglese di Montgomery (rispettivamente nel golfo di Gela e in quello di Siracusa).
1,339
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali isole furono occupate dagli anglo-americani nel giugno del 1943
L'operazione Husky, il nome in codice alleato per designare l'invasione della Sicilia, ebbe inizio il 9 luglio 1943, preceduta nel mese di giugno dall'occupazione delle isole di Lampedusa, Linosa, Lampione e Pantelleria, la quale cadde il 12 giugno, dopo avere subito intensi bombardamenti da parte della Royal Air Force (che aveva perso quarantacinque aerei abbattuti dalla contraerea italiana), e venne occupata da reparti di una divisione britannica senza incontrare resistenza.
1,340
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali leggi stabilirono il diritto alle donne di avere un periodo di licenza prima e dopo il parto
La legge 22 marzo 1934 n. 654 per la tutela della maternità delle lavoratrici e la legge 26 aprile 1934 n. 653 per la tutela del lavoro della donna e del fanciullo stabilirono il diritto alla conservazione del posto di lavoro per le lavoratrici incinte, un periodo di licenza prima e dopo il parto, e permessi obbligatori per l'allattamento (per le aziende con più di 50 operaie vi era l'obbligo di predisporre un locale per tale scopo).
1,341
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali movimenti e partiti non aderirono al CLN
Rimasero fuori dal CLN il Partito Repubblicano Italiano , pur partecipando alla Resistenza, per la sua posizione istituzionale che comportava una pregiudiziale antimonarchica-istituzionale, ed anche alcuni gruppi di sinistra che non accettavano il compromesso dell'unità nazionale su cui si basava il CLN che prevedeva la "precedenza alla lotta contro il nemico esterno, spostando a dopo la vittoria il problema dell'assetto Istituzionale dello Stato".
1,342
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Chi era capo dello stato maggiore del quadrumvirato
Era quindi il preambolo al passo successivo. Il quadrumvirato avrebbe dichiarato l'assunzione di pieni poteri da Perugia , dove si era installato presso l'Hotel Brufani, ed avrebbe assunto i poteri effettivi nella notte tra il 26 e il 27 ottobre. Dino Grandi , di rientro da una missione a Ginevra , era stato nominato capo di stato maggiore del quadrumvirato. Truppe fasciste avrebbero poi dovuto occupare uffici pubblici, stazioni, centrali telegrafiche e telefoniche.
1,343
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Chi era capo dello stato maggiore del quadrumvirato
Era quindi il preambolo al passo successivo. A condurre la marcia sarebbe stato un quadrumvirato composto da Italo Balbo (uno dei ras più famosi), Emilio De Bono (comandante della Milizia), Cesare Maria De Vecchi (un generale non sgradito al Quirinale) e Michele Bianchi (segretario del partito fedelissimo di Mussolini). Il quadrumvirato avrebbe dichiarato l'assunzione di pieni poteri da Perugia, dove si era installato presso l'Hotel Brufani, ed avrebbe assunto i poteri effettivi nella notte tra il 26 e il 27 ottobre. Dino Grandi, di rientro da una missione a Ginevra, era stato nominato capo di stato maggiore del quadrumvirato.
1,344
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali norme entrarono in vigore quando Grandi fu ministro della giustizia
Fu sottosegretario all'Interno ed agli Esteri dal 1924 al 1929, ministro degli Esteri dal 1929 al 1932 quando lasciò il suo incarico a capo del Ministero per andare nel mese di luglio a Londra, ove rimase come ambasciatore fino al 1939; fu infine ministro della Giustizia e dal 30 novembre 1939 presidente della Camera dei Fasci e delle Corporazioni. Si deve al guardasigilli Grandi l'ultimazione della codificazione, con l'entrata in vigore nel 1942 del codice civile e di quello di procedura civile e del codice della navigazione, nonché della legge fallimentare, dell'ordinamento giudiziario e di altre norme speciali. Seguì in prima persona le fasi finali della codificazione, avvalendosi di giuristi di altissimo livello, molti dei quali (come Piero Calamandrei e Francesco Messineo) notoriamente antifascisti.
1,345
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali nuove tecnologie militari vennero introdotte sul fronte occidentale tra il 1915 e il 1918
Fra il 1915 e il 1918 su questo fronte ebbe luogo una serie di importanti offensive e controffensive, intendendo ambedue le parti rompere lo stallo e sfondare le linee nemiche, ricominciando così la guerra di movimento. Tuttavia, la preponderanza dei mezzi di difesa quali trinceramenti, nidi di mitragliatrici e filo spinato, rispetto alle obsolete tattiche offensive, causò invariabilmente gravi perdite alla parte attaccante. In quest'ottica, il fronte occidentale vide nel corso del conflitto l'introduzione di nuove tecnologie militari, tra cui le armi chimiche ed i carri armati, ma fu solo con l'adozione di tattiche di combattimento più moderne che verso la fine del conflitto si instaurò un certo grado di mobilità.
1,346
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali nuove tecnologie militari vennero introdotte sul fronte occidentale tra il 1915 e il 1918
Oltre a incrementare enormemente la produzione di artiglieria e mitragliatrici, l'industria italiana iniziò a fornire alle truppe anche nuove armi: le prime bombe a mano furono distribuite alla fine del 1915, e gli esemplari più diffusi furono la SIPE e due modelli importati dalla Francia, la Excelsior-Thévenot P2 e il Petardo Thévenot; all'inizio del 1916 furono invece consegnati i primi esemplari di una bombarda capace di sparare grossi proiettili in calibro 400 mm dotati di alette, un'ottima arma per demolire i reticolati di filo spinato rimanendo al riparo delle proprie trincee. L'esercito italiano fu il primo a introdurre in servizio, nell'agosto 1915, un tipo di pistola mitragliatrice, la Villar Perosa, affiancata poi nel 1918 da altri due modelli di più moderna concezione come il Beretta MAB 18 e lo OVP prodotti però in pochi esemplari; nel settembre 1917 furono dati in dotazione ai reparti d'assalto i primi esemplari di lanciafiamme (il francese Schilt 3 bis, poi integrato da vari modelli di produzione italiana), i quali tuttavia si rivelarono armi troppo ingombranti e vulnerabili per l'impiego negli attacchi.
1,347
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali paesi firmarono il Patto Tripartito
A dare popolarità al termine fu Benito Mussolini che, durante un discorso tenuto a Milano il 1º novembre 1936, definì "asse" l'intesa stipulata il precedente 25 ottobre tra la Germania ed il Regno d'Italia, chiamata per questo motivo "Asse Roma-Berlino". Il successivo Patto d'Acciaio, stipulato dalle due potenze il 22 maggio 1939, rappresentò il primo nucleo dell'alleanza militare, poi estesa anche all'Impero giapponese con il Patto Tripartito del 27 settembre 1940 (detto anche "Asse Roma-Berlino-Tokyo").
1,348
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali paesi firmarono il Patto Tripartito
Il Giappone invece, impegnato già dal 1937 nella guerra contro la Cina, riconosciuti i preminenti interessi tedeschi ed italiani in Europa, e ricevuto analogo riconoscimento per l'Asia, entrò nella coalizione stipulando il Patto Tripartito, firmato anche questo nella capitale tedesca il 27 settembre 1940. Ovviamente, tutti gli stati fantoccio manovrati dall'impero nipponico seguiranno il suo esempio e si uniranno al patto.
1,349
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali paesi firmarono il Patto Tripartito
La politica tedesca nei Balcani era volta a mettere contro le diverse nazioni tra loro, spingendo sulle rispettive rivendicazioni territoriali, a seguito del primo conflitto mondiale, tutto ciò per evitare un allineamento a favore degli Alleati. Dopo la sconfitta degli Alleati sul fronte occidentale nel 1940, ai tedeschi fu ancor più facile penetrare militarmente, economicamente e politicamente nei Balcani: si garantirono il petrolio rumeno e le derrate alimentari ungheresi; e sancirono questa nuove alleanze, "costringendo" gran parte di questi paesi ad entrare nel Patto Tripartito (sottoscritto il 28 settembre 1940 dall'Italia, dalla Germania e dal Giappone).
1,350
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali paesi firmarono il Patto Tripartito
Il 27 settembre 1940 Italia, Germania e Giappone si uniscono nel Patto Tripartito, cui aderiranno anche nell'ordine, nel corso della guerra, Ungheria (20 novembre 1940), Romania (23 novembre), Slovacchia (24 novembre), Bulgaria (1º marzo 1941) e Jugoslavia (27 marzo).
1,351
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali paesi entrarono in guerra nell'estate del 1914
Le speranze austriache per un conflitto locale si infransero assai presto, il 30 luglio 1914 con la mobilitazione generale in Russia e, il 31 luglio, con la mobilitazione generale in Austria-Ungheria. Il 1º agosto la Germania dichiarò guerra alla Russia, il 3 agosto alla Francia . Seguirono il 3 agosto l'invasione tedesca del Belgio neutrale, e la conseguente entrata in guerra della Gran Bretagna .
1,352
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali partiti si fusero per dare vita al Partito Socialista di Unità Proletaria
Il 22 agosto 1943 a Roma il PSI si fonde col Movimento di Unità Proletaria e nasce il Partito Socialista di Unità Proletaria, che raggruppa una parte consistente di personalità influenti della sinistra italiana antifascista, come i futuri presidenti della Repubblica Giuseppe Saragat e Sandro Pertini, il giurista Giuliano Vassalli, lo scrittore Ignazio Silone, l'avvocato Lelio Basso e Giuseppe Romita. A diventare segretario del partito è il romagnolo Nenni.
1,353
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali partiti si fusero per dare vita al Partito Socialista di Unità Proletaria
La denominazione di Partito Socialista di Unità Proletaria era stata in precedenza assunta dal Partito Socialista Italiano (PSI) nel 1943, a seguito della fusione con il Movimento di Unità Proletaria per la Repubblica Socialista di Lelio Basso e l'Unione Popolare Italiana (UPI). Il partito mantenne questa denominazione sino al 1947, quando riacquistò la dicitura PSI per evitare che se ne appropriasse il nuovo partito fondato da Giuseppe Saragat (PSDI).
1,354
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali partiti si fusero per dare vita al Partito Socialista di Unità Proletaria
Nell'agosto del 1943 il PSI si fonde con il Movimento di Unità Proletaria e cambia nome in Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria.
1,355
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali reggimenti furono coinvolti nella strage della valle di Biois
Il secondo battaglione fu inviato nel febbraio 1944 nella provincia di Belluno, dove tra marzo e dicembre effettuò ottantacinque operazioni antipartigiane, in particolare nella valle del Biois in agosto e sul monte Grappa in settembre. Tra la mattina del 20 agosto e la sera del 21, uomini di questo battaglione al comando del maresciallo (Zugwachtmeister der Schutzpolizei) Erwin Fritz (comandante di plotone della 6ª Compagnia), furono coinvolti, insieme ad alcuni reparti della Fallschirm-Panzer-Division 1 "Hermann Göring" e della SS-Gebirgs-Kampfschule (Scuola d'alta montagna delle Waffen-SS) di Predazzo, nella strage della valle del Biois, in cui furono uccisi quarantaquattro civili e distrutte 245 abitazioni, lasciando 645 persone senza tetto. Inoltre, nel marzo 1945, in seguito all'uccisione di tre militari sudtirolesi nel corso di un attacco partigiano, uomini di questo battaglione parteciparono all'impiccagione di quattordici persone in una piazza centrale di Belluno. Secondo lo storico sudtirolese Leopold Steurer, «a Belluno il Polizeiregiment Bozen divenne tristemente famoso a causa della sua brutalità».
1,356
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali reggimenti furono coinvolti nella strage della valle di Biois
Il secondo battaglione fu schierato in Veneto, per lo più in provincia di Belluno, dove prese parte ad operazioni antipartigiane, in particolare nel valle del Biois nell'agosto 1944 e sul monte Grappa nel settembre successivo. All'operazione nella valle del Biois presero parte oltre al II Battaglione anche unità delle Waffen-SS; furono uccisi 44 civili e distrutte 245 abitazioni. In un processo celebrato a Bologna nel 1979 i principali responsabili furono condannati all'ergastolo. .
1,357
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Di quali regioni acquisì il controllo l'Italia con l'accordo di Losanna
Dopo una breve guerra contro l'Impero Ottomano nel 1911, l'Italia acquisì il controllo della Tripolitania e della Cirenaica, ottenendo il riconoscimento internazionale a seguito degli accordi del Trattato di Losanna. Le mire italiane sulla Libia, vennero appoggiate dalla Francia, che vedeva di buon occhio l'occupazione di quel territorio in funzione anti-inglese. Con il fascismo, alla Libia venne attribuito l'appellativo di quarta sponda, quando in realtà per gran parte degli anni venti fu impegnata in una sanguinosa pacificazione della colonia (durante la quale si fece ricorso ai gas asfissianti e alle deportazioni di massa).
1,358
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Di quali regioni acquisì il controllo l'Italia con l'accordo di Losanna
Il 29 settembre 1911 iniziò lo sbarco italiano in Libia, annessa, secondo decreto regio, il 5 novembre, senza considerare la grande debolezza dell'occupazione, che risentiva di un esercito ancora arretrato e la resistenza attiva dei capi tribali delle aree interne. Non a caso, nell'occasione dell'imminente prima guerra mondiale, la Libia non tarderà ad riprendersi, con l'esercito italiano tutto impiegato su altri fronti, un'autonomia praticamente completa. Nell'ambito della guerra italo-turca, furono anche annesse, nel 1912, le isole greche del Dodecaneso. Con la pace di Losanna, del 18 ottobre 1912, l'Impero ottomano riconobbe all'Italia il possesso della colonia Tripolitania e di quella Cirenaica.
1,359
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Di quali regioni acquisì il controllo l'Italia con l'accordo di Losanna
Nel 1911-12 il Governo Giolitti, dopo una serie di accordi con la Gran Bretagna e la Francia, che ribadivano le rispettive sfere d'influenza nell'Africa settentrionale, dichiarò guerra all'Impero ottomano . Per costringere la Turchia alla resa, gli Italiani spostarono le operazioni militari nel mar Egeo e occuparono Rodi e le isole del Dodecaneso. La Turchia dovette cedere con la pace di Losanna nel 1912 ed occupò la Tripolitania e la Cirenaica, dando vita alla formazione della colonia della Libia italiana, il cui possesso venne consolidato nel corso degli anni venti e trenta.
1,360
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Di quali regioni acquisì il controllo l'Italia con l'accordo di Losanna
Il 18 ottobre 1912, con la stipulazione del Trattato di Losanna, l'Impero Ottomano cedeva all'Italia (a titolo di "protettorato") la Tripolitania e la Cirenaica, mantenendo una sovranità religiosa sulle popolazioni musulmane dei luoghi. Ma già il 18 dicembre 1913, il deputato socialista Filippo Turati, denunciava l'uso della forca e i giudizi sommari contro la popolazione locale, in esecuzione della legge e delle usanze locali..
1,361
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Di quali regioni acquisì il controllo l'Italia con l'accordo di Losanna
Dopo una breve guerra contro l'Impero ottomano nel 1911, l'Italia acquisì il controllo della Tripolitania e della Cirenaica, ottenendo il riconoscimento internazionale a seguito degli accordi del Trattato di Losanna. Le mire italiane sulla Libia vennero appoggiate dalla Francia, che vedeva di buon occhio l'occupazione di quel territorio in funzione anti-britannica. Con il fascismo, alla Libia venne attribuito l'appellativo di quarta sponda negli anni trenta, dopo che negli anni venti vi fu la pacificazione della colonia ad opera di Rodolfo Graziani.
1,362
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali regioni divennero a statuto speciale tra il 1946 e il 1948
Nonostante si cercasse di tornare alla normalità, nel paese si stavano diffondendo alcuni movimenti separatisti, in particolare in Sicilia e in Alto Adige. Per farvi fronte Alcide De Gasperi creò, il 15 maggio 1946, la Regione a statuto speciale della Sicilia. Per il Sud Tirolo trovò nel settembre 1946 una soluzione con il collega ministro degli esteri austriaco Karl Gruber: fu costituita la Regione a statuto speciale del Trentino-Alto Adige, dotata di ampie autonomie e dove accanto all'italiano, a livello regionale, fu ufficializzato pure il tedesco. In seguito, nel 1948, si avrà la creazione della Regione a statuto speciale anche della Valle d'Aosta.
1,363
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali risultati ottenne il Gruppo Aerosiluranti "Buscaglia-Faglioni" comandato da Carlo Faggioni
Il Gruppo Aerosiluranti "Buscaglia-Faggioni", comandato da Carlo Faggioni, ottenne risultati peggiori, subendo forti perdite mentre attaccava la flotta alleata che supportava la testa di ponte di Nettunia. Nonostante le numerose navi colpite (secondo i bollettini ufficiali), la vita operativa del gruppo fu piuttosto avara di riconoscimenti: l'unico siluro messo a segno dopo tanto impegno, fu quello che danneggiò un piroscafo britannico, colpito a Nord di Bengasi, nel periodo in cui il reparto operava da basi ubicate in Grecia, e un piroscafo al largo di Rimini il 5 gennaio 1945. Da segnalare dopo la morte di Faggioni il raid, che il gruppo fece contro la piazzaforte di Gibilterra, guidata dal nuovo comandante Marino Marini. Quanto al gruppo dei trasporti (al quale se ne aggiunse un secondo), fu utilizzato dalla Luftwaffe sul fronte orientale e poi sciolto nell'estate del 1944.
1,364
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali risultati ottenne il Gruppo Aerosiluranti "Buscaglia-Faglioni" comandato da Carlo Faggioni
Il Gruppo Aerosiluranti "Buscaglia-Faggioni", comandato da Carlo Faggioni subì forti perdite mentre attaccava la flotta Alleata che supportava la testa di ponte di Anzio. Nonostante le numerose navi colpite (secondo i bollettini ufficiali), la vita operativa del gruppo fu piuttosto avara di riconoscimenti: l'unico siluro messo a segno dopo tanto impegno, fu quello che danneggiò un piroscafo britannico, colpito a nord di Bengasi, nel periodo in cui il reparto operava da basi ubicate in Grecia, e un piroscafo al largo di Rimini il 5 gennaio 1945Giorgio Pisanò, Gli ultimi in grigioverde, CDL Edizioni, Milano, p. 1452: "L'ultima azione del Gruppo venne compiuta al largo di Rimini il 5 gennaio 45 e si concluse con l'affondamento di un piroscafo da carico di 5000 tonnellate.". Da segnalare dopo la morte di Faggioni che il gruppo attuò un raid sulla piazzaforte di Gibilterra (guidato dal nuovo comandante Marino Marini).
1,365
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali risultati ottenne il Gruppo Aerosiluranti "Buscaglia-Faglioni" comandato da Carlo Faggioni
Il Gruppo Aerosiluranti "Buscaglia-Faggioni", comandato da Carlo Faggioni ottenne risultati ancora peggiori, subendo forti perdite mentre attaccava la flotta alleata che supportava la testa di ponte di Anzio. Nonostante le numerose navi colpite (secondo i bollettini ufficiali), la vita operativa del gruppo fu piuttosto avara di riconoscimenti: l'unico siluro messo a segno dopo tanto impegno, fu quello che danneggiò un piroscafo britannico, colpito a Nord di Bengasi, nel periodo in cui il reparto operava da basi ubicate in Grecia, e un piroscafo al largo di Rimini il 5 gennaio 1945.Giorgio Pisanò, Gli ultimi in grigioverde, CDL Edizioni, Milano, pag. 1452 "L'ultima azione del Gruppo venne compiuta al largo di Rimini il 5 gennaio 45 e si concluse con l'affondamento di un piroscafo da carico di 5000 tonnellate." Da segnalare dopo la morte di Faggioni il raid, che il gruppo fece contro la piazzaforte di Gibilterra, guidata dal nuovo comandante Marino Marini. Quanto al gruppo dei trasporti (al quale se ne aggiunse un secondo), fu utilizzato dalla Luftwaffe sul fronte orientale e poi sciolto nell'estate del 1944.
1,366
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali schieramenti si contrastarono nella guerra fredda
Con l'espressione guerra fredda si indica la contrapposizione politica, ideologica e militare che venne a crearsi nel 1945, alla fine della seconda guerra mondiale, tra due blocchi internazionali, categorizzati come Occidente (gli Stati Uniti d'America, gli alleati della NATO e i Paesi amici) ed Oriente, o "blocco comunista" (l'Unione Sovietica, gli alleati del Patto di Varsavia e i Paesi amici).
1,367
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Chi era considerato ebreo dalle leggi razziali fasciste
Per la legislazione fascista era ebreo chi era nato da: genitori entrambi ebrei, da un ebreo e da una straniera, da una madre ebrea in condizioni di paternità ignota oppure chi, pur avendo un genitore ariano, professasse la religione ebraica. Sugli ebrei venne emanata una serie di leggi discriminatorie.
1,368
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali sono i confini temporali del biennio rosso italiano
Il 18 settembre 1920, grazie ad un accordo italo-albanese (accordo di Tirana del 2 agosto 1920, in cambio delle pretese italiane su Valona) e ad un accordo con la Grecia, l'isola di Saseno entrò a far parte dell'Italia, la quale la voleva per la sua posizione strategica all'imbocco del Mare Adriatico. Esauritosi il così definito biennio rosso (1919-1920) delle lotte operaie e contadine, la reazione dei ceti medi, degli agrari e degli industriali si indirizzò verso il movimento fascista, le cui violenze vennero ingenuamente assolte come premessa a un auspicato "ritorno all'ordine".
1,369
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali sono i confini temporali del biennio rosso italiano
Il biennio rosso in Italia è la locuzione con cui viene comunemente indicato il periodo della storia d'Italia compreso fra il 1919 e il 1920, caratterizzato da una serie di lotte operaie e contadine che ebbero il loro culmine e la loro conclusione con l'occupazione delle fabbriche del settembre 1920.
1,370
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali sono i confini temporali del biennio rosso italiano
L'ultima permanenza al governo di Giolitti iniziò nel giugno del 1920, durante il cosiddetto biennio rosso (1919-1920).
1,371
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali sono i confini temporali del biennio rosso italiano
Il termine, nella sua accezione originaria, identifica i movimenti popolari spontanei sorti in Italia a partire dagli anni successivi al termine della prima guerra mondiale, in opposizione all'allora nascente fascismo, e tesi a impedire l'affermarsi sulla scena politica prima dei Fasci Italiani di Combattimento (1919) e poi del Partito Nazionale Fascista (1921), fondati da Benito Mussolini. Questo avvenne in concomitanza con la repressione violenta di circoli e cooperative socialiste, delle leghe bracciantili e operaie rosse, delle camere del lavoro e delle sedi dell'Avanti!. Infatti il fascismo assunse presto una connotazione reazionaria caratterizzata dalla saldatura degli interessi dei ceti agrari e industriali, nonché di molti apparati statali, i quali temevano che agli scioperi e alla forte avanzata del partito socialista durante il Biennio rosso (1919-1920) sarebbe seguita anche in Italia una rivoluzione comunista sul modello della rivoluzione bolscevica.
1,372
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali sono i confini temporali del biennio rosso italiano
Nel biennio 1919-20 l'Europa fu investita da ondate di scioperi ed agitazioni di operai che rivendicavano migliori condizioni di lavoro, il cosiddetto biennio rosso. Spesso le fabbriche furono occupate e gestite sul modello dei Soviet, sorti dalla Rivoluzione russa. Contemporaneamente scoppiarono conflitti e scontri di carattere etnico in quei territori soggetti ad opposte rivendicazioni nazionali. Nella Carinzia meridionale ad esempio, vi fu l'eccidio di Marburgo, causato da milizie slovene. Conflitti armati scoppiarono in varie regioni dell'Europa orientale, per le definizione dei confini. L'impero Ottomano attuò il terribile genocidio armeno, ecc.
1,373
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali sono i punti di scontro tra i comunisti legati a Gramsci e quelli legati a Bordiga
Il partito, guidato nei suoi primi anni di vita da una maggioritaria corrente di sinistra raccolta attorno a Bordiga, nel III Congresso, svoltosi clandestinamente a Lione nel gennaio del 1926, segnò un deciso cambiamento di politica. Suggellato con l'approvazione delle Tesi di Gramsci e la messa in minoranza della sinistra di Bordiga, la quale, accusata di settarismo, verrà prima emarginata e poi, con l'arresto di Bordiga da parte dei fascisti, si riunirà in Francia editando la rivista Prometeo, e poi nel dopoguerra nel Partito Comunista Internazionalista. Tale risultato verrà poi variamente criticato per supposte ingerenze estere nelle vicende nazionali, specchio della situazione sovietica. Tra gli elementi principali di scontro vi erano i rapporti con l'URSS, che le componenti di ispirazione sinistra comunista, nelle vesti della Sinistra Comunista Italiana di Bordiga, criticavano duramente, e la componente in seguito dominante che si riferiva a Gramsci, decisa a tenere ben saldo il legame con l'Internazionale comunista.
1,374
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali sono le caratteristiche dell'operaismo
L'operaismo o sinistra operaista è una corrente di pensiero e di ricerca marxista antiautoritaria, sviluppatasi in Italia agli inizi degli anni sessanta.
1,375
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali sono le caratteristiche dell'operaismo
Michael Hardt e Toni Negri, intellettuali operaisti, offrono una definizione del pensiero operaista citando Marx. L'operaismo parte dal pensiero di Marx, il quale affermava che il capitale reagiva per distruggere le rivolte della classe lavoratrice. Il capitalismo è reattivo, la classe operaia è attiva.
1,376
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali sono le colpe di Cadorna a Caporetto
Di là dalle responsabilità di singole piccole e medie unità, le colpe maggiori di ordine strategico e tattico non possono che essere attribuite in ordine al comando supremo (Cadorna), al comando d'armata interessato (Capello), e ai tre comandanti dei corpi d'armata coinvolti (Cavaciocchi, Badoglio e Bongiovanni).
1,377
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali sono le colpe di Cadorna a Caporetto
Sul piano generale, Cadorna ha la colpa di non aver sviluppato una dottrina militare meglio aderente alle necessità della guerra di posizione, con una propensione all'evitare le riunioni congiunte con i comandi d'armata. Sul piano riguardante la battaglia di Caporetto invece, egli aveva disposto con un ordine del 18 settembre, a seguito di informazioni più o meno attendibili sulle intenzioni nemiche e sul fallito colpo di stato in Russia di Kornilov, che le sue armate sull'Isonzo si apprestassero in una disposizione difensiva nelle migliori condizioni possibili.
1,378
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali sono le due cause principali della disfatta a Caporetto
Le cause della disfatta italiana a Caporetto sono già desumibili dal testo, ma in questo paragrafo si fa un breve riassunto, integrato da un altrettanto sommario accenno ai fatti, con l'intento di focalizzare l'attenzione sui due motivi principali che portarono il Regio Esercito a ritirarsi fino al Piave: l'inettitudine dei vertici militari e il mancato uso dell'artiglieria.
1,379
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali sono le due fasi della rivoluzione per il marxismo
Nel pensiero marxista il socialismo e il comunismo divennero due fasi della rivoluzione: la fase socialista prevedeva la proprietà collettiva dei mezzi di produzione (e la dittatura del proletariato) poi la fase comunista prevedeva l'abolizione della società di classe e un nuovo concetto di Stato, diverso da quello borghese (contrariamente all'anarchismo, che fin dall'inizio prevedeva una abolizione di qualsiasi organizzazione statale): sebbene abbandonata quasi subito, originariamente nella fase comunista si prevedeva la dissoluzione dello stato perché considerato a quel punto inutile (i beni e mezzi di produzione erano tornati alla collettività). Oggi, data l'evoluzione dei tempi, le due fasi vanno a coincidere (dunque si può parlare di un sostanziale ritorno dei due termini come sinonimi, usando anche il termine socialismo con un'accezione più ampia).
1,380
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali sono le ideologie del centrismo
Il centrismo non implica di per sé appartenenze ideologiche chiare perché, di fatto, in ogni paese il centro assume caratteristiche diverse. Solitamente il centro è presidiato da partiti che si ispirano al cristianesimo democratico o al liberalismo (nel primo caso il centro ha una caratterizzazione più religiosa, nel secondo più laica), ma non mancano casi nei quali partiti socialdemocratici si siano caratterizzati come partiti centristi.
1,381
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali sono le ideologie del centrismo
Il centrismo è dunque una cornice ideologica non nettamente definita, nella quale vengono categorizzati i partiti che si collocano nel mezzo dello schieramento politico e che si fanno promotori di una posizione intermedia tra le posizioni di destra e sinistra in campo socio-economico. I partiti di "centro agrario", la cui ideologia è definita come "centrismo agrario" o "post-agrario", presenti nei Paesi scandinavi e in quelli baltici, costituiscono un esempio particolare: i loro programmi, oltre alla difesa degli interessi dei contadini e alla protezione delle comunità rurali, si caratterizzano sempre maggiormente anche per lo sviluppo delle piccole attività imprenditoriali bilanciate con la tutela dell'ambiente, in un'ottica di decentralizzazione.
1,382
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali sono le ideologie del centrismo
In Italia, dal 1946 in poi, il centrismo è stato principalmente sinonimo di cristianesimo democratico. La DC ha racchiuso al proprio interno variegate posizioni sia in campo economico-sociale che culturale, tutte, però, cresciute nel comune alveo della dottrina sociale della Chiesa cattolica.
1,383
Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali sono le possibili cause della morte del maggiore Francesco Baracca
La mattina del 15 giugno 1918, gli austriaci arrivando da Pieve di Soligo-Falzè di Piave, riuscirono a conquistare il Montello e il paese di Nervesa. La loro avanzata continuò successivamente sino a Bavaria (sulla direttiva per Arcade), ma furono fermati dalla possente controffensiva italiana, supportata dall'artiglieria francese, mentre le truppe francesi erano stazionate ad Arcade, pronte ad intervenire, in caso di bisogno. Il Servizio Aeronautico italiano mitragliava il nemico volando a bassa quota per rallentare l'avanzata. In questo teatro di battaglia morì il maggiore Francesco Baracca, maggiore asso dell'aviazione italiana. Le cause della morte non sono mai state univocamente determinate e la versione ufficiale per lungo tempo è stata quella di un colpo di fucile ricevuto da terra da un tiratore austriaco appostato su un campanile. Secondo uno storico anglosassone, invece, da ricerche nei registri austro-ungarici risulterebbe che Baracca venne ucciso dal mitragliere di un biposto austriaco che l'asso italiano stava attaccando dall'alto.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali sono state le colonie italiane tra il 1912 ed il 1939
Le colonie italiane furono in Africa l'Eritrea, la Somalia Italiana, la Libia (strappata all'Impero ottomano nel 1912) e l'Etiopia italiana (conquistata ed annessa nel 1936) ed in Europa il Dodecaneso e l'Albania (occupata dalle truppe italiane nel 1939).
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali sono stati i giornali degli interventisti
Gli interventisti si organizzarono principalmente attorno a tre giornali, Il Popolo d'Italia mussoliniano, Lacerba futurista e la Voce prezzoliniana. Al momento dell'ingresso in guerra del Paese, la gran parte di costoro cercò di farsi arruolare volontaria nelle Forze Armate (nonostante le resistenze dei vertici militari, che avevano ben presente il rischio di far entrare simili "teste calde" nella compagine delle leve, soprattutto come volontari e non come coscritti).
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Di quale giornale socialista fu direttore Mussolini
Il congresso straordinario, convocato a Reggio Emilia, inasprisce le divisioni che attraversano il Partito riguardo all'impresa di Libia. Trionfa la corrente massimalista e si sancisce l'espulsione di una delle aree riformiste, capeggiata da Bonomi e Bissolati: quest'ultimo, nel 1911 si era recato al Quirinale per le consultazioni susseguenti la crisi del Governo Luzzatti, causando il malcontento del resto del partito, compreso quello di Turati, esponente di spicco dell'altra corrente riformista. In merito all'espulsione dei tre esponenti, deve essere ricordato un fatto importante. Chi, prendendo la parola al congresso, vi si scagliò ferocemente contro, aizzando la folla contro di loro, fu un delegato politico della Romagna allora poco conosciuto: Mussolini, esponente nella corrente massimalista. In virtù di quell'arringa, Mussolini si guadagnerà una certa fama all'interno del PSI; una fama che, da lì a poco, gli consentirà anche di diventare direttore dell'Avanti!. Bissolati e i suoi, cacciati dal partito, daranno vita al Partito Socialista Riformista Italiano (PSRI).
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Di quale giornale socialista fu direttore Mussolini
Uno di questi erano i Fasci di combattimento, movimento costituito nel 1919 dall'ex direttore dell'Avanti! Benito Mussolini. Al movimento erano collegate le squadre d'azione, che successivamente sarebbero state integrate nella Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale. Mussolini aveva chiaramente scelto di sovvertire l'ordine democratico. Il Re era consapevole di tale spinta eversiva del fascismo e dei suoi obiettivi finali. Nell'ottobre 1922 Mussolini, eletto da un anno deputato alla Camera, fece scattare il suo piano di occupazione del potere. Il 27 ottobre iniziarono i primi movimenti squadristici con l'occupazione, nell'Italia settentrionale, di prefetture e caserme. Vittorio Emanuele si precipitò a Roma e comunicò al primo ministro Luigi Facta la propria intenzione di decidere personalmente sulla crisi in atto.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Di quale giornale socialista fu direttore Mussolini
Dopo il congresso di Reggio Emilia del 1912 che aveva visto l'espulsione dell'ala moderata e il prevalere della corrente massimalista, guidata da un giovane anarco-sindacalista, Benito Mussolini, divenuto direttore dell'"Avanti!", tutto stava ad indicare che la lotta politica si stava acutizzando tra l'estremismo di sinistra e una borghesia passata alle tesi dell'imperialismo.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Di quale giornale socialista fu direttore Mussolini
Un fattore decisivo per quanto accadde in Italia in quei dieci mesi fu indubbiamente lo scollamento e l'indecisione delle due correnti neutraliste più forti, i socialisti e la classe liberale. I primi sono i più numerosi, e in maggior parte resteranno ostili alla guerra, ma al suo interno ci fu fin da subito una sorta di "diaspora" che portò molti socialisti ad appoggiare il richiamo nazionale andando a gremire le file interventiste. Caratteristica in questo senso fu l'attività del deputato socialista trentino Cesare Battisti, che percorse tutta l'Italia per convincere i suoi compatrioti che «l'ora di Trento è suonata» e che il socialismo non può ignorare le radici nazionali e le ragioni dell'appartenenza nazionale. Ma forse la vicenda più rappresentativa delle divisioni interne dei socialisti, fu la fuoriuscita del direttore dell'Avanti! e giovane leader del partito, Benito Mussolini, prima dal giornale e infine dal partito stesso. Ma il cambiamento di rotta di Mussolini non rimase una scelta personale, venne anzi condivisa dalla sezione milanese del partito, e venne utilizzata dal mondo politico per puntare il dito contro le divisioni interne ai neutralisti. Il 10 novembre Mussolini dichiarò che «il vecchio antipatriottismo è tramontato» e cinque giorni dopo, sul primo numero de Il Popolo d'Italia (fondato dallo stesso Mussolini), uscì il famoso pezzo Audacia in cui Mussolini scrisse a favore della guerra. Queste prese di posizione dei socialisti a favore della guerra, non erano, per la maggior parte conversioni improvvise. Fondamentalmente, pur con motivazioni e obiettivi diversi, c'era la convinzione della maggior parte delle correnti politiche dell'epoca che la guerra era destinata a cambiare il mondo, per cui era impossibile e poco augurabile, rimanerne fuori, in quanto essa avrebbe comunque travolto le vecchie convinzioni e i vecchi equilibri Ciò spiega lo schieramento a favore della guerra di uomini e gruppi che si rifacevano alla tradizione socialista e democratica, definendo quello che successivamente venne chiamato «interventismo democratico» o nel caso dei socialisti, «rivoluzionario». Per questi ultimi la guerra era auspicabile come base di partenza per il «grande incendio che avrebbe travolto tutto il vecchio ordine», che avrebbe portato ad una rivoluzione sociale, e come scrisse il 5 dicembre 1914 Filippo Corridoni sull'Avanguardia, avrebbe permesso di: «... spianare la via della rivoluzione sociale, eliminando gli ultimi rimasugli della preponderanza feudale» consentendo la presa di coscienza di classe del proletariato.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Di quale giornale socialista fu direttore Mussolini
Il 14 ottobre, Mussolini scrisse su un giornale un articolo intitolato Esercito e Nazione, nel quale attaccava Pietro Badoglio per una frase che gli era stata attribuita (l'interessato smentì all'epoca, ma l'avrebbe invece confermata dopo la caduta del regime fascista) e che suonava più o meno come «Al primo fuoco, tutto il fascismo crollerà». Questo scontro sarebbe poi pesato non poco nei sempre difficili rapporti fra l'ex direttore dell'Avanti! e il generale. Nel frattempo l'entusiasta e fedelissimo Vilfredo Pareto gli telegrafava sollecitando di accelerare i tempi, «Ora, o mai più».
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Di quale giornale socialista fu direttore Mussolini
Protagonista di questa lacerazione fu Benito Mussolini, in quel periodo direttore dell'organo ufficiale del PSI, il quotidiano Avanti!. Approdato a posizioni soreliane, Mussolini appoggiò inizialmente le iniziative dell'USI - provocando così la sua cacciata dalla direzione dell'"Avanti!", quindi, con l'apertura di un suo quotidiano - Il Popolo d'Italia - apertamente interventista, ottenne un processo disciplinare interno al PSI e l'espulsione dal partito.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Di quale giornale socialista fu direttore Mussolini
Il governo Salandra era succeduto al governo Giolitti per reazione alla crescente forza della sinistra rivoluzionaria: per marcare il centro dei suoi interessi, Salandra tenne per sé il ministero dell'Interno. La situazione era ben rappresentata dal giovane Benito Mussolini che, da direttore dell’Avanti!, benediceva le azioni delle leghe dei contadini di Emilia e Romagna, che sarebbero sfociate, di lì a poco, nella cosiddetta "Settimana rossa" del giugno 1914. Salandra svolse con fermezza e prudenza il suo compito di mantenimento dell'ordine, che ebbe suggello nella sconfitta dei socialisti alle elezioni amministrative del giugno-luglio.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Di quale giornale socialista fu direttore Mussolini
Si iscrisse al Partito socialista italiano e successivamente svolse opera in Svizzera a favore degli operai italiani. Nel 1904, a Lugano, fondò, con Maria Giudice il giornale Su, compagne, rivolto alle donne proletarie. Trasferitosi in Italia, il giornale ebbe sede a Venezia. Dal 1912 al 1917 fece parte della direzione del Partito socialista e nel 1913 affiancò Benito Mussolini nella direzione dell'Avanti!.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Di quale giornale socialista fu direttore Mussolini
Diversi furono i nomi che tennero a battesimo il quotidiano. Molti di questi provennero dalle linee socialiste e dell'Avanti! dove Mussolini fu direttore.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Di quale giornale socialista fu direttore Mussolini
Conosciuto come giornalista con lo pseudonimo di Libero Tancredi, collaborò in gioventù con numerosi giornali anarchici o sindacalisti rivoluzionari, come la rivista luganese "Pagine Libere", successivamente con il quotidiano socialista "Avanti!"; di quell'epoca la conoscenza con Benito Mussolini allora direttore di quel giornale.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Di quale giornale socialista fu direttore Mussolini
Nel 1913 si candida e riuscì eletto come indipendente nel collegio elettorale di Badia Polesine. Il Partito Socialista gli contrappose il direttore di Avanti!, Benito Mussolini.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Di quale giornale socialista fu direttore Mussolini
Nel 1914, Benito Mussolini (già' direttore del giornale Avanti!), fonda Il Popolo d'Italia, con l'obiettivo di dare voce all'area interventista del Partito Socialista Italiano (L'Avanti! era neutralista). Mussolini venne aiutato da finanziamenti di industriali francesi e italiani, che volevano l'ingresso dell'Italia nella Prima guerra mondiale. Nel 1922 Il Popolo d'Italia diventa l'organo ufficiale del Partito Nazionale Fascista.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali territori austriaci furono anessi al Regno d'Italia con il trattato di Saint-Germain
Il 10 settembre 1919 Nitti sottoscrisse il trattato di Saint-Germain , che definiva i confini italo-austriaci ma non quelli orientali. La neonata Prima repubblica austriaca cedette all'Italia il Trentino-Alto Adige, l'Istria, l'intera Venezia Giulia fino alle Alpi Giulie (incluse la cittadina di Volosca e le isole del Carnaro ), la Dalmazia settentrionale nei suoi confini amministrativi fino al porto di Sebenico incluso e tutte le isole prospicienti, il porto di Valona e l'isolotto di Saseno in Albania (occupati nel corso del conflitto). Il trattato prevedeva inoltre il diritto di chiedere aggiustamenti dei confini con i possedimenti franco-britannici in Africa.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali territori vennero promessi all'Italia in caso di vittoria con il Patto di Londra
Nel 1915 con il Patto di Londra le potenze dell'Intesa avevano promesso all'Italia in caso di vittoria il Trentino, il Tirolo fino al passo del Brennero (attuale Alto Adige), l'intera Venezia Giulia fino alle Alpi Giulie col confine includente le cittadine di Castua, Mattugliee Volosca e le Isole del Carnaro (Cherso e Lussino, ma non Veglia e Arbe) ma con l'esclusione di Fiume, la Dalmazia settentrionale nei suoi confini amministrativi fino al porto di Sebenico incluso, con tutte le isole prospicienti, il porto di Valona in Albania, l'isolotto di Saseno di fronte alle coste albanesi, e diritto di chiedere aggiustamenti dei confini coloniali con i possedimenti francesi e britannici in Africa. Inoltre si prevedeva, in caso di smembramento dell'Impero ottomano, il bacino carbonifero di Adalia in Anatolia meridionale, il protettorato sull'Albania e la neutralizzazione di tutti i porti dalmati che fossero stati assegnati ai croati, ai serbi o ai montenegrini. La città di Fiume, invece, veniva espressamente assegnata quale principale sbocco marittimo di un eventuale futuro stato croato o dell'Ungheria, se la Croazia avesse continuato ad essere un banato dello stato magiaro o della Duplice Monarchia.
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Storia italiana della prima metà del XX secolo
Quali territori vennero promessi all'Italia in caso di vittoria con il Patto di Londra
Con il Patto di Londra del 1915, l'Italia aveva negoziato, in cambio dell’ intervento a fianco della Triplice Intesa, in aggiunta al Trentino-Alto Adige fino al confine del Brennero, alla Venezia Giulia ed alcuni territori della Dalmazia, anche degli altri compensi nel caso di uno smembramento dell'impero ottomano, come il porto di Adalia in Turchia e il territorio contiguo, dove era segnalato un bacino carbonifero.